Andrea Indini's Blog, page 174

June 30, 2013

Il Pd naufraga sul congresso ma impallina la corsa di Renzi: rissa democratica sulle regole

Il Pd è sull'orlo di una crisi di nervi. O peggio: di una violenta spaccatura. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha rovesciato il tavolo delle regole del congresso democrat: dopo aver subodorato la trappola tesa durante la riunione dell’apposita commissione giovedì scorso, ha così rimesso in discussione la separazione tra la figura del segretario e quella del premier e ha sollecitato primarie davvero aperte, il vincitore delle quali sia anche candidato per la guida del governo. Uno strappo che manda a monte l'attenta contrattazione, fatta col bilancino dal segretario pddì Guglielmo Epifani, e riaccende i sopiti rancori tra le diverse fazioni che compongono il Partito democratico


Ieri, in una intervista al maggior quotidiano tedesco, la Faz, Renzi ha deciso di giocare a carte scoperte mettendo un'ipoteca sull'incarico di segretario che sarà assegnato al congresso di ottobre. "La sfida più grande sarebbe certamente la posizione di premier e per questo diventa importante il partito - ha spiegato il sindaco di Firenze - chi vince le primarie aperte dovrebbe essere il candidato a guidare il Governo. Certo, non vorrei diventare capo del Pd per cambiare il partito, ma per cambiare l’Italia". Insomma, se l’obiettivo è il cambiamento del Paese e quindi la premiership, allora la segreteria del Pd è un passaggio funzionale ad essa. Anche il suo braccio destro, Dario Nardella, ha spiegato che Renzi è pronto a fare anche il segretario, ma a patto che il confronto congressuale sia aperto: "Se invece pensano di inventare regole contra personam, Matteo continuerà serenamente la sua esperienza di sindaco". Certo all’ultima riunione della Commissione che decide le regole, l’area degli ex diessini ha proposto di svincolare i congressi provinciali e regionali dalle mozioni dei candidati alle primarie, nel tentativo di ottenere il controllo del partito a livello locale e dell’apparato. Da qui il sospetto del primo cittadino di Firenze e la richiesta di non riunificare i ruoli di segretario e premier. Richiesta che adesso divide profondamente i vertici di via del Nazareno. Gianni Cuperlo, anch'egli candidato alla corsa per la segreteria, ha invitato Renzi a non usare il Pd come "il trampolino per altri incarichi o la corvè da fare per diventare sindaco, parlamentare o premier". Dello stesso avviso anche Stefano Fassina che ha dato la propria "disponibilità" a scendere in campo. Il viceministro dell’Economia ha ricevuto la benedizione di Pier Luigi Bersani nella speranza che la sua candidatura abbia un bacino più ampio di quella di Cuperlo che dovrebbe allora fare un passo indietro per favorire un’unica candidatura che raccolga anche l’area vicina a Massimo D’Alema. Cuperlo, però, ha ribadito l’intenzione di restare in campo: "Chi si candida lo fa perché sente il dovere di poter dare un contributo e queste candidature sono tutte energie positive".


Al fianco di Renzi si schiera, invece, Debora Serracchiani che, nei giorni scorsi, Dario Franceschini voleva convincere a scendere in campo. In una intervista a Repubblica, la governatrice del Friuli ha fatto sapere che, se Renzi si candida alla segreteria, è pronta a dargli una mano: "Matteo è la persona giusta a dare la spinta necessaria per allargare il cerchio del centrosinistra e per rifondare il Pd trainando un bel gruppo di gente che vuole cambiare le cose". Per il resto, invece, sono soltanto cori di "no": i principali quotidiani nazionali si accaparrano uno dei vertici di via del Nazareno e lo sbattono in pagina per indebolire ulteriormente l'assalto del rottamatore. Secondo Vannino Chiti, presidente della commissione Politiche dell’Unione europea, il Pd ha bisogno di cure e di impegno: "Per questo è indispensabile togliere dallo statuto l’automaticità tra il ruolo di segretario e quello di candidato premier". Non è l’ex ministro Fabrizio Barca che, dalle colonne del Secolo XIX, parla di un grave errore del sindaco di Firenze. Così, mentre le diverse fazioni del Pd si affrontano a distanza, il partito va ulteriormente a picco.


Nel Pd estenuante dibattito sulle regole del congresso. Lo strappo di Renzi non piace ai vertici. Barca: "Segretario e premier sono mestieri diversi". Ed è bagarre





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Andrea Indini


Il sindaco di Firenze Matteo Renzi
Pd, troppi pretendenti per una sola poltrona
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Published on June 30, 2013 05:02

June 29, 2013

Pd, anche Fassina in campo: troppi pretendenti per una sola poltrona

Alla fine scenderanno tutti in campo per difendere il proprio orticello. Uno dopo l'altro, si stanno accodando per lo scontro finale. Quella che andrà in scena in autunno tra i vertici del Partito democratico sarà una vera e propria resa dei conti. Per non cambiare nulla, s'intende. Adesso a infoltire la lista dei pretendenti alla poltrona di segretario del partito c'è anche il viceministro dell'Economia Stefano Fassina che, in un'intervista al Messaggero, si è detto pronto a dare una mano. Da Matteo Renzi a Gianni Cuperlo, da Fabrizio Barca a Debora Serracchiani i partecipanti sono davvero tanti. E tutti con l'obiettivo di riformare (a modo loro) il baracca democratica. Una lotta fratricida che, giorno dopo giorno, non fa altro che indebolire il centrosinistra.


