Andrea Indini's Blog, page 126

October 25, 2015

Migranti, il summit Ue lancia l'allarme Italia. Ma Renzi non è stato invitato

Andrea Indini



Adesso a Bruxelles monta la preoccupazione. Temono che, se le altre frontiere balcaniche saranno sigillate con maggiori controlli. gli scafisti possano aprire questo inverno una nuova rotta tra Albania e Italia. L'allarme viene lanciato dal mini-vertice sull’emergenza immigrazione. Proprio questo allarme ha spinto i leader presenti al summit a decidere di rafforzare i controlli sui collegamenti terrestri tra Grecia e Albania. Una ripresa dei flussi di clandestini dall’Albania all’Italia sarebbe un ritorno al passato, un ventennio dopo i gommoni zeppi di albanesi che attraversavano le 50 miglia di Mar Adriatico in fuga dal caos in cui era sprofondato il Paese dopo la caduta del regime comunista. Ma a valutare questa emergenza non c'era Matteo Renzi né, tantomeno, il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Perché al vertice di oggi l'Italia non era stata invitata.


È tutta in salita la "rotta dei Balcani" per arrivare a una soluzione europea per i rifugiati che la seguono. Al punto che resta in dubbio se il piano d’azione in 16 punti proposto dalla Commissione Ue riuscirà a passare. La Bulgaria lo ha già dato per spacciato. E, in un’atmosfera tesa già prima dell’inizio del minivertice a Bruxelles, la Slovenia avverte che "senza un'intesa sarà l’inizio della fine dell’Unione europea". I Paesi si sono accusati l'un con l'altro: prima lo showdown del premier ungherese Viktor Orban, che ha chiesto di "seguire il buon esempio" di Budapest e "chiudere i confini", poi lo scambio di accuse tra Croazia e Slovenia, in una guerra di cifre record di arrivi. E mentre tutti hanno puntato il dito sulla Grecia, Atene ha a sua volta scaricato il barile sulla Turchia e sulla Commissione Ue. Quest’ultima colpevole di non avere invitato Ankara alla riunione. Per la prima, però, i Paesi della "rotta balcanica" si sono seduti insieme attorno a un tavolo. E questo è già un passo importante.


Il testo del Piano d’azione di Bruxelles, che peraltro non è legalmente vincolante in quanto si tratta di un formato di riunione anomalo non essendo un vertice a 28 (l’Italia non c’è), è ancora in fase di discussione. Gli sherpa lo hanno riempito di annotazioni e modifiche. E i leader di Albania, Austria, Germania, Bulgaria, Romania, Croazia, Slovenia, Macedonia, Grecia, Serbia e Ungheria hanno utilizzato la prima parte della riunione per presentare richieste e cahiers de dolèances. A bloccare non sono solo alcuni punti. "Viene tutto messo in discussione - fanno sapere fonti diplomatiche - dal numero di guardie Frontex alle risorse finanziarie, finanche alle modalità di coordinamento per spostare i migranti da una frontiera all’altra e alla loro registrazione". In mare intanto si continua a morire. Una donna e due bambini di 2 e 7 anni sono annegati nelle acque davanti all’isola di Lesbo dopo il naufragio del barcone che li trasportava. Ma il presidente ceco Milos Zeman mette in guardia gli altri leader europei: "La maggior parte dei profughi non meritano accoglienza perchè sono ragazzi giovani, sani, che usano i bambini solo come scudo umano per suscitare pietà".


Accordo in salita al vertice Ue sulla "rotta balcanica". Il premier ceco lancia l'allarme: "Usano i bimbi come scudo". E spunta il rischio di una nuova rotta Italia-Albania. Ma Renzi e Alfano non sono stati invitati per parlarne





Tag: 

immigrazione
vertice ue
Matteo Renzi
rotta balcanica
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 25, 2015 14:44

October 23, 2015

Renzi teme un altro Marino. E si rimangia le primarie

Andrea Indini



Contro Matteo Renzi la sinistra agita il fantasma di Romano Prodi. Mentre nel Partito democratico la minoranza dem minaccia la rottura sulla legge di Stabilità, la sinistra lavora alla formazione della "Cosa rossa" per fare lo sgambetto al premier alla tornata elettorale di primavera. Secondo Repubblica, i fuoriusciti del Nazareno e gli scontenti da Nichi Vendola guardano al Professore come leader del nuovo partito. Ma l'ex premier si chiama fuori: "Come ho già detto più volte ribadisco che da tempo sono fuori dalla Politica. Perciò a chiunque si voltasse verso di me dico che non troverà nessuno". A scanso di equivoci il diktat piddino è di bypassare. Quelle stesse primarie che hanno portato Renzi dove si trova oggi.


