Andrea Indini's Blog, page 134
February 5, 2015
Visti scaduti e zero controlli: le rotte dei terroristi per l'Ue
Moussa Coulibaly, il trentenne di origini maliane che lunedì mattina ha accoltellato tre militari di guardia a un palazzo che ospita diverse istituzioni ebraiche a Nizza, è stato di recente in Turchia facendo scalo a Roma per ben due volte. All'andata, il 28 gennaio, il suo volo di sola andata in partenza da Ajaccio è atterrato a Roma. Quindi ha proseguito il viaggio verso l'aeroporto Ataturk di Istanbul, da cui è stato espulso il 29 gennaio, dopo la segnalazione della autorità francesi. Anche nel viaggio di ritorno verso la Francia, il jihadista ha fatto scalo nella capitale italiana.
È l'ennesima riprova del fatto che le frontiere (italiane ed europee) sono un vero e proprio colabrodo. Moussa Coulibaly non è certo il primo jihadista che va e viene dal Vecchio Continente senza alcun problema. La strage al settimanale satirico Charlie Hebdo e il blitz al supermarket ebraico di Parigi ha scoperchiato il vaso di Pandora. Ogni giorno entrano in Europa migliaia di immigrati clandestini. È tra questi che si nascondono terroristi islamici pronti a colpire a casa nostra. Gli stessi miliziani dello Stato islamico ha reso noto, nei giorni scorsi, un piano per sbarcare in Europa sfruttando i barconi della speranza. Nei piani dell'Isis, contenuti in un rapporto non verificabile, ma attribuito dai media libici allo stesso Stato islamico, quei barconi sono il mezzo migliore e più veloce "per arrivare in Europa" e "trasformarla in un inferno". Stando al rapporto l'Isis punta a "superare i punti di sicurezza marittimi e raggiungere il cuore delle città". "Se sfrutteremo questo canale sviluppandolo in modo strategico - scrivono gli autori del rapporto - la situazione del sud dell'Europa diventerà un inferno".
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Nel 2014, come denunciato dall'agenzia Ue Frontex, sono 278mila gli immigrati che hanno attraversato illegalmente le frontiere europee. Un dato allarmante: circa due volte e mezzo rispetto al 2013, quando si contarono 107mila arrivi, e circa il doppio rispetto al 2011, quando le Primavere arabe spinsero 141mila disperati a imbarcarsi. Solo l'Italia ha registrato l'arrivo di 170.757 clandestini. Secondo Frontex questo incremento è legato soprattutto all'aumento delle persone in fuga da Siria e Iraq, in quella che viene definita la peggiore crisi dalla Seconda guerra mondiale. "La porta di ingresso più grande per i migranti nell’Ue - evidenzia Frontex - sono gli aeroporti internazionali".
La maggior parte degli stranieri, che risiedono in Europa illegalmente, sono entrati con documenti di viaggio validi e un visto, successivamente scaduti. Degli oltre 170mila immigati arrivati in Italia, attraverso le rotte del Mediterraneo centrale, Puglia e Calabria, la prima nazionalità è siriana (39.651), seguita dagli eritrei (33.559) e da numerosi arrivi dall'area sub sahariana (26.340). Altra importante via d’accesso è la rotta del Mediterraneo orientale. Frontex indica il passaggio dalla Turchia all’Ue attraverso la Grecia, la Bulgaria meridionale e Cipro. In questo caso si parla di 50.831 immigrati arrivati solo nel 2014. Anche qui, la prima nazionalità delle persone in arrivo è siriana (31.670). Le persone arrivate nell'Unione europea dai Blacani occidentali sono in tutto 43.357, in 22.059 arrivano dal Kosovo. Su questi né le forze dell'ordine né l'intelligence riesce ad avere un controllo capillare. Tanto che le cellule dormienti hanno già iniziato a contattarli per armarli e farli colpire casa nostra.
Entrano con documenti di viaggio validi e un visto, poi scaduti. Passano dal Mediterrano o dalla frontiera turca. Una volta arrivati, vengono armati e si preparano a colpirci. Sostieni il reportage
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Andrea Indini
E il decreto antiterrorismo dov'è finito?Attacco a Nizza, l'altro Coulibaly fece scalo a Roma
February 4, 2015
Pilota arso vivo in gabbia, la Giordania giustizia la kamikaze dell'Isis
La risposta della Giordania si è fatta sentire subito, cruda e violenta. La vita di due jihadisti dello Stato islamico per la vita di Muadh Kassasbeh. Come nella legge del taglione, il governo di Amman ha vendicato il brutale omicidio del pilota bruciato vivo in gabbia dai miliziani islamici. In tutta risposta, questa mattina all'alba, sono stati giustiziati la kamikaze dell'Isis Sajida al Rishawi e il terrorista affiliato ad al Qaeda Ziad Karbouli. Altri tre miliziani detenuti da Amman potrebbero essere giustiziati già nelle prossime ore. "Faremo tremare la terra sotto i vostri piedi" è la minaccia lanciata dal governo giordano al Califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
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L’orrore è sbarcato ancora una volta sul web, rilanciato dai social network. Il pilota giordano in mano allo Stato islamico è stato bruciato vivo. Dopo aver detto di averlo ucciso ai primi di gennaio, l'Isis aveva chiesto la liberazione della terrorista qaedista Sajida al Rishawi in cambio della vita di Kassasbeh che era stato catturato lo scorso 24 dicembre. Il governo Amman era d’accordo ma voleva prima la prova che fosse vivo. E aveva ragione: il pilota sarebbe stato ucciso il 3 gennaio scorso, al più tardi l'8 come hanno fatto sapere alcuni blogger siriani. Quanto ripreso con freddezza dagli aguzzini dello Stato islamico è terribile: l’uomo è chiuso in gabbia con una lingua di fuoco che procede verso di lui. Subito dopo appare avvolto dalla fiamme e in un’altra si vedono i resti del corpo carbonizzato.
