Andrea Indini's Blog, page 179

May 7, 2013

Giustizia, Mineo choc: "Nitto Palma indecente, bisogna sparare"

Aggiunge subito un "non con le pistole, si capisce". Ma sono comunque agghiaccianti, anche se non fosse così fresco il gravissimo episodio della sparatoria davanti a Palazzo Chigi, le parole d'odio pronunciate da Corradino Mineo. "Spiego ai miei amici e compagni del Pd che l’unico modo di tenere il governo in piedi è sparare", ha detto l'esponente piddì attaccando duramente la candidatura dell'ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma alla presidenza della commissione Giustizia a Palazzo Madama. Una candidatura osteggiata fino all'ultimo dalla truppa democrat che, dopo aver piazzato Donatella Ferranti all'analoga commissione di Montecitorio, ha fatto mancare due volte la maggioranza rimandando la nomina a domani.


Ci risiamo con la superiorità morale della sinistra. Ci risiamo con la lista degli impresentabili. Ci risiamo con il razzismo nei confronti degli esponenti di centrodestra e, in particolar modo, di quelli che gli anti Cav hanno ribattezzato come i "berluscones". L'odio di Mineo è tutto per Nitto Palma. La sua unica colpa è di essere stato ministro della Giustizia in un governo Berlusconi. E, in una intervista rilasciata alla trasmissione Teleselezione su Radio Ies, annovera la sua candidatura alla guida della commissione Giustizia una delle "cose indecenti" contro cui i democrat devono combattere. Una "indecenza" da mettere nel mirino, politicamente parlando. "Spero che Nitto Palma non sia nominato presidente della commissione Giustizia - ha tuonato il senatore del Pd - è un discorso che potrei sostenere anche in una conversazione con Berlusconi". Inutile tentare di capire perché a Nitto Palma deve essere negato il patentino di "presentabile". Altro che pacificazione, Mineo ha in mente la guerra. L'anti berlusconismo, infatti, non è mai morti. Anzi, è vivo e vegeto. "Se Berlusconi dice che bisogna pacificare, se afferma che questa è la fase, deve riconoscere che noi non possiamo accettare tutto il pregresso, la destrutturazione sistematica di ogni giustizia giusta nel nostro paese - ha continuato Mineo - siccome Nitto Palma  è uno di quelli che lui ha usato per questo ruolo, non può essere presidente della commissione Giustizia. Mettere un berlusconiano convinto alla Giustizia è come mettere un dito negli occhi ai cittadini".


"Mineo insulta in modo inaccettabile un politico serio e corretto", ha replicato il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. L'ex direttore di Rainews24 non è certo l'unico nella sinistra anti berlusconiana a dare patentini di presentabilità. La richiesta del Pdl di affidare la commissione Giustizia al Senato all'ex Guardasigilli non va proprio giù ai vertici di via del Nazareno. Al Pd poco importa che Nitto Palma abbia lavorato benissimo sia nella magistratura sia al dicastero di via Arenula. Insomma, ha il curriculum giusto per presiedere la commissione Giustizia. "Siamo di fronte a una polemica sterile", ha tagliato corto il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri. Eppure, arrivato il momento di votare, il Pd se ne è infischiato dell'intesa raggiunta con il Pdl e, dopo aver piazzato la Ferranti, ha fatto mancare due volte la maggioranza: alla prima votazione Nitto Palma ha, infatti, ottenuto dodici voti favorevoli, alla seconda tredici. Domani pomeriggio la commissione Giustizia del Senato ci riproverà. "Ognuno si assumerà le proprie responsabilità", ha avvertito il capogruppo del Pdl al Senato Renato Schifani.


L'ex Guardasigilli in corsa per guidare la commissione Giustizia al Senato. Il Pd fa mancare la maggioranza. Il Pdl all'attacco: "Ognuno si assuma le proprie responsabilità"





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Andrea Indini



Commissioni, c'è l'intesa: Giustizia a Nitto PalmaBLOG Pd a "tempo" se non rompe l'assedioMineo choc: "Nitto Palma indecente, bisogna sparare"
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Published on May 07, 2013 07:18

Il governo in ritiro in una abbazia. Letta: "Ognuno paga per sé"

Ventiquattr'ore nel silenzio mistico di un'abbazia in Toscana, ventiquattr'ore di faccia a faccia per mettere a punto la strategia di gioco, ventiquattr'ore di convivenza "forzata" per dare alla squadra quella chimica giusta a giocare insieme la difficilissima partita che aspetta al nuovo governo. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha affidato a Twitter la convocazione della sua nazionale: li porterà tra i colli toscani per fissare, in una sorta di ritiro prepartita, le regole del gioco e le sfide su cui puntare. Al primo posto ci sarà sicuramente il piano economico, primo spartiacque coi tassatori tecnici e volano per il futuro dell'esecutivo.


