Andrea Indini's Blog, page 170

September 10, 2013

Le manovre di Pd e M5S per governare insieme

La Giunta per le elezioni non si è ancora espressa sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Eppure tra i palazzi romani non si fa altro che parlare del voltafaccia del Partito democratico che, in barba alla pacificazione tessuta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non vede l'ora di sbattere fuori il Cavaliere dal parlamento per far saltare la poltrona del premier Enrico Letta e battere la strada che porta a un nuovo esecutivo con il Sel e un manipoli di transfughi del Movimento 5 Stelle. Solo un retroscena? Mica tanto. Renato Brunetta, presidente dei deputati pdl, è sicuro che Guglielmo Epifani e compagni vogliono andare a parare proprio lì. "Se il Partito democratico assieme ai grillini decide, già questa sera, di votare contro le pregiudiziali del relatore Augello - spiega ai microfoni di Uno Mattina - il Partito democratico fa decadere il governo Letta".


I vertici del Pdl non faticano a vedere le manovrine del Pd come un atto di guerra. Le ostilità sono iniziate ieri quando i democrat hanno deciso di opporsi alle tre pregidiziali poste da Andrea Augello non accettando nemmeno di demandare alla Corte costituzionale un'interpretazione della legge Severino dal momento che ci sono pareri discordi fra gli stessi giuristi. "Mercoledì, alla riunione dei nostri gruppi parlamentari, tireremo le somme...", ha assicurato il presidente della Commissione Giustizia del Senato Francesco Nitto Palma. La situazione, però, potrebbe precipitare addirittura prima. Sin dalle primissime ore del mattino l'establishment piddì è partito all'attacco con dichiarazioni di fuoco. Se da una parte c'è chi vuole tirare per la giacchetta Napolitano tratteggiando scenari inquietanti, dall'altra c'è chi invece da per scontato che i democratici che siedono nella Giunta per le elezioni voteranno con il Sel e il M5S contro l'alleato di maggioranza. Così, mentre Letta prova a scacciare i fantasmi della crisi, l'ordine arrivato ieri sera da Arcore ai parlamentati del Pdl è stato piuttosto chiaro: tenersi pronti a tutto, anche a far saltare il banco in poche ore. Il Cavaliere è pronto a staccare la spina all'esecutivo già nelle prossime ore e a giocarsi il tutto per tutto.


"Siamo esterrefatti per il comportamento del Partito democratico - ha commentato il vicepremier Angelino Alfano - pur di eliminare per via giudiziaria lo storico nemico politico, preferiscono mettere in ginocchio il Paese". D'altra parte, dietro alla voltafaccia dei democratici in Giunta per le elezioni, c'è un disegno ben preciso. Se il governo dovesse cadere alcuni parlamentari pentastellati concorreranno alla nascita di un nuovo esecutivo. "Sono una ventina, si sanno già anche i nomi - ha spiegato Brunetta - al Senato, quello che si prospetta è una maggioranza Pd, Sel, fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle". Un'ipotesi assolutamente concreta che molti esponenti della sinistra hanno iniziato ad accarezzare. In primis, Nichi Vendola. "Se dovesse cadere il governo Letta sarebbe obbligatorio mettere in piedi un governo con un mandato limitato - ha spiegato il governatore della Puglia - per cancellare il Porcellum e tornare alle urne con un sistema elettorale decente e rispettoso della Costituzione". Ma anche tra le file dei pentastellati tira la stessa aria. "Nessun asse politico, ma un asse per la legalità...", si è affrettato a scrivere su Facebook il senatore Michele Giarrusso. Sebbene Beppe Grillo abbia più volte intimato ai suoi di non sottoscrivere alleanze con la "melma piddina", la gallassia dei Cinque Stelle e lo strappo potrebbe essere imminente.


I democratici accelerano sulla decadenza per far cadere Letta. Brunetta: "Venti grillini pronti ad andare col Pd". Il 5 Stelle Giarrusso: "Serve un asse per la legalità"





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Andrea Indini

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Published on September 10, 2013 07:18

September 8, 2013

Governo, Letta tira dritto: "I veti non mi bloccheranno"

"Abbiamo capito quello che è successo tra febbraio e aprile o ancora siamo ciechi? Sono avvenuti due terremoti non paragonabili a nessuno dei terremoti della politica italiana: il risultato elettorale e l’implosione del Parlamento che non è riuscito a eleggere il presidente della Repubblica". Il premier Enrico Letta tiene botta alle critiche che, quotidianamente gli piovono addosso e prova a tirare dritto rilanciando l'azione del governo e segnando, punto per punto, le sfide che l'esecutivo dovrà affrontare al più presto per cavalcare i primi cenni di ripresa economica e far uscire il Paese dalla recessione. Invitato a parlare al Forum Ambrosetti, il presiudente del Consiglio ha voluto lasciar fuori dal discorso gli attriti politici che scuotono la maggioranza per concentrarsi sul programma: "Le risposte tradizionali non bastano. Noi siamo qui per una svolta non per traccheggiare".