Oggi, all'alba, la vendetta. Sajida al Rishavi è considerata dall'Isis un simbolo perché nel 2005 aveva partecipato ad un attentato suicida ad Amman in cui tre suoi complici, tra cui il marito, si fecero saltare in aria ad un matrimonio uccidendo oltre 50 persone. Il giubotto esplosivo non si innescò e la terrorista qaedista tento di dileguarsi mischiandosi alla folla dei sopravvissuti in fuga. Riconosciuta venne arrestata e l’anno dopo condannato all'ergastolo. Questa mattina è stata giustiziata insieme a un altro terrorista di al Qaeda, Ziad Karbouli. Una mossa, quella del governo di Amman, che potrebbe innescare nuove ritorsioni da parte dello Stato islamico. I jihadisti sunniti hanno messo una taglia su 60 "piloti giordani della coalizione crociata" internazionale a guida Usa impegnata nelle operazioni in Siria e in Iraq, fornendo una lista con le loro generalità e promesso "100 dinari d’oro a chiunque uccida un pilota crociato". Il dinaro d’oro, a cui fanno riferimento gli jihadisti, è la prima moneta islamica coniata fin dall’età degli omayyadi che guidarono la Siria e l’Umma (la comunità islamica) dal 661 d.C. Isis annunciò sarebbe tornata ad essere valida in tutto il Califfato, la vasta area che controllano tra Siria e Iraq.
Oggi, in mano ai macellai dello Stato islamico, resterebbe un altro ostaggio occidentale: la volontaria americana 26enne rapita in Siria nel 2013 e per cui lo scorso agosto l'Isis aveva chiesto un riscatto di 6,6 milioni di dollari. Tutti gli altri ostaggi noti all'intelligence, dagli americani James Foley (il primo decapitato il 19 agosto scorso) e Steven Sottloff ai britannici David Haines e Alan Henning, sono stati eliminati. La Casa Bianca ha ordinato di impiegare tutte le risorse a disposizione per individuare gli ostaggi nelle mani degli jihadasti.
La risposta di Amman allo Stato islamico che ieri ha ammazzato il pilota giordano: esecuzione all'alba per la terrorista Sostieni il reportage
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Andrea Indini
Arso vivo in una gabbia: l'Isis uccide il pilota giordanoGli islamici esultano: "Ecco come muore un infedele"L'imam del Cairo: "I terroristi siano crocifissi"L'Isis brucia vivo un pilota della GiordaniaIsis, pilota arso vivo. Tutte le reazioni Isis, pilota giordano arso vivo
February 3, 2015
Renzi asfalta di nuovo Alfano: "Piccoli partiti senza potere"
Un nuovo schiafffo, di quelli che bruciano. Matteo Renzi asfalta ancora Angelino Alfano e lo fa nel salotto buono di Bruno Vespa. "Se c’è da chiarirsi ci si mette in una stanza e si parla - tuona il premier ai microfoni di Porta a Porta - ma poi se c’è da dire qualcosa agli italiani ci si comporta diversamente, è finito il tempo di veto, in cui i singoli partiti dicevano 'o si fa così o ci mettiamo di traverso'". Partitini, partitoni, partitucci: Renzi mette una pietra sopra gli "alleati" del Nuovo ccentrodestra e relega in un angolino, a leccarsi le ferite, il ministro dell'Interno.
All'indomani del primo tackle su Alfano, Renzi fa un'altra, violentissima scivolata che mette a terra, una volta per tutte, gli alleati di Ncd. Assicura di aver "rispetto per gli alleati", ma puntualizza di non aver alcuna voglia di "mettere il governo in una discussione tra partiti". "A Palazzo Chigi la mia porta è sempre aperta - fa notare - ci confrontiamo ma pensiamo agli italiani". Insomma, pur dicendosi disposto a discutere e a confrontarsi con Alfano e compagnia bella, non ha alcuna intenzione di andare avanti a suon di vertici di maggioranza. Tirerà dritto per la sua strada. Non chiederà nemmeno una verifica di maggioranza, sicuro del fatto che non la chiderà nemmeno Alfano perché sa bene che non è "nell'interesse" del ministro dell'Interno chiederla. "Le verifiche si fanno a scuola, questo governo arriva al 2018, anche con Ncd dentro - dice ostentando sicurezza - con Alfano siamo stati insieme anche oggi".