La partita per far tornare il Paese a credere nel futuro è fondamentale per la tenuta del governo Letta. Abbandonare la strada dell'austerity tanto cara all'ex premier Mario Monti per intraprendere quella della crescita è sicuramente l'imprinting su cui Letta intende incentrare il piano economico. Il governo deve mettere in campo alcune misure subito. La sospensione dell’Imu sulla prima casa a giugno e le risorse per la cassa integrazione in deroga sono tra queste. Ma c’è anche lo stop all’aumento dell’Iva dal 21 al 22%. Un pacchetto da circa 6 miliardi di euro, che dovrebbe prendere la forma del decreto legge. La Commissione europea si aspetta entro la metà di maggio che l'esecutivo presenti il programma di stabilità aggiornato con le compensazioni di queste misure. Ma non c’è più tempo da aspettare anche per il lavoro. "Quello della disoccupazione giovanile è il tema centrale. Quello della lotta alla disoccupazione, deve essere l’ossessione principale dell’Europa", ha ribadito Letta nell’incontro con il premier spagnolo Mariano Rajoy. Una lotta, quella contro la disoccupazione, che può essere affrontata con strategie congiunte. Proprio per fare il punto sulle misure da attuare, Letta porterà tutti i ministri all’abbazia di Spineto della Luce a Sarteano (in provincia di Siena). "Domenica e lunedì 24 ore di ritiro, in una abazia in Toscana, solo i ministri", ha annunciato su Twitter spiegando che l'intento è "programmare, conoscersi e 'fare spogliatoio'". Ovviamente, ha specificato il presidente del Consiglio, in tempi di contenimento dei costi, "ognuno paga per sé".


L’incontro si terrà da domenica pomeriggio all’ora di pranzo di lunedì. La cornice è una abbazia Vallombrosana dell'XI secolo, circondata da una proprietà di oltre 800 ettari. Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, il ritiro organizzato da Letta sarebbe un incontro non operativo, ma di "conoscenza reciproca e messa a punto dei primi passi collegiali del nuovo esecutivo". Tuttavia, il premier e i ministri dovranno sicuramente sciogliere i primi nodi su cui lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha chiesto di porre l'attenzione. Parlando ieri alla Camera, dove era in discussione il Def, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha infatti confermato l’arrivo del decreto con le prime misure. E se le risorse per sospendere l’Imu, evitare l’aumento dell’Iva e garantire la Cig in deroga sono le emergenze già indicate dalla maggioranza, il titolare di via XX Settembre fa sapere che saranno intraprese anche le prime misure per aiutare i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro. Nel provvedimento potrebbero rientrare le agevolazioni fiscali per le assunzioni e l'elkiminazione dei paletti per i contratti a termine. Dopo il via libera al Def, il governo dovrà mettere mano alla "manovrina" in un contesto in cui le previsioni per l’economia sono ancora "incerte e fortemente influenzate dallo scenario economico internazionale". Segnale di queste incertezze è il dato sulle entrate tributarie nel primo trimestre: ammontano a 87,7 miliardi di euro con una flessione dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra le ipotesi che si cerca di verificare in queste ore, anche la possibilità di chiedere più tempo per il pareggio strutturale. E proprio da Bruxelles sono arrivati segnali non positivi rispetto a questa ipotesi.


La convocazione di Letta è stata subito salutata con favore dai ministri piddì. In realtà la necessità di rinchidersi in un'abbazia per fare il punto getta un'ombra sul governo, una sorta di oscuro presagio. La mente fa riaffiorare la scelta dell'allora premier Romano Prodi di radunare i suoi nella Reggia di Caserta. Una mossa che non aveva sicuramente avuto un buon esito...


Annunciate 24 ore di ritiro all’abbazia di Spineto della Luce. Il premier: "Servirà a fare spogliatoio". Ma torna alla memoria Prodi che aveva portato i suoi alla Reggia di Caserta





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Andrea Indini

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Published on May 07, 2013 03:20

May 6, 2013

Colpo della Cassazione al Cav: "I processi restano a Milano"

Un altro durissimo colpo della magistratura a Silvio Berlusconi. La Cassazione dà piena fiducia ai giudici di Milano e riconsegna le sorti dei processi a carico del Cavaliere nelle mani di Ilda Boccassini  e compagni. Questa mattina la Suprema Corte ha, infatti, deciso che i processi Ruby e Mediaset, che vedono imputato il leader del Pdl, continueranno a essere celebrati nel tribunale meneghino.


Altro che pacificazione, la magistratura torna all'attacco. Dopo una breve camera di consiglio, i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte hanno infatti rigettato l’istanza presentata dalla difesa di Berlusconi che chiedeva che i due procedimenti fossero trasferiti a Brescia invocando il legittimo sospetto. Gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo avevano anche sollecitato l’invio degli atti alle sezioni unite della Suprema Corte o alla Corte Costituzionale affinchè venisse chiarita, nei casi di legittima suspicione in Cassazione, la possibilità di un imputato a partecipare ed essere sentito nel corso dell’udienza. Berlusconi, infatti, aveva chiesto di essere sentito ma il 18 aprile scorso i giudici della Suprema Corte avevano sottolineato che l’audizione di un imputato è possibile solamente nei processi in materia di estradizione.


