Andrea Indini's Blog, page 175

June 19, 2013

Consulta, il Cav tiene duro: "Leale sostegno al governo ma continua l'accanimento"

Il nuovo attacco a Silvio Berlusconi questa volta arriva dai giudici della Corte costituzionale. Il "no" al legittimo impedimento a partecipare all’udienza del primo marzo del 2010 è l'ennesimo affondo della magistrtura in un accanimento che dura da quasi vent'anni. Respingendo il conflitto di attribuzione tra poteri sollevato da Palazzo Chigi nei confronti del tribunale di Milano, la Consulta fa così ripartire il processo Mediaset che ha visto condannare, in primo grado e in appell, l'ex premier a quattro anni di reclusione e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. "Continua un accanimento giudiziario nei miei confronti che non ha eguali nella storia di tutti i Paesi democratici", ha commentato Berlusconi confermando, tuttavia, l'appoggio al governo Letta.


La decisione tutta politica della Consulta va a minare quella pacificazione a lungo cercata dal centrodestra. I giudici, però, non hanno mai desistito a voler decapitare il Pdl facendo fuori Berlusconi dalla scena politica a suon di sentenze. le toghe provano a ottenere quello che la sinistra non è riuscita a fare democraticamente: estromettere il leader del Pdl dal parlamento. Un attacco violentissimo che, a breve, potrebbe portare a un epilogo tutt'altro che democratico. Da sempre questo è, infatti, quello a cui punta una certa magistratura politicizzata. "Questo tentativo di eliminarmi dalla vita politica che dura ormai da vent’anni e che non è mai riuscito attraverso il sistema democratico perché sono sempre stato legittimato dal voto popolare - ha spiegato Berlusconi dopo la sentenza della Corte Costituzionale - non potrà in nessun modo indebolire o fiaccare il mio impegno politico per un Italia più giusta e più libera". Svincolando la tenuta del governo dall'iter giudiziario dei suoi processi, l'ex presidente del Consiglio respinge fermamente una sentenza che va "contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza". I precedenti della Consulta in tema di legittimo impedimento non avrebbero, infatti, consentito una soluzione diversa dall'accoglimento del conflitto proposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Evidentemente la decisione è basata su logiche diverse che hanno destato nei legali del Cavaliere "grave preoccupazione". La preminenza della giurisdizione rispetto alla legittimazione di un governo a decidere tempi e modi della propria azione appare davvero al di fuori di ogni logica giuridica.


Nonostante Berlusconi abbia garantito l'appoggio all'esecutivo, i ministri del Pdl non hanno nascosto la propria preoccupazione. "La decisione stravolge ogni principio di leale collaborazione e sancisce subalternità della politica  all’ordine giudiziario", hanno spiegato in una nota prima di raggiungere Berlusconi per decidere come muoversi in parlamento.


La decisione sul caso Mediaset infrange tutti i precedenti della Consulta. Il Cav: "Il tentativo di eliminarmi non indebilirà il mio impegno politico". Ministri pdl in fibrillazione





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Andrea Indini

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Published on June 19, 2013 12:03

Altro che tracce di maturità! Datemi pure dell'ignorante ma avrei preso un quattro

Il toto tema è un must della maturità. Il giorno prima della prova d'italiano ci si ritrova a casa di un compagno di classe, di solito il più sgamato del gruppo, e si scorrazza sui siti australiani per entrare in possesso delle tracce che gli studenti hanno postato sui social network dall'altra parte del mondo, sperando in quella che è una bufala che ancora incanta: immancabilmente, non si trova alcunché.


All'indomani, però, sui banchi arrivano temi che grossomodo sono stati preparati nel corso dell'anno o, perlomeno, nel triennio. Anni fa mi capitò di analizzare la poesia di Giuseppe Ungaretti, I fiumi. Non l'avevo letta prima, ma avevo studiato sodo l'autore e il periodo storico in cui aveva composto i versi. Avevo preso un voto più che buono. Oggi non sarebbe stato lo stesso. Perché, una volta lette le tracce proposte dal ministero dell'Istruzione, mi sono sentito di primo acchito profondamente ignorante. Subito dopo, però, mi è stato chiaro che gli esimi sconosciuti su cui i maturandi sono stati chiamati a esprimersi non vengono studiati a scuola.


Prendetemi pure per un ignorante. Non mi importa. Ma certi temi non vanno dati all'esame di maturità. La prova d'italiano non è un esercizio di scrittura. Non si scrive per allietare il lettore. Un po' come nel giornalismo, si mettono insieme i fatti dimostrando un'ottima padronanza della grammatica e della sintassi italiana e un'approfondita conoscenza della materia. Proprio per questo le tracce dovrebbero spaziare dagli autori affrontati in letteratura italiana alle problematiche studiate in filosofia, dai fatti imparati sui libri di Storia alle problematiche legate all'attualità.


Così, nel 150° anniversario dalla nascita di Gabriele d'Annunzio, ecco spuntare un brano di Claudio Magris, tratto da L'infinito viaggiare. Claudio Magris? Il collaboratore del Corriere della Sera? Cosa ne può sapere uno studente di diciannove anni dell'accademico, specializzato in germanistica? Meno di zero. Vabbè, passiamo al saggio breve. Nell'ambito artistico-letterario il titolo scelto è Individuo e società di massa con testi di Pier Paolo Pasolini, Elias Canetti, Remo Bodei ed Eugenio Montale. Elias Canetti? Zero assoluto. Lande desertiche nella mente. Mi aiuta Wikipedia (che i maturandi non possono certo consultare durante l'esame): "È stato uno scrittore, saggista e aforista bulgaro naturalizzato britannico di lingua tedesca, insignito del Nobel per la letteratura nel 1981. È considerato l'ultima grande figura della cultura mitteleuropea". Mah. Chiedo venia, non sapevo. E Remo Bodei? In redazione mi dicono essere piuttosto famoso. Dal canto mio non l'ho studiato né al liceo né all'università. Passiamo oltre. Per l'ambito socio-economico il titolo è Stato, mercato e democrazia con testi di Raghuram G. Rajan, Paul Krugman, Luigi Zingales e Mario Pirani; per l'ambito storico-politico, invece, il titolo è Omicidi politici; per l'ambito tecnico-scientifico, infine, il titolo è La ricerca scommette sul cervello. Su questi ultimi tre temi nulla da obiettare. Fattibili e, per di più, interessanti.