Non vuole sentir parlare del congresso che a breve investirà il Partito democratico, né tantomeno delle correnti che stanno rischiando di far esplodere i vertici di via del Nazareno. Letta preferisce tenersi fuori, almeno mediaticamente, dalla staffetta con il sindaco di Firenze Matteo Renzi per la leadership del partito che a fatica viene guidato da Guglielmo Epifani. "Di fronte a un compito cos� improbo, impervio, come quello del governo - assicura Letta da Cernobbio - mi dedico totalmente a questa missione, che è già un’impresa". Perché sa bene che una qualsiasi sbandata politica rischia di far cadere un esecutivo che sta in piedi per miracolo. Se da una parte il Pdl è alle prese con la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, dall'altra il Pd sta briciando i consensi litigando in continuazione sulle regole per il congresso. Da giorni fonti vicine al ministero dell'Economia vanno predicando la calma per evitare un'altra incursione degli speculatori su piazza Affari. Proprio per questo a Villa d'Este Letta ha deciso di ostentare ottimismo sulla tenuta dell'esecutivo: "L’instabilità porta un rialzo dei tassi di interesse: stabilità e instabilità sono come il sole e la luna". Una strategia studiata a tavolino per rassicurate i banchieri, gli imprenditori e soprattutto gli euroburocrati che siedono a Bruxelles. Tanto che, dopo aver promosso i primi centotrenta giorni di governo, si butta a tracciare le prossime sfide che lo attendono. "Bisogna rompere le catene che bloccano l’Italia - tuona - il nostro paese può fare cose straordinarie".


L'intervento di Letta a Villa d'Este è una lunghissima sfilza di promesse, una panacea di misure, riforme e obiettivi che vanno dalla riforma della Costituzione alla riduzione della pressione fiscale, fino alla candidatura alle Olimpiadi del 2024. E ancora: il pacchetto di dismissioni e incentivazioni, la lotta all'evasione e l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. "Sono stradeterminato a non farmi bloccare da veti e a non galleggiare", assicura ben sapendo che la prima partita va giocata all'interno dello stesso esecutivo. Non è, infatti, un caso se a distanza di poche ore si veda costretto a correggere il tiro sulla rappresentanza rispetto alla linea tracciata dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni che proprio da Cernobbio in mattinata critica il patto siglato a Genova tra Confindustria e sindacati. "Un accordo importante che va nella giusta direzione e noi lo sosterremo", assicura il capo del governo.


A Cernobbio Letta rassicura banchieri e imprenditori: "Rompere le catene che bloccano l'Italia". Ma è solo una lunga sfilza di promesse e il governo è in bilico





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Andrea Indini


Il premier Enrico Letta al Forum Ambrosetti
Stabilità e aiutini esterni: la doppia strategia di LettaLe tasse portano spese: un circolo vizioso da spezzare Saccomanni stronca il patto industriali-sindacati
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Published on September 08, 2013 07:26

September 7, 2013

Quel fil rouge tra il M5S e gli Usa: Casaleggio debutta a Cernobbio

Quello che Gianroberto Casaleggio, guru di Beppe Grillo e uomo ombra del Movimento 5 Stelle, dirà nella sala Impero dell’hotel Villa d’Este di Cernobbio, resterà un mistero. L'incontro sui nuovi media, che nel terzo e ultimo giorno della trentanovesima edizione del Workshop Ambrosetti, sarà come tutti gli altri a porte chiuse. Eppure il debutto dell'ideologo pentastellato tra i gotha della finanza e dell'economia fa già di per sé scalpore. Tanto più se al suo fianco si siederà anche Michael Slaby, uno dei maggiori esperti al mondo nel settore delle strategie digitali e dei social media, voluto dallo stesso presidente americano Barack Obama nello staff per la campagna del 2012.


Che tra i grillini e il Forum Ambrosetti non corresse buon sangue non è certo un mistero. Basta andare a leggere cosa scriveva Claudio Messora, oggi responsabile della comunicazione del M5S a Palazzo Madama, sul proprio blog il 4 settembre dello scorso anno: "Ci sono cose, dunque, che possono essere raccontate a tutti (le fregnacce), e ci sono cose che possono dirsi solo tra di loro (cioè le cose come stanno). Ma i signori non sono esattamente anziani (anche se ne hanno l’età) impegnati in un torneo al circolo della bocciofila: sono coloro che decidono le nostre sorti, su nostro esplicito mandato". E ancora: "È come essere i proprietari di una fabbrica, assumere una squadra di dirigenti e poi vedere costoro chiudersi a chiave in sala riunioni a cantarsela sul vero stato dei bilanci aziendali, mentre a te raccontano un sacco di baggianate sesquipedali, perché se no li manderesti via a calci". Cosa è successo nel frattempo? Sta cambiando la strategia dei Cinque Stelle? Sentito dall'Huffington Post, Messora si è schermito spiegando che anche Grillo ha voluto partecipare al cda di Telecom o all’assemblea del Montepaschi: "Di certo non l’ha fatto per prendere ordini, ma per dire in modo chiaro e preciso quel che pensava". In realtà il punto è un altro. Che Casaleggio ami corteggiare gli ambienti dell'economia che conta, non è certo un mistero. Per tutto l'anno ha bazzicato imprenditori, industriali e artigiani del Nord Italia per tessere una rete di potere che potesse portare a un bacino di voti (e potere) non indifferente. Non solo. Che Grillo abbia un filo diretto con gli Stati Uniti, non è certo la prima volta che il gossip si fa notizia. In tempi non sospetti fu l’ex ministro Gianni De Michelis a lanciare, ai microfoni della Zanzara su Radio 24, i sospetti di un link tra il comico genovese e l'America. Tanto che un telegramma attesterebbe un incontro tra Beppe Grillo e la diplomazia americana avvenuto nel 2008.


