Andrea Indini's Blog, page 137

December 12, 2014

Lo scandaloso sms di Buzzi: "Buon anno pieno di profughi"

Spartire gli appalti e i soldi pubblici con la 'ndrangheta. Per questo il clan di "Mafia Capitale" aveva stretto un accordo di reciproca convenienza con la potente cosca Mancuso di Vibo Valentia. Costituendo a Roma nel luglio scorso una cooperativa guidata da esponenti vicini alle 'ndrine. Due di loro sono stati arrestati in uno sviluppo dell'inchiesta "Mondo di Mezzo". Sono Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, vari precedenti penali pesanti, collegati anche alla cosca Piromalli di Reggio Calabria, ma residenti da tempo nella capitale. Sarebbero stati loro a fare da tramite tra Massimo Carminati e Salvatore Buzzi da una parte, e i Mancuso dall’altra.


Il patto tra coop e 'ndrangheta

"Sono andato dai Mancuso per Buzzi", dice Rotolo intercettato. E i Mancuso avrebbero mandato un loro imprenditore di fiducia, Giovanni Campennì, a condurre assieme a Buzzi la coop "Santo Stefano onlus", incaricata della pulizia al mercato Esquilino, nel centro multietnico di Roma. "Tu sarai il presidente de' questa cooperativa de 'ndranghetisti", dice Buzzi a un candidato alla presidenza. Secondo gli inquirenti, i rapporti tra la mafia romana di Carminati e quella calabrese risalgono a cinque anni fa, quando la coop "29 Giugno" prende in gestione il Centro accoglienza rifugiati e richiedenti asilo (Cara) di Cropani (Cosenza) e la cosca Mancuso garantisce protezione. "In quella rete là comandano loro - dice Ruggiero a Buzzi - poi in questa rete qua comandiamo noi!!... So passati 5 anni... t’ha toccato qualcuno là sotto?". "Quando io stavo a Cropani - dice Buzzi in un’altra conversazione -, salivo su la mattina e ripartivo er pomeriggio... parlavo con il Prefetto, parlavo con tutti, parlavo con la 'ndrangheta... E poi risalivo su". In cambio, secondo gli uomini del colonnello Stefano Russo, la holding del sociale controllata da Carminati apre una coop con Rotolo, Ruggiero e Campennì. È "il Nero" in persona a dare il benestare. I due "affiliati" alle cosche sono stati dipendenti delle società di Buzzi. Ruggiero dal 2009 lavora in Roma Multiservizi, presieduta fino a ottobre 2013 da Franco Panzironi, accusato di prendere ordini da Carminati. Le cose non vanno benissimo, sorgono contrasti nella coop tra gli uomini legati alla 'ndrangheta e Buzzi interviene. Ma il patto tra cosche e "Mafia Capitale" regge fino alla retata dei carabinieri.


"Buon anno pieno di profughi"

A Capodanno del 2013, come rivela il Corriere della Sera, Buzzi invia un messaggio di auguri a qualche amico. Non sa che i carabinieri del Ros stanno già intercettando il suo cellulare. "Speriamo che il 2013 sia in anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale". Un cinismo spietato che, a fronte dello scandalo emerso con l'inchiesta "Mafia Capitale", fa gelare il sangue. L'sms riecheggia altre conversazioni choc. "Noi quest’anno abbiamo chiuso... con quaranta milioni di fatturato - spiega Buzzi il 20 aprile 2013 - ma tutti i soldi... gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati. Tutti gli altri settori finiscono a zero". D'altra parte, sin dalle prime battute dell'inchiesta, la frase "Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende di meno" ha fatto capire molto bene in che modo le sue cooperative hanno sempre fatto soldi. Solo l'appalto per il Cara di Cropani, per cui Buzzi gode della protezione della cosca Mancuso, gli frutta la bellezza di 1,3 milioni di euro.


Il business dell'emergenza rifiuti

Nel 2012 la Cupola tenta di infilarsi anche nell'affare dell'emergenza rifiuti. A dicembre la proroga per la maxidiscarica di Malagrotta non è ancora arrivata e si affaccia l'ipotesi di trasportare i rifiuti all'estero. "Salvatore Buzzi - si legge nelle carte - aveva già creato un’Associazione temporanea di imprese con degli spagnoli per partecipare alla gara dell’Ama". Anche Carminati si interessa a una serie di appalti relativi alla raccolta differenziata a Roma. Gli appalti e gli intrallazzi in seno all’Ama, la municipalizzata dei rifiuti, fanno gola al clan che conta su appoggi molto influenti al punto che Fabrizio Testa, la cerniera tra il clan e le istituzioni, in una intercettazione si spinge ad affermare "Lassù qualcuno ci ama...". Anche le parole di Buzzi lo confermano: "'Amo firmato, a differenziata a Roma è tutta nostra". 