A questo punto i due processi, finora sospesi in attesa della decisione della Cassazione, continueranno davanti ai magistrati di Milano. Il processo Mediaset, per il quale Berlusconi è stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, è attualmente in fase di appello: il reato contestato all’ex presidente del Consiglio è quello di frode fiscale per presunte irregolarità nell’acquisizione dei diritti televisivi. Il procedimento dovrebbe riprendere mercoledì prossimo, ma Longo ha già fatto sapere che, in attesa della decisione della Consulta sul conflitto legato al legittimo impedimento, la difesa chiederà di sospendere il procedimento. Il Rubygate, invece, è ancora fermo al primo grado, ma la Boccassini è già pronta a sferrare il prossimo attacco. Lunedì prossimo riprenderà, infatti, la requisioria dei pm milanesi al processo dove Berlusconi è imputato di concussione e prostituzione minorile. Concluso l'intervento del pm Antonio Sangermano, la parola passerà alla Boccassini che formulerà la richiesta di pena per il leader del Pdl. A quel punto verranno fissate le arringhe difensive e si arriverà a sentenza.


Altro che pacificazione, la Cassazione rigetta l’istanza della difesa che aveva invocato il legittimo sospetto: le sorti dei processi Mediaset e Ruby nelle mani di Boccassini & Co.





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Andrea Indini

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Published on May 06, 2013 05:08

Rivolta M5S contro Grillo: "Vogliamo tutta la diaria"

Ora lo scontro si fa duro. Perché, quando si parla di danèe, gli animi si scaldano e la mano serra velocemente il portafoglio. Sebbene siano riusciti a chiudere un occhio sulle espulsioni e a digerire la totale mancanza di libertà di pensiero, i grillini non sembrano disposti a cedere di un millimetro sullo stipendio. I sentimenti anti casta sono già stati cestinati. E adesso invocano la libertà di coscienza arrivando così a sconfessare le proposte sugli emolumenti dei parlamentari avanzate nei giorni scorsi da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.


Alle 21 di ieri sera si è concluso il sondaggio tra deputati e senatori pentastellati sulla destinazione della diaria. A solo un’ora dalla chiusura del voto il 48,48% su circa 130 partecipanti (sono 163 i parlamentari del M5S) era favorevole a trattenere completamente la diaria. È, infatti, nei poteri dall’eletto stabilire, secondo coscienza, quanto rendere. Sul tavolo ci sarebbero anche altre opzioni. Opzioni che, numeri alla mano, risultano minoritarie. Per il 3,79% dei votanti grillini la diaria va completamente trattenuta, mentre per un’analoga percentuale deve essere trattenuta all’80%. Si fermerebbe al 2,27% la quota di chi ritiene che la diaria vada completamente trattenuta per i primi quattro mesi per poi lanciare un nuovo sondaggio online. Per la "rendicondazione pura" (ovvero trattenere quanto si spende) sarebbe d'accordo il 36,30%, mentre il 5,30% indicherebbe di stabilire un limite di spesa per macro aree da confermare poi in un'ulteriore assemblea dei gruppi. Non c'è solo la diaria a dividere gli onorevoli cittadini. Anche l'indennità parlamentare divide la truppa grillina dal guru genovese che aveva fissato il tetto a 5mila euro lordi. In molti sono tornati a chiedere una possibile "personalizzazione" dell'indennità in base ai carichi familiari e alla situazione economica pre-incarico. Per non parlare del fisco secondo cui deputati e senatori "percepiscono tutta l'indennità". E su questo importo vengono tassati.


Ad ogni modo, spese alla mano, il parlamentare pentastellato avrebbe a disposizione 3.500 euro di diaria per le spese di mantenimento a Roma. Cifra che vale anche per chi vive nella Capitale. A questo vanno ad aggiungersi 3.960 euro per i deputati e 4.180 per i senatori da usare per assumere i collaboratori. E ancora: mille euro circa serviranno a coprire gli spostamenti in taxi e poco più di 3mila euro per il telefono. Di certo la discussione su cosa fare con le varie voci dello "stipendio" non si esaurisce con un sondaggio. Dello stipendio dei parlamentari si discuterà, infatti, questa settimana in una assemblea, durante la quale i Cinque Stelle proporranno anche la questione della presidenza delle commissioni parlamentari di controllo.


Il referendum dei parlamentari boccia i diktat del comico: "Restituzione della quota non spesa volontaria"





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Andrea Indini

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Published on May 06, 2013 01:15

April 29, 2013

Letta: "Senza crescita l'Italia è perduta, stop Imu e inasprimento Iva"

Un'inversione di rotta. Il nuovo governo pone la parola "fine" a una stagione fatta di austerità e tasse. E lo fa in primis con un gesto eclatante e di pacificazione sociale: l'abrogazione dell'Imu sulla prima casa e la scongiura dell'aumento dell'Iva. Presentandosi a Montecitorio per convincere il parlamento a votare la fiducia al nuovo governo, il presidente del Consiglio Enrico Letta torna a parlare di crescita, mercato di lavoro, imprese e giovani: "Si vince o si perde tutti insieme".