Veniamo al tema di argomento storico. Mi sarebbe capitato un approfondimento sui Brics, ovvero i Paesi emergenti. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Molto bene, molto interessante. Peccato che in Storia si arriva appena alla fine della Seconda Guerra Mondiale con profonde lacune sulla seconda metà del Novecento e, soprattutto, sull'attualità. L'egemonia della Dc nella Prima Repubblica, Tangentopoli e la discesa in campo di Silvio Berlusconi? Appena sorvolata? La Guerra Fredda, JFK e la guerra a distanza sulle conquiste nello spazio? Una spolverata appena. E tutto il resto? Niente di niente. Della Russia si approfondisce l'avvento della sanguinosa dittatura comunista e il braccio di ferro con gli Stati Uniti. Il tutto perché l'egocentrica Europa vi era in mezzo. Un conflitto nucleare fa sempre paura. E, poi, c'era il Muro di Berlino di cui io, al liceo, ho studiato l'edificazione ma non la distruzione liberatrice. Lo avevo appreso sui quotidiani e grazie all'epico concerto dei Pink Floyd. Per questo, comporre un'analisi economica sui Paesi emergenti necessita di basi che, probabilmente, anche un neo laureato in economia farebbe fatica a maneggiare.


Infine, il tema di ordine generale. Si parla di Fritjof Capra, autore di La rete della vita. "Tutti gli organismi macroscopici, compresi noi stessi, sono prove viventi del fatto che le pratiche distruttive a lungo andare falliscono - scrive il fisico austriaco - alla fine gli aggressori distruggono sempre se stessi, lasciando il posto ad altri individui che sanno come cooperare e progredire. La vita non è quindi solo una lotta di competizione, ma anche un trionfo di cooperazione e creatività". Di fatto, dalla creazione delle prime cellule nucleate, l'evoluzione ha proceduto attraverso accordi di cooperazione e di coevoluzione sempre più intricati. Fatto mio l'insegnamento di Capra, quindi, avrei dato di gomito col mio compagno di banco e, attraverso a una sana cooperazione, avrei probabilmente scelto o Stato, mercato e democrazia o Omicidi politici. In un modo o nell'altra ce l'avrei fatta. Ma che fatica.


Claudio Magris? Elias Canetti? Remo Bodei? Chi sono questi sconosciuti? Altro che esame di maturità, la prova d'italiano è un percorso a ostacoli





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Andrea Indini

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Published on June 19, 2013 08:20

June 17, 2013

Iva, il Cav al governo: "Sfori i patti Ue, tanto non ci cacciano"

Incassato il via libera sul "decreto del fare", il governo torna a traballare sotto le bordate dei soliti noti. Dopo aver seminato scompiglio la scorsa settimana, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato si è rimesso a fare barricate contro l'abolizione dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22%. Una manovrina da 8 miliardi di euro che potrebbe essere facilmente coperta economicamente se solo l'esecutivo si mettesse a tagliare la spesa pubblica. Purtroppo il fronte del "no" si ingrossa di ora in ora: in primissima linea, insieme a Zanonato,ci sono anche il titolare dell'Economia Fabrizio Saccomanni e il ministro dei Rapporti col parlamento Dario Franceschini. "Ma in quale azienda, non si possono tagliare i costi dell’1%? - ha chiesto Silvio Berlusconi - veramente una cosa non accettabile che non si si riescano a trovare questi fondi".


Il destino del governo, e del Paese, è minacciato dalla faida in corso tra le diverse anime piddì. Faida che rischia seriamente di far saltare la storica alleanza tra Pd e Pdl che potrebbe portare a compimento quelle riforme di cui l'Italia ha bisogno per rialzare la testa. Pufr avendo blindato le larghe intese, Berlusconi ha fatto notare che il "decreto del fare" è solo il primo tassello di un lungo processo che deve passare anche per l'abrogazione dell'Imu sulla prima casa e per l'abolizione dell'ennesimo balzello sull'aliquota Iva. "Bisogna che il gverno abbia il coraggio e l’autorevolezza di andare a Bruxelles a dire che sforiamo il limite del 3% all’anno - ha spiegato il Cavaliere - tanto non ci mandano fuori dall'Unione europea". Palazzo Chigi si è limitato ad assicurare che la posizione dell'esecutivo sugli impegni di bilancio "non cambia", ma non ha dato alcuna programmatica. Tanto che, se da una parte si va formando il sodalizio tra Brunetta e Fassina, dall'altra alcuni esponenti piddì non vogliono trovare la copertura economica per evitare l'ennesimo salasso sui consumi. Si tratta di una manovra da appena 8 miliardi di euro che su un conto della macchina pubblica da 800 miliardi di euro appare davvero come un'inezia. Eppure c'è chi la pensa diversamente. Il pasdaran del rastrellamento facile è il titolare dello Sviluppo economico che, a suon di interviste e proclami, sta seriamente minando la tenuta dell'esecutivo. "Non è che non voglio bloccare l’aumento dell’Iva - ha spiegato Zanonato in una intervista a Repubblica - dico che è molto difficile trovare le coperture, visto il poco tempo a disposizione". Per il ministro dem è come chi gioca al Totocalcio: "sarebbe felice di vincere e nello stesso tempo è preoccupato di non vincere". Peccato che in questo caso non ci sia in palio il tredici in schedina, ma il benessere degli italiani. Tanto che il Pdl legge sbigottito le dichiarazioni rilasciate a Repubblica. "Invece di rilasciare interviste distruttive perché non lavora in modo costruttivo insieme a Fassina e Brunetta? - si chiede Fabrizio Cicchitto - non abbiamo ancora capito se Zanonato è un gaffeur o un killer". Il fatto è che Zanonato è in "buona" compagnia. Dalle colonne del Corriere della Sera, infatti, Franceschini arriva a derubricare lo stop sull'Iva: "In cima a tutto c’è da affrontare la disoccupazione giovanile".


