Andrea Indini's Blog, page 132

March 3, 2015

Cesare Battisti sarà espulso dal Brasile

Cesare Battisti sarà espulso dal Brasile. Il giudice federale di Brasilia ha accolto la richiesta della procura federale annullando così l'atto del governo per la concessione del soggiorno al terrorista rosso, condannato all'ergastolo per aver commesso quattro omicidi in concorso durante gli Anni di Piombo. Il magistrato ha deciso che si può iniziare la procedura di espulsione verso la Francia o il Messico, i Paesi attraverso i quali Battisti passò dopo la fuga in Italia e prima di arrivare in Brasile. "Siamo stati informati della decisione - ha confermato l’avvocato di Battisti Igor Sant’Anna Tamasauskas - ma ancora non c’è una data". Non appena la sarà pubblicata, gli avvocati di Battisti potranno presentare il ricorso.


Classe 1954, originario di Cisterna di Latina, ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo: Battisti ha al suo attivo in Italia quattro condanne all’ergastolo per altrettanto omicidi, compiuti tra il 1978 e il 1979. Nel 2007 venne arrestato na Rio de Janeiro ma l’ex presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva respinse la richiesta di estradizione presentata dall'Italia e, come ultimo atto del suo mandato, gli concesse lo status di rifugiato politico. "Si tratta del caso di un cittadino straniero con una situazione irregolare che, in quanto condannato per crimini nel suo Paese di origine, non ha diritto a rimanere in Brasile", ha sentenziato la giudice federale Adverci Rates Mendes de Abreu che, annullando l'atto di concessione della residenza in Brasile, ha chiesto che venga applicato il procedimento di espulsione.


L'istituto dell'espulsione è ben diverso dall'estradizione. "L'espulsione - ha, infatti, fatto notare - non contraddice la decisione del presidente della Repubblica di non estradare, visto che non è necessaria la consegna del cittadino straniero al suo Paese di origine, in questo caso l’Italia, potendo essere espulso verso un altro Paese disposto ad accoglierlo". Tra questi potrebbero appunto esserci la Francia o il Messico. Ma Alberto Torregiani, paralizzato dalla sparatoria in cui Battisti ammazzò il padre Pierluigi, è ben determinato a riaprire il caso di estradizione. "Questa potrebbe essere l’occasione per riaprire il caso - ha commentato - e lo faremo immediatamente".


Il terrorista rosso condannato all'ergastolo per aver commesso quattro omicidi in concorso durante gli Anni di Piombo. Il giudice federale ha firmato il via libera all'espulsione verso la Francia o il Messico. L'avvocato: "Ancora non c’è una data"





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Andrea Indini

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Published on March 03, 2015 10:17

Immigrazione, nuovo boom: +43% rispetto al 2014

"Il problema dei profughi è drammatico e interpella tutta l’Unione europea". In visita a Bruxelles il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affrontato con l presidente dell'Europarlamento Martin Schulz un'emergenza, quella dell'immigrazione clandestina, che non vede una soluzione. Il 2015 minaccia di superare l’anno record 2014 sul fronte degli arrivi di immigrati, complice la situazione fuori controllo della Libia, da cui si registra la grande maggioranza delle partenze. "E chi paga? - si chiede il leader della Lega Nord, Matteo Salvini - questo è razzismo contro gli italiani".


"L’Italia è una grande democrazia umanitaria". Schulz ha confidato a Mattarella che non avrebbe mai potuto immaginare l’enorme sforzo della Marina militare italiana per l’impegno umanitario senza precedenti rappresentato da Mare Nostrum prima e da Triton poi. "Uno sforzo - ha detto Schulz al capo dello Stato - che non viene apprezzato a sufficienza, forse nemmeno in Italia". Purtroppo le parole di Schulz risuonano come una presa in giro. Secondo i dati appena resi pubblici dal Viminale, i clandestini sbarcati sulle coste italiane nei primi due mesi dell’anno sono 7.882, il 43% in più rispetto allo stesso periodo del 2014, quando gli stranieri arrivati via mare furono 5.506. Complessivamente gli sbarchi sono stati 69 contro i 46 dello scorso anno. Numeri che fanno venire la pelle d'oca: il ministero dell'Interno teme, infatti, che il 2015 possa essere ben peggiore rispetto allo scorso anno quando l'operazione Mare Nostrum attirò sulle nostre coste oltre 180mila immigrati.


