Andrea Indini's Blog, page 133
February 18, 2015
Immigrazione, ecco i trafficanti di uomini che minacciano l'Italia
Ermies è "basso e robusto", almeno così dicono. In molti lo hanno visto impartire ordini nella mezrea, la fattoria nelle campagne di Tripoli dove i clandestini aspettano per settimane prima di salire sulle carrette dirette in Italia. John, invece, è descritto come "una persona affidabile", a differenza di Teferi e Shumay, che costringono le persone a partire contro la propria volontà. Poi c’è Abdelrezak, che negli ultimi tempi si è fatto vedere poco sulle spiagge libiche: due viaggi organizzati a maggio e giugno scorsi sono andati a finire male e 300 immigrati sono morti annegati. "Si è un po' defilato - dicono - ma è sempre attivo".
I mercanti di uomini che operano in Libia non arrivano alla dozzina. Quasi nessuno è libico: sono etiopi, sudanesi ed egiziani. Gli investigatori e i servizi segreti italiani li conoscono talmente bene al punto da sapere che, durante Mare Nostrum, applicavano ai "prezzi" dei viaggi uno sconto del 50% dal momento che le navi italiane si avvicinavano fino a poche miglia dalla Libia per salvare gli immigrati. Nonostante tutti i dossier in mano all'intelligence, riuscire a mettere le mani s su questi trafficanti di uomini e disarticolare le loro organizzazioni, che si avvalgono di decine di collaboratori, è tutt’altra storia. "Non si sa più con chi parlare - spiegano gli 007 - non c’è nessuno che comanda, un accordo preso può diventare carta straccia il giorno dopo". E così Ermies e gli altri continuano a fare i loro interessi indisturbati. "Il nostro lavoro - dice al telefono, intercettato dall'Ansa, Ermies - è il contrabbando di migranti, quindi possono sorgere degli imprevisti".
Sono le intercettazioni a rivelare i nomi e le storie di chi gestisce i traffici. John Maray, ad esempio, è un sudanese. Il suo quartier generale è a Khartoum, ma spesso si sposta in Libia. "È - dicono le inchieste aperte dalle procure siciliane - uno dei principali organizzatori dei trasferimenti dei migranti dal centro Africa alle coste della Libia". Ha uomini nelle carceri locali e tutti lo conoscono come un personaggio affidabile. "Per organizzare i viaggi - dice John al telefono ad un altro trafficante - vanno rispettati determinati fattori, e cioè che le partenze non devono avvenire con il mare in tempesta e non bisogna dare adito alle lamentele dei migranti". John è in contatto con Ermies (o Ermias) Ghermay, un 40enne etiope che da anni vive in Libia. Di lui gli investigatori sanno quasi tutto: abita nel quartiere di Abu Sà a Tripoli, si sposta spesso nei porti di Zuwara, Zawia, Garabulli e gestisce una fattoria dove nasconde fino a 600 clandestini alla volta. A questi disperati chiede tra i 1.200 e i 1.600 dollari a testa per partire. Al telefono parla di contatti con la "polizia libica" e persino di un "capo" che viaggia spesso in Arabia Saudita. "Quando i viaggi li organizzo io, i viaggiatori partono tutti - dice - se non riesco ad imbarcarli in un viaggio ce ne sarà un altro pronto a partire l’indomani o tra qualche ora". Si troverebbe invece in Turchia, dopo la stretta delle autorità egiziane, Ahmed Mohamed Hanafi Farrag, considerato uno dei capi delle organizzazioni che operano in Egitto. Aveva auto e camion per il trasporto degli immigrati, case, imbarcazioni di vario genere, tra cui due "navi madre" che gli sono state sequestrate in Italia. E lui al telefono chiedeva al capitano di fargli sapere dove doveva mandare l’avvocato.
Dalle informazioni, che i servizi segreti hanno ancora sul territorio, sembrerebbe che siano ancora loro ad avere in mano la gestione della tratta di esseri umani, ma l’arrivo dei miliziani in nero potrebbe cambiare le cose. Già il fatto che i clandestini vengono buttati in mare con qualsiasi condizione meteo e con barche fatiscenti è il segnale che si vuole alzare la pressione. E chi ha davvero interesse a farlo? Secondo il presidente del Copasir Giacomo Stucchi è poi "concreto" il rischio che dei terroristi possano nascondersi tra gli extracomunitari. E c’è un altro elemento che preoccupa gli esperti ed è quello evidenziato dalla Rivista italiana difesa: gli uomini dello Stati islamico potrebbero ripetere nel canale di Sicilia quel che da dieci anni accade nel tratto di mare tra la Somalia e Aden, attaccando pescherecci, piccoli mercantili e anche i mezzi di soccorso, con l’obiettivo di prendere ostaggi. Ma c’è un altro scenario ipotizzato, ancora più inquietante: i terroristi potrebbero trasformare i barconi in trappole esplosive da far saltare in aria contro le navi e le motovedette italiane o di Frontex impegnate nei soccorsi ai migranti.
