Andrea Indini's Blog, page 170
August 11, 2013
Imu, Letta passa alle minacce per coprire i giochini del Pd
La partita politica si gioca tutta sull'abolizione dell'Imu sulla prima casa. Il Pd, che sotto sotto vuole la caduta del governo, fa di tutto per provocare. Anche il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ci mette del suo allontanando l'ipotesi dell'esenzione totale perché ritenuta "poco equa". Silvio Berlusconi, però, non ci sta ad arretrare su uno dei punti cardine dell'accordo di governo, sarebbe discposto anche a far saltare il tavolo. Il premier Enrico Letta lo sa e, per questo, passa alle minacce. "Per riformare l’Imu, come per le altre questioni fiscali, serve un governo e un parlamento - ha spiegato il presidente del Consiglio - se non ci fossero, l’Italia pagherà le rate di settembre e dicembre".
Il Pdl conta sul fatto che Letta manterrà gli impegni presi. Lo stesso Renato Brunetta ha rassicurato, ieri sera, gli italiani. "L'Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli non si pagherà più, né in questo 2013 né per gli anni a venire - ha spiegato ai microfoni del Tg1 il capogruppo del Pdl alla Camera - sono certo che il premier manterrà gli impegni. Sarà il Pdl a ricordargli gli impegni presi in sede di formazione del governo". Per quanto Letta provi a raffreddare le fibrillazioni che infiammano la maggioranza, al Pd sembra non andare proprio giù l'abolizione dell'imposta sulla prima casa. Anche l'ex premier Mario Monti è accorso a dar man forte ai democratici creando un certo imbarazzo tra le file del centrodestra. "Chi oggi nel Pd fa l’ingenuo, o vuole provocarci dicendo che l’imposta può essere ridotta solo in parte, mette a rischio il governo", ha commentato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che, in un’intervista al Messaggero, ha invitato il piddì a smetterla con i giochini: "Se continua, vuol dire che il Partito democratico vuol far cadere il governo". Purtroppo non sono più soltanto i democratici a mettere i bastoni tra le ruote. Dopo il documento programmatico compilato da Saccomanni per illustrare nove ipotesi di revisione dell'imposta immobiliare, anche la posizione del governo si è fatta più sibillina. Non parla più di abolizione ma di rimodulazione. In una intervista alla Stampa, il ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato ha spiegato che l'esecutivo si è impegnato a "ridimensionare in modo importante l’Imu sulla prima casa, tenendo conto sempre della condizione dei conti pubblici". Una posizione che non trova del tutto d'accordo il Pdl che vuole l'abolizione tout court dell'imposta sulla prima casa.
Nel dibattito è entrato a gamba tesa Letta nel tentativo di placare le polemiche tra Pd e Pdl. Da qui l'invito alle forze politiche che compongono la maggioranza a "rileggersi gli impegni che ho preso nel mio discorso in parlamento". "Per riformare l’Imu serve un governo e un Parlamento - ha spiegato in conferenza stampa a Baku con il presidente azero Ilham Aliyev - se non ci fossero l’Italia pagherà le rate di settembre e dicembre". Una minaccia (tutt'altro che velata) che non piace affatto al centrodestra. "La tassazione sulla riforma delle case deve portare un giovamento reale pari alla cancellazione dell’Imu sulla prima abitazione", ha replicato il senatore del Pdl Maurizio Gasparri invitando la sinistra a non fare trucchi. "Se dovesse vincere il partito delle tasse - ha concluso -sarà quello ad assumersi la responsabilità della crisi".
Braccio di ferro sul l'Imu sulla prima casa. La sinistra non vuole l'esenzione totale. Zanonato: "Possibile una rimodulazione". Il Pdl in fibrillazione: "L'imposta non va pagata". Letta minaccia: "Senza governo, a settembre gli italiani pagheranno"
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Andrea Indini
Il premier Enrico Letta col ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni
Le minacce della sinistra per non cancellare la tassaBerlusconi: "Sull'Imu il premier rispetti i patti"
August 8, 2013
Il Pd alza i toni dello scontro ma Letta frena: "Uniti o crolla tutto"
Il Pd mette in atto la strategia della tensione. Cerca l'occasione giusta per strappare col Pdl e far cadere il premier Enrico Letta. È stato lo stesso segretario Guglielmo Epifani ad aprire le danze. Incassato il duro colpo, il Pdl ha risposto a tono. Di ora in ora le fibrillazioni crescono e le chance per l'esecutivo di tirare oltre l'estate si assottigliano. La stessa tensione è vissuta anche tra i ministri che si minacciano a distanza. Tanto che si fa strada l'ipotesi di un ritorno alle urne. "Se il Pd ha deciso di staccare la spina al governo, cessi le provocazioni e lo dica chiaramente - ha avvertito il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani - se ne assumerà le responsabilità davanti agli italiani". Ma Letta non intende morire per mano dei compagni di partito. Così sceglie la direzione del partito per serrare le fila: "Stiamo uniti o qui crolla tutto".