"Ho pensato molto al personaggio biblico di Davide nella valle delle nostre paura davanti al Golia di sfide gigantesche". È la metafora che Letta usa per invitare il Paese a spogliarsi dell'armatura che appensantisce soltanto. "Parlerò con il linguaggio sovversivo della verità per avere le spalle larghe e solide per reggere e far fronte al giudizio de parlamento". Nell'intervento programmatico alla Camera, Letta tocca i punti cardine con cui l'esecutivo vuole lasciarsi alle spalle le misure recessive dei tecnici per aprire una stagione di crescita che traghetti il Belpaese fuori dalla crisi economica. Pur sapendo che la situazione economica è "ancora grave" e che "il debito pubblico grava come una macina sulle generazioni presenti e future", il nuovo premier sa bene che le politiche di austerity non fanno certo bene alle imprese al tessuto industriale. Proprio per questo, nei prossimi giorni, inizierà nelle sedi europee dove andrà a proporre le strategie individuate dal governo per "arrivare alla crescita senza compromettere il risanamento della finanza pubblica". Proprio per questo la priorità del nuovo esecutivo sarà un piano economico teso da una parte ad abbattere la pressione fiscale e dall'altra a rilanciare il mercato del lavoro al fine di abbattere il tasso di disoccupazione che ha raggiunto livelli allarmanti: "La riduzione fiscale senza indebitamento sarà un obiettivo continuo e a tutto campo". Tra i primi punti il superamento dell’attuale sistema sulla tassazione per la prima casa. Letta accoglie, in questo modo, la misura proposta da Silvio Berlusconi interrompendo immediatamente i pagamenti di giugno per permettere al parlamento di attuare una riforma complessiva del sistema di imposte. Sullo stesso solco s'impongono la necessità di scongiurare l'inasprimento delle aliquote Iva, che il governo Monti voleva portare dal 21 al 22%, e il proposito di ridurre le tasse sul lavoro. Citando l'omelia fatta ieri da papa Francesco, Letta ha infatti ricordato che un'economia che non scommette sui giovani è un suicidio. "Bisogna pensare alla rabbia di chi non studia né lavora, a quanti bambini non nascono in Italia per la precarietà delle scelte dei giovani genitori - ha spiegato il capo del governo - non è demografia ma una ferita morale perché non devono esistere generazioni perdute". Perché questo avvenga, Letta sa bene che devrà intervenire sulla macchina statale mettendo mano a quella burocrazia che troppo spesso opprime la creatività degli italiani. "Bisogna avere fiducia in chi vuole investire e creare posti di lavoro - ha spiegato - i sacrifici non possono essere chiesti sempre ai soliti noti".


Senza demonizzare l'Agenzia delle Entrate e Equitalia, Letta ha spiegato che bisogna arrivare a "un fisco più amico". E ancora: senza attaccare i poteri forti di Bruxelles, ha individuato l'Europa come l'orizzonte naturale dell'Italia: "È lo spazio politico per rilanciare la speranza che ha animato questa società nel dopoguerra". In questo quadro, si inseriscono le politiche per favorire il mercato del lavoro e per sciogliere le ferite lasciate aperte dal governo Monti. In primis il capitolo esodati. "Dobbiamo rilanciare il welfare tradizionale europeo - ha incalzato -  il nostro modello non basta più, deve essere più universalistico e meno corporativo aiutando i più bisognosi, migliorando gli ammortizzatori sociali estendendoli ai precari".


Tra le priorità del governo ci sono anche le riforme costituzionali che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha caldeggiato per rimettere in carreggiata il Paese. Riforme che i tecnici avevano promesso, ma che hanno puntualmento mancato di attuare. Per evitare lo stesso flop di Monti, Letta ha deciso di dare al proprio esecutivo diciotto mesi di tempo per ammodernare l'Italia. "Oppure sarò costretto a trarre le mie conseguenze", ha avvertito il presidente del Consiglio promettendo "una riforma anche radicale del sistema" politico-istituzionale attraverso una riscrittura della Costituzione. Tra queste sicuramente la riforma della legge elettorale al fine di "superare il bicameralismo paritario" e di "evitare ingorghi come quello appena sperimentato". Per farlo, però, c'è bisogno di una pacificazione sociale che deve partire proprio dalle forze politiche che siedono in parlamento. "Venti anni di attacchi hanno eroso ogni capitale di fiducia tra partiti - ha avvertito - l’opinione pubblica è esausta di liti inconcludenti". Qui c'è, infatti, lo spazio per combattere insieme contro gli sprechi della politica: dall'abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti e dei doppi stipendi all'eliminazione delle Province.


Il nuovo governo dice basta all'austerità e prepara un programma per la crescita. Da giugno lo stop all'Imu sulla prima casa. Niente aumento dell'Iva. E reddito minimo alle famiglie bisognose





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Andrea Indini



Il discorso di Enrico Letta alle CamereLetta: "A giugno via l'Imu"Letta: "Migliorare la legge elettorale in vigore"Letta: "Riforme entro 18 mesi o ci saranno conseguenze"
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Published on April 29, 2013 08:29

Delirio a Cinque Stelle: "Prendi meglio la mira"

