Andrea Indini's Blog, page 185
March 11, 2013
Il Pdl in tribunale contro l'assalto giudiziario al Cav
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Alfano accusa: "Emergenza democratica". I 150 parlamentari Pdl protestano al tribunale di Milano. Domani saliranno al Colle
Clarissa GiganteAndrea Indini
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Alfano accusa: "Emergenza democratica". I 150 parlamentari Pdl protestano al tribunale di Milano. Domani saliranno al Colle - a cura di Clarissa Gigante e Andrea Indini
Il Pdl in tribunale contro l'assalto giudiziario al Cav
March 10, 2013
Adesso Grillo minaccia i suoi: "Se votate la fiducia mi ritiro"
Pier Luigi Bersani ci prova e ci riprova. Domani, riunendo deputati e senatori, lancerà un appello a tutte le altre forze politiche per condividere le presidenze delle Camere e delle commissioni. Un modo, secondo il leader Pd, per stanare i grillini e cercare un canale di dialogo, al quale però non crede affatto Matteo Renzi, in generale scettico sulla riuscita del tentativo del Pd per un governo di minoranza. Beppe Grillo, però, non è affatto disposto ad aprire a un governo presieduto dal Pd: "Se il movimento vota la fiuducia mi ritiro dalla politica". E così, al termine di una riunione con tutti i neo eletti, i due capigruppo del M5S hanno ribadito che non scenderanno mai ad alleanze con i partiti ma accetteranno soltanto un governo a Cinque Stelle. Un governo senza premier dal momento che, allo stato attuale, i grillini non avrebbero ancora "vagliato" il nome del futuro inquilino di Palazzo Chigi.
Anche se incontri ufficiali e alla luce del sole tramite "ambasciatori" partiranno domani, contatti con gli altri partiti (Cinque Stelle esclusi) sono già in corso. Il presidente della Provincia di Trento, il montiano Lorenzo Dellai, conferma i rumors secondo i quali tra Pd e Scelta Civica si ragiona per l’assegnazione di una delle due presidente ad un esponente dell’area montiana. In realtà il vero obiettivo di Bersani è incalzare i grillini, invitandoli ad assumersi le proprie responsabilità a partire dai ruoli istituzionali per arrivare ad un possibile governo. È per questo che nel Pd ogni ipotesi è in campo e, come avverte un dirigente bersaniano, nessuno dei big democrat favoriti per le presidenze di Camera e Senato può dare nulla per scontato. "Mi ha contattato ieri un esponente di rilievo del Pd - racconta il capogruppo pro tempore del Movimento 5 Stelle Vito Crimi in un post su Facebook - per anticiparmi che lunedì terranno riunione congiunta dei gruppi da cui proporranno i loro nomi per le presidenze e nei successivi giorni incontreranno i gruppi per comunicarlo e confrontarsi". Il capogruppo pentastellato lancia un avvertimento a Bersani e, al tempo stesso, rassicura i suoi follower: "Tutto ciò che succederà lo saprete".
Fonti vicine al via del Nazareno fanno sapere che Bersani non intende farsi mettere all’angolo da pretendenti e capi-corrente. Proprio per questo avrebbe deciso che saranno i parlamentari (in larghissima parte suoi fedelissimi) a decidere quali ruoli e con chi sia meglio condividere responsabilità istituzionali. Chi non crede che questa strategia possa aiutare un futuro appoggio del Movimento 5 Stelle a un governo di scopo è Renzi, che ormai sembra aver rotto gli indugi rispetto a una linea di non belligeranza verso il leader piddì. "Non vorrei che lo scilipotismo - avverte il sindaco di Firenze - diventasse la caccia al grillino perchè lo abbiamo contestato quando lo facevano altri". Accuse che si rivelano fondate non appena i capigruppo grillini prendono la parola durante la conferenza stampa al termine del pomeriggio formativo con i neo eletti. "A Napolitano chiederemo un governo a Cinque Stelle", ha spiegato Crimi tornando a smentire possibilità di alleanze, anche solo sui presidenti delle Camere. "Non ci sono e non ci sono mai stati margini per alleanze con i partiti - ha aggiunto Roberta Lombardi - non faremo la stampella di nessuno".
