Andrea Indini's Blog, page 128
August 20, 2015
Lezione della Macedonia all'Ue: esercito lungo il confine greco per fermare il flusso di migranti
Lungo tutta la frontiera meridionale, che confina con la Grecia, è in vigore lo stato di emergenza. La Macedonia schiera così l'esercito per fermare il crescente flusso di clandestini che cercano di attraversare la frontiera. La polizia ha già bloccato l'autostrada Skopje-Atene lasciando migliaia di immigrati in una terra di nessuno, tra la Grecia e il confine della Macedonia, e consentendo sporadicamente a piccoli di gruppi di entrare. Le autorità starebbero cercando di alleggerire la pressione sulla città di confine di Gevgelija da cui migliaia di stranieri cercano di assaltare i treni che partono alla volta della Serbia.
Da gennaio a giugno 2015 l'Ue ha ricevuto già più di 400mila richieste di asilo. Il totale del 2014 era stato di 600mila. Dopo la cifra record dei 107mila arrivi di immigrati nel solo mese di luglio, reso noto da Frontex, questa volta è Christian Wigand, un portavoce della Commissione Ue, a diffondere il nuovo dato emergenziale. "Non si tratta di una crisi greca, o italiana, o tedesca, o austriaca o francese - dice Wigand - è una crisi migratoria globale che richiede azioni congiunte coraggiose e solidarietà". Particolarmente allarmato il governo di Berlino che oggi ha diffuso i dati ufficiali sui richiedenti asilo attesi per il 2015: ben 800 mila, il doppio delle stime precedenti. Un flusso enorme di difficile gestione, che porta il ministro tedesco dell’Interno Thomans De Maiziere a non escludere, alla lunga, la necessità di una verifica del funzionamento del Trattato di Schengen, l’accordo sulla libera circolazione. E, mentre gli euroburocrati di Bruxelles restano alla finestra a guardare, alcuni Paesi del Vecchio Continente iniziano a muoversi per conto proprio.
Dopo il via libera del premier ungherese Viktor Orbán alla costruzione di un muro di quattro metri per bloccare gli ingressi dalla Serbia e la decisione della Slovacchia di far entrare solo gli immigrati cristiani, la Macedonia schiera l'esercito per arginare un'invasione che va avanti da ormai troppo tempo. "A causa della pressione crescente sul confine meridionale - ha annunciato il governo di Skopje - c’è bisogno di un controllo maggiore e più efficiente nella regione dove sono stati registrati in maniera massiccia ingressi clandestini dalla parte greca". Nelle intenzioni del ministro dell’Interno Ivo Kotevski, il coinvolgimento dell’esercito dovrebbe garantire maggiormente la sicurezza dei cittadini e permettere un'accurata selezione dei richiedenti asilo. Una misura estrema, ma concreta che sopperisce alla totale assenza dell'Unione europea.
Bruxelles non muove un dito per fermare l'invasione. E la Macedonia schiera l'esercito lungo il confine e l'autostrada per Atene
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Andrea Indini
Macedonia, l'assalto dei clandestini ai treni per l'EuropaMacedonia, l'esercito blocca gli immigrati al confineMacedonia, l'assalto dei clandestini ai treni per l'Europa
August 17, 2015
La Boldrini cavalca lo ius soli: "Cittadinanza pure agli adulti"
"La riforma della cittadinanza riguardi non solo gli stranieri minorenni ma quelli maggiorenni". Mentre in Italia continuano senza sosta gli sbarchi di clandestini e infiamma la polemica politica sulla gestione dell'accoglienza, il presidente della Camera Laura Boldrini getta benzina sul fuoco cavalcando lo ius soli e proponendo addirittura di regalare la cittadinanza anche agli stranieri adulti. "Se la legge sulla cittadinanza è uno strumento di integrazione - dice ai microfoni di Radio Vaticana - allora ritengo che bisogna anche non escludere quella dei maggiorenni, quella degli adulti".
La Boldrini non è super partes. Non lo è mai stata, tantomeno quando pontifica sull'immigrazione. E, in un'estate calda segnata dagli interventi a gamba tesa della Cei, non poteva mancare il tackle del presidente della Camera che si schiera dalla parte di monsignor Nunzio Galantino per attaccare i "professionisti delle polemiche", ovvero Matteo Salvini e compagnia bella che si oppongono alla poltica di accoglienza di Matteo Renzi e Angelino Alfano. "Ci sono professionisti delle polemiche nel nostro Paese, che peraltro sono quasi sempre privi di argomenti propri - pontifica il presidente della Camera - quindi si esercitano attaccando gli altri e a volte facendolo anche in modo pesante e volgare". E così si ritrova a difendere Galantino ("Esprime i principi del Vangelo") e l'Unione europea: "Io rimango sempre abbastanza sorpresa da chi, invece, propina il ritorno ai vecchi Stati nazionali chiudendo le frontiere e ognuno per sé, perché questo non solo è anacronistico, ma non è efficace".