"Berlusconi come Yulia Tymoshenko, in cella. Così che tutti gli italiani capiranno che razza di Paese è diventato l’Italia e che c’è da aver paura". In una intervista ad Affaritaliani, Daniela Santanchè torna a lanciare un avvertimento al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché ripristini le regole della democrazia garantendo al Cavaliere l'agibilità politica che, a suon di sentenze, la magistratura sta cercando di azzerare giocando di sponda con i democratici. Dopo il diktat di Epafini al capo dello Stato di non concedere sconti al Cavaliere, i parlamentari e i ministri del Pd sono passati all'attacco. Proprio sulla questione dell'agibilità politica per Berlusconi si è consumato lo scontro a distanza tra esponenti del governo dei due fronti. Dai microfoni di SkyTg24 è il viceministro all’Economia Stefano Fassina ha attaccato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi spiegando che il Pdl "non può aspettarsi dal Pd un sostegno per interventi ad personam". Senza entrare nel merito, l'esponente democrat ha demolito le possibili strade da percorrere rilevando che "gli interventi ad personam" sono "fuori dal perimetro costituzionale sarebbero fuori dal perimetro delle nostre leggi". Fassina è rimasto fermo nel ribadire che "il governo non deve fare interventi ad hoc per nessuno". La strategia della tensione messa in atto dai democratici è tesa proprio a logorare i rapporti tra le forze politiche che compongono la coalizione di maggioranza. Non avendo il coraggio di assumersi le conseguenze di un eventuale strappo che porterebbe alla caduta di Letta, il Pd continua a punzecchiare il Pdl attaccando direttamente Berlusconi. "Dobbiamo tornare all’agibilità politica - ha avvertito in serata il premier - ma se viene meno l’unità del Pd in questo momento di sfilacciamento, il sistema rischia di venir giù".
Nonostante le provocazioni del Pd, il Pdl cerca mantenere un clima disteso. Prima di decidere come muoversi, Silvio Berlusconi sta aspettando segnali dal Quirinale. I riflettori sono, infatti, puntati sulle prossime mosse di Napolitano che, dopo aver incontrato i capigruppo del Pdl, è chiamato a trovare una solizione dopo il pasticcio fatto dalla Cassazione. Gli attacchi e le provocazioni del Pd, però, non lasciano indifferente il centrodestra. Fabrizio Cicchitto si augura che dalla riunione della direzione di oggi del Pd possa arrivare un messaggio di responsabilità e di tenuta del governo. Tenuta che deve passare anche attraverso il rispetto per tutte le forze politiche che fanno parte della maggioranza. Insomma, l'esatto contratio delle reazioni innescate dall’intervista rilasciata ieri da Epifani. Reazioni che potrebbero facilmente portare la situazione in un vicolo cieco. "Siamo a uno snodo decisivo - ha avvertito Cicchitto - se l’attacco frontale di natura giudiziaria a Berlusconi diventa anche un attacco altrettanto frontale sul piano politico e ciò avviene non solo ad opera di giudici alla Esposito ma di un partito di governo come il Pd è evidente che le cose sono destinate a complicarsi e di molto".
Epifani innesca una reazione a catena che potrebbe condurre in un vicolo cieco. Fassina provoca: "Nessun sostegno ad personam". Ma Letta: "Serve agilità politica"
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Andrea Indini
Il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina
Epifani cerca la crisi: "Niente sconti al Cav"Berlusconi: "Il Pd mette in discussione Letta"L'alleato infedele (anche sull'Imu)Fassina attacca: "Nessun sostegno ad personam"
Fassina: "Nessun sostegno al Cav". Il Pdl: "Rispetto o governo a rischio"
Il Pd mette in atto la strategia della tensione. Cerca l'occasione giusta per strappare col Pdl e far cadere il premier Enrico Letta. È stato lo stesso segretario Guglielmo Epifani ad aprire le danze. Incassato il duro colpo, il Pdl ha risposto a tono. Di ora in ora le fibrillazioni crescono e le chance per l'esecutivo di tirare oltre l'estate si assottigliano. La stessa tensione è vissuta anche tra i ministri che, a distanza, si lanciano minacce e ultimata. E l'ipotesi di un ritorno alle urne inizia ad affiorare tra le dichiarazioni di diversi esponenti del Pdl e del Pd. "Se il Pd ha deciso di staccare la spina al governo, cessi le provocazioni e lo dica chiaramente - ha avvertito il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani - se ne assumerà le responsabilità davanti agli italiani".
"Berlusconi come Yulia Tymoshenko, in cella. Così che tutti gli italiani capiranno che razza di Paese è diventato l’Italia e che c’è da aver paura". In una intervista ad Affaritaliani, Daniela Santanchè torna a lanciare un avvertimento al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché ripristini le regole della democrazia garantendo al Cavaliere l'agibilità politica che, a suon di sentenze, la magistratura sta cercando di azzerare giocando di sponda con i democratici. Dopo il diktat di Epafini al capo dello Stato di non concedere sconti al Cavaliere, i parlamentari e i ministri del Pd sono passati all'attacco. Proprio sulla questione dell'agibilità politica per Berlusconi si è consumato lo scontro a distanza tra esponenti del governo dei due fronti. Dai microfoni di SkyTg24 è il viceministro all’Economia Stefano Fassina ha attaccato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi spiegando che il Pdl "non può aspettarsi dal Pd un sostegno per interventi ad personam". Senza entrare nel merito, l'esponente democrat ha demolito le possibili strade da percorrere rilevando che "gli interventi ad personam" sono "fuori dal perimetro costituzionale sarebbero fuori dal perimetro delle nostre leggi". Fassina è rimasto fermo nel ribadire che "il governo non deve fare interventi ad hoc per nessuno". "È il Pdl - ha quindi rilanciato - che deve dire se ha cambiato idea rispetto al programma del governo". Le parole del viceministro dell'Economia, però, sono tese a sminuire il ruolo del centrodestra all'interno della coalizione di governo. "Non siamo i parenti scomodi di un governo che piaccia o non piaccia è una coalizione - ha spiegato il pdl Luca D’Alessandro - il problema vero, e va detto fuori dai denti, è che se il Pd avesse potuto fare da solo, avrebbe fatto volentieri da solo come ha provato a fare Bersani per due mesi". La strategia della tensione messa in atto dai democratici è tesa proprio a logorare i rapporti tra le forze politiche che compongono la coalizione di maggioranza. Non avendo il coraggio di assumersi le conseguenze di un eventuale strappo che porterebbe alla caduta di Letta, il Pd continua a punzecchiare il Pdl attaccando direttamente Berlusconi.
