Andrea Indini's Blog, page 182
April 4, 2013
"Aprire al confronto col Pd". Nel M5S la linea aperturista mina lo strapotere di Grillo
Nel Movimento 5 Stelle scoppia il caso Currò. In una intervista alla Stampa, il deputato siciliano Tommaso Currò invoca "un confronto con il Pd", replicando così a Beppe Grillo che ieri sul suo blog ha chiuso ancora al governo Bersani, e fa scoppiare il putiferio nella galassia pentastellata. E così, dopo l'ennesimo strappo interno al movimento, domani si terrà l’atteso momento di confronto tra tutti gli eletti grillini e il "capo politico".
Beppe Grillo chiama a raccolta i "suoi" e si prepara a dettare (nuovamente) la linea. Sul tavolo la fiducia a un governo di centrosinistra e l'elezione del presidente della Repubblica. Per il momento resta l'incognita sul luogo dell’incontro: si era ipotizzato che il vertice si tenesse in Abruzzo, ma potrebbe anche svolgersi, così viene spiegato da fonti vicine al M5S, a Roma. La riunione degli eletti pentastellati arriva dopo i diversi malumori nati nel gruppo grillino in parlamento (sarebbero una trentina i "dissidenti", di cui una dozzina seduti a Palazzo Madama). E così il comico genovese interviene per "curare" i mal di pancia di quella parte del movimento che vorrebbe far partire un dialogo con gli altri partiti, in particolare il Partito democratico di Pier Luigi Bersani che guarda con avversione un governo di grande coalizione con il Pdl di Silvio Berlusconi e i montiani di Scelta civica. Ma l'ipotesi di un "inciucio" con i democratic non piace assolutamente a Grillo e agli "integralisti" del movimento. Ne è l'esempio il pandemonio che ha scatenato l'intervista rilasciata da Currò alla Stampa.
Sulla pagina facebook del deputato siciliano i militanti hanno aperto una serrata discussione sulla possibile apertura al Partito democratico. La base dei Cinque Stelle, da quello che si può intuire leggendo i commenti alle parole di Currò, sono divisi. C’è chi lo attacca: "Tommaso ma lo spirito, l’obiettivo del movimento è buttare fuori questa gente, non metterci d’accordo con loro...". E chi, invece, si schiera al suo fianco: "Grande scelta Tommaso, non sarai solo". Di certo le parole del parlamentare siciliano hanno riaperto il dibattito anche all’interno della pattuglia di deputati e senatori a Cinque Stelle. La linea "aperturista" è stata bocciata nei giorni scorsi nel corso di un voto in una delle numerose assemblee dei parlamentari "stellati". Ma le file di coloro che spingono per ridiscutere la linea politica del M5S sembrano aumentare giorno dopo giorno.
Domani il comico incontra i parlamentari del M5S. Intanto il partito si divide: una trentina di "dissidenti" pronti ad appoggiare il Pd di Bersani
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Andrea Indini
Droghe libere e uscita dall'euro: ecco le leggi grillineOra Grillo se la prende con i suoi elettoriContestati i deputati grillini
April 3, 2013
La Nord Corea attaccherà veramente gli Stati Uniti?
Sale la tensione. L’esercito nordcoreano ha ricevuto il definitivo via libera per uno "spietato" attacco nucleare contro gli Stati Uniti. Nel frattempo il Pentagono ha confermato l’invio a Guam del sistema di difesa missilistico. Anche la Corea del Sud non è disposta a stare a guardare e si dice pronta a intervenire con azioni militari. Abbiamo fatto il punto con Gabriele Segre, che lavora alle Nazioni Unite come consulente in tema di leadership politica e che per ilGiornale.it scrive il blog Pensiero Levante.
La notizia della sfida finale della Corea del Nord ci ha colpito a bruciapelo. Quanto c'è di vero?
"C'è molto di vero nella minaccia della Nord Corea sia nei confronti degli Stati Uniti sia nei confronti di Seul e del Giappone. L'escalation delle minacce va tenuta in serissima considerazione, anche se Pyongyang ci ha abituati a usare la minaccia e gli attacchi su piccola scala come strumento di contrattazione. Anche in questo caso non credo che ci possa essere né la volontà né la possibilità per attuare un attacco su larga scala. Piuttosto, come è già accaduto altre volte, potremmo avere a che fare con un'iniziativa militare tesa a risponderre a una necessità politica dettata soptrattutto dalle gravissime condizioni economiche che la Corea del Nord si trova ad affrontare".
Fino a che punto le minacce rimarranno tali?
"Il punto è che con la Corea del Nord tutto è imprevedibile dal momento che l'intelligence interna al Paese è molto limitata. A questo si aggiunge un'aggravante: il nuovo nuovo presidente, Kim Jong Un, deve essere ancora testato nella gestione delle crisi internazionali con i nemici storici. Per tutte queste premesse non è possibile determinare con certezza fino a che punto Pyongyang sia in gradio di spingersi. La grande incognita è se i nordcoreani si rendono conto della gravità e della serietà delle posizioni americane e sudcoreane. Non credo che questa volta Washington e Seul rimarranno a guardare nel caso in cui ci sia una provocazione militare da parte di Pyongyang".
