Andrea Indini's Blog, page 139

November 14, 2014

La rabbia di Tor Sapienza, contestato Marino: "Buffone"

"Dopo il centro degli immigrati passiamo qui". Non si fermano gli abitanti di Tor Sapienza. Ora, dopo gli immigrati che vivo nel centro di prima accoglienza, l'obiettivo è "sgomberare gli appartamenti occupati dai romeni, dagli slavi", che poi sono locali chiusi, forse negozi, dove vivono famiglie. La rabbia nella banlieue romana non si placa. Non va via, resta come le luci dei lampeggianti di polizia e carabinieri che presidiano viale Giorgio Morandi. Oggi è stata un’altra giornata di protesta e violenza che ha scaldato gli animi tra cittadini ed immigrati, separati da una lingua d’asfalto e dall’esasperazione di chi il quartiere lo vive ogni giorno, tra degrado e senso di abbandono riassunto nei cartelli sollevati in cielo dai manifestanti: "Non siamo razzisti, ma questi devono andare tutti via". Slogan di una rabbiosa contraddizione.


Questa mattina quattordici immigrati minorenni dei trentasei, che sono stati trasferiti ieri, sono tornati al centro di accoglienza. "Siete le nostre mamme e i nostri papà - dicono agli operatori i ragazzi - vogliamo tornare qui e riprendere a frequentare i nostri corsi con voi". I ragazzi sono seduti sul marciapiede. Dall’altra parte della strada ci sono i residenti. Che continuano a dire: "Dovete andare via tutti". E le forze dell'ordine non possono fare altro che riportarli indietro. Ma nemmeno il parziale trasferimento dei minori dal centro placa gli animi. "Siamo stufi - urla una signora in strada - ogni giorno c'è un’aggressione, non ci sentiamo nè sicuri nè tantomeno tutelati". E continua: "Il comune ha tanti posti li mandassero nei container fuori dal raccordo, la città è degli italiani". "E poi dicono che non sono razzisti...", replica la responsabile del centro Gabriella Errico che da giorni vive blindata. Cerca di trovare una giustificazione Marco Ridolfo, parroco della zona. "Questo quartiere soffre il degrado e l’assenza di sicurezza e non riguarda la comunità di immigrati - dice - ora si parlerà solo di razzismo e basta ma questo è la punta dell’iceberg i problemi sono anche di degrado e scarsa sicurezza: sono legati alla prostituzione, allo spaccio frequente che avviene nella zona, alla scarsa illuminazione".


"Ma Marino dov’è?", chiedono i residenti da giorni, mentre si diffondono la notizia dell’ennesima aggressione da parte di un immigrato ai danni di un anziano. E, dopo giorni di silenzio, il sindaco di Roma Ignazio Marino decide di farsi vedere. Si affretta a visitare il centro di viale Morando per portare la propria solidarietà a cittadini e immigrati. Una tardiva passerella che non fa altro che acuire la frustrazione dei residenti. Che lo contestano coprendolo di fischi: "Buffone, hai rovinato questa città". E urlano: "Vergogna, vergogna". Il chirurgo dem, sempre protetto da un cordone delle forze dell’ordine, non può fare un passo senza essere coperto da insulti e contestazioni. Finché, quando lascia Tor Sapienza, lo salutano con "Scappa via, vigliacco".


Al Viminale, intanto, tutto tace. Almeno per il momento, il ministro dell'Interno Angelino Alfano continua a latitare.


Ancora tensione nella banlieue romana. La frustrazione dei residenti. Dopo giorni di silenzio, Marino raccoglie solo fischi. Alfano "latita"





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Andrea Indini



REPORTAGE Viaggio nella banlieue romanaTor Sapienza, la rabbia dei cittadini
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Published on November 14, 2014 11:54

November 9, 2014

Alfano se ne infischia dell'aggressione a Salvini

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano non muoverà un dito per far luce sull'aggressione dei centri sociali al leader leghista Matteo Salvini. Andrà avanti come se niente fosse. Non importa se la visita al campo nomadi bolognese di via Erbosa fosse in agenda da tempo e se la Questura non ha previsto il presidio della polizia. Per il leader di Ncd, Salvini resta un "provocatore" e, quindi, sotto sotto l'attacco dei no global se l'è pure un po' meritato. Certo, questo non lo dice. Ma lo si legge tranquillamente tra le righe. Non solo il titolare del Viminale fa spallucce alle dimissioni invocate a gran voce dal centrodestra, ma non intende nemmeno approfondire la vicenda per capire se qualcosa è andato storto. "Mi fido della ricostruzione della Questura di Bologna", dice. E per lui la vile aggressione di ieri si chiude così.