Ai disperati vengono chiesti fino a 1.600 dollari a testa per partire. Durante Mare Nostrum applicavano uno sconto del 50% perché le navi italiane recuperavano gli immigrati fino a poche miglia dalla Libia
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Andrea Indini
Il terrore arriva col gommone: ecco la "bomba umana"
February 14, 2015
Riforme, i grillini alle opposizioni: "Dimissioni di massa e andiamo al voto"
L'approvazione dei quaranta articoli che riscrivono la Costituzione avviene in un'Aula semivuota. Come annunciato, le opposizioni non si sono sedute ai loro banchi, con l’eccezione di una manciata di grillini e deputati azzurri a presidiare l'andamento dei lavori. Al premier Matteo Renzi, però, non importa. "Non ci fermiamo", promette. Eppure tutto intorno sembra crollare, mentre si fa assordante il silenzio del capo dello Stato Sergio Mattarella. All'indomani dell'Aventino delle opposizioni e della prova di forza della maggioranza, che ha finito per approvarsi una riforma tanto epocale quanto quella costituzionale, i grillini minacciano di dimetterso e la minoranza piddì fa sapere che non voterà più se l'Aula sarà ancora vuota.
"Abbraccio gufi e sorci verdi". Renzi fa il bullo. Per ora. La maggioranza ha superato la prova delle centinaia di proposte di modifica al ddl Boschi. Ma il secondo atto della partita sulle riforme non si è ancora consumato: per il via libera finale al provvedimento occorrerà aspettare i primi giorni di marzo. "Cambiare 40 articoli della Costituzione con metà dell’emiciclo disertata sarebbe una sconfitta per tutti - avverte Gianni Cuperlo - bisogna fare ogni sforzo per evitarlo". A Renzi non importa. Vuole arrivare a chiudere la riforma costituzionale entro la prima settimana di marzo. Avanti come uno schiacciasassi, dunque. Anche a costo di rimanere solo. A furia di non guardarsi indietro, infatti, i mal di pancia aumentano. E non soltanto tra i banchi dell'opposizione. Nelle ultime ore si sono rifatti vivi i malumori della minoranza dem. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, avverte che se a marzo, al momento del voto finale sulle riforme, si dovesse ripetere l’assenza di tutte le opposizioni, la sinistra piddì non prenderebbe parte al voto stesso. "Renzi lasci le battute ai comici", intima Stefano Fassina ricordando al premier che "non è il più forte a fare le regole".
Se la minoranza piddì minacia di non votare più in linea conl partito, i Cinque Stelle minacciano di dimettersi per far cadere il parlamento e tornare al voto. "Siamo al limite del colpo di Stato bianco, quello che non si fa con carri armati e rastrellamenti, ma con colpi di mano di maggioranza - tuona Beppe Grillo dal blog - c'è una sola via d’uscita: sciogliere il Parlamento ed andare subito a nuove elezioni". Una proposta che il deputato pentastellato Alfonso Bonafede rigira a tutte le opposizioni: "Noi siamo pronti a dimetterci. Certo, questo ha un senso se tutte le opposizioni lo fanno. Quindi chiedo alle altre forze di opposizione di seguirci".
Parlamento a un passo dal collasso. All'indomani dello strappo di Renzi, i grillini minacciano: "Pronti a dimetterci". E Boccia: "Se l'Aula è vuota, non votiamo più"
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Andrea Indini
Renzi fa il bullo, resta solo / Alessandro SallustiRiforme, maratona notturna: avanti senza le opposizioniRenzi passa alle minacce: "O si chiude o si va al voto"Al primo test Mattarella sceglie il silenzioL'irritazione di Berlusconi: "Ora basta coi diktat"Botta e risposta tra Renzi e BrunettaSperanza: "Per il Pd le riforme sono irrinunciabili"Di Maio: "Siamo orgogliosi di fare casino contro il governo Renzi"
L'Italia farà guerra alla Libia?
I miliziani libici legati allo Stato islamico hanno preso il controllo di Sirte stabilendo il quartier generale in una radio locale nel centro della città costiera a 500 chilometri a est di Tripoli. Il timore è che possano proclamare l’emirato islamico di Sirte, sulla scia di quanto già fatto a Derna. Il rischio per l'Italia di finire sotto il tiro dei missili dei jihadisti libici si fa, giorno dopo giorno, sempre più concreto. Anche per questo motivo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha avvertito che il governo è pronto a intervenire militarmente in Libia, "naturalmente nel quadro della legalità internazionale", ossia in caso di intervento sotto l'ombrello Onu.