La linea del Pdl è tesa a mantenere un clima disteso. Prima di decidere come muoversi, Silvio Berlusconi sta aspettando segnali dal Quirinale. I riflettori sono, infatti, puntati sulle prossime mosse di Napolitano che, dopo aver incontrato i capigruppo del Pdl, è chiamato a trovare una solizione dopo il pasticcio fatto dalla Cassazione. Gli attacchi e le provocazioni del Pd, però, non lasciano indifferente il centrodestra. Fabrizio Cicchitto si augura che dalla riunione della direzione di oggi del Pd possa arrivare un messaggio di responsabilità e di tenuta del governo. Tenuta che deve passatr anche attraverso il rispetto per tutte le forze politiche che fanno parte della maggioranza. Insomma, l'esatto contratio delle reazioni innescate dall’intervista rilasciata ieri da Epifani. Reazioni che potrebbero facilmente portare la situazione in un vicolo cieco. "Siamo a uno snodo decisivo - ha avvertito Cicchitto - se l’attacco frontale di natura giudiziaria a Berlusconi diventa anche un attacco altrettanto frontale sul piano politico e ciò avviene non solo ad opera di giudici alla Esposito ma di un partito di governo come il Pd è evidente che le cose sono destinate a complicarsi e di molto".
Il diktat di Epifani al Colle innesca una serie di azioni e reazioni che rischiano di portare la situazione in un vicolo cieco. Anche il governo è in fibrillazione. Fassina a Lupi: "Nessun sostegno ad personam". Ma D'Alessandro: "Il Pdl ha pari dignità in coalizione"
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Il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina
Epifani cerca la crisi: "Niente sconti al Cav"Berlusconi: "Il Pd mette in discussione Letta"
August 7, 2013
Il Csm "processa" Esposito: aperta la pratica sul giudice
Adesso il Consiglio superiore della magistratura processa il giudice chiacchierone. All'indomani dell'intervista rilasciata al Mattino anticipando le motivazioni della condanna del caso Mediaset, il Csm ha aperto la pratica su Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale. Adesso tutti nodi verranno al pettine. Nonostante la toga abbia tentato goffamente di smentire il quotidiano partenopeo, un estratto audio dell'intervista lo inchioda mettendo seriamente in dubbio l'imparzialità con cui ha giudicato il Cavaliere nel processo sui diritti tivù. Adesso toccherà alla prima commissione, competente sui trasferimenti d’ufficio per incompatibilità, far luce sul comportamento di Esposito.
Che l'intervista al Mattino non dovesse essere rilasciata, nessuno lo mette in dubbio. Anche il primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce ha bollato il gesto di Esposito "inopportuno". Solo il giudice della Cassazione sembra non accorgersene. Anche oggi non ha mancato di dare addosso al giornalista Antonio Manzo, che ha firmato l'intervista, accusandolo di aver manipolato domande e risposte. In un lungo comunicato scritto in terza persona, ha infatti sottolineato di aver ascoltato la registrazione pubblicata ieri sera sul sito del Mattino. Registrazione che sarebbe stata fatta a sua "insaputa". Tutte le scuse, però, cadono con un click. Basta infatti ascoltare l'audio dell'intervista per capire con quanta faciloneria il togato si lascia andare a valutazioni che dovrebbero essere coperte da segreto. "Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva, non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo - racconta in dialetto - teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché tizio, caio o sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po' diverso da non poteva non sapere". Sono le sue stesse parole a inchiodarlo, anche se come lui stesso ammette è stato registrato a sua insaputa. Il concetto non cambia. Il presidente del collegio che ha emesso una sentenza già abbastanza chiacchierata non avrebbe, mai e poi mai, dovuto rilasciare un'intervista anticipando, in questo modo, le motivazioni del verdetto. Motivazioni che non sono state ancora pubblicate.
La vicenda non si chiude certo con le bugie raffazzonate di Esposito. Già ieri il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri si era mossa chiedendo chiarimenti a Santacroce. Oggi è sceso in campo anche il Csm. A chiedere l’intervento di Palazzo dei Marescialli sono stati i consiglieri laici del Pdl Nicolò Zanon, Filiberto Palumbo e Bartolomeo Romano, ritenendo particolarmente grave la scelta di Esposito di rilasciare l’intervista al quotidiano napoletano, soprattutto per aver di fatto "anticipato" le motivazioni della sentenza che devono essere ancora depositate. È stato il vice segretario generale del Csm, su disposizione del vice presidente Michele Vietti, a disporre "in via d’urgenza" la trasmissione della pratica alla Prima Commissione.