Le elezioni comunali di Bologna, che si terranno la prossima primavera, potrebbero essere l'occasione giusta per un primo laboratorio per la "Cosa rossa". Il nuovo partito si collocherebbe a sinistra del Pd. Un nome papabile per la nuova formazione di sinistra potrebbe essere Amelia Frascaroli, candidata vicina a Vendola e Prodi di cui è stata allieva. Per ora il progetto è ancora in una fase embrionale. Tanto che lo stesso Prodi ha fatto sapere che non ha alcuna intenzione di correre nuovamente per la presidenza del Consiglio. L'unica certezza è che a sinistra è tornata la voglia di un Ulivo che si contrapponga a quel Partito della Nazione a cui sta lavorando Renzi. "Il terreno programmatico è decisivo - ha spiegato Vendola nel videoforum di Repubblica.it - voglio capire che idea di comune hai". Secondo indiscrezioni, Pippo Civati potrebbe essere il candidato unico della formazione ulivista. Ma per le elezioni politiche la strada è ancora lunga. Renzi non intende lasciare Palazzo Chigi prima del 2018. Il primo step sono, dunque, le comunali.


Tra tutti Comuni che andranno al voto, Roma rischia di essere il calvario peggiore per il Pd. Ignazio Marino "minaccia" di ricandidarsi se si faranno le primarie a Roma. Ma il Pd ha già pronta la contromisura per tenere il sindaco dimissionario lontano dai gazebo: primarie di coalizione con un solo candidato dem. La norma è già prevista dallo Statuto del Pd. Basta l’ok del 65% dell’assemblea e si va con un solo candidato. Insomma, non c’è da inventarsi niente. Il problema semmai, Marino o non Marino, è quello di trovare quel candidato unico che possa risollevare le sorti del Pd a Roma. L’asso da calare nel marasma capitolino per primarie che, se alla fine si faranno, sarebbero un pro-forma. Alla Romano Prodi, come si usa dire. Al Pd sono al lavoro su questo schema. E non è un lavoro da poco. Specie se c’è Marino ogni giorno pronto ad aprire un nuovo fronte. Per questo la guerra con il sindaco dimissionario va chiusa in qualche modo, si fa presente in ambienti dem. Chi conosce Marino e non lo ama, parla del chirurgo come di una persona concreta. "Venderà cara la pelle finché non avrà una compensazione". Un ruolo da qualche parte, insomma. Nella questione romana si intreccia anche una dinamica tutta interna alla minoranza Pd. Dopo l’avvicinamento a Renzi, Matteo Orfini non gode di particolare simpatia tra gli ex-colleghi della minoranza. L’altro giorno è stato creato un caso sulla proroga di Orfini a commissario del Pd romano. "Una ratifica e per giunta via mail - accusa un esponente della minoranza dem - senza nemmeno uno straccio di discussione".


Quanto alle altre comunali di rilievo sempre più concreta la candidatura (senza primarie) di Giuseppe Sala a Milano. Poi c’è Napoli. "Lì c’è un partito da ricostruire - dicono - la volta scorsa non siamo nemmeno andati al ballottaggio...". Al Nazareno cercano un nome che parli alla città. Una candidatura esterna, insomma. Al momento restano due i nomi più accreditati: il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti e il presidente degli industriali, Ambrogio Prezioso.


Le lotte intestine agitano il Pd. Le comunali rischiano di trasformarsi in un braccio di ferra tra fazioni diverse. Spunta la "norma" per arginare Marino. A Milano, Napoli e Bologna si cerca il candidato unico per evitare le primarie





Tag: 

Matteo Renzi
romano prodi
elezioni comunali
primarie
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 23, 2015 09:03

October 17, 2015

Canone Rai non legato alla tv: pagano pure smartphone e tablet

Andrea Indini



Il canone Rai finirà nella bolletta elettrica. Ormai è un dato di fatto. Agli italiani toccherà pagare la tassa più odiata in "comode" rate. Ogni mese la bolletta della luce sarà un po' più alta per consentire al carrozzone di viale Mazzini di tirare a campare. Alla fine dell'anno però, anziché sborsare gli attuali 113 euro euro, il contribuente ne pagherà solo 100. Il balzello non sarà, dunque, legato al possesso della televisione. Anche i vari device, come smartphone, tablet e pc, con cui si può vedere la Rai dovranno pagare.


Il canone in bolletta

Il canone passerà nel 2016 da 113,50 a 100 euro e nel 2017 a 95 euro. La misura, almeno nell'intento di Matteo Renzi, è pensata per combattere l'evasione che nel 2015 dovrebbe sfiorare il 30% facendo perdere alle casse dello Stato 600 milioni di euro di mancati introiti. Sebbene il testo debba essere ancora definito con un decreto del ministero dello Sviluppo, che dovrà essere presentato entro 45 giorni, il canone si pagherà a rate e soltanto sulla prima casa. Non dovrebbe, dunque, esserci il rischio di pagare per le seconde case o per le cantine o le soffitte dove capita che ci sia un contatore separato. Tuttavia, la tassa non sarà più legata al possesso del televisore. Così dovrà pagare anche chi è in possesso di device come smartphone, tablet e pc. "Da un lato il Governo ha in mente di varare un forte piano per la banda larga e la digitalizzazione in tutto il Paese e dall’altro lato - accusa il capogruppo di Area popolare in commissione Finanze alla Camera, Alessandro Pagano - vuole inibire così i possessori di device connessi a internet". Con l’aggravante che, come sembra emergere, viene inoltre invertito l’onere della prova per cui deve essere il cittadino o l’azienda a dimostrare il mancato possesso di questi dispositivi. Toccherà, infatti, al singolo utente chiedere l'esenzione dichiarando all'Agenzia delle Entrate il mancato possesso di tali mezzi.