Sarebbe potuto andare anche peggio. Salvini si è ritrovato in un campo nomadi, senza protezione, in balia degli antagonisti che hanno assaltato la sua auto. È riuscito a fuggire in tempo. Nessuno si è fatto male. Per fortuna. Ma è sotto gli occhi di tutti che qualcosa non ha funzionato, che la rete di protezione che le forze dell'ordine solitamente garantiscono ai politici in determinate situazioni non c'è stata, che per un soffio il leader del Carroccio non è finito nelle mani di no global violenti che brandivano sassi e cinghie. Il primo a chiedere spiegazioni ad Alfano è stato il governatore della Lombardia Roberto Maroni che sulla poltrona del Viminale ha seduto abbastanza anni per capire che ieri, al campo nomadi di via Erbosa, le forze dell'ordine hanno toppato. Ma dal ministero dell'Interno rispondono picche. "La Questura di Bologna - replica oggi Alfano - ha offerto una ricostruzione a cui occorre affidarsi e di cui bisogna fidarsi, non ho nulla da aggiungere". Non ci sarà alcuna inchiesta. L'episodio è destinato a cadere nel dimenticatoio come una delle tante pagine grigie della Repubblica. Dopo tutto il segretario generale del Siulp, Felice Romano, ha assciurato che il servizio di ordine pubblico era presente, "circa 100 uomini". "Ma se lo staff del leader della Lega non comunica che ha organizzato la conferenza stampa in un posto diverso da quello previsto - si scalda - non si può pensare che i poliziotti abbiano la sfera di cristallo". Il sindacato rivolta addirittura la frittata e invita il leader lumbard ad intraprendere un’ispezione all'interno dello staff che lo segue.


Per la Lega Nord, però, l'episodio non finisce qui. E, mentre Salvini annuncia che "molto presto" tornerà a Bologna, sono numerosi gli esponenti del Carroccio a invocare un passo indietro di Alfano. Che, però, fa spallucce e tira dritto: "La richiesta di dimissioni da parte della Lega Nord avviene più volte al giorno tutti i giorni, non mi pare una novità politica". I suoi, dal quartier generale di Ncd, lo difendono e chiedono a Salvini di "farsi un esame di coscienza". Ma l'aggressione di ieri resterà l'ennesimo passo falso del ministro dell'Interno. Uno dei tanti, ormai siamo anche abituati.


La polizia: "Salvini non ha comunicato gli spostamenti". Il ministro dell'Interno non indagherà: "Mi fido della Questura"





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Andrea Indini



Salvini al campo rom aggredito dai centri socialiL'ultima gaffe di Alfano: mette in pericolo SalviniSchizzinosi coi leghisti e comprensivi coi picchiatoriL'auto di Salvini aggredita dai centri socialiSalvini: "In 20 anni di politica mai una cosa del genere"L'auto di Matteo Salvini distrutta dagli antagonisti
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Published on November 09, 2014 12:07

November 8, 2014

Bologna, Salvini al campo rom aggredito dai centri sociali

"Tutti noi dovremmo dare dei sonori schiaffi ai razzisti e agli xenofobi", aveva detto ieri Luca Casarini. E così è stato. Da una parte la delegazione leghista guidata da Matteo Salvini, che dopo l'aggressione alla consigliera comunale Lucia Borgonzoni da parte di una nomade del campo di via Erbosa, dall'altra i centri sociali bolognesi che, urlando "no pasaran", hanno trasformato il presidio di protesta in un attacco violento. L'auto con cui il segretario del Carroccio è arrivato al campo nomadi è stata assalita a calci e pugni dagli antagonisti.


Sassate sulla macchina, calci, pugni e sputi. Questa la calda accoglienza tributata dai centri sociali a Salvini. "Se questa è la Bologna 'democratica e accogliente' - ha commentato il leader del Carroccio su Facebook - dobbiamo liberarla". La tensione è montata fino a questi gesti estremi perché la visita al campo è stata fortemente voluta dallo stesso Salvini dopo lo schiaffo e gli spintoni di una nomade alla Borgonzoni. L'aggressione, per quanto ripresa in un video choc, non aveva scalfito l’assessore comunale ai Servizi sociali, Amelia Frascaroli, che aveva condannato la strumentalizzazione della visita. "Ti pago tutto, vengo a verificare e mi prendi pure a schiaffi?", aveva replicato Salvini sfidando i diktat di Anpi, sinistra parlamentare e centri sociali a non farsi vedere a Bologna. Così, quando è arrivato in via Erbosa, alcuni esponenti del centro sociale Xm24, che insieme al sindacato Asia-Usb presidiavano il campo nomadi sin dal primo mattino, ha assalito l'auto su cui viaggiava Salvini.


