Andrea Indini's Blog, page 118

November 10, 2016

La banderuola Renzi ​fa togliere la bandiera della Ue

Andrea Indini






La sconfitta di Hillary trascina a picco Renzi


Brexit, Trump, Italia. Ora soffia il vento del No

Il vento è cambiato. E Renzi, su consiglio di Jim Messina, diventa anti casta. E fa sparire da Palazzo Chigi la bandiera dell'Ue


È la solita banderuola. Adesso che il vento dell'anti casta soffia in poppa, Matteo Renzi si scopre anti europeista. È il terrore delle urne a spingerlo a cambiare casacca. Prima c'è stata la vittoria del "Leave" in Inghilterra, adesso il trionfo (inaspettato) di Donald Trump alle presidenziali americane. Il prossimo passo rischia di essere il referendum del 4 dicembre. Lì il fronte del No è nettamente in vantaggio e su quel voto il premier si gioca il futuro politico. Così, dopo aver cambiato i toni nei confronti degli euroburocrati di Bruxelles, ha deciso di bandire la bandiera europea dalla scenografia delle conferenze stampa di Palazzo Chigi.


Da settimane Renzi ha ingaggiato un braccio di ferro con i vertici dell'Unione europea. Sul tavolo c'è la legge di Bilancio che Bruxelles non considera in linea con le regole comunitarie perché sforerebbe più del consentito il patto di Stabilità. In realtà, oltre a non riuscire a far quadrare i conti pubblici del Belpaese, il premier sta cercando di porsi in una posizione di forza rispetto all'Ue per non dare di sé un'immagine di galoppino dell'Europa. Troppo tardi. Anche perché quello di Renzi non è un risveglio di coscienza, dopo anni di ossequi alla cancelliera Angela Merkel, ma una mossa elettorale. Dal momento che i sondaggi lo danno sconfitto al referendum sulle riforme costituzionali, Renzi prova a recuperare tra gli elettori di centrodestra puntando sul sentiment anti europeista e anti casta. Su questa scia anche la scelta di far sparire da Palazzo Chigi la bandiera della Ue.


L'idea di bandire la bandiera dell'Europa è di Jim Messina, il consulente di Barack Obama che Renzi paga 400mila euro per farsi dire come vincere il referendum. Secondo l'Huffington Post, che per primo ha dato la notizia, questa mossa "è servita per piantare qualche paletto". Messina vuole, infatti, che Renzi si spogli "dall'abito di establishment che indossa da quando è al governo". Dalle riunioni con il suo staff sarebbe, infatti, emerso che "l'unico modo per vincere al referendum è riuscire a identificarsi con l'anti-sistema, la forza del cambiamento rispetto a un sistema che ha governato in Italia negli ultimi trent'anni". Nel Pd sono infatti in molti a credere che quel "vaffanculo pazzesco" (per dirla con le parole di Beppe Grillo) dato dagli americani a Obama e alla Clinton, possa investire anche il suo governo.





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Published on November 10, 2016 09:08

Dilaga la protesta anti Trump dei "democratici" solo a parole

Andrea Indini


Speciale: 

Elezioni USA 2016 focus








Proteste a New York: in piazza contro Trump


gallery

Migliaia in piazza contro Trumpvideo
New York, manifestazioni ​contro...

In America scende in piazza l'odio. I finti democratici non riconoscono il voto popolare. E marciano contro il nuovo presidente (eletto democraticamente)


Sono democratici solo a parole. Perché non rispettano il voto popolare, perché schifano che Donald Trump possa essere stato votato legittimamente da tutti gli americani, perché non accettano che il loro candidato (Hillary Clinton) non possa essere stato eletto. Così, questi finti democratici sono scesi in piazza in tutta l'America al grido "Not my president". Non lo riconoscono, insomma. E sputano su ogni singolo voto che è stato depositato nell'urna e, quindi, su ogni singolo americano che ha voluto dare fiducia al tycoon.