"Voglio rassicurare Matteo Renzi: non abbiamo intenzione di 'fregare' nessuno". Il segretario pro tempore Guglielmo Epifani l’ha ripetuto fino allo sfinimento nei mesi scorsi, ma è torna a ribadirlo anche ieri: le regole per il congresso saranno condivise e la data non slitterà al 2014. Eppure ai renziani non basta la parola dell'ex segretario della Cgil di fronte al "gran movimento sotterraneo" che registrano contro la candidatura del sindaco di Firenze. E lo hanno ribadito proprio mentre spunta l’ipotesi della candidatura di Fassina per compattare il fronte alternativo al rottamatore. "Il Pd ha diverse personalità in grado di interpretare la prospettiva di una ricomposizione dell’area progressista, Cuperlo compreso - ha spiegato il viceministro dell'Economia - nel contesto della ricomposizione di quest’area, sono a disposizione per dare il mio contributo". Così, dopo aver invitato Renzi a non "inquietarsi", Fassina torna a ribadire la necessità di separare la figura del leader da quella del premier: "In Italia non ci sarà mai un sistema bipartitico e non necessariamente il miglior leader è anche il miglior premier". I dubbi, però, restano. E, dopo l'ennnesima riunione della commissione che sta scrivendo le regole del congresso Epifani, che ha escluso la propria candidatura, ha tentato (invano) di fugare i dubbi di Renzi e dei suoi. "La sfida più grande sarebbe certamente la posizione di premier e per questo diventa importante il partito - ha spiegato il sindaco di Firenze al Frankfurter Allgemeine Zaitung - chi vince le primarie aperte dovrebbe essere il candidato a guidare il governo. Certo, non vorrei diventare capo del Pd per cambiare il partito, ma per cambiare l’Italia".


Al di là del braccio di ferro sulle regole, il Pd assiste inerme a un desolante scontro tra le diverse anime che compongono il partito. Gianni Cuperlo, Pippo Civati e Gianni Pittella hanno per ora confermato la propria corsa alla segreteria. "Questo è un congresso di cui dobbiamo discutere dell'identità, della cultura politica, del profilo, del ruolo di questo partito - ha spiegato Cuperlo - le candidature ognuno è in grado di giudicarle. Chi si candida lo fa perché sente il dovere di poter dare un contributo e queste candidature sono tutte energie positive". Tra i nomi dei possibili candidati spunta anche quello della Serracchiani. "Mi sembra una grande precarietà di candidature nel Pd in questi giorni", ha commentato tirando una stoccata agli iscritti alla guida del Pd. Secondo fonti di via del Nazareno, il ministro per i Rapporti col parlamento Dario Franceschini starebbe spingendo perché la governatrice del Friuli corra per la segreteria e Renzi per la posizione a cui tiene di più, quella da premier. Un'operazione che non è affatto scontata. Bersaniani e lettiani non sono certo disposti a stare a guardare. E, poi, c'è sempre Rosy Bindi che sta scalpitando per una rivincita.


Si allunga la lista dei pretendenti alla segreteria. Fassina verso la candidatura. Franceschini punta sulla Serracchiani. Cuperlo sgomita. E la Bindi...





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Published on June 29, 2013 15:49

June 28, 2013

Adesso Battisti rischia l'espulsione Il Brasile lo caccia per un timbro falso

L'eterna epopea di Cesare Battisti rischia di concludersi in farsa. Dopo l'annoso tira-e-molla tra il governo italiano e la giustizia brasiliana, l'ideologo dei Proletari armati per il comunismo (Pac) rischia di essere finalmente sbattuto fuori dal Brasile. Un ravvedimento del Supremo tribunale per placare il dolore dei familiari delle vittime? Macché. Niente di tutto questo. L'ex terrorista, condannato in contumacia all'ergastolo per aver commesso quattro omicidi durante gli Anni di piombo, potrebbe essere espulso per aver usato falsi timbri sul passaporto.


"Quando i francesi parlano di me mi definiscono ex-militante politico, non terrorista - spiegava tempo fa in una intervista a Paris Match - mi hanno permesso di rifarmi una vita". In realtà, anche se la Francia lo ospitò a lungo, fu il Brasile a ridargli la libertà affrontando a muso duro la giustizia italiana e facendo una pernacchia alle famiglie delle vittime. Trascorsi quattro anni e quattro mesi in carcere a Brasilia, era stato liberato il 9 giugno 2011, poche ore dopo che la Corte Suprema aveva bocciato la richiesta di estradizione in Italia, accordandogli poi lo status di rifugiato politico. Molto probabilmente, però, Battisti non invecchierà sulle assolate spiagge di Rio de Janeiro sorseggiando caipirinha e ammirando le bellezze carioca. L'ex terrorista, che negli ultimi anni si è pure messo a scrivere libri per sbarcare il lunario, potrebbe avere i giorni contanti. Dopo aver a lungo goduto della benevola protezione del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva che, prima di finire la legislatura, aveva rifiutato l'estradizione in Italia, adesso potrebbe diventare un ospite poco gradito. Oggi la Quinta Sezione del Supremo tribunale di Giustizia brasiliano ha respinto il ricorso dell’ex esponente dei Proletari Armati per il Comunismo per una revisione della condanna per la falsificazione di timbri del servizio immigrazione sul passaporto con cui, nel 2004, entrò nel Paese. Il caso sarà esaminato ora dal ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo per adottare "le misure ritenute ragionevoli". La legge brasiliana prevede fino all’espulsione per chi falsifica i documenti per ottenere l’ingresso o il soggiorno nel Paese.


La latitanza di Battisti potrebbe finalmente finire. Il Brasile, che è stato sempre disposto a perdonare le persone ammazzate durante gli Anni di Piombo, è pronto a fargliela pagare per aver falsificato il passaporto. "Lo aspettiamo in Italia a celle aperte", ha commentato la deputata del Pdl Elvira Savino. Potrebbe essere il degno finale di un assassino che, mascherandosi dietro alla lotta politica, non ha mai pagato il suo debito con la giustizia italiana.