Azzerate le velleità dei partitini di alzare la voce per farsi sentire, Renzi torna a scommettere sulle riforme istituzionali. C'è da portare a termine la legge elettorale. "Se Forza Italia si sfilasse - ammette - sarebbe un elemento di dispiacere, ma le riforme si fanno lo stesso". In realtà, sa bene che ha bisogno dell'appoggio di Silvio Berlusconi per non fare passi falsi in parlamento. Per questo lo invita a "metterci sopra il cappello". "Forza Italia decida se le riforme sono qualcosa di buono per il Paese oppure, come dice Brunetta, una schifezza - insiste - le riforme non sono un contentino che danno a me per tenermi buono su altro". Anche perché, all'interno della maggioranza, non c'è solo Alfano a scalpitare. La minoranza dem tornerà presto ad alzare la voce.
La maggioranza a un passo dall'esplosione. Renzi stronca di nuovo Alfano: "È finito il potere di veto per i piccoli partiti". Poi azzera le richieste di Ncd: "Non farò vertici di maggioranza"
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Andrea Indini
February 2, 2015
La maggioranza ai ferri corti: Renzi umilia Alfano, ira Ncd
"Il Pd aveva una figuraccia da farsi perdonare. Io mi prendo una parte della responsabilità, anche se io non c’ero ancora. Ma questa volta il Pd è stato bravissimo e ha dato una dimostrazione di compattezza straordinaria". Ai microfoni di Radio Rtl, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ostenta sicurezza e prende di petto i malumori che ormai da mesi attraversano la maggioranza. Dopo che i 101 voti dei franchi tiratori impedirono l’elezione di Romano Prodi alQuirinale nel 2013, una frattura insanabile ha messo in ginocchio il Pd. Tanto che l'elezione di Sergio Mattarella si è trasformata nell'occasione buona per saldare i debiti con la minoranza dem e con la sinistra. Una pace che mai come oggi è appesa a un filo. Anche perché, oltre ai malpancisti piddini, il premier dovrà far fronte pure al malessere di Ncd. "Chi ha da leccarsi le ferite lo faccia ma non c’è bisogno di discussioni polemiche - tuona Renzi rivolgendosi al ministro dell'Interno Angelino Alfano - non sprecherò tempo coi partitini".
La legge elettorale può essere approvata alla Camera ad aprile e la riforma costituzionale essere pronta, come previsto, per il 2016. All'indomani del voto per il Quirinale Renzi prova a tirare dritto, almeno a parole. Una ferita si è aperta con Forza Italia, gli alleati del Nuovo centrodestra vivono un momento di tensione e la minoranza piddì ha rialzato la cresta e si prepara a passare all'incasso. "Il partito si è unito per Mattarella - avverte Pippo Civati al Giornale - ma adesso Renzi andrà avanti come prima". Altro che ferita sanata. Il presidente del Consiglio, che con l’elezione di Sergio Mattarella è convinto di aver dimostrato di non subire alcun "ricatto" di Silvio Berlusconi, tira dritto per la sua strada: "Alla Camera Forza Italia non è importante dal punto di vista numerico ma come idea di riforme condivise. Credo che Forza Italia abbia interesse a starci ma non ha senso rimettere in discussione tutto, noi si va avanti comunque, se non vogliono andiamo avanti anche senza". In realtà, i numeri Renzi non li ha. E lo sa bene. Tanto che ai suoi non resta che far quadrato nel tentativo di fare quadrato. "Sarebbe sbagliato pensare che il successo dell’elezione di Mattarella serva ad altre cose - avverte il sottosegretario Graziano Delrio in una intervista a Repubblica - sarebbe improprio trasportare il 'metodo Quirinale' su altri piani. Per intenderci, non sono state le prove generali per altre operazioni politiche".
Chiusa la partita del Colle, riparte a pieno ritmo l’agenda del governo. I temi sul tavolo sono tanti, a partire da pubblica amministrazione e giustizia. Ma bisogna anche chiudere sulle riforme istituzionali. "L'obiettivo - spiegano dal governo - è finire in fretta la seconda lettura della riforma del Senato e poi varare in via definitiva la legge elettorale alla Camera entro aprile". Ma, dopo quella che tutti riconoscono come una sua vittoria, Renzi deve fare i conti con gli smottamenti causati dal voto per Mattarella. A vacillare è il patto del Nazareno, ma non solo. Dopo le dimissioni di Maurizio Sacconi, Alfano deve fare i conti con un malcontento senza precedenti che mina la sua leadership in Ncd. Il premier lo mette in guardia ("Non spreco tempo coi partitini"), ma non fa altro che agitare ulteriormente le acque. "Non siamo abituati a fare né siamo nati per fare i cespugli - commenta ribadito Maurizio Lupi - non siamo attaccati alle poltrone ma neanche abituati a fare i tappettini. I 'cespugli' hanno permesso con responsablità la nascita dei governi Letta e Renzi". La maggioranza, insomma, è sempre più appesa a un filo.
