Andrea Indini's Blog, page 114

April 22, 2018

"Arrestato Berlusconi". Gli hacker attaccano il sito del "Giornale"

Andrea Indini




Il blitz alle 6.39 del mattino. Gli autori? Un collettivo che piazza bufale su internet


Sono entrati nella notte. E hanno sguazzato nel sistema per alcune ore creandosi un nuovo utente. Poi alle 6:39 sono riusciti a sferrare l'attacco pubblicando, sotto la testata del Giornale.it, un'ultima ora che potrebbe vincere il premio delle fake news: «Berlusconi in galera. AnonPlus fornisce prove alla magistratura». L'incursione porta la firma di quel collettivo di pirati informatici che predicano la libertà di informazione e poi vanno in giro a piazzare bufale.


Probabilmente avrebbero voluto fare di più. Di solito, quando riescono a bucare un sito, gli hacker di AnonPlus sostituiscono l'intera homepage con un manifesto su cui campeggia il loro stemma e le ragioni dell'attacco. Quando sabato notte sono entrati nel sistema del Giornale.it, non sono riusciti a fare granché se non lanciare l'ultima ora. Al primo impatto, i lettori che vi si sono imbattuti, non hanno notato alcuna differenza con le breaking news che solitamente sono pubblicate dalla redazione. Ma non appena ne hanno letto il contenuto saranno sicuramente sobbalzati sulla sedia. «AnonPlus, il gruppo di hackers che ha pubblicato le mail di Salvini) fa arrestare Berlusconi», ha infatti campeggiato per mezz'ora sotto la testata del Giornale.it.


Per dare maggior rilievo all'incursione o per far sparire un articolo che a loro risultava scomodo, i pirati informatici hanno cancellato il commento del vice direttore Francesco Maria Del Vigo, che si trovava in apertura di pagina. Si trattava di un articolo sui «furbetti del male assoluto», ovvero su quei grillini che fanno affari grazie a Silvio Berlusconi.


La bufala di AnonPlus non ha avuto vita lunga. Poco dopo che gli hacker avevano sferrato l'attacco, la redazione e lo staff tecnico del sito di via Negri sono intervenuti con tempestività. Nel giro di pochi minuti è stata respinta l'incursione cancellando l'ultima ora falsa e cacciando gli hacker fuori dal portale. «Ci troviamo davanti a un attacco alla libertà di informazione ha commentato l'amministratore delegato del Giornale.it, Andrea Pontini i punti di vista diversi si possono non condividere, ma mai far tacere».


Tecnicamente AnonPlus è un social network parallelo a quelli che tutti noi tutti usiamo quotidianamente per comunicare con i nostri amici. È stato creato nel 2011 quando il collettivo Anonymous fu cacciato da Google+ perché, come denunciato dai vertici di Mountain View, con l'account Your Anon News avevano violato le regole della comunità. «AnonPlus - si legge nella loro presentazione - diffonde idee senza censura, crea spazi per divulgare in maniera diretta, mediante defacciamento di massa, notizie che nei media gestiti ad uso e consumo di chi ci controlla non trovano spazio, al fine di ridare dignità alla funzione stessa dei media».


In Italia gli hacker di AnonPlus si vantano di aver «bucato» il sito di Libero e il database del Pd di Firenze per poi diffondere i dati degli iscritti (tra cui anche quelli di Matteo Renzi, registrato con la mail di quando era sindaco). L'obiettivo finale, però, è sempre lontano dai propositi che loro stessi si vantano di perseguire. Anziché divulgare «notizie che nei media non trovano spazio», compiono incursioni al solo fine di diffondere bufale senza capo né coda. Proprio come è successo ieri notte sul sito del Giornale.

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Published on April 22, 2018 23:25

April 13, 2018

Travaglio insulta Berlusconi: ​continua la campagna d'odio

Andrea Indini




Nel titolo d'apertura del Fatto il Cav definito "il Delinquente". Anche Travaglio si accoda agli insulti di Grillo e Di Battista


Un fiume d'odio. Una cloaca di epiteti e insulti che non fanno altro che incancrenire il confronto politico e far riavvicinare il Paese alle urne. Marco Travaglio e i Cinque Stelle sono tornati a sventolare la bandiera dell'antiberlusconismo. Lo fanno con una violenza inaudita dal giorno dopo le elezioni politiche. Dal capogruppo Danilo Toninelli, che arriva a teorizzare che Silvio Berlusconi e Forza Italia sono "geneticamente diversi" e, quindi, inferiori, a Alessandro Di Battista, che definisce il Cavaliere "il male assoluto", fino alle battutacce di Beppe Grillo durante lo spettacolo teatrale Insonnia. In questo museo degli orrori ci si va a infilare pure Travaglio che oggi chiama il leader azzurro "il Delinquente" nel titolo d'apertura del Fatto Quotidiano.


