Andrea Indini's Blog, page 183

March 26, 2013

Battiato getta fango sull'Italia: "Ci sono troie in parlamento"

Ci deve aver preso gusto, Franco Battiato, a gettare fango in faccia agli italiani. Non contento degli insulti al popolo di centrodestra, il cantautore se la prende con tutto il Paese. E lo fa, in pompa magna, davanti al parlamento europeo. Povera patria verrebbe da dire, se questa stessa esclamazione non fosse stata usata dallo stesso musicista catanese che, inebriato dall'incarico di assessore in Regione Siciliana, ha preso a sputare in faccia a tutto ciò che porta il tricolore. Questa volta tocca alle nostre parlamentari. Le definisce "troie", donnacce disposte a fare "qualsiasi cosa", ignobili meretrici da rinchiudere in un bordello.


"Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile". Nel suo intervento all'Europarlamento in veste di assessore al Turismo della Regione Siciliana, Battiato sputtana l'Italia e gli italiani. Non denuncia un malcostumo, ma getta palate di fango contro ciscuno di noi. Parlando della compagine rosa della politica italiana, il cantautore siciliano dice chiaramente che le vorrebbe tutte in un "casino", in un bordello. Una "casa chiusa" per le deputate e le senatrici, per le ministre e per le capogruppo, da istituire nelle sordide vie della "Grande Meretrice". Là, Battiato vede solo lussuria, denaro e schifo. Là, Battiato vede avverarsi l'antico mito della Babele biblica. "In Italia si sta avverando una profezia - ha spiegato il cantautore - parliamo la stessa lingua ma non ci intendiamo". In visita ufficiale al parlamento europeo, Battiato riversa tutto il suo livore sulla nostra Italia che, sebbene straziata dalla recessione economica e dall'incertezza politica, è da sempre faro per un'Europa stanca e fondata sulla tecnocrazia e i poteri forti. "Questa Italia così fa schifo - ha accusato Battiato - è inaccettabile". Una sparata delirante contro la politica tout court, contro quei "servi dei servi" che ripetono all'infinito lo stesso discorso senza mai intendersi, contro "l’idiozia dell’essere umano".


Da sempre apprezzato sia dal pubblico radical chic di sinistra sia dalle frange esoteriche della destra sociale, Battiato aveva iniziato già da un po' di tempo la virata grillina. Risale al 2009 Inneres Auge, canzone anti berlusconiana per eccellenza. "Uno dice che male c'è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare primari e servitori dello stato?", cantava il musicista trasformando i gossip pubblicati dai media progressisti in un vero e proprio manifesto contro Silvio Berlusconi. Dismessi i panni del cantautore impegnato che componeva capolavori come Lode all'Inviolato o Oceano di silenzio, Battiato imbroccava la deriva grillina contro politici "rincoglioniti", contro un parlamento "dove regna soltanto il denaro" e contro una giustizia che "non è altro che una pubblica merce". Da allora è stata una vera e proprio esccalation di affondi, insulti e sputtanamenti. Un gioco al massacro che lo ha portato al governo della Regione Siciliana e, in quanto assessore al Turismo, a sproloquiare davanti all'Europarlamento. E, mentre l'altro giorno se l'era presa con l'elettorato di centrodestra ("La destra italiana è una cosa che non appartiene agli esseri umani"), adesso ha sputato in faccia a tutte le donne che siedono in parlamento. Tanto che la presidente della Camera Laura Boldrini l'ha invitato a non "superare il confine che separa la critica dall’oltraggio". Una selva di accuse ha letteralmente ricoperto Battiato che si è difeso spiegando di essere stato travisato: "La mia frase si riferiva a passate esperienze politiche". Ma, in realtà, poco cambia. L'insulto resta.


Il cantautore a Bruxelles getta fango sul nostro Paese: "In parlmento troie disposte a tutto". E lo fa in veste ufficiale





Tag: 

franco battiato
troie
parlamento
europarlamento
insulto
assessore




Andrea Indini


Franco Battiato dopo il suo intervento all'Europarlamento
Ma prese soldi da FioritoBattiato parla come i nazisti
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 26, 2013 09:24

March 25, 2013

Se le consultazioni diventano una farsa

Se non fosse che ci sta trascinando in un vicolo cieco, farebbe anche ridere. Pier Luigi Bersani ha preso poco seriamente l'appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a far presto. Che volesse prendersi tutto il tempo necessario per consultare questo e quello, lo aveva detto sin dall'inizio. Che, però, sbracasse consultando anche i suoi vicini di casa, non era proprio nelle cose. Viene quasi il dubbio che, conscio di non riuscire a mettere insieme uno straccio di governo, il leader del Partito democratico si accontenti di fare il "grosso" per una settimana di consultazioni.


"Agenda Bersani: dopo Saviano, già fissati incontri con Littizzetto, Benigni e il commissario Montalbano. Poi riferisce a Fazio". Il tweet di Giuseppe Cruciani la dice lunga sul fuoco incrociato a cui è sottoposto il segretario democrat negli ultimi giorni. Mentre Napolitano non perde occasione per invitarlo a darsi una mossa, Bersani se la prende comoda, incurante del fatto che non solo non riuscirà ad avere una maggioranza in parlamento che gli voti la fiducia, ma che sta rischiando anche l'implosione del partito che nelle ultime ore ha dato segnali di malessere generalizzato. Oggi per esempio, dopo aver incontrato i sindacati, Bersani ha consultato la delegazione di Rete Imprese Italia (alle 12) e la rappresentanza del mondo ambientalista ( alle 13). Alle 15, poi, è stata la volta di don Luigi Ciotti e, alle 15,30, del Forum delle Associazioni giovanili e del Consiglio nazionale degli studenti. Alle 16 è toccato il Consiglio italiano del Movimento europeo, con il Movimento federalista europeo e la Gioventù federalista europea. Nei giorni scorsi la stessa manfrina. Domenica gli incontri a Montecitorio erano iniziati alle 10.30 con i rappresentanti di Confagricoltura, Cia, Copagri, Confcooperative e, alle 11.00, la Coldiretti. Nel pomeriggio il leader del Pd aveva incontrato la Confindustria (alle 16), l'Alleanza delle cooperative italiane (alle 17), Confapi e Confprofessioni (alle 18) e, infine, Abi e Ania (alle 18.30). Un calendario fittissimo. Per vedere un partito confrontarsi con Bersani dobbiamo aspettare domani. Solo allora si inizierà a parlare di politica. "Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose", commenta con ironia Barbara Lippi, su Twitter, parafrasando i pensieri di Bersani.


