Andrea Indini's Blog, page 123

January 6, 2016

L'Ue invasa dagli immigrati prova a difendere Schengen

Andrea Indini



Bruxelles prova a difendere la libera circolazione tenendo in vita il fallimentare trattato di Schengen. Ma l'esperimento è già morto da tempo. Aldilà dei convenevoli sulla necessità di "salvaguardare" Schengen, nella riunione di oggi i ministri di Germania, Svezia e Danimarca hanno convenuto che "le misure eccezionali che devono essere prese", vale a dire i controlli di frontiera reintrodotti a seguito della crisi dei migranti, devono essere "mantenuti lo stretto necessario" per poi tornare alla "normalità". Normalità che difficilmente potrà essere ripristinata se l'Unione europea non riuscirà ad arginare l'invasione di immigrati.


La Commissione europea ha chiesto ai responsabili politici dell'immigrazione di Svezia, Danimarca e Germania che i controlli alle frontiere appena decisi siano temporanei, che si debba tornare alla normalità "il più presto possibile" e che occorre "spirito di cooperazione tra gli Stati". Il risultato del minivertice che si è svolto oggi nella capitale belga tra il commissario all'immigrazione Dimitris Avramopoulos, il ministro svedese all'Immigrazione Morgan Johansson, il ministra danese all'Immigrazione e all'integrazione Inger Stojberg e il segretario di Stato tedesco agli affari interni Ole Schroder è una bieca presa di posizione per tenere in vita un malato terminale: il trattato di Schengen che, a conti fatti, non esiste più. L'appello della Commissione Ue è infatti stato raccolto dai Paesi membri ma senza impegnarsi sulla durata della stretta alle frontiere. "La Danimarca - ha messo in chiaro il ministro danese - non vuole diventare la destinazione finale per migliaia di rifugiati".


La decisione di tenere sotto controllo il ponte di Oresund, che collega Danimarca a Svezia, è l'ultimo anello dell'ormai lunga catena per frenare l'immigrazione da sud e sud-est. L'area della libera circolazione delle persone, un pilastro dell'Unione europea, si sta restringendo. In sei paesi le regole di Schengen sono sospese: Norvegia, Svezia, Danimarca, Francia, Germania e Austria. I controlli servono a frenare i flussi di clandestini o per rafforzare la sicurezza anti-terrorismo. "Con le decisioni unilaterali - ha avvertito Avramopulos - si sta smontando l'intera costruzione europea senza risolvere il problema dell'immigrazione". Per la Germania, però, la decisione danese non crea problemi particolari. Solo l'Italia resta a guardare. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha respinto l'ipotesi di ristabilire i controlli ai confini con la Slovenia.


Il messaggio della Commissione è che i controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen devono durare "solo il tempo strettamente necessario". Il ritorno alla normalità potrà essere assicurato da un controllo maggiore dei confini esterni. E, sebbene la Johannson abbia garantito che i controlli "non dureranno più a lungo dello stretto necessario", la Svezia dopo aver aperto le porte a 115mila richiedendi asilo negli ultimi quattro mesi inizia ad avere seri problemi nella gestione dei flussi. Anche perché, come ha ammesso Schroeder, l'accordo sulle redistribuzione dei rifugiati "non sta funzionando". Ad oggi ne sono stati ricollocati meno di 300 su un totale previsto di 160mila.


Incontro a Bruxelles con Svezia, Danimarca e Germania: "I controlli saranno mantenuto lo stretto necessario". L'Ue prova così a resuscitare Schengen. Ma il trattato è già fallita da tempo





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Published on January 06, 2016 07:19

January 4, 2016

Migranti, si sveglia pure l'Italia: è pronta a ripristinare i controlli

Andrea Indini



Di fronte alla sfida dei flussi migratori i Paesi europei reagiscono con un effetto domino che mina la tenuta dell'area Schengen. Ad un nuovo giro di vite della Svezia sui suoi collegamenti con la Danimarca, Copenaghen risponde con una stretta sui suoi confini con la Germania. "C'è un serio rischio per l'ordine pubblico e la sicurezza interna", spiega il governo del premier Lars Loekke Rasmussen, che teme di vedere migliaia di migranti "bloccati nell'area di Copenaghen, in tempi brevi". Intanto Austria, Germania, Francia e Norvegia da mesi mantengono i controlli alle loro frontiere. E, secondo fonti vicine al governo riportate dal Corriere della Sera, anche l'Italia sarebbe pronta a ripristinare i controlli alla frontiera con la Slovenia.