Oggi come allora. Il workshop di domattina non sarà la prima occasione di incontro tra Casaleggio e il chief integration and innovation officer di Obama. Nel dicembre dello scorso anno il cofondatore del M5S incontrò Slaby, quando venne in Italia per una serie di dibattiti tra Roma e Milano. A mettere insieme il dialogo intercorso tra i due ci avevano pensato Jacopo Iacoboni e Francesca Paci sulla Stampa. Nel 2012 il faccia a faccia si era tenuto (a porte chiuse)  tra i velluti del Grand Hotel et de Milan, domani si terrà (sempre a porte chiuse) a Villa d'Este. Il dibattito sarà intitolato New media e politica del futuro. Per una volta i grillini, che a giugno erano volati a Londra per protestare contro il Bilderberg, sembrano disposti a chiudere un occhio per la partecipazione di Casaleggio all'incontro coi gotha della finanza e dell'economia mondiale.


L'ideologo del M5S al Forum Ambrosetti si confronta col guru di Obama. L'incontro a porte chiuse non imbarazza Grillo?





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Andrea Indini


Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, con Gianroberto Casaleggio
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Published on September 07, 2013 06:16

September 6, 2013

Assalto grillino a Montecitorio: occupato il tetto della Camera

"La Costituzione è di tutti". Lo striscione sei per otto campeggia sul cornicione di Montecitorio. A srotolarlo - un po' per protesta, un po' per crisi di visibilità - un manipolo di dodici deputati pentastellati che questa sera ha occupato il tetto della Camera per opporsi al ddl per le riforme costituzionali. Più che una contestazione, una vera e propria pagliacciata che i Cinque Stelle hanno deciso di protrarre per tutta la notte, attrezzati con "acqua, roba da mangiare e tutta latecnologia del caso", incassando pure la benedizione di Beppe Grillo. "Come cittadino - ha commentato il comico - sono fiero di essere rappresentato da voi".


Proprio mentre il presidente del Senato Piero Grasso, intervenendo alla Feste democratica, assicurava che il Movimento 5 Stelle è formato da "persone diligenti, impegnate e positive per l’apporto che possono dare alla democrazia", i grillini occupavano simbolicamente il tetto di Montecitorio dando il via alla tre giorni contro il ddl che sarà votato marted�ì prossimo alla Camera e che istituisce un Comitato parlamentare per le riforme che dovrà redigere i provvedimenti per la riforma della Costituzione. "Il M5S non è contrario a ogni riforma costituzionale", ha spiegato Grillo promettendo, in un post sul blog, una mobilitazione continua, in tutte le piazze d’Italia. E così dodici deputati grillini sono saliti in cima a Palazzo Montecitorio. Una protesta ideologica e vana che ricalca quegli operai, disoccupati e disperati, che negli ultimi anni hanno protestato sui tetti delle fabbriche chiuse dalla crisi economica. Così, mentre il pensiero va alle vittime della recessione, il blitz grillino appare tanto insensato quanto elaborato per essere ripreso dai media. Non a caso, salendo sul tetto da un accesso interno di Palazzo Montecitorio, la delegazione pentastellata ha portato con sé i trolley. L'obiettivo è occupare il tetto a oltranza, "fino a quando sarà necessario". Chiaramente visibile dalla piazza, accanto al torrino della campana e all’orologio sulla facciata, lo striscione con la scritta "La Costituzione è di tutti". Poi, sempre dall’alto del Palazzo, hanno lanciato volantini che pubblicizzano l’iniziativa che il Movimento 5 Stelle intende promuovere fino a domenica nelle piazze italiane per il "Costitution Day".