La Corea del Nord è effettivamente in possesso della bomba atomica?
"La questione non è se hanno l'atomica ma se sono in grado di utilizzarla. Lanciare la bomba nucleare richiede tecnocologie avanzate, non solo per la bomba in sé ma anche per il vettore di lancio. Ad oggi gli esperti non ritengono che la Corea del Nord sia in grado di sferrare un attacco atomico efficace e capace di colpire il bersaglio. Il pericolo in queste ore non riguarda tanto la possibilità di un attacco nucleare bensì quella di un più probabile attacco su piccola scala che potrebbe egualmente arrecare ingenti danni".
Come si posiziona il Vecchio Continente in questo conflitto?
"In questo momento l'Europa è concentrata sui suoi problemi interni. Nostro malgrado anche in questa situazione dimostra di giocare un ruolo sempre più marginale nelle dinamiche di sicurezza internazionale".
Gabriele Segre analizza l'escalation di minacce: "Il punto non è se la Corea del Nord ha la bomba atomica ma se è in grado di utilizzarla"
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Andrea Indini
Da assistente ad assessore: al posto di Battiato Crocetta nomina la segretaria 31enne
Da assistente del governatore ad assessore al Turismo. È la parabola della 31enne bergamasca Michela Stancheris che entrerà nella Giunta dellla Regione Siciliana al posto di Franco Battiato. Una nomina che farà sicuramente discutere. Rosario Crocetta ha definitivamente archiviato la breve, ma roboante carriera di Franco Battiato e Antonino Zichichi. La Stancheris, finora componente dello staff del presidente, sarà il nuovo assessore al Turismo, mentre ai Beni culturali andrà l’archeologa di Siracusa Mariarita Sgarlata.
"Battiato deluso? Macchè, l’ho sentito e non gliene frega niente". Il governatore ci ha tenuto a dare in pompa magna i nomi dei nuovi asessori convocando la seduta straordinaria "con carattere d’urgenza" dell’Assemblea regionale siciliana: all’ordine del giorno, oltre alla legge elettorale, le comunicazioni del presidente sui rumorosi movimenti di giunta. "Mi sembra nobile da parte degli intellettuali lanciare un appello in favore di Battiato ma avrebbero dovuto farlo quando si trovava in difficoltà - ha spiegato Crocetta - gli intellettuali che fanno questa petizione vogliono esasperare questo scontro, erano gli stessi che lo criticavano per essere entrato in giunta". In realtà, le polemiche a Palazzo dei Normanni sono destinate a durare. La Sgarlata prende il posto del fisico Antonino Zichichi, che Crocetta aveva estromesso dalla Giunta contestualmente a Battiato. Allo scienziato il presidente aveva contestato le troppe assenze dovute al suo impegno nella ricerca al Cern di Ginevra, mentre il cantautore era stato esonerato dopo le sue dichiarazioni al parlamento europeo sulle "troie in parlamento disponibili a fare tutto". Due personaggi, dunque, molto vicini al presidente. Del resto Battiato e Zichichi erano stati nominati proprio in quota Crocetta. Di certo è che si vuole chiudere presto il cerchio, pressati sia da Roma, sia dalle emergenze economiche dell’Isola, dove i Beni culturali e il Turismo soffrono moltissimo. Il suicidio oggi di un albergatore di Lipari e l’annuncio della chiusura di due storiche strutture ricettive di Vulcano, sono la rappresentazione della gravità della situazione e rendono impellente assicurare il governo di settori ritenuti fondamentali per aggredire la crisi economica.
"Crocetta mi ha colto di sorpresa, mi ha proposto di fare l’assessore un quarto d’ora prima di annunciarlo in conferenza stampa". Fino a qualche ora fa la Stancheris, 31enne maestra di sci e tifosa dell’Atalanta, è da anni "angelo custode" di Crocetta, di cui segue ogni passo come assistente personale. Una nomina giunta inaspettatamente. Tanto da creare subito qualche brusio. Fino a ieri sera era, infatti, dato per certo l'ingresso in Giunta del mecenate messinese Antonio Presti, animatore del miracolo artistico di Tusa. "Non sono siciliana - ha detto Stancheris - ma spero che questo sia positivo, farò l’assessore al Turismo con l’occhio e l’approccio della turista". Quasi a prevenire le polemiche Crocetta si è subito messo sulla difensiva: "La scelta della Stancheris? Mi sono vergognato di non averla fatta prima".
Al posto del cantautore il governatore vuole Michela Stancheris. Da anni la 31enne bergamasca è la segretaria personale di Crocetta: "Colta di sorpresa"
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Andrea Indini
Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta con i nuovi assessori Michela Stancheris
April 2, 2013
Fini, D'Alema e Di Pietro: ecco i pensionati d'oro
Trombati sì, ma su una montagna d'oro. Mentre da una parte lo Stato tira per il collo le piccole e medie imprese e se ne infischia di saldare i debiti contratti con artigiani e aziende, dall'altra si affretta a versare liquidazioni a sei zeri agli ex onorevoli che alle ultime elezioni sono stati buttati fuori dal parlamento. E, mentre decine di migliaia di esodati vedranno la pensione solo col binocolo, ecco che gli stessi politici silurati si apprestano a ricevere, ogni mese, un lauto vitalizio che gli permetterà di trascorrere una vecchiaia da pascià.