Le strutture d’accoglienza (temporanee, centri d’accoglienza e per richiedenti asilo, posti nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono sono già al collasso. Attualmente sono ospitati 67.128 immigrati. La violenze dei jihadisti dell'Isis in Libia e le sanguinarie scorribande dei Boko Haram in Nigeria hanno reso ancora più instabile il Nord Africa spingendo centinaia di migliaia di disperati lungo le coste libiche. Secondo fonti di intelligence ce ne sarebbero almeno 600mila pronti a sfidare il Mar Mediterraneo per raggiungere il Vecchio Continente. Con l'arrivo del bel tempo, il Viminale teme una ulteriore recrudescenza negli sbarchi. Le strutture di prima accoglienza non sarebbero più in grado di attutire il colpo. Le presenze più numerose si registrano in Sicilia dove sono state accolte quasi 14mila persone, pari al 21% del totale nazionale. Seguono il Lazio, dove sono stati spediti 8.490 stranieri (13%), la Lombardia (5.863, il 9%) e Puglia (5.826, il 9%). È nelle 1.657 strutture temporanee presenti in tutta Italia che si trova il maggior numero di ospiti, ovvero 37mila persone. Ed è solo l'inizio dell'anno.


Il 2015 minaccia di superare l’anno record 2014: già sbarcati quasi 8mila clandestini. Strutture d’accoglienza al collasso





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Andrea Indini

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Published on March 03, 2015 07:27

February 28, 2015

Lega in piazza a Roma, Salvini: "Renzi servo sciocco di Bruxelles"

"È la sfida a Renzi in casa sua. Renzi ha scelto i grandi, Confindustria, Autostrade, Marchionne, le società di gioco d’azzardo e Equitalia. Oggi lanciamo la sfida dell’Italia dei piccoli, dei medi, degli artigiani, degli imprenditori e dei produttori. Da Roma parte la sfida per conquistare il Paese". Il segretario della Lega Matteo Salvini scende a Roma, nella centralissima Piazza del Popolo, per ribadire l'opposizione a Matteo Renzi. La prova di forza della Lega, in piazza anche con CasaPound, è destinata a inchiodare il premier e il suo governo a un fallimento che è sotto gli occhi di tutti. "Da questa piazza parte un movimento di resistenza - annuncia - perché alle leggi sbagliate bisogna disobbedire".


"Il problema non è Renzi, lui è una pedina, è il servo sciocco a disposizione di Bruxelles". In una piazza del Popolo gremita, Salvini si è presentato con la maglietta "Io sto con Stacchio, con chi difende il territorio" e ha messo il governo con le spalle al muro: "Questa è una bellissima piazza, che secondo me combatte contro due nemici, il conformismo e la paura". E, nonostante "sfigati e zecche le abbiano provate tutte" per zittire la protesta, l'estrema destra si è stretta attorno al leader leghista per licenziare il premier e chiedere nuove elezioni. Incitato dai cori "Renzi, Renzi vaffanculo", l'euoparlamentare lumbard ha rinfacciato al capo di governo di aver portato alle stelle la pressione fiscale: "Perché ogni volta che dico Renzi dite vaffanculo? Poi si offende e inventa una tassa sul vaffanculo: 3% più iva". I vaffa, però, si sprecano. Se ne becca uno anche l'ex ministro Elsa Fornero.


Insulti a parte, il discorso di Salvini è un vero e proprio manifesto programmatico della destra neo leghista. Il tema forte è la sicurezza: "Cambieremo la legge sull’eccesso di legittima difesa: se entri a casa mia in piedi sai che puoi uscirne steso". Quindi l'appello agli uomini della Marina militare e della Guardia Costiera: "Gli immigrati riportateli a casa, basta sbarchi. Non vi siete arruolati per fare gli aiuti scafisti". Infine, gli sgomberi dei campi rom: "Se vuoi la casa te la compri, basta campare sulle spalle degli italiani". Sono i temi caldi della Lega di lotta. Niente di nuovo. Come non lo sono le proposte di far pagare le tasse alle prostitute e di introdurre l'aliquota secca al 15% (la flat tax). "Il primo ladro che c’è in Italia si chiama Stato - ha tuonato dal palco - il primo strozzino si chiama Stato, Equitalia, Agenzia delle entrate". Sono tutte proposte che Salvini mette sul tavolo perché ha assicurato di voler "parlare con tutti" senza dover per forza ragionare di alleanze, almeno non subito. La porta con Forza Italia, però, ci ha tenuto a far presente che la tiene ben aperta.