Più che difendere il numero uno della Cei dagli attacchi di Salvini, alla Boldrini interessa riformare la legge sulla cittadinanza e, soprattutto, estenderla a tutti gli immigrati che sbarcano in Italia. Non le basta, infatti, lo ius soli portato avanti dalla sinistra. Vuole garantire la cittadinanza italiana a tutti gli immigrati irregolari. "Diversamente - spiega a Radio Vaticana - si creerebbe una situazione abbastanza difficile da gestire per le stesse famiglie, e non vogliamo creare sacche di marginalità. Vogliamo fare in modo che chi vive e lavora nel nostro Paese e paga le tasse, abbia anche la possibilità di sentirsi parte attiva del nostro tessuto sociale". Delle tensioni sociali, invece, non si cura. Tanto a pagare gli effetti delle sue battaglie ideologiche sono sempre gli italiani.
Il presidente della Camera lancia la riforma della cittadinanza: "Strumento di integrazione". Poi difende Galantino
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Andrea Indini
July 21, 2015
La bomba immigrati sull'Italia: nel 2015 almeno 200mila arrivi
La bomba immigrazione è esplosa da due anni. Solo la premiata ditta Matteo Renzi & Angelino Alfano sembra non accorgersene. Al 21 luglio il numero di sbarchi è in sostanziale equilibrio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: sono già arrivato 85.361 clandestini. "Il trend - cerca di minimizzare il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale - ci consentirà di restare al di sotto della pianificazione nazionale che ci faceva temere di superare le 200mila persone, invece sono 170mila circa". Pronostico che viene subito smentito dalla polizia delle Frontiere che parla di "almeno 200mila arrivi" per il 2015 e che fa impallidire l'accordo per la redistribuzione di 32mila immigrati abbozzato ieri a Buxelles.
Solo 32mila contro i 40mila su due anni fissati come obiettivo. Pur ammettendo di essere "delusa", assicura che questo gap di 8mila rifugiati verrà raggiunto entro fine anno. "Un primo passo" sbandierato da Alfano che dice di avere ottenuto per l’Italia "molto di più di quello che tutti i governi precedenti avevano mai pensato di avere". Che il leader di Ncd abbia fallito su tutti i fronti lo dimostra l'allarme lanciato dal direttore della polizia delle Frontiere, Giovanni Pinto parlando di "situazione senza precedenti". "Nel 2013 e nel 2014 sono arrivati in Italia 170mila migranti - pronostica nel corso di un convegno organizzato dalla Guardia di Finanza - quest’anno già viaggiamo sulle stesse cifre e forse arriveremo a 200mila". Stando al report dell'Unhcr, l'agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati, tra il Niger e la Nigeria stanno infatti preparando campi per 500mila sfollati. Si tratta delle persone che fuggono dalle violenze del gruppo terroristico di Boko Haram. L'Italia rischia così di diventare il centro di hot spot, punti caldi dove "ci sarà un primo screening del migrante", ovvero un luogo dove si deciderà "se il migrante può essere accolto come richiedente asilo o se deve essere espulso".
Nonostante provi a ridimensionare le preoccupazioni della polizia delle Frontiere, i numeri snocciolati da Morcone sono l'evidenza di un'emergenza che il governo Renzi non vuole vedere. E a soffrirne sono sempre gli italiani. Che negli ultimi giorni hanno iniziato a ribellarsi alla linea di Alfano di accogliere ad oltranza sistemando migliaia di clandestini in centri improvvisati nel giro del Paese. "Nella distribuzione dei migranti nelle regioni italiane - spiega Morcone - siamo riusciti a portare avanti un piccolo riequilibrio ma ancora del tutto insufficiente, perché comunque in Sicilia rimane il 18% delle persone". Anche le Regioni del Nord stanno facendo sforzi significativi. La Lombardia, per esempio, ospita l'11% dei disperati sbarcati in Italia negli ultimi mesi. Il Veneto, poi, è passato dal 3% al 6%. Ma al Viminale ancora non basta. "Ci stiamo sforzando di andare avanti - insiste Morcone - tenendo ferma la barra sulla conferenza Unificata dello scorso anno e su quelle modalità".
Morcone rinfaccia, poi, ai Comuni di non aderire al sistema Sprar. "Bisognerebbe renderlo più 'appetibile' - suggerisce - abbassando la quota di cofinanziamento e allentando il patto di stabilità per i Comuni che aderiscono". Un bando straordinario per 10 mila posti sarà indetto alla firma di Alfano nella Conferenza unificata che si terrà in settimana. "Cosi - conclude - ci avvicineremmo sempre più a un sistema ordinario, in cui i Comuni siano protagonisti". L'obiettivo del Viminale, oltre che minimizzare un'emergenza che si fa sempre più incandescente ogni giorno che passa, è spalmare le decine di migliaia di immigrati che continuano ad arrivare trasformando l'Italia nel campo profughi d'Europa.