Buzzi invia un sms per le feste del 2013 in cui si augura emergenze. Grazie alla 'ndrangheta controllava anche il Cara di Cropani: un appalto di 1,3 milioni di euro





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Andrea Indini


Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati nella cupola affaristica romana
Intascano 50 euro, agli immigrati ne lasciano dueBuzzi: ''Gli utili li abbiamo fatti sugli immigrati'' Mafia Capitale, le foto dell'inchiesta
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Published on December 12, 2014 04:56

December 11, 2014

Riforme, Renzi minaccia: "Dopo di me, la Troika". Ma è il Pd a scoppiargli in mano

"Dopo di me, c'è solo la Troika". La minaccia di Matteo Renzi si schianta contro il Pd stesso. È la minoranza dem ad agitare gli animi e far scricchiolare il governo. Adesso sì che le elezioni anticipate sono più vicine. L'iter parlamentare delle riforme è, infatti, andato a schiantarsi contro il muro dei ribelli piddini. Ieri, in commissione Affari costituzionali alla Camera, il governo è andato sotto sui due emendamenti che eliminano i cinque senatori a vita. Portano entrambi la firma del fuoco amico dei dissidenti dem e del Sel di Nichi Vendola. "Se la minoranza del Pd vuole andare a votare lo dica - ha sbottato oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio - noi vogliamo continuare e arrivare fino al 2018".


"Gli incidenti parlamentari possono anche capitare, ma quello che è successo ieri non esiste". Delrio non è disposto a concedere troppo spazio al dialogo. La misura è colma. E Renzi vuole chiudere al più presto il capitolo delle riforme strutturali per far vedere all'Unione europea che sta facendo i compiti a casa. "C'è un accordo - ha ricordato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - il governo è impegnato ad andare avanti con il programma, basta segnali di vecchia politica". Il dato politico resta. E i nodi pure. Nodi che, sottolinea una fonte della minoranza Dem, derivano anche dall'atteggiamento del governo incapace di ascoltare i dubbi degli esponenti della sinistra piddì. Alla fine si è voluti arrivare al voto, e i ribelli hanno dare un segnale sul fatto che, su certi punti "non centrali" della riforma, il confronto non può essere eluso. Insomma, dopo giorni di sospensione, il clima sembra surriscaldarsi in vista del rush finale. E se la minoranza non abdica, il governo non ammette certo rallentamenti. "Nessun timore, il dato politico è in Aula", ha sottolineato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi laddove il premier ha rincarato scagliandosi contro "giochetti parlamentari" e ribadendo: "Avanti, c’è un Paese da cambiare".


Le rassicurazioni di facciata del duo Renzi-Boschi non reggono la notte. L'assalto è iniziato. Enzo Lattucca, intervistato da Agorà, ha ricordato al premier che quello di ieri è stato solo un segnale. "Le riforme vanno trattate coi guanti - ha detto - bisogna fare attenzione ai dettagli...". Lo stesso tono di minaccia è stato usato da Rosi Bindi. Nel frattempo all'Italicum sono stati appioppati altri otto emendamenti della minoranza piddì. E altri otto arriveranno nelle prossime ore. Tutte trappole nell'accidentato percorso delle riforme. Tanto da far sbottare Delrio: "Se vogliono le elezioni anticipate...". Il clima è tesissimo. E a metterci il carico da novanta è Massimo D'Alema: "È stupefacente che una persona ragionevole come Delrio, nel giorno in cui escono i dati della produzione industriale con l’ennesimo segno meno a conferma della gravità della crisi del nostro paese, non trovi di meglio che minacciare i parlamentari".


"A parte il fatto che non è nel potere delle minoranze - ha commentato Vannino Chiti - faccio notare che fino ad ora sono stati esponenti che si dichiarano di assoluta fede renziana ad invocare il voto". D'altra parte, ieri sera, è stato proprio Roberto Giachetti a raccogliere ira dell’intera ala renziana. Che senza mezzi termini ha chiesto "elezioni subito".


Alta tensione nel partito. Il sottosegretario: "Noi vogliamo continuare, se vogliono il voto lo dicano". D'Alema sbotta: "Non minacci"





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Andrea Indini



Ue e fronda dem, Renzi mai così debole
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Published on December 11, 2014 09:14

December 10, 2014

La truffa dei finti ispettori del Fisco per riscuotere il canone Rai

Si presentano alla porta come ispettori del Fisco o dell'Agenzia delle Entrate. Ma non lo sono. Tratti in inganno, centinaia di cittadini gli hanno già aperto le porte di casa lasciandoli entrare. Solo allora gli "ispettori" si sono qualificati come uomini inviati dalla Rai. Il motivo? Stipulare un contratto col versamento del canone per viale Mazzini. Per il momento è successo soltanto a Varese ma, stando alla denuncia della Federconsumatori, gli stessi blitz potrebbero essere replicati in tutto il Paese.


La truffa è dietro l'angolo. O meglio: dietro la porta. Come denuncia la Provincia di Varese, è partita in questi giorni la nuova campagna ideata dai vertici di viale Mazzini per costringere anche gli irriducibili a pagare il canone. Un tentativo in extremis per racimolare entro la fine del 2014, un altro po’ di soldi. Il compito è affidato a un manipolo di persone che si presentano al citofono qualificandosi come "incaricati delle Agenzie delle Entrate". "Ma non è così, sono dei privati cittadini, dei procacciatori di contratti per la precisione, gli stessi ingaggiati ad esempio dagli operatori telefonici – ha denunciato Francesco De Lorenzo della Federconsumatori – presentandosi come incaricati delle Agenzie delle Entrate agiscono sul filo dell’illegalità". Una vera e propria truffa che va ad affiancarsi alle classiche lettere di minaccia allegate ai bollettini in bianco che puntualmente vengono inviati ai nuclei familiari "inadempienti".