La mossa della Danimarca arriva nel giorno in cui in Svezia (che aveva già reintrodotto i controlli il 12 novembre) entra in vigore una nuova legge con cui si obbliga le compagnie di trasporto pubblico, che collegano i due Paesi, ad assicurarsi che i viaggiatori siano in possesso del documento di identità. In particolare si applica ai traghetti tra Helsingor e Helsingborg, e ai treni e bus che percorrono i 15,9 chilometri del ponte di Oresund tra Copenaghen e Malmoe. Berlino avverte sui pericoli per il futuro dell'area di libera circolazione. "La soluzione non verrà trovata ai confini nazionali fra il Paese A e il Paese B", mette in guardia il portavoce del governo Steffen Seibert, che richiama la necessità di "una soluzione europea" con controlli efficaci alle frontiere esterne Ue. In realtà, se anche l'Italia sta valutando l'ipotesi di ripristinare i controlli alle frontiere, significa che Schengen è ormai un malato in fase agonizzante.


Negli ultimi mesi il Viminale ha registrato un aumento di arrivi dalla Slovenia. Immigrati clandestini che, nonostante non vengano registrati, trovano "accoglienza" in Italia. I dati snocciolati dal ministro dell'Interno Angelino Alfano sono allarmenti: ogn i settimana passano il confine con la Slovenia tra i 300 e i 400 extracomunitari. Di fronte all'incremento dei flussi causato dalla chiusura delle frontiere di numerosi Paesi Ue, il governo Renzi avrebbe diciso, secondo il Corriere della Sera, di schierare le pattuglie di polizia affinché verifichino "la regolarità dei documenti di tutti coloro che attraversano i valichi terrestri e ferroviari". "Alla fine rischiamo di dover pagare le conseguenze più gravi - si lamentano gli uomini di Angelino Alfano - molti altri Stati non registrano tutti gli stranieri che arrivano, ma noi siamo gli unici ad essere stati sottoposti a procedura di infrazione". Il piano prevede "il ripristino dei controlli ai valichi terrestri e ferroviari con la Slovenia", ma lascia libera la circolazione nel traffico aereo. "La misura è straordinaria - chiariscono al Viminale - ma diventerà operativa qualora dovessero aumentare gli ingressi e soprattutto continuare a mancare quel clima di collaborazione che era stato invece promesso nel corso dell’estate".


Dal confine con la Slovenia entrano 400 clandestini ogni settimana. Molti Paesi Ue hanno già chiuso le frontiere. L'Italia sta ancora valutando se farlo





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Published on January 04, 2016 23:50

Libia, inizia la guerra all'Isis: l'Italia guiderà 6mila forze speciali

Andrea Indini



Dopo l'intervento militare in Siria, la coalizione anti Isis si prepara a sbarcare in Libia. Nel giro di poche settimane un migliaio di soldati inglesi, tra cui 200 operatori della Sas, sbarcheranno per arginare l’avanzata dello Stato islamico. Come anticipa il Mirror l'operazione coinvolgerà circa seimila soldati, truppe scelte composte da marine americani e soldati della Legione straniera. "La forza sarà guidata dagli italiani - si legge sul quotidiano britannico - il contingente sarà in prevalenza formato da soldati inglesi, francesi ed americani".


Il conflitto contro i tagliagole del Califfato nero si allarga dalla Siria alla Libia. Dall'Inghilterra, come fa trapelare il sito Difesa Online, viene confermato il ruolo di comando degli italiani il cui ruolo, però, sarà limitato alla semplice coordinazione delle truppe sul campo. È, infatti, già stato escluso il coinvolgimento in prima linea di soldati italiani. "I seimila soldati che a breve giungeranno in Libia non svolgeranno compiti di ricognizione (quel ruolo è già stato affidato allo Special Reconnaissance Regiment), ma saranno truppe combattenti al fianco delle milizie lealiste - spiega Franco Iacch su Difesa Online - in un primo momento dovrebbero svolgere compiti di formazione, ma l'impiego in prima linea appare certo considerando il numero schierato". In LIbia la coalizione anti Isis si troverà a dover contrastare almeno cinquemila miliziani fedeli a Abu Bakr al Baghdadi. Forze che sono in espansione costante perché, dopo i bombardamenti in Siria e in Iraq, i jihadisti del Califfato si stanno spostando in Libia.