Bersani affiderà agli ambasciatori l’incarico di trovare la quadra sui presidenti delle Camere. Ma Grillo avverte i suoi di non votare la fiducia
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Andrea Indini
March 7, 2013
Fini tiene ancora in vita il Fli e non vuole parlare di colpe perché il responsabile è lui
Da capolista del Fli alla Camera, piazzato in tutte le circoscrizioni del Paese, Gianfranco Fini è riuscito a raccattare 158mila voti, all'incirca lo 0,46% delle preferenze. Dopo una lunga "carriera" in parlamento, il presidente della Camera (ancora per poco) non riesce a entrare a Montecitorio. Non piò onorevole, il leader futurista - in passato delfino di Giorgio Almirante, guida e curatore fallimentare di Alleanza nazionale, quindi cofondatore e traditore del Pdl - si prenderà un periodo sabbatico. I sondaggi post elettorali danno il suo partito in caduta libera: si tratta di miseri decimali, ma il Fli sarebbe prossimo alla scomparsa. Eppure, dopo circa quattro ore di discussione, la direzione ha deciso di non sciogliere il partito. "È inutile dare la colpa a Tizio e Caio - ha commentato Fini - la responsabilità è mia".
L'ufficio stampa del Fli ci tiene a far sapere che computer, telefonini e televisioni della sede di via Poli funzionano regolarmente e che il contratto di leasing è ancora attivo. "Non c’è alcuna smobilitazione", assicurano. Eppure è arrivato il momento di tirare le somme: l'intera classe dirigente del partito sarà, infatti, azzerata al più presto. Nelle prossime settimane sarà avviato un ampio confronto che si concluderà con un'assemblea di fondazione per arrivare a nominare un nuovo gruppo dirigente. Che la colpa del risultato elettorale sia di questo o di quello, in un’analisi infinita, non lo vuole proprio sentire. D'altra parte Fini dovrebbe sapere che lo 0,46% arriva da una prolungata campagna elettorale in marcata chiave anti berlusconiana dopo aver voltato le spalle agli elettori del Pdl che gli avevano dato fiducia e dopo aver fatto precipitare un governo forte in una crisi che non gli ha permesso di attuare le riforme necessarie al Paese per uscire dalla crisi economica. Non solo. Fini dovrebbe anche sapere che lo scandalo della casa di Montecarlo e le mancate dimissioni, una volta che è emerso che dietro l'acquisto c'era il "cognato" Giancarlo Tulliani, ha inciso profondamente sulla sua credibilità. Per tutto questo non servono capri espiatori. E puntare il dito su questo o quell’errore organizzativo non basta a spiegare un risultato che è stato, alla fine, una catastrofe.
Nel corso della direzione del partito Fini avrebbe ribadito quale sia stato il suo impegno a cui, a suo dire, si sarebbe dedicato senza risparmiarsi mai. Ma coi suoi non si sarebbe nascosto dietro un dito. "Non sono un uomo per tutte le stagioni", avrebbe ribadito ricordando di non aver scelto per sé un posto sicuro a Palazzo Madama. "Ci ho messo la faccia - è il senso del ragionamento di Fini - con una candidatura che si sapeva più difficile a Montecitorio, dove il polo guidato da Monti si presentava con liste singole". Nell'intervento fatto in direzione, Fini non ha fatto nuove proposte ai suoi ma si è limitato a lanciare un messaggio per una seria riflessione: "Quale è il progetto politico con cui ripartire?". Progetto che deve, però, partire da un dato di fatto: il Fli è fuori dal parlamento e, se vuole sopravvivere, deve ripensarsi in tutto e per tutto. La crociata antiberlusconiana e il fallimentare appoggio a Mario Monti hanno fatto naufragare la barca. E adesso a Fini tocca capire dove vuole andare. Fabio Granata sembra avere le idee chiare: "Ci sarà un’assemblea di fondazione per un nuovo soggetto politico, Fli è finito".
Fini non vuole cercare capri espiatori per evitare di ammettere di aver sbagliato tutto. Il partito pronto ad azzerare i dirigenti. Granata: "Fonderemo un nuovo soggetto"
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Andrea Indini
Berlusconi attacca i giudici: "Persecuzione intollerabile"
Il Pdl ha già reagito compatto. Un fronte comune per arginare l'assalto giudiziario della magistratura che le sta provando tutte per far fuori dall'agone politico Silvio Berlusconi dopo che, alle ultime elezioni politiche, è riuscito a mettere i bastoni tra le ruote a Pier Luigi Bersani nella corsa verso Palazzo Chigi. La condanna a un anno di reclusione per il reato di concorso in rivelazione del segreto d’ufficio è la seconda in cinque mesi arrivata a carico dell’ex premier in processi al tribunale di Milano. Nelle prossime settimane ne sono attese altre due. "È davvero impossibile tollerare una simile persecuzione giudiziaria - ha tuonato il Cavaliere - dura da vent’anni e si ravviva ogni qual volta vi sono momenti particolarmente complessi nella vita politica del Paese".