Non appena la notizia dell'occupazione, anticipata dal tam tam sul web e dal flash mob nella vicina piazza San Silvestro, è arrivata in Aula, è scoppiato il caos. "È in atto una pagliacciata, una cosa vergognosa", ha sbottato il piddì Ettore Rosato invitando la presidente della Camera Laura Boldrini a "difendere" il parlamento. Anche il presidente della commisisone Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto ha duramente stigmatizzato l’iniziativa dei Cinque Stelle. "Non ci si può gloriare di questo atteggiamento - ha ricordato l'esponente del Pdl - la discussione in aula viene turbata da questo gesto e occupare Montecitorio non è consentito a nessuno". Da qui un ulteriore invito alla Boldrini a prendere i dovuti provvedimenti. "Ci stiamo occupando della vicenda - ha assicurato la presidente della Camera - i questori sono intervenuti e verranno presi provvedimenti". Ma i Cinque Stelle non hanno voluto sentire ragioni. Tanto che l'occupazione è destinata a protrarsi per tutta la notte.


I Cinque Stelle contro il ddl costituzionale. Occupazione a oltranza: nottata sul tetto di Montecitorio. Grillo benedice il blitz: "Fiero di essere rappresentato da voi"





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Andrea Indini



Deputati grillini sul tetto di MontecitorioIl grillino prima di salire sul tetto: "Ho paura"I grillini sul tetto della Camera: occupazione ad oltranza
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Published on September 06, 2013 14:06

September 4, 2013

M5S, Grillo attacca i malpancisti: "Siete i nuovi Scilipoti"

Dopo la minaccia di nuove epurazioni, l'attacco frontale. Beppe Grillo alza la voce contro gli stellati malpancisti e, ancora una volta, stoppa sul nascere qualsiasi ipotesi di alleanza con i democrat. Se nella reprimenda politica di ieri il comico genovese si era ben guardato dal nominare Luis Alberto Orellana, che nel corso della riunione a Palazzo Madama ha portato allo scoperto le divisioni tra i parlamentati cinque stelle, oggi affronta il senatore di Caracas bollandolo come il "nuovo Scilipoti" e ponendo la parola fine alle fughe verso i banchi del piddì. "Non voglio che senatori eletti nel M5S mi facciano rientrare dalla finestra un partito a cui ho sbattuto la porta in faccia", ha tuonato sul blog chiudendo (ancora una volta) alle "sciagurate convergenze con il Pd che trascinerebbe inevitabilmente il movimento nella melma piddina".


Ieri il senatore di origini venezuelane aveva invitato a "non avere tabù" per discutere sulle alleanze facendo valere il "fortissimo peso contrattuale" dei 5 Stelle in parlamento, e in particolar modo al Senato. D'altra parte l'inciucio è già realtà in Sicilia. L'apertura lascia intendere che sul banco della sinistra c'è un disegno sinistro per un eventuale "Letta bis" senza il sostegno del Pdl. Pur avendo ricevuto il sostegno di qualche collega, l'intervento di Orellana è stato immediatamente oggetto della reprimenda di Nicola Morra. "Siamo in guerra - ha avvertito il capogruppo - siamo in guerra contro il palazzo e il potere". Già ieri Grillo aveva fatto proprie le parole di Morra pubblicando un post dal titolo Siamo in guerra per annunciare un terzo V-Day. C'è il sospetto che dietro il post ci sia la mano di Claudio Messora. Non a caso l'uomo di fiducia di Gianroberto Casaleggio, inviato a Palazzo Madama per curare la comunicazione del gruppo cinque stelle al Senato, era stato attaccato dallo stesso Orellana per l'articolo in cui invitava i "cittadini" pentastellati a "non giocare a fare i piccoli onorevoli". Tuttavia, né l’ultimatum di Morra né le minacce di Grillo sono bastate a spegnere la rivolta interna. E, dopo due giorni di riunioni-fiume ai limiti dell’auto-analisi di gruppo, nel Movimento 5 Stelle riemerge il "fantasma" delle alleanze. La spaccatura va oltre la divisione tra falchi e colombe. Sembra di tornare ai momenti della elezione di Piero Grasso alla presidenza di Palazzo Madama o alla proposta di accordo di Pier Luigi Bersani per la formazione del governo. Ironia della sorte: a questo giro, l’ipotesi di un nuovo esecutivo è ben lontana dal realizzarsi. La spaccatura, invece, appare quasi insanabile se non attraverso una "retromarcia" da parte di uno dei contendenti.


Grillo lo sa bene. Proprio per questo oggi ha deciso di ospitare sul proprio blog il post di un certo Alessandro B. da Torino. "In caso di convergenza col Pd - scrive l'elettore - il mio voto al M5S sarebbe perso per sempre. Tutte le persone che conosco e che hanno votato M5S la pensano esattamente come me circa le sciagurate convergenze tra M5S e Pd". Il post, pubblicato dal comico genovese in apertura di blog, chiude con un appello a tutti gli eletti stellati: "Avete il preciso dovere di tenere fede agli impegni fondamentali presi". Adesso la palla passa a Orellana che, dopo essersi preso dello Scilipoti, potrebbe passare al contrattacco, tanto che sta valutando anche di lasciare il gruppo M5S al Senato.