Stretta sul giudice che ha rivelato le motivazioni della condanna del Cav prima che venissero depositate: ASCOLTA L'AUDIO DELL'INTERVISTA. Ma Esposito continua a scaricare la colpa: "Registrazione a mia insaputa". Si muove il Csm: aperta la pratica
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Andrea Indini
Il presidente della sezione feriale della Cassazione Antonio Esposito
Il giudice svela le motivazioni della condanna del CavEsposito: "Berlusconi condannato perché sapeva"
Epifani cerca la crisi di governo
A furia di dar spallate, andrà a finire che sarà Guglielmo Epifani a far cadere l'amico Enrico Letta. Da quando la Cassazione ha letto la sentenza del processo Mediaset condannando a quattro anni di reclusione Silvio Berlusconi, il segretario del Pd non ha perso un'occasione per tacere. Se da una parte ha dato una frenata al congresso per evitare che si consumi la resa dei conti tra le anime democrat, dall'altra ha iniziato a marcare stretto il Cavaliere innervosendo non poco i vertici del Pdl. Così, all'indomani dei festeggiamenti per i primi cento giorni di governo, il premier si è dovuto leggere un'intervista di fuoco rilasciata da Epifani. "Per Berlusconi non vedo altra possibilità che prendere atto della sentenza e degli effetti che produce - spiega l'ex Cgil al Corriere della Sera - non ci sono strade".
"Non ci sono alternative a questo governo", aveva spiegato ieri pomeriggio Letta. In via del Nazareno, però, non devono avergli creduto granché. Eppure, giusto lunedì scorso, il presidente del Consiglio si è visto con Epifani per concordare la linea da tenere. Da lì, però, i due hanno tenuto due linee completamente diverse. Mentre il mantra di Letta continua ad essere la stabilitò politica, il segretario piddì si è messo ad attaccare a testa bassa gli "alleati" del Pdl condannando i toni "oltre il segno" e "oltre il dovuto" del Pdl nel dopo sentenza. Durante l'incontro, fanno sapere fonti vicine a Palazzo Chgi, l'ex leader della Cgil avrebbe consigliato al premier di "non farsi logorare". Suggerimento che il premier ha immediatamente fatto suo, forte, assicura lui, di una "condivisione totale" con Epifani e della convinzione che il Partito democratico manterrà l’impegno di sostenere il governo. Ma è davvero così? Basta mettere in fila le ultime dichiarazioni del segretario piddì per capire che la tenuta della maggioranza è in serio pericolo. Da ultima, l'intervista rilasciata al Corriere della Sera svela l'intento dell'ex Cgil di far saltare il tavolo. La strategia è quella della tensione logorando i rapporti con il Pdl attraverso dichirazioni di fuoco. Così, mentre il Pdl sta trattando con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per trovare il modo di garantire l'agibilità politica al Cavaliere, il leader del Pd dice chiaramente che vuole Berlusconi fuori dal parlamento: dietro le sbarre o agli arresti domiciliari, ma comunque fuori dalla politica. "Non vedo altra possibilità che prendere atto della sentenza e degli effetti che produce - spiega al Corsera - non ci sono strade ed è anche sbagliato cercarle". E ancora: "Le sentenze vanno rispettate ed eseguite. Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, per quanto possa essere dura. In qualsiasi ordinamento democratico il principio di legalità non può mai essere discusso". Per Epifani, "il principio di legalità in uno stato democratico viene prima di qualsiasi valutazione politica". E insiste: "È il fondamento. Se annulliamo legittimità e legalità non c’è più nessun caposaldo, per questo bisogna avere una linea rispettosa ma anche molto ferma. Io non vedo altre strade".
Le dichiarazioni di Epifani ha subito creato scompiglio nella maggioranza. "È un irresponsabile e un provocatore che cerca la crisi di governo senza intestarsela", ha commentato il segretario della commissione Giustizia della Camera Luca d’Alessandro. "Le dichiarazioni di Epifani tendono a incendiare il clima politico nel momento in cui bisognerebbe rasserenare il clima - rincara la dose il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani, intervistato da SkyTg24 - non è una provocazione ma quasi. Non abbiamo bisogno lezioni da parte da nessuno". Secondo il capogruppo all Camera Renato Brunetta, siamo a un passo alla fine delle larghe intese.
Maggioranza appesa a un filo. Epifani al Corriere della Sera: "Berlusconi prenda atto della sentenza e degli effetti che produce". Poi avverte Napolitano: "Non ci sono strade ed è anche sbagliato cercarle". Il Pdl s'infuria: "Cerca la crisi di governo senza intestarsela"
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Andrea Indini
Il j'accuse di Quagliariello fa litigare falchi e colombe
August 6, 2013
Il giudice chiacchierone svela alla stampa le motivazioni della condanna di Berlusconi
Parla, anzi straparla. E non solo alle cene allegre in cui gradisce raccontare amabilmente particolari piccanti e anticipare le sentenze ancor prima che queste vengano pronunciate. Anche coi giornalisti il giudice Antonio Esposito non riesce proprio a fare a meno di parlare. A scatenare una vera e propria tempesta sul presidente del collegio della Cassazione, che ha condannato a quattro anni di reclusione Silvio Berlusconi al processo Mediaset, è una lunga intervista rilasciata al Mattino. "Berlusconi non è stato condannato perché non poteva non sapere, ma perché sapeva: era stato informato del reato", ha spiegato la toga anticipando, in questo modo, le motivazioni della sentenza. Uno strappo senza precedenti che getta un'ulteriore ombra sull'imparzialità del collegio che ha giudicato il Cavaliere.