Per quanto affidate alla caducità della rete, certe parole sono così violente da togliere il fiato. Il sangue dei carabinieri non è ancora stato lavato dai sanpietrini di piazza Colonna che sul blog di Beppe Grillo iniziano già a comparire i primi, lividi commenti: «Se devi uccidere qualcuno e vai a Montecitorio, vacci con le idee chiare». Simpatizzanti del guru pentastellato, tutelati da nickname fantasiosi e infuocati dall'odio contro la casta, battono caratteri di fuoco per assolvere Luigi Preiti e invitare il prossimo aggressore a prendere meglio la mira.
Le responsabilità degli odiatori di professione sono sotto gli occhi di tutti: dagli insulti in rete alla caccia al politico «traditore» in piazza, fino agli attacchi populisti per una manciata di voti. In mattinata, mentre Preiti scarica contro i carabinieri il caricatore di una calibro 22, sul blog di Grillo campeggia un post contro il governo. Già il titolo è evocativo: «Il club dei mostri». Tra i commentatori che inveiscono contro l'esecutivo, c'è anche chi esalta il gesto dell'attentatore. Commenti agghiaccianti che inneggiano al tiro al politico. «Se la prendono sempre con le persone sbagliate, i passanti e le forze dell'ordine � scrive un commentatore � ma dico io se devi uccidere qualcuno e vai a Montecitorio, vacci con le idee chiare». Non è l'unico: c'è chi accusa il ministro dell'Interno Angelino Alfano di «essere il vero criminale», chi grida al complotto e chi alza addirittura il tiro. «Se uno prima di suicidarsi decide di liberarci di qualche parlamentare va benissimo, ma rispettiamo i bersagli, i carabinieri hanno poche colpe». E ancora: «Un appello a tutti i carabinieri e alle scorte: spostatevi dalle traiettorie, non siete voi i cattivi», «Chi pensa che sia stato un grillino a sparare è un perfetto idiota. Se avesse sparato contro un politico potrei avere qualche sospetto, ma a due carabinieri...», «Un'altra bella occasione regalataci da un disperato che voleva suicidarsi portandosi all'inferno qualche politico e che mi va a combinare: spara a due carabinieri». E non va certo meglio su Twitter dove c'è chi arriva a scrivere: «Spari ad altezza uomo. Certo non volevano colpire Brunetta».
Il tenore dei commenti cambia non appena interviene Grillo che, pur non essendo stato chiamato in causa, si affretta a postare un comunicato che prende le distanze dalla sparatoria: «Ci discostiamo da questa onda che spero finisca lì, il nostro movimento non è violento». I lettori si accodano e si prodigano nell'esprimere solidarietà ai carabinieri feriti. Una solidarietà imbarazzante che stride con l'odio intriso in tutte le altre pagine del blog.


Subito dopo l'attentato parole violente in rete. Poi la condanna del leader


Andrea Indini

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Published on April 29, 2013 00:33

April 28, 2013

Fisco, crescita e il caso marò: ecco le priorità del governo

Formato il governo, adesso bisogna correre. Il premier Enrico Letta sa bene che non c'è più tempo da perdere. Ne ha già buttato via a sufficienza Pier Luigi Bersani. Ora è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e lavorare per ridare respiro al Paese azzoppato dalla crisi economica e dalle misure adottate dai tecnici. Proprio per questo tra le priorità del nuovo governo ci sarà un'obbligata inversione di rotta sul piano economico che, abbandonando l'austerity imposta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel a Mario Monti, abbracci la crescita e abbatta la pressione fiscale.


Pressione fiscale e crescita

Il Pdl l'ha detto chiaramente: o viene azzerata l'Imu sulla prima abitazione o non c'è spazio per votare la fiducia all'esecutivo. In campagna elettorale Silvio Berlusconi l'ha promesso. L'odiata tassa sulla casa deve saltare quanto prima per far ripartire il mercato immobiliare e i consumi delle famiglie italiane. Il Cavaliere si è impuntato affinché nel programma di Letta rientrasse tra i primissimi punti la riduzione del carico fiscale che, con i tecnici al governo, è diventato insopportabile per i contribuenti. Proprio per questo il nuovo esecutivo non solo dovrà abolire l'Imu, ma dovrà anche scongiurare l'aumento dell'Iva dal 21 al 22%, previsto a partire dal primo luglio, e i pesantissimi rincari per lo smaltimento dei rifiuti introdotti con la Tares. Senza considerare gli aumenti delle addizionali Irpef. Non solo. Nella road map che lo stesso Fabrizio Saccomanni, nominato ieri ministro dell’Economia, traccia in un colloquio con Repubblica, la parola "crescita" diventa fondamentale. Il nuovo titolare del dicastero di via XX Settembre è, infatti, convinto che serva "uno sforzo coordinato" di tutti per "ripristinare il bene prezioso della fiducia", mentre sul piano tecnico ci vuole quella che chiama "una ricomposizione della spesa", secondo una "impostazione di tipo politico" che "solo un governo può dare". Da ministro intende dare sostegno "alle imprese e alle fasce più deboli della popolazione" attraverso "una ricomposizione del bilancio pubblico".