Mentre il tribunale di Milano metteva a segno l'ennesimo attacco a Berlusconi, nella sede nazionale di via dell’Umiltà, il Pdl dava il via libera definitivo alla manifestazione del prossimo 23 marzo. L’appuntamento diventa, dunque, ufficiale: si terrà a Roma, in piazza del Popolo, dopo il diniego di piazza San Giovanni. Per l’occasione tornerà lo slogan "Forza, Italia!". L'instabilità politica, dovuta all'incapacità di Pier Luigi Bersani di formare un esecutivo in grado di governare stabilmente, e l'accanimento giudiziario, messo in atto da certe procure marcatamente anti berlusconiane, hanno spinto il Cavaliere a portare in piazza il popolo di centrodestra per protestare contro l’oppressione fiscale e contro ogni intimidazione giudiziaria. Basta, infatti, dare un'occhiata alla strategia di accerchiamento attuata dalla magistratura per capire che, dopo il voto, è partito un vero e proprio assalto al leader del Pdl. Il 26 ottobre 2012 Berlusconi è stato, infatti, condannato dalla prima sezione penale del tribunale di Milano a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto) per l’accusa di frode fiscale, nel processo su presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset. Oggi è, invece, arrivata quella nel processo sulla pubblicazione sul Giornale del 31 dicembre 2005 della telefonata tra l’ex segretario dei Ds Piero Fassino e l’allora numero uno di Unipol Giovanni Consorte ("Allora, abbiamo una banca!"), intercettata in piena scalata della compagnia bolognese su Bnl e non ancora trascritta agli atti dell’inchiesta che stava conducendo la procura di Milano. Berlusconi ha contestato apertamente la condanna di oggi denunciando "una persecuzione giudiziaria che dura da vent'anni e che si ravviva ogni qual volta vi sono momenti particolarmente complessi nella vita politica del Paese". Il Cavaliere è stato oggetto di svariati articoli di giornali e servizi televisivi in cui venivano divulgate fotografie, stralci di intercettazioni e notizie di indagini. Sebbene il materiale fosse sempre coperto da segreto e vigesse il divieto di pubblicazione, i media progressisti non si sono mai sottratti dal divulgarli. "Ho presentato decine di denuncie in merito e mai e poi mai si è arrivati ad un processo - ha raccontato l'ex premier - in un caso hanno addirittura smarrito il fascicolo con la mia denuncia".
Alle toghe di Milano poco importa se la condanna per il processo Unipol si prescriverà a metà settembre, dal momento che la persecuzione giudiziaria è solo all'inizio. Gli appuntamenti per azzoppare il Cavaliere non sono certo finiti. E i giudici si preparano ad affilare le baionette nel tentativo di dare il colpo di grazia. "Sono ben conscio che anche nei prossimi appuntamenti giudiziari non vi sarà spazio per le doverose assoluzioni che dovrebbero essere pronunciate nei miei confronti - ha spiegato Berlusconi - solo in Corte di Cassazione sarà possibile, come accaduto puntualmente ieri, ottenere giustizia". Le altre due sentenze sono quella sul Rubygate (attesa per il 18 marzo), nel quale le accuse rivolte all’ex premier sono di concussione e prostituzione minorile, e quella di appello sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv da parte del gruppo Mediaset (attesa per il 23 marzo). In questo procedimento, la procura generale di Milano ha già chiesto la conferma della condanna a quattro anni, mentre nel processo Ruby la requisitoria della procura terminerà domani con la richiesta che sarà formulata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.
Il Cav nella morsa della magistratura rossa: in cinque mesi due condanne. Nelle prossime settimane altre due sentenze. Berlusconi: "Intollerabile una simile persecuzione"
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Andrea Indini
March 6, 2013
S'infiamma la partita del Colle, Prodi assicura: "Non ci penso". Ma il Pd è già al lavoro per lui
Romano Prodi non è affatto preoccupato. Guarda il Quirinale da lontano, aspetta con pazienza il 15 aprile e conta nel buon lavoro degli sherpa democratico per raggiungere il Colle. Nel frattempo, mentre Pier Luigi Bersani e compagni brigano per riuscire a mettere insieme uno straccio di governo in grado di camminare sulle proprie gambe anche a Palazzo Madama, l'ex presidente del Consiglio si preoccupa dell'Africa e rilascia interviste a tutto spiano.