"Non so se provare rabbia o pena verso Bersani che prova a inventarsi un governo e che per farlo ha bisogno di consultare Saviano", commenta Gio Maltese. Da Facebook a Twitter gli sfottò per il premier (pre)incaricato si moltiplicano di ora in ora. Prese in giro che non conoscono colore, ma che la dicono lunga della figura barbina che sta portando a casa il Pd. In molti l'hanno già soprannominata la "strategia kamikaze". Con un piccolo particolare che fa notare Jacopo Paoletti: "Bersani sta incontrando veramente la qualunque. Ma non uno che sia seduto in Parlamento a dargli una qualche minima, lontana maggioranza". Sottinteso: anche quando la sinistra "vince" e pretende di governare, non è in grado di farlo. "Giovedì Bersani salirà al Colle - commenta Ghibellino - per ricevere uovo di Pasqua o per dare un governo al paese. Si accettano scommesse". Per il momento, però, le consultazioni non sono ancora finite. Ce n'è davvero per tutti. Tanto che spunta anche l'hashtag #parlaconbersani. "Consultazioni odierne - elenca Alessandro Petritolo - Martufello, Trio Lescano, Francesco Amadori, Capitan Findus, Antonio e Cleopatra". Corrado Morricone arriva in ritardo: "Scusate l'assenza, ero da Bersani". "Dite a bersani che oltre consultazioni vorremmo anche un governo - scrive Emanuele Riccoboni - le persone perdono il lavoro e lui pensa a conflitto d'interessi".


Per oggi Bersani ha finito. Non si sa ancora se andrà a rinfrescarsi in Campo de' Fiori. Magari si concederà una birretta, come è solito fare quando ha dei grattacapi da risolvere. Domani le consultazioni andranno avanti. Programma fitto. "Le consultazioni di domani di Bersani - scherza Roberto Tallei - Alba Parietti, Patrick Lumumba, Den Harrow, Susan Boyle, Vincenza Bono Parrino". In realtà domani (finalmente), il leader piddì si degnerà di incontrare i leader delle forze politiche. Al centrodestra, seconda forza in parlamento, ha già sbattuto la porta in faccia dicendogli che ritiene poco serie le sue richieste. Ai grillini, che gli hanno già più volte ripetuto che non gli voteranno la fiducia, continua a lanciare proposte. Strategia kamikaze, appunto. Intanto, sogna il dream team da portare al governo: un esecutivo del cambiamento. I nomi si rincorrono. Arrivano tutti dalla società civile. Indiscrezioni e smentite. "Brekking news: il commissario Rex indeciso per il ministero cinofilo". E così via.


"Consultazioni odierne: Trio Lescano e Capitan Findus". Su Twitter boom di prese in giro. E spopola l'hashtag #parlaconbersani





Tag: 

pier luigi bersani
consultazioni
twitter
governo
partiti




Andrea Indini


La rappresentanza del Pd guidata da Pier Luigi Bersani
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 25, 2013 11:52

Berlusconi detta le sue condizioni: "Bersani premier con Alfano vice"

Finora ha occupato tutte le poltrone che poteva occupare, ma se Pier Luigi Bersani vuole formare un governo stabile, capace di mettere in cantiere le riforme per il bene del Paese, deve accettare le condizioni del centrodestra. Silvio Berlusconi lo sa ed è pronto a dettare la sua linea: "Noi diremo a questi signori che ci sediamo al tavolo solo se si parla di un governo insieme". Da qui le due condizioni per raggiungere un accordo che soddisfi entrambe le coalizioni: la vice presidenza del Consiglio ad Angelino Alfano e lo scranno del Quirinale a un esponente moderato. Proposte che il segretario piddì ha ricevuto e subito cestinato: "Bisogna che si facciano discorsi seri...". Viene, quindi, da chiedersi cos'abbiano di poco serio le condizioni del Cavaliere? È, forse, poco serio dare spazio a quel centrodestra che ha ricevuto una manciata di voti in meno rispetto a quella sinistra che vuole governare a tutti i costi? Quello per nulla serio sembra, piuttosto, Bersani che, dopo aver strappato un incarico all'uomo del Colle, punta a portare a casa la fiducia coni voti del Pdl escludendo Berlusconi dall'esecutivo.