Dietro all'instabilità dell'esecutivo, in realtà, si celano le guerre fratricida dei democratici. Un'estenuante scontro va avanti da mesi. L'incapacità di Pier Luigi Bersani prima e di Guglielmo Epifani adesso a tenere le redini del carrozzone si riflette sulla tenuta del governo. Per un bieco gioco di poteri, mentre il Cavaliere continua a benedire le larghe intese, il premier Enrico Letta è vittima dei fuochi incrociati dei suoi. È, infatti, da via del Nazareno che arrivano le bordate che fanno più male. Le ultime proprio da Bersani ed Epifani che sotto sotto vorrebbero ancora un'alleanza con i Cinque Stelle e il Sel di Nichi Vendola. Ma quello che i due democrat chiamano "governo del cambiamento" non è altro che un vero e proprio ribaltone. Un gioco al massacro che fa male, in primis, agli italiani. "C'è chi non capisce che il futuro del Pd dipende dai risultati che questo governo otterrà - ha avvertito il viceministro dell’Economia Stefano Fassina - ci sono dirigenti che usano un atteggiamento strumentale che danneggia sia il Pd sia il governo, e quindi il Paese". Tra chi scommette contro Letta, poi, c'è anche Renzi che, a detta del viceministro dell'Economia, lavora "esclusivamente per ridimensionare i risultati del governo". Insomma, come già durante l'elezione del capo dello Stato, il Pd torna a lavare i panni sporchi in pubblico. E la lotta per prendere il timone del partito al congresso di ottobre rischia di ferire il presidente del Consiglio.


Continua il braccio di ferro sull'aumento dell'Iva. Zanonato frena: "Manca la copertura economica". Berlusconi insiste: "Tagliare la spesa dello Stato". Dietro allo scontro c'è la lotta per la leadership del Pd. Fassina avverte: "A rischio il futuro del partito"





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Andrea Indini



L'Ue allenta la pressione: l'aumento Iva può slittare
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Published on June 17, 2013 13:06

Quel fronte del "no" all'Iva che minaccia le larghe intese

Incassato il via libera sul "decreto del fare", il governo torna a traballare sotto le bordate dei soliti noti. Dopo aver seminato scompiglio la scorsa settimana, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato si è rimesso a fare barricate contro l'abolizione dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22%. Non è il solo a militare nel fronte del "no". Con lui, in primissima linea, ci sono anche il titolare dell'Economia Fabrizio Saccomanni e, da oggi, il ministro dei Rapporti col parlamento Dario Franceschini. un gioco al massacro che fa del male a tutti gli italiani. "C'è chi non capisce che il futuro del Pd dipende dai risultati che questo governo otterrà - ha avvertito il viceministro dell’Economia Stefano Fassina - ci sono dirigenti che usano un atteggiamento strumentale che danneggia sia il Pd sia il governo, e quindi il Paese".


Il destino del governo, e del Paese, è minacciato dalla faida in corso tra le diverse anime piddì. Faida che rischia seriamente di far saltare la storica alleanza tra Pd e Pdl che potrebbe portare a compimento quelle riforme di cui l'Italia ha bisogno per rialzare la testa. Ieri Silvio Berlusconi è tornato a "blindare" le larghe intese facendo notare che il "decreto del fare" è solo il primo tassello di un lungo processo che deve passare anche per l'abrogazione dell'Imu sulla prima casa e per l'abolizione dell'ennesimo balzello sull'aliquota Iva. Ma è proprio su quest'ultimo provvedimento che i democrat giocano la propria partita. Se da una parte si va formando il sodalizio tra Brunetta e Fassina, dall'altra alcuni esponenti piddì non vogliono trovare la copertura economica per evitare l'ennesimo salasso sui consumi. Si tratta di una manovra da appena 8 miliardi di euro che su un conto della macchina pubblica da 800 miliardi di euro appare davvero come un'inezia. Eppure c'è chi la pensa diversamente. Il pasdaran del rastrellamento facile è il titolare dello Sviluppo economico che, a suon di interviste e proclami, sta seriamente minando la tenuta dell'esecutivo. "Non è che non voglio bloccare l’aumento dell’Iva - ha spiegato Zanonato in una intervista a Repubblica - dico che è molto difficile trovare le coperture, visto il poco tempo a disposizione". Per il ministro dem è come chi gioca al Totocalcio: "sarebbe felice di vincere e nello stesso tempo è preoccupato di non vincere". Peccato che in questo caso non ci sia in palio il tredici in schedina, ma il benessere degli italiani. Tanto che il Pdl legge sbigottito le dichiarazioni rilasciate a Repubblica. "Invece di rilasciare interviste distruttive perché non lavora in modo costruttivo insieme a Fassina e Brunetta? - si chiede Fabrizio Cicchitto - non abbiamo ancora capito se Zanonato è un gaffeur o un killer". Il fatto è che Zanonato è in "buona" compagnia. Dalle colonne del Corriere della Sera, infatti, Franceschini arriva a derubricare lo stop sull'Iva: "In cima a tutto c’è da affrontare la disoccupazione giovanile".


Dietro all'instabilità dell'esecutivo, in realtà, si celano le guerre fratricida dei democratici. Un'estenuante scontro va avanti da mesi. L'incapacità di Pier Luigi Bersani prima e di Guglielmo Epifani adesso a tenere le redini del carrozzone si riflette sulla tenuta del governo. Per un bieco gioco di poteri, mentre il Cavaliere continua a benedire le larghe intese, il premier Enrico Letta è vittima dei fuochi incrociati dei suoi. È, infatti, da via del Nazareno che arrivano le bordate che fanno più male. Le ultime proprio da Bersani ed Epifani che sotto sotto vorrebbero ancora un'alleanza con i Cinque Stelle e il Sel di Nichi Vendola. Ma quello che i due democrat chiamano "governo del cambiamento" non è altro che un vero e proprio ribaltone. Un gioco al massacro che fa male, in primis, agli italiani. "I provvedimenti di sabato confermano la rotta anticiclica di sostegno alla domanda intrapresa dal governo - ha spiegato Fassina in una intervista a Qn - una navigazione che non possiamo interrompere permettendo l’aumento di un punto di Iva". Tra chi scommette contro Letta, poi, c'è anche Renzi che, a detta del viceministro dell'Economia, lavora "esclusivamente per ridimensionare i risultati del governo". Insomma, come già durante l'elezione del capo dello Stato, il Pd torna a lavare i panni sporchi in pubblico. E la lotta per prendere il timone del partito al congresso di ottobre rischia di ferire il presidente del Consiglio.