Nelle ultime settimane il fronte libico si è fatto sempre più caldo. A premere per un intervento militare sono soprattutto gli inglesi. Non a caso la Royal Navy ha già inviato un cacciatorpediniere verso la costa del Nord Africa, mentre la Raf ha già iniziato a programmare i primi raid aerei contro obiettivi dello Stato islamico. Ma il governo di David Cameron non è certo il solo a volere una nuova guerra. Anche gli Stati Uniti avrebbero già acconsentito a inviare un manipolo di marine, supportato da alcuni team Navy Seal in ruolo di ricognizione, per combattere i tagliagole dell'Isis. Anche il presidente Francois Hollande è pronto a dare l'appoggio della Francia mettendo a disposizioni le dieci basi dislocate in Ciad, Nigeria, Mali, Burkina Faso, Senegal, Costa d’Avorio e Gabon. "Quella schierata in Africa dai francesi non è una forza di peacekeeping - fa notare Iacch - ma un vero e proprio esercito del tutto autosufficiente e addestrato specificatamente nella guerriglia con operatori del Commandement des opérations spéciales e due compagnie della Legione Straniera per un totale di settemila soldati".


Quanto agli obiettivi quello principale è evitare che i miliziani del Califfato mettano le mani suil più grande giacimento petrolifero del Nord Africa: i pozzi di Marsa al Brega. Secondo fonti di intelligence americana, infatti, i jihadisti del Califfato stanno puntano azi centri petroliferi per finanziare la guerra santa. Dopo aver bloccato l'ingresso di nuovi tagliagole dal fronte siriano, spiegano fonti vicine alla Difesa inglese riportate dal Mirror, la coalizione anti Isis proverà a riconquistare la roccaforte costiera di Sirte.


L'Italia guiderà un contingente di truppe scelte. Ma a fare la guerra saranno i soldati inglesi con l'appoggio di marine e navy seal americani e della Legione straniera





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Published on January 04, 2016 06:39

December 27, 2015

Quando la Fallaci denunciò: "L'Occidente sottomesso complice del nemico islamico"

Andrea Indini



"Premiando la Fallaci dimostrate di non aver ceduto all'intimidazione". Nel febbraio del 2006, dopo aver ricevuto un premio dall'allora presidente del consiglio regionale toscano Riuccardo Nencini, Oriana Fallaci tiene un lungimirante discorso all'ambasciata italiana a New York. Pochi giorni prima era scoppiata una rivolta fuori dal nostro consolato a Bengasi e la giornalista spiega come le minacce islamiche e gli eccidi in nome di Allah siano maledettamente legati all'ignavia dell'Occidente. "L'Occidente rassegnato e sottomesso all'islam è complice del nemico - tuona la Fallaci - quelli che io chiamo collaborazionisti mi hanno trasformato nel simbolo stesso dell’eresia, dell’infamia, della colpa, del peccato mortale da punire col rogo cioè con la morte civile".


A distanza di quasi dieci anni, le parole della Fallaci sono una triste eco per l'Unione europea e per gli Stati Uniti, per quell'Occidente che non ha saputo ascoltare le parole profetiche della giornalista. Lei, Oriana Fallaci, non ha mai girato troppo intorno alle parole. Lo straniero, il musulmano, lei lo chiamava "l'invasore". Per questo non si era fatta troppi amici, per questo il premio conferitole dalla sua Toscana l'ha impressionata. E nel discorso all'ambasciata italiana a New York, il cui audio inedito sarà trasmesso martedì prossimo alla festa della Lega Nord ad Albino (Bergamo), ringrazia quanti hanno aperto gli occhi davanti alla minaccia islamica. "Di questi tempi, tempi in cui il coraggio costa più caro del petrolio e la vigliaccheria si svende invece per pochi centesimi, trovare qualcuno che non cede alle intimidazioni è un grande conforto. Una ricchezza che è anche speranza, anche se ormai c’è poco da sperare".


Oggi come allora gli episodi della vigliaccheria dell'Occidente si sprecano. "Per capirlo basta considerare la vigliaccheria con cui tanti italiani hanno reagito alle islamiche minacce e sommosse per le vignette sul profeta spadaccino e tagliateste - spiega la Fallaci - senza alcuna dignità, a ogni livello politico e istituzionale, le nostre presunte leadeship hanno offerto scuse al nemico mentre il nemico bruciava le nostre chiese e le nostre bandiere europee. Mentre assaltava e saccheggiava le nostre ambasciate. Mentre in Turchia, quella Turchia cheinostri califfi vorrebbero nell’Unione europea, pardon nell’Eurabia, al grido di 'Allah akbar Allah akbar' un turco ammazzava con due revolverate alle spalle un prete intento a pregare nella sua piccola chiesa. Un prete che voleva il dialogo coi musulmani". Oggi come allora. Le vignette della rivista danese Jyllands-Posten come la satira che è costata alla redazione di Charlie Hebdo un sanguinario raid. O il dubbio ruolo della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan che, oggi come allora, tratta con l'Occidente e strizza un occhio ai tagliagole. Cambiano solo le sigle. Dieci anni fa c'era al Qaeda oggi l'Isis. In tutti i casi si ammazza in nome di Allah.