Salvini si trovava in un parcheggio, a qualche centinaio di metri dal campo nomadi, quando è stato raggiunto dai manifestanti. Stava parlando con alcuni cronisti insieme al candidato alle regionali Alan Fabbri e alla Borgonzoni. Raggiunti da una pioggia di sassi, i tre esponenti del Carroccio sono subito corsi in macchina che, mentre gli antagonisti cercavano di sfondare i finestrini e il parabrezza per entrare in auto, è fuggita a velocità sostenuta scansando alcuni manifestanti. "Se proveranno a tornare - ha minacciato Loris Narda dei collettivi antirazzisti di Bologna - saranno respinti". "Noi stiamo bene, bastardi", ha replicato Salvini su Facebook. All'aggressione dei centri sociali, poi, va ad aggiungersi la solita violenza verbale della sinistra. Non contento del blitz antagonista il presidente del quartiere Navile, Daniele Ara, che avrebbe dovuto accompagnare la delegazione leghista all'interno del campo nomadi, ha pure commentato: "Un razzista è passato per vittima grazie ai centri sociali, son riusciti a fare un servizio a Salvini". Anche su Facebook il tenore degli attacchi è lo stesso. "Il prossimo che finirà a testa in giù - scrive un utente - sei tu". Ma Salvini non si lascia intimorire. E promette: "Oggi faccio lavorare l’avvocato, oltre a denunciare quelli che hanno devastato l’auto, denuncio anche tutti i cretini che su Facebook istigano alla violenza".


Salvini al campo di via Erbosa dove era stata aggredita una leghista. Tensioni coi centri sociali gli antagonisti devastano l'auto e costringono il leader della Lega alla fuga


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Andrea Indini


L'automobile di Matteo Salvini distrutta dagli antagonisti a Bologna
Salvini arriva a Bologna: il blitz degli antagonistiAggressione all'auto di Matteo Salvini a BolognaL'auto di Salvini aggredita dai centri socialiSalvini: "In 20 anni di politica mai una cosa del genere"Bologna, consigliera leghista picchiata in un campo romL'auto di Matteo Salvini distrutta dagli antagonisti
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Published on November 08, 2014 08:28

November 7, 2014

Il solito vizio dei sindacati: "Tassare le grandi ricchezze"

"Torniamo a fare politica economica anziché fare i ragionieri". E con "politica economica" Susanna Camusso, che oggi è intervenuta all'assemblea dell'Anci, intende nuove tasse. La proposta lanciata della leader della Cgil al governo è creare una nuova "tassa sulla ricchezza" per "creare un monte risorse straordinario sull'occupazione". Niente di nuovo sotto il sole. Seguendo lo slogan caro alla sinistra Anche i ricchi piangano, la Camusso vuole punire chi ha di più. Anziché incentivare chi crea ricchezza, occupazione e crescita, vorrebbe andare a stanare i beni per incamerare più liquidità e creare un fantomatico fondo nazionale per il lavoro. Come se a creare posti di lavoro fosse lo Stato e non i liberi imprenditori.


I toni della Camusso restano alti. Mentre il Jobs Act continua l'iter parlamentare con la prospettiva di essere legge già dal primo gennaio, i sindacati continuano ad agitare gli animi del Paese. "Essendo stato Renzi a innescare lo scontro sul lavoro - tuona la leader della Cgil - deve interrogarsi sulla linea che ha proposto, se la linea è quella della divisione tra lavoratori pubblici e privati, tra stabilizzati e non stabilizzati e di togliere i diritti per chi lavorerà in futuro, è lui che deve risolvere lo scontro". L'obiettivo è l'agitazione a oltranza. L'autunno caldo contro le politiche economiche del governo è già iniziato. Non manca giorno che la Fiom, braccio armato della Cgil, non scenda in piazza ingaggiando tensioni con le forze dell'ordine. Disordini che non fanno desistere il premier dal visitare periodicamente le fabbriche che ancora investono e credono nel sistema Italia. Domani, invece, toccherà ai lavoratori del pubblico impiego: in oltre 50 mila scenderanno in piazza a Roma per rivendicare "con forza il rinnovo del contratto nazionale, fermo da sei anni". Altrimenti sarà sciopero generale. "La stagione che stiamo affrontando ha accumulato sette anni di crisi e politiche che non hanno determinato l’uscita dalla crisi - continua la Camusso - il tema del conflitto con questo governo è che si dà continuità a quelle politiche invece di farne di diverse".