Il primo vero e proprio scoglio per la sinistra è l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Il voto del 15 aprile sarà uno spartiacque che inciderà pesantemente sulla tenuta alle Camere. Negli ultimi giorni lo stesso Silvio Berlusconi ha spiegato che, siccome ci sono tre minoranze e non una maggioranza, occorrerà rispettare il voto di tutti. "Nessuno pensi di fare da solo, dovremo batterci perchè questo principio venga rispettato", ha spiegato il Cavaliere agli eletti del Pdl. Anche durante la riunione di ieri sera più di un esponente del Pdl ha fatto il nome di Prodi quale possibile candidato del Pd per il Colle. Che il Professore sia uno dei volti più cari alla sinistra non è certo un mistero. Nelle ultime settimane l'ex premier è riapparso, come per magia, e Bersani se lo ritrova sempre tra i piedi: non solo è spuntato alla manifestazione di chiusura della campagna elettorale per Umberto Ambrosoli, ma appare anche in continuazione sulle pagine dei quotidiani a rilasciare interviste. Sebbene Prodi possa mettere d'accordo sia il leader piddì sia Massimo D'Alema, la casella del capo dello Stato potrebbe essere la merce di scambio per assicurare la governabilità al futuro esecutivo. Per questo i democrat guardano con interesse sia al Pdl sia al Movimento 5 Stelle. Il dialogo con i grillini appare ormai sempre più difficile anche dentro il partito di Nichi Vendola che pure si era candidato come pontiere e così c’è chi, guardando avanti, non esclude che una soluzione potrebbe consistere nell’eleggere prima il nuovo presidente della Repubblica, trovando un nome che possa piacere anche ai Cinque Stelle, e solo dopo formare il nuovo governo.
In area Pdl continua a circolare il nome di Gianni Letta, ma di ufficiale non c'è nulla. Si sa che i nomi che circolano prima dell'effettiva elezione vengono fatti solo per essere bruciati. Tuttavia, secondo fonti vicine al Partito democratico, sarebbero in molti in via Del Nazareno a sperare in un ritorno di Prodi alla politica italiana. "Non penso al Quirinale", ha assicurato il Professore in una intervista a Sky Tg24 sottolineando di avere "un programma di viaggi e conferenze all'estero molto nutrito". "E poi l'impegno africano è sempre più pesante - ha concluso - per ora penso solo a questo". Al posto suo, però, ci pensano i compagni del Pd.
Il voto del 15 sarà lo spartiacque per il futuro governo. Mentre Vendola fa da pontiere coi grillini, Berlusconi avverte Bersani: "Non pensi di fare da solo"
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pier luigi bersani
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Romano Prodi con Pierluigi Bersani
March 5, 2013
Grillo: "No al governo tecnico"
Un passo in avanti e, poi, subito uno indietro, per restare immobili. Se ieri aveva aperto alla possibilità di appoggiare un governo tecnico a patto che venissero lasciati fuori i partiti, oggi il capogruppo pro tempore al Senato Vito Crimi si affretta a ritornare su propri passi. "L’unica soluzione che proponiamo - corregge il tiro l’esponente grillino dopo la conferenza stampa di ieri - è un governo del Movimento 5 Stelle che attui subito e senza indugio i primi venti punti del programma e a seguire tutto il resto". Posizione confermata a stretto giro dallo stesso Beppe Grillo con un post di fuoco contro Tutto daccapo, insomma. E tanti saluti a Pier Luigi Bersani e a Giorgio Napolitano che, nelle ultime ore, si stanno arrabattando per riuscire a mettere in piedi uno straccio di governo che tenga all'urto dei parlamentari fedeli al comico genovese.
Il M5S non darà la fiducia a un governo tecnico. In un post sul blog, a cui fa seguito quello di Crimi, il guru pentastellato chiude la porta alle trattative con il capo dello Stato a cui lascia il cerino in mano. Toccherà a Napolitano decidere come muoversi. I Cinque Stelle staranno a guardare aspettando le mosse del titolare del Colle che, dopo il flop di Mario Monti a Palazzo Chigi, se ne guarda bene dal dare l'esecutivo in mano ai professori. "Non esistono governi tecnici in natura, ma solo governi politici sostenuti da maggioranze parlamentari", ha spiegato il leader del M5S ricordando che quello guidato da Monti è stato "il governo più politico del dopoguerra". "Nessuno prima aveva mai messo in discussione l’articolo 18 a difesa dei lavoratori - ha concluso Grillo - il presidente del Consiglio tecnico è un’enorme foglia di fico per non fare apparire le vere responsabilità di governo da parte di Pdl e Pd". Insomma, dopo la due giorni di formazione, la situazione è tornata al punto di partenza: Napolitano s'aggira col lanternino in cerca di una possibile governo, Bersani chiuso nel bunker di via del Nazareno non intende mollare un infarico fuffa e i grillini che si divertono a fare i diavoli a quattroipotecando, in questo modo, il futuro del Paese.