Il Viminale certifica i fallimenti di Alfano: "Nel 2015 già sbarcati 85.361". E la Polizia delle Frontiere lancia l'allarme: "Situazione senza precedenti"
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Andrea Indini
Profughi, altro flop di Renzi: l'Ue prende in giro gli italiani
July 1, 2015
L'Isis è già in Italia, dieci musulmani in manette: volevano fare il jihad in Siria
I jihadisti sono qui in Italia, proprio in mezzo a noi. E sono i terroristi che guardano allo Stato islamico per portare a termine il proprio jihad. Dieci di questi sono stati arrestati in una vasta operazione denominata "Martese". Quattro italiani, cinque albanesi e un canadese, i dieci indagati di cui Fausto Biloslavo ha anticipato oggi su ilGiornale, volevano raggiungere la Siria per combattere tra i miliziani del califfo Abu Bakr al Baghdadi. Questa mattina, però, sono finiti in manette con l'accusa a vario titolo di associazione con finalità di terrorismo e organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo.
Tutta l'operazione ruota intorno a Maria Giulia Sergio, la 27enne Lady Jihad partita per la Siria insieme al marito albanese Aldo Kobuzi (27 anni). "È la prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa", ha spiegato il pm Maurizio Romanelli. Gli indagati fanno parte delle famiglie dei due foreign fighter: la prima, quella della Sergio, è formata da italiani convertiti da qualche anno all'islam, la seconda è, invece, composta da albanesi che vivono nella provincia di Grosseto. Il collante tra le famiglie è rappresentato dalla giovane coppia che si è unita in matrimonio nel mese di settembre scorso, per poi partire alla volta della Siria per combattere a fianco dei miliziani dell'Isis. "Non progettavano attentati in Italia", assicura Romanelli.
Come anticipato da Biloslavo su ilGiornale, l’attività investigativa, avviata lo scorso ottobre, prende le mosse proprio dalla conversione e dagli spostamenti della foreign fighter originaria di Torre del Greco. Nel blitz antiterrorismo di questa mattina, è stata arrestata l'intera famiglia di Lady Jihad: il padre Sergio, la madre Assunta e la sorella Marianna. Da Inzago, paesino alle porte di Milano, stavano organizzando la partenza per raggiungere la Sergio in Siria. In manette sono finiti anche i parenti di Kobuzi: la zia 41enne, Arta Kacabuni, è stata acciuffata a Scansano, mentre Baki Coku, lo zio 37enne che ad Arcille di Campagnatico, è stato raggiunto a Lushnje, a circa 70 chilometri a sud di Tirana, dove era andato ad incontrare la propria famiglia.
L’inchiesta milanese sull’Isis si è sviluppata anche grazie all’individuazione del "coordinatore dei foreign fighter" per conto dello Stato Islamico. Un contatto che ha permesso agli inquirenti di far luce sulle regole per raggiungere il Califfato: accorgimenti materiali come, ad esempio, l'indicazione di "non usare telefoni di ultima generazione ma solo telefoni di vecchio tipo", "procurarsi schede locali e buttare la scheda vecchia" o "avere una valigia senza eccessivo bagaglio".
L'Isis è alle porte: sostieni il reportage
Preso il clan di Lady Jihad denunciato da ilGiornale. In manette italiani convertiti all'islam e cinque albanesi residenti nella provincia di Grosseto. Sostieni il reportage
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Maria Giulia Sergio
Andrea Indini
Le tappe di Maria Giulia Sergio verso il CaliffatoLady Jihad ride con la sorella: "Lapidiamo un adultero"In Maremma albanesi boscaioli e donne col burqaI vicini di casa minimizzano: "Una famiglia per bene"Con Facebook in 12 ore puoi arruolarti nell'Isis I segreti dell'Isis e dei suoi combattentiCosì parlava FatimaTerrorismo, ecco il clan di Maria Giulia Sergio
Viaggio di nozze a Berlino: Renzi in ginocchio dalla Merkel
In uno dei giorni più difficili per l'Unione europea e per l'euro, con gli occhi puntati sulla crisi greca, Matteo Renzi vola a Berlino, in ginocchio da Angela Merkel. In mattinata il premier italiano è intervenuto alla Humboldt University su Europe: back to the future. Nel primo pomeriggio, poi, il bilaterale con la cancelliera tedesca. In un momento di crisi nera, il clima è da luna di miele. I due leader giocano alla coppia felice: fanno fronte comune, difendono la baracca (l'Europa) e rimbrottano Alexis Tsipras, il figlioletto cattivo. "Quello che è importante è, finché si sta in una casa comune che è l’Ue, mantenere le regole insieme, stare alle regole condivise - redarguisce Renzi in conferenza stampa a Berlino - quando abbiamo opinioni diverse ne parliamo e poi si esce con la stessa posizione, così si fa in Europa".