È bastato realizzare che Trump avesse vinto davvero le elezioni e che quindi fosse il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti perché i finti democratici iniziassero caroselli, proteste e sit in. Fosse successo il contrario, avesse cioè vinto la Clinton, i repubblicani non avrebbero certo sfilato lungo le strade d'America gridando "Not my president". Ma questi sono, appunto, democratici. E così hanno inscenato decine di manifestazioni anti Trump in diverse città degli Stati Uniti. Da New York a Philadelphia, da Boston a Chicago. E così via: Portland, San Francisco e Washington. A Manhattan sono state arrestate una trentina di persone. A Seattle, in una sparatoria nello stesso quartiere in cui si svolgeva la protesta, sono rimaste ferite cinque persone, una delle quali in modo critico. La polizia della città ha, tuttavia, precisato che la protesta e la sparatoria, "una qualche forma di lite personale", non sembrano essere episodi collegati. L'autore della sparatoria è, però, riuscito a fuggire.


Le parole di Trump, appena incassato il risultato pieno della vittoria, sono state distensive. "Sarò il presidente di tutti gli americani", ha detto invitando anche chi non lo ha votato a lasciarsi indietro i rancori e le divergenze. Ma i democratici sono per natura rancorosi se le cose non vanno come piace a loro. È così in tutto il mondo. Fa parte del loro dna. "Not my president" è il nuovo slogan scandito dai manifestanti scesi in piazza, ma anche l'hashtag sui social dedicato alla protesta contro l'elezione del candidato repubblicano. A New York la protesta si è svolta lungo la sesta avenue, fino alla Trump Tower. "No Trump! No KKK! - hannop urlato i manifestanti per le strade di Chicago - no agli Usa fascisti!". "He Made America Hate Again", il banner di uno dei manifestanti a Boston giocando sullo slogan usato da Trump in campagna elettorale. Eppure la Clinton è stata sportiva dopo la sconfitgta: "Dobbiamo accettare questo risultato... Donald Trump sarà il nostro presidente. Gli dobbiamo una mentalità aperta ad una chance". Gli elettori del Partito democratico, invece, non lo sono. A Washington sono scesi in piazza, diretti alla Casa Bianca, persino un centinaio di liceali.





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Published on November 10, 2016 01:08

November 7, 2016

Renzi evoca il "governicchio": "Chi ha fallito, ora lo augura a me"

Andrea Indini



Fronte del No in testa, minoranza Pd in rivolta e Unione europea sul piede di guerra. Renzi si barrica: "Loro hanno fallito". Ma assicura: "Noi non cacciamo nessuno"


Prima si toglie un po' di "sassolini" dalle scarpe davanti alla platea della "sua" Leopolda attaccando la minoranza che vuole solo "la fine del Pd", poi traccia una sorta di road map fino al referendum, infine torna ad agitare "governicchi tecnichicchi" in caso di vittoria del No al referendum. All'indomani della Leopolda, Matteo Renzi si trova a dover parare i colpi della minoranza piddì che, capitanata da Pier Luigi Bersani, torna pesantemente all'attacco. Il tutto mentre da Bruxelles i vertici dell'Unione europea tornano a demolire la legge di Bilancio.


Il cammino verso il referendum sarà un lungo calvario. I colpi arrivano da più fronti. E sul tavolo di Palazzo Chigi sono in bella vista i dossier della manovra e delle riforme costituzionali. La prima ha già ricevuto le prime battute d'arresto della Corte dei Conti e dell'Ufficio parlamentare di Bilancio. Le altre rischiano di trovare uno stop definitivo da parte degli italiani che il 4 dicembre saranno chiamati a decidere del futuro del ddl Boschi e, ovviamente, del governo Renzi. Il premier è in agitanzione. Opposizioni, minoranza dem e Unione europea sono pronti all'assalto della dirigenza. Per il momento, però, Renzi sembra tener duro. E, parlando a Frosinone davanti a una platea che rumoreggia e fischia alla volta della vecchia classe dirigente del Pd, tuona contro "chi ha fallito e ora lo augura" a lui e torna ad agitare lo spettro del "governicchio tecnichicchio". Ma, al tempo stesso, assicura: "Noi non cacciamo nessuno".