Che fine ha fatto il "trombato" per eccellenza delle ultime elezioni? Pare che Gianfranco Fini non se la passi poi così male. Pare che nei giorni scorsi a Enrico Nan, parlamentare di due legislature fa e avvocato ligure, abbia detto: "Cerchiamo di trovare una stanza gratis dove ci mettiamo un computer per far qualcosa". L'ex presidente della Camera è, finalmente, in pensione: ha già affondato abbastanza partiti e voltato le spalle a troppi elettori. Incassati 148mila voti (0,46% alla Camera), potrà dedicarsi ai suoi hobby (magari alle immersioni in quel di Giannutri) senza la minima preoccupazione di dover sbarcare il lunario. Potrà farlo anche grazie alla "paccata" di soldi che gli saranno versati dallo Stato: nelle prossime settimane porterà, infatti, a casa un assegno di fine mandato da 250mila euro netti. Tutto qui? Macchè. Dopo una lunga vita "spesa" a far politica, l'ex leader di An potrà contare su un vitalizio di 6mila euro circa al mese. "Dopo soli trent'anni Fini lascia il Parlamento e quindi mandiamo un saluto a lui e a tutto il suo club di gentiluomini - lo aveva salutato nei giorni scorsi Silvio Berlusconi dal palco di piazza del Popolo - non credo che a Montecarlo se la passi così male".
Il leader di Futuro e Libertà non è certo l'unico "trombato" d'oro. La lista è davvero lunga. Le amministrazioni di Montecitorio e Palazzo Madama stanno infatti calcolando le somme che devono essere erogate entro un mese dalla cessazione del mandato. E, mentre le Camere sono piene zeppe di furbetti dal doppio incarico che continuano a procrastinare la scelta della poltrona su cui sedere (leggi l'articolo), i parlamentari di lungo corso lasciano la cadrega sempre e comunque a spese nostre. Per un importo complessivo di circa 3 milioni di euro. Se Fini è senza dubbio il Paperone dei "trombati", non fa tanto peggio Massimo D'Alema che, eletto per la prima volta nel 1987 quando partiva la decima legislatura, incasserà una liquidazione da 217mila euro. E, proprio, come l'ex presidente della Camera, potrà contare di un super vitalizio da 6mila euro al mese. La stessa liquidazione toccherà anche alla democratica Livia Turco e al pdl Domenico Nenia. Come ricorda Avvenire, i politici possono contare dell'assegno di reinserimento o di fine mandato, "concepito a suo tempo per aiutare i politici che, dopo un'esperienza più o meno lunga in parlamento, potevano incontrare difficoltà nel tornare a svolgere un lavoro comune". Si tratta, grosso modo, dell'80% dell'indennità mensile: quindi circa 8mila euro circa per ogni anno di permamenenza in parlamento. Una bella cifra finanziata al 100% da una trattenuta versata, ogni mese, a un Fondo di solidarietà (784 euro per i deputati e 695 euro per i senatori).
Tra i futuristi Fini non è l'unico a dover ringraziare le casse opulte dello Stato. Italo Bocchino lascia il parlamento con un assegno di fine mandato da 141mila euro. Antonio Di Pietro, che potrebbe far ritorno alla sua Montenero di Bisaccia, non è certo la prima volta che è costretto a fare valigie e schiodarsi dala parlamento. Proprio per questo, dovrà accontentarsi di un buono uscita da 58mila euro netti: la prima gli era già stata versata, tempo fa. Non solo. Come faceva sapere qualche settimana fa Libero (leggi l'articolo), anche l'ex pm di Mani pulite potrà godere di una "pensioncina" da 4300 euro al mese. Non se la passa male nemmeno l'80enne Franco Marini che incasserà una liquidazione da 174mila euro e potrà contare su una pensione da 5.300 euro al mese. E ancora: il pdl Gianfranco Micciché se ne va con 158mila euro, l'Udc Fernando Adornato con 141mila euro e Francesco Rutelli con 100mila euro. Beppe Pisanu, che nel 1992 aveva già incassato una prima buona uscita, si porta a casa 157mila euro. Insomma, tutta gente che potrà dormire sonni tranquilli.
Liquidazioni d'oro e vitalizi: un salasso da 3 milioni di euro. Il re Mida è Fini che porta a casa 260mila euro e una pensione da 6mila euro al mese
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Andrea Indini
La partita per il Colle si tinge di rosso: ecco i nomi in lizza
Altro che un moderato al Quirinale. Le manovre per portare un uomo di sinistra al Colle sono già iniziate. Dopo aver proposto Dario Fo, la base pentastellata punta sul fondatore di Emergency Gino Strada. I nomi portati avanti da progressisti e grillini per il dopo Napolitano non mancano certo di fantasia. Ce n'è di tutti i gusti. Beppe Grillo sarebbe addirittura pronto a inciuciare con il Partito democratico per portare Romano Prodi alla presidenza della Repubblica. Fantapolitica? Macché, l'elezione di Pietro Grasso allo scranno più alto di Palazzo Madama ha dimostrato che tra i democrat e il M5 può esserci feeling.