Nel discorso a New York la Fallaci ricorda tutti quei preti, come don Andrea Santoro, i cui martiri per mano islamica venivano passati sotto silenzio dai quotidiani occidentali. "Anziché piangere sui nostri morti - tuona - i giornali piangevano sugli undici libici uccisi dalla polizia di Gheddafi durante l’assalto selvaggio al consolato italiano (a Bengasi, ndr)". Quindi ricorda quando l'opinione pubblica italiana è arrivata addirittura ad attribuire la responsabilità di quell’assalto selvaggio al ministro Roberto Calderoli, "a imporne le dimissioni e ad annunciargli che sarebbe stato indagato anzi processato anche lui per vilipendio all’islam perché sotto la camicia abbottonata e sigillata dalla cravatta aveva messo una maglietta con la caricatura" di Maometto. Accuse che, poi, la sinistra aveva girato alla stessa Fallaci per aver ispirato il leghista. Ed è a questo Occidente, "rassegnato e sottomesso all'islam", che la giornalista diceva di alzare la testa. Invano. Perché, a distanza di dieci anni, i tagliagole si sono rafforzati e l'Occidente si è fatto sempre più piccino.


Il discorso inedito della Fallaci all'ambasciata italiana a New York: "I nostri leader offrono scuse al nemico che ci uccide". Parole che dopo dieci anni sono ancora attuali





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Published on December 27, 2015 07:47

December 26, 2015

Per i giudici esaltare il jihad è solo un reato di opinione

Andrea Indini



In Italia era arrivata tre anni fa. Ed era riuscita a vincere un dottorato di ricerca in Economia all'Ateneo di Palermo. Le sue tradizioni, la sua fede e le sue convinzioni politiche, però, non le ha mai dimenticate. E, dietro la professione ufficiale di ricercatrice universitaria, ha nascosto una rete di contatti con esponenti di organizzazioni terroristiche islamiche e foreign fighter e una fitta attività di propaganda in favore di al Qaeda. La polizia l'ha fermata domenica, dopo mesi di indagini: intercettazioni telefoniche e un'analisi capillare dei suoi pc che hanno confermato i sospetti degli inquirenti. Per Khadga Shabbi, 45 anni originaria di Bengasi, in Libia, l'accusa è istigazione a delinquere a commettere reati in materia di terrorismo, aggravata dalla transnazionalità.


Nell'istanza di convalida del fermo il pm Geri Ferrara, titolare dell'inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Leonardo Agueci, aveva chiesto al gip di disporre nei confronti della ricercatrice la custodia cautelare in carcere. Ma il giudice non ha ritenuto che ci fosse il pericolo di fuga e non ha convalidato il fermo, sostenendo, poi, che la misura cautelare più idonea fosse l'obbligo di dimora. Una valutazione commentata seccamente dal procuratore. "La misura - ha detto Lo Voi - è del tutto inadeguata alle esigenze cautelari e all'intensissima rete di rapporti intrattenuti dall'indagata, oltre che contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza". "Quelle della procura sono dichiarazioni avventate e inopportune", hanno replicato il presidente dell'ufficio del gip di Palermo Cesare Vincenti e il vice presidente Gioacchino Scaduto secondo cui le posizioni del pm "rischiano di creare nell'opinione pubblica un allarme ingiustificato, di cui in questa fase storica non si sente affatto il bisogno". In realtà è la posizione del gip, che derubrica i fiancheggiatori dei terroristi a semplici opinionisti e l'esaltazione del jihad in una opinione pubblica, a legittimare l'odio islamista contro l'Occidente. "La donna è accusata solo di un reato di opinione - dicono - l'avere cioè espresso il suo personale apprezzamento nei confronti dell'ideologia di gruppi ritenuti terroristici, manifestazione del pensiero che può diventare reato solo se resa pubblica".