Questa mattina, a Montecitorio, Berlusconi e Alfano hanno incontrato i parlamentari del Pdl per fare il punto dopo il pre-incarico affidato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al segretario del Pd. Come già successo per le consultazioni al Quirinale, il Pdl e la Lega Nord si presenteranno insieme anche a quelle che sta svolgendo Bersani. Non ci andrà, invece, il Cavaliere che oggi ha dettato le proprie condizioni per votare la fiducia. Fino ad ora, la sinistra ha sempre cercato di marginalizzare il centrodestra nonostante alle ultime elezioni abbia preso un terzo dei voti e sia la seconda forza politica che siede in parlamento. Dopo essersi portato a casa le presidenze delle Camere piazzando un esponente del Sel (Laura Boldrini) e uno del Pd (Pietro Grasso), ha provato a trattare con il Movimento 5 Stelle per neutralizzare il Pdl e la Lega Nord. Ma dopo il due di picche calato da Beppe Grillo, Bersani deve scendere ai patti con i moderati oppure gettare la spugna e rimettere l'incarico nelle mani di Napolitano. E Berlusconi è pronto a far leva proprio su questo: il centrodestra è disposto a sedersi al tavolo con i democrat solo se questi sono disposti ad aprire alle larghe intese. D'altra parte è stato lo stesso capo dello Stato a lanciare un avvertimento chiaro a Bersani invitandolo a pensare al bene del Paese.


Il Cavaliere punta alla vice presidenza del Consiglio. Se Bersani vuole raggiungere Palazzo Chigi, deve proporre Alfano come vicepremier. Solo in questo modo, la sinistra garantirebbe "la partecipazione normale delle forze espresse dagli elettori". Il leader del Pdl sarebbe anche disposto a discutere il prossimo capo dello Stato che dovrà essere nominato fra poche settimane. "Non deve esserci l’occupazione di tutte le istituzioni da parte della sinistra - ha spiegato Berlusconi - al Colle deve andare un moderato". Dopo la manifestazione di sabato a piazza del Popolo, il Cavaliere è seriamente intenzionato a dare battaglia alla sinistra in modo da non permetterle di rovinare il Paese dopo che i tecnici lo hanno seriamente impoverito. Le proposte avanzate oggi vanno proprio in questa direzione e sono sacrosante. Tuttavia, dopo aver consultato qualsiasi tipo di categoria esistente in Italia, Bersani ha rispedito al mittente entrambe le condizioni avanzate dal leader del Pdl. "Bisogna che facciamo discorsi seri... - ha replicato il leader del Pd - non si può al mattino annunciare la guerra mondiale e al pomeriggio proporre degli abbracci". Così, non solo non ha intenzione di mettere Alfano alla vicepresidenza del Consiglio, ma non vuole nemmeno discutere sul successore di Napolitano. Spera in un miracolo. Spera che qualcuno lo cavi dall'impiccio. E intanto il tempo passa. Prima di giovedì prossimo non riferirà al capo dello Stato. Nel frattempo il Paese guarda attonito questo triste balletto che ci mette ulteriormente in difficoltà.


Per appoggiare il governo Bersani, Berlusconi vuole Alfano vicepremier e il Colle a un moderato. Il leader pd non ci sta: "Non è serio". Il Cav non va alle consultazioni





Tag: 

Silvio Berlusconi
Angelino Alfano
pier luigi bersani
vice premier
governo




Andrea Indini


Silvio Berlusconi e il segretario del Pdl Angelino Alfano in piazza del Popolo
Berlusconi a Bersani: "Governo col Pdl o si vota"Il Cav: il premier incaricato non controlla il suo partitoBerlusconi: trovare accordo con il PdSinistra al Quirinale? Bloccheremo le camere
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 25, 2013 10:29

March 24, 2013

L'Annunziata insulta il Pdl ma se la cava con le scuse

Se la cava con delle semplici scuse. Tutto qua. Una frasetta di circostanza e Lucia Annunziata è convinta di aver chiuso il capitolo. Così, impunemente, disprezza il popolo del centrodestra, dieci milioni di italiani che alle ultime elezioni hanno votato il Pdl, dandogli dell'impresentibile, senza che la Rai abbia mosso un dito. Nemmeno un buffetto. Solo una sgridata di circostanza, del tipo "Questo non si dice, questo non si fa". Poi oggi, in trasmissione, le scuse per metterci una pietra sopra. Fino al prossimo insulto. Perché l'intellighenzia rossa è abituata a insultare, puntare il dito e affibiare titoli al centrodestra. Presto, arriverà il solone di turno e la sparerà grossa, certo di peterlo fare senza incorrere in sanzioni o punizioni.


Di impresentabili, ieri pomeriggio, ce ne erano ben 300mila in piazza del Popolo. Trecentomila persone, orgogliose di essere impresentabili, sono scese in piazza per sostenere Silvio Berlusconi, difendere le proprie idee e chiedere nuove elezioni. Per un pomeriggio piazza del Popolo si è tinta di azzurro. Ovunque, bandiere dell’Italia e del Pdl, qua e là anche qualcuna di Forza Italia. In molti hanno innalzato una grande mano di cartone con su scritto "Giù le mani da Berlusconi". Un ragazzo ha mostrato il manifesto: "Noi per una volta impresentabili, voi da sempre poveri comunisti miserabili". Non è l'unico. Tra i 300mila militanti e supporter azzurri sono molti quelli che hanno mostrato il cartello "Orgogliosamente impresentabili" e hanno scandito slogan contro l'Annunziata. Il popolo del Pdl non ha certo dimenticato l'accesa discussione con Angelino Alfano, ospite negli studi di In mezz'ora, sulla corsa per il Quirinale. "Perché mai i moderati non possono avere un presidente della Repubblica?", aveva chiesto il segretario del Pdl. Secca la risposta della direttrice dell'Huffington Post: "Forse perché voi siete impresentabili". Uno insulto che non offende solo il Pdl, ma che va a colpire milioni di italiani che hanno votato il centrodestra. "Come si permette di definire noi impresentabili? - aveva ribattuto l'ex Guardasigilli - da quale titolarità di cattedra etica dà degli impresentabili a chi prende i voti di milioni di italiani". Ma la giornalista, anziché scusarsi, aveva continuato a insultare.