Quando questa mattina l'intervista firmata da Antonio Manzo è stata letta dai vertici del Pdl, si è alzato un coro unanime. "I magistrati dovrebbero parlare solo con le sentenze e questo principio dovrebbe valere oggi più che mai, per non alimentare tensioni ed esacerbare un popolo di milioni di persone che vuole giustamente reagire a quella che ritiene una grave ingiustizia", ha tuonato il segretario della commissione Giustizia della Camera, Luca D’Alessandro, invitando il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri a promuovere quanto prima un'azione disciplinare. "Il fatto è gravissimo - ha commentato l'avvocato Niccolò Ghedini - gli organi competenti dovranno verificare l’accaduto che non potrà non avere concreti riflessi sulla valutazione della sentenza". Mentre Il consigliere del Csm Bartolomeo Romano ha fatto sapere che il caso sarà affrontato al più presto, la Cassazione si è affrettata a spiegare che l'intervista "non inficia né cambia" la sentenza. Tuttavia, il primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce ha ammesso che l'intervista è stata "inopportuna". La stessa Cancellieri ha chiesto a Santacroce "elementi informativi" per conoscere la vicenda nei dettagli. Al momento non è stata avviata alcuna azione sul piano disciplinare.
Aldilà dei provvedimenti che verranno presi dal ministero della Giustizia, l'intervista resta e va a confermare tutti i dubbi che nei giorni scorsi erano stati mossi rispetto a una sentenza politica che, anzichè fare giustizia, ha puntato unicamente a far fuori il leader del centrodestra. Coperto da una selva di accuse e critiche, Esposito ha provato a difendersi accusando il Mattino di aver inventato buona parte delle risposte a lui attribuite. Una accusa che è subito stata fatta cadere pubblicando l'audio sul sito del Mattino. "L'intervista è letterale - ha commentato il direttore Alessandro Barbano - sono stati riportati integralmente il testo, le parole e le frasi pronunciate dal presidente di cui ovviamente abbiamo prova". Secondo il direttore del quotidiano partenopeo, il presidente della Cassazione avrebbe infatti valutato a posteriori che "spiegare le motivazioni della condanna prima di averla emessa possa avere per lui un ritorno non positivo". "Però - ha concluso Barbano - non è una colpa da attribuire ai giornalisti ma alla responsabilità e alla maturità di chi parla".
Basta leggere l'intervista per capire che Esposito, di responsabilità, non ne ha affatto. Nell'intervista rilasciata a Manzo, il giudice racconta che il processo sui diritti tv non è stato portato avanti di fretta: "Abbiamo solo attuato un doveroso principio della Cassazione, quello di salvare i processi che rischiano di finire in prescrizione". E il caso Mediaset sarebbe andato in prescrizione il primo agosto scorso: "Abbiamo deciso con grande serenità". Parlando del motivo che ha portato la sezione feriale della Cassazione a condannare il Cavaliere, Esposito è entrato nei minimi particolari anticipando, così, le motivazioni del verdetto che devono ancora essere pubblicate. "Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva, non è che tu non potevi non sapere perchè eri il capo - ha spiegato nell'intervista - teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché tizio, caio o sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po' diverso da non poteva non sapere".
Tra i vertici del Pdl lo sbigottimento è grande. "È andato oltre ogni limite", ha chiosato Mara Carfagna. "Credevo che i giudici parlassero attraverso le sentenze, anche se controverse, e che i magistrati fossero la bocca della legge - ha fatto eco Sandro Bondi - ma vuol dire che mi sbaglio". Che a Esposito piaccia parlare e subito dopo rimangiarsi tutto, lo sa bene anche Stefano Lorenzetto che sul Giornale aveva raccontato le cene allegre del giudice della Cassazione. Racconto in prima persona che Esposito ha provato a smentire sulle pagine del Fatto Quotidiano. Smentita che non ha retto al confronto con la cronaca di Lorenzetto. Il problema, quindi, resta. "Non è importante ciò che il giudice dice - ha commentato D'Alessandro - ma è inquietante che intervenga pubblicamente e lo faccia anche prima delle motivazioni".
Il presidente del collegio che ha condannato il Cav anticipa le motivazioni della sentenza, poi smentisce. Ma il Mattino lo sbugiarda: ASCOLTA L'AUDIO
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Il presidente della sezione feriale della Cassazione Antonio Esposito
Così infangava il Cav il giudice che l'ha condannatoIl giudice Esposito si difende (male) sul FattoEsposito: "Berlusconi condannato perché sapeva"
August 5, 2013
Brunetta e Schifani al Quirinale. E Napolitano: "Valuto le opzioni"
Adesso tocca a Giorgio Napolitano. Dopo l'ultimo (sicuramente il più brutale) assalto giudiziario a Silvio Berlusconi, spetta al capo dello Stato dare una risposta netta al Pdl e, soprattutto, al popolo di centrodestra che ieri pomeriggio si è riversato in via del Plebiscito per dare il proprio sostegno al Cavaliere. È proprio sul Quirinale che si spostano ora i riflettori. Questa mattina i capigruppo del Pdl Renato Schifani e Renato Brunetta sono saliti al Colle per parlare con il presidente della Repubblica. Un incontro carico di attese e da cui dipenderà anche la strategia di Berlusconi e l’atteggiamento da tenere verso il governo. A Palazzo Grazioli si ragiona, infatti, sulla possibilità di trovare una soluzione che permetta al Cavaliere di avere il più possibile margini di manovra quando scatterà l’esecuzione della pena. Fonti del Quirinale hanno fatto sapere che Napolitano sta valutando "con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate".