Un "tesoretto" per il governo

Secondi i calcoli dei tecnici del ministero dell'Economia, su 22 milioni di utenze familiari, il nuovo meccanismo arriverebbe a fruttare 2,2 miliardi nel 2016, circa 500 milioni in più rispetto agli 1,7 miliardi raccolti nel 2015. Un "tesoretto" che Renzi potrebbe stornare su un'ulteriore riduzione del canone per gli anni successivi o, come sembra più plausibile, a una diminuzione della pubblicità sui canali per bambini (Rai YoYo e Rai Gulp). Il capogruppo alla Camera di Area Popolare, Maurizio Lupi, suggerisce, invece, di destinare "all’emittenza privata locale per aiutarla ad uscire dalla crisi". Al momento, però, si tratta solo di ipotesi. "Il primo obiettivo della manovra - fanno sapere fonti governative all'Ansa - resta il recupero dell'evasione".


Non pagare il canone si può

La legge di Stabilità parte da un assunto folle: chi ha un'utenza elettrica, ha in casa anche un televisore. Sulla bolletta il canone avrà una voce separata. Tuttavia, se l'utente volesse evitare di pagarlo, l'operazione da fare sarà tutt'altro che facile. Per prima cosa dovrà compilare un altro bollettino scomputando la voce del canone da quella dell'utenza elettrica. Falsificare questa dichiarazione sarà un reato penale. Il gestore del servizio di fornitura dell’energia elettrica è tenuto ad informare con cadenza bimestrale l’Agenzia delle Entrate delle morosità e dei mancati pagamenti del canone. In caso contrario sarà punito con una sanzione pari al triplo dell’importo del canone (300 euro). "In caso di morosità e inadempimento del pagamento del canone il gestore del servizio di fornitura di energia elettrica non opera come responsabile di imposta ed e al fine dell’attivazione delle procedure di recupero - si legge nella bozza della legge di Stabilità - il mancato adempimento dell’obbligo di informativa a carico del gestore è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo dell’importo del canone indicato in fattura".


La sanzione amministrativa

Anche l'utente che evade il pagamento del canone incorrerà in una sanzione amministrativa, "pari a cinque volte l'importo del canone". Finora la sanzione pecuniaria andava «da due a sei volte» l’importo del canone, fino a un massimo quindi di quasi 620 euro. Al momento, la maxi sanzione è stata smentita da Michele Anzaldi, deputato dem in commissione di vigilanza. "Si tratta solo di indiscrezioni e bozze della legge di Stabilità evidentemente non fondate - assicura - in ogni caso, la norma dovrà passare in parlamento dove sarà messa a punto in modo da non penalizzare gli utenti".


Si delinea meglio la mazzata del canone Rai in bolletta. Sarà a rate e ci costerà 100 euro all'anno. Verranno spremuti anche i device. E spuntano anche le sanzioni amministrative. Ma c'è un modo per non pagarlo





Tag: 

rai
bolletta
canone
device
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 17, 2015 09:19

Il Pd perde tempo a decidere se tagliare le tasse è di sinistra

Andrea Indini






Bersani contro Renzi: "Copia Berlusconi"


Via Tasi per case di lusso. De Luca: "È giusto"

Il Pd implode. Dall'abolizione delle tasse sulla prima casa all'innalzamento del tetto al denaro contante, la legge di Stabilità non è affatto piaciuta alla minoranza dem. Che, dopo averla demolita punto per punto, hanno già iniziato a minacciare Matteo Renzi di non fargliela passare in parlamento. Il primo ad alzare la voce è stato Pier Luigi Bersani che ha accusato il premier di "copiare Berlusconi". Poi, a ruota tutta minoranza dem che con Gianni Cuperlo che lo accusa di "togliere le tasse anche ai ricchi". "Abbassare le tasse è di destra o di sinistra? - ha replicato il presidente del Consiglio visitando la Danieli Spa - solo noi siamo capaci di fare queste discussioni. Abbassare le tasse è giusto e basta".