"Noi, a Berlusconi, non daremo mai la legittimazione politica". Lo avevano detto sin dall'inizio. Rinfrancati dal voto del 4 marzo, i grillini sono tornati al "vaffa". Insulti, improperi, epiteti violenti: è il modo loro di fare politica. Una brutta politica. Il primo a usare certi toni squalificanti è proprio Grillo. Lo ha sempre fatto a teatro e in piazza. È lui l'ideologo della maleducazione politica. E, se nei mesi passati aveva concentrato ogni vile battuta contro l'allora premier Matteo Renzi, adesso ha (ri)spostato il mirino su Silvio Berlusconi. "C'è da impazzire nel vedere Berlusconi salire al Colle quando sai benissimo che è il Colle che è sceso: è una cosa da neurologi", diceva ieri sera durante uno spettacolo a Palermo. "Mi sono tolto per mettere una persona migliore di me - ha continuato - però guardiamoci attorno: siamo ancora qui, con il badante della nipote di Mubarak. Se fossi Salvini direi: ma che cazzo stai facendo?".


Il clima d'odio che stanno creando i grillini ricorda quello della sinistra, solo un po' più sboccato. All'indomani del voto, il primo a esagerare è stato il padre di Dibba. "Luigi, pulisci il divano dove si è seduto il nano!" è stato l'invito rivolto a Di Maio prima che salisse al Colle per il primo giro di consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Qualche giorno dopo il figlio ha fatto anche peggio. Si è messo a dire che il Movimento 5 Stelle non può allearsi con Berlusconi "perché lui e Forza Italia sono il male assoluto". Lo stesso che va in giro dicendo Toninelli che crede l'elettorato di centrodestra inferiore perché "geneticamente diverso". Il problema è che questi due signori (uno un "giornalista" sui generis che gira il Sud America a spese del Fatto Quotidiano e l'altro un parlamentare della Repubblica) riflettono mediamente il pensiero della pletora grillina. Pensiero che è ampiamente condiviso anche da Travaglio che oggi nel titolo d'apertura del suo giornale ha definito Berlusconi "il Delinquente". "Usando lo stesso metodo, bisognerebbe chiamare Beppe Grillo: l'assassino - commenta su Twitter Augusto Minzolini - il sapore di autoritarismo, la voglia di regime, le senti anche nel lessico: quello del Fatto porta l'Italia verso Caracas".





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Published on April 13, 2018 01:55

April 10, 2018

Il compagno Grillo difende Lula "In Brasile un colpo di Stato"

Andrea Indini




Dopo la petizione della solita sinistra di casa nostra, anche Grillo si accoda a difendere l'ex presidente condannato per corruzione e riciclaggio: "È vittima di una persecuzione politica alla luce del giorno"


"Che differenza c'è tra quello che è accaduto e un colpo di Stato?". Anche il compagno Beppe Grillo si schiera accanto a Luiz Inàcio Lula da Silva, l'ex presidente del Brasile finito in carcere per un brutto affare di corruzione e riciclaggio. Dovrà scontare una dozzina di anni in carcere, in attesa che altri sei processi si abbattano sulla sua testa. E, proprio alle stessa stregua di Romano Prodi e Massimo D'Alema, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto una petizione per chiederne la libertà, il comico genovese ha preso posizione dalle colonne del suo blog. "È simbolo di speranza, coraggio e onestà - scrive - arrestato per non aver commesso alcun reato".


Tutti "innamorati" di Lula. La sinistra nostrana, ma anche i grillini che guardano ai governi sudamericani con una certa ammirazione. Niente di nuovo sotto il solo, per carità. Nel 2016, in un'intervista al Corriere della Sera, Davide Casaleggio aveva indicato il Venezuela come "un esempio riuscito di democrazia diretta". E qualche anno più tardi un manipolo di pentastellati, capitanati da Manlio Di Stefano, se ne erano andati in pellegrinaggio sulla tomba del Comandante Hugo Chávez in occasione dell'ultimo anniversario della sua morte. Oggi, dopo che alle spalle di Lula si sono chiuse le sbarre del carcere, Grillo fa la sua parte difendendo l'ex pregiudicato per corruzione e riciclaggio accodandosi alla solita bella sinistra (oltre a Prodi e D'Alema, anche gli immancabili Susanna Camusso, Piero Fassino, Pier Luigi Bersani e Guglielmo Epifani, tanto per fare il nome di qualche firmatario).