Gli antagonisti, i violenti dei centri sociali, i facinorosi del movimento "Mai con Salvini" non sono riusciti a fermare la manifestazione leghista che ha contato almeno 50mila partecipanti. Per tutto il pomeriggio piazza del Popolo è stata coperta da diverse centinaia di bandiere della Lega. Non sono nemmeno mancati i Tricolori, le bandiere "No euro" con il vessillo europeo sbarrato da una croce rossa e le gigantografie dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. La "discesa" sull'Urbe, però, è stata ridimensionata. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che ha mobilitato 4mila agenti per garantire l'ordine pubblico, ha impedito il corteo dei lumbard confinando Salvini nel solo comizio di piazza del Popolo. Probabilmente il titolare del Viminale non voleva fare il bis con la figuraccia per i disordini degli ultrà del Feyenoord. In compenso ha permesso a centri sociali, no global e antagonisti di sfilare indisturbati per le vie della Capitale. Al grido "Salvini, Roma non ti vuole" è partito da piazza Vittorio, nel quartiere dell’Esquilino, il corteo dei movimenti "Mai con Salvini" che ha attraversato il centro storico fino ad arrivare a Campo de' Fiori: "Roma è antifascista". I sondaggi, però, dicono un'altra verità.


Il leader leghista in piazza a Roma: "Sfido Renzi a casa sua". E annuncia: "Oggi lanciamo un percorso, parliamo a tutti"





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Andrea Indini



Spunta la foto di Mussolini: "Salvini ti aspettavo"Il ""vaffa"" di Salvini a Renzi censurato dalla RaiFallaci, gli armeni e il Vajont: le letture di Salvini"Che grinta". Tutte le donne pazze per MatteoIl Salvini furioso: tutti i "vaffa" di Piazza del Popolo Il dissidente Tosi lontano dal palcoLa "discesa" del Carroccio su Roma: la piazza leghistaRoma blindata, la polizia usa le gabbie
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Published on February 28, 2015 11:59

February 27, 2015

Pd, è il momento della frattura: la minoranza diserta la direzione

Matteo Renzi riunisce il partito, ma si trova col cerino in mano. Coi compagni di partito vuole mettere sul tavolo le riforme del 2015. C'è da discutere di scuola, Rai, ambiente e Fisco. Ma in platea non c'è il gran pienone di un tempo. La direzione del Pd è monca: la minoranza dem ha deciso di disertare l'appuntamento perché fortemente critica con le modalità di gestione del parlamento da parte del premier. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il varo del Jobs Act. E ora Renzi si trova con un partito in frantumi.


L'assenza più assordante è sicuramente quella di Pier Luigi Bersani. Ieri ha annunciato con parole molto dure che avrebbe disertato le quattro ore di confronto organizzate da Renzi al Nazareno su Rai, fisco, scuola e ambiente. "Rubricare tutto in una logica di potere è un insulto. Esistono le idee, combattere anche solo per le idee - ha messo in chiaro Bersani - bisogna che questa nuova generazione se lo metta in testa questo piccolo particolare". Con lui mancano tanti altri esponenti della minoranza piddì che, soprattutto dopo il voto sul Jobs act, dichiarano di sentirsi "presi in giro" dal segretario. "Polemiche sterili e ingiustificate", replica con altrettanta nettezza Renzi, "stupito" dall'aventino della minoranza. Il premier dichiara di non comprendere "chi gioca la carta della polemica interna" a fronte del suo invito al confronto. "Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi - sottolinea - sono state discusse e votate negli organismi di partito". E rivendica di essersi sempre misurato su tutti i temi con un metodo "aperto e inclusivo", tutt’altra cosa rispetto ai "caminetti ristretti del Pd vecchia maniera".


Renzi non sembra convincere i malpancisti del Pd. Chi ha deciso di declinare l’invito, lo fa a titolo personale. "Nessun ordine di scuderia", assicurano i bersaniani. Ma di fatto tanti parlamentari di Area riformista e di sinistra dem, oltre ai civatiani, hanno deciso di non partecipare. Gianni Cuperlo, leader di Sinistra Dem, scrive a Renzi per motivare l’assenza dell'area. "Sul jobs act il governo ha ignorato esattamente suggerimenti e linee votati dalla direzione, sulla riforma costituzionale non avete tenuto conto neppure di un voto - sostiene - le idee non ci mancano, le sottoporremo ai gruppi. Il problema è se uno le ascolta". La misura, insomma è colma. "L'appuntamento di oggi? Non mi sembra una formula utile e seria", dice Alfredo D’Attorre. La frattura è consumata.