Il premier schiaccia Alfano: "Vada a leccarsi le ferite, non spreco tempo coi partitini". Lupi: "Ncd non è il suo tappetino"
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Andrea Indini
Alfano travolto dai dissidenti: "Chi vuole lasciare vada"Metodo Quirinale, il premier esulta ma arriva il contoCivati: "Il Pd compatto? Macché, resta diviso"Landini: "I ribelli Pd sono inutili, ora tocca a noi"Cicchitto avverte Renzi: siamo un cespuglio di roviDe Girolamo: "Non siamo il tappetino di Renzi"De Girolamo ad Alfano: "Stacchiamo la spina a Renzi"
Renzi sbertuccia Alfano: "Vada a leccarsi le ferite"
"Il Pd aveva una figuraccia da farsi perdonare. Io mi prendo una parte della responsabilità, anche se io non c’ero ancora. Ma questa volta il Pd è stato bravissimo e ha dato una dimostrazione di compattezza straordinaria". Ai microfoni di Radio Rtl, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ostenta sicurezza e prende di petto i malumori che ormai da mesi attraversano il Partito democratico. Dopo che i 101 voti dei franchi tiratori impedirono l’elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica nel 2013, una frattura insanabile ha messo in ginocchio i dem. Tanto che l'elezione di Sergio Mattarella si è trasformata nell'occasione buona per saldare i debiti con la minoranza dem e con la sinistra. Una pace che mai come oggi è appesa a un filo. Anche perché oltre ai malumori interni il premier dovrà far fronte pure al malessere di Ncd. "Oggi bisogna lavorare con calma, chi ha da leccarsi le ferite lo faccia ma non c’è bisogno di discussioni polemiche - tuona Renzi rivolgendosi al ministro dell'Interno Angelino Alfano - abiamo eletto un galantuomo, il giorno dopo si deve rilanciare, le discussioni fanno vecchia politica. Siamo qui a governare l’Italia non a compattare le alleanze interne".
La legge elettorale può essere approvata alla Camera ad aprile e la riforma costituzionale essere pronta, come previsto, per il 2016. All'indomani del voto per il Quirinale Renzi prova a tirare dritto, almeno a parole. Una ferita si è aperta con Forza Italia, gli alleati del Nuovo centrodestra vivono un momento di tensione e la minoranza piddì ha rialzato la cresta e si prepara a passare all'incasso. "Il partito si è unito per Mattarella - avverte Pippo Civati al Giornale - ma adesso Renzi andrà avanti come prima". Altro che ferita sanata. Il presidente del Consiglio, che con l’elezione di Sergio Mattarella è convinto di aver dimostrato di non subire alcun "ricatto" di Silvio Berlusconi, tira dritto per la sua strada: "Alla Camera Forza Italia non è importante dal punto di vista numerico ma come idea di riforme condivise. Credo che Forza Italia abbia interesse a starci ma non ha senso rimettere in discussione tutto, noi si va avanti comunque, se non vogliono andiamo avanti anche senza". In realtà, i numeri Renzi non li ha. E lo sa bene. Tanto che ai suoi non resta che far quadrato nel tentativo di fare quadrato. "Sarebbe sbagliato pensare che il successo dell’elezione di Mattarella serva ad altre cose - avverte il sottosegretario Graziano Delrio in una intervista a Repubblica - sarebbe improprio trasportare il 'metodo Quirinale' su altri piani. Per intenderci, non sono state le prove generali per altre operazioni politiche".
Renzi trascorre la domenica in famiglia. Nel pomeriggio una telefonata con Angela Merkel serve a fare il punto sulla situazione europea alla luce della crisi greca. Martedì, nel giorno del giuramento del nuovo capo dello Stato, a Roma arriverà Alexis Tsipras. Chiusa la partita del Colle, riparte dunque a pieno ritmo l’agenda del governo. I temi sul tavolo sono tanti, a partire da pubblica amministrazione e giustizia. Ma bisogna anche chiudere sulle riforme istituzionali. "L'obiettivo - spiegano dal governo - è finire in fretta la seconda lettura della riforma del Senato e poi varare in via definitiva la legge elettorale alla Camera entro aprile". Ma, dopo quella che tutti riconoscono come una sua vittoria, il premier deve fare i conti con gli smottamenti causati dal voto per Mattarella. A vacillare è il patto del Nazareno, ma non solo. Dopo l'addiuo di Sacconi Alfano deve fare i conti con un malcontento senza precedenti che mina la sua leadership in Ncd. E la minoranza piddì è già pronta a fare nuovi sgambetti. Così, per evitare sorprese in parlamente, non perde tempo a cercare voti tra i fuoriusciti del Movimento 5 Stelle.