Grillo non si abbassa a firmare la petizione della sinistra. Butta giù post sul blog: "Lula vale a luta, ancor di più gridiamolo adesso - scrive - Lula vale la pena combattere, come dimostrazione di solidarietà nei riguardi di questo grandissimo uomo, dallo sguardo buono, le mani forti da metalmeccanico, e il cuore di chi si è battuto sempre per i più deboli - continua - fortemente amato dal suo popolo e per questo fortemente ostacolato dalle lobby di potere, vittima di una persecuzione politica alla luce del giorno". Il comico genovese si beve completamente la difesa dell'ex presidente brasiliano e attacca i giudici accusandoli di averlo condannato per ostacolarne la corsa alle presidenziali che si terranno in ottobre. "Avrebbe dato una speranza nella lotta alle disuguaglianze per il popolo brasiliano - continua Grillo - Lula rappresenta quella enorme parte della popolazione povera che non ha voce, né diritti, né visibilità, in conflitto perenne con i poteri forti". Un post prefettamente in linea con la sinistra di casa nostra che ancora oggi ha nostalgia del comunismo e che si straccia le vesti per quei leader che in nome del comunismo calpestano i diritti del popolo e ingrassano alle loro spalle.





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Published on April 10, 2018 08:06

April 9, 2018

L'aiutino di Fico a Grasso e Boldrini: gruppo autonomo (anche senza numeri)

Andrea Indini




Lo schiaffone alle elezioni relega i due ex presidenti al Gruppo Misto. Ma Fico gli fa lo sconticino: a Montecitorio Leu sarà gruppo autonomo, anche se non ha i numeri per farlo


I numeri, Pietro Grasso e Laura Boldrini, non li hanno. Alle elezioni del 4 marzo i due, che per cinque anni hanno spadroneggiato sugli scranni più alti della Camera e del Senato, hanno fatto un mega flop. A star sentire i giornaloni avrebbero dovuto spolpare il Pd e fare incetta di voti. I dem si sono spolpati da soli, e i due hanno preso appena una manciata di voti. Tanto che alla Camera si sono trovati con appena quattordici deputati, non abbastanza per formare un gruppo autonomo. Il (neo) presidente di Montecitorio, il grillino Roberto Fico, si è dimostrato parsimonioso con loro e gli ha fatto uno sconticino.


Per cinque anni ci hanno riempito le orecchie coi sermoni a favore dell'accoglienza dei migranti e contro il fascismo di ritorno. Hanno lanciato in continuo anatemi per fermare l'avvento dei populisti al potere. E ancora: hanno intrapreso assurde crociate, combattuto battaglie inutili per il bene del Paese e bruciato energia e tempo per campagne che hanno diviso profondamente gli italiani. Tra le tante trovate, poi, la più frivola e impopolare è stata quella di "femminilizzare" qualsiasi sostantivo, anche quelli che la grammatica italiana impone soltanto al maschile. Una fissazione per l'articolo "la" che ha spinto la Boldrini addirittura a far cambiare tutti i badge delle dipendenti di Montecitorio per correggerne la mansione. Non contenti delle prestazioni ottenuti sugli scranni più alti dei due rami del parlamento, i due hanno deciso di rifondare la sinistra e di sfidare un Matteo Renzi in calo di consensi. Il risultato? Un flop clamoroso.