Secondo quanto denunciato dalla Federconsumatori, la Rai si sarebbe rivolta a un'agenzia di "procacciatori di contratti". Il modus operandi di questi finti operatori del Fisco è piuttosto semplice e meschino. "I cittadini che ricevono la loro visita  - spiega De Lorenzo - non sono tenuti a farli entrare in casa". Una volta entrati, i procacciatori consegnano il bollettino per sottoscrivere un nuovo abbonamento facendo leva sul fatto che un solo pagamento è sufficiente ad azzerare ogni debito con viale Mazzini. "La verità - continua De Lorenzo - è che si tratta ancora una volta di una campagna abbonamenti e di aggressione alla morosità che spara nel mucchio, senza tenere conto di chi davvero non è tenuto a pagare il canone". Come ricorda la Federconsumatori, infatti, non tutti i nuclei familiari sono tenuti a pagare. Un esempio su tutti: chi non possiede un televisore. E ancora: sono esentati pure chi ha 75 anni di età e chi ha un reddito non superiore a 6.714 euro (ovvero 516,46 euro al mese). Alcuni di questi, purtroppo, sono già caduti nella truffa di mamma Rai.


Centinaia di casi in tutta Varese: si qualificano come agenti del Fisco, ma poi sono uomini inviati dalla Rai per stipulare un contratto col versamento del canone. La denuncia di Federconsumatori: "Questi blitz potrebbero essere replicati in tutto il Paese"





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Andrea Indini

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Published on December 10, 2014 08:35

December 5, 2014

Poletti, Marino, Bonafé: tutti alla corte di Buzzi

Commissariare il Pd romano non basterà. Matteo Renzi, se vuole davvero vederci chiaro sul pantano capitolino, dovrà sporcarsi le mani nel fango di affari sporchi, politica, malaffare e cooperative che l'inchiesta "Mafia Capitale". Perché anche il sindaco Ignazio Marino, nelle ultime ore salutato dai vertici dem come "l'argine al crimine in Campidoglio", non la racconta giusta. O comunque mente. Perché da giorni va in giro a dire che non conosce Salvatore Buzzi, patron di una costellazione di coop e trait d'union tra Massimo Carminati, i Palazzi romani e il Partito democratico, quando invece non è così? Basta fare un giro sul sito della cooperativa "29 Giugno" per capire che il primo inquilino del Campidoglio nasconde qualcosa. 


Ci sono davvero troppe fotografie con cui Renzi deve fare i conti. La prima è quella che immortala proprio il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a tavola con gli indagati eccelleti dell'inchiesta "Mafia Capitale". Poletti dice che quello scatto lo fa star male, lo riempie di imbarazzo. Ma non spiega cosa ci facesse a tavola con Buzzi e il clan che controllava i traffici romani. Renzi gli dà fiducia, sta dalla sua parte e tira dritto. Perché mettere in dubbio il titolare del Lavoro, significa minare l'interno governo. E l'inchiesta, che sta facendo tremare tutti i Palazzi romani, sembra non lasciare respiro a nessuno. È un castello di sabbia che si sgretola, anche molto velocemente. Tanto che il prossimo a cadere è proprio quel Marino che adesso il Pd mette su un piedistallo spazzando via la figuraccia della Panda parcheggiata a oltranza in Senato e le multe a lungo non pagate e saldate solo in extremis. È da lui che il Nazareno vorrebbe ripartire evitando così di vedersi commissariato il Campidoglio da parte del Viminale.


Mentre il ministro dell'Interno Angelino Alfano valuta se intervenire sul Comune di Roma o meno, un'altra foto inguaia il Pd. Marino ha sempre negato di conoscere Buzzi. "Non ho mai avuto conversazioni con Salvatore Buzzi - ha dichiarato ieri sera Marino ai microfoni di Otto e mezzo - dalle intercettazioni leggo che diceva che era necessario togliermi di mezzo, non riuscendo a far cadere la mia giunta. Ma questo l’ho appreso nelle ultime 48 ore". Tutto falso. Sul sito della cooperativa "29 Giugno" ci sono infatti svariate fotografie che smentiscono la versione del sindaco di Roma. Come si può vedere dalla gallery del Giornale.it, che riporta le fotografie caricate dalla cooperativa, Marino è ritratto proprio mentre chiacchiera con Buzzi. Dove si trovano? Ovviamente nel quartier generale della cooperativa "29 giugno". Davanto alla prova del nove, si limita a replicare: "Ho visitato la cooperativa durante la campagna elettorale". Ora non resta che capire per quale motivo il sindaco "marziano" abbia mentito finché non ha più potuto arginare la verittà. D'altra parte tra gli "amici" del clan di Buzzi è sicuramente in buona compagnia. Sfogliando la photogallery spuntano, infatti, anche una visita dell'eurodeputata Pd Simona Bonafè e un'assemblea del maggio 2013 in cui era ospite Poletti.