Continua il braccio di ferro: i ministri dem contrari a bloccare l'aumento dell'Iva. Dietro c'è la lotta per la leadership del Pd. Fassina avverte: "A rischio il futuro del partito"





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Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato
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Published on June 17, 2013 03:03

June 15, 2013

Il Pd minaccia e inciucia per un governo a sinistra

La vera spina nel fianco del governo è una fronda oltranzista del Pd che non digerisce l'armistizio siglato tra Enrico Letta e Angelino Alfano per mettere in cantiere le misure necessarie a far uscire il Paese dalla morsa recessiva della crisi economica e per ristrutturare le fondamenta della Costituzione. Così capita che un giorno sì e l'altro pure i vertici di via del Nazareno tirino bordate contro Palazzo Chigi e, più in generale, contro l'esecutivo al solo scopo di far saltare il tavolo delle riforme. Una reiterata campagna di destabilizzazione non tanto tesa a mettere in discussione l'operato del governo, quanto piuttosto a delegittimare il Pdl e Silvio Berlusconi.


Ripreso dalla batosta incassata alle elezioni politiche di fine febbraio e dalla figuraccia fatta durante l'elezione del nuovo capo dello Stato, Pier Luigi Bersani è tornato ad accarezzare l'idea di un governo riformista. Non importa che la sua ostinazione nel cercare una maggioranza contro natura abbia fatto perdere al pase quasi due mesi e portato il parlamento sull'orlo dell'ingovernabilità: pur garantendo piena lealtà a Letta, l'ex segretario piddì persevera nel cercare sponde impossibili per lasciar il Pdl fuori dai giochi politici. In una lunga intervista al Corriere della Sera, è infatti tornato a difendere la strategia nei confronti dei Cinque Stelle: "Oggi sosteniamo Letta, ma è compito di tutti noi tenere in vita la prospettiva di un governo di cambiamento". Un chiaro messaggio di sfida diretto al Cavaliere che, negli ultimi giorni, non ha fatto nulla per nascondere il proprio fastidio nei confronti di un esecutivo ondivago i cui ministri esternano senza cognizione di causa. Mentre Berlusconi preme l'acceleratore sul piano economico da attuare, piano che deve inevitabilmente passare attraverso l'abrogazione dell'Imu sulla prima casa e l'abolizione dell'aumento dell'aliquota Iva, Bersani torna ad accarezzare l'idea di formare un nuovo esecutivo con i grillini e il Sel di Nichi Vendola: "Il Cavaliere non pensi di avere le chiavi del futuro: se stacca la spina non si torna a votare". E, qui, lascia intendere alla possibilità di tessere nuove e vecchie alleanze per formare una maggioranza alternativa a quella che sta sostenendo Letta.


Dalle colonne del Messaggero, il segretario piddì Guglielmo Epifani si è affrettato a ribadire che, per quanto riguarda i democratici, la tenuta dell’esecutivo non è a rischio: "Continuiamo a sostenerlo anche avendo le antenne alzate: ci ricordiamo come finì il governo Monti. Lo dico gentilmente al Pdl: c’è un limite oltre il quale non si può andare". Anche dall'ex Cgil il pungolo continua a "inzigare" il Pdl. Un estenuante gioco delle parti nel tentativo di portare all'esasperazione l'esecutivo che, in una fase molto delicata del Paese, sta cercando di trovare la convergenza più ampia possibile sulle riforme da attuare. Proprio per questo, Epifani continua a lanciare diktat al Pdl: "Non mi piace che ci sia qualcuno che sostiene il governo e qualcun’altro che fa l’opposizione". In realtà è proprio all'interno del Pd che si sta consolidando una frangia rossa che punta ad riaggregare la sinistra. Sebbene Bersani si dica "radicalmente contrario" a una scissione del partito, non si dimostra troppo discpiaciuto a un ritorno alle "vecchie faglie". D'altra parte Davide Zoggia, responsabile dell'organizzazione del Pd e fedelissimo dell'ex segretario, ha detto chiaramente che, "se non vanno in porto le riforme, prime fra tutte quelle istituzionali", il governo con il Pdl è un prezzo che i democratici non possono "permettersi di pagare". Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, è stato ancora più chiaro: "Il mio sogno è quello della nascita di un altro esecutivo sostenuto da Pd, Sel e Movimento Cinque Stelle". La nascita di un nuovo esecutivo spostato a sinistra, però, si chiamerebbe "ribaltone". Eventualità che non piace ai senatori renziani  Andrea Marcucci, Isabella De Monte, Mauro Del Barba, Nadia Ginetti e Laura Cantini: "Balenare nuovamente un governo del cambiamento con i transfughi 5 stelle è una ipotesi dell’irrealtà e comunque una bordata strumentale contro chi a parole si vuole difendere, ovvero Letta".


Bersani torna alla carica: "Il governo di cambiamento è possibile". Nel Pd si consolida una fronda che guarda ancora M5S e Sel e sogna (già) il ribaltone





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Andrea Indini


Matteo Renzi, Nichi Vendola e Pierluigi Bersani
Cresce il fronte anti Renzi. Ma lui vola nei sondaggiL'ultima capriola di Vendola: ora è renziano
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Published on June 15, 2013 08:21

June 14, 2013

L'avvertimento di Alfano: "No ad aumento Iva e Imu"

L'aumento dell'Iva non s'ha da fare. Mentre gli analisti di via XX Settembre stanno studiando la possibilità di rinviare la pratica Iva agli inizi di gennaio 2014, il Pdl torna a pressare l'esecutivo affinché trovi la copertura economica per scongiurare il balzello dell'aliquota dal 21 al 22% e il pagamento dell'Imu sulla prima casa. Battaglie a cui il vicepremier Angelino Alfano non ha alcuna intenzione di rinunciare. "Non è un capriccio ma l’obiettivo che ci siamo dati - ha spiegato - siamo al governo per liberare i cittadini dall’oppressione fiscale". Adesso spetta al ministro dell’Economia terminare la ricognizione sulle fonti di copertura per compensare queste spese. "Le risorse si troveranno - ha assicurato Renato Brunetta - l'Iva non aumenterà, così come sarà eliminata l’Imu per la prima casa. Siamo sicuri che Letta manterrà gli impegni e che dirà una parola di chiarezza". Una promessa che rassicura i commercianti e gli italiani terrorizzati da una nuova tassa che rischia di affossare un sistema economico già in forte crisi.