Nell'inetrvento di oggi Crimi ha chiesto ai giornalisti due giorni di tregua e ai militanti "un attimo di pazienza". Per tutti un invito non del tutto nuovo al campo della politica: "Lasciateci lavorare". Il neo capogruppo del M5S a Palazzo Madama si è affidato a Facebook per fare il punto della situazione. "In attesa di predisporre uno strumento per comunicare ufficialmente utilizzo questo", ha spiegato Crimi informando i giornalisti che, nei prossimi giorni, non risponderà ad alcuna domanda. "Le nostre parole di ieri in conferenza stampa sono state chiare e non lasciano dubbi". In realtà, di dubbi i grillini ne hanno lasciati parecchi. Dopo giorni di tira e molla, infatti, non è ancora del tutto chiaro se Grillo & Co. siano disposti o meno ad appoggiare un governo tecnico. Giusto ieri pomeriggio Crimi sembrava quasi aprire: "Vediamo, prima lo facciano, poi decideremo". E, comunque, la patata bollente passava nelle mani del presidente della Repubblica. "Spetta a lui decidere", spiegava Crimi che oggi ha corretto il tiro. Anche se non è disposto ad ammetterlo: "Abituatevi anche a chi dice 'sì' per dire 'sì', 'no' per dire 'no', senza interpretazioni". Dal canto suo il capogruppo al Senato continua a predicare "coerenza" e ad assicurare che il M5S terrà la barra dritta: "Il nostro unico senso di responsabilità è verso gli elettori che ci hanno dato mandato di attuare questa rivoluzione culturale che comunque è già in atto malgrado le resistenze di coloro che sono attaccati a poltrone e privilegi". Eppure il balletto sulla fiducia al governo tecnico non solo rischia di far infuriare il capo dello Stato, ma anche di mandare il Paese alle macerie.
Dopo la due giorni formativa per i neo eletti, Grillo chiude al governo tecnico. E il capogruppo Crimi rilancia: "La sola soluzione che proponiamo è un governo del M5S"
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Beppe Grillo e Vito Crimi durante la conferenza stampa del M5S
I grillini aprono ai tecnici: "Nessuna fiducia ai partiti"Al Parlamento come al realityBeppe Grillo agli eletti M5S: "Siamo tutti compatti"Vito Crimi: "Niente fiducia al governo dei partiti"
March 4, 2013
I grillini aprono al governo tecnico: "Nessuna fiducia ai partiti"
"Ora diamo la fiducia a Bersani". Beppe Grillo accoglie con una battuta e una pacca sulle spalle i neo parlamentari del Movimento 5 Stelle. Una parlamentare comprende il tono ironico e replica: "Sì, sì. Come no...?". Si inaugura con una beffa al segretario del Pd l'ultimo della due giorni formativa della pletora grillina che si appresta a "invadere" il parlamento. Una beffa che non sarà circoscritta all’Hotel Universo, ma che darà del filo da torcere ai democratici che le stanno tentando tutte per formare un governo capace di camminare con le proprie gambe. Basta leggere l'intervista rilasciata oggi al New York Times per capire che Grillo non caverà mai dagli impicci Pier Luigi Bersani: "È inammissibile assicurare la stabilità del governo". E basta ascoltare l'apertura/minaccia del capogruppo al Senato Vito Crimi per capire che il capo dello Stato Giorgio Napolitano non avrà vita facile: "Sarà il presidente della Repubblica a trovare il governo. Altro non c’è da dire".
All’indomani dell’aut aut lanciato da Bersani ("Grillo decida cosa vuole fare o si va tutti a casa"), il comico genovese riunisce i neo eletti a Cinque Stelle per fare il punto insieme al suo braccio destro Gianroberto Casaleggio. Dopo averli accolti, uno ad uno, sulla porta della sala dove si è svolta la riunione ed essersi complimentato con una stretta di mano e una pacca sulla spalla, il guru pentastellato ha dato le linee programmatiche da seguire alle Camere: "Noi andiamo avanti per la nostra strada". "Siamo tutti compatti e tutti d’accordo per andare sulla nostra strada e cambiare con le leggi che proporremo", ha spiegato Grillino mettendo in guardia i grillini dai media e dagli avversari politici: "Saremo assaliti, sono assatanati di qualsiasi cosa... non riescono a capire che vogliamo mandare avanti un progetto come quello del reddito di cittadinanza. Qui c’è un'atmosfera bella, con persone competenti e valide". Poche parole per lasciare spazio alla nomina dei capigruppo e, in secondo luogo, alla presentazione di ogni singolo parlamentare.
Sebbene l'incontro di oggi (a differenza della riunione blindatissima di ieri) fosse in diretta streaming, la nomina dei capigruppo è stata svolta lontana dalle telecamere: Roberta Lombardi sarà la presidente dei Cinque Stelle a Montecitorio, mentre Vito Crimi lo sarà a Palazzo Madama. I capigruppo dureranno in carica tre mesi, poi ne saranno nominati due nuovi. Svista o legittimazione "a posteriori" che sia, Grillo ha pubblicato su Twitter una fotografia per assicurare che "gli eletti hanno votato per alzata di mano i capigruppo e portavoce di Camera e Senato". Peccato che l’immagine non è dell’incontro di oggi all’Hotel Universo, ma della riunione di ieri al Saint John e che a immortalare i neoeletti non è stato un attivista del M5S bensì uno dei cronisti che si era imbucato ieri. Ad ogni modo, come spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, le nomine di oggi non hanno alcun valore giuridico dal momento che l'elezione dei capigruppo è disciplinata da un regolamento ben preciso diverso a seconda della Camera di riferimento.