Lo scorso 4 marzo gli italiani hanno deciso di voltare pagina. A dispetto di quanto vaticinato dai sondaggisti, Liberi e Uguali si è tenuto ben lontano dal 7-10%. Non è arrivato nemmeno al 3,5%. E così, niente gruppo autonomo: tutti relegati nel Gruppo Misto. Ma solo per qualche giorno. Oggi l'Ufficio di presidenza di Montecitorio ha, infatti, dato il via libera a Liberi e uguali di costituire un gruppo autonomo. Essendo solo in 14 deputati, mentre per regolamento ne servono almeno venti, Grasso e compagni avevano chiesto una deroga per fare un gruppo parlamentare a sé. In questo modo potranno, di certo, continuare a "incidere" nella vita degli italiani. E chissà, nei prossimi giorni, potranno anche rosicchiare qualcosa di più. Non a caso, proprio oggi, la senatrice di Leu, Loredana De Petris, ha fatto un appello per un governo con M5S e Pd. "È assurdo che, in una situazione così delicata per l'intero Paese, la crisi si sia avvitata in una serie di veti e pregiudiziali che prescindono completamente dal merito - ha messo in chiaro - noi abbiamo già detto che siamo pronti a un confronto programmatico in Parlamento con tutti tranne che con la destra. Non per pregiudiziali ma perché la distanza sulle prospettive è in quel caso troppo profonda". Un classico do ut des all'italiana, a spese degli italiani. Eh sì, perché avere un gruppo autonomo significa anche ricere soldi pubblici.





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Liberi e Uguali (Leu)







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Published on April 09, 2018 14:02

March 27, 2018

Governo, Salvini gela Di Maio "Niente veti su FI, salta tutto"

Andrea Indini




Tensioni Lega-M5s. La fuga in avanti del grillino: "Non rinuncio a fare il premier". Ma il segretario del Carroccio lo stoppa: "Senza Forza Italia, non se ne fa niente"


Solo tattica o prima spaccatura tra Movimento 5 Stelle e Lega? Difficile a dirsi. Ma pare che Luigi Di Maio non sia affatto propenso a rinunciare alla premiership. "Io non posso e non intendo rinunciare a guidare il governo", avrebbe detto nelle ultime ore il grillino. Un messaggio che ha fatto infuriare Matteo Salvini. Tanto che, dopo essersi detto "prontissimo" a fare il presidente del Consiglio, ma non a tutti i costi ("Non è o me o la morte"), il segretario del Carroccio ha detto chiaramente che metterla in questi termini rischia soltanto di far saltare il banco. "Non puoi andare al governo dicendo 'o io o niente' altrimenti che discussione è? - mette in chiaro a Porta a Porta - se Di Maio dice 'o io o nessuno' sbaglia, perché a oggi è nessuno".


In mattinata i ben informati dicevano che Salvini e Di Maio sarebbero tornati a sentirsi a breve, probabilmente anche a vedersi. Se così fosse stato, si sarebbe trattato del loro primo faccia a faccia. L'elezione dei presidenti delle Camere aveva segnato un primo punto di contatto. Il fatto che tra i punti del programma Salvini avesse inserito anche uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati, il reddito di cittadinanza, aveva contribuito ad avvicinare ulteriormente i due partiti. Le acque, però, si sono repentinamente agitate. Ieri pomeriggio, in una nota congiunta, i due presidenti in pectore dei deputati e dei senatori, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, si erano messi a "stuzzicare" Forza Italia accusandola di non avere ben saldo nelle mani il timone dei gruppi."Roberto Fico ha ottenuto 422 voti, pari a oltre i due terzi dei componenti dell'Aula. Sono mancati tuttavia circa una sessantina di voti rispetto ai numeri che ci sarebbero stati se tutte le forze del centrodestra avessero rispettato i patti come hanno fatto la Lega e Fratelli d'Italia".


A dividere ulteriormente è la poltrona di Palazzo Chigi. Su un eventuale incarico a Di Maio, Silvio Berlusconi è stato sin dall'inizio irremovibile ("Non può essere lui il premier"). Dal quartier generale pentastellato non esce nulla in chiaro, ma vengono lanciati i primi "pizzini". "Siamo pronti a offrire (a Salvini, ndr) i ministeri più importanti", spiegano i grillini alla Stampa. In cambio, Di Maio vorrebbe Palazzo Chigi: "O faccio io il premier o non se ne fa nulla". Una fuga in avanti che non è affatto piaciuta a Salvini. "Non è il modo giusto per partire", sbotta ricordando ai grillini "il voto degli italiani". "Ha vinto il centrodestra e all'interno del centrodestra ha vinto la lega - continua - non vedo l'ora di essere messo alla prova dei fatti ma sarebbe scorretto dire 'o io o il diluvio'". Non solo. Nel caso in cui Di Maio dovesse insistere sul veto a Forza Italia per la formazione del nuovo governo, il leader lumbard sarebbe pronto a dirgli "arrivederci".