Dopo averlo perdonato per aver ammazzato quattro persone negli Anni di piombo, il Brasile vuole punirlo per aver falsificato il passaporto. Ma pagherà mai per il sangue versato?





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Andrea Indini

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Published on June 28, 2013 07:22

June 27, 2013

Perché il Pd vuole riformare la Carta ma non i capitoli sulla magistratura?

Niente da fare. Al Pd, la giustizia, piace così com'è: infarcita di aberrazioni, libera di sbagliare quanto vuole tanto a pagare non sono mai i giudici e, soprattutto, violenta, di una violenza che abusa della custodia cuatelare, che fagocita le pagine dei quotidiani per avere un posto sotto il sole e che si fa scudo delle sentenze per colpire politicamente gli avversari. Proprio per questo, non appena sentono parlare di riforma della magistratura, ecco che i democratici pestano i piedi e chiudono ogni spiraglio di dialogo. Il Pdl non ci sta e si batte per allarga le maglie delle riforme costituzionali con un emendamento Pdl presentato, al Senato, al ddl costituzionale che istituisce il Comitato per le riforme: si chiede di intervenire anche sul titolo IV della seconda parte della Costituzione, quello che riguarda la magistratura.


Il disegno di legge del governo esclude il titolo IV della parte II, che disciplina gli organi giurisdizionali, dalle riforme. Ma il Pdl con l’emendamento 2.12 a prima firma Donato Bruno fa piazza pulita delle limitazioni. "Non vogliamo fare la riforma della giustizia o la separazione delle carriere - ha spiegato la senatrice pdl Anna Maria Bernini - ma se si riformano gli altri poteri dello Stato, si deve poter intervenire su pesi e contrappesi". Ma il Pd non ne vuole proprio sentir parlare. "Il capitolo giustizia non deve essere incluso tra le riforme costituzionali di cui il parlamento ha iniziato a discutere", ha sbottato il presidente dei senatori piddì Luigi Zanda attaccando pesantemente l'emendamento che modifica le competenze del Comitato dei 40, l’organo bicamerale che dovrà scrivere le riforme costituzionali. La modifica al ddl del governo, firmata da tutti i membri del Pdl in commissione Giustizia a Palazzo Madama, non è certo di poco conto se si considera che dà al Comitato dei 40 la possibilità di intervenire in via diretta sia sul titolo VI della Carta, che disciplina la Corte costituzionale e il meccanismo della revisione costituzionale, sia, soprattutto, sul titolo IV che regolamente la magistratura e l’ordinamento giurisdizionale. Un tema molto delicato e al centro di anni di battaglie parlamentari, che il governo aveva deciso di escludere dal testo del ddl per non creare frizioni nella maggioranza e per "sminare" il percorso delle riforme da un possibile grande ostacolo. 


L’emendamento del Pdl potrebbe fare saltare il patto di maggioranza siglato nella mozione parlamentare che ha dato il via al ddl del governo. In quel testo, firmato anche dai capigruppo pidiellini Renato Brunetta e Renato Schifani, è scritto esplicitamente che il Comitato interviene sui "titoli I, II, III e V della Costituzione". Non il IV. "D’altra parte il ddl che la commissione Affari costituzionali del Senato sta esaminando è stato approvato dal Consiglio dei ministri - ha chiosato Zanda - quindi alla presenza del segretario del Pdl Angelino Alfano". Tuttavia, i continui agguati giudiziari messi a segno da una magistratura fortemente ideologizzata e politicizzata rendono sempre più necessarie misure che ridiano dignità alla giustizia. "Ben prima della condanna ingiustissima di Berlusconi abbiamo espresso in commissione la convinzione che non si possa modificare l’impatto delle riforme a soli quattro titoli della parte seconda della Costituzione - ha spiegato la Bernini - perché se si decide che cambiano i poteri del presidente della Repubblica, si deve intervenire su tutti i pesi e contrappesi". E quindi, ad esempio, modificare il potere di nomina dei giudici costituzionali da parte del capo dello Stato. "Capisco tutte le interpretazioni - ha quindi concluso la senatrice del Pdl - ma il nostro non è un blitz".


Il Pdl allarga le maglie delle riforme e apre alla possibilità di intervenire anche sulla giustizia. Bernini: "Se si riformano i poteri dello Stato, si intervenga su pesi e contrappesi"





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Published on June 27, 2013 14:24

June 26, 2013

Attenzione, qui ci fregano: rinviano l'Iva, alzano le tasse

Rinvio dell'aumento dell'aliquota Iva di tre mesi più tre e misure per incentivare il mercato del lavoro. Ma a quale prezzo? Una stangata fiscale su tutti i fronti. All'indomani del duro faccia a faccia tra Enrico Letta e Silvio Berlusconi, il Consiglio dei ministro ha messo a punto un pacchetto di provvedimenti per rilanciare l'occupazione e la crescita stanziando circa 1,5 miliardi di euro. L'obiettivo è aiutare l’assunzione di 200mila giovani italiani. "Abbiamo trovare coperture senza creare nuovo debito e rispettando le direttive comunitarie - ha spiegato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni - abbiamo fatto un grosso lavoro di coperture certe che nel breve periodo non comportano aggravi per i cittadini". In realtà, il pacchetto è una grandissima fregatura per tutti i contribuenti: il rinvio dell’aumento di un punto dell’Iva sarà, infatti, coperto dalla tassa sulle sigarette elettroniche e dal rincaro sugli acconti fiscali di Irpef, Ires e Irap. Una batosta che la Cgia di Mestre ha quantificato intorno ai 2,6 miliardi di euro. Insomma, altro che sforbiciata alle tasse.