A distanza di una settimana l'Annunziata ha deciso di fare un mezzo passo indietro. Dopo che il direttore della Rai Luigi Gubitosi l'ha bacchettata, la direttrice dell'Huffington Post ha finalmente ammesso di "aver sbagliato a utilizzare un termine così forte". Però, poi, si affretta a correggere il tiro: "D’altra parte, rimane mia opinione, come ho detto anche la scorsa settimana, che manifestare contro i giudici sia un attacco alle istituzioni". Insomma, dopo aver offeso milioni di italiani, liquida gli insulti senza fare autocritica. Del resto, come spiega Maurizio Gasparri, "la portavoce rossa si è sentita incoraggiata dalla pavidità dei vertici Rai che si sono limitati per opportunismo e assenza di coraggio a blande osservazioni". "Il servizio pubblico resta di fatto uno scendiletto della sinistra", ha insistito il vice presidente del Pdl a Palazzo Madama chiamando i vertici di viale Mazzini a rispondere dei compensi della Annunziata e dello stretto legame con una certa ala politica. "Dai vertici alla Annunziata - ha concluso Gasparri - la Rai è in palese conflitto di interesse per la subalternità alla sinistra".


L'Annunziata aveva insultato il Pdl definendolo "impresentabile". Oggi si scusa ma ribadisce: "Ho usato un termine forte". Il Pdl: "Intervengano i vertici della Rai"





Tag: 

lucia annunziata
impresentabili
Pdl
centrodestra
Angelino Alfano




Andrea Indini



Il disprezzo dell'Annunziata per il Pdl: "Impresentabili"La Rai sgrida l'Annunziata ma niente provvedimentiQuando l'Annunziata lanciava sampietrini in piazzaAnnunziata insulta il Pdl
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 24, 2013 09:34

In arrivo la stangata del Fisco Ma Bersani pensa a tutt'altro

Quali siano le priorità della coalizione guidata da Pier Luigi Bersani e del Movimento 5 Stelle è apparso chiaro già all'indomani delle elezioni. La sinistra ha in mente di tutto. Dal ddl sull'inelegigibilità per far fuori Silvio Berlusconi alla commissione d'inchiesta per fermare i lavori dell'alta velocità in Val Susa, dal pacchetto sui diritti (cittadinanza agli immigrati e unioni civili) all'abolizione dei rimborsi ai partiti. Tutto tranne che tagliare le tasse.


Mentre Bersani si affanna ad occupare tutte le poltrone possibili in attesa di schiantarsi con un governo che difficilmente riuscirà a formare, i contribuenti italiani guardano timorosi l'avvicinarsi dell'estate e di una serie di scadenze fisccali che rischiano di mettere in ginocchio non poche famiglie, già indebolite dalla recessione economica e dai ssacrifici chiesti l'anno scorso dal governo Monti. Secondo un calcolo fatto dai segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, tra giugno e luglio si rischia una stangata di circa 31,8 miliardi di euro: 11,6 miliardi arriverebbero dall'acconto dell'Imu, 14,4 miliardi dal saldo sull'Irpef, 4 miliardi acconto Tares e 1,8 miliardi dalla tranche dell’aumento dell’Iva. Proprio per questo i sindacati chiedono al futuro governo di spalmare (almeno) il pagamento della Tares, affinché "non pesi eccessivamente sui bilanci della famiglie e delle aziende". E sono proprio le aziende a rischiare il salasso peggiore. Nei mesi estivi i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori saranno, infatti, costretti ad affrontare un vero e proprio stress test fiscale e contributivo. Come ha ricordato ieri la Cgia di Mestre, le scadenze saranno numerosissime. Si va dai versamenti Inps alla tassa annuale di iscrizione alla Camera di Commercio, dal pagamento della prima rata dell’imposta sulla casa e alla Tares. E ancora: l’autoliquidazione Irpef, che prevede il saldo 2012 e l’acconto 2013. Tasse, imposte e balzelli che peseranno sulle tasche di contribuenti fino a 25.700 euro circa. Per segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, il nuovo governo dovrà assolutamente evitare che dal primo luglio aumenti l’aliquota dell'Iva: "Se ciò non avverrà, i consumi subiranno un’ulteriore contrazione, penalizzando proprio le piccolissime imprese che vivono quasi esclusivamente della domanda interna". Anche il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha chiesto di "cestinare" l'aumento dell'Iva: "Al centro dell’economia reale devono essere messe le piccole e medie imprese".


L'Italia soffre sotto il peso soffocante delle tasse. Ma Bersani che, dopo aver ricevuto l'incarico da Giorgio Napolitano, si appresta a governare con Nichi Vendola sembra essere sordo al grido d'allarme. Negli otto punti programmatici buttati giù dal leader piddì c'è un velato accenno alla redistribuzione dell'Imu, ma di abbassare la pressione fiscale, che con Mario Monti è arrivata alle stelle, non v'è traccia. Ieri pomeriggio, dal palco di piazza del Popolo, Berlusconi ha annunciato che nei prossimi giorni saranno depositate alle Camere le prime quattro proposte del Pdl per "l'assunzione dei disoccupati, il pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e la restituzione di quanto pagato nel 2012". "Gli altri chiacchierano, mentre noi lavoriamo per il grande cambiamento", ha spiegato il Cavaliere dopo che, in settimana, aveva teso la mano a Bersani proponendogli di lavorare insieme su quei punti in comune al fine di risollevare l'economia del Paese e dare respiro ai contribuenti strozzati dal Fisco. Il segretario democrat ha risposto picche ed è tornato alla carica con i grillini promettendo loro che, quanto prima, presenterà un ddl per rendere ineleggibile il Cavaliere.