L'inchiesta della Digos sulla Shabbi prende il via da alcune segnalazioni. La polizia comincia dal web mettendo in luce una intensa attività di propaganda svolta dalla ricercatrice in favore di una serie di organizzazioni terroristiche islamiche come Ansar Al Sharia Libya, tra le maggiori oppositrici del governo di Tobruk, e del suo leader Ben Hamid Wissam. La donna, interessatissima alle vicende politiche del suo Paese, visitava continuamente le pagine Facebook di diversi gruppi legati all'estremismo islamico, condivideva su Facebook materiale di propaganda della attività di organizzazioni terroristiche: volantini, "sermoni" di incitamento alla violenza e scene di guerra. Dall'inchiesta sono emersi anche contatti con due foreign fighter che avevano combattuto in Libia ed erano poi tornati in Inghilterra e in Belgio. "Ci è stato impossibile identificarli - fa notare il pm - anche a causa della scarsa cooperazione dei due paesi europei". La ricercatrice avrebbe anche tentato di fare avere un visto di studio al nipote, Abdulrazeq Fathi Al Shabbi, combattente ricercato dalle truppe dell'esercito regolare per la sua vicinanza ad Ansar al Sharia, formazione salafita che nel 2012 firmò l'attentato a Bengasi al Consolato americano. Il ragazzo, che la nipote definisce un martire, sarebbe morto in un conflitto a fuoco e in Italia non sarebbe mai giunto. In diverse intercettazioni la donna chiede vendetta per il nipote.


Nonostante le prove portare dal pm, dall'ufficio del gip continuano a difendere la posizione della donna. E, con una punta polemica, si ergono pure a maestrini del diritto: "Non si può indulgere a semplificazioni, a emozioni o a precarie suggestioni esterne". E concludono: "Siamo tutti sconvolti dalle tragiche vicende terroristiche di questi ultimi tempi, ma questo non deve farci perdere la capacità di distinguere caso da caso e di valutare con freddezza e oggettività i fatti che vengono sottoposti alla nostra valutazione". La stessa "oggettività" che sta consegnando l'Occidente ai musulmani radicali. La stessa "freddezza" che sta esponendo milioni di occidentali ai barbari terroristi islamici. La stessa "valutazione" che fa abbassare l'attenzione e permette al nemico di colpirci. Ancora e ancora e ancora.


Fermata ricercatrice universitaria libica per i suoi legami con i terroristi. Ma il gip la libera subito: "È solo reati di opinione". E attacca il pm che l'ha fatta arrestare: "Allarmismo ingiustificato"





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Published on December 26, 2015 06:03

December 23, 2015

Ecco la lettera Ue a Renzi: "No aiuti di Stato alle banche"

Andrea Indini



I risparmiatori italiani sono stati sacrificati sull'altare di Bruxelles. Dalla lettera inviata da Marghethe Vestager e Jonathan Jill, commissari Ue alla Consorrenza e alla Stabilità finanziaria, appare chiaro come Matteo Renzi si sia arreso alle regole dell'Unione europea che ha dettato al governo italiano il contenuto del decreto salva banche. Nessun diktat lampante, ma un'incapacità a far scudo ai propri cittadini.


"Se uno stato membro opta per lo schema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca - si legge nella lettera del 19 novembre - allora è soggetto alle regole Ue sugli aiuti di stato". Quindi "se la valutazione porta a concludere che l'uso di questo schema è aiuto di stato, scatterà la risoluzione della direttiva Brrd (Bank recovery and resolution drective, ndr)". Al contrario se è "un puro intervento privato" non scatta la risoluzione. A pubblicare il contenuto della lettera inviata al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è stata la Reuters che ha messo mano sulle due paginette con cui i commissari europei Hill e Vestager hanno dettato all'Italia cosa potevano e non potevano scrivere nel decreto che avrebbe fatto scattare la procedura di risoluzione per salvare Banca Etruria, Banca Marche e le casse di risparmio di Chieti e di Ferrara.


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Dal documento emerge chiaramente l'orientamento negativo dei tecnici di Bruxelles alla soluzione trovata dal governo italiano per salvare le quattro banche senza lasciare in mutande i risparmiatori. Hill e Vestager spiegano a Padoan che il meccanismo di garanzia dei depositi, come appunto il "Fondo interbancario di garanzia sui depositi", deve rispettare la disciplina sugli aiuti di Stato."Se la valutazione porta a concludere che l'uso di questo schema è aiuto di stato - scrivono i due commissari Ue - scatterà la risoluzione della direttiva Brrd". E questo avrebbe, quindi, tirato in ballo anche i risparmiatori. Tuttavia, Hill e Vestager fanno anche notare che, se l'utilizzo dello schema di garanzia non fosse giudicato aiuto di Stato e fosse al contrario considerato un semplice intervento privato, la risoluzione della direttiva Brrd non scatterebbe. Pur ribadendo che "la Commissione preferirebbe sempre soluzioni di mercato", che riducano al minimo l'intervento pubblico, i commissari ci tengono a puntualizzare che è "in capo alle autorità italiane la scelta degli strumenti e delle politiche da adottare" in caso di crisi bancarie.