Ieri pomeriggio, dal palco montato in via del Plebiscito, proprio sotto Palazzo Grazioli, Berlusconi ha rassicurato il premier Enrico Letta sulla tenuta del Governo. Il Pdl non ha alcuna intenzione di far saltare il tavolo. Anche perché dal premier, il Cavaliere si aspetta segnali chiari cui provvedimenti economici e sulla riforma della giustizia. Adesso, però, è cruciale la posizione che il Quirinale deciderà di assumere nei prossimi giorni. "Tra il popolo di Berlusconi - spiega Stefania Prestigiacomo in un’intervista al Tempo - c'è grande aspettativa, l’attesa per un atto che gli ridia piena agibilità politica". Proprio per questo, in mattinata, Brunetta e Schifani si sono confrontati con il capo dello Stato per oltre un'ora. L'ipotesi di chiedere la grazia sembrerebbe stata accantonata, almeno per il momento. Il Pdl spera, infatti, nella commutazione della pena. Fonti del Quirinale hanno spiegato che Brunetta e Schifani hanno illustrato a Napolitano le esigenze da soddisfare per "un ulteriore consolidamento dell’evoluzione positiva del quadro politico in Italia e uno sviluppo della stabilità utile all’azione di governo".
Subito dopo il faccia a faccia con Napolitano, iI presidenti dei gruppi pidiellini hanno lasciato il Quirinale per andare da Berlusconi a Palazzo Grazioli dove, insieme ai vertici del partito, hanno fatto il punto sulle strategie politiche da adottare già nelle prossime settimane. "Il problema è la democrazia - ha messo in chiaro Daniela Santanchè - non il governo". Nel pomeriggio Berlusconi avrebbe incontrato i legali per iniziare a discutere l'eventualità di richiedere misure di pena alternative al carcere. Il Cavaliere dovrà, infatti, scegliere tra l’affidamento in prova ai servizi sociali e gli arresti domiciliari. "Berlusconi non chiederà né gli arresti domiciliari né la messa in prova né l’affidamento ai servizi sociali, ma andrà in carcere - ha assicurato la Santanchè - gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come Berlusconi".
Dall'incontro con Napolitano dipenderà la strategia del Cav. Si ragiona su una soluzione che permetta al Cav di avere più margini di manovra quando scatterà la pena. Il Quirinale "valuterà tutti gli aspetti della questione"
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Pdl in piazza, il Cav non molla: "Noi argine contro il regime"
In piazza per difendere la democrazia. Da via del Plebiscito il popolo del centrodestra lancia un messaggio di libertà al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che non ha mosso un dito dopo che dai giudici della Cassazione è arrivato il più duro attacco di una campagna giudiziaria che va avanti da oltre vent'anni. Da tutta Italia migliaia di persone si sono riversate a Roma per confermare il proprio sostegno a Silvio Berlusconi dimostrando di non aver alcuna intenzione di sottostare allo strapotere di una magistratura che punta a decapitare il centrodestra. "Io sono qui, io resto qui, io non mollo - assicura il Cavaliere dal palco - continueremo tutti insieme a combattere questa battaglia di democrazia e libertà facendolo diventare un Paese dove i cittadini non abbiano paura di trovarsi senza nessun motivo in carcere".
Il centrodestra riparte. Neanche la sentenza della Cassazione riuscirà a imbrigliare il Cavaliere e il Pdl. Il messaggio è netto: si va avanti a combattere. "Il vostro affetto mi ripaga di tanti dolori - ha ringraziato il Cavaliere - se il 4 di agosto di una domenica con 40 gradi all’ombra, con l’asfalto che brucia, dopo ore di viaggio, un mare di gente è venuta qui per dimostrarmi stima, vicinanza e affetto, sento il dovere di impegnarmi con ancora più entusiasmo". Berlusconi non molla. Non lo mette nemmeno in conto. Se da una parte conferma l'appoggio al governo guidato da Enrico Letta, dall'altra mette in chiaro che copntinuerà ad essere l'argine al regime che vuole mettere il bavaglio al centrodestra. "La magistratura ha tentato di buttarmi fuori per vent'anni dalla politica, ora hanno raggiunto il loro traguardo", ammette il leader del Pdl ricordando, tuttavia, che la sovranità appartiene al popolo e non alla magistratura. Per quasi mezz'ora il Cavaliere ha ripercorso il suo impegno come imprenditore e come politico. Impegno che è andato di pari passo col tentativo di certi giudici di sovvertire il voto popolare. "Ho ripensato a quello che ho fatto come figlio, padre, cittadino e servitore dello Stato, ma mi vedo attraverso le sentenze di questa magistratura come in uno specchio che rimanda un’immagine deformata, che non è il vero Berlusconi - rimarca il Cavaliere - io sono innocente".