Negli annali del Pd è rimasto lo slogan dell'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa: "Pagare le tasse è bello". Di tasse, imposte e gabelle il governo Prodi la sapeva davvero lunga. La linea del Professore, mutuata dai comunisti che aveva in maggioranza, è di "far piangere i ricchi". Alla fine, però, aveva fatto piangere un po' tutti. Tanto che gli effetti delle sue misure le paghiamo ancora oggi. All'interno del Partito democratico, però, c'è ancora qualcuno che sogna più tasse per tutti e per i ricchi, magari, qualche tassa in più. Intervistato da Repubblica, il leader della minoranza dem Gianni Cuperlo critica la finanziaria: "Tra Robin e lo sceriffo di Nottingham è sempre meglio il primo. Togliere la Tasi alla maggioranza delle prime case è giusto. Toglierla a super attici e castelli no". Poi l'affondo: "Penso che se la destra si alza e applaude forse merita farsi qualche domanda. Noi, il Pd, siamo la sinistra e mi piacerebbe che lo restassimo". Non è da meno Alfredo D’Attorre che, in una intervista al Corriere della Sera, ha già fatto sapere che non voterà la manovra di Renzi. "Neppure Berlusconi si era spinto fin lì", dice giudicando "insostenibile" impianto e contenuti della legge di Stabilità. "Si riduce la spesa per la sanità in rapporto al pil - accusa l'esponente della sinistra piddì - non c’è nulla per la flessibilità in uscita per le pensioni e ci sono briciole persino insultanti per i dipendenti pubblici, dopo cinque anni di blocco contrattuale. Sul Sud siamo alle chiacchiere...". Il fronte è compatto. E incassa anche l'appoggio del segretario della Fiom, Maurizio Landini.


Le critiche con Renzi lasciano un po' il tempo che trovano. Di misure buone nella manovra ce ne sono giusto un paio. L'abolizione delle tasse sulla prima casa, obbrorio voluto da Mario Monti e perfezionato da Enrico Letta, e l'innalzamento del tetto al denaro contante da mille a tremila euro. E Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, ha chiesto di rivedere proprio queste due misure. Almeno per il momento il premier sembra tener botta. "Qui non stiamo parlando di quanto fa un partito, ma di quanto fa il governo - mette in chiaro - abbassare le tasse è giusto, non è di destra o di sinistra". E spiega che liminando la tassa sulla casa si restituisce respiro a l’edilizia dove, negli ultimi anni, sono andati in fumo 920mila posti. "Forse non risolve da solo il problema - ammette il premier - ma l’effetto fiducia che può avere questa misura possa aiutare gli italiani a tornare a investire". Una posizione di buon senso che, però, non piace alla sinistra.


La legge di Stabilità divide il Pd. La minoranza all'attacco: "Finanziaria ingiusta, toglie tasse anche ai ricchi". Renzi: "Abbassarle non è di destra, è giusto". Cretiche anche dalla Fiom





Tag: 

legge di stabilità
Matteo Renzi
minoranza dem
tasse
tasi
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 17, 2015 05:27

October 16, 2015

Renzi: "Se l'Ue boccia la manovra, la ripresento tale e quale"

Andrea Indini






gallery

I tweet di Renzi per vendere la...


Resta il giallo delle coperture


Manovra appesa ai burocrati Ue

Matteo Renzi fa la voce grossa. "Se Bruxelles boccia la legge di stabilità noi glie la restituiamo tale e quale". E ancora: "Bruxelles non è un maestro che ci dice cosa fare. Basta con l’atteggiamento tafaziano di dire ’ora Bruxelles ci boccià. Anche perché l’Italia è l’unico paese a rispettare il tre per cento e il fiscal compact". Dichiarazioni perentoree che il premier non pronuncia davanti ai grigi burocrati dell'Unione europea, ma ai microfoni di Radio 24. "Bruxelles - dice - non ha alcun titolo per intervenire nel merito delle misure della legge di stabilità". Ma il premier punta molto sulla flessibilità e al momento non è chiaro se Bruxelles sia disposta a concedergli tutti i margini richiesti, accettando un nuovo rinvio del pareggio di bilancio.


Oggi Bruxelles avvia la valutazione della legge di Stabilità licenziata ieri dal Consiglio dei ministri. Un indizio del tipo di percorso che tocca la manovra, lo ha dato il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l’euro, Valdis Dombrovskis, cui toccherà il compito di valutare il lavoro del governo italiano. Dombrovskis ha già spiegato che l’abolizione della Tasi "non è in linea con il nostro consiglio generale di ridurre la tassazione sul lavoro portandola a consumi, proprietà, capitali, altre basi che vanno meno a detrimento della crescita, quindi dobbiamo discutere con le autorità italiane le ragioni di questo cambio di politiche fiscali". L'Unione europea ha una settimana di tempo per far tornare al mittente le leggi di bilancio che ritiene in "grave violazione" delle regole del Patto di stabilità, e un mese di tempo per emettere i giudizi su tutte le altre. Lo scorso anno l’allora presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso, qualche giorno dopo la consegna del testo, inviò una richiesta di chiarimenti all’Italia perché non rispettava gli impegni di aggiustamento. E dopo un chiarimento durato qualche mese, a febbraio la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, forte della nuova comunicazione sulla flessibilità, la approvò. Le richieste di chiarimenti sono quindi una procedura standard che Bruxelles può innescare per fugare eventuali dubbi. "In questi anni c’è stata subalternità psicologica dell’Italia verso gli eurocrati - dice ora Renzi - certo di deve consigliare ma non ci deve dire la tassa da tagliare".