Il vicepremier Angelino Alfano promuove a pieni voti il pacchetto licenziato dal Cdm: "Abbiamo messo a segno altri due gol". La prima sarebbe il decreto lavoro che stanzia 800 milioni di euro per promuovere l'occupazione giovanile. I datori di lavoro incasseranno fino a un massimo di 650 euro mensili per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato. E fin qui tutto bene. Il secondo "gol" sarebbe il rinvio dell'aumento dell'Iva. Rinvio contro cui lo stesso Saccomanni si era a lungo battuto dal momento che non riusciva a trovare le coperture economiche. A far cambiare strada al titolare del dicastero dell'Economia è stata la lunga cena di ieri sera a Palazzo Chgi. Letta e Berlusconi, alla presenza del vicepremier Angelino Alfano e di Gianni Letta, hanno affrontato tutte le questioni irrisolte su cui il Cavaliere ha tenuto il punto spiegando al premier che il Pdl non può arretrare su alcune misure ritenute ineludibili contenute nel programma elettorale. "Attendiamo i fatti", avrebbe ribadito Berlusconi. Letta ha, infatti, confermato un primo rinvio dell’aumento dell'aliquota Iva a settembre con la possibilità di un ulteriore spostamento a fine dicembre: "Il decreto andrà in parlamento e lì si verificherà insieme alle commissioni parlamentari l’eventuale ulteriore differimento rispetto al primo di ottobre". Per ora, infatti, è stata trovata la copertura economica solo per il primo trimestre. Ma a quale prezzo? Gli li articoli 10 e 11 del decreto legge approvato oggi prevedono, infatti, che la manovrina sull'Iva sia coperta dalla tassa sulle sigarette elettroniche e, in maniera ben più consistente, da acconti fiscali di Irpef, Ires e Irap più cari. E non si fermano certo a questo. È previsto anche un aumento dell’acconto che gli istituti di credito sono tenuti a versare sulle ritenute sugli interessi e i redditi da capitale. Deluso Daniele Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera: "Sul lavoro - spiega - siamo lontanissimi (per la platea coinvolta e per le modalità scelte) da quella detassazione totale per i nuovi assunti che avrebbe potuto determinare i numeri necessari ad una vera scossa positiva sul terreno occupazionale. Sull’Iva - aggiunge - siamo dinanzi a una soluzione obiettivamente di non alto profilo". 


Per il contribuente sono in arrivo una serie di rincari piuttosto pesanti. A decorrere dal 31 dicembre 2013 la misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) passa al 10%, mentre finora era al 99 %.Per quanto riguarda l'Ires, invece, il decreto stabilisce che la misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società passa dal 100 al 101%. Per l'Irap, infine, il governo ha fissato il versamento di acconto al 110%. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, questo scherzetto costringerà le imprese e i lavoratori autonomi ad anticipare all’erario 2,6 miliardi. Una vera e propria stangata. Un importo che copre abbondantemente lo slittamento sino a fine anno dell’aumento dell’Iva che, secondo le fonti del governo, dovrebbe costare 2 miliardi. "Ha il sapore di una vera e propria beffa", ha tuonato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi denunciando che i rincari fiscali contribuiranno a peggiorare la situazione finanziaria di artigiani, commercianti, liberi professionisti e piccoli imprenditori che da tempo denunciano a gran voce di non disporre della liquidità necessaria per mantenere in piedi l’attività.


Rinviato l'aumento dell'Iva. La copertura? Tassa sulle sigarette elettroniche e rincari sugli acconti fiscali di Irpef, Ires e Irap e sui versamenti sulle ritenute bancarie





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Andrea Indini

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Published on June 26, 2013 10:22

Da Londra a Roma a 230 all'ora: la "corsa dei miliardari" sfreccia senza limiti per le strade dell'Ue

Dalla City alla Città Eterna col piede pigiato sull'acceleratore. Costantemente sopra i duecento chilometri all'ora. Bolidi lanciati su strade di campagna che fendono la pianura francese, motori rombanti a saettare come una scossa di corrente elettrica sul lungomare della Costa Azzurra, gomme che ruotano all'infinito a scendere le gincane delle Alpi. E, poi, giù lungo lo Stivale per arrivare nell'Urbe e tornare lassù, riattraversando il canale della Manica, in Gran Bretagna. Settimane a infrangere i limiti di velocità, a macinare chilometri e bere benzina, a sfidare i propri limiti e il mito delle corse "Cannonball".


Da qualche settimana l'Europa si è trasformata in un immenso autodromo. Inseguimenti che fanno impallidire il più spericolato James Bond sulla sua fiammante Aston Martin, autovelox che impazziscono al bassaggio dei bolidi che sfidano le autorità del Vecchio Continente, feste che sposano donne mozzafiato e motori sovraccaricati di cavalli in un fiume di lusso e champagne. Bollicine e gusto del proibito. Rombi di tuono e carene luminosissime. Nessuno sponsor, tutto pagato di tasca propria. Come ogni estate, anche per il 2013, un folto gruppo di miliardari pazzi per le corse e l'adrenalina si sono messi a correre lungo le strade d'Europa. La partenza è sempre la stessa: Londra. La direzione è sempre Sud del Continente: mentre l'anno scorso si erano fermati a Milano, quest'anno hanno deciso di allungare fino a Roma e sfrecciare per le strade dell'Appennino. Non deve quindi stupire se, mentre si procede per un tranquillo fine settimana di villeggiatura, una Maserati supera spericolatamente schizzando oltre i duecentoventi chilometri all'ora. Giusto il tempo di scorgerne la silhouette cromata. Una dopo l'altra: Bmw, Ferrari, Porsche, Aston Martin, Bentley. L'anno scorso spiccava pure una DeLorean DMC-12, la mitica di Ritorno al futuro, la Lamborghini Gallardo LP570 Performante. A mozzare il fiato. Senza paddock, senza giudici di gara, senza limiti. Appunto.