"Il nostro obiettivo non è andare contro qualcuno - mette in chiaro il segretario Pd - ma fare una battaglia nell'interesse dei nostri figli e pensiamo che una parte dei dirigenti del passato si sia occupata molto di se stessa e delle poltrone e meno dei nostri figli e nipoti". Inoltre, Renzi ribadisce il proprio astio nei confronti della vecchia guardia. "Ha fallito e ha dimostrato l'incapacità", lamenta ribadendo il proprio "no" a "un sistema in Italia in base al quale chi non ce l'ha fatta poi fa di tutto perché fallisca anche chi viene dopo in modo tale che si rimanga nella palude e nel pantano". Infine, mette in guardia dal "pasticcio che vogliono fare dopo il 4 dicembre facendo una grande cosa, una riforma, tutti insieme. Ma non si rendono conto che se li metti insieme in una stanza loro sono d'accordo solo sul No".





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Published on November 07, 2016 09:42

Quei partigiani dell'orrore assetati di "Sangue occidentale"

Matteo Carnieletto
Andrea Indini



Nel libro di Carnieletto e Indini l'assalto jihadista alle nostre città e ai nostri valori. Che ha già fatto oltre 770 morti


La guerra dell'Occidente, il terrorismo islamico, gli anni orribili dell'Europa ma non solo. Si intitola Sangue occidentale ed è il nuovo libro dei nostri Matteo Carnieletto e Andrea Indini dopo il successo di Isis segreto. Sarà allegato domani al Giornale al prezzo di 8.50 euro, rientra nelle iniziative degli Occhi della guerra, spiega con fatti, analisi, cifre come l'Occidente sia nel mirino del terrorismo islamico. Ve ne anticipiamo uno stralcio. Perché conoscere serve a capire.


Il 2015 ha rappresentato l'annus horribilis per l'Europa. Tutto è iniziato con la strage di Charlie Hebdo, il 7 gennaio, ed è proseguito con gli attacchi in Danimarca, in Tunisia, nel Sinai, per poi concludersi, quasi fosse un magico cerchio dell'orrore, ancora in Francia, il 13 novembre, con attacchi multipli culminati nella carneficina del teatro Bataclan. Tutti questi attentati nessuno escluso hanno un minimo comune denominatore: sono rivolti contro occidentali, anche quando vengono compiuti in Africa, e sono firmati dall'Isis, lo Stato islamico che pur battendo in ritirata in Iraq, Siria e Libia sta continuando a mietere vittime in tutto il mondo.


Il 2016 sembra essere un anno ancora peggiore rispetto a quello precedente. Prima l'attacco all'aeroporto di Bruxelles avvenuto pochi giorni dopo l'arresto di Salah Abdeslam, uno degli attentatori di Parigi poi quelli in America, a San Bernardino e a Orlando. Si è proseguito quindi con gli attentati di Dacca, dove sono morti nove nostri connazionali; di Nizza, costati la vita a ottantaquattro persone, di cui molti bambini; e poi in Germania, a Heidingsfeld, dove un pakistano di diciassette anni ha ferito cinque persone con un'ascia, e ad Ansbach, dove un siriano si è fatto saltare in aria, ferendo quindici persone. Settecentosettanta morti falciati dall'odio islamista.


Ci troviamo davanti a una precisa strategia del terrore. Gli attacchi contro l'Occidente continuano a moltiplicarsi. Lo vediamo purtroppo ogni giorno. Ma perché? Il motivo fondamentale è che l'Isis sta perdendo terreno. Lo Stato islamico ha dovuto abbandonare il 50% dei suoi territori in Iraq e il 20% in Siria. La battaglia di Mosul potrebbe dare la spallata definitiva al Califfato e l'Isis sparirebbe là dove è nato. Proprio a Mosul, Al Baghdadi aveva annunciato la creazione di uno Stato islamico e aveva lanciato la sua sfida al mondo intero. La situazione in Libia è ancora peggiore per i terroristi, che hanno perso l'85% delle zone in loro possesso. Almeno per il momento sembrerebbe essere quindi andata a monte l'idea di mantenere uno Stato vero e proprio e ciò avrebbe provocato un cambio di strategia da parte dei jihadisti. Non a caso, proprio davanti all'arretramento dell'Isis, Abu Muhammad al-Adnani, il portavoce dell'autoproclamato Califfo Abu Bakr Al Baghdadi, ha affermato: «Non combattiamo per difendere un territorio o per mantenerne il controllo». Una retromarcia clamorosa se si pensa che l'elemento che ha caratterizzato la propaganda dell'Isis rispetto a quella di Al Qaida e degli altri movimenti terroristici degli ultimi decenni è proprio il tentativo di creare uno Stato.