"Mi pare ci sia stato un eccesso di polemica, che a mio parere non è utile, ma rispetto le opinioni di tutti, anche quelle che non condivido", commenta il vice segretario Pd Roberto Guerini che non ha affatto gradito le dichiarazioni di Bersani ad Avvenire. A polemizzare con Renzi, però, non ci sono solo le teste calde della sinistra dem. Anche la base è in fermento, come dimostrano gli studenti che durante la direzione hanno protestato davanti al Nazareno.


Riunisce riunisce la direzione piddì, ma molti big disertano. Bersani: "Discutere sul serio". E Guerini: "Eccesso di polemica inutile". Il Pd va in frantumi





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Andrea Indini



Fassina: "La riunione con Renzi è una presa in giro"Fassina: "Oggi nasce la corrente renziana"Studenti protestano davanti alla sede del Pd
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Published on February 27, 2015 10:35

I servizi segreti sotto accusa: così gli è sfuggito il boia dell'Isis

Fino a ieri era soltantoo una maschera nera dietro le decapitazioni di tutti gli ostaggi occidentali. Oggi è il boia più ricercato al mondo. Jihadi John, il leader del gruppo di assassini che in Siria si fanno chiamare i Beatles, ha un nome e una storia, simile a quella di tanti altri "terroristi della porta accanto" che i radar dell’intelligence britannica e internazionale non sono riusciti a fermare prima che potessero compiere i loro atti di violenza. Tanto che ora, alla sede dell'Mi5 di Londra, rischiano di daltare diverse poltrone. Il giorno dopo la rivelazione che Jihadi John è Mohammed Emwazi, un londinese di 27 anni già noto alle forze di sicurezza, si alzano voci critiche contro l'operato degli agenti che, pur avendo avvicinato il jihadista più volte per convincerlo a collaborare, se lo sono lasciato scappare sotto il naso.


Mohamed Emwazi nasce in Kuwait nel 1988 e a sei anni si trasferisce a Londra. Famiglia agiata della media borghesia, cresce con un fratello e due sorelle in un tranquillo quartiere nell’ovest della capitale e si laurea in informatica all’università di Westminster. Fin qui la storia di un ragazzo musulmano come tanti, che ogni tanto frequentava la moschea di Greenwich e conduceva una vita tranquilla in una tipica casa di mattoni rossi, dove oggi non si è visto entrare nè uscire nessuno. "Una famiglia per bene - dicono i vicini - ma che si teneva in disparte". È nel 2009, dopo la laurea, che comincia a cambiare qualcosa. Emwazi organizza un viaggio in Tanzania con due amici, un tedesco convertito all'islam di nome Omar e un certo Abu Talib, ma appena arrivati all’aeroporto di Dar es Salaam vengono arrestati e rispediti in Gran Bretagna.


Sulla via del ritorno, ad Amsterdam, Emwazi viene fermato per la prima volta dai servizi segreti britannici che stanno indagando sul gruppo terroristico somalo al Shabaab. Gli agenti del Mi5 lo accusano di volersi unire agli affiliati di Al Qaida ma lo rilasciano. Da allora, gli 007 cercano di reclutarlo come informatore. Un anno dopo, nel 2010, Emwazi torna in Kuwait per cercare un lavoro come informatico ma al suo ritorno a Londra viene arrestato di nuovo dalla polizia anti-terrorismo britannica che lo inserisce nella sua lista nera e gli leva il passaporto. Nel 2013 prova di nuovo a partire per il Kuwait, poi di lui si perdono le tracce. La famiglia ne dichiara la scomparsa e quattro mesi dopo la polizia comunica ai parenti che si trova in Siria. Passa solo un anno e Mohamed diventa "Jihadi John", il boia sanguinario che nell’agosto del 2014 spezza la vita di Steven Sotloff. E poi di David Haines, Alan Henning, Peter Kassig, Haruna Yukawa e Kenji Goto.


La commissione parlamentare per la sicurezza britannica ha subito aperto un'inchiesta. Perché gli agenti del Mi5 erano in contatto con un sospetto terrorista? E, soprattutto, perché non lo hanno fermato? Secondo il Times, i servizi segreti hanno cercato di trasformarlo in un informatore almeno una dozzina di volte. Eppure, nonostante fosse contrallato dagli 007 e inserito nella watch list, Emwazi è riuscito a lasciare l'Inghilterra e a unirsi allo Stato islamico in Siria. Qualcosa dev'essere andato storto.