Iva, Tares e Irpef: arriva il salasso delle tasse. Il Pdl presenta quattro proposte su Imu e Fisco. La sinistra pensa ad altro: Bersani al ddl ineleggibilità, i grillini a chiudere la Tav





Tag: 

tasse
pressione fiscale
Imu
iva
pier luigi bersani
Silvio Berlusconi
m5s




Andrea Indini


La pagina del modello F24 alla voce Imu
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 24, 2013 02:59

March 23, 2013

Un governo senza numeri: i "fantaministri" di Bersani

Adesso che Pier Luigi Bersani è riuscito a convincere il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a farsi dare l’incarico, gli tocca persuadere anche le forze politiche che siedono in parlamento e che gli dovranno votare la fiducia. Una missione pressoché impossibile. Un sadico suicidio politico che rischia di indebolire l'intero Paese. Per quanto "determinato", il leader piddì sa che il sentiero, per trovare i "numeri certi" che il Quirinale chiede entro metà della prossima settimana, resta strettissimo. Ma il premier incaricato non dispera e avvia le consultazioni, prima con le parti sociali e da lunedì con tutti i partiti, per convincere sui programmi e sui nomi di un improbabile esecutivo che serve "un governo del cambiamento".


Mentre i notabili di via del Nazareno sono in fermento, Bersani scrive, cancella e riscrive i nomi dei possibili ministri che andranno a formare il governo. "Proporrò un governo sobrio, innovativo e aperto", ha spiegato assicurando la squadra, una sorta di "governo civico", sarà formata da quindici ministri anziché diciotto come il governo Monti. Nelle ultime ore i nomi che si rincorrono vengono smentiti senza troppa convinzione o confermati con un assenso sibillino. Per il momento non c'è niente di certo. L'unica certezza è che Bersani non ha i numeri per sopravvivere a Palazzo Madama: ha rifiutato la grande coalizione con il centrodestra per corteggiare il Movimento 5 Stelle che gli ha platealmente voltato le spalle. Quindi, ragionare sui nomi da mettere a questo o a quel ministero risulta un puro esercizio di politica che poco serve a risolvere le criticità del Paese. Tuttavia, il Pd si arrovella sulla squadra: punta a compiacere, a conquistare, a camuffare quello che, come la metti o la giri, sarà un governo di sinistra. E così, secondo fonti di via del Nazareno sentite da Repubblica, in pole position per il governo Bersani ci sarebbero l'inventore di Eataly Oscar Farinetti, l'autrice di Report Milena Gabanelli, l'ex direttore di Confindustria Giampaolo Galli e, per calamitare i voti grillini, il giurista Stefano Rodotà. Dopo aver portato a casa le presidenze delle Camere piazzando due volti della sinistra italiana, Bersani spera di bissare con il governo. In questo scenario è centrale la figura da mettere al ministero dell'Economia: i nomi in lizza sarebbero il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomani e il capo economista e vicesegretario generale dell’Ocse Pier Carlo Padoan. A Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, potrebbe andare il ministero della Giustizia o, tuttalpiù, alle Riforme.


Secondo un'indicrezione riportata dal Corriere della Sera, Bersani sarebbe orientato a riconfermare alcune figure tecniche del precedente governo. In primis, il premier uscente Mario Monti che il leader piddì vedrebbe bene alla Farnesina. "Il ruolo del premier uscente è ancora del tutto incerto - spiega il Corsera - anche perché il Professore potrebbe decidere di tenersi sganciato dall’esecutivo in vista della partita del Quirinale". Annamaria Cancellieri, invece, rimarrebbe al Viminale. Ma le voci e i rumors si rincorrono. E così sono stati fatti anche i nomi del patron della Brembo Alberto Bombassei, dell'ex presidente del Fai Ilaria Borletti Buitoni (alla Cultura), della filosofa Michela Marzano (alle Pari opportunità) e dell'ex direttore della Normale Salvatore Settis.


"Non c'è un solo minuto da perdere", continua a ripetere Bersani facendo, tuttavia, sapere che è seriamente intenzionato a prendersi tutto "il tempo necessario" ad affrontare quella che è una situazione davvero difficile. Il timore (giustamente risposto) è che il metodo usato per portare Pietro Grasso e Laura Boldrini ai vertici delle Camere possa fallire. L'occupazione totale delle alte cariche dello Stato potrebbe, infatti, non riuscirgli e la strada verso Palazzo Chigi risultare sbarrata. Nel giro di pochi giorni Bersani dovrà far sapere a Napolitano e agli italiani cosa ne sarà di un governo che non riesce a nascere. Viene, tuttavia, da chiedersi cos'abbia in mente il leader della coalizione di sinistra. La'unica certezza sta nelle parole pronunciate dallo stesso Bersani qualche giorno fa: "Non ho piani B, ma neanche un piano A".


Nei giorni scorsi Bersani diceva sconsolato: "Non ho piani B, ma neanche un piano A". Adesso prova a formare un governo con volti esterni: ecco i nomi in lizza per il toto ministri





Tag: 

pier luigi bersani
toto ministri
governo
milena gabanelli
Mario Monti




Andrea Indini



Da Napolitano al leader Pd un incarico condizionatoBersani s'infila nella trappola e va a mendicare votiLo dicono i numeri: senza Cav non può farcelaLa paralisi di una nazione senza Stato
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 23, 2013 02:12

March 22, 2013

Governo, Napolitano dà l'incarico a Bersani

Adesso è tutto nelle mani di Pier Luigi Bersani: formare l'esecutivo, convincere tutte le forze politiche e riuscire a governare con uno straccio di maggioranza. Mentre il parlamento resta spezzato in tre tronconi monolitici, che non si parlano o si parlano appena, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prova a sbloccare lo stallo che è venuto a crearsi con le elezioni e dà al leader piddì l'incarico di "verificare un sostegno parlamentare certo a un governo che abbia la fiducia delle Camere". Insomma, una missione impossibile che rischia di trasformarsi nel suicidio politico di Bersani. E, proprio come in ogni missione impossibile che si rispetti si autodistruggono i messaggi, così nelle mani del segretario Pd si autodistruggerà il mandato.