"Come ho detto faremo una ricerca onesta di un punto di equilibrio ma non ci si detti il compito - ha assicurato Pier Luigi Bersani - siamo però pronti a discutere". Purtroppo è lo stesso leader del piddì a non crederci. Sebbene finga di tendere la mano a Silvio Berlusconi, sa benissimo che al Pd farebbe davvero comodo occupare anche lo scranno del Quirinale dopo aver messo le mani sulle presidenze delle Camere. Sul nome bisogna ancora decidere. Quel che è certo è che difficilmente vedremo un moderato alla guida del Paese. Entro il 15 aprile dovrà arrivare la convocazione del parlamento in seduta comune per eleggere al Colle il successore di Napolitano il cui mandato scadrà il 15 maggio. La seduta potrebbe essere convocata per i primi di maggio, in modo da consentire ai Consigli regionali di eleggere i grandi elettori che li rappresenteranno. Sul tavolo delle forze politiche circolano i nomi più disparati. Nel Pdl c’è addirittura chi evoca "l’incubo Ilda". "Potrebbero anche candidare la Boccassini alla presidenza della Repubblica e questa ipotesi non è solo una boutade...", spiega uno dei big di via dell’Umiltà. Quanto ci sia di vero in questa indiscrezione è difficile dirlo. Tuttavia, la dice lunga sul rischio concreto che al Quirinale possa arrivare un ultrà della sinistra.
"Scelta civica e democratici potrebbero dar vita a un vero e proprio accordo", fa sapere uno dei montiani. Un’intesa che potrebbe portare un esponente di Scelta civica al Quirinale , nel caso si andasse alle elezioni anticipate, ad un patto pre-elettorale tra le due formazioni. Un'ipotesi che, però, non prende in considerazione l’incognita Grillo. Tra i democratici c'è chi riferisce di contatti in corso con il Movimento 5 stelle per arrivare ad un candidato comune per il Colle. E qui rispunterebbero i nomi di Romano Prodi e Gustavo Zagrebelsky. In un recente post Grillo ha, infatti, definito il Professore un nome che "cancellerebbe Berlusconi dalle carte geografiche". Insomma, pur non proponendo direttamente, almeno indirettamente il comico fa di Prodi una candidatura non del tutto sgradita ai Cinque Stelle anche se la base avrebbe acclamato Gino Strada. "Prodi è ancora troppo legato al Pd - spiegano alcuni esponenti del M5S sentiti da LaPresse - la sua figura è espressione dei partiti ed è quello che ha fatto Mastella ministro". Per il momento il leader pentastellato si è limitato ad annunciare le "Quirinalie", consultazioni online per trovare un nome su cui convergere. Qualora le simpatie di Grillo per Prodi dovessero essere bocciate dalla base, potrebbero aprirsi nuovi scontri interni al movimento che incrinerebbero ulteriormente i processi decisionali gestiti di fatto dal comico.
La artita resta aperta. E la lista dei papali si infittisce di giorno in giorno. C'è chi vorrebbe Emma Bonino e chi vorrebbe un ritorno di Massimo D'Alema. Finora, però, è stato fatto ancora il nome di un moderato.
Pd e M5S vuogliono portare Prodi al Colle, ma la base grillina punta su Gino Strada. Sul tavolo anche Zagrebelsky, Bonino e Boccassini. Di moderati nemmeno l'ombra
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Ilda Boccassini
Andrea Indini
Occhio, ci rifilano Prodi
M5S, Crimi è fuori linea: lui parla, Grillo corregge
Caos a Cinque Stelle. Non passa giorno che Beppe Grillo non debba intervenire repentinamente per bacchettare i suoi, correggere la linea dei gruppi parlamentari e rettificare le dichiarazioni dei capigruppo. Una corsa che da giorni crea una certa confusione nella galassia pentastellata. Anche sulla decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di affidarsi a dieci saggi congelando il voto degli italiani e Mario Monti a Palazzo Chigi, intorno al M5S si è creato non poco imbarazzo. E la distanza tra il comico genovese e il capogruppo al Senato Vito Crimi si fa sempre più abissale.