In conferenza stampa Renzi ha spiegato che il governo ha scelto di rispettare le regole europee, anche se è diviso tra chi ritiene giusto farlo e chi invece vorrebbe applicarle con più fantasia. "L’Italia - ribadisce oggi a Radio 24 - da molti soldi all’Europa e anche sul rispetto dei parametri inviterei a guardare i dati del deficit di altri paesi". Quindi indica la Spagna, che sfora il 3%, e la Gran Bretagna, che "quest’anno ha fatto il 5% del deficit" e ha approvato "una riduzione di tasse da 20 miliardi finanziata in gran parte con il deficit". Per quanto il premier mostri i muscoli, il governo si è messo nella posizione di chiedere a Bruxelles una flessibilità che vale 13 miliardi: la clausola delle riforme vale più di 8 miliardi (0,5% del Pil), quella per infrastrutture e investimenti 5 miliardi (0,3%). L’Italia ha già usufruito di uno 0,4% di clausola riforme, resta quindi da vedere se le verrà concesso il restante 0,1%, da cumulare al margine sugli investimenti, per i quali Bruxelles si aspetta una lista dettagliata di interventi. Per quanto riguarda la flessibilità per le spese per i migranti, su cui Bruxelles ha smorzato le speranze, il governo si tiene in stand-by. "Se ci verrà riconosciuto dalla Commissione Ue lo 0,2, circa 3,3 miliardi, per l’evento migratorio eccezionale anticiperemo al 2016 misure previste per il 2017 - spiega Renzi - l’Ires e i denari per ulteriori investimenti nelle scuola". In caso contrario, il premier avrà poco da alzare la voce.


All'indomani della presentazione della legge di Stabilità, Renzi sfida Bruxelles: "Non è un maestro che ci dice cosa fare". Ma punta molto sulla flessibilità e al momento non è chiaro se Bruxelles sia disposta a concedergliela





Tag: 

legge di stabilità
Matteo Renzi
flessibilità
bruxelles
ue
manovra
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 16, 2015 07:54

October 15, 2015

Manovra, Renzi: "Giù le tasse". Ma resta il giallo delle coperture

Andrea Indini






gallery

I tweet di Renzi per vendere la...video
"Per la prima volta le tasse vanno...video
"Questa è una legge di fiducia"video
Brunetta: "Renzi come Vanna Marchi"


Manovra appesa ai burocrati Ue

Bastano un paio d'ore al Consiglio dei ministri per approvare la legge di Stabilità. Una manovra che, al di là delle vanterie di Matteo Renzi, vale poco e niente. "Sono orgoglioso delle riforme che stiamo facendo, tutto bello - spiega il premier in conferenza stampa - ma se c’è una cifra del nostro governo è il fatto che per la prima volta nella recente vicenda repubblicana le tasse vanno giù, in modo costante e per molti sorprendente". Gli slogan, però, si scontrano con una triste realtà. Le buone notizie sono solo un paio: l'abolizione delle tasse sulla casa e l'aumento del tetto per l’utilizzo del contante a tremila euro. Per il resto è il vuoto. Non solo il premier dimentica le imprese e i pensionati, ma ci propina pure il canone Rai nella bolletta elettrica.


Via le slide, dentro i tweet. La conferenza stampa si trasforma così in uno spot. Venticinque cinguettii per promuovere la manovra. D'altra parte Renzi ragiona sempre a slogan. "La legge di Stabilità contiene molte cose buone", promette. E parte vendendo l'abolizione delle tasse sulla prima abitazione, intervento mutuato dal programma di Forza Italia per mettere una pezza agli sfaceli fatti dai governi Monti e Letta. "Questa manovra abbatte le tasse sulla prima casa ma anche sull’attività delle imprese - fa eco il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan - quindi abbattiamo le tasse su tutto il campo". La realtà, però, è un filino diversa. L'intervento sulla casa ha già trovato l'opposizione del vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che ha accusato il governo italiano di non seguire i diktat di Bruxelles: "Dovremo discutere con le autorità italiane per capirne le ragioni". Per il taglio dell'Ires, invece, non c'è ancora nulla di chiaro. Tutto è appeso alla flessibilità che Bruxelles sarà disposta a concedere all'Italia. "Se ci verrà riconosciuto dalla commissione Ue lo 0,2%, circa 3,3 miliardi, per l’evento migratorio eccezionale - ammette lo stesso Renzi - anticiperemo al 2016 misure previste per il 2017". Tra queste misure c'è, appunto, il taglio del 25% dell'Ires.