Dopo le incomprensibili e irresponsabili dichiarazioni del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, che aveva giudicato "impossibile" evitare l’aumento dell’aliquota, il Partito democratico sermbra aver corretto il tiro. La linea resta una: bloccare l’aumento dal momento che quel punto in più sarebbe un colpo terribile a un Paese già ferito dalla forte recessione economica. "La sfida di tutto il governo è evitare l’aumento di fine mese", ha assicurato il viceministro dell’economia Stefano Fassina che, in una intervista rilasciata ad Avvenire, ha invitato l'esecutivo ad affrontare l’emergenza rinviando la scadenza di luglio a fine gennaio 2014. A quel punto, il dicastero dell'Economia verificherà, nella legge di stabilità con un quadro macroeconomico aggiornato, una copertura strutturale che consentirà la cancellazione. Sul recupero delle risorse necessarie al rilancio dell’economia e al sostegno degli investimento e dei consumi Fassina ha spiegato che potranno essere reperiti fondi dall’evasione fiscale per aumentare detrazioni ai redditi bassi: "Dobbiamo procedere legando il recupero dell’evasione alla riduzione della pressione fiscale cominciando dai redditi più bassi e dalle imprese più piccole". Allo stesso tempo il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha dichiarato che per evitare l’aumento dell’Iva "tutti gli sforzi che si possono compiere vanno fatti". Insomma, il governo e in particolar modo l'ala "rossa" dell'esecutivo sembrano essersi messi sulla carreggiata giusta. Uno sforzo che è stato apprezzato, in primis, dal centrodestra che da subito ha vincolato la propria permanenza al governo a patto che venisse scongiurato l'aumento dell'Iva e abolita l'Imu sulla prima casa.


"Sarà bene per il futuro - ha commentato Brunetta - che i ministri misurino con attenzione le proprie uscite per evitare confusione e incertezza". Negli giorni, infatti, gli strappi si sono alternati alle frenate. Se da una parte Zanonato e Saccomanni hanno dimostrato di cedere ai diktat dell'Unione europea opponendosi al congelamento dell'aliquota Iva, dall'altra il vicepremier si è immediatamente opposto al solito vizio di aumentare la pressione fiscale. Con un ulteriore aumento dell’Iva la situazione delle casse dello Stato non può che peggiorare. "La verità - ha spiegato il vicepresidente di Palazzo Madama Maurizio Gasparri - è che in momenti di crisi la gente è meno propensa al consumo e un aumento dell’aliquota non farebbe altro che raffreddare ulteriormente la propensione all’acquisto". Se il governo vuole veramente evitare buchi di bilancio, allora dovrebbe incentivare i consumi abbassando l’aliquota Iva anziché aumentarla. Nel primo quadrimestre dell’anno il gettito Iva è, infatti, crollato di 2,3 miliardi di euro. "Se non verrà scongiurato l’aumento dell’aliquota ordinaria previsto per il prossimo primo luglio - ha chiesto il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - a quale contrazione andremo incontro a fine anno?".


Pdl e Pd contro Saccomanni: "La linea resta evitare l'aumento". Si valuta la possibilità di rinviarlo a gennaio 2014





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Andrea Indini



Altro che tagliare le tasse: il governo aumenta l'IvaAlfano: "Via Imu e stop aumento Iva"
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Published on June 14, 2013 06:32

June 12, 2013

Iva, Zanonato gela i commercianti: "Non posso promettere il blocco"

"Stiamo lavorando per trovare i soldi per evitare l'aumento dell'Iva. Sarà faticoso ma il governo sta lavorando". Il vicepremier Angelino Alfano non è disposto ad ammettere strappi: l'esecutivo troverà la copertura economica per scongiurare l'ennesimo balzello che rischierebbe di incancrenire ulteriormente la crisi. Eppure, all'interno dello stesso governo, c'è chi come il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato non se la sente di assicurare una sforbiciata alla tassa sui consumi. Un tentennamento che non solo ha fatto ricoprire Zanonato dei fischi della Confcommercio, ma che ha anche sollevato violente critiche da parte della stessa maggioranza. Critiche che sono state volutamente bypassate dal premier Enrico Letta che, senza dire una parola sul nudo Iva, è andato a raccogliere applausi al congresso della Cisl mettendo al centro della sua agenda politica il lavoro. "Il governo, Zanonato compreso, dica subito no all’aumento dell’Iva - ha tuonato il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri - così difenderà il bilancio pubblico evitando buchi".


La missione fondamentale del governo italiano deve essere quella di "agire con tempestività e agire in profondità" per far fronte alle emergenze del Paese. È l’appello lanciato dal presidente di Confcommercio Carlo Sangalli nel suo intervento all’assemblea confederale. La priorità delle priorità è scongiurare l’ulteriore aumento dell’Iva di un punto. "Sarebbe come gettare della benzina sul fuoco della recessione - ha avvertito Sangalli - occorre davvero un approccio 'senza se e senza ma'. L’impatto di questo aumento sui consumi, sulla crescita e sull’occupazione sarebbe benzina su un fuoco ancora ardente, visto che consumi, crescita e occupazione picchiano già al ribasso da ormai troppo tempo". Ma il governo non dà certezze né tantomeno si mette al lavoro per sciogliere la riserva. Così al primo tentennamento di Zanonato la platea di Confcommercio ha fatto partire una selva di fischi che lo hanno sommerso. "Non è che non lo voglia fare ma non lo posso promettere", ha detto il titolare dello Sviluppo economico mettendo le mani avanti sull'abolizione all’aumento della tassa. La grossolana uscita di Zanonato ha scatenato anche l'ira del centrodestra che, quando si trattava di scendere a patti per sostenere il governo Letta, aveva chiesto il via libera a un piano economico che prevedesse l'abrogazione dell'Imu e l'abolizione dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22%. "Zanonato dovrebbe sapere che il gettito Iva è in calo", ha commentato Gasparri. Quando nel 2011 è avvenuto l'ultimo ritocco dell'aliquota, il gettito è, infatti, diminuito di 3,5 miliardi di euro. "Questo risultato ci deve servire da monito - ha commentato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - se non scongiuriamo l’aumento corriamo il pericolo di penalizzare ulteriormente la domanda peggiorando la situazione economica delle famiglie e quella delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi che vivono quasi esclusivamente di consumi interni".