Secondo fonti stampa, Renzi aveva espresso ai suoi l'intenzione di pubblicare la lettera sul sito del governo per dimostrare che Bruxelles, diversamente da quanto affermato in queste settimane, sarebbe stata contraria all'utilizzo del Fondo interbancario. Adesso che il contenuto della lettera inviata il 19 novembre a Padoan è stato pubblicato, la Commissione Ue ci tiene a sottolineare che "sono state le autorità italiane a decidere di risolvere le quattro banche utilizzando il fondo di risoluzione". Gli uffici della Concorrenza dell'esecutivo Ue, sottolinea, già in passato avevano valutato in un certo numero di casi in Italia, Spagna e Polonia l'intervento dei sistemi di garanzia dei depositi come aiuto di Stato, ma li avevano approvati "perché gli interventi risultavano in linea con le regole comunitarie sugli aiuti di Stato".


La Reuters pubblica il contenuto della lettera della commissione Ue a Padoan: "Il Fondo interbancario è un aiuto di Stato". Renzi si piega alla ricetta di Bruxelles e lascia in mutande i risparmiatori





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Published on December 23, 2015 06:22

December 22, 2015

Renzi ci infila il canone in bolletta ​per appianare i debiti della Rai

Andrea Indini



Pagare il canone Rai non piace agli italiani. Non è mai piaciuto e mai piacerà. Tantomeno adesso che, grazie alla legge di Stabilità che il Senato sta approvando, Matteo Renzi l'ha messo nella bolletta elettrica. Si calcola che l'evasione passerà dal 30,5% al 5%. Insomma, verrà azzerata. Ma non è per questo motivo che il premier ha tirato fuori la norma dal cilindro magico. L'obiettivo è di azzerare, in un sol colpo, i debiti di viale Mazzini.


Una famiglia italiana su tre non paga il canone Rai. Il tasso di evasione è il più alto in Europa, nonostante il contributo chiesto ai cittadini sia inferiore. Secondo le stime di viale Mazzini, la quota di chi ignora la tassa in Italia è in continua crescita. Si è passati dal 26% circa del 2013 al 30,5% nel 2014. Ma basta dare un'occhiata al rapporto di Ricerche & Studi Mediobanca per capire perché Renzi ci ha infilato il canone Rai nella bolletta elettrica per combattere l'evasione. Il gruppo Rai ha accumulato tra il 2010 e il 2014 perdite nette pari a 287 milioni, pur segnando un utile nel 2011, nel 2013 e nel 2014: rispettivamente 4, 5 e 47 milioni. Quello dell'anno scorso è stato l'utile più elevato grazie soprattutto alla plusvalenza con il collocamento in Borsa di Rai Way. Eppure non è bastato. Così il premier ha subito messo le mani nei portafogli degli italiani addebitando il balzello nella bolletta elettrica. Così facendo l'introito dal nuovo canone Rai aumenterebbe di circa 420 milioni rispetto ai 1.569 riscossi nel 2014. In questo modo ottiene un dobbio risultato: in un colpo solo la Rai diventa il primo gruppo televisivo per ricavi in Italia e appiana i debiti accumulati in quattro anni.


"Con un canone di 100 euro - si legge nel report di Mediobanca - in un'Italia con un tasso di evasione al livello di quello inglese, si stima che il Gruppo Rai potrebbe fatturare circa 2,8 miliardi, collocandosi al primo posto per ricavi in Italia e avvicinandosi, a livello europeo, a France Tèlèvisions". Il canone più basso rispetto alle altre emittenti pubbliche è per la Rai parzialmente compensato dalla pubblicità, che invece manca nella Bbc e nella Rtve (Spagna) ed è limitata per quantità e fasce orarie in Francia e Germania. Tuttavia, in un momento di grande difficoltà del mercato pubblicitario, la Rai è crollata a un rapporto negativo del 4,4% dopo uno positivo del 3,1% nel 2013. Resta il fatto che di soldi, nei forzieri di mamma Rai, ce ne sono. E molti pure. Tuttavia, più ne entrano più ne escono.


Nonostante la quotazione di RaiWay, in cinque anni la Rai ha creato un buco da 287 milioni di euro. Renzi lo ripiana col prelievo forzoso in bolletta elettrica: nelle casse della tv pubblica entreranno 450 milioni in più





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Published on December 22, 2015 07:22

December 20, 2015

Banche, da Renzi altre bugie: "Ho cacciato io papà Boschi"

Andrea Indini



Nello studio dell'Arena di Massimo Giletti, Matteo Renzi si fa lo spottone di fine anno. Crescita economica, riforme fatte e demonizzazione dell'avversario. Lo schema è quello classico. Il premier si auto incensa, promuove a pieni voti la propria squadra di governo e attacca a testa bassa le opposizioni. Non ammette mea culpa nemmeno davanti ai risparmiatori truffati dalle quattro banche fallite e salvate dal governo. Anzi, si fionda nell'ennesimo salvataggio d'ufficio di Maria Elena Boschi e famiglia. "Io dico che è arrivato il momento di voltare pagina: meno banche, meno banche di Paese - dice - io sto proteggendo i cittadini non servirà a nessuno cercare un facile capro espiatorio". Ma, come al solito, la verità è tutt'altra.