"Non daremo la fiducia a un governo di partiti - ha spiegato Crimi - siamo pronti a fare il nostro dovere in Parlamento, l’ordine centrale della democrazia italiana". Dallo stop alla fuga dei cervelli al piano energetico nazionale, passando per l’impegno di arrivare dall’aeroporto di Roma al Senato in bicicletta: di politica e di programmi, in realtà, si è parlato davvero poco. Se per Crimi al primo posto l'eliminazione della sudditanza del parlamento nei confronti del governo, per la deputata Emanuela Corda c'è l'abolizione del finanziamento pubblico alle testate giornalistiche. Federica Daga, invece, si preoccuperà di torgliere i finanziamenti ai partiti. Insomma, ognuno di loro sembra andare avanti per la propria strada. tanto che proprio sul nodo "fiducia" è proprio Crimi ad aprire a un eventuale governo tecnico: "Non tocca a noi individuarlo, nel momento in cui ci fosse presentato lo valuteremo". Il Movimento 5 Stelle non darà la fiducia a un governo di partiti. "Il governo, lo individuerà il presidente Napolitano, spetta a lui e alle sue prerogative - ha concluso - noi non siamo la coalizione che dice di aver vinto le elezioni, non spetta a noi indicare la soluzione". Napolitano e Bersani sono avvisati.
Grillo riunisce i suoi all'Hotel Universo di Roma: "Andiamo per la nostra strada". Ma il capogruppo al Senato apre al governo tecnico: "Spetta a Napolitano formarlo"
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Beppe Grillo lascia la riunione dei neo eletti del M5S
Grillo: "Inammissibile assicurare la stabilità di governo"I politici da Carnevale ora rischiano il suicidioBeppe Grillo agli eletti M5S: "Siamo tutti compatti"Vito Crimi: "Niente fiducia al governo dei partiti"
March 1, 2013
Tutti pronti a fare il premier: Bersani rimane intrappolato nelle trame di Renzi
Pier Luigi Bersani è deciso ad andare fino in fondo. Non importa se non ha vinto le elezioni, non importa se a Palazzo Madama non ha alcuna maggioranza e non passa giorno che Beppe Grillo lo ridicolizzi pubblicamente spattendogli ripetutamente la porta in faccia, non importa se nel Partito democratico c'è una fila chilometrica di big, neofiti e sciacalli di ogni risma pronti a detronizzarlo ancor prima di essere salito a Palazzo Chigi. Così, proprio mentre Bersani si prepara a presentare al parlamento un piano in otto punti per poter governare, Matteo Renzi lo gela dicendosi disponibile a fare il presidente del Consiglio di una grande coalizione che va dal Movimento 5 Stelle a Silvio Berlusconi.
Chi entra ed esce dal quartier generale del Pd in via del Nazareno parla di un segretario scuro in volto. Lotta contro il tempo per dipanare il brogliaccio dentro al quale è caduto lunedì scorso quando si è ritrovato a capo di un governo che non ha maggioranza né alleati. Insomma, un flop ancor prima di cominciare. Per questo l'unica chance è elaborare un piano (marcatamente di sinistra) per riuscire a isolare il centrodestra e compattare una certa ala del paralmento. In una intervista fiume a Repubblica, Bersani ribadisce la contrarietà al governissimo e propone un "governo di cambiamento" da proporre mercoledì prossimo alla direzione del Pd e poi al capo dello Stato con otto punti qualificanti per chiedere in parlamento la fiducia a tutti i partiti. Il primo tema, spiega, è l’Europa. Il secondo tema è quello sociale: "Il disagio è troppo forte, i comuni devono poter aprire sportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese e introdurre sistemi universalistici negli ammortizzatori sociali". Il terzo tema è la democrazia: "Il nuovo governo, immeditameente, deve dimezzare il numero dei parlamentari, abbattere gli stipendi al livello di quelli dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti". Quindi, immancabile, l'inasprimento delle norme anti corruzione e la regolamentazione del conflitto di interessi. "Ciascuno di questi punti si tradurrà in uno specifico disegno di legge", assicura Bersani che punta anche a creare il ministero per lo Sviluppo sostenibile.