I numeri annunciati dal premier in conferenza stampa sono tutti da verificare. A chi glielo chiede lui si fionda a rassicurare: "Avete sempre questa preoccupazione. State tranquilli. Le coperture ci sono tutte". In realtà, la metà delle coperture sarà garantita da una maggiore flessibilità del rapporto deficit/Pil che, comunque, dovrà ottenere il via libera dall’Unione europea. Il Consiglio dei ministri ha, infatti, varato una manovra che vale poco meno di 27 miliardi nella versione base, cioè senza lo 0,2% di spazio di patto in più per la clausola migranti, e 30 miliardi nella versione "accessoriata". Eppure, oltre ai 5 miliardi di euro racimolati dalla spending review, Padoan non spiega come coprirà tutti gli interventi. Di questi almeno la metà (13,4 miliardi circa) sarà in deficit sfruttando la maggiore flessibilità che Bruxelles dovrebbe accordarci. "Dei 10 miliardi di euro preventivati, solo 5 sono stati confermati - tuona la Cgia di Mestre - la manovra non ha prodotto i risultati sperati". A partire dalle misure sulle pensioni: no tax area per i pensionati, opzione donna, settima salvaguardia per gli esodati e part time per chi è vicino all’età di uscita dal lavoro. Al momento non c’è la flessibilità in uscita. "Vogliamo evitare - spiega Renzi - interventi che alla lunga si dimostrino per alcuni aspetti complicati".


Il premier rottama le slide e sponsorizza la legge di Stabilità in 25 tweet: "Per la prima volta le tasse vanno giù". Ma è un bluff: abolisce le imposte sulla casa, ma rimanda di un anno i tagli per le imprese. Rimanda la flessibilità sulle pensioni e infila il canone Rai nella bolletta elettrica





Tag: 

legge di stabilità
governo
Matteo Renzi
flessibilità
ue
tasse
manovra
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 15, 2015 11:12

October 13, 2015

"L'Italia non è solo degli italiani". Fini fa pure il tifo per lo ius soli

Andrea Indini


Gianfranco Fini alla convention ''Partecipa''

"L'Italia non è solo degli italiani ma anche di chi vi nasce e ci vive e la ama anche se non è la terra dei padri". A festeggiare per la riforma della cittadinanza italiana non c'è soltanto la sinistra. Il cinguettio che sta indignando il centrodestra non arriva dal deputato dem Khalid Chaouki né tantomeno dall'ex ministro all'Integrazione Cecile Kyenge. E neppure dal presidente della Camera Laura Boldrini che ogni due per tre si lascia andare a tirate buoniste. Il tweet in questione porta la firma dell'ex leader di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini. Che, oltre a tifare per lo ius soli, sale in cattedra a bacchettare il centrodestra: "Avrebbe dovuto votare la riforma della cittadinanza".


L' Italia non è solo degli italiani ma anche di chi vi nasce e ci vive e la ama anche se non è la terra dei padri.Dx doveva votare #iussoli


— Gianfranco Fini (@gianfranco_fini) 13 Ottobre 2015


Lo ius soli non solo svende la cittadinanza ai figli degli immigrati, ma trasforma il Belpaese nell'eldorado d'Europa. Nel centrodestra solo Fini ha applaudito la riforma della sinistra. Forse perché il "cognato" di Giancarlo Tulliani da tempo non bazzica più la galassia del centrodestra. Nemmeno il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, nonostante abbia votato la legge insieme al Pd e al Sel, ha avuto il coraggio di commentarla. "C'è di buono che l'uomo è coerente - commenta Carlo Fidanza di Fratelli d'Italia - questa cazzata la pensava quando mandò a ramengo la destra italiana, lo pensa anche oggi che stiamo cercando di ricostruirla. Per fortuna senza di lui".


Nonostante l'elettorato di centrodestra ha preso bene il tweet di Fini. I più sobri lo apostrofano con una selva di "Vergogna!". "Detto da chi è il padre della Bossi-Fini fa un certo effetto...", fa notare Marco. "A te di destra è rimasta solo la mano - fa eco Grazia - forse". E ancora: "Mancavi solo tu infame traditore del tuo partito e degli elettori. La cittadinanza va conquistata". E qualcuno gli ricorda pure: "La terra dei padri, la Fede immortal, nessuno potrà cancellar". Ma le parole del Domani appartiene a noi Fini le ha dimenticate. Ormai da tempo.


Adesso Gianfry dà lezione alla destra: "Avrebbe dovuto votare la riforma della cittadinanza". Ma viene deriso su Twitter





Tag: 

gianfranco fini
ius soli
immigrazione
cittadinanza
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 13, 2015 08:17

La sinistra approva lo ius soli: "Orgogliosi dei nuovi italiani"

Andrea Indini



video
Chaouki: "Legge necessaria"video
Sel esulta: ""Passo avanti"video
La Lega: "La sinistra importa...video
La sinistra si approva lo ius soli...


News

Le regole per diventare cittadini...