Ora Renzi fa il grosso: "Il Pd è stato bravissimo e ha dato una dimostrazione di compattezza straordinaria". Poi mette in guardia Alfano: "Basta polemiche". Ma dietro a tanta sicurezza si nasconde un montagna di problemi sia con la maggioranza sia con il Pd
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Andrea Indini
Metodo Quirinale, il premier esulta ma arriva il contoCivati: "Il Pd compatto? Macché, resta diviso"
January 29, 2015
Renzi tira dritto su Mattarella: "È l'unico nome per il Pd"
"Il nostro candidato è Sergio Mattarella". Matteo Renzi va avanti per la sua strada e, all'assemblea dei Grandi elettori del Pd, conferma il nome del giudice costituzionale per la più alta carica dello Stato. "Etica, moralità e attenzione alla qualità che un istituzione come quella del Capo dello Stato può rappresentare", dice tratteggiando il profilo del candidato per il capo dello Stato nel tentativo di allontanare le divisioni interne al Pd e prevenire fughe della minoranza dem verso i grillini e la sinistra radicale. Sa bene che, come era già stato per Pierluigi Bersani, sull'elezione del presidente della Repubblica si gioca la faccia. Col rischio di perderla.
Adesso è ufficiale, adesso il nome targato piddì c'è. Ed è quello che era circolato anche nelle ultime ore: Sergio Mattarella, il notabile diccì padre della legge elettorale. "Non è un atto di arroganza del Pd proporre un nome - spiega ai suoi - è la richiesta proveniente da tutte le forze politiche partendo dall’assunto che il Pd rappresenta oltre il 45% dell’assemblea dei grandi elettori". Negli occhi dei democrat c'è ancora la figuraccia di Bersani che, davanti ai suoi parlamentari, ha incassato il "sì" su Romano Prodi e poi si è fatto impallinare in parlamento da 101 franchi traditori. Un'onta che ha sempre pesato sulla fedina di Renzi. Che ora punta a "cancellare lo smacco del 2013". Proprio perché conosce cosa rischia, chiede ai suoi la massima franchezza: "Non ci può essere spazio per i giochini sul dopo. Se si sceglie un candidato quello è del Pd e dopo non ce ne sono altri". Quindi, nessun candidato deve essere bruciato dandolo in pasto al parlamento riunito in seduta comune. "Dopo la scelta del candidato - mette in chiaro - c’è un vincolo di lealtà".
Si parte con Mattarella, quindi. C'è pure il via libera (all'unanimità) dell'assemblea dem. Il momento "X" nella partita a scacchi per il Quirinale è ormai vicino: alle 15 si parte con la prima votazione per eleggere il nuovo capo dello Stato. Renzi conta di portare a casa il risultato già sabato mattina, alla quarta votazione. Dalla sua ha i voti di Nichi Vendola che ha già fatto sapere di voler convergere sull'ex diccì per "rompere il patto del Nazareno". Ma questo non mette Renzi al riparo da eventuali imboscate. "Se qualcuno di voi sarà avvicinato in questi giorni da pensieri, dubbi, polemiche e tweet - avverte il segretario piddì - sappia che non ha solo la responsabilità con la penna di scrivere un nome ma di far fare bella figura alla politica e restituire l’idea che il Pd discute ma al momento chiave è unito e responsabilità". Così, subito dopo l'assemblea, sui cellulari dei parlamentari dem iniziano a piovere sms minatori per dettare la linea da tenere in Aula. "Indicazione di voto senza eccezione alcuna - si legge - scheda bianca". Pippo Civati, però, già fa sapere che non seguirà le indicazioni della Ditta. E voterà Prodi.
Il premier incontra i grandi elettori del Pd e conferma il candidato: "Ci giochiamo la nostra credibilità". Il Pd riuscirà a rimanere unito?
Speciale: Quirinale 2015
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Andrea Indini
Il premier Matteo Renzi incontra i grandi elettori del Pd
È arrivato il momento "X": oggi un voto, domani dueUn colpo di Mattarella per unire il Pd (e silurare Prodi)"Sergiuzzo", il notabile Dc tutto grigiore e carrieraPer Wikipedia Mattarella è già capo dello StatoRenzi insiste su Mattarella: "Non ci sarà altro nome"Renzi: "Mattarella capo dello Stato entro sabato"Quirinale, Renzi: "Forte senso di responsabilità"Renzi: "Oggi cancelliamo lo smacco del 2013"Dall'assemblea Pd il "sì" unanime a MattarellaSì di Vendola a Mattarella: "Rompe il Nazareno"
Renzi tira dritto su Mattarela: "È l'unico nome per il Pd"
"Il nostro candidato è Sergio Mattarella". Matteo Renzi va avanti per la sua strada e, all'assemblea dei Grandi elettori del Pd, conferma il nome del giudice costituzionale per la più alta carica dello Stato. "Etica, moralità e attenzione alla qualità che un istituzione come quella del Capo dello Stato può rappresentare", dice tratteggiando il profilo del candidato per il capo dello Stato nel tentativo di allontanare le divisioni interne al Pd e prevenire fughe della minoranza dem verso i grillini e la sinistra radicale. Sa bene che, come era già stato per Pierluigi Bersani, sull'elezione del presidente della Repubblica si gioca la faccia. Col rischio di perderla.