Niente di più difficile. Già all'indomani della batosta elettorale, il Pd non è più compatto. Tanto che Alessandra Moretti, portavoce del segretario, assicura che, in caso di necessità estrema, Bersani sarebbe pronto a fare un passo indietro. In molti hanno iniziato la congiura per detronizzare il segretario dalla leadership democratica. Nei corridoi serpeggia un dubbio: "Con Renzi avremmo vinto di misura". E, proprio mentre Bersani lavora al programma di governo, il Corriere della Sera pubblica un interessante retroscena che vorrebbe il sindaco rottamatore disponibile a guidare una grande coalizione capace di mettere insieme Grillo e Berlusconi. Renzi sarebbe pronto a fare il presidente del Consiglio se il suo nome fosse proposto al capo dello Stato Giorgio Napolitano all’interno di una rosa di nomi, senza, cioè, un’indicazione "secca" di Bersani. "Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese - è il ragionamento attribuito a Renzi - il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente". La ricostruzione ha fatto trasecolare Bersani. Tanto che lo staff del sindaco di Firenze si è precipitato a twittare la smentita. "Ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi - ha poi assicurato Renzi nella sua Enews - non lo pugnalo alle spalle, oggi". Oggi no, appunto. Domani, si vedrà.
Il leader piddì chiederà la fiducia a tutti i partiti. Ma Renzi sarebbe già pronto a guidare una grande coalizione. E la Moretti: "Se serve Bersani farà un passo indietro"
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Bersani accerchiato, è l'ora della frondaContatto Letta-D'Alema: si lavora al governissimo
Napolitano punta su Bersani e si prepara a lasciare il Colle. Ma c'è chi vuole un suo bis
"Per il Colle non esiste un mandato a termine". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano smentisce le voci che circolano da alcuni giorni su un suo possibile bis al Quirinale. "L’ho già detto tante volte - ha ribadito il capo dello Stato - non credo che sarebbe onesto dire: 'state tranquilli, io posso fare il capo dello stato fino a 95 anni'". Il discorso è chiuso? Mica troppo. Perché, nei palazzi romani, l'ipotesi "congelamento" si fa sempre più strada. L'idea è appunto quella di riconfermare gli attuali vertici istituzionali, Napolitano al Quirinale e Monti a Palazzo Chigi, per uscire dallo stallo politico che si è venuto a creare dopo le elezioni. Un'ipotesi che sta prendendo piede in certi ambienti prendendo a esempio il Belgio che, per quasi due anni, ha mantenuto in carica Yves Leterme in attesa di tornare alle urne.
"Andare a rivotare non mi interessa. Non ho potere di scioglimento delle Camere". Uscendo dall’Università Von Humboldt, Napolitano ha allontanato l'ipotesi di tornare alle urne in tempi stretti dubitando che anche il futuro presidente della Repubblica possa pensare a sciogliere le Camere. Insomma, la strada sembrerebbe traccia. Bisogna, però, vedere se il centrosinistra sarà in grado di formare un governo che abbia i numeri giusti per andare avanti senza incantarsi su ogni votazione di Palazzo Madama. Il rischio di far piombare il Paese in una situazione di stallo è più che evidente. Senza entrare nel merito, il capo dello Stato ha comunque fatto capire che bisogna vedere di trovare il modo per "dare un governo all’Italia". Molte forze politiche vedono in lui l'uomo chiave per riuscire a traghettare il Paese fuori dalla crisi politica. Secondo una suggestione riportata anche da Repubblica, l'ipotesi di "congelare" l'incarico al Quirinale starebbe appunto serpeggiando a Roma, anche se nessuno l'avrebbe ancora messa sul tavolo di Napolitano che, sebbene si sia sempre detto contrario, non si tirerebbe mai indietro qualora venisse messo con le spalle al muro. "Certo, non per sette anni - spiega Francesco Bei su Repubblica - ma soltanto per il tempo necessario a traghettare il paese fuori da questa situazione. E condurre per mano il sistema politico verso l'autoriforma e nuove elezioni". Lo stesso discorso varrebbe per il Professore a Palazzo Chigi togliendo così Pier Luigi Bersani dall'impiccio di dover formare un governo di minoranza sol rischio che gli venga un "coccolone" a ogni votazione al Senato. Ovviamente il "congelamento" delle alte cariche durerebbe giusto qualche mese per "tornare al voto con una nuova legge elettorale in autunno o nella primavera del 2014".
Per il momento Napolitano vuole tentare la carta del governo Bersani. Nel giorno in cui il leader piddì elenca gli otto punti su cui chiederà la fiducia a tutti i partiti, il capo dello Stato insiste nel seguire la procedura voluta dalla Costituzione. Proprio per questo non scioglierà le Camere, conferirà l'incarico a Bersani dopo aver effettuato lo stanco rito delle consultazioni e passerà il testimone al futuro inquilino del Quirinale. Sperando, nel frattempo, che l'Italia non soccomba allo "tsunami" grillesco.