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Published on March 27, 2018 09:24

Governo, Di Maio tra tattica e rottura: "Non rinuncio a fare il premier"

Andrea Indini




Salvini fa un passo indietro su Palazzo Chigi. E apre al reddito di cittadinanza. Di Maio più duro: "Siamo pronti a offrirgli i ministeri più importanti, ma faccio io il premier". L'ipotesi di Mister X


Solo tattica o prima spaccatura tra Movimento 5 Stelle e Lega? Difficile a dirsi. Ma pare che Luigi Di Maio non sia affatto propenso a rinunciare alla premiership. "Io non posso e non intendo rinunciare a guidare il governo", avrebbe detto nelle ultime ore il grillino. Un messaggio che è pronto a dire in faccia anche a Matteo Salvini. Già ieri, d'altra parte, il segretario del Carroccio aveva ribadito di essere "prontissimo" a fare il presidente del Consiglio, ma non a tutti i costi ("Non è o me o la morte"). Parole che potrebbero aprire spiragli su un passo di lato del leghista a favore di Di Maio pur di far partire il governo. Anche se resta in campo l'ipotesi di affidare Palazzo Chigi a una figura terza, un Mister X capace di fare la sintesi tra i due.


Secondo i ben informati, Salvini e Di Maio torneranno a sentirsi a breve, probabilmente anche a vedersi. Se così fosse sarebbe il loro primo faccia a faccia. Lelezione dei presidenti delle Camere ha segnato di sicuro un primo punto di contatto. Il fatto che tra i punti del programma Salvini abbia inserito anche uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati, il reddito di cittadinanza, avrebbe contribuito ad avvicinare i due partiti. Le acque, però, non sono così tranquille. Tanto che, in una nota congiunta, i due presidenti in pectore dei deputati e dei senatori, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, sono andati a "stuzzicare" Forza Italia accusandola di non avere ben saldo nelle mani il timone dei gruppi."Roberto Fico ha ottenuto 422 voti, pari a oltre i due terzi dei componenti dell'Aula. Sono mancati tuttavia circa una sessantina di voti rispetto ai numeri che ci sarebbero stati se tutte le forze del centrodestra avessero rispettato i patti come hanno fatto la Lega e Fratelli d'Italia".


La partita è tutta aperta. E prima di dare alla luce il nuovo governo ne vedremmo di ogni. Ieri Salvini ha messo in chiaro che "si parte prima dal centrodestra" e che, in ogni caso, "nessuno si muove da solo""se c'è convergenza sul programma". E tra i temi indica anche il reddito di cittadinanza. Ma la poltrona di Palazzo Chigi rischia di dividerli. Su un eventuale incarico a Di Maio Silvio Berlusconi è stato irremovibile ("Non può essere lui il premier"). Dal quartier generale pentastellato non esce nulla in chiaro, ma vengono lanciati i primi "pizzini". "Siamo pronti a offrire (a Salvini, ndr) i ministeri più importanti", spiegano i grillini alla Stampa. In cambio, Di Maio vorrebbe Palazzo Chigi: "O faccio io il premier o non se ne fa nulla". In questo intricatissimo scenario non tramonta, tuttavia, l'ipotesi di affidare la presidenza del Consiglio a un "esterno" capace di coniugare i due partiti. Tra i nomi più gettonati c'è quello di Carlo Cottarelli. Ma anche questo è in forse. La strada da fare, insomma, è ancora molto lunga.





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Published on March 27, 2018 01:51

Sanzioni, l’Italia (senza governo) s'accoda alle manovre anti Putin

Andrea Indini








Stati Uniti ed Europa contro Putin: cacciati i diplomatici



Da Obama a Trump non è cambiato nulla



Così Londra ha ricompattato l'Occidente



Dall'Austria nessuna misura contro Putin

Occidente compatto sulle ritorsioni a Putin per il caso Skripal. Anche l'Italia (senza più un governo) si allinea. Ma qualcosa sta cambiando. E Washington trema


Oltre cento diplomatici russi espulsi da Stati Uniti, Europa, Canada e Ucraina. Dopo la Gran Bretagna arriva la risposta dell'Occidente all'avvelenamento con il gas nervino a Salisbury di un'ex spia del Kgb e della figlia. Una mossa di inusitata durezza condivisa e sostenuta anche da un'amministrazione come quella di Donald Trump spesso accusata di essere troppo morbida con Vladimir Putin. Ma il fronte non è così compatto come sembra. Ed è soprattutto a Roma che questa linea inizia a scricchiolare. A dichiarare la guerra al Cremlino è stato, infatti, un governo dimissionario, tanto che si sono subito levate le proteste di Matteo Salvini. E ora alla Casa Bianca guardano con timore la possibilità che il nuovo governo possa sganciarsi.


Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha ricordato che è "altamente probabile" la responsabilità di Mosca dietro l'attacco con il gas nervino che ha ridotto in fin di vita l'ex spia Sergei Skripal e la figlia, e ha anticipato che "misure aggiuntive, incluse ulteriori espulsioni nella cornice comune europea, non sono escluse nei prossimi giorni e nelle prossime settimane". Ma qualcosa già scricchiola. Secondo fonti diplomatiche alla Farnesina e a Bruxelles, sentite dall'Huffington Post, la linea europea sarebbe stata "sposata" a pieno solamente da Theresa May, Angela Merkel e Emmanuel Macron. Le prime due avrebbero addirittura voluto inasprire le sanzioni economiche e commerciali contro Mosca. "Ma su questo – spiegano dalla Farnesina – il premier Paolo Gentiloni ha fatto resistenza, riuscendo a stoppare l'iniziativa anglo-tedesca, ben vista dall'altra parte dell'Oceano". Il risultato, però, è stato che, al di là della dialettica interna, il governo (dimissionario) italiano si è allineato pur sapendo che le politiche anti Putin imposte dall'Unione europea ci costano ben 3 miliardi di euro l'anno. Un salasso a cui siamo esposti dal 2014.


A Roma, però, l'aria potrebbe cambiare da un momento all'altro. Se è vero che il Movimento 5 Stelle non ha fiatato sull'argomento, Salvini è stato sin da subito chiaro: "Isolare e boicottare la Russia, rinnovare le sanzioni economiche ed espellerne i diplomatici non risolve i problemi, anzi li aggrava". Anche per Giorgia Meloni è "inaccettabile che un governo dimissionario decida di espellere due funzionari dell’ambasciata russa". "Sono gli ultimi colpi di coda - continua - di un governo asservito alla volontà di Stati esteri che per fortuna sarà messo presto nelle condizioni di non nuocere più gli interessi nazionali italiani". Un punto di vista che piace alle altre cancellerie europee e alla Casa Bianca. Tanto che ieri il New York Times è subito passato all'attacco con un editoriale intitolato L'Italia ha abbandonato l'America. Per la Russia. Ora non resta che vedere se il nuovo governo spezzerà (una volta per tutte) certe misure che, oltre a rovinare i rapporti con il Cremlino, puniscono le nostre aziende mandano in fumo posti di lavoro e soldi.





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Published on March 27, 2018 00:36

March 23, 2018

Camere, scontro sui presidenti: i partiti votano scheda bianca

Andrea Indini




Oggi si insediano le nuove Camere. Ma non c'è ancora un accordo sulle presidenze. Salvini: "Cerchiamo personalità condivise". Ma Pd e M5S fanno muro


Si tratta a oltranza. Ma la partita è tutta in salita. Nonostante i tentativi del centrodestra di mediare con tutti i partiti, il Movimento 5 Stelle ha fatto saltare il banco per opporsi alla nomina di Paolo Romani presidente del Senato. "Dobbiamo cercare personalità condivise per il Senato e per la Camera - chiede Matteo Salvini a Repubblica - condivise nel modo più largo possibile, anche con il Pd". Ma anche quest'ultimo appello cade nel vuoto. Tanto che tutti i partiti decidono di votare scheda bianca alle prime votazioni.


"Il tango si balla in due. È basato sull'improvvisazione, caratterizzato da eleganza e signoria. Se non lo si balla bene si risulta sgraziati e fuori luogo. Il passo base del tango è il passo verso di sé e la...". Su Twitter Beppe Grillo posta, sibillino, il brano di Astor Piazzolla Libertango. Una citazione che non arriva a caso. La posta, infatti, qualche ora prima che inizino le votazioni per eleggere i presidenti di Camera e Senato, un momento delicato perché tra i pentastellati e il centrodestra non è ancora stato raggiunto un accordo sui nomi da votare. "Non parleremo mai con il signor B", sbraita il senatore grillino Nicola Morra. Nonostante l'apertura di Silvio Berlusconi a trattare con tutte le forza politiche, Luigi Di Maio e compagni continuano, infatti, a scappare