Adesso è ufficiale, adesso il nome targato piddì c'è. Ed è quello che era circolato anche nelle ultime ore: Sergio Mattarella, il notabile diccì padre della legge elettorale. "Non è un atto di arroganza del Pd proporre un nome - spiega ai suoi - è la richiesta proveniente da tutte le forze politiche partendo dall’assunto che il Pd rappresenta oltre il 45% dell’assemblea dei grandi elettori". Negli occhi dei democrat c'è ancora la figuraccia di Bersani che, davanti ai suoi parlamentari, ha incassato il "sì" su Romano Prodi e poi si è fatto impallinare in parlamento da 101 franchi traditori. Un'onta che ha sempre pesato sulla fedina di Renzi. Che ora punta a "cancellare lo smacco del 2013". Proprio perché conosce cosa rischia, chiede ai suoi la massima franchezza: "Non ci può essere spazio per i giochini sul dopo. Se si sceglie un candidato quello è del Pd e dopo non ce ne sono altri". Quindi, nessun candidato deve essere bruciato dandolo in pasto al parlamento riunito in seduta comune. "Dopo la scelta del candidato - mette in chiaro - c’è un vincolo di lealtà".
Si parte con Mattarella, quindi. C'è pure il via libera (all'unanimità) dell'assemblea dem. Il momento "X" nella partita a scacchi per il Quirinale è ormai vicino: alle 15 si parte con la prima votazione per eleggere il nuovo capo dello Stato. Renzi conta di portare a casa il risultato già sabato mattina, alla quarta votazione. Dalla sua ha i voti di Nichi Vendola che ha già fatto sapere di voler convergere sull'ex diccì per "rompere il patto del Nazareno". Ma questo non mette Renzi al riparo da eventuali imboscate. "Se qualcuno di voi sarà avvicinato in questi giorni da pensieri, dubbi, polemiche e tweet - avverte il segretario piddì - sappia che non ha solo la responsabilità con la penna di scrivere un nome ma di far fare bella figura alla politica e restituire l’idea che il Pd discute ma al momento chiave è unito e responsabilità". Così, subito dopo l'assemblea, sui cellulari dei parlamentari dem iniziano a piovere sms minatori per dettare la linea da tenere in Aula. "Indicazione di voto senza eccezione alcuna - si legge - scheda bianca".
Il momento "X" nella partita a scacchi per il Colle è ormai vicino: alle 15 si parte con la prima votazione per eleggere il nuovo capo dello Stato. Renzi incontra i grandi elettori del Pd e insiste su Mattarella: "Lo votiamo sabato mattina, alla quarta votazione". E incassa il sì del partito
Speciale: Quirinale 2015
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È arrivato il momento "X": oggi un voto, domani dueRenzi dà un colpo di Mattarella per unire il Pd (e silurare Prodi)"Sergiuzzo", il notabile Dc tutto grigiore e carrieraPer Wikipedia Mattarella è già capo dello StatoCosì la Camera si prepara a votare il capo dello StatoSì di Vendola a Mattarella: "Rompe il patto del Nazareno"
January 27, 2015
Grecia, il falco anti austerity al ministero dell'Economia: ecco chi tratterà con la Troika
Capelli tagliati cortissimi su una faccia da attore e sguardo glaciale da tombeur de femmes. Così appare nella foto del suo profilo twitter Yannis Varoufakis, nato ad Atene 53 anni fa, il super ministro dell'Economia e delle finanze del governo del neo premier greco Alexis Tsipras. A negoziare con la Troika una ristrutturazione del debito toccherà, invece, al vicepremier Yannis Dragasakis che dovrà coordinare le azioni dei ministeri economici.