Dopo due giorni di riunioni-fiume, i grillini sono divisi più che mai. Dal blog nuovo "no" agli inciuci. Orellana: "Sto pensando di lasciare il gruppo al Senato"





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Andrea Indini



M5S allo sbando, Grillo si gioca l'ultimo vaffa
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Published on September 04, 2013 04:25

September 3, 2013

Senatori stellati ai ferri corti: è scontro su Messora e Grillo

Stelle cadenti. La galassia di Beppe Grillo sta implodendo senza fare nemmeno troppo rumore. Tutto è in discussione. La veemenza dei post pubblicati sul blog, la linea politica, le alleanze. I cittadini eletti in parlamento hanno iniziato la rivolta contro lo strapotere del comico genovese e dello fidatissimo Claudio Messora. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato, infatti, l'ultimo post del responsabile dello staff comunicazione a Palazzo Madama. "È assurdo che una persona stipendiata dal gruppo si permetta di scrivere certe cose", ha tuonato il senatore Luis Alberto Orellana scatenando l'ira del comico genovese che sul blog è subito passato alle minacce. "Chi vuole guardarsi l’ombelico si tiri fuori - ha avvertito - il M5S non è il suo ambiente".


Dopo due settimane di fuoco, durante le quali si è infiammato uno scontro tra l'ala più dialogante e il fronte più integralista, i nodi vengono al pettine. Lo scontro esce, insomma, dai social network e non può più essere confinato nei retroscena agostani. Nel mirino dei pentastellati finiscono l'aggressività (verbale e scritta) di Grillo, l'acuirsi della distanza tra il leader e i gruppi parlamentari, i problemi legati al controllo totalitario di Messora sulla comunicazione interna ed esterna del movimento e, dulcis in fundo, l'esigenza di far chiarezza sugli obiettivi politici di M5S, sapere chi "determina la linea politica nel medio e lungo periodo". Sono sono alcuni dei problemi messi sul tavolo e comunicati in diretta streaming dai senatori stellati che ieri si sono riuniti a Palazzo Madama dopo la pausa estiva. Qui è nata l'idea di mettere nero su bianco le problematiche da far fuori. Ma è sul ruolo di Messora che alcuni grillini non sono più disposti a cedere. Se la frattura si è aperta ieri, è sicuramente destinata a incancrenirsi nei prossimi giorni. "Vogliamo conoscere il ruolo della comunicazione...", ha sbottato Enza Blundo puntando il dito contro "la mancata riflessione sui gesti del passato".


Le barricate dei grillini sono permanenti. Durante il vertice di ieri i problemi non sono stati risolti. Tanto che questa mattina i senatori hanno sentito l'esigenza di riunire un'altra assemblea. Agli stellati proprio non vanno giù l'attacco di Messora e il silenzio di Grillo. "Nessuno giochi al piccolo onorevole. Nessuno pensi a nuovi compromessi storici - aveva scritto a fine agosto il responsabile della comunicazione al Senato - qui si governa o si muore". Una presa di posizione forte che non è andata giù a molti. Ma le accuse di Orellana non hanno fatto altro che accendere gli animi dei sostenitori di Messora. "Chi non si riconosce più in quelli che sono obiettivi chiari del movimento - ha commentato Paola Taverna - può sempre andare a fare politica altrove". Una minaccia che ricorda le prime espulsioni e che Grillo ha subito fatto propria in un post al vetriolo. Anche a fronte della durissima presa di posizione del comico, l’assemblea che nel pomeriggio ha radunato a Montecitorio deputati e senatori non è stata trasmessa in streaming. A deciderlo è stata la stessa assemblea dei parlamentari votando contro la diretta e la trasparenza tanto decantata in campagna elettorale.


Senatori stellati ai ferri corti coi vertici: tensioni su leadership e comunicazione. Il comico pensa alle epurazioni





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Andrea Indini



E Grillo prepara il V-day
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Published on September 03, 2013 08:56

September 2, 2013

La "discesa in campo" di Renzi agita le anime del Pd e scatena la lotta di poteri forti

A questo punto manca solo l’ufficializzazione. Matteo Renzi conquista la festa nazionale del Pd, a Genova. E di fatto annuncia la sua candidatura alla leadership del Pd. E, com’era prevedibile, l'eventualità della "discesa in campo" come segretario del Partito democratico ha acceso il dibattito interno in un momento delicato per il futuro del premier Enrico Letta. Così, mentre va in scena un violentissimo derby tra i due leader piddini, piovono diverse le stroncature e le prese di posizione, dal capogruppo alla Camera Roberto Speranza ai rivali di Renzi nella corsa alla segreteria, Pippo Civati (un tempo alleato del sindaco di Firenze) e Gianni Cuperlo, all’ex deputato piemontese di area cattolica Giorgio Merlo. Dario Franceschini e la sua Areadem, invece, sosterranno Renzi alla segreteria "se saprà unire il partito".