A cosa ci troviamo di fronte oggi? Terroristi agguerriti che vanno e vengono dai territori controllati dallo Stato islamico fino al cuore dell'Europa. C'è chi si mischia tra i migranti e chi, invece, passa senza che nessuno osi dire «beh». Ci troviamo poi a dover combattere i «partigiani» dell'orrore. Il riferimento è a un libro di Carl Schmitt, Teoria del partigiano, appunto. Il partigiano non ha una divisa, non lo si riconosce. «Il partigiano combatte da irregolare». Combatte per un ideale, qualunque esso sia. «Il partigiano moderno non si aspetta dal nemico né diritto, né pietà. Egli si è posto al di fuori dell'inimicizia convenzionale della guerra controllata e circoscritta, trasferendosi in un'altra dimensione: quella della vera inimicizia, che attraverso il terrore e le misure antiterroristiche cresce continuamente fino alla volontà di annientamento». È una mina vagante, l'antesignano del lone wolf, il lupo solitario di Al Baghdadi. Non conduce una guerra, ma una guerriglia. Per questo è più pericoloso. Ad un anno dai tragici fatti del Bataclan e degli attacchi multipli di Parigi che hanno portato alla morte più di centotrenta persone e al ferimento di più di trecentocinquanta innocenti, l'Europa e l'Occidente non sono ancora al sicuro. Le minacce si fanno ogni giorno più frequenti e la coordinazione tra lupi solitari e Stato islamico sempre più forte. Ed è per questo che, potenzialmente, siamo tutti nel mirino del terrorismo di matrice islamica.

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Published on November 07, 2016 01:08

October 18, 2016

Obama a gamba tesa sul referendum: "Il sì aiuta l’Italia"

Andrea Indini



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Renzi e Agnese alla Casa Biancavideo
Renzi indeciso sul salutovideo
Agnese rischia di inciamparevideo
"Patti chiari e amicizia lunga"video
La tavola preparata per la cenavideo
La delegazione italiana in America


Renzi accolto alla Casa Bianca. "Forte e lunga amicizia"


Batali, lo chef della cena Renzi-Obama


Imbarazzo alla Casa Bianca: Obama in difficoltà sui migranti

Prima l'assist sulla manovra economica con una stoccata all'Unione europea, poi l'entrata a gamba tesa nella campagna referendaria con uno spot per il "sì" alle riforme costituzionali. Matteo Renzi viene accolto alla Casa Bianca per l'ultima cena di Stato del presidente statunitense e incassa un appoggio senza precedenti da Barack Obama. "Matteo sta portando avanti riforme coraggiose - scandisce il capo di Stato americano - noi sosteniamo il referendum per un sistema politico più responsabile".


Non è la prima volta che gli Stati Uniti mettono becco nel nostro Paese. E, con buona pace di tutti, non sarà nemmeno l'ultima. A settembre l'ambasciatore americano a Roma John R. Phillips aveva già detto chiaramente che Washington gradirebbe la vittoria del "sì" al referendum del 4 ottobre. Un'invasione di campo che aveva generato non pochi mal di pancia fuori e dentro al parlamento. Obama fa di più. Il tifo per Renzi è ancor più smaccato. Prima concede un'intervista a Repubblica per attaccare l'Unione europea e difendere la manovra economica appena presentata dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan a Bruxelles, poi alla Casa Bianca loda apertamente le riforme del nostro governo e invita gli italiani a votare "sì". "Renzi ha dimostrato di essere un leader - ha detto il numero uno della Casa Bianca - non potrei avere un amico migliore. Matteo rappresenta una nuova generazione di leader non solo in Italia, ma nell'Unione europea e nel mondo".