Prima apre le porte dell'Italia e dell'Europa a centinaia di migliaia di disperati, poi gli regala la cittadinanza è fatta. Sotto un fitto coro "Vergogna, vergogna!", ben scandito dai deputati leghisti, la Camera dà il primo via libera allo ius soli. Per strappare la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati basteranno, infatti, cinque anni di scuola e genitori con permesso di soggiorno. Una misura prettamente ideologica che garantisce alla sinistra un nuovo bacino di voti cambiando definitivamente il volto del Paese.


Cambiano le regole per ottenere le cittadinanza italiana: va in pensione lo ius sanguinis, sostituito dallo ius soli temperato e dallo ius culturae. La sinistra si approva lo ius soli "temperato" grazie ai voti del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. In un clima tutt'altro che bipartisan, il testo viene approvato con 310 voti favorevoli, 66 voti contrari e 83 astenuti e passa ora al Senato. Mentre i deputati del Movimento 5 Stelle hanno deciso di chiamarsi fuori dalla votazione, Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia hanno votato contro una riforma della cittadinanza che, in piena emergenza immigrazione, non fa altro che aprire le porte del nostro Paese ad altri extracomunitari. Come già gli annunci dei buonisti alla Laura Boldrini, lo ius soli farà gola ai disperati in fuga da fame, guerre e persecuzioni. Un bambino che nasce in Italia da genitori stranieri non diventa automaticamente italiano. Potrà però diventarlo piuttosto facilmente. Due le vincolanti principali: genitori con permesso di soggiorno di lunga durata e l'obbligo della frequenza di almeno un ciclo scolastico. Quanto allo straniero nato e residente in Italia legalmente senza interruzioni fino a 18 anni, il termine per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza viene aumentato da uno a due anni dal raggiungimento della maggiore età.


"Nasce la stagione dei nuovi italiani". Il Pd esulta. Trabocca di gioia. In prima fila c'è Khalid Chaouki, deputato dem di origini marocchine. "Non posso nascondere oggi l’emozione e l’orgoglio per questa dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico su un provvedimento che non esagero a definire un tassello fondamentale per il futuro del nostro Paese dopo 23 anni di attesa - dice - una norma di civiltà che riconosce a chi è nato e cresciuto nella penisola di potersi finalmente riconoscere cittadino a pieno titolo". Anche la vicepresidente della Camera, Marina Sereni, non è da meno: "È una legge di civiltà". Ma pensare che basta concedere la cittadinanza in maniera semplice e automatica per integrare chi arriva in Italia è ideologico e non tiene conto dei problemi che questa riforma si porta con sé.


La sinistra regala la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri. Il Pd esulta: "Nasce la stagione dei nuovi italiani". La Lega imbufalita: "Vergogna"





Tag: 

immigrazione
cittadinanza italiana
riforma
ius soli
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 13, 2015 04:29

October 9, 2015

Il video che smaschera Renzi: "Ecco gli 11 milioni per Greta e Vanessa"

Andrea Indini
Giovanni Masini



video
Così l'Italia paga il riscatto


News

Bugie degli 007 su Pelizzari


News

Gentiloni mentema l'Italia è nel...
Gli 007: "Operazioni a rischio"

Un'inchiesta di sei mesi di al Jazeera fa luce sulle modalità con cui alcuni governi trattano con gruppi armati pagando riscatti in denaro (guarda il video). Tra questi c'è anche l'Italia. Che ha pagato milioni di dollari per il rilascio del giornalista della Stampa, Domenico Quirico. L'emittente qatariota è anche entrata in possesso delle fotografie di un riscatto in denaro di 11 milioni di dollari pagati sempre dall'Italia al Fronte al Nusra, il gruppo armato siriato vicino ad al Qaeda, in cambio del rilascio di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Le mazzette dello stato italiane impilate su un tavolo e passate ai terroristi incastrano il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che nei giorni scorsi aveva giurato di non aver mai pagato per il rilascio delle due cooperanti lombarde.


[[video 1180738]]


Da Quirico alle cooperanti Greta e Vanessa, l'Italia si è trasformata nel bancomat dei terroristi. Documenti dei servizi ottenuti da al Jazeera svelano, infatti, anche come l'Italia sia intervenuta nelle trattative con i pirati somali e abbia negoziato un accordo pagando 525mila dollari per il rilascio dello skipper Bruno Pelizzari e della compagna sudafricana, Deborah Calitz, nel giugno del 2012. In quel caso i governi italiano e sudafricano hanno fornito ai media una versione falsa sostenendo che il rilascio degli ostaggi era stato ottenuto con un audace raid delle forze somale sostenute dall'Occidente. La stessa pantomima portata avanti dal governo Renzi per coprire il pagamento del riscatto per Greta e Vanessa. "Invito a non prendere per oro colato presunte notizie di un tribunale islamico di una milizia siriana", aveva detto nei giorni scorsi Gentiloni. E il ministro Maria Elena Boschi gli aveva dato man forte durante il question time alla Camera: "Occorre molta prudenza e evitare la 'cassa di risonanza' perché ci sono altri connazionali sequestrati in aree di crisi". Una versione, quella del titolare della Farnesina, che cozza con quanto è emerso dal tribunale di Abizmu, la località a sud-ovest di Aleppo dove Greta e Vanessa erano scomparse il primo agosto 2014.