"Ci sto facendo un pensierino, io sono disponibile ma mi devono votare gli elettori". È la chiamata al popolo democrat dell'ex rottamatore che ieri sera, per oltre un’ora, ha dato un assaggio della campagna d’assalto che farà alle primarie in nome della necessità di una "rivoluzione radicale" dentro la società, dentro il partito e anche nei confronti del governo che "al cacciavite" (come disse lo stesso Letta) deve sostituire "le idee" della sinistra, che è tale non se "si compiace, ma se vince". Due giorni dopo l’inaugurazione della festa da parte del premier piddì, Renzi affronta la stessa platea. Ed è inevitabile che il confronto si trasformi in un vero e proprio scontro. La resa dei conti, però, è ancora da venire. Carlo De Benedetti già sogna. Alla Tessera Numero Uno, del Pd, nonché proprietario della Repubblica, non passa certo inosservato la stilettata di Renzi al (concorrente) Corriere della Sera. È bastato che il direttore Enrico Mentana facesse i nomi di Salvatore Ligresti e Romain Zaleski, perché il sindaco di Firenze passasse all'attacco: "Il problema sono gli intrecci. Io, sul Corriere della Sera, non ho letto un solo articolo chiaro, nei mesi scorso, sulla vicenda Ligresti. Dov'era la Consob, quando il sistema delle banche salvava sistematicamente imprese che in un mercato normale sarebbero già fallite da decenni?". Più che alla platea piddì di Genova, il messaggio in codice era diretto a Letta. Messaggio in codice che, come spiega Dagospia, va letto: "Caro Enrichetto, so perfettamente che dietro di te ci sono il Corriere, Intesa Sanpaolo, la Fiat, Mediobanca, Ubi Banca, la Mittel e quel che resta della finanza cattolica bresciana. Bene, caro nipotastro, allora sappi che dietro di me ci sono Unicredit, Della Valle e De Benedetti".


Ma il partito è tutt'altro affare. Anzi, un brutto affare. Un brutto affare fatto di correnti, amici-nemici e vecchi rancori. E soprattutto: un puro istinto di sopravvivenza. Il perno sta tutto negli incarichi: il segretario democrat sarà anche il candidato premier? Per Speranza non è automatico che chi faccia il segretario correrà per Palazzo Chigi. Peccato che il sindaco di Firenze chieda l'esatto contrario, ovvero che le cariche coincidano. "In un momento in cui l’antipolitica avanza e i partiti sono in grande affanno, le grandi scelte vanno fatte dal basso - è la risposta di Speranza - coinvolgendo i cittadini". La frattura è multipla. Se Goffredo Bettini chiede ai giovani del Pd di schierarsi con Renzi contro le forze della conservazione, l'ex Ds Gianni Cuperlo (vicino a Massimo D’Alema) non ci sta. Di tutt'altro avviso l'Areadem di Franceschini. "Dopo anni di scontri nel centrosinistra - ha detto il ministro dal palco della festa del Pd di Genova - c’è bisogno adesso di unità e se Renzi, come ha detto, lavorerà da segretario per innovare il Pd, tenendolo unito e non dividendolo sono pronto a votarlo". Insomma, la lotta per bande è già iniziata.


Renzi manda segnali di guerra a Letta. Il Pd si prepara alla lotta tra bande: l'ala sinistra teme di scomparire e attacca, Franceschini e la sua Areadem danno l'appoggio





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Andrea Indini



Lo scatto di Renzi: "Sono pronto a guidare il Pd"
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Published on September 02, 2013 09:23

August 13, 2013

Napolitano apre a Berlusconi: "Non ho ricevuto domanda di grazia"

Giorgio Napolitano apre a Silvio Berlusconi. Un'apertura che deve passare, inevitabilmente, attraverso una richiesta di grazia che ancora non è arrivata sul tavolo della presidenza della Repubblica. Solo in questo modo, infatti, il capo dello Stato potrà valutare se sussistono condizioni che, "senza toccare la legittimità della sentenza, possono motivare un eventuale atto di clemenza".


In un crescendo di tensione, con la sinistra radicale e i grillini che attaccavano a testa bassa il Quirinale nel tentativo di influenzare la decisione sull'agibilità politica del Cavaliere, la nota di Napolitano arriva a tarda serata. E, sin dalle prime battute, tutte tese a preservare la stabilità di governo per il bene del Paese, quella che emerge è un'apertura. Il capo dello Stato ci tiene, infatti, a sottolineare nessuna domanda gli è stata ancora sottoposta. Una precisazione non da poco. Fatta seguire, come se non bastasse, da un'ulteriore sottolineatura. E cioè che, "negli ultimi anni, nel considerare" sollecitazioni alla grazia la presidenza della Repubblica "si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda". Napolitano fa, infatti, notare che tocca al capo dello Stato "far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale". E non a caso cita l'articolo 681 del codice di procedura penale che, regolando i provvedimenti di clemenza, indica le modalità di presentazione della relativa domanda.