La partenza è uguale per tutti, ma le tappe variano di anno in anno. Impossibile stabilire con esattezza quando è nata la prima corsa clandestina della storia. Più facile accennare alle regole. O meglio alla regola: nessuna regola. Alla fine degli anni Settanta un gruppo di amanti dell'adrenalina hanno deciso di sfidarsi in una corsa da New York City a Long Beach con un solo obiettivo: attraversare gli Stati Uniti evitando i controlli della polizia. Un solo premio: arrivare primi. Da allora si sono moltiplicati le corse clandestine che si ispirano al film La corsa più pazza d’America con surt Reynolds, Roger Moore e Dean Martin. E così, anche nel Vecchio Continente, è esplosa una vera e propria mania. A mettere insieme la "Rico Rally", la "Modball" o la "Riviera Adventure". E poi ritorno. Una volta arrivati a Roma, eccoli di nuovo fare rotta verso Parigi per imbarcarsi sotto la Manica e riemergera nella capitale inglese. Le forze di polizia sono già state mobilitate. E sono già scattati i primi fermi. Come riporta il Corriere della Sera, in Bretagna una Bentley è stata "pizzicata" mentre viaggiava a 201 chilometri all'ora. A seguirla una Lamborghini e tre Porsche. Patente ritirata e 1.500 euro di multa. La stessa sorte è toccata a una Ferrari che è stata vista sfrecciare 180 chilometri all'ora su una stradina della Provenza. E ancora: altre cinque auto sono state fermate ieri in Svizzera, a Lodrino, pochi chilometri dopo essere sbucate dal tunnel del San Gottardo e dirette verso Milano. "La polizia le ha intercettate prima a 190 poi a 204 chilometri orari - racconta il quotidiano di via Solferino - al volante c'erano cinque giovani inglesi, tra i 26 e i 23 anni, tutti denunciati a piede libero per violazione del codice della strada". Sulle due Bmw, che sono state subito messe sotto sequestro, sono state trovate potenti apparecchiature per intercettare i radar della polizia. Le targhe dei bolidi erano state, invece, modificate ad hoc per sfuggire ai controlli del traffico. Sulle fiancate delle auto la scritta Modball rally.


La quota d'iscrizione alla corsa più pazza del mondo è 1.190 sterline. Cifra che comprende gli alloggi in hotel e la partecipazioni alle feste organizzate ogni sera. "Il vincitore è il primo che arriva a Praga e il primo che si ubriaca", ha spiegato uno dei partecipanti assicurando che non ci sono previsti premi. Solo la soddisfazione di essere il più veloce di tutti.


Ferrari, Bentley, Porsche, Maserati. Da Londra a Roma e ritorno. Sempre sopra i 230 Km/h. Nessuna regola, feste ogni sera. Un'accortezza: non farsi prendere dalla polizia





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Andrea Indini



Cannonball, corsa più pazza del mondo
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Published on June 26, 2013 02:26

June 25, 2013

Il governo rischia sull'Iva

La tenuta della maggioranza passa inevitabilmente attraverso le forche caudine dell'Iva. Le fibrillazioni sull'abolizione del ricaro di un punto percentuale della tassa sui consumi rischia di far cadere il premier Enrico Letta dallo scranno di Palazzo Chigi. Mentre il governo tentenna e si preoccupa di procrastinare il balzello di tre miseri mesi, il Pdl insiste perché vengano rispettati gli impegni presi. "I governi stanno in piedi se governano. Se Saccomanni propende per una sospensione dell’Iva per tre mesi, questo non va assolutamente bene, è una presa in giro", ha spiegato il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta accusando il ministro dell'Economia di aver dato "una risposta parziale, assurda e devo dire ridicola". Da qui l'avvertimento: "Non c’è una maggioranza rispetto a una 'non politica'".


Nonostante i giudici facciano di tutto per minare la pacificazione rischiando di far saltare le larghe intese, Silvio Berlusconi ha deciso di tirare dritto per risucire a portare a casa il pacchetto di misure economiche per far uscire il Paese dalla recessione. Tra le priorità del centrodestra c'è in primis l'abolizione dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22%. Abolizione che rientra nell'accordo stretto tra il Pd e il Pdl per sostenere l'esecutivo. E proprio a Letta è indirizzato l'ultimatum lanciato nelle ultime ore dal Cavaliere. "Se non fa quanto concordato ci saranno delle conseguenze", avrebbe confidato il leader del Pdl ai suoi. Domani in Consiglio dei ministri ci sarà la resa dei conti: il governo sarà, infatti, chiamato a decidere sul rinvio dell'aumento dell’Iva. Nel corso di un videoforum a Repubblica.it, il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio ha fatto sapere che l'ipotesi è di pendersi tre mesi, fino a settembre, e nel frattempo lavorare per ristrutturare tutto il sistema delle aliquote. "Il clima è tranquillo e orientato agli obiettivi", ha assicurato Delrio. In realtà, il clima è tutt'altro che tranquillo. Il braccio di ferro è già iniziato a suon di dichiarazioni stampa. Perché se Saccomanni e Delrio cercano di prendere tempo, il Pdl vuole risposte chiare che non mirino a imbonire i contribuenti per poi stangarli in autunno. Quella che Berlusconi vuole mettere in campo, infatti, è una politica che inverta la tendenza tracciata dall'ex premier Mario Monti e dai tecnici che hanno improntato la politica del Paese su misure austere e recessive. Ma Saccomanni e soci preferiscono non sforare il limite del 3% per non indispettire Bruxelles. In realtà, stando a fonti vicine all'Unione europea, ci sarebbero in ballo circa 4 miliardi che possono essere ancora recuperate dall’Italia riducendo il cofinanziamento delle politiche di coesione. Un tesoretto che Letta vorrebbe usare per combattere la disoccupazione giovanile anziché dare una sforbiciata alla pressione fiscale.