Il quadro tracciato dall’indagine Confcommercio-Cer sulla situazione del nostro Paese non è dei migliori. I consumi non sono andati mai così male in settant'anni di vita della Repubblica. E il potere d’acquisto recupererà solo nel 2036. A causa della crisi, si legge nel report presentato in mattinata, "ogni famiglia italiana ha registrato, in media, una riduzione del proprio potere d’acquisto di oltre 3.400 euro". Nel primo trimestre di quest’anno hanno chiuso i battenti più di 40mila imprese. La pressione fiscale poi è insopportabile: nel 2013 il numero di giorni di lavoro necessari per pagare tasse, imposte e contributi "raggiungerà il suo massimo storico", ovvero 162 giorni. Per farsi un'idea, basti pensare che ne occorrevano 139 nel 1990 e 150 nel 2000. E ancora: il fisco costa alle pmi 10 miliardi l’anno, il 50% in più dell’Unione europea. "Bisogna dunque agire subito e ora tocca al governo - ha ammonito Sangalli - servono scelte coraggiose e ambiziose perché se il Nord del nostro Paese è sull’orlo del baratro, il tonfo del Mezzogiorno è invece una realtà già conclamata da tempo". E se chiudono le imprese chiude l’Italia. A fronte dei dati pubblicati dalla Confcommercio, il risanamento economico deve essere la priorità del governo. "Iva e Imu sono un punto fermo", ha assicurato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi spiegando, come già anticipato anche da Alfano, che l'esecutivo cercherà di "trovare le risorse necessarie". "Abbiamo promesso di dare segnali di crescita - ha insistito Lupi - il blocco dell’aumento dell’Iva va in questo senso". Proprio per questo le dichiarazioni di Zanonato rischiano di destabilizzare il Paese. "I governi - ha ricordato il pdl Renato Brunetta - servono per governare e non per testimoniare l’impotenza, o per produrre incertezza". Sulla stessa linea del Pdl anche Scelta Civica che, nelle ultime ore, è entrata a gamba tesa sul premier Enrico Letta invitandolo a "prendere subito in mano la situazione". Dal canto suo Letta ha, invece, preferito sorvolare sulla questione. Nel pomeriggio ha partecipato al congresso della Cisl dove non solo ha detto chiaramente che la priorità dell'esecutivo è il lavoro, ma ha addirittura sposato tout court la ricetta del sindacato: "Sento le parole di Bonanni profondamente radicate nel mio cuore e nella mia testa". Arrivati a questo punto, però, al fine di evitare malintesi, è necessario che il governo fornisca con tempestività certezze necessarie. E l'abrogazione dell'aumento dell'Iva, come l'abolizione dell'Imu sulla prima casa, è una di queste. L’economia italiana, già allo stremo, non sopporta annunci vacui.


I commercianti: "No all'aumento dell'Iva". Ma Zanonato frena. Il Pdl all'attacco: "Dica subito no all'aumento". Ma Alfano assicura: "Stiamo cercando la copertura economica". Intanto Letta si prende gli applausi della Cisl: "Il lavoro prima di tutto"





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Andrea Indini



Berlusconi sfida Letta: "Avanti su Imu e Iva"Imprenditori delusi fischiano ZanonatoSangalli al governo: "L'Iva non va aumentata"Iva, Alfano: "La ricetta è ridurre le tasse"
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Published on June 12, 2013 13:01

June 11, 2013

Il Cav prepara la svolta del Pdl

Via dell’Umiltà addio. E addio anche al Pdl vecchio stile. Dopo la sconfitta alle amministrative, Silvio Berlusconi è pronto a calare l'asso nella manica e a presentare un nuovo modello per il centrodestra. Un modello che punta a rinnovare il Pdl per tornare a parlare alla gente e a farsi portavoce nelle istituzioni per rinnovare il Paese. Aver chiuso la sede in via dell’Umiltà per aprirla in Piazza San Lorenzo in Lucina è stato solo il primo passo. "Il Popolo delle Libertà - rileva Daniela Santanché, che ha lavorato al nuovo progetto - nasceva con degli alleati che oggi non ci sono più e forse non è mai entrato nel cuore della gente".


La sconfitta è stata pesante. Tra i vertici di via dell'Umiltà nessuno dice il contrario. Dalle urne delle amministrative è emersa non solo una vittoria schiacciante del Pd, ma anche una scottante verità: senza Berlusconi in campo, il centrodestra non riesce a vincere. Nei ragionamenti fatti in privato, il Cavaliere non ha nascosto il risultato deludente del Pdl, ma ha anche invitato a non enfatizzare l’esito dei ballottaggi: il centrodestra nel voto locale è sempre risultato svantaggiato rispetto al centrosinistra e, ancor di più, per il Cavaliere ha pesato negativamente sul Pdl l’astensionismo, questo sì per l’ex capo del governo da non sottovalutare perché indicativo di una disaffezione che potrebbe aumentare alle elezioni politiche. Mentre Berlusconi sta studiando una forma più light del partito, i vertici del Pdl discutono in modo acceso sul futuro del centrodestra. "La sconfitta del centrodestra alle comunali era annunciata ed è stata più pesante rispetto alle previsioni - il senatore Altero Matteoli - ora è necessario che il Pdl rifletta e corra prontamente ai ripari". Il punto è propio questo: da dove ripartire? In molti sono dell'avviso di chiudere la parentesi Pdl per fare un ritorno a Forza Italia. Un salto alle origini per guardare al futuro con un progetto concreto per l'Italia. In prima fila a premere sul Cavaliere per un rinnovamento in questo senso c'è Michaela Biancofiore che, ai microfoni di Agorà, chiede un vero rinnovamento. Il che significherebbe andare oltre il Pdl allargando la base del partito. "Se il cambiamento nel centrodestra è rappresentato da Cicchitto, che sprona ad andare avanti quando ha fatto 20 anni di politica, è chiaro che questo non può essere il futuro del centrodestra", ha tuonato la Biancofiore rispolverando la formula di renziana memoria: rottamazione. Rottamazione che, però, non deve colpire Berlusconi dal momento che "è ancora percepito come il nuovo che avanza perchè non è colluso con il potere".