Perché gli agenti del Mi5 erano in contatto con un sospetto terrorista? E, soprattutto, perché non lo hanno fermato? Sostieni il reportage





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Andrea Indini



La figlia di Haines: "Se Jihadi John vive non avrò pace"
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Published on February 27, 2015 01:02

February 26, 2015

L'Ue affida alla Kyenge l'emergenza immigrati

L'Europarlamento mette l'emergenza immigrazione nelle mani di Cecile Kyenge. Toccherrà all'ex ministro per l'Integrazione trovare una solizione a un problema che sta assumendo, soprattutto in Italia, proporzioni drammatiche. Insieme all'eurodeputata maltese Ppe Roberta Metsola, sarà la correlatrice del "rapporto di iniziativa strategico sulla situazione nel Mediterraneo e sulla necessità di un approccio globale dell’Ue alle migrazioni". Un nome altisonante per un incarico che difficilmente aiuterà l'Italia a risolvere un'emergenza che si trascina dietro ormai da anni.


Nel 2014 in Italia sono sbarcati 180mila clandestini. Nel primo bimestre del 2015 il flusso è più che raddoppiato rispetto all'anno precedente. È il fallimento delle missioni Mare Nostrum e Triton, salutate con entusiasmo dal premier Matteo Renzi e dal ministro dell'Interno Angelino Alfano. Centinaia di morti hanno già macchiato di sangue il Mediterraneo. Dopo aver stanziato altri soldi per finanziare le operazioni di salvataggio in alto mare, l'Europarlamento punta tutto sulla Kyenge per risolvere l'emergenza. Peccato che, quando sedeva tra i banchi del governo Letta, l'allora ministro all'Integrazione premeva per la riforma dello ius soli e per la cittadinanza facile agli immigrati. Due promesse che, insieme all'operazione Mare Nostrum, hanno ingolosito i disperati che dal Nord Africa hanno sfidato il Mediterraneo per raggiungere l'Italia, ponte verso il Vecchio Continente.


"Sono riconoscente per la responsabilità che il parlamento mi ha affidato", ha commentato Kyenge soddisfatta che l'incarico le sia stato affidato dalla larga maggioranza dagli eurodeputati. "Dobbiamo superare il perenne approccio emergenziale con cui è stato sempre affrontato il tema - ha continuato - il flusso di migranti che attraversano le frontiere Sud dell’Europa è un fatto strutturale e transnazionale". Per l'ex ministro la questione deve essere affrontata condividendo le responsabilità "tra tutti gli Stati membri ponendo al centro innanzitutto la tutela della vita umana". Tutto il Pd si è stretto attorno alla Kyenge parlando di "ottimo risultato per l’Italia ottenuto grazie alla stima di cui gode l’eurodeputata Pd in Italia e in Europa". "Finalmente l’Italia non si limita più a criticare le mancanze dell’Europa sull’immigrazione ma si impegna in primo piano affinché l'Ue si faccia carico delle proprie responsabilità - ha dichiarato la capodelegazione degli eurodeputati piddì Patrizia Toia - il rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo porterà nei prossimi mesi all’approvazione di una risoluzione che costituirà il parere ufficiale del Parlamento europeo sull’immigrazione". Intanto che la Kyenge si studia le carte, però, gli scafisti già festeggia. Anche il 2015 sarà un anno di affari d'oro.


Dovrà decidere le iniziative strategiche per risolvere l'emergenza nel Mediterraneo. Il Pd esulta (gli scafisti pure)





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Andrea Indini

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Published on February 26, 2015 09:51

Ecco chi è il boia dell'Isis: Jihadi John è il londinese Mohamed Emwazi

Adesso Jihadi John ha un nome e un cognome. Il boia dello Stato islamico, che in questi mesi ha tagliato le teste agli ostaggi occidentali per conto del califfo Abu Bakr Al Baghdadi, è un ventisettenne londinese. Si chiama Mohammed Emwazi e risiedeva nella zona occidentale di Londra e che era già noto ai servizi di intelligence. Il sanguinario tagliagole, ribattezzato "Jihadi John" per via del suo accento britannico, aveva fatto la prima comparsa nell'agosto scorso nel video in cui veniva mostrata al mondo la decapitazione del giornalista americano James Foley.


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Il vero nome di "Jihadi John" era già noto alle forze di intelligence britanniche che, però, hanno preferito non rivelarlo prima per non compromettere le indagini. Nato in Kuwait, Emwazi arriverebbe da una famiglia agiata dell’ovest di Londra e si sarebbe laureato in informatica. Si sarebbe avvicinato all'estremismo islamico dopo un viaggio in Tanzania organizzato, insieme a un tedesco convertito all'islam che si chiama Omar e un certo Abu Talib, nel maggio del 2009. I tre non sarebbero, tuttavia, riusciti a entrare nel Paese perché sono stati arrestati all'aeroporto di Dar es Salaam ed espulsi il giorno dopo. Nel 2010, poi, l'antiterrorismo britannico lo aveva arrestato dopo essere arrivato a Londra dal Kuwait. In quell'occasione gli erano state prese le impronte digitali, il suo nome era stato messo nella lista dei terroristi sotto controllo e gli era anche stato vietato la possibilità di espatrio e quindi di ritorno in Kuwait.