Posticipare il blocco dell'Iva è solo fumo negli occhi. "Cosa vuol dire tre mesi?", ha sbottato in mattinata Brunetta. Da settimane il capogruppo del Pdl a Montecitorio va ripetendo, insieme al viceministro dell'Economia Stefano Fassina, bisogna sospendere l’aumento dell’Iva fino a dicembre e entro fine anno fare la riforma complessiva all’interno della legge di stabilità. I dati sulle vendite ad aprile diffusi dall’Istat hanno confermato la lunga crisi del mercato interno italiano. Le vendite complessive hanno, infatti, registrato dodici mesi consecutivi di flessione e da gennaio ad aprile il calo rilevato è già del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2012. "L'aumento dell’aliquota Iva sarebbe un pericoloso autogol per la nostra economia - ha avvertito la Confesercenti - la misura potrebbe infatti portare ad una ulteriore riduzione dei consumi". Proprio per questo, il Pdl si augura che il governo si spenda subito per "una vera detassazione in maniera da dare risposte ai cittadini". "Se vale questa impostazione, noi siamo perché il governo vada avanti e governi - ha avvertito Brunetta - se vale l’impostazione alla Zanonato o alla Saccomanni, della confusione e dell’indecisione, il governo non va". Sentendo scricchiolare la sedia di Letta, i democratici si sono infastiditi e hanno subito alzato la voce. Matteo Colaninno, responsabile Economia del Pd, ha messo in dubbio che su un rinvio dell’Iva non si troverebbe una maggioranza in parlamento: "Poiché il Pdl, con suoi ministri e i suoi parlamentari, sostiene il governo, lo aiuti costruttivamente invece di minacciare ed attaccare continuamente". Colaninno, però, fa un po' di confusione sul ruolo del governo e su quello della maggioranza che lo sostiene. "È il governo che deve fare delle proposte ed è la maggioranza che deve validarle", ha chiosato Brunetta. E la maggioranza non si trova, di volta in volta, in parlamento, ma è quella che ha votato la fiducia al governo Letta. "Se in parlamento cambia la maggioranza - è la conclusione del capogruppo del Pdl - semplicemente non c’è più il governo".


Lo scoglio dell'Iva domani in Cdm. Saccomanni orientato al rinvio di tre mesi. Brunetta mette in guardia il governo. Fonti Ue: "L'Italia può recuperare altri 4 miliardi"





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Andrea Indini

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Published on June 25, 2013 08:12

Quei testimoni indagati per aver difeso il Cav: la verità non piace ai pm

"Ho detto la verità e non cambierò certo la mia versione per compiacere dei magistrati. Se non sono capaci di fare le indagini non possono piegare il vero alle loro teorie". Miriam Loddo è su tutte le furie. I giudici di Milano non le hanno creduto nemmeno quando ha raccontato di essere in Questura la notte in cui è stata fermata Karima El Mahroug. Nonostante la "paccata" di testimoni portati in tribunale dalla difesa di Silvio Berlusconi, il presidente della Corte Giulia Turri e i giudici Orsolina De Cristofano e Carmen D'Elia hanno preferito inseguire il teorema costruito ad arte dal pm Ilda Boccassini e tacciare di falsa testimonianza tutte le persone che, con le proprie parole, hanno scagionato il Cavaliere. Insomma, se la "verità" non coincide con quella professata dalla magistratura milanese, allora diventa automaticamente bugia. Non importa che non ci sia alcuna prova a dimostrarlo.


L'accusa dei giudici milanesi è sin troppo chiara: le trentadue persone che si sono alternate sul banco dei testimoni per rendere dichiarazioni favorevoli a Berlusconi hanno detto il falso. Solo le motivazioni, previste tra novanta giorni, potranno chiarire le ragioni per cui il collegio abbia deciso di trasmettere alla procura i verbali di testimoni che vanno dall’amico storico dell’ex premier Mariano Apicella all’ex massaggiatore del Milan Giorgio Puricelli, dall’europarlamentare Licia Ronzulli alla deputata Maria Rosaria Rossi. Da questo invio di atti potrebbe nascere, a breve, un maxi procedimento per falsa testimonianza. A finir nei guai per essersi opposta al teorema della Boccassini c'è anche il commissario Giorgia Iafrate che era in servizio in Questura la notte del rilascio di Ruby. La funzionaria aveva, infatti, assicurato di aver agito "nell’ambito dei miei poteri di pubblico ufficiale". "Di fronte alla scelta se lasciare la ragazza in Questura in condizioni non sicure o affidarla ad un consigliere regionale - aveva spiegato - ho ritenuto di seguire quest’ultima possibilità". Proprio la Boccassini, però, nella requisitoria aveva definito "avvilenti le dichiarazioni della Iafrate che afferma che il pm minorile Fiorillo le aveva dato il suo consenso". Alla procura finiscono poi i verbali di una ventina di ragazze. Si va da Barbara Faggioli a Ioana Visan, da Lisa Barizonte alle gemelle De Vivo, fino a Roberta Bonasia. Davanti ai giudici avevano descritto le serate di Arcore come "cene eleganti", con qualche travestimento sexy al massimo, e avevano sostenuto che Ruby si era presentata come una 24enne. "I giudici hanno dato per scontato che siamo sul libro paga di Berlusconi - ha tuonato Giovanna Rigato, ex del Grande Fratello - io tra l’altro al residence non ho mai abitato, sono una che ha sempre lavorato, l’ho detto in mille modi che in quelle serata ad Arcore non ho mai visto nulla di scabroso ma tanto...". Anche Marysthelle Polanco è scioccata dalla sentenza: "Non mi hanno creduto, non ci hanno creduto, io ho detto la verità e se mi chiamano di nuovo ripeterò quello che ho sempre raccontato". Sebbene si siano lasciate scivolare addosso insulti ben più pesanti, le ragazze che hanno partecipato alle feste di Arcore non sono disposte ad accettare l’idea di passare per false e bugiarde. Da Puricelli a Rossella, fino al pianista Mariani e ad Apicella, è stato tratteggiato in Aula un quadro di feste fatto di chiacchiere, balli e nessun toccamento.


