Andrea Indini's Blog, page 112

June 6, 2018

I nuovi alleati esteri di Salvini per respingere i migranti in mare

Andrea Indini




Salvini al lavoro con l'Austria per ottenere i respingimenti in mare. L'annuncio al vertice di Innsbruck. Si cercano alleati in Europa. Ma Bruxelles già frena


"L'Europa non lo farà mai". Quando il commissario europeo alll'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha sentito il segretario di Stato belga, il nazionalista Theo Francken, pronunciare le parole "respingimenti in mare", è andato su tutte le furie. "La politica migratoria europea - ha messo in chiaro - è basata sui principi dei diritti dell'uomo". A preoccupare Avramopoulos, però, è anche la mancata riforma di Dublino. Ieri l'Italia ha rotto il fronte dei Paesi mediterranei schierandosi, insieme alla Spagna del neo premier Pedro Sánchez, con i Paesi di Visegrad. In ballo c'era la possibilità di una svolta sulla riforma del sistema che regola le competenze delle nazioni sulle domande di protezione internazionale presentate dai migranti. Ora, però, il neo ministro degli Interni Matteo Salvini vuole fare molto di più. Da una parte evitare le partenze dal Nord Africa, chiudendo il Mar Mediterraneo e evitando così liti sulla ridistribuzione, dall'altra difendere militarmente i confini.


"Ormai il dramma è che buttano in mare gommoni già sgonfi o barche in legno usurate e pronte ad affondare subito sperando che qualche nave delle Ong le recuperi in tempo e, se non le recupera in tempo, è strage". All'indomani della prima fiducia al governo Conte, Salvini prende seriamente in mano il dossier sull'immigrazione. Negli ultimi fine settimana sono ripresi gli sbarchi. E ora il neo ministro sente l'esigenza di dare, sin da subito, un'impronta forte per far passare il messaggio che la risoluzione del problema è sul suo tavolo. "Mi domando come un padre o una madre possa a mettere a rischio la vita di un figlio sperando in non si sa che cosa - si è chiesto oggi a Radio Anch'io - i soldi si spendono bene creando un futuro là per quei bimbi e quelle bimbe e non un futuro di disperazione in stazione Termini o in stazione centrale a Milano come purtroppo vediamo tutti i giorni".


Non appena si èinsediato al Viminale, Salvini ha iniziato a tessere una tela di alleanze europee per far fronte comune contro la linea buonista che negli ultimi anni ha imperato a Bruxelles. Prima si è sentito con il premier Viktor Orbàn per decidere la linea che, poi, ha affossato la riforma del Trattato di Dublino. Ieri è stata la volta del ministro austriaco Herbert Kickl al cui governo spetterà il prossimo semestre di presidenza dell'Unione europea. Non è dunque un caso se i due ministri hanno annunciato "novità" in tema di immigrazione che potrebbero essere presentate al vertice di Innsbruck che si terrà il mese prossimo. Secondo il Messaggero, Vienna vorrebbe ottenere "la difesa della frontiera europea anche con forze militari". Una linea che troverebbe d'accordo anche il belga Francken che ieri ha invitato l'Italia "a iniziare a respingere i barconi che navigano nel Mar Mediterraneo".


"L'Italia è obbligata a salvare i migranti in mare, e deve accoglierli, senza poterli rimpatriare in Libia o altrove - ha spiegato Francken - ma finché questo sarà possibile, avremo il caos". Da qui l'idea di difendere i confini europei militarmente "aggirando l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani" e dando così il via ai respingimenti dei barconi che partono dal Nord Africa. Il timore è che, se la linea non dovesse tenere, le isole italiane potrebbero trasformarsi in maxi centri di accoglienza, come è già successo in Grecia negli anni scorsi. Da qui l'idea di andare alla radice del problema e provare a fermare i barconi in partenza tenendo aperta la strada intrapresa dall'ex ministro Marco Minniti. "Nel fine settimana forse incontrerò il ministro dell'Interno della Tunisia", ha annunciato Salvini a Radio Anch'io. Nel suo calendario dovrebbe esserci anche un viaggio in Libia.





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Published on June 06, 2018 02:08

June 5, 2018

"Populisti? Ascoltiamo la gente". Conte in Senato ottiene la fiducia: "Sarò il garante del contratto"

Andrea Indini








Cirinnà con t-shirt pro-gay



E Conte "copia" Macron



La Casellati riprende i grillini

Il premier: "Sarò il garante del contratto". Poi annuncia il reddito di cittadinanza, la fine dell'austerity e il taglio delle tasse. E sui migranti: "Metteremo fine a un business cresciuto con finta solidarietà". Apertura alla Russia: "Basta sanzioni"


"Cambiamento". È questa la patola che riecheggia, in continuazione, tra i banchi del Senato. Giuseppe Conte si presenta al Senato rivolgendo, prima di tutto, un saluto a Sergio Mattarella, "che rappresenta l'unità nazionale", e chiedendo poi la fiducia sia alla squadra, che lui presiede, sia a "un progetto per il cambiamento dell'Italia che è stato formalizzato in un contratto, composto dai programmi" votati dagli italiani. Di questo "cambiamento", promette, si farà garante lui stesso per imprimere al Paese un'inversione di rotta per quanto riguarda immigrazione, lavoro, diritti sociali, taglio delle tasse e, financo, alleanze internazionali. Il tutto senza, però, indicare come riuscire a finanziare questa "rivoluzione radicale".