Il sindaco di Roma assicura: "Non ho mai avuto conversazioni con Buzzi". Ma sul sito della cooperativa spuntano le foto che lo contraddicono. È in buona compagnia: spuntano pure la Bonafé e Poletti





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Ecco le foto di Ignazio Marino con Salvatore BuzziSimona Bonafè in visita alla coop di BuzziPoletti all'assemblea della coop di Buzzi
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Published on December 05, 2014 04:45

Una foto incastra Marino: alla cooperativa con Buzzi

Commissariare il Pd romano non basterà. Matteo Renzi, se vuole davvero vederci chiaro sul pantano capitolino, dovrà sporcarsi le mani nel fango di affari sporchi, politica, malaffare e cooperative che l'inchiesta "Mafia Capitale". Perché anche il sindaco Ignazio Marino, nelle ultime ore salutato dai vertici dem come "l'argine al crimine in Campidoglio", non la racconta giusta. O comunque mente. Perché da giorni va in giro a dire che non conosce Salvatore Buzzi, patron di una costellazione di coop e trait d'union tra Massimo Carminati, i Palazzi romani e il Partito democratico, quando invece non è così? Basta fare un giro sul sito della cooperativa "29 Giugno" per capire che il primo inquilino del Campidoglio nasconde qualcosa.


Ci sono davvero troppe fotografie con cui Renzi deve fare i conti. La prima è quella che immortala il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a tavola con gli indagati eccelleti dell'inchiesta "Mafia Capitale". Poletti dice che quello scatto lo fa star male, lo riempie di imbarazzo. Ma non spiega cosa ci facesse a tavola con Buzzi e il clan che controllava i traffici romani. Renzi gli dà fiducia, sta dalla sua parte e tira dritto. Perché mettere in dubbio il titolare del Lavoro, significa minare l'interno governo. E l'inchiesta, che sta facendo tremare tutti i Palazzi romani, sembra non lasciare respiro a nessuno. È un castello di sabbia che si sgretola, anche molto velocemente. Tanto che il prossimo a cadere è proprio quel Marino che adesso il Pd mette su un piedistallo spazzando via la figuraccia della Panda parcheggiata a oltranza in Senato e le multe a lungo non pagate e saldate solo in extremis. È da lui che il Nazareno vorrebbe ripartire evitando così di vedersi commissariato il Campidoglio da parte del Viminale.


Mentre il ministro dell'Interno Angelino Alfano valuta se intervenire sul Comune di Roma o meno, un'altra foto inguaia il Pd. Marino ha sempre negato di conoscere Buzzi. "Non ho mai avuto conversazioni con Salvatore Buzzi - ha dichiarato ieri sera Marino ai microfoni di Otto e mezzo - dalle intercettazioni leggo che diceva che era necessario togliermi di mezzo, non riuscendo a far cadere la mia giunta. Ma questo l’ho appreso nelle ultime 48 ore". Tutto falso. Sul sito della cooperativa "29 Giugno" ci sono infatti svariate fotografie che smentiscono la versione del sindaco di Roma. Come si può vedere dalla gallery del Giornale.it, che riporta le fotografie caricate dalla cooperativa, Marino è ritratto proprio mentre chiacchiera con Buzzi. Dove si trovano? Ovviamente nel quartier generale della cooperativa "29 giugno". Ora non resta che capire per quale motivo il sindaco "marziano" continui a mentire.


Il sindaco assicura: "Non ho mai avuto conversazioni con Buzzi". Ma sul sito della cooperativa spuntano le foto che lo contraddicono





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Ecco le foto di Ignazio Marino con Salvatore Buzzi
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Published on December 05, 2014 02:05

December 4, 2014

Ora gli affari della cupola rischiano di travolgere Renzi

"La paura ancora c’è". Nei capannelli del Transatlantico, lato Pd, l’effetto dell'inchiesta "Mafia Capitale" è devastante. I volti sono tesi, le battute ridotte a zero. "È chiaro che se l’inchiesta prosegue, se si scopre che ci sono ancora altri capitoli, si rischia lo scioglimento del comune - si sfoga un dirigente laziale del Pd ora parlamentare - ma questa è la Capitale, l’effetto sarebbe devastante". Perché dentro c'è davvero di tutto: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti fotografato a tavola con Salvatore Buzzi, Gianni Alemanno e altri indagati, le mani della cupola sulle primarie del 2013 tra Matteo Renzi e Gianni Cuperlo, le cooperative rosse che facevano paccate di soldi lucrando sull'accoglienza degli immigrati e sui finanziamenti ai campi rom. Un intreccio tra politica, mala e welfare che ha travolto l'intero impianto del Nazareno.


Il prefetto di Roma ha parlato di una situazione mai vista prima. Ha pure chiesto la scorta per il sindaco Ignazio Marino. Ma, allo stesso tempo, ha cercato di frenare il nervosismo chiedendo un po' di giorni leggere le carte prima di riferire al ministro dell'Interno Angelino Alfano. "Mi pare si tratti più di corruzione che di mafia, e la vera responsabilità è a destra", cercano di minimizzare alcuni piddini. Ma la loro freddezza viene travolta dal sentimento dei più. "È una cosa gravissima, il malaffare era diffuso", fa notare un renziano della prima ora a cui fa eco uno più vicino ad Areadem: "Sono coinvolte quasi tutte le aree del partito, il tema è politico, sono saltati i controlli". Insomma, il problema politico c’è ed è grande come una casa.