In Grecia sono ore febbrili. La compagine è stata ridotta a soli dieci ministeri, al posto dei diciotto del precedente esecutivo di Antonis Samaras. Quattro super-ministeri riuniranno le competenze ripartite finora tra diversi dipartimenti. L’unico dicastero affidato a un esponente del partito con cui ha formato l’alleanza, la destra euroscettica dei Greci Indipendenti, è la Difesa, a cui è andato proprio il leader della formazione, Panos Kammenos. Varoufakis, il cervello economico di Syriza, autore della proposta di rinegoziazione del debito da 240 miliardi di euro che Atene ha con la Troika. Oltre ad essere uno stimato economista che insegna all'Università di Austin, il falco anti auterità sembra avere un'estrema fiducia in sé tanto che ha twittato al mondo la notizia della propria nomina a neo-ministro delle Finanze ancor prima che lo stesso Tsipras annunciasse ufficialmente la lista dei ministri del governo. Varoufakis, che ha pure la cittadinanza australiana, è noto in Grecia e all'estero come un acerrimo oppositore dei Memorandum firmati dai precedenti governi greci con la Troika, ovvero i rappresentanti dei creditori internazionali del Paese. Ha scritto diversi libri di economia sulla crisi globale ed europea fra cui The globalising wall e The global minotaur in cui paragona il ruolo dell'economia americana a partire dagli anni Settanta nei confronti del resto del mondo alla figura del mitico Minotauro che sbranava coloro che finivano nel labirinto.
Oggi ha rotto il silenzio Angela Merkel che, a quarantott'ore dall'esito del voto, ha mandato un telegramma di congratulazioni a Tsipras. "Arrivate in un momento difficile e avete grande responsabilità - ha scritto la cancelliera tedesca - vi auguro forza e successo". Domani arriverà ad Atene il presidente dell'Europarlamento, Martin Schultz, ma sarà il giorno dopo il primo incontro tra il neopremier e il capo dell'Eurogruppo (nonché "custode" della moneta unica) Jeroen Dijsselbloem. Per ora, il principale portavoce economico di Syriza, Euclid Tsakalotos, ha detto che "non è realistico" aspettarsi che la Grecia paghi tutti i debiti. "Nessuno crede che il debito della Grecia sia sostenibile - ha dichiarato - non ho conosciuto alcun economista che onestamente ti dica che la Grecia pagherà tutto questo debito: non è possibile".
Tsipras annuncia la squadra. Alle Finanze Varoufakis, autore della proposta di rinegoziazione del debito da 240 miliardi di euro. Ma a trattare con la Troika toccherà al vicepremier Dragasakis
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Andrea Indini
Il neo ministro Alexis Tsipras con il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis
Il comunista greco ci ruba 24 miliardi di euroEcco come salvare i nostri soldi ai tempi di TsiprasEcco tutte le ricette per salvare l'Europa "malata"Il comunismo non muore mai / Paolo Guzzanti
January 26, 2015
Quirinale, Renzi ai suoi: "Nome secco al quarto voto"
Oggi il Pd, domani tutti gli altri partiti. Matteo Renzi avvia le consultazioni per il Quirinale nella convinzione che per eleggere il nuovo presidente della Repubblica sia necessario partire dal confronto interno ai dem ma che poi sarà inevitabile dialogare con le altre forze politiche perché il Pd non è autosufficiente. "Il Pd voterà scheda bianca alle prime tre votazioni", fa sapere il premier avvertendo, però, i suoi che se c'è qualcuno che non è d'accordo con la linea tracciata "dovrà dirlo apertamente". Insomma, niente franchi tiratori nel segreto dell'urna. Quello che vuole scampare è la pubblica gogna come già era stato con Pierluigi Bersani.
"Il Pd proporrà agli altri partiti il nome di un candidato al Quirinale - fa sapere Renzi intervenendo all'assemblea dei deputati piddì - niente terne, ma una proposta secca". A tre giorni dall’inizio delle votazioni per il capo dello Stato sono ancora molti i nomi che girano. Ogni giorno le quotazioni del borsino subiscono variazioni: oggi viene dato in ascesa un ex segretario Dem come Piero Fassino ma resiste anche il trio Prodi-Veltroni-Amato. Ma, all'indomani della vittoria di Alexis Tsipras in Grecia, torna a farsi largo anche l’ipotesi di un tecnico come il governatore di Bankitalia Ignazio Visco o il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. I contatti fra i protagonisti sono continui ma sia la minoranza democrat sia Silvio Berlusconi sono ancora in attesa di conoscere il candidato del premier. E ognuno rivendica la necessità che sia un profilo, e un nome, condiviso. "Non facciamo i nomi dei candidati perché poi decidano altri", avverte Renzi che si terrà alla larga dal proporre una rosa di nomi. Farà, quindi, una sola proposta. Prendere o lasciare. Un candidato "secco" per provare a chiudere già alla quarta votazione, quando gli basterà la maggioranza assoluta per decidere chi piazzare al Quirinale.