La Libia paga ora il prezzo della forsennata guerra voluta dall'allora presidente francese Nicolas Sarkozy contro il rais Muhammar Gheddafi. La Primavera araba ha messo in sella un governo debole e litigioso aprendo così la strada al jihadismo che ha trovato nello Stato islamico del califfo Abu Bakr al Baghdadi. La Libia è uno Stato fallito. Qui l'Isis può avere buon gioco. Sui siti jihadisti sono apparse foto di uomini armati di kalashnikov seduti di fronte ai microfoni nello studio di registrazione. "Hanno conquistato Radio Sirte - ha riferito un residente - da allora hanno mandato in onda versetti del Corano e discorsi di al Baghadi". Un ex funzionario statale teme che i jihadisti "possano avvantaggiarsi dell’assenza di qualsiasi autorità centrale governativa per trasformare la città in un emirato islamico come hanno fatto a Derna". La situazione, però, ha aggiunto, è più complessa di quanto non possa sembrare. Diversi gruppi radicali hanno, infatti, i propri bastioni a Sirte. Tra questi ci sono anche Ansar al Sharia, gruppo terroristico nella lista nera di Usa e Onu, e Alba Libica, coalizione che già controlla parte di Sirte.
Il dato più drammatico è che, con la presa di Sirte, i jihadisti vicini allo Stato islamico si trovano a un tiro di schioppo dall'Italia. Appena 500 chilometri. "In Libia - ha finalmente ammesso Gentiloni - comincia a esserci una minaccia terroristica finora abbastanza circoscritta a Derna e in alcune zone del sud". L’Italia sostiene già la mediazione dell’Onu che sta cercando di riconciliare le due diverse forze del Paese. Ma, se non dovesse riuscire nella mediazione, il governo Renzi sarebbe pronto a fare "qualcosa di più". Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi starebbe valutando la possibilità di intraprendere "una missione di peacekeeping con le bandiere dell'Onu, ma guidata dall'Italia". Non è, infatti, escluso che, nel giro di qualche mese, l'Italia possa "intervenire con propri militari in una missione dai contorni per ora non definibili". Ma una missione di peacekeeping basta per pacificare i tagliagole islamici?
L'Isis conquista Sirte. Ora è a 500 km dall'Italia. Non era mai arrivato così vicino all'Europa. Renzi pronto a intervenire. Ma con quali regole di ingaggio? Sostieni il reportage
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Andrea Indini
SONDAGGIO Giusto intervenire militarmente in Libia?I jihadisti libici avvertono: "Con uno scud colpiamo l'Italia"La jihad si avvicina all'Italia: mappa del terrore islamicoL'ambasciata agli italiani: "Lasciate subito la Libia"
February 13, 2015
Renzi abbandonato da tutti: ora si vota le riforme da solo
Matteo Renzi resta solo. Abbandonato da tutti, dovrà votarsi le riforme da sole. Quello che resta dell'Aula di Montecitorio, maggioranza a parte, è un deserto. Tutta l'opposizione, da Forza Italia al Sel, dal Movimento 5 Stelle alla Lega Nord, ha fatto fronte comune e se ne è andata lasciando alla Camera, dove si stanno votando gli emendamenti alla riforma costituzionale, un vuoto assordante. "Denunciamo la deriva autoritaria, un colpo mortale alla democrazia - tuona il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta a nome di tutte le opposizioni - si sono delle violenze metodologiche inaccettabili da parte del Pd e della maggioranza". La tensione è altissima. E travolge pure il Nazareno. I ribelli piddì voltano le spalle al segretario e annunciano che non voteranno. "Il fatto politico che si è verificato è gravissimo - avvertono Stefano Fassina e Pippo Civati - chiedo al Pd ed al governo di fermare i nostri lavori".
"Un mostro è la riforma elettorale, un mostro la riforma della Costituzione, insieme fanno un mostro al quadrato che ci porta in una deriva autoritaria". È l'Aventino delle opposizioni. Tutti contro Renzi. Dopo la rissa notturna e le forzature del governo, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Fratelli d'Italia ed ex grillini hanno abbandonato i lavori per tenere una conferenza stampa congiunta. "Il governo d’ora in poi - promette Brunetta - vedrà sorci verdi su ogni provvedimento". La maggioranza deve fare da sé. Ma deve anche fare i conti con la minoranza dem che non ci sta ad approvare la riforma costituzionale. Renzi, insomma, è sempre più solo. Non potrà nemmeno contare sui voti del Sel o degli ex grillini sebbene in parlamento sia già cominciata la corsa a comprare i voti. "L’arroganza cui abbiamo assistito di Renzi e del Pd non ha precedenti", denuncia il capogruppo di Sel Arturo Scotto che non ha digerito la seduta fiume e l'accelerazione sul ddl Boschi imposta da Renzi. "Non si è mai visto un premier che in un momento drammatico piomba in Aula a sfidare le opposizioni - accusa Brunetta - peggio ancora a controllare i suoi parlamentari".