Da giorni Renzi si è allineato alla Germania. Molto più di un tempo, ha spostato la barra verso Berlino. Fronte comune contro l'ex amico Tsipras. Che ora viene attaccato su più fronti, quello tedesco e quello romano. Dall'Eliseo Francois Hollande ha già fatto il suo mettendo in chiaro sin dall'inizio che il referendum è un'assurdità. Da un paio di giorni a questa parte, poi, anche Renzi si è messo a bastonare in questo senso. In linea con la cancelliera tedesca che, implacabile, ha sospeso qualsiasi negoziato con Atene prima di avere in mano i risultati della consultazione. "La Grecia ha il diritto di fare il suo referendum sulle proposte europee - mette in chiaro - ma i partner europei hanno egualmente il diritto di rispondere a quello che sarà il suo esito". E lì, al suo fianco, il fido Renzi. Che ci tiene a far valere il peso dei due partiti, il Pd e la Cdu, all'interno dell'Unione europea. "Io e Angela non abbiamo le stesse idee su tutto, è la democrazia bellezza... - dice Renzi - ma rappresentiamo i due partiti più votati in Europa, insieme hanno ottenuto 22 milioni di voti". E ricorda (sempre all'indirizzo dell'inguaiato Tsipras): "Siamo alla guida di due grandi Paesi che hanno creato insieme con altri l’Europa. E che sanno che c’è bisogno di Europa della politica e degli ideali, non solo di parametri e cifre. Di fronte a questo le discussioni saranno finalizzate a rendere l’Europa più forte".
Fronte comune, insomma. Mano nella mano. Nella tana del lupo. Se e quando toccherà all'Italia lo stesso trattamento a cui è ora sottoposta la Grecia, tutte queste dichiarazioni varranno zero e l'asse Roma-Berlino verrà spezzato dal primo vento di burrasca. Per il momento, però, la Merkel si prodiga nell'incensare il fido Renzi che in Italia, invece, non gode più di grande fiducia. "Il programma di riforme in Italia è importante, impressionante, come il Jobs Act - dice la cancelliera tedesca - le prospettive per la crescita in Italia sono buone e la direzione è giusta". E Renzi a gongolare: "C'è ancora molto da fare ma l’Italia è tornata in pista e ha voglia di correre più veloce di tutti". Ora non resta che vedere se, quando i nodi delle riforme di Renzi verranno al pettine, la Merkel si ricorderà di tutti questi convenevoli. O passerà sul premier fiorentino come un panzer, proprio come sta facendo con Tsipras.
Mentre la Grecia va a pezzi, Renzi corre a Berlino a inginocchiarsi alla corte della Merkel per blindare Europa e euro
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Andrea Indini
June 27, 2015
Falle nei servizi di intelligence: gli jihadisti erano noti agli 007
"I servizi segreti non possono controllare tutti i potenziali terroristi". L'ammissione arriva dall'ex 007 Chems Akrouf, sentito oggi dalla Stampa. E così succede che gli assalti di ieri, sia quello alla fabbrica di Saint-Quentin-Fallavier sia quello agli hotel di lusso di Sousse, sono stati messi a segno da jihadisti già noti ai servizi di intelligence. In Francia la mano dell'Isis è quella di Yassim Salih, 35enne già schedato per radicalizzazione nel 2006. Peccato che la misura non sia stata rinnovata nel 2008 lasciandolo libero di colpire indisturbato. In Tunisia, invece, l'autore della mattanza è il 23enne Seifeddine Rezgui, finito sotto controllo perché "frequentava estremisti salafiti".
Yassim Salih era stato posto sotto attenzione della GGSI l’anno scorso a seguito della redazione delle note informative dei servizi di informazione generali del dipartimento di Doubs nel 2013 e nel 2014. In quei documenti, gli agenti parlavano di Yassin Sahli e di due suoi amici, definiti "musulmani duri" che volevano creare un istituto musulmano a Besançon. La seconda nota, datata maggio 2014, faceva riferimento ai segni di radicalizzazione di Salhi a seguito di segnalazioni arrivate dal vicinato a Besançon. Gli agenti sottolineavano le "assenze regolari e per periodi lunghi, di circa 2-3 mesi senza che sia possibile dire dove si rechi". Quando si ntrovava a Besançon, Salhi organizzava riunioni nella sua casa con altri individui, a volte vestiti in mimetica e le cui conversazioni fatte sul pianerottolo di casa facevano a volte riferimento al jihad e al Mali. Nella nota si parlava inoltre di un "brutale" cambiamento di Salhi che aveva perso molto peso e si era rasato la barba. Questa nota aveva fatto sì che Salhi fosse posto sotto attenzione, ma un anno dopo l’allerta Salhi non era oggetto di una vera e propria sorveglianza rafforzata.