Ammortizzatori sociali e esodati

Oltre al nodo della pressione fiscale, i dossier aperti che finiranno sul tavolo del nuovo esecutivo con codice prioritario sono senza dubbio gli ammortizzatori sociali e il pubblico impiego. Quella del lavoro è, infatti tra le emergenze che il futuro governo dovrà affrontare con una disoccupazione in crescita, soprattutto tra i giovani, e il problema del rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per l’intero 2013. La cig in deroga è coperta infatti solo fino a giugno. Secondo i sindacati circa mezzo milione di lavoratori, dopo aver perso il posto, rischia di restare anche senza sostegno al reddito. Per le organizzazioni sindacali servono 1,5 miliardi di euro per poter garantire tutto il 2013 e chiudere l’ultima coda del 2012. C'è poi il nodo degli esodati. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha firmato il terzo decreto sui salvaguardati che riguarda 10.130 lavoratori, che si aggiungono alla prima tranche di 65mila e alla seconda di 55mila. In totale una platea di circa 130mila persone ma ne restano fuori ancora parecchie migliaia. Il numero esatto di soggetti interessati è, tuttavia, ancora sconosciuto così come l’ammontare delle risorse necessarie.


Esuberi e pubblica amministrazione

Sul fronte del pubblico impiego le questioni aperte sono diverse: c’è da gestire lo smaltimento degli esuberi, il blocco degli aumenti contrattuali e degli scatti d’anzianità per cui non è ancora stato firmato il decreto e i contratti in scadenza dei precari. Sono quasi 3,5 milioni gli statali interessati dal blocco degli stipendi che si protrae ormai da due anni e che rischia di proseguire anche nel 2014. Senza considerare che ci sono 2,7 milioni che attendono il rinnovo contrattuale. Una vera e propria emergenza è poi quella dei giovani precari della pubblica amministrazione per i quali è fissata per il 31
luglio la scadenza della proroga dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge di stabilità. Secondo i sindacati, se tale scadenza non verrà modificata, almeno 100mila lavoratori rischiano di rimanere senza lavoro.


La liberazione dei marò

In molti hanno tirato un sospiro di sollievo quando Letta non ha fatto il nome di Monti nel leggere la lista dei ministri. L'ex permier era, infatti, in predicato per volare alla Farnesina. Uno vero e proprio schiaffo ai marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che l'inefficienza del precedente governo potrebbe costargli la pena di morte. Tra i primi punti nell’agenda del neo ministro degli Esteri Emma Bonino c’è, dunque, il dossier dei due fucilieri italiani. Una vicenda complicata e intricata che ha rischiato di compromettere le relazioni italo-indiane e che dopo la decisione di rinviare i due militari in India, ora deve trovare una soluzione. Anche alla luce delle ultime decisioni della Corte Suprema di rimettere al governo indiano l’ultima parola sulle indagini e quindi affidarle alla polizia antiterrorismo. Decisione che rischia di complicare ulteriormente il caso, alimentando le incertezze nonostante le nuove rassicurazioni giunte oggi dal ministro degli Esteri indiano.


Sul tavolo del governo le grane lasciate dai tecnici: il nodo esodati, l'aumento dell'Iva e gli ammortizzatori sociali. Alla Farnesina i marò hanno la precedenza





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Andrea Indini



Colpo a sorpresa del Cav per strappare l'addio all'ImuSaccomanni, il tecnico benedetto da Quirinale e Bce
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Published on April 28, 2013 03:28

April 27, 2013

Bersani avverte Letta e il Pdl: "No un governo a tutti i costi"

I big del piddì si prodigano in elogi sperticati, rassicurano la stampa con ampie interviste e giurano massima fedeltà al nascituro governo. Qualcosa, però, stride nell'attuale quiete che segue la tempesta che ha portato alla capitolazione della segreteria democratica. Nell’incontro avuto questa mattina alla Camera, l'ex segretario Pier Luigi Bersani ha consegnato a Enrico Letta un messaggio chiaro: "Il governo non si fa a tutti i costi". I nodi su cui rischia di saltare la fiducia sono da un lato il profilo dei ministri, dall’altro il programma. E in via del Nazareno si fa strada la preoccupazione che qualcuno possa "tradire".


Il primo a mettere il carico su Letta è stato proprio Matteo Renzi, fermamente convinto che il Pd si dimostrerà "compatto" al momento del voto di fiducia. "Altrimenti ci sarà un bel problemino...", ha ammesso il sindaco di Firenze gettando un'ombra sull'establishment democrat. Nonostante diplomazie e ultimata, l’area dei dissidenti interna al Pd continua a esistere. "Quelli a disagio sono cinquanta, quelli che invece si manifesteranno sono la metà", ha spiegato Pippo Civati confessando di essere intenzionato a votare contro e addirittura a lasciare la carica di deputato. L’entità dei dissidenti, in realtà, non si potrà capire finchè non sarà nota la lista dei ministri. Il silenzio che avvolge via del Nazareno è assordande: la resa dei conti avviata alla direzione che ha portato Letta a Palazzo Chgi è solo rimandata al 4 maggio quando si terrà l'assemblea nazionale. Sul tavolo, oltre alla nuova leadership del partito, le prossime mosse in parlamento. I tentennamenti di Bersani e le faide interne hanno fatto crollare il piddì nei sondaggi che, secondo l'istituto Swg, sarebbe a sei punti dal Pdl.