Il bilaterale tra i due leader spazia dalle politiche economiche per uscire dalla crisi all'emergenza immigrazione, dalla lotta al terrorismo alla guerra in Siria. Eppure quello che più interessa a Renzi, parlando dalla Casa Bianca, resta comunque il referendum costituzionale. "Se vincono i 'sì' per l'Italia sarà più facile la battaglia per cambiare l'Europa", spiega promettendo che si impegnerà in prima persona perché questo avvenga. "C'è un bisogno di grande investimento contro la burocrazia - incalza - abbiamo cambiato 63 governi in 70 anni ed è un dato incredibile, un cambio di governo quasi ogni anno. Se a dicembre vinceremo il referendum, per l'Italia le cose saranno più semplici". In caso di sconfitta, però, ci pensa Obama a invitarlo a restare a Palazzo Chigi "a prescindere dal risultato" perché "con le sue riforme ha mantenuto la parola" nei confronti dell'Unione europea.


Dopo aver incassato il sostegno alle riforme, Renzi rende il favore attaccando a testa bassa sia il presidente russo Valdimir Putin sia il candidato repubblicano Donald Trump. "Mentre qualcuno sceglie l'odio e la cultura dell'intolleranza - dice il premier - noi vogliamo scommettere sulla libertà, sulla nostra identità e i nostri valori". Dai toni sdolcinati in cui si è svolta la conferenza stampa, tutto lascia intendere che anche alla cena di Stato i due leader continueranno a farsi assist politici. Con Obama pronto a immischiarsi negli affari (costituzionali) italiani e Renzi ben contento di lasciarlo fare.


Renzi accolto alla Casa Bianca per l'ultima cena di Stato del presidente Usa. L'assist di Obama: "Tue riforme coraggiose"





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Published on October 18, 2016 09:56

October 14, 2016

Immigrati, Renzi non paga più: centri d'accoglienza nel caos

Andrea Indini



Imporre l'accoglienza di 2,5 immigrati ogni mille abitanti ai Comuni di dimensione media e di 1,5 per le grandi città. È la proposta contenuta nel piano presentato dall'Anci al Viminale per ripartire su tutto il territorio nazionale i disperati che ogni giorno continuano a sbarcare sulle nostre coste. Ad oggi ne sono già arrivati quasi 145mila, ben 5 per cento in più rispetto l'anno scorso, e tanti altri ne arriveranno nei prossimi mesi. Il governo Renzi non solo non è in grado di respingere quest'invasione senza fine, ma non riesce nemmeno a farvi fronte economicamente.


Nei centri di accoglienza gestiti da enti e associazioni sono già ospitati ben 165mila immigrati. Un numero impressionante che sicuramente andrà a ingrossarsi nei prossimi giorni. Per questo l'Anci, in accordo con il ministro dell'Interno Angelino Alfano, sta lavorando per aumentare il numero di Comuni (oggi già 2.200 su ottomila) che aderiscono allo Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). E per convincere i propri sindaci vuole stabilire regole precise, in modo che quelli che aderiscono sappiano a cosa vanno incontro. Per le città di grandi dimensioni, come Roma, Milano e Torino, è prevista una quota inferiore alle altre perché, come spiega il primo cittadino di Prato Matteo Biffoni, delegato dell'Anci all'immigrazione, "si tratta di poli di attrazione naturali, dove si concentrano già i flussi di persone irregolari". Bisogna quindi tenerne conto, è il ragionamento, sempre nell'ottica di evitare concentrazioni. L'obiettivo, insomma, è spargere quanti più immigrati su tutto il suolo nazionale.


I Comuni chiedono allo Stato un contributo per ogni migrante. Il costo dello Sprar infatti, è quasi integralmente (al 95%) a carico del governo, che a sua volta attinge ai fondi europei previsti per le spese di accoglienza. Ma i sindaci chiedono un contributo di solidarietà, tra 50 centesimi e un euro al giorno, per ciascun immigrato ospitato. Richieste che, con buona pace dei più, difficilmente saranno rispettate da Matteo Renzi. Che, già più di una volta, ha rinviato i pagamenti agli enti che gestiscono i centri di accoglienza. Secondo il Messaggero, infatti, "gli oltre 900 milioni di euro, preventivati per pagare vitto, alloggio e assistenza sanitaria alle associazioni che gestiscono le strutture, continuano a essere bloccati da Palazzo Chigi". Non solo. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan sta cercando di portare il rapporto deficit-Pil fino a un massimo di 2,4%. In queso modo riuscirebbe a infilarci dentro le spese collegate all'accoglienza degli immigrati. Un eccesso di flessibilità che, però, non convince il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici.