"Si apre oggi una fase decisiva per dare all’Italia un nuovo governo sulla base dei risultati elettorali". Napolitano ha investito, senza troppe convinzioni, Bersani di un incarico che, sin da ora, sa già che non troverà l'appoggio del parlamento. D'altra parte sono stati gli stessi leader delle principali forze politiche che siedono alle Camere a dire al capo dello Stato che, mai e poi mai, appoggeranno un governo Bersani. Eppure il leader del Pd ha insistito. Anche ieri sera, a chiudere il giro di consultazioni, ha ribadito che era nei suoi diritti di "vincitore" delle politiche di provare a mettere in piedi un abbozzo di esecutivo. Così, dopo essersi accaparrato le presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama, adesso il segretario democrat punt a tutta velocità allo scranno di Palazzo Chgi. E, sebbene sappia che la missione è impossibile, Napolitano ha deciso di dargli una chance e, lasciandogli il cerino in mano, di farlo andare allo sbaraglio. "L’incarico che sto per dare - ha avvertito l'inquilino del Quirinale - è il primo passo di un cammino per il raggiungimento dell’obiettivo che deve portare al più presto alla nascita di un esecutivo per una normale e piena attività legislativa".


Nei giorni scorsi Napolitano, il cui settennato terminerà fra poche settimane, aveva avviato i lavori auspicando un sussulto di responsabilità a dare un governo al Paese. "Fare presto" era la sua parola d’ordine. Ma, quando ieri sera è uscito dallo Studio alla Vetrata, al Quirinale, si è visto costretto a prendersi una "pausa di riflessione che è finita solo oggi pomeriggio quando ha deciso di convocare il leader piddì. Del resto se lo era sentito dire esplicitamente: Bersani aveva chiesto per sé l’incarico di formare l'esecutivo avendo vinto (per una manciata di voti) le politiche. La stessa pretesa che aveva avanzato Beppe Grillo rivendicando, a sua volta, il successo. Solo il centrodestra aveva dimostrato un'apertura al dialogo per il bene del Paese: Silvio Berlusconi era, infatti, disposto a formare un governo di larghe intese. Tuttavia, il netto "no" della delegazione democratica ha obbligato un Napolitano dispiaciuto e dal volto cupo a desistere dalla grande coalizione e a far uscire il Paese da un'impasse dannosa per il Paese. Ragion per cui Napolitano si è chiuso nel suo studio, a compulsare i precedenti ed a rivedere gli appunti presi meticolosamente in questi ultimi due giorni. "Cercherò di corrispondere l’incarico nel solco delle parole di Napolitano e cioè l’avvio di una legislatura che abbia un governo in condizioni di generare il cambiamento necessario", ha spiegando affidando a Bersani l'incarico di trovare un governo capace di camminare con le proprie gambe. All’Italia serve, infatti, un esecutivo che operi nella pienezza dei suoi poteri per assicurare lo svolgimento dei lavori parlamentari e, soprattutto, portare a termine quelle riforme avviate dal governo Monti. Proprio per questo, per affrontare questa fase delicata per il Paese, il capo dello Stato ha auspicato un "forte spirito di coesione nazionale al di là della normale dialettica politica".


Adesso la palla passa a Bersani che è intenzionato a prendersi tutto il tempo necessario per mettere insieme un esecutivo capace a convincere il parlamento o, comunque, a portare a casa una maggioranza. Dovrebbe iniziare le consultazioni già domani pomeriggio incontrando partiti e forze sociali nella sala del Cavaliere di Montecitorio. "Incontrerò le forze parlamentari e politiche con idee chiare, poche parole e intenzioni precise su percorsi di riforma - ha spiegato dopo aver ricevuto l'incarico dal Colle - ci andrò con le mie idee". La strada è tutta in salita. E Bersani lo sa fin troppo bene.


Il capo dello Stato dà al segretario piddì l'incarico di verificare se esiste una maggioranza certa: "Ha le condizioni più favorevoli per fomare il governo". Bersani dovrebbe iniziare le consultazioni domani pomeriggio e promette: "Svolgerò l'incarico con determinazione"





Tag: 

governo
mandato esplorativo
Giorgio Napolitano
Silvio Berlusconi
pier luigi bersani
beppe grillo




Andrea Indini



Berlusconi a Bersani: "Senza Pdl, non c'è maggioranza"Bersani non molla: ora rischia l'incarico trappolaGoverno, Napolitano dà l'incarico a BersaniNapolitano: "Malessere diffuso emerso dal voto"Bersani: "Svolgerò l'incarico con determinazione"
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 22, 2013 14:26

Si mobilitano i No Tav, Grasso avvisa il M5S: "Visita, non ispezione"

Domani i neo parlamentari del Movimento 5 Stelle parteciperanno alla manifestazione in Valsusa. Prima, però, i pentastellati apriranno le porte del cantiere di Chiomonte anche ai No Tav. In palese imbarazzo entrambi i presidenti delle Camere che, in serata, hanno cercato di tamponare lo strappo dei grillini evitando un precedente che mina la democrazia. Pietro Grasso si è, infatti, augurato che quella che faranno domani i parlamentari al cantiere dell'alta velocità, "lungi dal costituire un'ispezione in senso tecnico", abbia "il significato di una normale visita". In realtà, la presenza di senatori e deputati al fianco di antagonisti ed esponenti dei centri sociali getta un'ombra sul parlamento.