Renzi vorrebbe arrivare ad approvare entro sabato tutti gli articoli della riforma costituzionale ed entro la prima settimana di marzo al voto finale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, però, non potrà far finta di niente: il confronto parlamentare è ormai azzerato e la maggioranza si è ritrovata a doversi votare da sola il ddl. Le opposizioni hanno chiesto di essere ricevute al Quirinale. E il capo dello Stato ha fatto sapere che, a partire da martedì prossimo, le riceverà gruppo per gruppo. La Lega Nord, però, già lo accusa di "non aver fischiato il fallo". "Chi deve garantire l'imparzialità - denuncia il capogruppo della Lega, Massimiliano Fedriga - doveva impedire che questo scempio avvenisse ma ad ora nulla è successo". Le scempio rimane. E Renzi non intende fermarsi, nemmeno davanti a un'Aula vuota che gli intima di non fare lo spaccone. "Da anni la politica non fa le riforme - scrive su Twitter - ascoltiamo tutti, ma non ci facciamo ricattare da nessuno". Non si fermerà nemmeno davanti agli avvertimenti dei suoi. Oltre a Fassina e Civati, anche Gianni Cuperlo lo invita a fare "una pausa di riflessione dei lavori per recuperare un clima più disteso".
Scontro sulla riforma costituzionale. Il fronte unico delle opposizioni rimane fuori dall’Aula. Brunetta: "Deriva autoritaria del governo". Anche il Pd si divide
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Andrea Indini
Video sugli ex grillini: "Così comprano i parlamentari"Brunetta: "Denunciamo la deriva autoritaria di Renzi"Brunetta: "Faremo vedere a Renzi i sorci verdi"Fedriga: "Renzi cambia la Costituzione senza capire"Anche Sel all'attacco: "Per Renzi è una sconfitta"
February 11, 2015
L'Ue buonista si rimpalla gli immigrati morti in mare
"L'operazione Triton non è all’altezza dei compiti che deve svolgere". Dopo l'ennesima tragedia che si è consumata nel Canale di Sicilia, il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, affonda la missione che dovrebbe pattugliare il Mar Mediterraneo per far fronte all'emergenza immigrazione. "L'Europa - tuona - ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace". Non è il solo a pontificare. L'Alto rappresentante della Ue, Federica Mogherini, si è affrettata a convocare un vertice per "rivedere le politiche europee sull’immigrazione". Con la consapevolezza che nulla cambierà: migliaia di disperati continueranno a imbarcarsi per invadere l'Europa; chi non ce la farà, rimetterà l'anima a dio.
Come regolarmente avviene dopo ogni tragedia, la politica si lancia in nuove promesse. E si rimpalla le responsabilità. L’aveva fatto dopo la strage dell’ottobre del 2013 a Lampedusa, con 368 migranti affogati davanti all’isola dei Conigli, con l’allora presidente dell’Ue Barroso che davanti a quelle bare disse "l’Europa non può girarsi dall’altra parte". L'aveva fatto dopo la visita del Papa sull’isola, quando Francesco chiese perdono per tutti i morti in fondo al mare e invitò l’Italia e l'Unione europea a muoversi. E lo fa anche stavolta, dopo che 29 disperati sono morti di freddo tra la Libia e la Sicilia e solo grazie alla follia dei soccorritori che hanno sfidato onde alte 9 metri altri 76 clandestini sono arrivati sani e salvi. Oltra a questi 29 cadaveri, che presto saranno sepolti in Italia, ce ne sono altri trecenti in balia delle onde. "La tragedia consumatasi nel Mediterraneo è un’altra sciagura che poteva essere evitata - osserva Muiznieks - l'Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace". Il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa ha più volte affermato che l’Unione europea dovrebbe prendere come esempio Mare Nostrum, ma ha sempre taciuto che sulla coscienza di chi ha voluto quella missione ci sono tremila vite stroncate dalla furia del mare.
Il punto resta sempre lo stesso: mezza Europa non vuole saperne di farsi carico del problema, l’altra metà - con l'Italia in testa - va ripetendo da tempo che le frontiere della sponda sud dei Paesi europei sono a tutti gli effetti frontiere dell'Unione, dunque tutti devono farsene carico. La Commissione Ue ha ricordato al governo Renzi che Triton "ha l’intento di sostenere lo sforzo dell’Italia, non di sostituirsi a lei né a Mare Nostrum". Dunque l’Italia deve metterci del suo. Perché i morti sono già tanti. Più del 2014: 50 contro le 12 vittime dell’anno scorso. Come di più sono i clandestini già arrivati: 3.538 secondo i dati dell’Unhcr a gennaio 2015, 2.171 a gennaio dello scorso anno. Numeri che fanno temere un altro anno pesante. Per quest'ultima tragedia la procura di Agrigento aprirà un altro fascicolo. L'ennesimo. È il solito teatrino delle istituzioni (italiane ed europee) che si rimpallano le responsabilità. A Bruxelles il ministro dell'Interno Angelino Alfano risponde che spetta alla Ue occuparsene andando a "piantare le tende in Africa".