"Mettere sotto controllo uno di questi personaggi significa per i servizi segreti coinvolgere almeno otto agenti disponibili a lavorare giorno e notte - spiega Chems Akrouf - e poi ci vuole un veicolo con le attrezzature necessarie per le intercettazioni. E se poi la persona ne incontra altre, si aggiungono di nuovo altri sospetti. E il meccanismo va moltiplicato". Nonostante il governo francese abbia aumentato il personale di intelligence, tenere sotto controllo tutti i potenziali terroristi è pressoché impossibile. Tanto che oggi il premier Manuel Valls ha invitato i francesi a "imparare a convivere con la minaccia degli attacchi". "Questi nuovi terroristi, potenziali e non, sono ovunque, perché spesso si radicalizzano davanti alla televisione o al computer - continua Akrouf - e poi agiscono autonomamente, da soli".
Anche in Tunisia, come in Francia, l'attentatore era noto ai servizi segreti. Seifeddine Rezgui non solo frequentava estremisti salafiti, ma apparteneva anche al gruppo universitario della "Gioventù islamica". Nato a Gaafour, nel governorato di Siliana, il 23enne era stato segnalato in alcune moschee salafite gestite da estremisti islamici, ma la sua fedina penale era pulita e non aveva partecipato, come molti jihadisti, a campi di addestramento nella vicina Libia. Solo dopo la strage, però, il governo tunisino ha deciso di colpire i musulmani radicali chiudendo ottanta moschee, che sfuggono al controllo dello Stato, con l'accusa di "incitamento alla violenza". Ma ormai è troppo tardi.
Yassim Salih, il 35enne che ha colpito la Francia, schedato per radicalizzazione nel 2006. Ben noto ai servizi anche Seifeddine Rezgui, autore della strage di Sousse. Ma nessuno li ha fermati
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Andrea Indini
L'appello dell'Isis ai musulmani: "Trasformate il Ramadan nell'inferno degli infedeli"
"Mi appello ai musulmani affinché trasformino il mese sacro di Ramadan in una devastazione per infedeli, sciiti e apostati". La chiamata alle armi di Abu Muhammad al Adnani, diffusa martedì scorso in un audio di 28 minuti, non è rimasta inascoltata. Il jihad si scatena nel venerdì del Ramadan colpendo tre continenti quasi simultaneamente: una scia di sangue unisce Tunisia, Francia, ma anche Kuwait e Somalia. "I musulmani devono essere pronti a conquistare e scegliere il martirio", esortava al Adnani rivolgendosi direttamente ai "sunniti in Giordania, Libano e Arabia Saudita affinché si sollevino contro i tiranni" e "combattano contro gli oppressori sciiti in Iraq e Siria".
L’attentato più grave sulla spiaggia di fronte a due hotel di lusso a Sousse, nel golfo di Hammamet, in Tunisia: 38 morti e 36 feriti, in buona parte stranieri, tre mesi dopo il massacro del museo del Bardo a Tunisi. "Il nostro fratello, il soldato del Califfato Abu Yahya al Qayarawani, ha raggiunto il suo obiettivo, l’Imperial hotel, malgrado le misure di sicurezza - ha rivendicato l'Isis - e ha attaccato il bordello e ucciso gli infedeli". Nel sud-est della Francia, vicino Lione, un uomo ha fatto irruzione nell’impianto di gas industriale Air Products a Saint-Quentin-Fallavier, dipartimento dell’Isere, e ha colpito bombole di gas causando l’esplosione e ferendo due persone. Ma nel complesso industriale, sulla recinzione del cortile, è stata trovata infilzata la testa decapitata di un imprenditore, il gestore di una società di trasporti che si trovava lì per una consegna. La vittima sarebbe il datore di lavoro del presunto attentatore. A Kuwait City un kamikaze si è fatto esplodere in una moschea sciita durante la preghiera del venerdì, uccidendo almeno 27 persone e ferendone circa 200. In Somalia i miliziani islamici Shabaab, legati ad Al Qaeda, hanno lanciato un’autobomba contro la base delle truppe di peacekeeping dell’Unione africana a Leego, 130 chilometri a sud di Mogadiscio, ingaggiando dopo l’esplosione una lunga battaglia con la sicurezza, per una bilancio finale di una trentina di morti.