Domani è il giorno della marcia No Tav tra Susa e Bussoleno, a cui sono attesi migliaia di partecipanti e non solo dalla Valsusa. Diciotto i pullman previsti, in arrivo persino dalla Sicilia, per la marcia che avrà inizio alle 14 a Susa. Obiettivo dichiarato doppiare il successo dell’analoga marcia dell’anno scorso che portò in valle 20mila persone. Oggi pomeriggio i parlamentari a Cinque Stelle hanno già raggiunto la Val di Susa. Lasciati i palazzi romani, una cinquantina di neo eletti grillini hanno preso il treno per poter partecipare, domani alle 14, alla manifestazione No Tav. Prima faranno una sopralluogo al cantiere. Insieme ai parlamentari ci sarà il capogruppo a Palazzo Madama Vito Crimi, ma non la presidente dei deputati Roberta Lombardi. È confermato che il grande assente sarà Beppe Grillo: viene infatti spiegato da ambienti a lui vicini che non è prevista la presenza del comico genovese.


Il presidente del Senato si è affrettato a scrivere al grillino Crimi e alla Sel Loredana De Petris e ad assicurare che si tratta di una visita consentita dai responsabili del cantiere e, quindi, soggetta alle basilari norme di sicurezza, come già avvenuto per la visita di alcuni componenti del parlamento europeo. È vero che il cantiere è sito di interesse strategico nazionale, ma tale definizione, ha spiegato Grasso nella sua missiva, non consente di equipararlo ad una carcere. Anche a presidente della Camera Laura Boldrini ci ha tenuto a sottolineare che la visita non può essere "ispettiva". In mezzo alla delegazione grillina saranno presente anche la senatrice piddì Laura Puppato e il Sel di Nichi Vendola. E, sebbene la Puppato ci tenga a ostentare sicurezza e tranquillità, il Partito democratico non nasconde che l'iniziativa alza senza dubbio il livello (già alto) della tensione. È polemica sul fatto che il M5S abbia proposto tra i propri accompagnatori, in qualità di esperti, il leader dei No TavAlberto Perino, l’attivista Luca Abbà e Lele Rizzo, personaggio di punta del centro sociale Askatasuna di Torino. Far entrare nel cantiere sotto un "ombrello" istituzionale persone che hanno giustificato se non partecipato ad attacchi al cantiere, è una provocazione nei confronti delle forze dell’ordine. "Preoccupa l'incapacità delle componenti pacifiche del movimento No Tav, anche di quelle che hanno scelto la strada dell’ingresso nelle istituzioni per via parlamentare - fanno sapere i vertici del Pd - di mantenere una loro autonomia rispetto alle frange più estreme".


Grillini e Sel a braccetto con gli antagonisti: domani visita al cantiere di Chiomonte e manifestazione in Val Susa





Tag: 

val susa
m5s
sel
no tav
Pietro Grasso
laura boldrini
ispezione




Andrea Indini


Beppe Grillo durante il corteo No Tav a Chiomonte
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 22, 2013 12:05

March 20, 2013

Altro che lotte anti casta: i Cinque Stelle pizzicati alla buvette della Camera

Una foto imbarazza i grillini. Non hanno fatto a tempo a insediarsi in parlamento che già sembrano aver preso le abitudini di quella casta tanto odiata e tanto bistrattata in campagna elettorale. A pizzicarli con le mani nella marmellata è stato il settimanale Chi che nel numero in edicola ha pubblicato uno scatto che la dice lunga sul Movimento 5 Stelle: seduti alla buvette di Palazzo Madama, i neo eletti mangiano e bevono sorridenti. Niente di male, va detto subito. Un tantino dissonante rispetto alla caccia alle streghe condotta da Beppe Grillo contro i politici "attovagliati" alla buvette del parlamento. E pensare che solo qualche giorno prima i pentastellati si erano affrettati a pubblicare in rete lo scontrino della cena elettorale.


Cibi prelibati, guanti bianchi e servizio di porcellana. I Cinque Stelle entrano - a diritto - nell'impero della casta. La foto pubblicata da Chi la dice lunga: nel giro di pochi giorni, i seguaci del comico genovese sono passati dalla cena da 1.800 euro al Bar del Fico a Roma per festeggiare l'approdo in parlamento alla buvette di Palazzo Madama per battezzare le prime sedute alle Camere, dallo stile casual alla giacca e cravatta, dalla casta all'anti casta. Un trasformismo tanto veloce quanto imprevisto. Va da sé che anche ai grillini piace pagare di meno e mangiare bene. "In quel ristorante di lusso la quota a carico del deputato è di 15 euro e il resto del conto, probabilmente 80-90 euro, è a carico dei contribuenti", ha chiarito il deputato Adriano Zaccagnini che ammette di essere stato alla buvette già tre volte. "Ammetto il mio errore e sono pronto a restituire la parte eccedente del conto, che non ho pagato - ha continuato l'onorevole pentastellato - pensavo che in quel ristorante si risparmiasse in confronto a un locale del centro di Roma". Così, mentre i grillini predicano bene e razzolano male, ecco la neo presidente della Camera Laura Boldrini bagnar loro il naso presentandosi, a sorpresa, alla mensa del personale di Montecitorio. Un self service come se ne trovano tanti nei posti di lavoro. Nello stupore dei presenti, la Boldrini si è presa vassoio, posate, pane e bicchiere e si è messa ordinatamente in fila per ricevere il primo e il secondo. Quindi, è passata alla cassa a pagare. Insieme a lei altre tre persone, tra le quali (pare) il portavoce Roberto Natale.