"Assumo questo compito con umiltà ma anche con determinazione, con la consapevolezza dei miei limiti ma anche con la passione e l'abnegazione di chi comprende il peso delle responsabiluità che gli sono affidate - promette Conte in Aula - non sono mosso da nient'altro se non da spirito di servizio" (video). Per il nuovo governo è, come di consuetudine, Palazzo Madama il primo vero banco di prova. Qui, il nuovo governo può contare su 167 voti certi, sei in più rispetto alla maggioranza assoluta. In Senato infatti, ci sono 58 senatori della Lega e 109 del Movimento 5 Stelle. In realtà, però, a votare la fiducia ci dovrebbero essere almeno altri quattro senatori che faranno salire la maggioranza a quota 171. E infatti il Senato approva la fiducia con 171 sì e 117 no. Tutto come da previsione, insomma."Entrando per la prima volta in questo luogo avverto pesante la responsabilità per ciò che questo luogo rappresenta", dice il premier che, durante il discorso in Aula, si definisce "il garante del contratto" sottoscritto da Matteo Salvini e Luigi Di Maio e elenca quelli che, a suo dire, sono i principali punti di svolta. "Se populismo è ascoltare bisogni gente - chiosa - allora lo siamo" (video).


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Dal reddito di cittadinanza al lotta all'immigrazione clandestina (video), dal potenziamento della legittima difesa all'inasprimento delle pene per i reati di violenza sessuale. Dall'introduzione del daspo per i corrotti e dell'introduzione degli agenti sotto copertura alla svolta nelle politiche comunitarie, con una brusca interruzione delle politiche di austerity, e nei rapporti con Vladimir Putin (video), con l'impegno di interrompere le sanzioni alla Russia ("a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile"). Sono i punti cardine del discorso di Conte, anche se la parola che spende con maggiore enfasi è, appunto, "cambiamento". "Presentarsi oggi nel segno del cambiamento - spiega - non è un'espressione retorica o propagandistica, ma una scelta fondata sulla necessità di aprirsi al vento nuovo che soffia da tempo nel Paese e che ha prodotto, all'esito delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, una geografia del consenso politico completamente inedita". Per il resto quello di Conte è un lungo elenco dei desiderata che Salvini e Di Maio hanno infilato nel contratto di governo. Senza, però, indicare né le coperture economiche né le tempistiche entro cui realizzare questa sfilza di riforme.


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Al primo punto della lunga lista presentata al Senato Conte mette il cavallo di battaglia dei Cinque Stelle: il reddito di cittadinanza. "La prima preoccupazione - assicura - saranno i diritti sociali, che nel corso degli ultimi anni sono stati progressivamente smantellati con i risultati che conosciamo: milioni di poveri, milioni di disoccupati, milioni di sofferenti". Poi attacca con un tema caro ai leghisti: il contrasto dell'immigrazione. "Metteremo fine a un business cresciuto a dismisura sotto il mantello di una finta solidarietà", annuncia ricordando Sacko Soumali, il 29enne maliano ammazzato a fucilate a Vibo Valentia (video). Quindi, passa alla riduzione del debito pubblico, facendo leva sulla "crescita della nostra ricchezza" e "non con le misure di austerità che, negli ultimi anni, hanno contribuito a farlo lievitare", e al taglio della pressione fiscale introducendo la flat tax. E questo lo porta ad affrontare i difficili rapporti con Bruxelles mettendo nella lunga lista di obiettivi da perseguire anche "l'eliminazione del divario di crescita tra l'Italia e l'Unione europea". Che, però, potrà avvenire solo"in un quadro di stabilità finanziaria e di fiducia dei mercati". "L'Europa è la nostra casa - chiosa - quale Paese fondatore abbiamo il pieno titolo di rivendicare un'Europa più forte e anche più equa".