Per la Camusso, Renzi deve rivedere completamente la politica economica del governo. "Come si fa a parlare di politiche economiche in assenza di lavoro? - chiede provocatoriamente - Non possiamo avere una politica economica fatta di tagli e qualche intervento fiscale e sperare che il Paese così si rimetta in moto". E la soluzione della leader della Cgil è andare a stangare le ricchezze. "È la cosa più urgente da fare", insiste proponendo al premier una patrimoniale del 5% per creare un fondo per il piano straordinario dell'occupazione. E spiega: "Così si dà una risposta importante alla disuguaglianza che c’è in questo Paese". Insomma, le solite, vecchie, fallimentari ricette della sinistra.


Camusso contro Renzi: "Serve una nuova politica economica". E torna a proporre di tassare i contribuenti più ricchi





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Andrea Indini

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Published on November 07, 2014 12:14

November 5, 2014

Lavoratori in assemblea sindacale. E i turisti restano fuori da Pompei

Il giapponese arriva da lontano per ammirare quello che senza ombra di dubbio è il museo a cielo aperto più affascinante del mondo. Pompei sta lì in tutta la sua bellezza. A dividerlo dal turista, che freme per scattare fotografie a raffica, sono i cancelli di metallo. Sono le 9 di mattina ed è ancora chiuso. Impossibile entrare. La coda s'ingrossa, ma nessuno viene ad aprire. Così per tutta la mattinata. Tanto che su Twitter un turista pubblica un'immagine che l'emblema del male d'Italia. "Stamane scavi di Pompei chiusi per assemblea sindacale: ho finito gli insulti".


@istbrunoleoni @CostoDelloStato @Vale_82 stamane scavi di #Pompei chiusi per assemblea sindacale: ho finito insulti pic.twitter.com/Dm6sh2h0ON


— antonluca cuoco (@antonluca_cuoco) 5 Novembre 2014


Può un'assemblea sindacale bloccare, anche se solo per una mattinata, quella che è una delle industrie più produttive del Belpaese: il turismo? Assolutamente no. Eppure, nei prossimi tre giorni, per i visitatori delle aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Oplonti, Boscoreale e Stabia si verificheranno continui disagi. Quel che è peggio è che la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia lo sapeva e non ha mosso un dito. Si è limitata a prenderne atto e a stendere un comunicato stampa che è stato divulgato ieri sera. A riunirsi in assemblea sono i lavoratori di Uil, Flp, Unsa e Rsu che, la scorsa settimana, hanno annunciato lo stato di agitazione. Contestano la cattiva organizzazione del lavoro e l'essere costretti a lavorare in prefabbricati di cemento-amianto che avrebbero dovuto essere eliminati da tempo, con i dipendenti destinati a spostarsi nelle case demaniali. "I lavori di ristrutturazione delle case demaniali che rientrano anch’essi negli interventi previsti dal 'Grande Progetto Pompei' e che sarebbero dovuti iniziare già nel mese di novembre 2012, così come promesso dall’amministrazione nel corso di riunioni tenute sia a Roma che a Pompei - scrivono i sindacati - alla fine del 2014 non vengono nemmeno messi a gara". Non solo. I sindacati polemizzano anche sull'organizzazione del lavoro puntando il dito contro la recente assunzione di un cospicuo numero di dipendenti Ales, una società in house del ministero. "Senza alcuna assegnazione chiara di compiti e mansioni - tuonano i sindacati - si è aggiunto al personale in servizio, affollando i locali della Soprintendenza".


I turisti in coda hanno subito scatenato l'agitazione in rete. "Sono curioso di sapere che c'è da discutere per tre giorni", twitta un utente. "Non gestite una panetteria di proprietà - fa eco un altro - ci son dei turisti e delle persone che pagano per venire a Pompei". E c'è chi addirittura invoca l'intervento dell'esercito. È l'immagine dell'Italia, paralizzata da discutibili battaglie sindacali, che continua a riproporsi con una violenza inaudita. Perché Pompei, vessata dall'incuria e penalizzata dalla mala gestione, è solo un esempio, uno degli ultimi, di un sistema che non funziona. Un sistema che non è in grado di esaltare le proprie eccellenze. 


Ultima follia all'italiana. I sindacati protestano contro l'organizzazione del lavoro. E i cancelli rimangono chiusi: i turisti costretti ad aspettare per tutta la mattina. Su Twitter esplode la rabbia





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Andrea Indini

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Published on November 05, 2014 08:33

November 3, 2014

Renzi a Brescia tra gli scontri: "Disegno per spaccare l'Italia"

Dopo la visita di due mesi fa per l'inaugurazione dello stabilimento delle Rubinetterie bresciane, azienda dell'imprenditore Aldo Bonomi, Matteo Renzi torna a essere l'ospite d'onore all’assemblea annuale dell’Associazione industriali bresciani. E, mentre dentro alla fabbrica Palazzoli il premier rinsalda l'asse con quell'Italia che produce, all'esterno va in scena l'ennesima manifestazioni di protesta di opposizione alle politiche del governo e, in particolar modo, al Jobs Act. Tutto inutile. Perché l'iter della riforma del lavoro non si arresterà. Nemmeno se sarà la minoranza del Pd a mettersi di traverso. "Le dinamiche parlamentari le vedremo alla Camera nelle prossime settimane, nei prossimi giorni - mette subito in chiaro - se ci sarà bisogno di mettere la fiducia la metteremo. L’importante è che la fiducia non la perdano quelli che devono creare lavoro in Italia".