La mensa dei dipendenti è aperta a tutti, parlamentari e giornalisti accreditati compresi. Ma è molto raro incontrarci anche i deputati. Insomma, il pranzo della Boldrini è un evento più che straordinario. Adesso si vedrà se quella della terza carica dello Stato è una buona abitudine oppure una trovata pubblicitaria che le ha fatto guadagnare il plauso dei giornali progressisti. Tanto che sui social network è partita la campagna contro i Cinque Stelle. "Boldrini/Grillini 1-0 - recita una vignetta che impazza su Facebook - il presidente alla mensa dei dipendenti, i deputati grillini al ristorante della Camera". D'altra parte anche sul taglio dello stipendio la Boldrini, insieme al presidente del Senato Pietro Grasso, ha bagnato il naso riducendosi il salario del 30%. Peccato che, nelle stesse ore, la neo presidente della Camera si è affrettata a "ripescare" Natale che, non essendo riuscito a entrare in parlamento, è stato prontamenteinvestito della carica  di portavoce.


Che fine hanno fatto i grillini che si stracciavano le vesti per denunciare la casta che mangia alla buvette? Eccoli pizzicati da Chi attovagliati al ristorante della Camera





Tag: 

grillini
m5s
buvette
mensa
casta
sprechi
laura boldrini
stipendio




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 20, 2013 10:37

Ecco la democrazia dei 5 Stelle: neo eletti allergici alle domande e spin doctor in silenzio stampa

Chiunque avesse sperato in un rasserenamento nei rapporti tra i Cinque Stelle e i media, si ritrova sbattuto in faccia il comunicato firmato da Daniele Martinelli e Claudio Messora, consulenti per la comunicazione dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle, che annunciano il silenzio stampa dei pentastellati. Nulla di cui stupirsi. I "vaffa" di Beppe Grillo ai giornalisti, il bluff dell'intervista a Sky Tg24 e la cattiva abitudine a parlare senza mai rispondere alle domande sono state cattive avvisaglie di un movimento che predica la democrazia ma che fatica a confrontarsi con il popolo italiano.


Che si arrivasse al silenzio stampa, era nell'aria. Già ieri lo strappo della capogruppo alla Camera Roberta Lombardi aveva dell'incredibile. La grillina aveva indetto una conferenza convocandola direttamente dal blog del comico genovese. I giornalisti erano accorsi nella sala stampa di Montecitorio per ascoltare, prendere appunti e, ovviamente, fare domande. Ma la partecipazione dei media è stata passiva. Perché la capogruppo dei Cinque Stelle, dopo aver ripetuto più volte che "i cittadini hanno fame di trasparenza", si è sottratta, insieme ai candidati del M5S all’ufficio di presidenza, alle domande dei cronisti. Finita la "comunicazione" si sono tutti alzati e la Lombardi "scortata" dai commessi di Montecitorio ha raggiunto la porta declinando con fermezza ogni tentativo di interloquire: "Grazie di essere venuti, arrivederci". Che la Lombardi fosse riottosa a rispondere alle domande dei media era chiaro si dalle sue prime "uscite" pubbliche quando, scocciata, replicava ai giornalisti che cercavano di far luce sulle sibilline posizioni del movimento. Risposte piccate, con un venato tono da maestrina che ripete, cercando di non perdere la calma, la lezione agli alunni che stentano a comprenderla. Risposto evasive che dicevano quel tanto che i vertici del movimento le avevano concesso di ripetere e che tagliava fuori il contenuto reale delle risposte. Insomma, dopo aver abolito il "politichese", i grillini hanno preferito le "non risposte". Perché dover girare attorno alla questione, cercando a fatica di infiocchettarla, quando potevano fare spallucce, alzarsi con un sorriso di circostanza e lasciare le conferenze stampa senza dare una spiegazione convincente?


Nonostante i filtri, i neo eletti si sono comunque ingarbugliati, vuoi con dichiarazioni contrastanti vuoi con le prime prove di voto. Insomma, è stato un vero e proprio flop. Così sono bastate due dichiarazioni quasi gemelle per dare il medesimo annuncio. Dopo il fuoco di fila di interviste a ridosso della loro nomina, Martinelli e Messora hanno deciso di chiudere i canali di comunicazione in aperta polemica con la stampa. "Sono stato nominato consulente di un gruppo parlamentare e vengo trattato da giornali e tv come un addetto stampa che fa da megafono al movimento", ha spiegato Martinelli assicurando che, in futuro, saranno gli stessi deputati pentastellati a parlare della propria attività politica. "Il mio compito è solo quello di ottimizzare la loro comunicazione - ha continuato - la mia comunicazione, è personale. Non è quella del movimento". Messora ha usato contenuti e toni analoghi per tracciare una netta linea di demarcazione con la stampa. "La macchina del fango è entrata subito in azione - ha tuonato dalla sua pagina Facebook - in mancanza di una ben precisa notizia di crimine da addebitare, sono passati alla diffamazione creativa". Poi la stoccata finale: "I giornalisti onesti dovrebbero iniziare una guerra di liberazione da questi pseudo-omuncoli che sputtanano tutta la categoria". Tanti giri di parole per dire che i consulenti per la comunicazione del M5S, voluti da Grillo e Casaleggio, si chiuderanno in silenzio stampa. "Se il Movimento Cinque Stelle non parla con nessuno (e d’ora in poi neppure io) - annuncia lo stesso consulente grillino per la comunicazione del gruppo al Senato - è solo colpa loro". Non si sa per quanto, non si sa in che termini.


Chiunque avesse sperato in un rasserenamento nei rapporti tra i Cinque Stelle e i media, si ritrova sbattuto in faccia il silenzio stampa dei pentastellati





Tag: 

claudio messora
martinelli
movimento 5 stelle
stampa




Andrea Indini

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 20, 2013 02:41

Andrea Indini's Blog

Andrea Indini
Andrea Indini isn't a Goodreads Author (yet), but they do have a blog, so here are some recent posts imported from their feed.
Follow Andrea Indini's blog with rss.