Per evitare nuovi attriti, Letta sta cercando di mettere insieme un esecutivo che non infastidisca troppo i vertici democratici. Così, proprio per ascoltare le sirene anti berlusconiane, ha a più riprese provato a fare resistenza ai nomi proposti da Berlusconi e a snobbare l'azzeramento dell'Imu sulla prima casa rischiando, in questo modo, di far saltare le larghe intese tessute da Giorgio Napolitano. Nel mirino anche la corsa alla Farnesina di Massimo D'Alema sul quale Angelino Alfano non ha posto alcun veto. Veto che, invece, sarebbe arrivato da ambienti democratici. Come hanno evidenziato nelle ultime ore anche i segretari locali, infatti, i ministri "indigeribili" e il mancato rinnovamento renderebbero più in salita convincere gli elettori sul territorio della necessità di un esecutivo col Pdl. "La base - hanno evidenziato alcuni segretari locali - deve ancora smaltire la delusione per la gestione della partita Quirinale, che ha portato fino all’occupazione di alcune sedi di partito". Preferisce aspettare di conoscere quali saranno i ministri, ad esempio, Laura Puppato che, però, si augura che il numero di dicasteri al Pdl sia "il minore possibile" mentre è apparso piuttosto critico Civati che, dalle colonne del suo blog, ha ricordato tutte le dichiarazioni pronunciate da Letta e da Bersani contro il governissimo. Tutto, insomma, è in divenire. E niente può assicurare che nel Pd si consumi una nuova frattura. Pur non avendo ancora sciolto la riserva sulle sue intenzioni di candidarsi alla leadership del partito al prossimo congresso, Renzi gioca un ruolo da mediatore sul braccio di ferro tra chi minaccia il "no" alla fiducia e chi paventa espulsioni: "È un tantino prematuro dire 'io non lo voto', 'allora io ti espello'". Una presa di posizione sibillina che non lascia presagire nulla di buono. Visto che viene escluso da più parti che sarà il sindaco di Firenze a guidare il Pd nel periodo di vacatio fino al congresso, la guida transitoria dovrebbe essere affidata all'ex leader della Cgil Guglielmo Epifani. Ma la partita è solo all'inizio.


I big del piddì non parlano, ma il partito è in fibrillazione. Tensioni per il totoministri e per il piano economico. Crescono i malumori: Letta avrà una fiducia compatta dai suoi?





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Andrea Indini


Pier Luigi Bersani e il vicesegretario del Pd Enrico Letta
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Published on April 27, 2013 08:54

I grillini spaccati sui rimborsi, in ballo 8mila euro al mese: il resto va trattenuto o reso?

Tempo di stipendi e di rendicontazione. Mentre vengono accreditati ai parlamentari i primi emolumenti di questa legislatura, il Movimento 5 Stelle si muove con grande attenzione per tener fede alla promessa di austerità e trasparenza. Ma, sin dalle primissime battute, l’operazione si è rivelata tutt'altro che agevole. Le polemiche infuocato il Cinque Stelle che continuano a promettere che metteranno tutti i conti online.


A Montecitorio i deputati pentastellati hanno già depositato la proposta di legge per "l’abolizione dei contributi pubblici e le modifiche alla disciplina in materia di spese elettorali e agevolazioni a partiti e movimenti politici". In parallelo hanno accelerato l’operazione che dovrebbe concretizzare la restituzione di parte degli emolumenti alle casse pubbliche. Da qui la richiesta alla presidente della Camera Laura Boldrini di costituire, con una voce di entrata nel bilancio, "un fondo controllato da un ente terzo" in cui qualsiasi deputato possa versare la parte di stipendio cui intenda rinunciare. "A quale fine destinare le somme raccolte nel fondo lo si può decidere insieme", hanno proposto i seguaci di Beppe Grillo. Tutto liscio? Mica tanto. Intanto, fermo restando che tutti gli eletti del M5S prenderanno solo 5mila euro lordi di indennità (su 10mila spettanti), resta da definire come in concreto deputati e senatori si regoleranno con le altre somme che lo Stato riconosce a titolo di rimborso. L’idea è trattenere solo le spese rendicontate, ma nel dettaglio una soluzione tecnica sarà definita nei prossimi giorni, sulla base dello studio dei primi cedolini. Alla voce "trattamento economico" il comportamento interno al movimento spiega: "L'indennità percepita dovrà essere di cinquemila euro lordi mensile, il residuo dovrà essere restituito allo Stato assieme all'assegno di solidarietà (detto anche di fine mandato)". In questo modo lo stipendio verrebbe, appunto, dimezzato intonro ai 5mila euro. Con un problemino non di poco conto: per quanto ogni parlamentare possa rinunciare a metà stipendio, il fisco lo tasserà comunque per l'intero ammontare segnato in busta paga. Problemino che non lascia certo indifferenti i grillini.


I grattacapi non si fermano certo allo stipendio. Come devono comportarsi con i rimborsi? Carte alla mano nella prima "paghetta" spuntano un'accozzaglia di voci che fanno schizzare la cifra finale intorno ai 18mila euro. Dalla diaria ai rimborsi forfetari, dalle indennità all'assistenza sanitaria. Cosa tenere? Cosa restituire? "I parlamentari - si legge sempre nel codice grillino - avranno comunque diritto a ogni altra voce di rimborso, tra cui diaria a titolo di rimborso per le spese a Roma, rimborso delle spese per l'esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporti e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e sistema pensionistico con sistema di calcolo retributivo". Se tutti sono d'accordo sul giustificare on line ogni signola spesa, lo scontro si fa duro sull'opportunità di rendere allo Stato i rimborsi non spesi. Dal canto loro i vertici del M5S assicura no sarà "presto" on line la piattaforma su cui ciascun parlamentare pubblicherà scontrini e ricevute, cifre percepite e restituite.