Di debacle parla, senza mezzi termini, l'ex ministro Giancarlo Galan che, in una intervista alla Stampa, è tornato a invocare un ritorno allo spirito del '94 per guardare al futuro con maggiore sicurezza. Anche il vice presidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani, spinge per un ritorno a Forza Italia attraverso un "percorso di ripresa". Percorso che, come ha annunciato questa mattina la Santanché, il Cavaliere ha ben in mente. "Berlusconi vince quando, sul piano nazionale, presenta un progetto, l’assenza di Berlusconi è stata significativa - ha spiegato Mantovani - ma i nostri candidati avrebbero bisogno rapporto più attento con la popolazione". Ieri sera il presidente dell’Anci, il pidiellino Alessandro Cattaneo, ha incontrato l'ex premier ad Arcore e insieme hanno affrontato il nodo della ricostruzione del partito. "Evidentemente qualche dirigente è un po' spremuto , nel senso che dopo tanti anni che ha dato tanto - ha spiegato il sindaco di Pavia - deve passare per lasciare energie e prospettive un po' differenti". Il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha, tuttavia, voluto ricordare che, all'interno del centrodestra, in questi anni è cresciuta una classe dirigente di giovani che non deve essere "buttata via". Dello stesso avviso, d'altra parte, è anche Sandro Bondi che non vuol sentir parlare di congressi e tesseramenti. Polemico anche Fabrizio Cicchitto secondo cui la definizione di un modello di partito non può essere realizzata "attraverso un’operazione del tutto verticistica, senza alcun confronto collegiale e collettivo".


Santanché: "A giorni Berlusconi annuncerà un nuovo progetto". Molti nel Pdl premono per un ritorno a Forza Italia. Ma Cicchitto frena: "Niente a diktat dall'alto"





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Andrea Indini

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Published on June 11, 2013 07:14

Il Pd ha poco da festeggiare: il Cav resta in testa ai sondaggi

Il Pd, abbagliato dall'indiscussa vittoria alle amministrative, rischia di prendere fischi per fiaschi. Dopo essersi affrettato a mettere il cappello sulla vittoria di Ignazio Marino, che strappa il Campidoglio a Gianni Alemanno, il segretario Guglielmo Epifani ha scaldato i democratici parlando di "risarcimento" per la sconfitta di febbraio. Adesso i dem tenteranno di capitalizzare il risultato sul fronte del governo dal momento che, a detta dell'ex Cgil, il voto "dà più spinta al ruolo del Pd" all'interno dell'esecutivo. Peccato che il risultato delle comunali non viene mai replicato alle politiche. E basta dare uno sguardo ai sondaggi che circolano per capire che, a livello nazionale, il centrodestra resta saldo in testa staccando il centrosinistra di quasi un punto percentuale.


Tra primo turno e ballottaggi la sinistra a vinto tutto quello che poteva vincere. Non solo ha confermato Siena, feudo rosso per eccellenza scosso dallo scandalo del Montepaschi, ma ha addirittura vinto a Roma e a Brescia e ha espugnato roccaforti del centrodestra come Imperia e Treviso. Mentre la Lega subisce una debacle senza precedenti, il Pdl paga l'assenza di Silvio Berlusconi impegnato nella partita nazionale. Dai risultati che nelle ultime ore uscivano a tambur battente dalle ore è apparso sempre più evidente che il centrodestra vince solo quando il Cavaliere ci mette la faccia. Quando Berlusconi scende in campo, non ce n'è più per nessuno. Per questo, nonostante la caporetto di ieri, i sondaggi danno l'asse Pdl-Lega saldamente avanti a livello nazionale. Se gli italiani fossero chiamati a votare oggi, il partito di maggioranza resterebbe il Pdl. Secondo la rilevazione fatta da Emg per La7, gli azzurri sono al 28,1%, in crescita di 1,3 punti in una settimana, mentre il Pd sarebbe al 27,8% e il Movimento 5 Stelle calerebbe di nuovo al 19,7%. Se poi diamo uno sguardo alle coalizioni, il centrodestra avrebbe il 35,2%, mentre il centrosinistra il 34,6%. Per il sondaggio Tecnè realizzato per Sky, invece, il Pdl sarebbe al 29,7% ( 0,4% in una settimana) e il Pd stazionerebbe sotto di tre punti (26%). Anche per Tecnè, la coalizione di centrosinistra al 32,3% sarebbe dietro a quella di centrodestra (36,6).


Questi i numeri. Non ci sono le percentuali a demolire i democratici. La vittoria alle amministrative non risolve, infatti, lo scontro fratricida in atto. La sfida congressuale è alle porte e si annuncia accesa. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha segnato un punto a suo favore strappando nella riunione della segreteria, in asse con i "giovani turchi" e i dalemiani, una accelerazione sulle regole entro un mese. L’en plein nelle città, comprese roccaforti del centrodestra come Brescia, Treviso e Viterbo, non basta quindi a ridare fiato ai democratici dopo mesi di fallimenti, vendette e scontri interni. Sebbene Epifani gioisca per "il ritrovato orgoglio" degli elettori e si prodighi nel rendere omaggio all'ex segretario Pier Luigi Bersani, che a suo dire avrebbe "seminato" le premesse di una vittoria arrivata con tre mesi di ritardo, la segreteria piddì resta un coacervo di anime frammentate e bellicose. Lo stesso Bersani, dimessosi dopo la debacle sull’elezione del presidente della Repubblica, non ha certo rinunciato a togliersi qualche sassolino con chi, come Debora Serracchiani, rivendicava la vittoria dei candidati nonostante le colpe del Pd: "Un risultato strepitoso, aspetto naturalmente che qualcuno dica che il Pd ha perso o che si è vinto nonostante il Pd....". Nel giorno della festa, tutti cercano di prendersi i meriti di un risultato che non viaggia certo  inparallelo alle vicende nazionali del Pd. Ieri Epifani ha ribadito che l’elezione del leader si concluderà entro l’anno ma quando, a quanto si apprende, il responsabile Riforme, il bersaniano Alfredo D’Attorre, è sembrato chiedere tempo sulle regole perché va rispettato l’iter deciso in direzione, cioè prima un dibattito nei circoli, si è saldato un asse tra renziani, dalemiani e "giovani turchi", tutti concordi ad accelerare i tempi per definire le regole. E così la prossima settimana comincerà a riunirsi la commissione Congresso che deciderà le regole entro un mese per il via libera definitivo, anche sui tempi, da parte dell’assemblea. I renziani (e non solo) temono che la platea degli elettori alle primarie per la leadership sarà ristretta o agli iscritti o a chi si registrerà in certi tempi.