Anche in Italia il mood è lo stesso. Non si va oltre gli annuncia. Fioccano le frasi a effetto. "Agire ora è troppo tardi", dice il presidente del Senato Piero Grasso. Laura Boldrini fa eco: "Triton è inadeguata". E dal quartier generale del Partito democratico tornano a chiedere a gran voce il ritorno a Mare Nostrum. "Bisogna ripristinarlo - avverte Enrico Letta - anche se si perdono voti". In realtà, Mareo Nostrum non è la soluzione al problema, ma l'origine dell'emergenza. Continuare su questa linea significa aprire la strada ai trafficanti di uomini e mettere a rischio altre vite.
Ennesima tragedia nel Mediterraneo. L'Ue non muove un dito. E la sinistra radical chic chiede il ritorno a Mare Nostrum
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Andrea Indini
Sulla banchina dell porto di Lampedusa le salme degli immigrati morti
Il delirio del Pd: "Immigrati morti per colpa di Salvini"Triton: più sbarchi che con Mare NostrumDolore, ma di chi è la colpa? / Livio CaputoIl Viminale bacchetta il Nord per gli immigrati
February 10, 2015
Sarkozy ricattò Papandreou: così arrivò la Troika in Grecia
"Non è finita qui. Abbiamo le prove di nuovi scandali. Altre banche saranno coinvolte". In una intervista al Sole 24Ore Hervè Falciani, l’uomo che ha rivelato la lista della Hsbc, minaccia nuove rivelazioni e nuovi scandali. Tra le centomila persone, che hanno o hanno avuto conti segreti nell'istituto svizzero, ce ne sono un centinaio che ''contano'' più degli altri. Nomi che, inevitabilmente, hanno a che fare con la politica e che per questo sarebbero facilmente ricattabili. Tra questi, secondo il libro di Falciani, ci sarebbe anche l'ex premier greco George Papandreou.
La prossima settimana uscirà in libreria La cassaforte degli evasori. Il libro di Falciani rischia di far deflagare l'Unione europea. Perché dietro alla lista della Hsbc ci sarebbe un pericolosissimo giro di minacce e ricatti che hanno portato a decidere, imporre e far digerire politiche nazionali e comunitarie che hanno pesantemente penalizzato il popolo e gli interessi locali. A finire in questo gorgo è stata, nel 2011, la Grecia. È l'anno in cui la crisi economica tocca il suo punto più critico, in cui Bruxelles riesce a imporre le politiche austere spinte da Angela Merkel e e Nicolas Sarkozy, in cui in Italia si compie il golpe bianco contro Silvio Berlusconi. Già in quei mesi la lista Falciani girava nelle mani dei potenti. Uno che sicuramente la maneggiava era proprio l'allora presidente della Francia. "Nel 2011 - scrive Falciani nel suo libro - la guida delle negoziazioni con la Troika sul salvataggio della Grecia fu affidata a Sarkozy che aveva quella lista e, conoscendone i nomi, poteva fare pressioni su Papandreou". L'ex premier greco poteva essere ricattato perché nella lista della Hsbc spuntava anche il nome della madre che possedeva un conto da 500 milioni di euro.
Dal libro di Falciani, scritto a quattro mani con Angelo Mincuzzi, emerge chiaramente come gli "uomini d'oro" della Hsbc sono stati ricattati per imporre le politiche di austerity decise a Bruxelles. Alla Grecia toccò proprio questa sorte. Facendo leva sul conto della madre, Sarkozy riscì a imporre a Papandreou le misure devastanti della Troika. Poi, si legge sempre nel libro, "come era avvenuto negli Stati Uniti, la lista della Hsbc fu usata come arma di ricatto e merce di scambio. In Grecia l'elenco scomparve... In Grecia, come altrove, non è mai stata avviata formalmente alcuna indagine". Ai greci, però, sono rimaste sul groppone le politiche austere della Troika. Tanto che le rivelazioni di Falciani rischiano di far saltare il dialogo in corso tra il governo Tsipras e i vertici dell'Unione europea. Proprio domani l'Eurogruppo sarà chiamato a decidere il destino della Grecia. Le premesse non sono certo le migliori.
Nell'intervista al Sole 24Ore, Falciani assicura che "non è finita qui". "Abbiamo le prove di nuovi scandali - minaccia - altre banche saranno coinvolte". "Siamo in contatto con persone che hanno fornito le prove di altri scandali che diventeranno di dominio pubblico e che riguarderanno anche la sfera bancaria - spiega - stiamo lavorando con i sindacati francesi, con alcuni paesi africani e con le autorità del Belgio". L'obiettivo è "creare una rete internazionale che comprende anche la Spagna". Falciani conferma, infatti, la propria vicinanza al partito anti austerity spagnolo Podemos: "Ho una riunione di lavoro con loro attraverso Skype perché sono in Francia. In Spagna c'è un'esperienza politica che sta nascendo con Podemos". E annuncia: "Sto cercando di avviare una collaborazione anche con Syriza in Grecia. Con loro abbiamo la possibilità di cambiare le cose. Le iniziative vanno pensate su scala europea".