Napolitano punta il dito contro le tensioni politiche che sono state alimentate dopo la sentenza della Cassazione al processo Mediaset al fine di agitare "ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere". E qui passa la palla al Cavaliere a cui tocca decidere come andare avanti, tenendo ben presente "la considerazione della prospettiva di cui l’Italia ha bisogno". In base alla normativa vigente, infatti, il leader del Pdl non dovrà espiare la pena in carcere, ma potrà scegliere tra una rosa di pene alternative che potranno "essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto". Tenendo aperta la porta della "clemenza individuale", Napolitano cerca di evitare che la crisi di governo arrivi in un vicolo cieco da cui non è più possibile tornare indietro.


Anche sul futuro del governo Letta, Napolitano è stato piuttosto preciso. Il voto anticipato deve essere scongiurato. Per il bene del Paese. Questo, in sintesi, l'obiettivo del capo dello Stato che, però, ripone nelle mani dei partiti che compongono la maggioranza la responsabilità di evitare la crisi di governo. Crisi che il Colle non fatica a definire "fatale". "Il ricadere del paese nell’instabilità e nell’incertezza - avverte - ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica". Proprio per questo sottolinea ripetutamente l'apprezzamento per il sostegno all'esecutivo e al suo programma da parte di tutte le forze di maggioranza, al di là delle "polemiche politiche a volte sterili e dannose" e delle "divergenze specifiche peraltro superabili". E così dovrà andare avanti. Perché il tavolo non salti, molto dipende dalle mosse che verranno messe in campo nelle prossime settimane. Se dovesse essere mantenuto un clima di serenità, si potrebbe aprire anche la strada alla riforma della giustizia invocata nelle scorse settimane dal Cavaliere.


Napolitano rompe il silenzio: "La sentenza va rispettata". Ma esclude il carcere e promette: "In caso di richiesta di grazia valuterò". E lancia la riforma della giustizia





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Andrea Indini



Il documento integrale di Giorgio NapolitanoQuel compromesso accettabile che salva il PaeseNapolitano blinda governo: "La crisi sarebbe fatale"
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Published on August 13, 2013 12:23

August 12, 2013

Il Tesoro zittisce Saccomanni: "Imu azzerata entro agosto"

Fabrizio Saccomanni in un angolo. Dopo la tirata d'orecchie del premier Enrico Letta, adesso il ministro è stato scaricato anche dai suoi stessi uomini del Tesoro. "Le proposte su come superare l’Imu ci sono, ma il tempo stringe: entro la fine del mese dobbiamo azzerare la rata di giugno e decidere la soluzione migliore", il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta cestinando, di fatto, il documento programmatico compilato dallo stesso Saccomanni. Sembra quindi allontanarsi l'ipotesi di una semplice rimodulazione dell'imposta, mentre si concretizza la possibilità dell'abolizione tout court dell'Imu sulla prima casa.


La crisi sul capitolo Imu sembra rietrare. A infiammare le polemiche era stata la bocciatura di Saccomanni all'esenzione totale dell'imposta sulla prima abitazione. Bocciatura che aveva scatenato un vero e proprio putiferio obbligando anche Silvio Berlusconi a ricordare al governo quali sono gli accordi su cui si regge la maggioranza. Incassato l'avvertimento, Letta si è preso la briga di arginare l'intraprendenza del ministro dell'Economia, da sempre riottoso a cancellare l'odiatissima imposta immobiliare voluta dall'ex premier Mario Monti. D'altra parte anche all'interno del Tesoro le posizioni sono a dir poco contrastanti. Tocca, quindi, al sottosegretario Baretta assicurare che entro agosto l'affaire Imu sarà risolto. Gli italiani, quindi, dovrebbero dormire sonni tranquilli: se tutto va come deve andare, non dovranno più pagare. "È tempo che i partiti entrino nel merito ed anche il Pdl dica ciò che vuole e non solo ciò che non vuole", ha spiegato Baretta ricordando che una maggiore autonomia fiscale ai comuni e la service tax sono soluzioni "concrete ed efficaci" per superare l'impasse. Entrambe le ipotesi sono, infatti, contenute nel dossier del ministero dell’Economia dove vengo anche indicate risorse per oltre due miliardi da affidare ai Comuni. "Sulle coperture si smetta lo scaricabarile sul ministero dell’Economia - ha concluso il sottosegretario all’Economia - ognuno dica con chiarezza dove si trovano le risorse".


Sul fronte della copertura economica, però, c'è chi come il pdl Paolo Romani è fermamente convinto che spetti a Palazzo Chgi trovare i soldi per cancellare l'imposta. Ad ogni modo resta il dato politico dell'isolamento del ministro che rimane spalleggiato dal partito delle tasse. Proprio per questo il Pdl vuole togliere la pratica dalle mani del titolare del dicastero di via XX Settembre. In un’intervista al Corriere della Sera, il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta ha confermato l'impegno di fare la riforma entro il 31 agosto: "Anzichè fare proposte e dossier Saccomanni dovrebbe semplicemente convocare la cabina di regia appositamente creata e discutere con i partiti della maggioranza. Ma questo non è mai stato fatto". Dal momento che mancano solo un paio di settimane dalla dead line, il governo deve avanzare una proposta sulla base degli impegni presi con la coalizione di maggioranza. "Mi auguro che il governo non arrivi con una proposta prendere o lasciare il giorno prima del 31 agosto - ha concluso Brunetta - in tre mesi di governo in cabina di regia non si è mai parlato di riforma degli immobili".