Quando sabato scorso il capo dello Stato ha nominato i saggi, un Crimi euforico ha subito affidato a Facebook un commento entusiasta dalle dieci investiture (ore17). "A chi sosteneva che le nostre teorie erano campate in aria e non trovano fondamento costituzionale, il presidente Napolitano oggi ha dato una risposta autorevole - ha spiegato - un governo, sebbene limitato agli affari di ordinaria amministrazione, in Italia è operativo, con la collaborazione del parlamento". La luna di miele con Napolitano è durata poche ore. Alle 22:47 il capogruppo del M5S a Palazzo Madama ha, infatti, affidato alle agenzie di stampa un virgolettato di fuoco: "Avrei difficoltà a sedermi a un tavolo con queste persone immaginandole come saggi facilitatori. Di fatto è una specie di bicamerale di grandi intese di antica memoria ma vestita a festa... con qualche foglia di fico". Un'inversione di rotta senza precedenti che si spiega solo con una reprimenda interna che ha spinto Crimi a rivedere in toto il proprio pensiero allineandolo a quello di Grillo. Guarda caso, l'indomani, il comico genovese ha bocciato il presidente della Repubblica e ha ribattezzato i saggi in "badanti della democrazia". Un attacco a trecentosessanta gradi che, a differenza delle primissime dichiarazioni di Crimi, non lascia il minimo spiraglio di dialogo. Quindi, una volta dettata la linea dal guru, tutte le dichiarazioni dei grillini si sono trasformate in un noioso copia-incolla.
Lo stesso battibecco a distanza è andato in scena anche oggi. Dopo aver più volte detto "no" a Pier Luigi Bersani, Crimi ha scritto sul proprio blog un post in cui ventilava l'ipotesi di un esecutivo guidato dal segretario democratico (ore 12:23). "Poteva essere intrapresa una strada mai percorsa prima, e cioè di affidare il governo a Bersani che con i suoi ministri poteva presentarsi al parlamento e qualora non avesse ricevuto la fiducia poteva continuare, alla stregua dell’attuale governo Monti, senza la fiducia ma solo per gli affari ordinari", ha spiegato il capogruppo dei Cinque Stelle per cui un governo Bersani (anche senza fiducia) sarebbe stato meglio di un Monti in regime di prorogatio. La benedizione (tardiva) di Crimi dura poche ore. Dalle colonne del suo blog, ecco Grillo intervenire ancora una volta per "correggere" il suo uomo al Senato (ore 14:39). "Bersani non è meglio di Monti - ha scritto il leader del M5S - è semplicemente uguale a Monti, di cui ha sostenuto la politica da motofalciatrice dell’economia". Insomma, l'esatto contrario di quanto sostenuto da Crimi.
Crimi esulta per i saggi: "Napolitano ci ha ascoltato". Ma Grillo lo corregge: "Badanti della democrazia". Crimi apre a Bersani: "È meglio di Monti". Ma Grillo rettifica: "Sono uguali"
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Andrea Indini
La rivoluzione a 5 stelle: valanga di tasse a Parma
April 1, 2013
Napolitano convoca i saggi: "Avranno limiti temporali"
Giorgio Napolitano non vuol sentir parlare di elezioni. Nonostante la selva di accuse e di critiche bipartisan che da quarantotto ore gli piovono addosso, il capo dello Stato continua a battere la soluzione dei dieci saggi per mettere in cantiere le riforme necessarie al Paese e superare l'impasse politica che è venuta a crearsi dopo le ultime elezioni. "Non sono generici 'saggi' - spiega Napolitano per bocca del suo portavoce, Pasquale Cascella - ma personalità scelte con criteri oggettivi in funzione del lavoro già svolto e del ruolo ricoperto".
Oggi i dieci saggi saliranno al Quirinale per ricevere da Napolitano i "compitini" da svolgere. L'incontro è ufficilae. È stato lo stesso capo dello Stato a convocarlo. "Il gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea si riunirà alle ore 11 - si legge nella nota pubblicata oggi pomeriggio dal Colle - quello sui temi istituzionali alle ore 12". Il presidente della Repubblica reagisce così alle foroci critiche che continuano a crescere nei confronti delle due commissioni di esperti e politici nominate per uscire dall’impasse che è venuta a crearsi dopo che il leader del Pd Pier Luigi Bersani non è stato in grado di mettere insieme un governo degno di maggioranza. Tutti i partiti guardano già oltre il lavoro delle due commissioni, facendo intendere di considerarle una tappa intermedia prima che inizi la partita vera, quella per il Quirinale, e poi eventualmente le elezioni. Al momento, gli unici a difendere apertamente le due commissioni sono quelli di Scelta Civica che brindano a Mario Monti che, a conti fatti, rimane ben saldo sullo scranno di Palazzo Chgi. Il blitz di Napolitano ha, infatti, messo in naftalina le elezioni e ha rinviato (a data da destinarsi) la formazione del nuovo governo. In questo modo, il parlamento viene esautorato in favore dei dieci saggi che avranno, appunto, il compito di scrivere le riforme. Insomma, la democrazia è sospesa.