La madre di Papandreou aveva alla Hsbc un conto con 500 milioni di euro. Sarkozy usò questa informazione per fare pressioni sulla Grecia: "Così riuscì a imporre le politiche della Troika"
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Andrea Indini
Gogna fiscale sui famosi per i conti in SvizzeraBriatore: "Io evasore? Datemi una medaglia"
February 9, 2015
Il patto per l'opposizione tra Berlusconi e Salvini
Un primo patto per l'oppisizione è stato siglato tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Ieri sera i leader di Forza Italia e Lega Nord si sono visti ad Arcore. Sul tavolo le mosse per mettere i bastoni tra le ruote a Matteo Renzi e le future alleanze politiche. Secondo fonti parlamentari, Berlusconi e Salvini avrebbero infatti concordato una strategia di coordinamento per attuare una ferma opposizione in parlamento ai provvedimenti del governo. Durante la riunione si sarebbe giunti anche ad una prima intesa di massima sulle alleanze regionali anche se il tema resta da perfezionare nel corso di prossimi incontri.
A partire da domani il governo non avrà più vita facile. Sul parlamento si appresta a riversarsi una pioggia di emendamenti per stoppare le politiche che il governo sta portando avanti a suon di fiduce. L'obiettivo del Cavaliere è di mettersi di traverso a Renzi con l'aiuto dell'esercito leghista. A mettere a punto i termini del patto erano presenti anche il consigliere politico di Berlusconi, Giovanni Toti, e il leghista Giancarlo Giorgetti. Come ha spiegato intervenendo telefonicamente al primo Meet up del governo ombra organizzato da Gianfranco Rotondi, il leader di Forza Italia sta lavorando alla ricostruzione della coalizione di centrodestra. "Sgravato il peso del patto del Nazareno - ha annunciato - ora possiamo ritornare a lavorare nella direzione di un forte e compatto centrodestra".
"Come diceva il grande Troisi, ricominciamo da tre - ha spiegato il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta al Tg3 - ricominciamo con l’alleanza con la Lega, ricominciamo nella ricostruzione del centrodestra, ricominciamo con l’opposizione". Il consolidamento dell'asse con Salvini potrebbe portare all'allontanamento di Angelino Alfano alla galassia del centrodestra. Da mesi, infatti, il Nuovo centrodestra è finito a fare da "tappetino" di Renzi. Salvini, poi, non tollerebbe un patto con Alfano. Lo stesso Berlusconi, durante la cena a Villa San Martino, avrebbe rinfacciato agli alfaniani di essersi "ridotti a fare da cespuglio al Pd". Per questo, la ricostruzione del centrodestra non può che partire da un patto di opposizione per bloccare Renzi. Nei prossimi giorni i capigruppo di Forza Italia e Lega concorderanno sia azioni di disturbo sia proposte di modifica sul titolo V della Costituzione.
Durante la cena Berlusconi e Salvini avrebbero parlato anche delle prossime elezioni. In dirittura d'arrivo ci sono gli appuntamenti elettorali in Veneto e Liguria. Per il momento non è stato ancora siglato un vero e proprio accordo. Tuttavia, è stato convenuto sull'opportunità di trovare un'intesa sugli uomini da candidare alle prossime regionali. Se da una parte la ricandidatura di Luca Zaia appare scontata, in Liguria i giochi non sono ancora fatti. La Lega Nord potrebbe, infatti, schierare un proprio politico finendo per penalizzare l'intero centrodestra.
Ieri sera la cena tra Berlusconi e Salvini ad Arcore. Siglato un patto di opposizione in comune per fermare Renzi
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Andrea Indini
Salvini: "Noi mai con il Ncd di Alfano"
Coppie di fatto e ius soli: Renzi sempre più a sinistra
Matteo Renzi lo aveva minacciato tempo fa. "Unioni civili e ius soli - aveva detto - arriveranno subito dopo le riforme costituzionali ed elettorali". Quel momento è arrivato. Il premier si prepara a mettere sotto scacco maggioranza e opposizione con due riforme che dividono. Come fanno trapelare fonti vicine a Palazzo Chigi, Renzi intende iniziare da Palazzo Madama dove, dopo aver approvato il ddl anti corruzione, sarà la volta delle unioni civili. Il testo redatto dalla piddina Monica Cirinnà è, infatti, già incardinato in commissioni. Nel frattempo, non appena i deputati avranno varato le riforme costituzionali, a Montecitorio sarà incardinato lo ius soli "temperato" per i figli di immigrati che hanno concluso un ciclo di studi. Due misure destinate a spaccare diametralmente in due il parlamento facendo saltare alleanze ed estremizzando lo scontro.