"Il sindacato fa il suo lavoro: in bocca al lupo - mette in chiaro il presidente del Consiglio in una intervista al Tg5 - ma noi andiamo avanti perché il nostro obiettivo non fare una battaglia politica ma far ripartire l’Italia e su questo non molliamo di un millimetro". Nemmeno i sindacati e l'ala antagonista della sinistra, però, intendono mollare. Così, se la Cgil mette in scena un'assemblea proprio all’esterno della fabbrica che ospita il premier, centri sociali, Cobas e movimenti studenteschi sfilano lungo le vie della città per protestare contro la riforma del mercato del lavoro. E così, al suo arrivo, Renzi si è beccato i soliti fischi e le solite contestazioni. Col solito gruppo di antagonisti facinorosi che, nel tentativo di avvicinarsi alla Palazzoli, sono entrati in contatto col cordone di polizia ferendo due agenti. Momenti di tensione che non hanno scalfito il premier. "C'è un disegno per spaccare l'Italia", ha denunciato. Ma la Cgil gli ha prontamente risposto: "C’è molto nervosismo nelle parole del presidente del Consiglio che ancora una volta evoca fantasmi e complotti, lancia invettive e ammonimenti, ma evita accuratamente di dire come si crea lavoro e come si rilancia il Paese". Un braccio di ferro che, giorno dopo giorno, alza il tiro dello scontro.


"Renzi - ha detto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi durante l’assemblea - si è assunto il pesante fardello di far uscire l’Italia dalle secche di regole e culture sorpassate che sappiamo ci condurrebbero a un lento ma inarrestabile declino". Secondo il leader degli industriali, la legge di Stabilità ha un impianto valido ma il governo p chiamato fare più sforzi su ricerca, investimenti e Imu per le imprese. Comunque, ha assicurato Squinzi, c’è "una significativa discontinuità rispetto al passato". Terminato l’appuntamento alla Palazzoli, Renzi ha visitato altre due aziende bresciane a Rezzato. Alla Italcementi ha inaugurato un nuovo impianto produttivo e l’Omr, di proprietà di Marco Bonometti, il presidente degli industriali di Brescia. All’Omr, invice, il presidente del Consiglio ha visitato l’impianto e incontrato gli operai. "Renzi dice di voler stare con chi si spacca la schiena, ma attorno ci sono le fabbriche che chiudono, le persone che perdono il lavoro - commenta Pippo Civati - dopo Brescia andrà anche a Taranto e a Terni e lì dopo le manganellate sono veramente incazzati. Spero che non ci siano tensioni, insistere in questo modo mi sembra proprio provocatorio".


Il capo del governo: "Io vado avanti". Fuori l'assemblea della Cgil e le proteste degli antagonisti. Tensione in piazza: feriti due agenti 





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Andrea Indini



Il caos della legge di Stabilità: ecco perché non funzionaLegge Stabilità: pioggia di emendamenti in arrivoE Rutelli loda Renzi: "Matteo è un mio allievo"Renzi contro Scalfari: "Non sono solo al comando"Renzi: "Non sono l'uomo solo al comando"Renzi ai sindacati: "Io cambio il Paese"Renzi: "C'è un disegno per spaccare l'Italia"Renzi a Brescia: scontri tra polizia e antagonisti
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Published on November 03, 2014 08:57

Ecco il mercato delle schiave

Discutono, negoziano e scherzano su come comprare o vendere schiave yazide. "Oggi - spiegano - c’è il mercato degli schiavi". E le agghiaccianti immagini diffuse dal canale panarabo Al Aan TV ci portano proprio là dentro, dove le donne non sono più persone ma oggetti. E come qualsiasi oggetto può essere messo in vendita. Loro, i compratori, i miliziani del barbaro Stato islamico, si mettono d’accordo per avere nuove schiave sessuali o liberarsi di quelle che non vogliono più. I dialoghi, il buonumore e la sfrontatezza gelano il sangue.