Le strutture sono al collasso. Ma Renzi non sblocca i 900 milioni destinati all'accoglienza. E i Comuni chiedono un contributo di unn euro a immigrato ospitato





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Published on October 14, 2016 07:21

October 12, 2016

Così il governo Renzi regala ​la cittadinanza agli immigrati

Andrea Indini



Bastano tre mesi in un centro di accoglienza perché gli immigrati ottengano l'iscrizione anagrafica e la residenza. Con una circolare emanata del 17 agosto, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha indicato ai Comuni concedere la residenza "in caso di documentata ospitalità per più di tre mesi". Una regalia per le migliaia di stranieri, che il governo Renzi ha deciso di ospitare nei centri di prima accoglienza che ha mandato su tutte le furie il centrodestra. Anche perché il Pd è al lavoro per sbloccare la norma che prevede la cittadinanza italiana ai ragazzi di origine straniera cresciuti nel nostro Paese.


A lanciare l'allarme sono stati il capogruppo e il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale di Arezzo, Giovanna Carlettini e Domenico Chizoniti, che in queste ore hanno presentato un'interrogazione per far luce sulla circolare del Viminale. "Chiediamo chiarezza su questo provvedimento del governo e su quali siano le ripercussioni sulle regioni e sui servizi socio-assistenziali - ha commentato il capogruppo di Fratelli d'Italia in Regione Giovanni Donzelli - l'Italia nel 2016 spenderà 4 miliardi di euro nel business dell'accoglienza, vogliamo sapere se questo significherà un ulteriore aggravio di costi per il sistema del welfare". Agli immigrati che sbarcano, richiedono protezione internazionale o asilo e, pur avendo uno straccio di documento, vengono accolti, tramite le cooperative, negli hotel e nei centri di accoglienza, il governo Renzi apre così le porte per una sua richiesta di iscrizione anagrafica. E tale richiesta, per la quale basta una semplice ricevuta, spesso neanche viene avanzata dagli immigrati ma, in maniera anomala, dai responsabili delle cooperative stesse.


"I Comuni - denunciono gli esponenti di Fratelli d'Italia - si trovano dinanzi a una situazione di forzatura giuridica che li costringe a considerare queste persone alla stregua di cittadini italiani o comunitari. Anzi, di più - continuano - visto che un cittadino italiano che vuole ad esempio trasferirsi da un comune a un altro è costretto a fornire una documentazione molto corposa". Le conseguenze si traducono in un accesso degli immigrati all'assistenza sociale, alla concessione di sussidi, alle case popolari e all'iscrizione nel servizio sanitario nazionale. Se gli enti locali sono stati negli anni sottoposti a una stretta finanziaria dalla normativa nazionale giustificata sempre con la scusa delle necessarie coperture finanziarie che devono accompagnare qualsiasi politica di spesa, adesso la stessa normativa rischia di far saltare il banco. Con i Comuni costretti a gestire decine di richieste del genere e a concedere anche agli immigrati una valanga di benefici. Anche percvhé, se fino a oggi è stato il Viminale a sostenere le spese di sussistenza per gli immigrati, negli ultimi mesi lo Stato ha smesso di pagare gli operatori dell'accoglienza. "Il sistema sta saltando - concludono Carlettini e Chizoniti - e il governo gioca a scaricabarile".