Dietro agli attacchi di ieri c'è l'Isis. L'obiettivo del califfo Abu Bakr al Baghdadi è seminare il panico in Occidente e destabilizzare il Medio Oriente. Lo stesso aveva fatto nel 2005 l'allora leader di al Qaeda, Abu Musab al Zarqawi, incitando a "uccidere a chi crede negli idoli". Un appello che aveva scatenato una lunghissima scia di sangue. "Ramadan - spiega il britannico Barnaba Fund - è il periodo in cui i cristiani subiscono un aumento di attacchi nel mondo musulmano". Così era stato nel 2001, quando al Qaeda aveva attaccato il parlamento indiano, nel 2002, a finire nelle mire qaediste era stato un hotel di turisti israeliani in Kenya, e nel 2003 con il blitz alla Croce Rossa di Baghdad. Oggi i miliziani dello Stato islamico, già all'offensiva in Libia, stanno martellando contro la Tunisia per riuscire a creare il Grande Califfato del Maghreb che unisca l'interno Nord Africa. Non deve, quindi, stupire che dietro all'attacco degli sciiti in Kuwait ci siano i Wilayat Najd, jihadisti fedeli ad al Baghdadi che puntano a esacerbare lo scontro tra sciiti e sunniti per delegittimare gli sceicchi.
Oggi l'unità anti-terorisimo di Scotland Yard è fortunatamente riuscita a sventare un attentato terroristico contro una parata nel giorno delle forze armate a Merton, quartiere sud-occidentale di Londra. Ma il Ramadan è solo all'inizio. Finirà il 17 di luglio. Fino ad allora gli attacchi potrebbero moltiplicarsi di giorno in giorno. "Esplodete come vulcani sotto i nostri nemici", aveva detto lo scorso novembre al Baghdadi. Il terrore, insomma, è già a casa nostra.
Come già in passato al Qaeda, anche l'Isis trasforma il Ramadan in un bagno di sangue. E l'Occidente sta ancora a guardare
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Andrea Indini
Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul
Sousse, Isis rivendica: "Infedeli uccisi nel bordello"Francia, Tunisia e Kuwait: il disegno "politico" del jihadI segreti dei miliziani del Califfato nel libro "Isis segreto"
June 26, 2015
Francia, Tunisia e Kuwait: il disegno "politico" del jihad
Un venerdì di terrore. In mattinata l'attentato a una fabbrica di gas industriale a Saint-Quentin-Fallavier, nel dipartimento francese di Isere. Poi, poco prima di mezzogiorno, la strage sulle spiagge di due hotel a Sousse, in Tunisia. Infine il kamikaze che si fa saltare in aria davanti a una moschea sciita in Kuwait durante la preghiera del venerdì. Attacchi che apparentemente non sembrano avere molti elementi in comune l'uno con l'altro, ma che, in realtà sono legati da un preciso disegno politico che da mesi il califfo Abu Bakr al-Baghdadi sta cercando di portare avanti. Non è, quindi, un caso che oggi siano state nuovamente colpite la Francia, ancora sotto choc per la strage dello scorso gennaio alla redazione di Charlie Hebdo, e la Tunisia, che a marzo ha dovuto fare i conti con lo spietato attacco al museo del Bardo. Né tantomeno è un caso che sia stato colpito il Kuwait, paese a maggioranza sciita che fa gola allo Stato islamico per arrivare a costituire il Grande Califfatto.
La testa decapitata e le bandiere islamiste
A oltre cinque mesi di distanza dagli attentati dei fratelli Kouachi al settimanale satirico Charlie Hebdo, in Francia torna l'allarme terrorismo islamico. Nel mirino la fabbrica di gas industriale Air Products a Saint-Quentin-Fallavier, a una trentina di chilometri da Lione. Sul posto è stato ritrovato un cadavere decapitato, accanto a bandiere islamiste. Sulla testa mozza c'erano iscrizioni in arabo. Il responsabile sarebbe il 35enne Yassine Salhi che era stato tenuto sotto osservazione dai servizi dal 2006 al 2008 per presunti legami con movimenti salafiti. Successivamente sono stati arrestati anche la moglie (che con il marito e i tre figli viveva da circa sei mesi nella cittadina di Saint-Priest) e una terza persona, il cui ruolo non è ancora chiaro e che in mattinata era stata vista aggirarsi nei pressi della fabbrica in modo sospetto. Nessuna conferma, al momento, della notizia circolata inizialmente secondo cui l'attentatore durante l'attacco avrebbe dichiarato la sua appartenenza allo Stato islamico, anche se il presidente francese François Hollande ha assicurato che "non c'è dubbio che si tratta di un attentato terroristico".