Ognuno di loro può comprarne una e una soltanto. Per questo sono disposti a tutto pur di portarsi a casa la migliore, magari la più bella. Meglio ancora se bambina. Perché, a quindici anni, non si può certo parlare di donna. Ma per i terroristi dell'Isis una schiava è pur sempre una schiava. Se la schiava yazida ha gli occhi azzurri o verdi o è molto giovane, il prezzo è più alto. Ma se le manca qualche dente, allora potrebbe anche non valere la pena di acquistarla perché sarebbe poi necessario comprarle una protesi. "Oggi è il giorno di distribuzione ad Allah piacendo - spiega quello che sembra il loro capo - ognuno prende la sua parte".


"Spero di trovarne una...", dice uno dei miliziani. Poi ridendo aggiunge: "Dove è la mia ragazza Yazidi?". "Chi vuole vendere la sua", chiede un altro. E subito salta fuori il venditore: "Io, voglio vendere". Quindi parte la contrattazione. "Te la pago tre banconote... o una pistola". Benvenuti al mercato delle serve yazide dove i miliziani dell'Isis acquistano quelle che diventeranno le loro sguattere, o peggio le loro schiave sessuali.


"Oggi è il giorno di distribuzione, ad Allah piacendo". Ecco il video choc che mostra l'acquisto delle schiave sessuali





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Andrea Indini


Yazide scappano dai miliziani dello Stato Islamico
Miliziani dell'Isis contrattano al mercato delle schiave
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Published on November 03, 2014 08:23

November 2, 2014

"I dissensi di certi del Pd? Non mi tolgono il sonno"

"Il sonno, me lo toglie la crisi non certo i dissensi nel Pd". Matteo Renzi tira dritto, è deciso a non lasciarsi affondare dalle polemiche interne al partito e alle barricate oltranziste dei sindacati. Si va avanti col Jobs Act che non cambierà nemmeno alla Camera. L'obiettivo del governo è assicurare, in tempi rapidi, il varo definitivo della riforma del lavoro perché possa essere in vigore dal primo gennaio. Non lo preoccupano i ribelli piddì, come Pippo Civati, che non voteranno la fiducia. "Se lo fanno per ragioni identitarie, facciano pure - spiega nel nuovo libro di Bruno Vespa - se mettono in pericolo la stabilità del governo o lo fanno cadere, le cose naturalmente cambiano".


Si proseguirà insomma sulla via tracciata, così come sugli altri "dossier" aperti dal governo, ai quali il leader del Pd è al lavoro nella sua casa di Pontassieve: dalla delega fiscale alla pubblica amministrazione, dalla riforma del Senato alla legge elettorale. Ma su tutti questi fronti annuncia battaglia la minoranza del Pd, che già prepara gli emendamenti a delega Lavoro e legge di Stabilità. E chiede di "recuperare in manovra almeno 1,5 miliadi di euro per i nuovi ammortizzatori sociali". Ma il premier fa spallucce e tira dritto. Se poi perderà dei pezzi strada facendo, se ne farà una ragione. "Se qualcuno dei nostri vuole andare con la sinistra radicale che ha attraversato gli ultimi vent’anni, in nome della purezza delle origini, faccia pure: non mi interessa. È un progetto identitario fine a se stesso e certo non destinato a cambiare l’Italia. Lo rispetto, ma non mi toglie il sonno". D'altra parte, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha concordato a Bruxelles che dal primo gennaio entreranno in vigore la riforma del Lavoro e le modifiche all’articolo 18. E su quella data non si intende transigere. Per questo Renzi non sarebbe disposto ad accettare meline in parlamento e tentativi di frenare i tempi del Jobs Act alla Camera, dove la minoranza dem è presente in forze nella commissione guidata da Cesare Damiano.


La partita entrerà probabilmente nel vivo alla metà di novembre. Dopo il G20 in Australia, il 15-16 novembre, Renzi potrebbe convocare una nuova direzione del partito. Le voci di una possibile scissione si sono assopite. Ma non del tutto. "Se si arrivasse a una scissione - spiega il premier - la nostra gente sarebbe la prima a chiedere: che state facendo?". Nell'ultimo libro di Bruno Vespa Italiani voltagabbana. Dalla prima guerra mondiale alla prima repubblica sempre sul carro del vincitore, il premier si dimostra piuttosto sicuro del fatto che il Pd non arriverà (almeno non nell'immediato) a un punto di rottura irrimediabile. E, in ogni caso, dice di preferire di "perdere qualche parlamentare che qualche voto". "La modifica dell’articolo 18 - fa notare - preoccupa più qualche dirigente e qualche parlamentare che la nostra base". Toni duri che non piaceranno alla sinistra dem. E tanto meno faranno piacere ai sindacati. Ma anche a loro il premier è disposto a dare davvero poco peso. "Non è una questione di feeling personale, ci mancherebbe...", mette in chiaro. Ma rispetto alla leader della Cgil Susanna Camusso una visione diversa del Paese, della sua modernizzazione, del ruolo di governo e della rappresentanza civile. Di tutto, insomma.