A quanto si apprende da fonti vicine alla presidenza della Repubblica, le riunioni dei gruppi di lavoro al Quirinale offriranno anche l’occasione per fornire importanti chiarimenti che, fino ad ora, Napolitano si è ben guardato dal dare. Con il passare delle ore sono infatti aumentati non solo legittimi dubbi e scetticismi ma anche timori e sospetti legati ai poteri e alla durata dell'incarico. "Risulteranno evidenti sia il carattere assolutamente informale e il fine puramente ricognitivo dell’iniziativa assunta dal presidente della Repubblica - fanno sapere fonti vicine al Quirinale - sia i limiti temporali, d’altronde ovvi, dell’attività dei due gruppi". Fino ad ora, però, di contenuti non si è affatto parlato. Appare chiaro che tra le priorità degli uomini del presidente ci sarà la riforma della legge elettorale. Il democrat Filippo Bubbico ha già fatto sapere che la vera emergenza è quella sociale e che è auspicabile un intervento immediato sulla pressione fiscale. Qualsiasi siano le proposte che i saggi porteranno in parlamento, fino a che punto Napolitano potrà andare avanti a fingere di non sentire i partiti che chiedono nuove elezioni? Fino a che punto terrà in scacco la democrazia? Fino a che punto imbavaglierà il Paese non dandogli il governo che gli spetta?
I saggi oggi riceveranno i "compiti" da svolgere. I due gruppi avranno limiti temporali. Napolitano li difende dagli attacchi della politica: "I due gruppi avranno un evidente fine ricognitivo"
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Andrea Indini
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il colpo di mano di Re Giorgio: partiti in castigoCi mancava solo la lottizzazione dei saggi
March 29, 2013
Adesso tocca a Napolitano: ecco gli scenari sul tavolo
In campo personalmente. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prova a muovere un quadro politico in stallo. "L’Italia ha bisogno di un governo e al più presto", ripete da settimane il capo dello Stato. Di fronte allo "stallo" che il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha denunciato nel colloquio di oltre un’ora e mezzo con Napolitano, il meno "notarile" dei presidenti della storia repubblicana entra in partita direttamente e "senza indugio", per verificare con consultazioni lampo in ventiquattr'ore se questo stallo può essere superato, se c’è una soluzione più forte di quella prospettata dal segretario democrat o se alla fine Bersani dovrà andare con un incarico pieno a cercare la fiducia in Parlamento.
Domani sera, o al più tardi sabato mattina, si capirà se e come Napolitano riuscirà a portare il Paese fuori dalle secche di questa crisi. Dopo "l’esito non risolutivo" del tentativo di Bersani, il capo dello Stato si propone "senza indugio" di esperire "iniziative per gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale". In sostanza, valuterà in prima persona se ci sono ancora degli spiragli (soprattutto sul fronte del Pdl, determinatissimo a spuntare il nome del prossimo inquilino del Colle senza spazi di trattativa) che consentano al segretario del Pd di proseguire la sua corsa o se si dovranno cercare delle alternative come, per esempio, un governo del presidente con un programma definito e guidato da un tecnico di rango a cui affidare l’incarico in tempi strettissimi, forse già da domani sera. Tant’è che stanno già circolando i nomi del direttore della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni, del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e del presidente dell’Istat Enrico Giovannini per questo ipotetico incarico. Il leader del Pd, dopo aver accettato "con la massima determinazione" il preincarico, si ritrova dopo una settimana di consultazioni alla casella del via del gioco dell’oca. La partita, dunque, resta aperta ed è tutta nelle mani del Colle: ecco tutte le ipotesi sul tavolo del capo dello Stato.
Governo del presidente
Sin dalle primissime ore che hanno seguito le elezioni, Napolitano ha pensato a un'alternativa valida al governo Bersani. Sin dall'inizio era sin troppo chiaro che il leader del Pd non avesse i numeri per mettere insieme una maggioranza capace di mantener vivo un esecutivo di centrosinistra. Le lunghe ed estenuanti consultazioni di questa settimana sono l'evidenza di uno stallo già evidente. Proprio per far fronte a questa situazione, l'ipotesi pià cara al presidente della Repubblica sarebbe quella di puntare su un nome che metta d'accordo le tre principali forze politiche. Nelle ultime ore indiscrezioni e smentite si sono rincorse: c'è chi sta puntando sull'ex premier Giuliano Amato e chi, invece, spingerebbe per il presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo. E ancora: si sono fatti i nomi di Saccomanni e della Cancellieri. Sulla titolare del Viminale potrebbero convergere tutti i partiti. Secondo fonti vicine a via del Nazareno, il governo del presidente rischierebbe di spaccare il Partito democratico che, nelle ultime ore, si sta lacerando in una lotta all'ultimo sangue che mira a detronizzare Bersani dalla guida del partito. Mentre la strada delle elezioni anticipate è battuta dai fan del segretario perché renderebbe più difficile la scalata del sindaco di Firenze Matteo Renzi, i detrattori punterebbero a rosicchiare qualche mese in più per dare al "rottamatore" il tempo necessario a tentare il colpo di mano.