Renzi sta cercando di evitare il peggio, ovvero lo scioglimento del Comune di Roma. Sa bene che una decisione così estrema potrebbe colpire il nuovo corso del Pd, la sua segreteria e il suo governo. Così, mentre i quasi quaranta arresti e gli oltre cento indagati erano ancora caldi, il premier si è affrettato a commissariare il Pd romano, spedire Matteo Orfini a fare piazza pulita e siglare una tregua con Marino, indicato da molti come unico punto di forza per una ripartenza, per la sua caratteristica di "nuovo arrivato" nella Capitale. "Noi dobbiamo far capire di essere diversi, anche da quelli che ci hanno preceduto", spiega un deputato vicino al premier. "Matteo ha messo Cantone a capo dell’anticorruzione, ha fatto nuove regole sugli appalti, ha cambiato un’intera classe dirigente - si sfoga un altro - e invece questo fango ora rischia di colpire anche noi: non possiamo permetterlo". "Serve un un nuovo modo di selezione della classe dirigente e attenzione massima alla questione morale", fa notare il renziano Federico Gelli.


A vent'anni dal Modello Roma di Francesco Rutelli e Walter Veltroni il Pd riparte da Marino. Ma basta cacciare il presidente dell’Aula Giulio Cesare Mirko Coratti, l’assessore capitolino Daniele Ozzimo e il presidente della Commissione regionale cultura Eugenio Patanè per allontanare le ombre dal Pd? Resta, per esempio, il numero monstre dei cento indagati dove figurano numerosi politici locali. Per non parlare di dirigenti e imprenditori di area dem. Un numero che fa tremare il Nazareno.


Il ministro Poletti a tavola con gli indagati, le mani della cupola sulle primarie dem, il business delle coop con immigrati e campi rom. A Renzi non basterà commissariare il Pd romano





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Andrea Indini



Le mani della cupola sulle primarie del PdA tavola con Poletti: solo il ministro poteva non saperePoletti si difende: "Sgradevole tirarmi in ballo"I media amici fanno sparire dai titoli le mazzette del PdPoletti: "La foto con Buzzi? Mi mette in imbarazzo"Orfini: "Marino è argine ai poteri criminali"Primarie condizionate dalla mafia, Guerini: "Sono valide"
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Published on December 04, 2014 13:44

December 3, 2014

Così le coop hanno riempito Roma di profughi e campi rom

"Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno". Massimo Carminati aveva un braccio destro proveniente dall'estrema sinistra. Ma Salvatore Buzzi, 59 anni, arrestato con il presunto capo della "Mafia Capitale", intercettato dai carabinieri diceva candidamente che "la politica è una cosa, gli affari sò affari". E lui, condannato in passato per omicidio, si era inventato prima una cooperativa sociale con ex detenuti, poi aveva creato un piccolo impero nel settore. Capace di mettere al tavolo - in senso letterale - esponenti di destra e di sinistra, a lui Carminati aveva chiesto di "mettersi la minigonna e battere" per ingraziarsi la nuova giunta Marino. Perché, grazie alla sua cooperativa e al sodalizio con l'ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni, Luca Odevaine, facevano tutti una "paccata" di soldi coi fondi per l'accoglienza degli immigrati e per la gestione dei campi nomadi.


Fare affari (sporchi) col Welfare

"Quando la Lega denunciava che c’è gente che si arricchisce grazie alla presenza di Rom e immigrati eravamo razzisti: adesso che a Roma è venuto fuori, forse abbiamo ragione noi?". La denuncia di Matteo Salvini corre su Facebook. E incarna un mal di pancia tutto romano nei confronti del Campidoglio. Il bubbone capitolino esplode a pochi giorni dalle proteste e dagli scontri di Tor Sapienza. Altro che accoglienza, dietro al traffico di immigrati e profughi ci sarebbe un vero e proprio giro d'affari. Che guarda alle cooperative rosse. Il link col welfare è proprio Buzzi, il "braccio destro imprenditoriale" del Nero. Il gip Flavia Costantini nell'ordinanza d’arresto descrive "il suo ruolo apicale indiscusso, la sua posizione di primazia nel settore dell’organizzazione volto alla sfera pubblica, la sua presenza operativa in tutti i numerosissimi reati commessi nel settore". Lui, signore delle coop, lo dice chiaramente in un’intercettazione allegata all’ordinanza di circa 1200 pagine: "Il traffico di droga rende meno". L’affare dei centri di accoglienza per rifugiati e immigrati è, secondo la procura di Roma, garantito da Odevaine, descritto nell’ordinanza come "un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell’emergenza immigrati".