Dai gruppi pentastellati arrivano solo segnali di guerra. "Io un Nazareno bis non lo farò mai - promette ai suoi Di Maio - non porterò mai il M5s a fare una cosa del genere". E Danilo Toninelli, neo capogruppo al Senato, è ancora più lapidario: "Non riabilitiamo Berlusconi". Per Giorgia Meloni il centrodestra ha fatto del suo meglio per cercare una soluzione che rispettasse il voto degli italiani. "Lo stallo è dovuto ad alcune impuntature infantili del M5S, mentre noi abbiamo dimostrato grande apertura", commenta la leader di Fratelli d'Italia garantendo comunque che si continuerà a lavorare per avere un Parlamento funzionante nel minor tempo possibile. Anche i Cinque Stelle si dicono disponibili a non chiudere il dialogo. Gli interlocutori per loro, però, restano per il Pd Maurizio Martina e per la Lega Matteo Salvini.


Per il momento, restano le candidature di Paolo Romani al Senato e Roberto Fico alla Camera, ma tutto è in itinere. Soprattutto dopo che Matteo Salvini ha deciso di lanciare Anna Maria Bernini a Palazzo Madama. La senatrice azzurra ha raccolto 57 voti nella seconda votazione.


La situazione potrebbe cambiare domani, soprattutto a Palazzo Madama, dove al terzo scrutinio il quorum si abbassa, passando dalla maggioranza assoluta dei componenti (almeno 161 voti) alla maggioranza assoluta dei voti dei presenti (schede bianche comprese). Ma servirà comunque un'intesa tra le forze politiche per raggiungere l'asticella richiesta. Se Forza Italia dovesse insistere su Romani come candidato alla presidenza del Senato e il Pd indicare Luigi Zanda, i Cinque Stelle sarebbero pronti a votare l'esponente dem. "Un po' come accadde nel 2013 - spiega una fonte autorevole del M5s - quando si doveva scegliere tra Renato Schifani e Pietro Grasso". Con la differenza, viene sottolineato, che allora il voto per Grasso di alcuni 5 stelle provocò il primo terremoto dentro M5s con i primi espulsi, mentre adesso la scelta è avallata dai vertici.


Del tutto improbabile invece, tanto più in mancanza di un accordo, che si arrivi all'elezione del nuovo presidente della Camera nel terzo scrutinio di domani dal momento che il quorum richiesto resta alto: la maggioranza dei due terzi dei voti contando tra i voti anche le schede bianche.





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Published on March 23, 2018 10:40

"Non parliamo con il Signor B". Il M5S riesuma l'antiberlusconismo

Andrea Indini




Dal M5S parole d'odio contro il Cav: "Non gli daremo mai la legittimazione politica". E Di Maio si rifiuta di trattare con lui. Ma è una linea perdente


"Non parleremo mai con il Signor B". Nicola Morra lo mette subito in chiaro arrivando a Palazzo Madama. E a chi gli chiede se il Movimento 5 Stelle è disposto a seguire questa linea anche a costo di perdere la presidenza della Camera, il senatore grillino gonfia il petto e annuisce. Il "Signor B" è, ovviamente, Silvio Berlusconi, come lo apostrofa Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. I toni violenti, d'altra parte, sono gli stessi. E, se pensavamo che la stagione dell'odio fosse morta e sepolta, abbiamo preso una cantonata pazzesca. L'antiberlusconismo non è finito con la caduta della sinistra. I grillini si appropriano della stessa terminologia e, per cavalcare una crociata idelogica contro Paolo Romani, fanno saltare il tavolo dell'accordo.


Mentre il Parlamento apre i battenti alla XVIII legislatura, i partiti continuano a trattare a oltranza per l'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Ma il veto dei grillini su Romani a Palazzo Madama complica la partita. La trattativa ora è in mano a Matteo Salvini perché Luigi Di Maio e soci si rifiutano di sedersi al tavolo con il Cavaliere. Torna così a pieno titolo l'antiberlusconismo militante a cui la sinistra ci ha abituato per oltre vent'anni. "Non scendiamo a compromessi al ribasso e non accetteremo ricatti. Non riabilitiamo Berlusconi", sentenzia il capogruppo in pectore al Senato, Danilo Toninelli, parlando ai parlamentari pentastellati riuniti nell'auletta dei gruppi a Montecitorio. Da qui l'indicazione di votare scheda bianca in tutti gli scrutini di oggi e la volontà di riaprire il confronto con le altre forze politiche, ma non col leader di Forza Italia. Per Di Maio, infatti, gli interlocutori sono solo Maurizio Martina per il Pd e Matteo Salvini per la Lega. "Mai con Berlusconi", hanno ribadito anche i suoi capigruppo. "Lo sapete com'è fatto Berlusconi, no? Ma questa volta non gli riesce...", commenta Gianluigi Paragone. "Questo è l'ultimo miglio della stagione berlusconiana. Il suo - osserva il neo senatore - sarebbe un bacio della morte".