Sul palco campeggiano due simboli: accanto a quello tradizionale del Pdl è tornato il tricolore di Forza Italia. Anche li altoparlanti suonano il primo inno che accompagnò la discesa in campo del Cavaliere. È un assaggio del progetto politico che prenderà la prime mosse a settembre. Subito dopo la sentenza della Suprema Corte, Berlusconi ha spiegato in un video messaggio che non è disposto a mollare la scena politica. "Diremo agli italiani di darci la maggioranza per modernizzare il Paese a partire dalla più indispensabile che è quella della giustizia per evitare che un cittadino sia privato della libertà", ha spiegato il Cavaliere dettando l'agenda del nuovo soggetto politico che, a partire dal nome (Forza Italia), andrà a recuperare lo spirito liberale del '94. L'appuntamento di oggi, in via del Plebiscito sotto Palazzo Grazioli, è solo il primo passo verso questo obiettivo. Obiettivo che passa, inevitabilmente, attraverso una riforma della giustizia che, dopo gli ultimi vili attacchi, si è fatta sempre più stringente. "La mia riconoscenza va verso di voi verso ciascuno di voi per la commozione che mi avete creato e per il fatto che siete riusciti con un atto di amore a trasformare quello che in me era angoscia e dolore - conclude Berlusconi - mi porterò per sempre questo abbraccio da chi non conosce invidia e odio".
Sfidando il caldo e il sole, centinaia di persone si sono riversate davanti al palco tra via del Plebiscito e via degli Astalli. Tra loro anche parlamentari, esponenti del governo e militanti del Pdl. Sebbene i ministri abbiano deciso di non partecipare al sit in, i sottosegretario Michaela Biancofiore e Marco Flavio Cirillo hanno deciso, comunque, di esserci per mandare un segnale concreto. "Nel rispetto massimo delle più alte cariche dello Stato, si interrompa quella che è stata una delegittimazione della normale vita democratica del Paese", ha auspicato Fabrizio Cicchitto facendo sapere che i capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani stanno lavorando alla richiesta della grazia.
Pdl in piazza dopo l'ultimo assalto della Cassazione. Berlusconi assicura: "Il governo deve andare avanti". Poi avverte: "La sovranità non appartiene ai giudici"
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Andrea Indini
Gelmini: "L'uso politico della giustizia è inaccettabile"Carfagna: "L'obiettivo dei giudici è abbattere il Cav"Mussolini: "I magistrati condannano l'Italia"I giovani stanno col Cav: "Siamo disposti a tutto"Da tutta Italia migliaia di militanti per sostenere il CavI militanti del Pdl: "Silvio è un uomo libero"Sul palco rispunta il simbolo di Forza ItaliaIl popolo del Pdl in piazza per BerlusconiI vertici Pdl alla manifestazione in sostegno del CavLa t shirt della Mussolini: "C'hann scassat o'cazz"
August 4, 2013
Boldrini è allergica ai fischi: contestata ai Fori imperiali abbandona l'inaugurazione
Laura Boldrini è allargica alle contestazioni. I fischi proprio non le vanno giù. Altro che diritto alla protesta democratica, se i cittadini osano alzare la voce o a manifestare la propria contrarietà, la presidente della Camera alza i tacchi e se ne va. Lo ha fatto ieri sera all'inaugurazione dei Fori imperiali abbandonando un attonico Ignazio Marino. "Mi dispiace, ma vai avanti così...". Con queste parole l'esponente del Sel si è congedata dalla festa per la pedonalizzazione dei Fori. A infastidirla cono stati i romani che manifestavano contro il sindaco fischiando e urlando contro la discarica che dovrebbe essere ospitata a qualche chilometro dal santuario del Divino Amore.
Se ne va rinunciando a fare il discorso per l'inaugurazione della pedonalizzazione dei Fori imperiali. Se ne va voltando le spalle a quelle centinaia di cittadini che dicono "no" alla nuova discarica. Se ne va lasciando Marino da solo a smazzarsi il malcontento e le proteste. Uno strappo per nulla democratico. Un vero e proprio sputo in faccia al sit in in piazza Bocca della Verità. Se la protesta non è organizzata dalla Fiom o, più in generale, dalle tute blu, la Boldrini non vuole stare a sentire ragioni. Eppure solo qualche giorno fa si era schierata apertamente contro l'ad della Fiat Sergio Marchionne per portare avanti la causa del braccio armato della Cgil. Forse che i romani che abitano non lontano dal santuario del Divino Amore valgono meno degli operai di Mirafiori? Forse che ci sono sit in di serie A e sit in di serie B? Dopo le prime polemiche, il portavoce della presidente della Camera si è affrettato a precisare che durante la "Notte dei Fori" non era previsto alcun intervento dal palco. "Con il Comune di Roma - ha aggiunto Roberto Natale - era stato concordato un messaggio che è stato regolarmente inviato alle agenzie".