Nonostante l'evidenza della crisi strisciante, il premier continua ad andare in giro a dure che l'Italia ha tutte le condizioni per farcela. Una dose di ottimismo che non fa mai male, se non ché il premier sia fortemente convinto che il peggio sia alle spalle. "È come se fosse guarita ma ancora non sta bene - dice nello studio di Rai1 - nel 2016 tutti i segnali dicono che andremo ancora meglio". Il pil ha avuto segno meno nel 2012, nel 2013 e nel 2014. E nemmeno il 2015 ha visto il botto tanto decantato da Renzi. Che, però, torna a scommettere sull'anno nuovo: "Nel 2016 andremo ancora meglio faremo più dell'1,5% ma l'importante è che gli italiani ci credano". A sentirlo parlare, si è quasi portati a credere che vada davvero tutto bene e che sia addirittura merito del governo in carica: "Questa legge di stabilità contiene diversi lingottini, finalmente cala le tasse". Si fregia di aver cancellato la tassa sulla prima casa (vero), ma dimentica tutti i balzelli che ha rifilato agli italiani nella legge di Stabilità. "Stavolta accanto alla tassa sulla casa eliminata abbiamo messo una regola per cui né Comune né Regioni potranno aggiungere tasse - dice a Giletti - ce l'abbiamo fatta perché abbiamo recuperato più di quattro miliardi di euro da chi aveva portato i soldi in Svizzera grazie a un accordo con il Paese". E si permette persino di sfottere gli italiani che fatica ad arrivare a fine mese: "Ho pagato 433 euro per le tasse sulla prima casa, soldi che il prossimo anno potrò mettere sui regali di Natale".


Al netto delle battute da guascone, la ricostruzione di Renzi non è così veritiera. Eppure lui tira dritto. E apostrofa addirittura l'opposizione: "Speravo che il Movimento 5 Stelle e Forza Italia votassero a favore. Invece, trovo dall'altra parte tanta rabbia, tanta voglia di mettere paletti". E nega addirittura di aver disseminato qua e là, tra le pieghe della manovra economica, un'infinità di mance elettorale per ipotecare le comunali del prossimo anno. Come nega di aver aiutato il papà della Boschi nel brutto affare del fallimento di Banca Etruria. "Questo governo non guarda in faccia nessuno - dice - dove sta il conflitto se il papà della Boschi è stato sanzionato e se questo governo ha mandato a casa il cda dove sedeva?".


Il premier si fa pubblicità in diretta tv. Non si cura dei risparmiatori truffati e promuove la squadra di governo. E sulla Boschi: "Non servirà a nessuno cercare un facile capro espiatorio"





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Published on December 20, 2015 07:17

December 17, 2015

Forze speciali Usa in borghese preparano l'offensiva in Libia

Andrea Indini



Mentre a Skhirat, in Marocco, viene siglata la prima firma dell’accordo sul governo di unità nazionale della Libia, gli Stati Uniti preparano la strada per una nuova offensiva militare. Nelle ultime ore un aereo delle forze speciali americane è atterrato in Libia dove i tagliagole dello Stato islamico stanno puntando verso est per prendersi i pozzi petroliferi. L'account twitter di Oryx Blog, famoso blogger che segue questioni militari, e il comando dell’aviazione libica hanno documentato, con tanto di fotografie, un nucleo di uomini in abiti civili nella base di al Watiya.


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L'Isis sta avanzando nell'est libico minacciando Harawa, Nufaliya e Bin Jawad. L'obiettivo è piantare le bandiere nere del Califfato nell'area di Ajdabiya, la porta verso i campi della mezzaluna petrolifera, a metà strada tra Bengasi e Sirte. In maniera per nulla ufficiale, l'Italia sarebbe già in Libia con un manipolo di uomini delle forze speciali che starebbero preparando un possibile intervento militare. La conquista di queste aree farebbe compiere all'Isis un salto di qualità nella sua strategia. Secondo fonti dell'intelligence americana, Sirte potrebbe infatti diventare la nuova base del gruppo dirigente dello Stato islamico che, per sfuggire ai bombardamenti della coalizione internazionale in Medio Oriente, potrebbe ritirarsi proprio di fronte alle coste italiane. A muoversi per evitare il peggio è stato il Pentagono. Secondo Oryx Blog, forze speciali statunitensi sarebbero atterrate alle 6 della mattina del 14 dicembre. Un vero e proprio blitz per nulla coordinato con le autorità locali. Tanto che i militari sarebbero stati invitati a ripartire immediatamente. L'incidente diplomatico è stato confermato dallo stesso comando dell’aviazione libica che, però, non ha fatto trapelare alcunché su quale fosse il motivo della "visita".