I Cinque Stelle sono disposti ad andare a schiantarsi contro un muro pur di tener fede alla propria ideologia. Per assurdo: se Forza Italia dovesse insistere con Romani come candidato alla presidenza del Senato e il Pd indiare Luigi Zanda, i grillini sarebbero addirittura disposti a votare per l'esponente dem. "Un po' come accadde nel 2013 - spiega una fonte autorevole del M5s - quando si doveva scegliere tra Renato Schifani e Pietro Grasso". Con la differenza, viene sottolineato, che allora il voto per Grasso di alcuni pentastellati provocò il primo terremoto dentro il movimento con i primi espulsi, mentre adesso la scelta è avallata dai vertici. "Noi, a Berlusconi, non daremo mai la legittimazione politica - tuona Vito Petrocelli - e votare Romani significherebbe dover trattare con Berlusconi". Un'impuntatura infantile, come l'ha definita anche Giorgia Meloni, che getta il parlamento in una impasse difficile da sciogliere. "Non si capisce perché si voglia escludere chi ha preso più di 200 milioni di voti dal '94", commenta Renato Brunetta ai microfoni di a RaiNews24. "Il centrodestra ha tre leader e non è possibile parlare solo con uno - conclude - se qualcuno non vuole sedersi con Berlusconi poco male, andiamo avanti".





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Published on March 23, 2018 04:59

March 19, 2018

Gli auguri ai papà dell'Esercito: "Ai più grandi eroi dei nostri figli"

Andrea Indini




Con un video postato su Twitter l'Esercito italiano celebra i soldati papà: "Stretti in un abbraccio che dura per sempre, anche quando il papà sarà lontano in missione"


"Gli eroi più grandi dei nostri figli". L'Esercito Italiano celebra tutti i "suoi" papà: quelli che ci proteggono quotidianamente, quelli che vegliano su di noi e sui nostri figli, ma anche quelli che combattono all'estero, in posti lontani, e che i propri piccoli li possono vedere poco. Lo fa con un video toccante che, questa mattina, è stato postato su Twitter (guarda qui). "Stretti in un abbraccio che dura per sempre, anche quando il papà sarà lontano in missione - si legge nel post - auguri a tutti i papà, gli eroi più grandi dei nostri figli".


C'è chi il figlio lo rivede dopo lunghi mesi di missione. E chi i propri piccoli può accompagnarli ogni mattina a scuola, tenendoli per mano fino al cancello d'ingresso delle elementari. Le sequenze del video pubblicato oggi dall'Esercito Italiano immortalano brevi istanti della vita di tutti i giorni. Raccontano molto bene la normalità di quelle famiglie che hanno al proprio interno un militare. È in questi momenti di "semplice" quotidianità che emerge tutto l'amore per i propri figli. Anche quando il papà è lontano, in missione, a difendere il nostro Paese o a tutelare la libertà di persone oppresse. A migliaia di chilometri di distanza questi eroi (troppo spesso dati per scontati o, ancor peggio, insultati da certe frange estremiste vicine alla sinistra) riescono sempre ad essere vicini ai propri piccoli. Quando non sono in servizio, eccoli attaccati al cellulare o al tablet per fare una video chiamata ai propri cari, per sorridere alle mogli (o ai mariti) e per mandare un bacio ai propri figli.


Oggi, 19 marzo, è la festa del papà. E l'Esercito Italiano non ne ha voluto dimenticare nemmeno uno. Perché l'amore tra un figlio e un padre è quanto di più bello possa esserci: che si vesta un'uniforme oppure no. E le immagini di questo video lo esplicitano in modo chiarissimo ricordando a tutti quanto grande possa essere l'ammirazione di un figlio verso il proprio papà e l'affetto di un genitore nei confronti dei propri bambini.


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Published on March 19, 2018 02:42

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