Bastano tre mesi in un centro di accoglienza per ottenere l'iscrizione anagrafica e la residenza. Fdi: "Così gli immigrati accedono a una valanga di benefici". E il Pd accelera: "Cittadinanza entro l'anno"





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Published on October 12, 2016 10:49

August 11, 2016

Tutte le bugie del Pentagono ​sulla lotta allo Stato islamico

Che la guerra degli Stati Uniti all’Isis fosse una barzelletta, lo si era capito da tempo. Ora, però, secondo una commissione di inchiesta del Congresso si scopre che i vertici del Centcom, responsabili militari del Medio Oriente e dell’area Afghanistan/Pakistan, avrebbero manipolato – dal 2014 al 2015 – i rapporti degli 007 al fronte per fornire al presidente Barack Obama un quadro più che ottimistico degli sforzi nella campagna contro Isis in Iraq e in Siria






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Published on August 11, 2016 14:12

August 9, 2016

Chiusi tutti i confini con l'Italia: Milano invasa da 3300 migranti

Andrea Indini






Emergenza anche a Como: in centinaia alla frontiera


Rovina di una città che viveva di turismo e fiori

L'Italia non riesce più a gestire l'emergenza. Gli sbarchi sulle coste del Sud continuano a ritmi inesorabili. E la carovana di migranti non riesce ad andare oltre l'Italia perché tutte le frontiere sono state chiuse. Lo è quella francese a Ventimiglia dove da settimane sono rimasti bloccati centinaia di africani. Lo è pure quella svizzera a Chiasso dove i richiedenti asilo bivaccano in stazione in attesa di ottenere il foglio di via per poter partire verso il Nord Europa. E lo è quella austriaca al Brennero dove le barriere di cemento non permettono nemmeno a una persona di passare. In questo gioco al massacro, migliaia di disperati stanno convogliando su Milano. E lì rimangono, in una situazione che è ormai al collasso.


"Nelle ultime due notti lo sforzo di accoglienza a cui siamo stati costretti all’hub di via Sammartini ha raggiunto livelli mai visti prima. Vi chiediamo un impegno ulteriore", recita una mail dell'assessorato ai Servizi sociali. Il Comune di Milano ha chiesto a tutte le associazioni che gestiscono l'emergenza immigrazione di fare di più di quanto non abbiano fatto finora. In città stazionano almeno 3.300 immigrati. Per non farli bivaccare in giro sono state aperto due strutture temporanee a Bruzzano e a Quarto Oggiaro dopo che nell'hub di via Sammartini, a due passi dalla stazione Centrale, erano già state accolte oltre 400 persone (guarda la gallery). Nelle ultime settimane tutte le rotte che li avrebbero dovuti portare nei Paesi del Nord Europa sono state chiuse. La stazione di Como è in piena emergenza da almeno tre settimane. Qui sono rimasti bloccati almeno 500 immigrati da quando la polizia di frontiera di Chiasso ha decisono che nemmeno i minorenni possono passare.


Sempre più immigrati finiscono così per chiedere asilo. in Italia. Come riporta la Stampa, "nel 2014 lo 0,3% dei migranti aveva come destinazione finale l’Italia, nel 2015 la percentuale è cresciuta al 4,8% mentre oggi siamo al 49,3%, uno su due. Così i tempi si allungano - sui legge nel report - nel 2015 la permanenza media nelle strutture di accoglienza cittadine era di 6 giorni, oggi è di 20". Milano è sicuramente la città più penalizzata del Paese. Oltre agli immigrati che continuano ad arrivare, il governo la obbliga ad accogliere altri richiedenti asilo che sono stati riassegnati dai centri di altre regioni. "Non sono profughi - ha messo in chiaro il governatore Roberto Maroni - ma clandestini che vanno rimandati a casa". Ma di rimandarli tutti a casa il ministro dell'Interno Angelino Alfano proprio non vuol sentir parlare. E così i disperati che si aggirano per il capoluogo lombardo continuano ad aumentare, giorno dopo giorno.


Tutte bloccate le chiuse le rotte che portano al Nord Europa. Milano è al collasso: oltre 3.300 i migranti è al collasso. E il governo non muove un dito





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Published on August 09, 2016 01:11

August 4, 2016

Odio per Putin e assist all'Isis Chi è il fondatore di Telegram

L'app è stata utilizzata dai terroristi di Rouen. È criptata e non ci sono controlli. Il fondatore: "Privacy meglio della sicurezza"






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sfida Putin e "aiuta" i jihadisti
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Published on August 04, 2016 06:58

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Andrea Indini
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