Dopo le prove di forza dei giorni scorsi, consumate durante l'esame della legge elettorale in Senato, sono in corso trattative con tutte le aree deidissidenti del Pd, bersaniani in testa. L'ex segretario piddì non si è nemmeno presentato all'assemblea. Eppure, secondo fonti vicine al Nazareno, i due potrebbero incontrarsi per trovare la quadra. "Non penso - osserva però il vicesegretario Dem Lorenzo Guerini - che tutto dipenda da un incontro tra due leader". Poi certo, aggiunge, si sta "ricercando l’unità dentro il Partito democratico sapendo che noi abbiamo una grande responsabilità: esprimiamo 450 grandi elettori". Un numero alto ma non sufficiente a eleggere il nuovo inquilino del Colle da soli: tralasciando le prime tre votazioni, dove serve la maggioranza qualificata dei 2/3, dal quarto scrutinio sono infatti necessari 505 voti. "Immaginare di eleggere da soli il presidente della Repubblica - sottolinea Guerini - è immaginare qualcosa che non si può realizzare". Ecco quindi che gli altri partiti diventano necessari.
Domani, quando Renzi incontrerà tutte le forze politiche sarà la volta anche di Forza Italia, anche se non è escluso che Renzi e Berlusconi tornino a vedersi in un incontro separato. Il capogruppo degli azzurri al Senato Paolo Romani si dice convinto che il premier non potrà non tenere conto del "blocco dei moderati" e che dunque sia difficile che in caso di intesa con la minoranza Pd possa nascere una candidatura sgradita a Forza Italia. Ma a fare da controcanto c'è l’area più irriducibile della minoranza dem. "Vorrei che il nome non fosse deciso da un veto di Berlusconi", dice Pippo Civat, che insiste nel rilanciare Romano Prodi per sfidare la leadership di Renzi.
Il premier detta la linea ai suoi: "Niente terna, dal Pd nome secco". E Civati lo sfida: "Candidiamo Prodi"
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Andrea Indini
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January 17, 2015
Gli imam verso l'espulsione: ecco la black list del Viminale
Messa sotto scacco dopo Parigi e con l’Italia che si trova due terroristi quasi sotto casa, l’Europa trenta di reagire. E con una trentina di arresti apre la caccia ai jihadisti pronti a tutto pur di diffondere il terrore, forse persino a decapitare un alto magistrato belga. Lo scenario che è venuto a dipanarsi nelle ultime ventiquattr'ore tra Belgio, Francia, Germania e anche Italia, dove stavano cercando di scappare due terroristi fuggiti dalla maxi retata delle forze speciali belghe, è a dir poco allarmante. E, mentre la leader del Front National Marine Le Pen torna a chiedere la pena di morte, sale l'allerta in tutta l'Eurozona. Con la Spagna e il Belgio che decidono di passare all’azione adottando nuove misure contro il terrorismo.
Intervistato nella trasmissione Otto e mezzo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha fatto sapere che in Italia il livello di allarme è sette su una scala da uno a dieci. Pur essendoci un livello di allarme ALFA1 (non succedeva dall'11 settembre 2001), il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha ribadito che l'intelligence italiana non ha alcun motivo di temere "minacce in fase di progettualità". Tuttavia, come ha rivelato l'Huffington Post, il Viminale starebbe vagliando la posizione di diversi imam per ordinarne l'espulsione dall'Italia per "motivi di sicurezza nazionale". La black list, nata dall'attività investigativa che Ros e antiterrorismo stanno portando avanti da anni, conterrebbe dodici nomi "caldi". "Si tratta - spiega una fonte all'Huffpost - di persone, diciamo pure predicatori, nei cui confronti non ci sono gli estremi per procedere all'arresto o ad altre forme di interdizione e di cui però è dimostrata l'attività di proselitismo in chiave integralista e anti occidentale".
Come spiega ilGiornale, oltre ai dodici imam la black list del Viminale sarebbe composta da "un centinaio di nomi". Tutti stranieri tra i 20 e i 35 anni, in maggioranza magrebini. Il dato più allarmante, però, è che avremmo a che fare con le seconde generazioni. Insomma, nord africani con passaporto italiano ben inseriti nel nostro tessuto sociale. Tra questi ci sarebbero anche una decina di donne, come dimostra Maria Giulia Sergio, la 27enne convertita in Fatima e partita per la Siria. Nella black list in mano al Viminale ci sono anche i quattro foreign fighter dei 54 attenzionati dall'antiterrorismo europeo, ma è soprattutto focalizzata su stranieri che, pur risiedendo in Italia, si stanno radicalizzando e mostrano interesse per l'Isis senza mai essere stati in Siria o Iraq. Secondo fonti dell'intelligence europea sentite dalla Cnn, nel Vecchio Continente ci potrebbero essere fino a 20 cellule dormienti pronte ad agire in Francia, Germania, Belgio e Olanda. La "mappa" delle cellule in sonno è stata messa a punto da servizi segreti e di sicurezza europei e mediorientali sulla base delle numerose informazioni raccolte nelle ultime settimane. Informazioni che indicano in particolare come l’Isis abbia dato direttive ben precise agli estremisti di ritorno nei loro Paesi d’origine da Siria e Iraq. Direttive che chiedono di lanciare attacchi terroristici contro obiettivi specifici.
In Italia livello di allarme Alfa1: non succedeva dall'11 settembre. Il Viminale stila una lista di 100 nomi da controllare
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Andrea Indini
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