I fondi per i centri d’accoglienza

I fondi per i centri d’accoglienza sono un piatto ricco. Gli inquirenti lo chiamano, appunto, "sistema Odevaine". "La gestione dell’emergenza immigrati è stato ulteriore terreno, istituzionale ed economico, nel quale il gruppo si è insinuato con metodo eminentemente corruttivo – si legge nell'ordinanza del gip Costantini – alterando per un verso i processi decisionali dei decisori pubblici, per altro verso i meccanismi fisiologici dell’allocazione delle risorse economiche gestite dalla pubblica amministrazione". Un sistema studiato per far arrivare i soldi pubblici ai gestori amici che "si dividono il mercato". La "qualità pubblicistica" di Odevaine sta tutta nella possibilità di sedere al Tavolo di coordinamento nazionale insediato al ministero dell’Interno e, al tempo stesso, di essere uno degli esperti del presidente del Cda per il Consorzio "Calatino Terra d’Accoglienza", l'ente che soprintende alla gestione del Cara di Mineo. In una intercettazione è lo stesso Odevaine a spiegare al commercialista che, "avendo questa relazione continua" con il Viminale, è "in grado un po’ di orientare i flussi che arrivano da… da giù… anche perché spesso passano per Mineo… e poi… vengono smistati in giro per l’Italia… se loro c’hanno strutture che possono essere adibite a centri per l’accoglienza da attivare subito in emergenza… senza gara… le strutture disponibili vengono occupate… e io insomma gli faccio avere parecchio lavoro…".


Così Roma è stata invasa dai profughi

Siriani, libici, tunisini e iracheni. Tutti smistati a Roma, tra Caracolle e Tor Sapienza. I residenti delle banlieue capitoline lo dicevano che, forse forse, erano un filino troppi. È lo stesso Odevaine a spiegare il perché: "I posti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ndr) che si destinano ai comuni in giro per l'Italia fanno riferimento a una tabella tanti abitanti tanti posti Sprar... per quella  norma a Roma toccherebbero 250 posti... che è un assurdo... pochissimo per Roma, no?... allora... una mia... un mio intervento al ministero ha fatto in modo che... lo Sprar a Roma... fosse portato a 2.500 per cui si sono presentati per 2.500 posti... di cui loro... secondo me ce n'hanno almeno un migliaio". Insomma, a Roma erano destinati 250, ma grazie allo zampino di Odevaine i posti sono lievitati a dieci volte tanto, in modo che almeno mille venissero "ospitati" nelle case accoglienza di Buzzi. Per questo "servizio" l'ex vicecapo gabinetto di Veltroni riceveva un regolare stipendio da 5mila euro.


Il (ri)finanziamento dei campi rom

La cupola di Mafia Capitale specula (e fa affari) con qualsiasi emergenza della Capitale. Dal maltempo ai protocolli per la prevenzione del rischio, dal servizio giardini del comune alla raccolta differenziata. Ma, soprattutto, con i fondi per la costruzione e la gestione dei campi nomadi. Gli inquirenti hanno, infatti, messo a nudo la capacità di interferire nelle decisioni dell’Assemblea Capitolina in occasione della programmazione dei bilanci pluriennale in modo da "ottenere l’assegnazione di fondi pubblici" per rifinanziare i campi nomadi, la pulizia delle aree verdi e il progetto "Minori per l’emergenza Nord Africa". Tutti settori in cui operano le società cooperative di Buzzi. "Noi quest'anno abbiamo chiuso... con quaranta milioni di fatturato - spiega lo stesso Buzzi - ma tutti i soldi... gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull'emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero".


"Gli immigrati rendono più della droga". Ecco perché, nonostante il tetto di 250 profughi, a Roma ce ne sono più di 2.500





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Andrea Indini



Mafia e politica: salta l'assessore Pd di MarinoIl business dei migranti e l'asse con le cooperativeKiller neri e violenti rossi: ecco "il cupolone traversale""Bustoni di soldi a tutti, anche a Rifondazione"Carminati, il "Nero" interpretato da ScamarcioBuzzi, la mente della coop con le mani in pastaAlemanno, il missino che ha scalato il CampidoglioOzzimo, dal volontariato a ras del piano casaBuzzi: ''Gli utili li abbiamo fatti sugli immigrati'' Buzzi: "Mancini ce sta a passa' i lavori buoni"
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Published on December 03, 2014 06:53

December 1, 2014

Il governatore Rossi fa lo spot ai rom: "Ecco i miei vicini di casa"

"Vi presento i mie vicini. Siamo sul marciapiede davanti alle nostre case". Nelle fotografia postata ieri su Facebook, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi abbraccia una famiglia rom. "Da sinistra Cassandra, Andra, Verdiata e Francesco con in braccio la piccola Narcisa - scrive il governatore - accanto a me a sinistra Robert, il papà di Narcisa, e Dragos a destra, suo cugino. Papina, Papusa in ginocchio e Nadia in piedi, la mamma di Narcisa. L’ultima a destra è Dana, la moglie di Dano che ride dietro l’obiettivo e scatta questa bella foto di domenica pomeriggio a Firenze". Li presenta ad uno ad uno, i suoi vicini di casa. E li sbatte su Facebook in un momento in cui la tensione sociale è alta e la convivenza pacifica è messa quotidianamente a rischio. Tanto che, a stretto giro, il post è stato bersagliato da commenti pesantemente critici ai quali Rossi ha provato anche a ribattere. Senza riuscirci.