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I miliziani dell'Isis si trovano già alle porte di Ajdabiya. Le forze di Khalifa Haftar, alleate al governo di Tobruk, stanno cercando di impedire l'avanzata con una serie di raid aerei. Ma la situazione resta incandescende. Lungo la strada litoranea che porta ai checkpoint di confine passano la maggior parte delle operazioni militari che i tagliagole dell'Isis lanciano ai Paesi vicini. Le immagini postate da Oryx Blog su Twitter mostrano un manipolo di soldati americani, un piccolo mezzo Polaris, usato di solito dalle Special Forces per azioni dietro le linee, e alcuni pick up. "Il velivolo è un C 146, versione modificata del Dornier 328 - spiega Guido Olimpio sul Corriere della Sera - si tratta di modello che il Pentagono impiega per missioni 'coperte' in tutto il Medio Oriente". Secondo i dati di FlightRadar24, capita che il C 146 transiti molto spesso dagli aeroporti italiani su una rotta tra la Germania e il Nord Africa. Non è infatti un mistero che, a causa dei conflitti in Siria e in Libia, il Pentagono abbia intensificato la presenza Sof nello scacchiere mediorientale e le attività di intelligence per prevenire nuovi attacchi terroristici.


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Sorpreso nella base di al Watiya un nucleo di uomini in abiti civili. Sono militari delle Sof americane. Stanno preparando il terreno per un'altra guerra in Libia?


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Published on December 17, 2015 08:18

December 15, 2015

Sanzioni a Mosca e gasdotto: doppio giochismo della Merkel

Andrea Indini



Angela Merkel è scesa in campo per sostenere il Nord Stream 2. Ma, al tempo stesso, si straccia le vesti per obbligare l'Unione europea a prolungare le sanzioni a Mosca. Questo perché, aldilà delle mosse di facciata, la cancelliera tedesca sa bene che giocare a braccio di ferro con Vladimir Putin non fa bene a nessuno. La posizione di Berlino ha mandato su tutte le furie Matteo Renzi che, secondo il Financial Times, avrebbe fatto saltare il rinnovo automatico delle sanzioni Ue alla Russia per altri sei mesi.


L'obiettivo della Merkel è portare a casa al più presto la costruzione del gasdotto targato Gazprom che servirà a collegare la Germania alla Russia attraverso il Mar Baltico. Secondo Renzi, il progetto Nord Stream 2 sostenuto dal governo Merkel sarebbe in contraddizione con lo spirito della campagna sulle sanzioni. Tanto che il team della cancelliera tedesca avrebbe chiesto all'ufficio del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, di affrontare la questione al summit Ue di giovedì prossimo. "Da un lato facciamo i duri sulle sanzioni - tuona un funzionario italiano ai microfoni del Financial Times - ma dall’altro alcuni Paesi, o aziende, sono in grado di duplicare le dimensioni di Nord Stream".


Lo scorso settembre Gazprom aveva annunciato a sorpresa il progetto Nord Stream 2 che, come spiega il Sole 24Ore, prevede uno scambio di asset con la tedesca Basf con cui il colosso energetico russo conquisterà il pieno controllo di una parte importante del sistema di distribuzione e stoccaggio del gas nell’Europa centrale. Non solo. Con questa operazione quote di giacimenti del Mare del Nord finiranno nel portafoglio di Gazprom.


Renzi chiede all'Unione europea di applicare al gasdotto Nord Stream le stesse regole di apertura al trasporto di terzi che erano state richieste dall’Europa al progetto South Stream. Ma la Merkel si oppone sostenendo che l’accordo con Gazprom è puramente commerciale. Contro Berlino, però, si sono recentemente schierati anche gli Stati Uniti. Che, come fa notare l'Huffington Post, puntano al Vecchio Continente per esportare il gas naturale.


Merkel in campo per sostenere il Nord Stream 2. Ma vuole il rinnovamento delle sanzioni all Russia. Renzi infuriato





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Published on December 15, 2015 06:51

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