Una cosa è certa: i manifestanti hanno ottenuto quello che volevano. La notte bianca ai Fori Imperiali disturbata dall’incubo delle notti in bianco per la discarica. Raggiungendo i Fori Imperiali, dove si stava svolgendo l’inaugurazione per la storica pedonalizzazione, centinaia di persone hanno avuto modo di dire un secco "no" alla nuova discaricache dovrebbe essere ospitata a qualche chilometro dal santuario del Divino Amore. "Vergogna e buffone", hanno urlato alcuni manifestanti proprio mentre Marino e la Boldrini stavano percorrendo i Fori. La serata si è riscaldata dopo il sit in in piazza Bocca della Verità, quando un centinaio di persone hanno raggiunto l’imbocco dei Fori passando per i giardini del Campidoglio. Qui sono stati costretti a fermarsi davanti a un cordone di forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Uno dei manifestanti è, comunque, riuscito a salire sul palco è urlando slogan contro il sindaco di Roma. "Abbiamo rovinato la Notte Bianca a Marino, visto che noi passiamo la notte in bianco per la discarica", hanno spiegato i manifestanti che sono riusciti a strappare a Marino un incontro per domani. All’iniziativa hanno anche partecipato il parroco e diversi esponenti del gruppo del Pdl in Campidoglio, tra cui la capogruppo Sveva Belviso e l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. A tutti loro la Boldrini non ha saputo far altro che voltare le spalle senza sentire le ragioni di una protesta democratica.
Alla notte bianca dei Fori imperiali centinaia di romani protestano contro la nuova discarica. Infastidita dai fischi la presidente della Camera se ne va e lascia solo Marino
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Andrea Indini
Fori Imperiali, la protesta fa scappare la Boldrini
August 3, 2013
Dopo aver dettato i tempi ai giudici, ora il Corriere vuole la testa del Cav
Il cerchio si è chiuso. Oggi Ferruccio de Bortoli ha chiesto le dimissioni di Silvio Berlusconi: "Il voto anticipato, come conseguenza di un giudizio personale, farebbe pagare al Paese intero pene accessorie tanto gravi quanto insopportabili e ingiuste". Dopo la sentenza dei giudici della Cassazione sul processo Mediaset, il verdetto del direttore del Corriere della Sera sul futuro politico del Cavaliere. C'era da aspettarselo. Chi non l'aveva messo in conto, è solo un illuso. Perché da quella stessa prima pagina era arrivata una ventina di giorni fa la soffiata alla Suprema Corte. Come nel dicembre 1994 fu il quotidiano milanese a dare il via alla carriera giudiziaria di Berlusconi, lo scorso 9 luglio fu lo stesso giornale a individuare una mina in grado di affossare il processo per i diritti tv e, quindi, a consigliare alla Cassazione ad anticipare la sentenza.
"Le sentenze vanno rispettate". Non è Ezio Mauro dalle colonne della Repubblica né la quotidiana reprimenda di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. La sentenza arriva da via Solferino. Nell'editoriale di oggi, de Bortoli mette alle strette il Cavaliere: tira le somme di una condanna ingiusta e prettamente politica e chiede al leader del Pdl un passo indietro paventando un'incancrenirsi della crisi economica e un violento baratro istituzionale. Aldilà dell'epifania dell'Armageddon, l'ultimatum lanciato dal Corriere della Sera lascia il tempo che trova. Non è altro che l'ultimo capitolo di un agguato che si muove su tre piani: politico, giudiziario e mediatico. Non è infatti un caso che a mettere in moto la macchina della Cassazione, che è arrivata a condannare Berlusconi in tempi di record, sono stati proprio i cronisti di via Solferino scovando l'intoppo di cui neanche la procura si era accorta. Colpa della legge nota come ex Cirielli, che nel 2005 ha modificato le norme sulla prescrizione. Il più grave dei reati contestati al Cavaliere, la frode fiscale del 2002, avrebbe così rischiato di venire inghiottita dalla prescrizione già il prossimo settembre. A quel punto la Suprema Corte non avrebbe potuto ridurre di sua iniziativa la pena, ma sarebbe stata costretta a rispedire tutto a Milano per un ricalcolo. Era bastato un articolo sparato in prima pagina sul Corriere della Sera per attivare le toghe e affrettare il tutto. È così che si è arrivati alla condanna a quattro anni di carcere pronunciata giovedì scorso. "La saggezza dovrebbe consigliare a Berlusconi di accettarne le conseguenze", ha sentenziato de Bortoli invitando il Cavaliere a "dimettersi prima della presa d'atto dell'Aula".
Un editoriale di fuoco che punta a decapitare il centrodestra mascherandosi dietro all'appello alla responsabilità Eppure c'è davvero poco di che stupirsi.
I processi e gli attacchi giudiziari a Berlusconi hanno sempre trovato un'ampia eco sulla stampa. Fughe di notizie e fughe in avanti hanno, iunfatti, accompagnato tutti i procedimenti contro il Cavaliere. Dal caso Mills al Rubygate, dal processo Sme al causa sui diritti tv, più di una volta sono stati i giornaloni a influenzare le toghe o a fare da megafono alle toghe. Senza nulla togliere alle crociate di Repubblica o alle invettive del Fatto Quotidiano, è in via Solferino che tutto ha avuto inizio. Diciannove anni fa fu il Corriere a pubblicare lo scoop che avrebbe affossato il primo governo Berlusconi: l'avviso di garanzia che, mentre il quotidiano andava in edicola, un colonnello dei carabinieri portava all'allora leader di Forza Italia, proprio mentre sta presiedando il G8 a Napoli. Con le dimissioni chieste oggi da de Bortoli si è, infine, chiuso il cerchio.
A luglio il Corriere della Sera dettava i tempi ai giudici per evitare la prescrizione. Adesso de Bortoli vuole le dimissioni del Cav: "Le sentenze vanno rispettate"
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