Saccomanni scaricato dai suoi stessi uomini. Il sottosegretario Baretta: "Entro fine mese l'Imu va azzerata". Il Pdl vuole "commissariare" il ministro dell'Economia





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Andrea Indini



Imu, Letta minaccia: "Se il governo cade, si paga"Da Monti a Epifani: ecco chi non vuole abolire l'Imu
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Published on August 12, 2013 05:56

August 11, 2013

Imu, Letta passa alle minacce per coprire i giochini del Pd

La partita politica si gioca tutta sull'abolizione dell'Imu sulla prima casa. Il Pd, che sotto sotto vuole la caduta del governo, fa di tutto per provocare. Anche il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ci mette del suo allontanando l'ipotesi dell'esenzione totale perché ritenuta "poco equa". Silvio Berlusconi, però, non ci sta ad arretrare su uno dei punti cardine dell'accordo di governo, sarebbe discposto anche a far saltare il tavolo. Il premier Enrico Letta lo sa e, per questo, passa alle minacce. "Per riformare l’Imu, come per le altre questioni fiscali, serve un governo e un parlamento - ha spiegato il presidente del Consiglio - se non ci fossero, l’Italia pagherà le rate di settembre e dicembre".


Il Pdl conta sul fatto che Letta manterrà gli impegni presi. Lo stesso Renato Brunetta ha rassicurato, ieri sera, gli italiani. "L'Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli non si pagherà più, né in questo 2013 né per gli anni a venire - ha spiegato ai microfoni del Tg1 il capogruppo del Pdl alla Camera - sono certo che il premier manterrà gli impegni. Sarà il Pdl a ricordargli gli impegni presi in sede di formazione del governo". Per quanto Letta provi a raffreddare le fibrillazioni che infiammano la maggioranza, al Pd sembra non andare proprio giù l'abolizione dell'imposta sulla prima casa. Anche l'ex premier Mario Monti è accorso a dar man forte ai democratici creando un certo imbarazzo tra le file del centrodestra. "Chi oggi nel Pd fa l’ingenuo, o vuole provocarci dicendo che l’imposta può essere ridotta solo in parte, mette a rischio il governo", ha commentato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che, in un’intervista al Messaggero, ha invitato il piddì a smetterla con i giochini: "Se continua, vuol dire che il Partito democratico vuol far cadere il governo". Purtroppo non sono più soltanto i democratici a mettere i bastoni tra le ruote. Dopo il documento programmatico compilato da Saccomanni per illustrare nove ipotesi di revisione dell'imposta immobiliare, anche la posizione del governo si è fatta più sibillina. Non parla più di abolizione ma di rimodulazione. In una intervista alla Stampa, il ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato ha spiegato che l'esecutivo si è impegnato a "ridimensionare in modo importante l’Imu sulla prima casa, tenendo conto sempre della condizione dei conti pubblici". Una posizione che non trova del tutto d'accordo il Pdl che vuole l'abolizione tout court dell'imposta sulla prima casa.


Nel dibattito è entrato a gamba tesa Letta nel tentativo di placare le polemiche tra Pd e Pdl. Da qui l'invito alle forze politiche che compongono la maggioranza a "rileggersi gli impegni che ho preso nel mio discorso in parlamento". "Per riformare l’Imu serve un governo e un Parlamento - ha spiegato in conferenza stampa a Baku con il presidente azero Ilham Aliyev - se non ci fossero l’Italia pagherà le rate di settembre e dicembre". Una minaccia (tutt'altro che velata) che non piace affatto al centrodestra. "La tassazione sulla riforma delle case deve portare un giovamento reale pari alla cancellazione dell’Imu sulla prima abitazione", ha replicato il senatore del Pdl Maurizio Gasparri invitando la sinistra a non fare trucchi. "Se dovesse vincere il partito delle tasse - ha concluso -sarà quello ad assumersi la responsabilità della crisi".


Braccio di ferro sul l'Imu sulla prima casa. La sinistra non vuole l'esenzione totale. Zanonato: "Possibile una rimodulazione". Il Pdl in fibrillazione: "L'imposta non va pagata". Letta minaccia: "Senza governo, a settembre gli italiani pagheranno"





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Andrea Indini


Il premier Enrico Letta col ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni
Le minacce della sinistra per non cancellare la tassaBerlusconi: "Sull'Imu il premier rispetti i patti"
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Published on August 11, 2013 08:06

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