Uno dei capi-milizia locali coinvolti nel sequestro e nei negoziati con le autorità italiane è stato condannato dalla corte perché reo confesso di essersi intascato cinque dei 12 milioni di dollari e mezzo (poco più di 11 milioni di euro) pagati per la liberazione delle due italiane. Abizmu è controllata dalla milizia islamista Nuruddin Zenki, che combatte sia lo Stato islamico che le forze governative di Damasco. Già all’epoca della scomparsa delle ragazze, il movimento Zenki era stato chiamato in causa da diverse fonti siriane e internazionali. Fonti di Abizmu, interpellate telefonicamente, affermano che i restanti sette milioni e mezzo del riscatto sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali. Il documentario The Hostage business non ha fatto altro che confermare l'indiscrezione proveniente da Aleppo e smontare la ricostruzione di Gentiloni. Contattato dalla stessa al Jazeera, il governo italiano si è rifiutato di commentare ribadendo che la sua politica è quella di non pagare i riscatti.


Un'inchiesta di sei mesi di al Jazeera fa luce sulle modalità con cui l'Italia paga riscatti in denaro. L'emittente qatariota è entrata in possesso delle fotografie del riscatto di 11 milioni di dollari pagati ad al Nusra per il rilascio di Greta e Vanessa





Tag: 

riscatto
pagamento
Greta Ramelli
Vanessa Marzullo
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 09, 2015 09:29

October 8, 2015

Comune di Roma, pressing Pd: "Marino dimettiti"

Andrea Indini






gallery

Marino contestato davanti al...video
Marino: "Pago tutto e restituisco...video
Marchini: "Marino ha distrutto...video
Noi con Salvini: "Marino si deve...video
"Roma libera da Marino": la...video
I cori di CasaPound contro Marinovideo
Finto Renato Zero chiama Marino 


News

Marino non è un marziano, è uno...

Resistere, resiste, resistere. Ignazio Marino tiene duro: non vuole lasciare andare lo scranno più alto del Campidoglio. Sopravvissuto alla scandalo sulle multe alla sua Panda rossa, al battibecco con papa Francesco, al magna magna di Mafia Capitale e, più in generale, alla pessima gestione delle città in balia di scioperi selvaggi, micro criminalità e abusivismo, il sindaco di Roma prova a superare anche lo scandalo sulle spese pazze pagate con la carta di credito del Campidoglio. Ma quando è troppo è troppo. E persino il Pd di Matteo Renzi non è disposto a tollerare oltre. Perché, nonostante il Giubileo straordinario sia alle porte, la Capitale non può andare avanti così.


"La situazione ci porterà inevitabilmente alla fine di questa amministrazione, si è manifestato un quadro che non ci consente di andare avanti con autorevolezza - tuona l'assessore ai Trasporti Stefano Esposito - chiunque arriverà a maggio troverà una situazione molto complicata per la bonifica della macchina amministrativa". Il senatore dem non è certo l'unico a voltare le spalle al sindaco marziano. Dopo che hanno iniziato a fioccare smentite su smentite all'operazione di trasparenza sulle spese di rappresentanza, anche il vicesindaco Marco Causi e l'assessore al Turismo Luigina Di Liegro si convincono a farlo fuori. E così presentano le dimissioni. L'assessore alle Politiche sociali, Marco Rossi Doria, gliele paventa soltanto: "C'è stato un grandelavoro e quindi bisogna capire se c’è la maggioranza che sostiene questo lavoro".


Anche davanti ai suoi che gli dicono "È finita, si va a casa", Marino prova a tirare dritto forte del fatto che l'addio di tre assessori non basta a farlo cadere. Un'ostinazione che spinge il commissario del Pd romano Matteo Orfini a trovare un accordo col segretario Sel Paolo Cento per sfiduciare il chirurgo. "Marino deve prendere atto di una situazione ormai non più sostenibile - spiega Cento - altrimenti andremo in consiglio comunale. E quando c’è un voto di sfiducia in democrazia la giunta sfiduciata ovviamente dovrà dimettersi". Ma nemmeno l'ultimatum dei partiti che lo sostengono sembra scalfire Marino. A chi lo vuole fuori dal Campidoglio continua a ripetere: "Non ho intenzione di dimettermi".


Ma alla fine Marino ha capitolato e ha presentato le sue dimissioni.


Dopo lo scandalo sulle spese con la carta di credito del Comune, Marino è pronto a fare un passo indietro e dimettersi. Lasciano il vicesindaco Causi e gli assessori Esposito e Doria





Tag: 

ignazio Marino
comune di roma
campidoglio
dimissioni
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 08, 2015 10:23

Andrea Indini's Blog

Andrea Indini
Andrea Indini isn't a Goodreads Author (yet), but they do have a blog, so here are some recent posts imported from their feed.
Follow Andrea Indini's blog with rss.