Strage di turisti a tre mesi dal Bardo
In Tunisia i turisti sono tornati nel mirino a tre mesi dall'attacco al museo del Bardo di Tunisi. Due uomini armati di granate e kalashnikov hanno aperto il fuoco sui turisti in due hotel di Sousse, nella zona di port El Kantaoui. L'ultimo bilancio, fornito dal ministero della Sanità, è di 37 morti e 36 feriti. Tra i morti c'è uno dei due attentatori, che è stato ucciso dalle forze di sicurezza. Il secondo aggressore è stato invece arrestato circa due ore dopo l'attacco all'imbocco dell'autostrada a Sousse. Secondo quanto è stato possibile ricostruire dal racconto di alcuni testimoni, i due aggressori sono giunti via mare a bordo di un gommone e uno dei due nascondeva il kalashnikov nell'ombrellone che portava in mano. Tra le vittime, stando al governo tunisino, ci sono sicuramente, oltre che tunisini, turisti di Regno Unito, Belgio e Germania. Nell'attacco al museo del Bardo sono rimaste uccise 24 persone, fra cui 21 turisti, quattro dei quali italiani. E non è la prima volta che avviene un attentato sulla spiaggia di Sousse: il campanello d'allarme era suonato già il 30 ottobre 2013, quando nello stesso giorno quasi contemporaneamente a Sousse un attentatore suicida si era fatto saltare in aria sulla spiaggia senza provocare vittime, e a Monastir era stato fermato un 18enne con uno zainetto pieno di esplosivo mentre era in coda al mausoleo di Habib Bourguiba. L'obiettivo del jihad è colpire proprio l'industria del turismo per creare malessere sociale e spingere i giovani nelle braccia dell'islam radicale. Se dopo l'attentato al Bardo, l'economia tunisina ha perso il 20% degli introiti, dopo la strage di Sousse, la perdita potrebbe essere ben peggiore.
Attacco a una moschea sciita in Kuwait
A sorpresa e in pieno Ramadan, un kamikaze si è fatto esplodere davanti a una moschea sciita a Kuwait City mentre i fedeli erano riuniti per la preghiera del venerdì. Il bilancio più aggiornato, fornito dalla televisione di Stato, è di 25 morti e 202 feriti. Lo Stato islamico, con un post pubblicato sui social network ha rivendicato l'attentato. Si chiude qui il cerchio di una giornata di sangue dove il terrore islamista pone le basi per la creazione di un Grande Califfato che dalla Siria avanza fino al Nord Africa passando proprio per il Kuwait. Terrore che proietta la propria minaccia sull'Europa e in particolare su quei Paesi, come la Francia, che sono meta dei barconi carichi di immigrati che partono dalle coste libiche e sui quali i servizi segreti temono viaggino anche i terroristi. Fonti di intelligence occidentali parlano di almeno 400 foreign fighter rientrati dal fronte. Alcuni di questi si troverebbero anche sul suolo italiano.
Tre continenti colpiti: ora il terrore è globale. Gli attacchi non sono casuali: ecco il disegno geopolitico che c'è dietro
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Andrea Indini
"Isis segreto", i segreti dei miliziani del Califfato
June 25, 2015
Renzi: "Accogliere solo i rifugiati". Ma le Regioni del Nord si ribellano
Bisogna "provare insieme" a risolvere il problema. "Ci vuole condivisione in Europa. E più l’Italia si mostra compatta, meglio è". Matteo Renzi prova a scaricare sulle Regioni l'emergenza immigrazione. "Siamo un Paese serio, solido - dice - la nostra risposta sul tema immigrazione deve essere condivisa e congiunta". Peccato che la ricetta del premier non coincida con quella che hanno in mente i governatori che, questa mattima, si sono presentati all'incontro a Palazzo Chigi. "È lui il capo del governo - taglia corto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni - deve andare in Europa e imporre una linea che finora non è riuscito a far condividere a nessuno". D'altra parte, a Bruxelles, il governo Renzi (e, quindi, l'Italia) viene preso in giro e sbeffeggiato un giorno sì e l'altro pure.
Dopo il braccio di ferro, Renzi prova a tendere le mani alle Regioni. Lo fa perché non sa più che pesci pigliare per risolvere l'emergenza immigrazione. Ma a Palazzo Chgi i governatori di centrodestra si presentano sul piede di guerra: non sono disposti a cedere di un millimetro per venire incontro a un premier che, insieme al ministro dell'Interno Angelino Alfano, è responsabile dell'invasione. "Per la prima volta - prova a difendersi il premier - l’Europa riconosce il problema immigrazione, si apre una finestra di opportunità". E, dopo aver imposto un'accoglienza forzata a tutte le Regioni d'Italia, parla di "condivisione" e chiede compattezza sulle decisione prese arbitrariamente da Palazzo Chigi. "Per noi gli immigrati in mezzo al mare si salvano, siamo orgogliosi e grati per quello che ha fatto l’Italia", continua cercando di convincere i governatori a trovare "soluzioni che rispondano a requisiti etici e criteri di ragionevolezza". "I richiedenti asilo si accolgono - insiste - i migranti economici vengano rimpatriati". Una linea che fa acqua da tutte le parti perché o profughi sono solo la minima parte, mentre i "migranti economici" non solo entrano con estrema facilità, ma non vengono mai respinti.