Governo Bersani
Il fallimento di Bersani sta tutto nell'aver corteggiato inutilmente il Movimento 5 Stelle. Per giorni il leader piddì è corso dietro a Beppe Grillo e ai suoi cittadini prestati al parlamento senza ottenere alcun risultato. Non solo. Bersani ha rifiutato categoricamente la mano che gli è stata più volte tesa da Silvio Berlusconi. Il Cavaliere lo ha invitato più volte a mettere insieme un governo di grande coalizione che guardasse prima al bene degli italiani che agli interessi politici dei partiti. Proposta che è stata apprezzata anche da numerosi esponenti del Pd (tra cui lo stesso Renzi). Anche nelle ultime ore Berlusconi ha piuù volte ripetuto che se si vuole formare un governo, la sinistra deve trattare con il centrodestra. Per questo, Napolitano sa bene che, se vuole dar vita a un governo Bersani, può farlo solo se il premier si decidesse ad accogliere la proposta del Pdl. Il fulcro è il prossimo inquilino del Quirinale. Dopo la corsa della sinistra ad occupare le alte cariche dello Stato, il Cavaliere ha chiesto a Bersani di spianare la strada del Quirinale a un moderato. Negli ultimi giorni il leader del Pdl avrebbe fatto circolare i nomi di Gianni Letta e Marcello Pera. Due figure che potrebbero incontrare il favore dei centristi e della sinistra riformista.
Nuove elezioni
Qualora Napolitano e Bersani continuassero a porre un muro tra loro e il centrodestra, l'unica ipotesi percorribile sarebbe tornare alle urne dopo aver, comunque, eletto il nuovo presidente della Repubblica. L'appuntamento è previsto per il 15 aprile quando il parlamento sarà convocato in seduta comune. Un'ipotesi che Napolitano ha sempre detto di non voler battere perché preferirebbe puntare su un governo di scopo che riformi la legge elettorale prima di riportare gli italiani alle urne. L'idea di elezioni anticipate piace soprattutto al Pdl che, sondaggi alla mano, continua ad aumentare i consensi e che, a nuove consultazioni, potrebbe risultare la prima forza politica del Paese. "I sondaggi ci premiano - continua a ripetere Berlusconi - vinceremmo di sicuro". Il rischio, però, è che anche con nuove elezioni permanga lo stallo. Quel che è certo è che la sinistra è lacerata dalle divisioni interne e che i Cinque Stelle potrebbero pagare i continui niet alla sinistra e le eccessive sparate del comico genovese.
Tre le ipotesi sul tavolo del Colle: un governo del presidente in mano a un tecnico di rango; un governo Bersani con un moderato al Colle; nuove elezioni. Cosa farà?
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March 28, 2013
M5S, mal di pancia per la Lombardi e "fronda" sul governo
Almeno per ora i parlamentari a Cinque Stelle tirano un sospiro di sollievo. Sbarrare la strada a un governo "partitocratico" guidato da Pier Luigi Bersani sembra piuttosto facile: il premier incaricato non è andato oltre quella proposta. Ma fallito il tentativo del segretario democrat, all'interno del movimento si apre un’altra partita. Perché dire "no" a un presidente del Consiglio esterno ai partiti e gradito all’area "grillina" indicato dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, sarebbe ben più arduo. Tanto da rischiare una spaccatura tra i seguaci di Beppe Grillo.
Mentre tra i deputati crescono i malumori verso la capogruppo a Montecitorio Roberta Lombardi, criticata sia per la comunicazione "ruvida" verso l’esterno sia per la "scarsa disponibilità al dialogo" con i suoi. A serrare le fila e motivare un gruppo che rischia di sfilacciarsi davanti a certi nomi, come già accaduto al momento di eleggere Pietro Grasso alla presidenza di Palazzo Madama, si penserà Grillo in persona. Il "capo politico" del Movimento 5 Stelle ha chiesto di incontrare deputati e senatori. L'appuntamento non si terrà a Roma. Probabilmente la convocazione arriverà già la prossima settimana: l’ipotesi di vedersi già venerdì o sabato è stata, infatt, resa impervia dalla pausa pasquale. Sarà la prima riunione del comico genovese coi neo eletti dopo l’insediamento delle Camere e servirà a "tarare" la pattuglia e a rinsaldarla attorno alla linea comune e definire meglio le "regole d’ingaggio" dell’attività dei grillini in parlamento.
Che non sia una passeggiata gestire un gruppo che solo a Montecitorio conta 109 parlamentari, lo sperimenta in questi giorni la Lombardi. Alla capogruppo, durante una riunione che si è tenuta negli scorsi giorni, il deputato Adriano Zaccagnini è arrivato a chiedere le dimissioni per un intervento in Aula preparato senza rispettare il metodo partecipato con cui i Cinque Stelle scrivono i discorsi. Quella vicenda si è chiarita. Ma il malcontento non è sopito. Lo provano le critiche non sottaciute all’atteggiamento "troppo chiuso" tenuto dalla Lombardi nelle consultazioni con Bersani e alla battuta su Ballarò che al segretario piddì secondo alcuni ha "fornito un assist". "Apprezzo molto Crimi", ha fatto presente un deputato sottolineando il diverso approccio dei due capigruppo per spiegare le critiche alla Lombardi. "Lui ha un atteggiamento umano - ha continuato - per intenderci: da un lato c’è chi dice a prescindere che la linea è una e non si discute, dall’altro chi dice: la linea è quella, ma possiamo parlarne". Possibile, come si vocifera, che qualcuno stia preparando un documento di sfiducia alla capogruppo alla Camera? "Non mi risulta - risponde un altro deputato - Ma può darsi".