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Emwazi sarebbe arrivato in Siria nel 2012 per combattere contro il regime di Bashar al Assad e si sarebbe unito alle milizie dello Stato islamico solo in un secondo momento. C'è sempre la sua mano ferma dietro alle decapitazioni degli americani Steven Sotloff e Peter Kassig, dei britannici David Haines e Alan Henning e dei giapponesi Kenji Goto e Haruna Yukawa. In tutti i filmati il boia compare sempre vestito completamente di nero: un passamontagna nero gli lascia scoperti solo gli occhi e la parte superiore del naso.


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Le notizie su "Jihadi John" sono tuttavia frammentarie. Secondo Scottland Yard, infatti, sarebbe anche collegato a un sospetto che si sarebbe trasferito in Somalia nel 2006 perché legato a un network per il finanziamento del gruppo terroristico degli al Shabaab. "A questo punto - si sono affrettati a chiarire i servizi segreti inglesi - non confermeremo l'identità di nessuno né daremo aggiornamenti sui progressi di questa inchiesta antiterroristica in corso".


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Identificato il tagliagole dell'Isis fino a oggi conosciuto come "Jihadi John". È il 27enne londinese Mohammed Emwazi. Sostieni il reportage





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Andrea Indini



Tutti gli alleati del Califfo
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Published on February 26, 2015 05:41

February 22, 2015

Mitra, scud e armi chimiche: ecco l'arsenale del terrore

Nei giorni scorsi il portavoce delle operazioni dell'esercito libico, Mohamed el Hagazi, ha fatto sapere che il governo del Cairo ha dato l'ordine alle navi da guerra della Marina egiziana di pattugliare le coste libiche per impedire qualsiasi tentativo di far arrivare armi ai jihadisti in Libia. Lo Stato islamico non ha una propria aviazione, non ha nemmeno una Marina Militare e, soprattutto non ha armi di distruzione di massa. Almeno per ora. Ieri, infatti, le milizie avversarie all'esercito di Tobruk sono riuscite a mettere le mani sull'arsenale del rais Muhammar Gheddafi. Adesso il timore maggiore è che imprecisate quantità di "gas mostarda" (iprite) possano finire nella mani dei tagliagole.


Che i miliziani del califfo Abu Bakr Al Baghdadi siano armati fino ai denti è ormai un'informazione assodata. Ma capire quali armamenti siano a loro disposizione è estremamente difficile. Servizi segreti e fonti di intelligence stanno cercando di mettere insieme le notizie che arrivano dai fronti siriano e iracheno. Alla fine dello scorso anno il Conflict armament research, un’organizzazione con sede a Londra che si occupa del traffico di armi, è riuscito a mettere insieme due rapporti (uno sulle armi e uno sulle munizione) grazie agli armamenti sequestrati dall'esercito curdo durante il conflitto. Ne è emerso che i militanti jihadisti è in possesso di fucili statunitensi, mitragliatrici cinesi e razzi anti-carro della ex-Jugoslavia, tutti consegnati nelle mani dei ribelli siriani.


[[foto 1097499]]


Nel report Islamic State weapons in Iraq e Syria pubblicato lo scorso settembre, di cui trovate il pdf linkato all'articolo, i ricercatori sono stati in grado di individuare almeno una decina tipi diversi di armi. Armi che, secondo il Conflict armament research, proverrebbero da tutto il mondo. Su molte sono stati rimossi i numeri di serie proprio per nasconderne la provenienza, ma basta dare una lettura voloce al documento per scoprire che l'Isis è riuscito a mettere le mani su un vero e proprio arsenale. Si va dai M16A4 5.56 x 45 mm, fucili d'assalto di fabbricazione americana, agli AKM 7.62 x 39 mm che furono prodotti in Russia nel 1960, 1964 e 1970. E ancora: le mitragliatrici cinesi PKM-pattern e PK-pattern M80 7.62 x 54R mm e i fucili croati Emlmech EM-992 7.62 X 51 mm. Armi leggere più adatte alla guerriglia e a operazioni di assalto ma che, secondo gli esperti, non dovrebbero troppo impensierire l'Occidente. Nei giorni un miliziano libico ha postato sul proprio account Twitter una mappa del Mediterraneo in cui ha evidenziato che "la distanza tra Roma e Sirte è di 1.250 chilometri, come quella che separa (le due città saudite, ndr) Jeddah e Dammam". Una distanza difficile da coprire con un missile. "Uno scud però può arrivare fino in Italia", ha aggiunto l'utente Qalam hur ricordando che Sirte dista 450 chilometri dal suolo italiano. Secondo l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, l'Isis "non sarebbe in possesso di missili da lanciare" contro il nostro Paese. Si tratterebbe, dunque, solo di "guerra psicologica".