"Che l’incontro sia stato convocato è un primo passo - commenta il governatore della Liguria, Giovanni Toti - che i contenuti siano stati soddisfacenti, non possiamo dirlo". La risposta delle Regioni del Nord è fredda, soprattutto quelle governate dal centrodestra. Perché, come mette subito in chiaro Maroni, se si vuole risolvere l'emergenza, servono "i rimpatri e il blocco delle partenze". Due misure che difficilmente Renzi è disposto ad accordare. Lo stesso governatore della Toscana Enrico Rossi è convinto, come anche il premier, che l'emergenza possa essere risolta "con la distribuzione in maniera diffusa". Una soluzione che fino a qui ha, però, creato solo problemi e disagi."Le Regioni non sono presenti al Consiglio europeo - incalza il governatore lombardo - se Renzi ci fa andare lì potremmo fare la nostra battaglia. Ma è lui il responsabile e non può scaricare sempre sugli altri le colpe". Durissima anche la posizione del presidente della Regione Veneto Luca Zaia che ha invitato i prefetti a "non rispondere più al telefono al governo" e a "rispettare le istanze dei territori".
Vertice a Palazzo Chigi sull'immigrazione. Il premier: "I naufraghi vanno salvati, sono orgoglioso di farlo". E chiede ai governatori di accogliere i rifugiati. Maroni, Zaia e Toti fanno muro
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June 13, 2015
Immigrati fuori dalla stazione. Pisapia sbrocca: "Ospitateli voi"
Piazza Duca d’Aosta, il grande spazio antistante la stazione Centrale di Milano, si è trasformata in una sorta di astanteria. Seduti sui gradini e sui cordoli dei marciapiedi e delle aiuole, si mischiano turisti e clandestini di varie nazionalità. È il risultato della decisione di sgomberare gli extracomunitari, che da giorni bivaccavano all'interno dello scalo meneghino, senza adottare misure (politiche) per far fronte all'emergenza. "Si stanno facendo dei passi avanti - esulta il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia - intanto la stazione ha ritrovato la dignità e stiamo cercando di ripulirla". Ma il problema è stato solo spostato di qualche metro: gli immigrati stazionano all’esterno, appena fuori dall'ingresso, nella cosiddetta Galleria delle carrozze, in una situazione di evidente disordine e disorganizzazione. E, quando una cronista lo fa presente a Pisapia, lui sbrocca completamente: "Cosa facciamo? Li ospitate voi a Sky".
Nessuna auto, niente pattuglie appiedate, solo qualche vigilante privato nella Galleria delle Carrozze e una camionetta dell’esercito su un lato, con i militari a bordo. D’intorno, tra il vecchio grattacielo della Regione, l’hotel Gallia e lo storico frontale della stazione Centrale, gruppetti di immigrati si sistemano come possono trasformando ogni superficie piana in sedile e tavola per mangiare e le aiuole in orinatoi. Anche perché nella piazza non c’è una sola toilette chimica. I turisti che giungono dai treni fanno lo slalom con i loro trolley tra i vari capannelli di persone. Intorno a mezzogiorno, un manipolo di volontari fanno del loro meglio per distribuire un pallet pieno di bottiglie d’acqua e generi di prima necessità alimentare. "Noi aiutiamo tutti indistintamente - spiega un volontario - ma è evidente che non possiamo conoscere le condizioni igienico-sanitarie di tutti soprattutto delle facce nuove che cambiano in continuazione". Oggi, per la prima volta da quando è scoppiata l'emergenza, è arrivato un pediatra per visitare i bambini che stazionano davanti alla stazione.
"Mi chiedo se sia normale che nel 2015 la stazione di Milano assomigli a Calcutta e abbia 35 casi di scabbia e uno di malaria, oppure che ci siano persone che prendono a colpi di machete i controllori dei treni - ha commentato oggi indignato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini - certo che non è normale". Ma per Pisapia l'aver sgomberato la stazione è già un successo. Almeno, così vorrebbe venderlo ai milanesi e alla stampa: "Vorrei che filmaste la stazione completamente rinnovata per la dignità per chi arriva". Ma i giornalisti presenti sul posto gli hanno fatto notare che il problema si era solo spostato all'esterno. "Allora li ospita lei a Sky? - ha replicato maleducatamente il sindaco alla giornalista televisiva - La differenza è questa, c’è chi parla e c’è chi opera, noi stiamo lavorando tutti insieme per trovare una soluzione". Ma, alle insistenze dei giornalisti sull’eventuale soluzione individuata, Pisapia (ancora una volta) non ha saputo rispondere (guarda il video).
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Gli immigrati sgomberati dallo scalo di Milano. Pisapia esulta: "La stazione ha ritrovato la dignità". Ma il problema è stato spostato: fuori dalla Centrale bivaccano centinaia di stranieri
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Andrea Indini
Immigrati, Pisapia alla giornalista: "Li ospita lei a Sky?"Farsa Pisapia: immigrati portati fuori da Centrale
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