Al di là delle beghe interne sembrano delinearsi sempre più i contorni di una fronda interna ai gruppi parlamentari che potrebbe portare a spaccature al momento di votare la fiducia al governo. Da un lato ci sono infatti coloro che con fermezza escludono qualsiasi soluzione che non nasca dall’iniziativa del Movimento 5 Stelle. Dall’altro sono sempre più numerosi coloro che, pur confermando il "no" a un esecutivo partitocratico, non si tirerebbero indietro di fronte a un "governo del presidente" proposto dallo stesso Napolitano e fatto di nomi graditi ai Cinque Stelle. In un caso del genere i pentastellati chiedono ai loro capigruppo almeno di poter votare la linea. Tant’è che quando Crimi sembra concedere un’apertura, poi smentita, a un governo del presidente, c’è chi, come il deputato Andrea Cecconi risponde apertamente: "Perché no?". "Va bene, parliamone", gli ha immediatamente fatto eco Stefano Vignaroli. Insomma, davanti a una proposta del capo dello Stato, al quale anche Grillo ha fatto i complimenti, i grillini non possono che fermarsi a riflettere. Che alla fine gli si dica di "no", non lo si dà per scontato. E non ci si sente neanche di escludere che in caso di un niet a un esecutivo di alto profilo, qualcuno decida di votare in dissenso dal gruppo e, quindi, andare incontro a certa espulsione.
Aumentano le tensioni nel M5S. In discussione la linea politica: molti grillini pronti a votare un governo del presidente. Mal di pancia per la condotta della Lombardi
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March 27, 2013
Marò, Monti se ne lava le mani e scarica tutta la colpa a Terzi
Nessun mea culpa. Dopo le dimissioni a sorpresa del ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, il premier uscente Mario Monti si presenta davanti alle Camere per respingere qualsiasi accusa e rivendicare il lavoro svolto per salvaguardare le vite di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Non una parola sulla figuraccia fatta in oltre un anno di fallimenti diplomatici. Non una parola sulla debolezza dimostrata dall'Italia dei tecnici nei rapporti con l'India e, più in generale, a livello internazionale. Non una parola sull'incapacità della Difesa di riportare a casa militari che operano all'estero sotto il vessillo del tricolore.
L'incapacità di riportare in Italia, sani e salvi, i due marò, le dimissioni (in extremis) del ministro Terzi, le parole del Professore in parlamento sono tre flash che descrivono drammaticamente un governo nel caos. In oltre un anno di governo, Monti non è stato in grado di far valere il diritto internazionale e si è piegato ai diktat del governo di Nuova Delhi. Adesso queste stesso governo affonda, inabissato dal peso dell'incompetenza. E, mentre il quotidiano Le Monde recita il de profundis per il premier uscente, Monti si presenta davanti alle Camere nel tentativo di salvare la faccia. E, così, il primo attacco è diretto proprio all'ex titolare della Farnesina, reo di essersi dimesso senza comunicarlo né alla presidenza del Consiglio né al capo dello Stato. "Le dimissioni di Terzi rassegnate in Aula sono state un atto inconsueto", ha accusato per poi spiegare la decisione di non rimandare in India i due marò non avrebbe dovuto essere "oggetto di precipitose dichiarazioni alla stampa". Dichiarazioni che, a detta del Professore, Terzi ritenne di rilasciare anticipando un risultato finale che non poteva ancora darsi per scontato. Da qui l'accusa pesantissima: "Ho ragione di ritenere che l’obiettivo di Terzi non fosse quello di modificare una decisione presa dal governo, ma fosse quello più esterno di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno più evidenti".
Durante l'informativa alle Camere, Monti ha spiegato che l'obiettivo del governo è stato di "tentare di isolare questa vicenda dall’isieme complessivo dei rapporti con l’India e la nostra priorità è stata di la sicurezza, l’incolumità e la dignità dei nostri due marò e di tutti gli italiani che si trovano in India". Così, dopo aver respinto con forza qualsiasi illazione su scambi o accordi riservati con l’India o sul fatto che gli interessi economici abbiano influenzato l’attività diplomatica, ha più volte ribadito di aver protestato con fermezza per il vulnus inferto da Nuova Delhi al nostro Paese: "Da quel 16 febbraio l’impegno mio personale e del governo è stato assoluto". Il problema è che da quel 16 febbraio del 2012 nulla è cambiato, il governo non ha fatto passi avanti e Monti si appresta a lasciar Palazzo Chigi senza essere riuscito a concludere nulla. Eppure, prima di andarsene, ci tiene a far sapere che è stato avviato "un percorso verso una soluzione rapida". Per sapere quanto ci sia di vero in queste parole, non possiamo far altro che aspettare. Intanto, il premier ha fretta di lasciare l'incarico. E, davanti alle Camere, recita l'epitaffio di un esecutivo incompetente: "Questo governo non vede l’ora di essere sollevato".
Il Prof recita l'epitaffio dei tecnici. Davanti alle Camere attacca l'ex ministro: "Il suo vero obiettivo è un altro". E non si assume le sue colpe. SCRIVI AL GOVERNO
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