Chiunque uscirà vincitore dal congresso piddì, dovrà fare i conti col Cavaliere che, stando ai sondaggi, continua a incassare consensi e a far accrescere il divario tra il centrodestra e il centrosinistra. A preoccupare l’ex premier è l’astensionismo unito però alla consapevolezza di essere ancora determinate per la vittoria del centrodestra. "Senza di me - è il ragionamento fatto con i fedelissimi - il Pdl non va da nessuna parte. I sondaggi ci danno in crescita ma solo se sono io alla guida". Il disastro elettorale ha come primo effetto quello di ridare voce a quanti nel partito sostengono da tempo che il Pdl così com’è non funziona più. Il Cavaliere è il primo ad esserne consapevole. Da qui il progetto di dar vita ad una struttura più leggera com'era agli albori Forza Italia. Quanto al governo, al momento, il Cavaliere non ha intenzione di alzare polveroni facendo intuire al presidente del Consiglio Enrico Letta che i risultati che attende sono altri e riguardano innanzitutto il versante economico. Ma se Berlusconi tace, è Alfano a lanciare per la prima volta una "stoccata" al premier. In un’intervista al Foglio il vice premier chiede che venga data una "missione" all’esecutivo: "Se il tema del governo di necessità si ripete come una giaculatoria politica, il risultato è che quel che appare, è un esecutivo senza una sua missione autonoma".


Epifani esulta per la vittoria alle comunali. Ma i guai del Pd non sono passati: il congresso riaprirà nuove faide fratricide. E il Cav è sempre in testa nei sondaggi





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Andrea Indini



Il Pd rialza la testa e prepara la trappola a Letta
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Published on June 11, 2013 03:40

June 6, 2013

Crimi si perde e non arriva in Giunta: Giarrusso furibondo lascia il M5S

Mario Giarrusso si è autosospeso dal Movimento 5 Stelle. Il senatore grillino ha sbattuto la porta in faccia al gruppo di Palazzo Madama inviando una mail a tutti i colleghi: "Si pensa che il movimento sia da meno degli altri partiti, ma ci sono mele marce anche da noi e se ne devono andare". Al centro della querelle la votazione per il presidente della Giunta delle elezioni, alla quale il capogruppo Vito Crimi è arrivato troppo tardi. Una svista che ha provocato l’ira di Giarrusso che era il candidato pentastellato a ricoprire quella carica. "Abbiamo passato quattro mesi a fare casino per l’ineleggibilità di Berlusconi e abbiamo un capogruppo che non si presenta al voto per il presidente della Giunta - ha continuato il senatore grillino - ognuno ne tragga le conclusioni".


I grillini vanno a pezzi. Stelle cadenti che cadono incadescenti, infrangendosi alle prime difficoltà. Il flop elettorale, la capacità di incidere sui valori parlamentari, il fallimento della politica utopica ideata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sono alla base dello scontro che è andato in scena questa mattina. Mentre il senatori grillini sono alle prese a votare il "sostituto" di Crimi a guidare il gruppo a Palazzo Madama, il capogruppo lascia la carica pro tempore arrivando quando la votazione era già chiusa con l’elezione a presidente della Giunta del senatore del Sel Dario Stefano limitandosi a spiegare: "È successo un inghippo...". Per i grillini, che avevano fatto dell'incandidabilità di Silvio Berlusconi una vera e propria battaglia, è stato uno schiaffo in faccia. "Io faccio il capogruppo e, come tale, ho mille incombenze. Fortunatamente a breve ci sarà un nuovo capogruppo e potrò dedicarmi anche ad altro...", ha sbottato Crimi spiegando di aver avuto "una giornata intensa". Poi, una scusa che fa, perlomeno, sorridere: "Ho dovuto anche trovare il luogo dove si teneva la riunione e non è stato facile, perché era la prima volta che partecipavo". La Giunta si riunisce, infatti, in una sede distaccata del Senato, nel complesso di Sant’Ivo alla Sapienza.


"Non mi chiedete niente, vi dico solo che il mio capogruppo non ha votato. Chiedete a lui", ha freplicato, furibondo, Giarrusso uscendo dalla Giunta per le
Autorizzazioni di Palazzo Madama. Dopo quello che è successo, il senatore pentastellato ha fatto sapere di sentire il bisogno di un confronto con il gruppo per comprendere il senso della sua presenza in Senato. "La Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari è completamente in mano a una maggioranza palese e una maggioranza occulta che vuol salvare Berlusconi", ha continuato Giarrusso annunciando ai cronisti di Palazzo Madama la volontà di chiedere al presidente del Senato Pietro Grasso di essere sostituito in Giunta. Tra grillini che si perdono per strada e grillini che lasciano il movimento, i Cinque Stelle stanno già affondando. "Il Senato dove ha sede? - si chiedeva il senatore Bartolomeo Pepe a marzo - chissenefrega, non lo so, fammi arrivare e gli faccio vedere io... lo troveremo non ti preoccupare. Come si chiama il Palazzo? Non lo so... Prenderò un taxi e andiamo, non è un problema, lo troviamo. Andiamo su google e lo troviamo...". Ad appena quattro mesi dall'ingresso in parlamento, sembra che gli stellati non si siano ancora dotati di un navigatore o, perlomeno, di una mappa della città. Sarà bene che qualcuno gliene regali una.


La presidenza della Giunta per le elezioni va al Sel Stefano. I grillini s'impantanano. Crimi non si presenta alla votazione: "Mi sono perso". E il suo compagno di partito Giarrusso va su tutte le furie





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Andrea Indini


Il capogruppo del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama, Vito Crimi
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Published on June 06, 2013 10:40

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Andrea Indini
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