Un'iniziativa ideologica che lascia il tempo che trova. Un po' come quando i grillini avevano chiesto ai propri follower su Facebook cosa avrebbero fatto se avessero avuto la Boldrini in auto. La provocazione di Rossi ha sortito lo stesso effetto. Non sono mancati gli insulti né i commenti razzisti, ma hanno più che altro dilagato le accuse di fare della facile propaganda. La famiglia di rom, con cui si è fatto fotografare, è inserita dal 2001 nel progetto della "Rete per l'ospitalità nel mondo" coordinata da due magistrati, Luciana Breggia e Marco Bouchard. L’abitazione in cui vivono è stata messa loro a disposizione nell’ambito di questo programma. Un membro della famiglia, originaria della Romania centrale, collabora da tempo con la Caritas ed un altro ha un lavoro regolare. Insomma, non un paradigma di quello che avviene in Italia. E gli utenti si affrettano a farglielo notare. "Caro presidente - scrive Riccardo - loro non pagano il suo stipendio né quello della giunta. E soprattutto non pagano la nostra sanità e i nostri servizi di welfare pur essendone i principali fruitori. Vada a farsi fotografare con quelli a cui gli zingari hanno svaligiato la casa o quelli a cui non è stata concessa una casa popolare o un posto per il figlio all’asilo perché scippato da una famiglia rom. Non abbiamo debiti nei loro confronti, loro sì nei nostri". Gli fa eco Giacomo: "Una foto di una demagogia oscena e volgarmente offensiva per tutti quelle persone che la mattina si alzano per andare a lavorare e pagano le tasse. Supportare chi sceglie di non integrarsi per vivere nella marginalità per poter delinquere semi indisturbato è ideologicamente criminale! Vergognati!". E ancora: "Voglio il selfie quando se li ritroverà in camera da letto entrati dalla finestra alle 3 di notte".


Il post di Rossi altro non è che un mal riuscito slogan da campagna elettorale. Con lo sguardo alle regionali dell'anno prossimo, il governatore si è buttato sul classico buonismo di sinistra. Tanto che, rispondendo alle critiche, si è pure messo a fare una filippica contro l'odio razziale: "L’uso dei social media non può essere limitato in alcun modo ma quando il discorso pubblico diventa sfogo violento e irrazionale occorre alzare il livello della discussione". La deputata toscana di Forza Italia Deborah Bergamini, però, gli fa notare che "la provocazione e l’imposizione dell’accoglienza sono l’esatto contrario della cultura dell’integrazione". Giorgia Meloni, invece, gli ricorda che da governatore (forse) dovrebbe occupare il proprio tempo per dare una mano agli alluvionati, alle vittime del Forteto, ai precari e alle imprese soffocate da tasse: "Niente da fare, le attenzioni sono solo per i rom". Infine, Matteo Salvini a riassumere molto bene l'offensiva del governatore: "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei...".


La foto del governatore della Toscana con una famiglia roma scatena le polemiche. La rete lo critica e lui grida all'odio razziale. Ma la sua è solo propaganda elettorale





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Andrea Indini



Rossi: "Con questa foto sfido Salvini e Grillo"
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Published on December 01, 2014 08:57

November 30, 2014

I "grandi" problemi della Moretti: "Da tempo non vado dall'estetista"

Ah, le mani. Già, le mani... Alessandra Moretti è lorgorata dalla politica. Non tanto dall'europarlamento, dove è stata da poco eletta. Piuttosto dalle primarie. E tutta questa stanchezza la riversa sulla sua bellezza acqua e sapone, sullo stile "ladylike" che l'accomunava alla ministra Maria Elena Boschi. Ma la politica, la corsa per la poltrona da governatrice del Veneto, la sta logorando. "Ecco qui - dice al giornalista del Corriere della Sera che oggi l'ha intervistata - guardi pure, controlli... unghie spezzate, nemmeno l’ombra di smalto... Sa quant’è che non vado dall’estetista?".


Lo scorso 18 novembre, in un'altra intervista al Corriere della Sera, aveva detto di andare dall'estetista una volta alla settimana. "Dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti", diceva. Parlava di stile "ladylike" da declinare anche in politica, assicurava che la bellezza "non incompatibile con l'intelligenza". E, contro i pregiudizi di una certa sinistra vetero, la Moretti sparava senza pietà: "Io, la Boschi, la Madia, abbiamo uno stile 'Lady Like': dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti". Una stilettata che molti intesero essere indirizzata alla vecchia guardia che innalza a dogma lo stile di Rosi Bindi. "Era più austero, mortificava la bellezza, la capacità di mostrare un volto piacente, per fortuna era diverso dal nostro - diceva l'eurodeputata al Corsera - ma si sa, i tempi sono cambiati". E ancora: "Io vado dall'estetista ogni settimana: cosa faccio? Ogni cosa, le meches, la tinta...vado a correre. Accompagno i miei figli di corsa, loro in bici io di corsa". E anche quando le facevano notare che sui social l'avrebbero massacrata, lei ribatteva impavida: "E chissenefrega, devo forse venire coi peli, i capelli bianchi..? Ho un ruolo pubblico, rappresento tante donne e voglio farlo al meglio... sappiano che non ci intidimiscono. Saremo sempre più belle, brave pronte tenaci e coraggiose... ma cos'hanno contro di noi, cosa gli abbiamo fatto?".