[[foto 1097506]]


Questo fino a ieri, quando le milizie avversarie al governo di Hamad bin Khalifa al-Thani hanno messo le mani sui gas di Gheddafi. La Libia, ufficialmente, è senza armi chimiche dall’anno scorso, anche se custodisce ancora sostanze che possono essere trasformate in armamenti. L’annuncio che "la Libia è divenuta totalmente priva di armi chimiche" era stato fatto il 4 febbraio scorso anno, al termine di un processo di smantellamento iniziato nel 2004 quando il Paese aderì alla Convenzione sulle armi chimiche (Cac). In quell’anno la Libia possedeva 24,7 tonnellate di iprite, e oltre 3.500 bombe per aereo caricate con gas letali. Lo scorso settembre però l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), quella che per l’Onu ha monitorato la distruzione delle armi chimiche siriane, fece sapere che la Libia deve ancora smantellare il 60% dei "precursori", le sostanze che possono essere trasformati in armi chimiche. Si tratta di 850 tonnellate di materiale che in gran parte, secondo una richiesta della Libia, andrebbe portata fuori dal territorio libico via nave, operazione diventata improponibile nell'attuale situazione. Adesso queste armi potrebbero finire in mano ai tagliagole dell'Isis.


Un report mette a nudo l'arsenale dei miliziani dell'Isis. Secondo i servizi, disporrebbero solo di armi leggere e razzi anti-carro: "Non hanno missili". Ma in Libia è partita la corsa ai gas di Gheddafi. E l'esercito regolare teme il contrabbando via mare. Sostieni il reportage





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Andrea Indini



Le armi in mano ai miliziani dello Stato islamicoLe munizioni usate dei jihadisti dello Stato islamico
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Published on February 22, 2015 05:59

February 21, 2015

Sulle rotte degli immigrati anche il contrabbando di armi

Un nuovo flusso di profughi ha preso d'assalto alla Stazione centrale di Milano. Nel giro di appena due giorni sono arrivati alla scalo ferroviario del capoluogo lombardo oltre 300 immigrati su treni provenienti da Salerno e da località della Puglia. Intanto, per il quinto giorno consecutivo, l'Aeronautica militare è alle prese con il trasferimento di clandestini da Lampedusa. Da lunedì scorso, giorno di inizio del ponte aereo, 622 persone sono state smistate nei diversi centri di prima accoglienza d'Italia. Che da giorni sono già al collasso. Altri 252 sono, invece, stati trasferiti via nave. I numeri si inseguono e si perdono tra loro. Con un'unica, drammatica certezza: il 2015 sarà peggio del 2014.


In Libia la situazione diventa sempre più pericolosa per gli immigrati che hanno deciso di imbarcarsi alla volta dell'Europa sulle carrette del mare. I trafficanti libici stanno diventando sempre più violenti. Secondo i calcoli dell’Organizzazione internazionale delle Migrazioni, in Italia, solo dall’inizio di febbraio, sono arrivati circa 4.300 clandestini, 3.800 dei quali nell'ultimo fine settimana. La maggior parte sono originari dell'Africa sub-sahariana, anche se nelle ultime ventiquattr'ore sono apparsi pure i primi siriani ed eritrei. Tra gli ultimi arrivati a Lampedusa c'era anche una neonata di tre mesi. La madre, originaria della Somalia, ha attraversato il deserto per raggiungere la Libia. Durante la traversata sono morte molte persone. I cadaveri sono stati abbandonati dove sono caduti. Nessuno si è caruta di seppellirli. Una volta giunta in Libia, la somala ha partorito in un edificio conosciuto come "casa di collegamento". Qui ha vissuto per tre mesi, un periodo abbastanza lungo per finir vittima più volte delle violenze sessuali dei trafficanti.