Questi i buoni propositi. La prossima settimana Renzi rilancerà anche il tema scuola, mentre si sta per chiudere la consultazione avviata a settembre. E poi ci sono riforme e legge elettorale. Martedì sera il ministro Maria Elena Boschi dovrebbe riunire i deputati dem membri della I commissione della Camera per iniziare a discutere degli spazi di modifica alla riforma del Senato: l’intenzione è portarla in Aula entro la fine di novembre. La strada è tutta in salita.


Renzi: "Vogliono andare con la sinistra radicale? Facciano pure". E sulla Camusso: "Non è questione di feeling ma..."





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Andrea Indini



Fiducia in calo: in un mese Renzi perde 7 puntiLa dura legge di casa Pd: chi tocca il leader muore
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Published on November 02, 2014 06:45

October 19, 2014

Ennesima promessa di Renzi: "80 euro alle neomamme"

Matteo Renzi non arretra. Tiene botta all'assalto delle Regioni rosse, che da giorni sono sul piede di guerra per i tagli contenuti nella legge di Stabilità, e rilancia calando l'asso nella manica: i 500 milioni, destinati dalla legge di stabilità alle famiglie, finanzieranno "un bonus di 80 euro alle neomamme per i primi tre anni". Perché, è il refrain del premier, "o facciamo uno sforzo insieme o l’Italia non ha futuro". Intervistato da Barbara D'Urso a Domenica Live, mette in chiaro che non è possibile andare avanti a far pagare il conto alle famiglie. Ci vuole un cambio di rotta. E la politica deve iniziare a fare la propria parte. "Se poi le Regioni si arrabbiano... gli passerà - fa spallucce Renzi - d'altra parte sono tutti arrabbiati: le Regioni, i sindacati, i magistrati".


Renzi non ha mai fatto mistero di preferire le trasmissioni popolari - populiste per i critici - ai convegni paludati. Per la seconda volta ("Dopo che la prima, prima delle europee, mi ha portato fortuna"), il premier oggi si siede nel salotto della D’Urso. E l’occasione è ghiotta per un annuncio che arrivi dritto nelle case degli italiani. O, come dice la conduttrice, a casa della "comare Cozzolino". "Dal primo gennaio del 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1500 euro al mese ma anche a tutte le mamme che fanno un figlio per i primi tre anni - annuncia - si tratta di mezzo miliardo destinato alle famiglie". Se la promessa rimarrà tale, solo il tempo ce lo dirà. Sulla carta è sicuramente un ulteriore passo avanti. L'obiettivo finale è, infatti, mettere a dieta lo Stato per dare fiato alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese. In questo senso va anche il taglio dell'Irap che vale 6 miliardi di euro. "Un imprenditore paga un sacco di soldi, ma molti non arrivano al lavoratore - continua - la spesa dell’imprenditore se la mangia lo Stato". Anche per quanto riguarda il taglio del costo del lavoro, si vedrà in futuro se si tratta solo di un annuncio o di una misura concreta. Intanto, però, già qualcuno apostrofa bonariamente Renzi col soprannome di "Mister 80 euro".


Renzi sceglie una trasmissione cult della domenica pomeriggio, sulla rete ammiraglia di Mediaset, per difendere il valore espansivo della manovra e ribadire la sua determinazione a fare le riforme. A metà settimana incontrerà le Regioni. Ma dai toni usati alla vigilia dello sbarco della legge di Stabilità in parlamento è sin troppo chiaro che Renzi non è disposto a fare sconti. "Dopo settant'anni abbiamo capito che non possiamo far pagare sempre ai soliti - spiega il premier - e finora hanno pagato le famiglie. Se facciamo tagli ai ministeri, alle Regioni o agli apparati non si possono lamentare". Le polemiche dei giorni scorsi, questo è certo, se le è già buttate alle spalle. Perché, come ha già fatto con i magistrati e i sindacati, è pronto ad andare avanti come un rullo compressore. Non è disposto ad accettare le barricate dei difensori dello status quo che sarebbero addirittura disposti a tagliare la spesa sanitaria. La minaccia, sbandierata dal governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, non è affatto piaciuta al premier per cui è "vergognoso anche solo parlarne". "Mentre l'età media si allunga, dobbiamo far fronte a un impatto inedito di alcune malattie sui conti dello Stato, malattie terribili come la Sla - spiega - ma ci sono Asl che vanno a casa dei malati e li curano e altre che scelgono l'ospedalizzazione. Non possiamo tagliare questi servizi ai cittadini". Allo stesso tempo, però, ci sono spese che possono essere tranquillamente sforbiciate: "Non ci saranno troppe Asl? O non è strano che una siringa costi il doppio in una Regione rispetto a un'altra? O non ci saranno troppi super manager?".