Intesa sul fondo in cui versare metà dello stipendio, ma è rottura sui rimborsi mesili. Tutte le spese saranno messe on line ma che fare con l’eccesso? C'è chi vorrebbe tenere tutto





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Andrea Indini

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Published on April 27, 2013 04:43

April 26, 2013

Letta e il risiko del governo: ecco i ministeri da decidere

Ancora poco e dovremmo esserci. Ci sono ancora alcuni nodi da scigliere, ma la lista dei dicasteri con giustapposto il nome del ministro dovrebbe essere pronta. C'è ancora qualcosa da limare. Ballano le poltrone di peso: va trovata la quadra su ministero di via Arenula, sulla Farnesina e, soprattutto, sulla figuara a cui affidare le politiche economiche. Lo scranno di via XX Settembre è infatti fondamentale nel risiko che il premier incaricato Enrico Letta sta cercando di mettere insieme in queste ore. È una lotta contro il tempo per tirare dritto sulla strada tracciata dal presidente del Consiglio Giorgio Napolitano e per assicurarsi l'appoggio di Pdl, Pd e Scelta civica e provare ad agguantare anche la fiducia della Lega Nord. Insomma, un puzzle le cui tessere devono essere ancora sistemate.


Proseguono le trattative in vista della nascita del governo Letta. In mattinata era cresciuto l’ottimismo tra Pd e Pdl sulla buona riuscita del tentativo del vice segretario del piddì di mettere insieme l'esecutivo tanto che a Montecitorio, dove il premier incaricato è riunito con il suo staff, si davano per certi lo scioglimento della riserva e il giuramento già domani pomeriggio. Tuttavia, non tutti i nodi sono stati sciolti. Tanto che oggi pomeriggio i vertici di via dell'Umiltà sono stati riuniti a Palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi proprio per affrontare le criticità. Fonti pidielline riferiscono che sarebbero tornati a volare i "falchi" ponendo sul tavolo la questione dell’opportunità o meno di siglare l’accordo con i democrat per dare il via libera al governo. In mattinata Letta è stato ricevuto dal capo dello Stato per riferire dell’esito delle consultazioni di ieri e in quella sede si sarebbe verificato che il tentativo sta prendendo sempre più corpo, tanto che il premier incaricato avrebbe potuto rassicurare sul timing Napolitano con il giuramento previsto per domani. Domenica servirebbe a Letta per scrivere il discorso programmatico con cui intende presentarsi alle Camere per la fiducia già lunedì mattina. Un discorso a cui i suoi collaboratori stanno già lavorando e che verte su tre pilastri fondamentali: il piano economico per uscire dalla crisi economica, la riforma della politica e delle istituzioni e l'impegno a chiedere all'Unione europea politiche improntate più sulla crescita che sul risanamento del debito pubblico.


Non appena sceso dal Quirinale, dove poco dopo è entrato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, Letta ha incontrato il premier uscente Mario Monti per parlare di "programma e architettura del governo". A quanto si apprende da fonti vicine al vice segretario del Pd, oltre ai nodi programmatici, dovrebbero essere ancora sciolti anche i nodi sui dicasteri principali. Ancora da riempire, appunto, le caselle di Esteri, Economia e Giustizia. Il segretario della Lega Nord Roberto Maroni ha messo in guardia il premier incaricato da "grossolani errori" come quello di mettere Giuliano Amato o Monti nel nuovo governo. Tuttavia, per la Farnesina resterebbe ancora alto il nome di Monti che, però, si sarebbe riservato di decidere se entrare a far parte dell'esecutivo. Per la Farnesina resta alto anche il nome di Massimo D’Alema. Per il ministero di via XX Settembre, dopo il "no" di Berlusconi a Maurizio Saccomanni, si fa strada l’idea del vice direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi o del vicedirettore generale dell'Ocse Piercarlo Padoan. Uno tra Michele Vietti, Luciano Violante e Fernanda Contri potrebbe essere, invece, il nuovo Guardasigilli. I contatti dunque proseguono frenetici per limare sia i punti programmatici sia la lista dei ministri. Un incontro tra Letta e lo stesso Berlusconi al momento non è in programma, ma non è escluso che si possa tenere in serata, per risolvere eventuali ultimi nodi e suggellare l’accordo definitivo.


Lotta contro il tempo per Letta. Ancora da definire le poltrone di peso. Alla Farnesina è testa a testa tra Monti e D'Alema. All'Economia potrebbe arrivare Rossi (Bankitalia) o Padoan (Ocse). Il nuovo Guardasigilli tra Vietti, Violante e Contri





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Andrea Indini


Una veduta esterna del palazzo del Quirinale durante le consultazioni
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Published on April 26, 2013 13:23

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