Come anticipa il Messaggero, la nuova legge sulle unioni civili che approderà in Senato a marzo dovrebbe ricalcare il modello tedesco che, pur non provedendo un'equiparazione vera e propria al matrimonio, riconosce alle coppie omosessuali i diritti principali, come la pensione di reversibilità e i diritti ereditari, mentre esclude le adozioni. Anche se su quest'ultimo punto il ddl Cirinnà concede uno spiraglio importante. È, infatti, prevista un'eccezione per le adozioni interne, quelle in cui uno dei partner può adottare il figlio del convivente. Alle coppie conviventi eterosessuali, invece, dovrebbero essere riconosciuti diritti più leggeri come l'assistenza in ospedale o il subentro nel contratto d'affitto.
A lavorare sulla cittadinanza ai figli degli immigrati è un'altra piddina, Marilena Fabbri, che in questi giorni sta sondando i partiti per trovare nuove maggioranze che consentano al Partito democratico di introdurre lo ius soli. Qui i tempi sono più lunghi. Secondo fonti vicine al Nazareno, il ddl non approderà a Montecitorio prima di un paio di mesi. La bozza è già pronta ma Renzi chiede rassicurazioni su un'ampia convergenza in parlamento. L'argomento potrebbe cementare maggiormente la sinistra che da anni tenta il blitz per estendere la cittadinanza agli immigrati. Il testo, che verrà incardinato a Montecitorio, prevede l'introduzione dello ius soli: la cittadinanza italiana verrà riconosciuta ai bimbi nati nel nostro Paese o arrivati prima del compimento del 5 anno d'età da genitori che hanno una residenza legale almeno da un quinquennio. La Fabbri non si ferma qui. È al vaglio anche lo ius culturae per riconoscere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati regolari che abbiano frequentato un intero ciclo di studi nel Belpaese.
Anziché ricucire, il premier punta a dividere ulteriormente accelerando su unioni civili e cittadinanza agli immigrati
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Andrea Indini
February 6, 2015
Scelta civica cestina Monti: salgono sul carro di Renzi
Che il progetto di Mario Monti fosse finito, era sotto gli occhi di tutti. In Scelta civica se ne sono accorti tardi. Giusto in tempo, però, per saltare sul carro del Pd di Matteo Renzi e prolungare l'agonia di un governo ferito dalla rottura del Patto del Nazareno, dai mal di pancia del Ncd e dai continui sgambetti della minoranza dem. Nel Pd entreranno il ministro all'Istruzione Stefania Giannini, il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, i senatori Gianluca Susta, Alessandro Maran, Linda Lanzillotta e Pietro Ichino. Per quanto riguarda gli esponenti di Scelta civica alla Camera passeranno al partito di Largo del Nazareno Ilaria Borletti Buitoni e Irene Tinagli. Una campagna acquisti magistrale che permette al premier di dormire sonni più tranquilli.
"Il grande progetto di Monti ha avuto un grande senso, ora ha esaurito la sua funzione". A margine della cerimonia di apertura dell’anno accademico a Trieste, la Giannini ha confermato la fuoriuscita di un gruppetto di sette parlamentari di Scelta civica per salire sul carro del Partito democratico. Si chiude così la campagna acquisti che, dopo la rottura del Patto del Nazareno da parte di Forza Italia, è preoccupato per i numeri a Palazzo Madama. "L’approdo al Pd è l’unico modo coerente per mantenere l’impegno con gli elettori - ha commentato la Lanzillotta - la bussola è quella delle riforme che è l’unico obiettivo che dà senso alla nostra presenza in parlamento". Determinato ad andare avanti fino al 2018 e a mandare in porto le riforme, Renzi non ha più intenzione di mediare. "Chi ci sta bene - spiegano i vertici del Pd - chi non ci sta si assumerà le sue responsabilità". Il primo a mettere da parte i malumori è stato Angelino Alfano e con lui anche i "falchi" di Ncd come Maurizio Lupi. Ma non è abbastanza. Così, nell’ottica di "sterilizzare" le pressioni che potrebbero venire da correnti, piccoli partiti e fazioni, Renzi ha voluto stringere per rafforzare il peso del Pd dove serve: al Senato.
"L'invito di Renzi a Scelta Civica per stabilire e rafforzare un percorso comune nel cammino delle riforme, direzione che i nostri elettori ci hanno chiaramente indicato con il voto delle elezioni europee che ha dato al partito un irrilevante 0,3% - ha spiegato la Borletti Buitoni - non può rimanere inascoltato". All'appello hanno subito risposto (quasi) tutti i montiani. Tranne Monti, appunto. E il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti che non si è fatto problemi ad accusare i transfughi di aver fatto "una scelta demenziale".