Spunta l'ipotesi "congelamento" per evitare lo stallo: prorogare gli inquilini di Colle e Palazzo Chigi. Ma Napolitano smentisce: "Non esiste un mandato a termine
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February 28, 2013
Grillo vuole un governo 5 Stelle: "Pd e Pdl mi votino la fiducia"
"Grillo, non mandarci tutti in rovina. Vota la fiducia a Bersani". A tre giorni dall'exploit elettorale, le prime voci di dissenso verso il leader del Movimento 5 Stelle si levano dalla piazza virtuale. Dalle pagine del suo blog Beppe Grillo detta linea dura: "Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (né ad altri)". Ma l’ormai numerosissimo "popolo" degli elettori grillini si spacca in due. Da una parte chi festeggia la fedeltà allo spirito anti inciucio, dall’altra chi invoca responsabilità e, "scavalcando" Grillo, si rivolge direttamente ai parlamentari eletti. Tra questi c’è anche Viola Tesi, 24enne di Firenze che lancia online una petizione che, nel giro di poche ore, raccoglie oltre 20 mila adesioni. "Ho votato M5S perché credo in una rivoluzione gentile", scrive la giovane invocando il sostegno a un governo Bersani sulla base di alcuni temi condivisi.
E se "questa Viola Tesi, che all’improvviso spunta fuori dal nulla con una petizione pro fiducia (pro Pd, ndr) in Rete, guarda caso su un sito che nulla ha a che fare con il M5S, raccogliendo magicamente decine di migliaia di firme", non fosse esattamente espressione della base grillina? Il comico pentastellato fa sue le parole di Claudio Messora lanciando una sibillina provocazione a Pdl e Pd ad appoggiare un monocolore grillino: "Se proprio ci tengono alla governabilità possono sempre votare la fiducia al primo governo M5S". È il blogger a insinuare il dubbio di una strategia mediatica "entrista" a danno della "purezza" del movimento: "Cercate di non farvi fregare e rimettete, con lucidità, ogni tassello al suo posto. Voi non potete votare che si è reso corresponsabile dello stato in cui versa questo Paese". Allora, potrebbe mai essere una grillina doc, chiede Messora dal blog di Grillo, "una che fino a un paio di mesi fa almeno militava convintamente nella base del Partito Pirata? Lo stesso partito pirata che deve vedersela con quel Marco Marsili che proprio durante le scorse elezioni, sbugiardato da Anonymous o chi per essi, cospirava contro il M5S cercando di distruggerlo?". Per screditare l'appello della 24enne, Messora posta una conversazione che proverebbe la sua partecipazione al Partito Pirata e domanda se "può una attivista convinta di un altro movimento, a uno o due mesi dalle elezioni, diventare come per magia espressione della base del M5S ed essere rilanciata". Da qui l'attacco a Repubblica ("il giornale della tessera numero uno del Pd Carlo De Benedetti") che ha dato eco alla petizione a sostegno del Partito democratico. "Le 75mila firme raccolte, come per magia, in meno di 48 ore, sono della base del M5S? - si chiede Messora - Cosa dà cotanta sicumera ai signori giornalisti che fanno i titoli?".
Dopo aver "distrutto" pubblicamente l'appello e la ragazza che l'ha lanciato, Grillo cambia le carte in tavola e prova a sfidare i leader di Pd e Pdl chiedendogli di votare un governo a Cinque Stelle. Fa parte del gioco delle parti. Una boutade che suona più come una presa in giro a Pier Luigi Bersani che, nelle ultime ore, brancola nel buio senza riuscire minimamente a trovare la quadra per riuscire a formare un governo in grado di governare. Il parlamento si trova così in un forte stallo che rischia di paralizzare le Camere in primis e l'intero Paese in secondo luogo. Proprio per questo il leader ha liquidato la battuta del comico genovese con profonda stizza. "Come noi rispettiamo gli elettori anche Grillo li rispetti", ha sbottato Bersani che non ha alcuna intenzione di votare la fiducia a un governo grillino. "I numeri li vede anche lui, non pensi di scappare dalla sue responsabilità con delle battute - ha insistito il segretario del Pd - ci si vede in parlamento e davanti agli elettori". Anche Massimo D'Alema, in una intervista al Tg1, ha invitato il leader del M5S ad assumersi le proprie responsabilità altrimenti il Paese si troverebbe costretto a tornare alle urne. "Se Grillo si illude di spingerci verso un governissimo con Berlusconi noi non lo faremo mai - ha sentenziato - sarebbe l’errore più grave".
Ancora scintille tra Pd e M5S. Grillo intima ai suoi di non appoggiare un governo di centrosinistra: "Non fatevi fregare". E sfida Pd e Pdl a votare un monocolore grillino
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