Sacrosante le parole della Moretti. Per nulla l'attacco di Massimo Cacciari che tuonò: "Ma che caz... dice la Moretti? Poverina, non conosce la storia di questo Paese!". Benvenga lo stile "ladylike". Benvenga la bellezza, che non è alternativa all'intelligenza, anche tra i banchi della politica. La sinistra ci è arrivata tardi, ma alla fine sembrano averlo capito anche dalle parti di via del Nazareno. Lo stesso Matteo Renzi aveva parlato di "rivoluzione della bellezza". E la Boschi non ha mai mascherato le proprie curve. Anzi, più volte ha difeso il diritto di sentirsi a proprio agio con la femminilità. Ma tutto ha un limite. Perché tirarla alle lunghe con l'estetista, il parrucchiere, la manicure... che scatole! Il Corriere della Sera è diventato il confessionale della Moretti. Non si sa se per mettere una pezza alla passata intervista, che le sono valsi non pochi strali da certi sinistri, o per dimostrare che ha corso in lungo il largo il Veneto per meritarsi la nomination alla Regione. Ma tant'è.


La Moretti non va da tempo dall'estetista. Ha le unghie rotte. E pure senza smalto. È un problema. In settimana dovrà risolverlo. Le 230mila persone che l'hanno votata alle europee per mandarla a Strasburgo per cambiare la Ue possono (ancora) aspettare. Tanto giorno più, giorno meno poco cambia.


L'eurodeputata Pd logorata dalle primarie in Veneto: "Guardate le mie unghie, sono spezzate...". Stile ladylike addio?





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Andrea Indini



"Rappresento le donne, non potrei coi capelli bianchi"
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Published on November 30, 2014 10:17

November 29, 2014

Il ricatto dei mercati per stoppare l'antieuropeismo

Nemmeno l'exploit di Beppe Grillo e del suo Movimento alle politiche del 2013 li aveva preoccupati così tanto. Adesso sembra, invece, che qualcosa terrorizzi i trader europei. Ancora una volta non è quel referendum per dismettere l'euro, presentato nelle scorse settimane dai grillini, ma l'avanzata di due partiti che nel dna hanno l'anti europeismo. Si tratta della Lega Nord di Matteo Salvini e del Front National di Marine Le Pen. I due, a differenza del comico genovese, hanno infatti qualche (seria) probabilità di diventare forze governative in grado di incidere a Bruxelles.


Nel 2015 scadranno ben 141 miliardi di Btp decennali. È questa la leva su cui i trader del Vecchio Continente (e non solo) intendono premere per ricattare gli elettori influenzandone il voto. "I mercati sono perplessi - spiega Isabella Bufacchi sul Sole 24Ore - chi si comprerà Btp decennali sotto il 2%?". Perché, come fanno notare diversi analisti, non vale la pena scommettere sull'Italia. Non valgono nemmeno i 132 punti di spread coi Bund tedeschi. A spaventare gli investitori esteri c'è una lunghissima sfilza di indicatori macroeconomici che li sconsigliano di puntare sul Belpaese. In primis il debito pubblico che è lievitato al 133% del pil. Una percentuale monstre che si lega indissolubilmente alla continua recessione (attestata sia dall'Istat sia dalla Bce) e a una crescita inesistente. E ancora: scarsa competitività, debole produttività e riforme strutturali al palo. Insomma, al di là degli spot del premier Matteo Renzi, qualsiasi dato è reso (se possibile) ancor più amaro dalle tensioni sociali generate dai livelli record della disoccupazione (13,2%).


Ma non sono i parametri economici a innervosire le principale piazze finanziarie. Come in Francia, dove in questi giorni la Le Pen ha aperto il congresso del Front National, anche in Italia gli occhi sono puntati sulle formazioni anti europeiste. I sondaggi danno, infatti, il partito della Le Pen saldamente in testa. Alla figlia del leader storico della destra francese potrebbe, infacci, riuscire la cavalcata vincente sull'Eliseo scalzando l'incolore e dannoso Francois Hollande. In Italia, invece, abbiamo già assistito all'exploit della Lega Nord che, alle regionali in Emilia Romagna, ha totalizzato oltre il 20% delle preferenze. E qui è scattata la minaccia. Perché i dati negativi sull'economia interna possono anche essere messi da parte, ma l'anti europeismo no. "Finché l'Italia si mantiene saldamente ancorata all'euro, all'Eurozona, ai partner europei - spiega la Bufacchi - il rischio.Italia scompare dagli schermi dei trader mondiali in Bto e dagli investitori esteri interessati ad asset italiani". Per i trader, infatti, la Lega Nord non è market friendly. E per questo non dovrebbe essere votata.


Lega e Front National non sono considerate market-friendly dai trader europei. Nel 2015 scadranno 141 miliardi di Btp. E già c'è chi minaccia: "Finché l'Italia resta ancorata all'euro non avrà problemi"





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Andrea Indini



Il Cav: "Creiamo e stampiamo una seconda moneta"Alfano: "L'euro deve essere difeso"
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Published on November 29, 2014 08:01

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Andrea Indini
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