Renzi si compra Scelta civica: il ministro Giannini e altri sette parlamentari danno il ben servito al Prof per sposare il Pd
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February 5, 2015
Al Senato maggioranza a rischio: il Pd avvia la campagna acquisti
"Ha rotto Renzi, in tutti i sensi. Noi ci limitiamo a prendere atto della slealtà del premier. E queste cose si pagano". Intervistato da Repubblica il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta conferma la rottura del Patto del Nazareno e mette in guardia Matteo Renzi: "Ora voteremo quello che ci piace". In Aula è già iniziato l'ostruzionismo a oltranza e per il governo si prospettano tempi davvero difficili. Il premier sa bene che non può contare troppo sugli alfaniani e teme le ritorsioni della minoranza dem. Tanto che a Palazzo Chigi hanno già iniziato una campagna acquisti che gli permetta la creazione di una maggioranza alternativa. E i primi a passare dall'altro lato della barricata sembrano essere quelli di Scelta Civica. Infatti, è previsto per domani l’approdo dei senatori di Scelta civica al gruppo del Pd. L’operazione alla quale i dem stavano lavorando da diversi giorni ha subito un’accelerazione dopo l’apertura del segretario Matteo Renzi ad "un approdo comune". L’unico che non passerà nel partito democratico sarà Mario Monti che nei giorni scorsi aveva chiesto di essere iscritto al gruppo delle Autonomie ma che alla fine dovrebbe "trasferirsi" al Misto.
Tuttavia dentro Scelta Civica c'è chi è più scettico. "Domenica noi faremo il nostro congresso e se magari Renzi fa un salto riesce pure a spiegarci di quali approdi comuni parla e scusarsi con i nostri parlamentari. Trovarsi dentro ad un Pd guidato in questo modo deve essere difficile, entrarci su chiamata demenziale. Poi ognuno faccia quel che crede. Trovo stupefacente il comunicato del premier Matteo Renzi, per l’ occasione nella veste di segretario del Pd, in cui ringrazia i senatori di Scelta
civica per aver votato le riforme e il presidente della Repubblica. Mi risulta che anche i nostri deputati non siano mai stati da meno. Ma la classe non è acqua", ha dichiarato in una nota Enrico Zanetti, deputato di Scelta Civica.
"I numeri sono chiari - commenta Maurizio Gasparri in un intervento al Tempo - abbassino le penne Renzi e Boschi, arroganti da ridimensionare". A questo punto, nei delicati equilibri della maggioranza a Palazzo Madama, i 36 senatori del Nuovo centrodestra svolgono un ruolo determinante. Senza di loro, il governo sarebbe ben sotto l’asticella dei 160 voti che gli assicurano l’esistenza. Per esempio, alla fiducia del 3 dicembre sul Jobs act il governo contava 166 sì, solo 6 voti sopra la soglia della sopravvivenza politica. Nella geografia del Senato, resa mobile soprattutto dagli addii al gruppo di ben 18 parlamentari Cinque Stelle, gli equilibri potrebbero ancora cambiare, magari in favore del governo. "Non escludo che la consapevolezza che tanti parlamentari hanno acquisito il giorno dell’elezione del capo dello Stato - commenta il vicesegretario Pd Debora Serracchiani alla Telefonata - li renda consapevoli della responsabilità che hanno da qui a 2018". Ora i vertici del Nazareno guardano soprattutto a quei sei senatori che hanno votato per Sergio Mattarella.
Secondo i boatos del Palazzo, nuovi sostenitori all’esecutivo di Renzi potrebbero anche arrivare proprio dalle fila degli ex grillini che attualmente siedono nel Misto e dal gruppo di area centrodestra Grandi autonomie e libertà. Gal è infatti composto da quindici senatori, ma tra di loro ci sono i tre popolari di Mario Mauro, cinque parlamentari vicini a Forza Italia e Giulio Tremonti che è vicino alla Lega Nord. C'è, dunque, chi spera di ottenere tra questi sei voti potenzialmente "mobili" in favore del governo. Ma c’è anche chi sostiene che, nell’ipotesi, al momento remota, di un distacco di Ncd dal governo, altri voti potrebbero arrivare alla maggioranza dalle fila di Area popolare.
Quanto alle riforme, se l'alleanza tra Pd e Ncd dovesse tenere, Renzi potrebbe anche non avere bisogno del sostegno di Silvio Berlusconi. Ma sulla legge elettorale il distacco della minoranza democrat, con i 24 senatori che non hanno partecipato al voto, ha reso i voti di Forza Italia determinanti. Non è, infatti, un caso che, all'indomani della rottura del Patto del Nazareno il dissidente Vannino Chiti abbia chiesto una correzione delle riforme costituzionali e della legge elettorale "con o senza Forza Italia". "Non ho mai condiviso il regalo a Forza Italia di una esclusività di rapporti e di una sorta di diritto di veto", ha detto facendo innervosire non poco i vertici del partito. Tanto che, a stretto giro, il renziano Andrea Marcucci gli ha risposto via Twitter: "Chi chiede di cambiare riforme ora, vorrebbe semplicemente non farle. L'Italicum non sarà modificato".
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