Nel tritacarne giudiziario finisce anche la Ronzulli, "rea" di aver fornitouna versione diversa da quella resa da Ambra e Chiara nel processo "gemello" e di aver negato di aver visto una simulazione di sesso orale con l’ormai famosa statuetta di Priapo. Stesso destino anche per l’ex consigliere per le relazioni internazionali Valentino Valentini che aveva svelato di esser stato lui a far contattare la Questura di Milano per "capire cosa stesse accadendo". Ed era stato sempre lui a parlare di una conversazione tra Berlusconi e l'ex raìs Hosni Mubarak sulla parentela con Ruby. Anche il viceministro Bruno Archi, all’epoca diplomatico, ai giudici aveva descritto quel pranzo istituzionale nel quale si sarebbe parlato di Karima. E ancora: sono stati trasmessi ai pm anche i verbali di Giuseppe Estorelli, il capo scorta di Berlusconi, e del cameriere di Arcore Lorenzo Brunamonti, "reo" di aver regalato al Cavaliere, di ritorno da un viaggio, la statuetta di Priapo. Tutti bugiardi, tutti nella tritarcarne del tribunale milanese. La loro colpa? Aver detto la verità. Una verità che non piace ai giudici che volevano far fuori a tutti i costi Berlusconi.


Il tribunale di Milano non cerca la verità. I testimoni che scagionano il Cav indagati per falsa testimonianza. La loro colpa? Aver smontato il teorema della Boccassini





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Andrea Indini

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Published on June 25, 2013 02:37

June 24, 2013

Stop all'Iva e all'Imu, si cercano 6 miliardi: ecco il piano di Letta

Almeno quattro miliardi qualora venisse cancellata l’Imu sulla prima abitazione. Altri due miliardi qualora si volesse rimandare l’aumento dell'aliquota Iva fino a dicembre. Una spesa massima di sei miliardi di euro. A una settimana dallo "scatto" dell’aliquota dal 21% al 22%, il governo è ancora al lavoro per reperire le risorse economiche necessarie a scongiurare l'ennesima stangata ai contribuenti. Le valutazioni sull’Iva non possono, tuttavia, prescindere da quelle sull'imposta sugli immobili dal momento che, entro agosto, l'esecutivo dovrà procedere anche con la revisione dell'Imu: altre coperture saranno, dunque, necessarie se si deciderà di abolirla o, comunque, rimodularla al ribasso per tutelare alcune categorie di proprietari. Senza contare che il premier Enrico Letta è fortemente intenzionato a ridare slancio al mercato del lavoro attraversi un pacchetto di misure che, mercoledì prossimo, arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri.


Proprio per fare il punto sulle misure allo studio e sulle relative coperture economiche, Letta ha ricevuto ieri il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e il titolare del Lavoro Enrico Giovannini. Se il secondo ha illustrato al presidente del consiglio le misure sull’occupazione che andranno in Consiglio dei ministri, l’incontro con Saccomanni è servito a fare il punto della situazione alla vigilia di tre appuntamenti importanti: oltre al Consiglio dei ministri, mercoledì prossimo si riunirà anche l’Ecofin per dare il via libera all’unione bancaria, mentre giovedì e venerdì si terrà il Consiglio europeo con al centro le misure per il lavoro. Per l’aumento dell’Iva la soluzione più plausibile sembra al momento quella di un rinvio. Dopo le tensioni nell’esecutivo emerse alla vigilia del fine settimana, Letta ha cercato di placare gli animi dicendosi fiducioso sulla possibilità di evitare o, perlomeno, spostare la stangata voluta dall'ex premier Mario Monti. Un congelamento di tre mesi che, però, avrebbe per le casse dello Stato un salasso di circa a un miliardo. Salasso che potrebbe anche lievitare a un paio di miliardi qualosa, come ipotizzato dagli analisti di via XX Settembre, si rinviasse fino alla fine del 2013. Non solo. Qualora venisse cancellato il balzello di un punto percentuale, il governo dovrebbe reperire, a partire dall'anno prossimo, 4 miliardi di euro ogni anno per riuscire a rispettare gli impegni presi con Bruxelles. Non a caso, il viceministro all’Economia Stefano Fassina ha parlato esplicitamente di un rinvio necessario per affrontare poi il problema in modo definitivo con una legge di stabilità che inserisca l’abolizione dell’aumento nel budget per il 2014. Per l'anno prossimo saranno, infatti, a disposizione gli oltre 80 miliardi di euro "liberati" dalla chiusura della procedura di infrazione dell'Unione europea nei confronti dell’Italia.