In quasi un'ora di chiacchierata con la D'Urso, Renzi affronta tutti i temi "sensibili" della vita quotidiana. Dalle riforme della pubblica amministrazione e della giustizia all'anticipo del Tfr in busta paga. Tutte riforme, inclusa quella per il riconoscimento alla tedesca delle unioni civili, che il premier vorrebbe fare a passo di carica. "Se potessi farle da solo sarebbero già fatte entro dicembre - conclude - ma non siamo in una dittatura".


Intervistato da Barbara D'Urso a Domenica Live, il premier difende la legge di Stabilità: "Ci sono spese che si possono tagliare". Poi bacchetta le Regioni: "O facciamo uno sforzo insieme o l’Italia non ha futuro". E annuncia: "Unioni civili alla tedesca entro il 2015"





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Andrea Indini

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Published on October 19, 2014 12:14

October 16, 2014

Dall'Ue schiaffone ad Alfano: "Controllate da soli i confini"

"Con Triton l’Europa si reimpossessa delle frontiere e consente di far terminare l'operazione Mare Nostrum". Da giorni il ministro dell'Interno Angelino Alfano va in giro per l'Italia a vendere l'operazione Triton, che partirà il primo di ottobre, come un successo suo personale, la pietra tombale alla fallimentare Mare Nostrum che a Roma è costata svariate decine di milioni di euro, decine di migliaia di extracomunitari da soccorrere e soprattutto un'emergenza umanitaria senza precedenti. Ma sono tutte chiacchiere. La verità sull'operazione deliberata da Bruxelles ce la dice il direttore esecutivo di Frontex Gil Arias Fernandez durante un briefing con la stampa a Roma: "Mare Nostrum non sarà sostituita dall’operazione Triton di Frontex".


Una doccia gelata per il Viminale, uno schiaffo per Alfano che aveva scommesso tutto su Triton per cavarsi fuori da una figuraccia internazionale senza precedenti. E l'emergenza immigrazione rischia seriamente di esplodere nelle mani del leader del Nuovo centrodestra. Perché, ancora una volta, l'Unione europea ha deciso di lasciare l'Italia da sola a fronteggiare gli sbarchi di clandestini che assaltano le nostre cose. Niente di nuove. Cecilia Malmström, commissario Ue agli Affari esteri, aveva già avvertito il titolare del Viminale. "È chiaro che l’operazione Triton non sostituirà Mare Nostrum - aveva dichiarato nei giorni scorsi - il futuro di Mare Nostrum rimane in ogni caso una decisione italiana". Non era stata certo la prima volta che la commissaria svedese aveva preso le distanze dal governo italiano. In un estenuante gioco di annunci italiani e sconfessioni europee è, infine, venuta a galla la verità: l'annunciata volontà di chiudere Mare Nostrum non dipende da Bruxelles ma è una scelta che spetterà unicamente al premier Matteo Renzi e ai suoi uomini.


A chiudere il cerchio ci ha pensato il direttore esecutivo di Frontex rispondendo duramente e senza ombra di dubbio alle dichiarazioni dei giorni scorsi di Alfano. "La decisione di interrompere Mare Nostrum spetta solo alle autorità italiane e Triton comincerà indipendentemente da Mare Nostrum - ha dichiarato Gil Arias Fernandez - la gestione del controllo dei confini resta agli stati membri: Frontex aiuta gli stati membri ma non li sostituisce". Insomma, né Frontex né l’Unione europea hanno l’autorità per sostituire l’autorità dello Stato membro nel controllo dei suoi confini. "Frontex è un’integrazione al compito svolto dagli Stati membri nell’affrontare sfide esterne eccezionali, tramite operazioni congiunte come Triton - insiste Gil Arias Fernandez - la gestione dei confini esterni dell’Unione europea è una responsabilità congiunta dello Stato membro e dell’Ue". Toccherà dunque al governo, e in particolar modo al Viminale e alla Difesa, gestire il controllo dei confini. Dal canto suo Bruxelles offre ad Alfano un minimo aiuto di cooperazione. Niente di più.


Il ministro aveva detto: "Con Triton terminerà l'operazione Mare Nostrum". Ma il direttore di Frontex: "La gestione del controllo dei confini resta agli stati membri"





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Andrea Indini



Alfano: "Dobbiamo presidiare le frontiere europee"
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Published on October 16, 2014 07:28

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