Famiglie siriane e palestinesi hanno percorso la rotta che passa per il Sudan, arrivando lì in volo da Amman, Beirut o Istanbul, per raggiungere Khartoum. Da lì, hanno attraversato il deserto per arrivare in Libia: questa è una delle poche alternative che hanno a disposizione, da quando il governo algerino ha reso estremamente difficile a persone di queste nazionalità ottenere il visto. Per questo motivo, la rotta che passava attraverso l’Algeria è stata ora sostituita da quella che passa attraverso il Sudan. In Libia gli immigrati rimangono nelle case di collegamento per un periodo che varia dai cinque giorni ai due anni. "È un Paese in stato di guerra, Tripoli stessa è sotto attacco", raccontano i più ammettendo che è estremamente pericoloso rimanere in città. È un vero inferno. Da Sirte a Derna scorrazzano i miliziani dello Stato islamico che, oltre a sottrarre potere al premier Abdullah al Thani, puntano a prendere il controllo delle coste per infiltrarsi sui barconi della speranza. L'obiettivo è spedire in Europa jihadisti disposti a farsi saltare in aria e far arrivare via nave le armi. Navi da guerra della Marina egiziana sono al largo delle coste libiche proprio per impedire qualsiasi contatto coi tagliagole dello Stato islamico.


Tra i 200mila disperati pronti a pertire per l'Italia si infiltrano i jihadisti dello Stato islamico. Sulle stesse tratte si nascondono i trafficanti d'armi che riforniscono l'Isis. Sostieni il reportage





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Andrea Indini

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Published on February 21, 2015 03:07

February 19, 2015

Bruxelles stanzia altri soldi per accogliere gli immigrati

Oltre 180mila clandestini sbarcati nel 2014. Si chiude così l'annus horribilis di Mare Nostrum. E si apre il 2015 targato Triton. L'inizio è già allarmante: un tragico naufragio da quasi 330 vittime, un fine settimana da record (l'ultimo) da oltre quattromila arrivi e un exploit delle partenze rispetto all'anno scorso del 59 per cento. Davanti a questi dati l'Europa avrebbe dovuto rivedere completamente le misure messe in campo per contenere i flussi migratori. E, invece, non solo prolunga la fallimentare operazione Triton fino alla fine del 2015, ma addirittura stanzia 13,7 milioni di euro in più per dare asilo agli stranieri.


"L'Isis sta organizzando lo sbarco di 200.000 immigrati - tuona il leader della Lega Nord, Matteo Salvini - Renzi e Alfano collaborano, mettendo a disposizione navi e alberghi". All'indomani dell'allarme lanciato dal Daily Telegraph, che ha denunciato il rischio di infiltrazioni terroristiche sui barconi dei clandestini, e confermato dall'ambasciatore d’Egitto a Londra, l'Unione europea fa l'ennesimo passo falso nella lotta al terrorismo e nel contrasto all'immigrazione clandestina. Sebbene i servizi segreti italiani abbiano ridimensionato l'allarme di infiltrazioni jihadiste rilevando che finora "non ci sono evidenze" di questo tipo, dal Viminale trapela che la minaccia terroristica al momento è imprevedibile. Il clima è, insomma, tesissimo. Anche a fronte dell'operazione dell'antiterrorismo che, in queste ore, sarebbe sulle tracce di due estremisti libici a zonzo per Roma.


Nei documenti ottenuti dal think tank anti-terrorismo britannico Quiliam, Abu Arhim al-Libim, indicato dagli analisti come una figura di spicco dello Stato islamico, cita la vicinanza della Libia con "gli Stati crociati" e la possibilità per i jihadisti di "utilizzare e sfruttare in modo strategico i tanti barconi di immigrati che partono dalle coste libiche". Attraverso i quali l'Isis può anche "colpire le compagnie marittime e le navi dei Crociati". Davanti a questa minaccia, anziché rivedere il trattato di Schenden e bloccare gli sbarchi chiudendo le frontiere, la Commissione europea ha prolungato dell’operazione Triton e stanziato nuovi fondi di emergenza all'Italia per un totale di 13,7 milioni di euro per accogliere i nuovi arrivi. "Il messaggio che inviamo oggi è molto semplice - ha commentato il commissario Ue Dimitris Avramopoulos - l’Italia non è sola, l'Europa è al fianco dell’Italia". Ma in questo modo non farà altro che incentivare le partenze.


Triton è un fallimento. Eppure l'Ue non solo prolunga la missione ma stanzia pure 13,7 milioni in più per gli sbarchi. Ma così aumenteranno solo le partenze





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Andrea Indini



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Published on February 19, 2015 07:21

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