"Sto lavorando, c'è da lavorare - ha assicurato Saccomanni - stiamo individuando delle opzioni. Ma il governo le valuterà collegialmente". Sul tavolo del dicastero dell'Economia resta il problema fondamentale della copertura economica. Nelle casse dello Stato non ci sono tesoretti da saccheggiare: Saccomanni si trova a fare i conti solo con capitoli di spesa che a fatica riesce a far quadrare. Come già nel "decreto del fare", una delle voci a cui si tende ad attingere per ogni emergenza è quella delle accise sui carburanti a cui si potrebbero aggiungere anche quelle su sigarette elettroniche e alcolici. Un altro filone sarebbe quello del taglio alla spesa, anche se emerge come possibilità anche quella della cartolarizzazione e vendita degli immobili pubblici. Al ministero dell’Economia è del resto attiva la Società di gestione del risparmio (Sgr) che dovrà gestire il processo di dismissione degli immobili pubblici, con una prima dote di 350 beni da circa 1,2 miliardi pronti per essere conferiti dal Demanio. Nel portafoglio della società potrebbero inoltre confluire anche immobili provenienti da altri due canali, quello di "Valore paese" e quello di "Valore paese dimore" che punta su immobili che potrebbero essere trasformati a scopi turistici.


Saccomanni al lavoro per "congelare" l'aumento dell'aliquota: serve almeno un miliardo di euro. Faro del ministero dell'Economia su immobili, accise e tagli alla spesa





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Andrea Indini


Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni arriva all'Ecofin
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Published on June 24, 2013 01:54

June 20, 2013

Letta "grazia" la Idem: buffetto sulla guancia. E la poltrona è salva

Un buffetto sulla guancia e l'avvertimento di non farlo più. Suona così la fiducia che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha riposto nel ministro delle Pari opportunità Josefa Idem dopo la bagarre scatenata dalle presunte irregolarità nella sua casa a due passi da Ravenna. Mentre si allarga il fronte di chi chiede le dimissioni, il premier si è schierato al fianco dell'ex olimpionica che ieri si è detta pronta a pagare eventuali sanzioni. Tutto qui? Pare proprio di sì.


Grazie a un articolato "giochino" che si basa sulla sottile differenza tra un appartamento e la palestra, la titolare delle Pari oppotunità si sarebbe concessa uno "sconticino" sull'Ici prima, sull'Imu dopo. Un escamotage che le avrebbe permesso di sottrarre all'erario pubblico circa 5mila euro. "Se questa cosa fosse successa in Germania - ha tuonato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni - la ministra sarebbe già stata licenziata, siamo in Italia e quindi serve una 'spintarella', una mozione di sfiducia". Con l'ingrossarsi dello scandalo, la Lega Nord non è più l'unica forza politica a chiedere le dimissioni. Peccato che Letta non la pensi così e confermi la propria fiducia nella Idem. Nel corso dell'incontro con i giornalisti della stampa estera, il presidente del Consiglio ha provato a dribblare le polemiche: "Ho letto quello che ha detto il ministro Idem, e ovviamente ho fiducia in quello che il ministro ha spiegato". Tutto qui. Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando non intende aspettare nemmeno aspettare le verifiche del caso. Per l'espondente piddì, infatti, la Idem non si deve dimettere: "Saprà spiegare le ragioni del comportamento che le viene contestato". Insomma, tutti pronti ad assolverla. Dal canto suo, il ministro per le Pari opportunità respinge le accuse pur ammettendo, tuttavia, che "dalle prime verifiche fatte dal mio avvocato" emergono "alcuni profili di irregolarità". "Ovviamente sono pronta come qualunque cittadina ad assumermi ogni responsabilità - ha ribadito l'ex canoista - versando le eventuali sanzioni amministrative se dovessero essere confermate, sulla base degli accertamenti, irregolarità di tipo amministrativo per quanto riguarda il pagamento dell’Ici, o edilizio e urbanistico per il cambio di destinazione d’uso della palestra che occupa una parte dell’immobile dove risiedo".


Tutto dimenticato? Tutto a posto? Macché. Le indiscrezioni sulla presunta evasione del ministro hanno subito spinto il Carroccio a presentare una mozione di sfiducia alle Camere. "Deve dimettersi, quello che è accaduto è gravissimo - hanno commentato i capigruppo del Carroccio Massimo Bitonci e Giancarlo Giorgetti - è inaccettabile scoprire che su un ministro della Repubblica gravino accuse di furberie per aggirare il pagamento di imposte mentre ci sono famiglie e imprese in difficoltà perchè non riescono a far fronte agli enormi carichi fiscali". Anche il capogruppo del M5S al Senato Nicola Morra ha annunciato un’interrogazione per chiedere al ministro di spiegare in Aula le motivazioni di "quello che ci auguriamo sia solo uno spiacevole equivoco". Secondo diversi quotidiani, risale al 5 giugno il ravvedimento operoso della Idem alla Ravenna Entrate spa per regolarizzare la sua situazione. È il nucleo della relazione che l’area Controllo Economico del Comune romagnolo ha consegnato al sindaco Fabrizio Matteucci. Il ravvedimento della campionessa olimpica è, tuttavia, arrivato tre giorni dopo l’inizio dell’inchiesta di un quotidiano sulla sua residenza nella frazione di Santerno, in carraia Bezzi, dove si trova la palestra "Jajo Gym", a poche centinaia di metri da quella del marito-allenatore, in via Argine destro Lamone, e sui relativi pagamenti Ici e Imu. Non sarebbe stata corrisposta l’Ici dal 2008 al 2011 dal momento che entrambe erano state considerate abitazioni principali. Il capogruppo della lista civica d’opposizione "Per Ravenna", Alvaro Ancisi, ha parlato anche di possibile abuso edilizio per l’abitazione-palestra, il cui affittuario-gestore è una società dilettantistica locale.


Tra Imu e Ici il ministro avrebbe evaso almeno 5mila euro. Ma per Letta & Co. non è affatto un problema





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Andrea Indini


Josefa Idem, ministro per le pari opportunità
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Published on June 20, 2013 06:09

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