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Il discorso dura oltre un'ora e un quarto e non manca che venga interrotto dagli applausi ora dei grillini, ora dei leghisti. Se ne contano una sessanti. Soprattutto quando Conte promette di spazzar via i privilegi della politica, di tagliare gli assegni pensionistici superiori ai 5mila euro netti mensili e i vitalizi di parlamentari, consiglieri regionali e dipendenti degli organi costituzionali, di garantire "un salario minimo orario, affinché nessuno venga più sfruttato, una pensione dignitosa e tasse eque" da pagare facilmente. I pentastellati vanno in visibilio quando il premier tira in ballo il conflitto di interessi, "un tarlo che mina il nostro sistema economico-sociale fin nelle sue radici". Niente di nuovo, insomma. La lettura del contratto giallo-verde, appunto. Ora non resta che vedere cosa riusciranno a fare Salvini, Di Maio... e il "garante" Conte





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Published on June 05, 2018 11:49

June 4, 2018

Migranti, la Meloni sfida le Ong: "Una legge per fermare Soros"

Andrea Indini




Il finanziere ungherese ha già messo le mani sull'Italia. La Meloni: "Siamo stanchi di questi sciacalli della speculazione". E FdI lavora a una pdl per blindare le Ong che favoriscono i clandestini


L'ingerenza di George Soros si sta allungando sull'Italia. Non appena si è fatta concreta la possibilità di un governo targato Lega e Movimento 5 Stelle, il finanziere ungherese, che attraverso le sue fondazioni ha finanziato le Primavere arabe, le rivoluzioni colorate (Guarda il video) e, soprattutto, l'ondata migratoria che dal Nord Africa e dal vicino Oriente è arrivata fino al cuore dell'Europa, vuole ora mettere le mani sul nostro Paese. Per fermarlo Giorgia Meloni sta lavorando a una legge, molto simile a quella varata dal premier Viktor Orbàn in Ungheria, che limiti le Ong.


Giusto ieri, in una intervista al Corriere della Sera, Soros invitava l'Unione europea a "pagare Roma per l'onere ingiusto della gestione dei rifugiati". In queste ore è volato in Italia perché invitato a parlare al Festival dell'Economia di Trento. Ed è da lì che ha iniziato ad attaccare a testa bassa il governo Conte dicendosi "molto preoccupato" per la vicinanza dell'esecutivo alla Russia per la quale sia la Lega sia il Movimento 5 Stelle avrebbero chiesto l'abolizione delle sanzioni. "Putin - ha detto Soros - cerca di dominare l'Europa: non vuole distruggerla ma sfruttarla perché ha la capacità produttiva, mentre l'economia russa sotto Putin può solo sfruttare le materie prime e le persone". Poi ha sollevato dubbi sulla trasparenza di Matteo Salvini, neo ministro dell'Interno. "L'opinione pubblica italiana - ha aggiunto - ha diritto di sapere se Salvini è a busta paga di Putin".


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L'interesse di Soros per l'Italia non è certo un caso. È a Roma che rischia, infatti, di giocarsi il futuro dell'Unione europea e, al contempo, potrebbero saltare equilibri che si erano a lungo consolidati nel corso degli anni. "Il vento - ha detto il deputato leghista Claudio Borghi - è cambiato per Soros e per tutti quelli che hanno guadagnato sulla morte di centinaia di persone". "Magari Soros ci dovrebbe raccontare chi lui finanzia - ha fatto eco il governatore del Fruli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga - mi piacerebbe sapere quali sono le azioni dirette e indirette a livello society controllate da Soros, chi finanziano e se hanno influito in alcuni Paesi sulle politiche nazionali. Perché questo - ha concluso - sarebbe gravissimo".


Per mettere freno a Soros e alle fondazioni, che stanno cercando di mettere le mani sul nostro Paese, Fratelli d'Italia sta lavorando a una nuova legge da portare in parlamento (video). Una sorta di "legge anti Soros" sulla falsariga di quella varata da Orbàn in Ungheria. "Siamo stanchi di questi sciacalli della speculazione - ha tuonato oggi la Meloni - non appagati dal controllo che hanno sulla nostra finanza, ora vogliono controllare anche la nostra democrazia". La proposta di legge permetterà di perseguire come illecito penale ogni forma di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, compresa quella fatta fin ora alla luce del sole dalle Ong. Non solo. Fratelli d'Italia punta anche a regolare per legge i flussi migratori regolari, bloccando l'ingresso ai migranti che, in base ai dati statistici del Viminale, hanno dimostrato di creare problemi di integrazione e di sicurezza. "Diremo basta alle Ong che favoriscono l'immigrazione clandestina - ha concluso la Meloni - e chiuderemo le porte dell'Italia a chi non rispetta le nostre leggi, la nostra cultura e la nostra identità".


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Published on June 04, 2018 06:49

May 29, 2018

"Problemi sui ministri". Cottarelli rimandato a domani

Andrea Indini








Il governo Cottarelli parte già senza voti



La squadra dei non eletti: tecnici, prefetti e pensionati



Quei super tagli che neppure adesso potrà fare



Camicia azzurra, trolley e zaino: ecco lo stile del prof

Incontro concluso con un nulla di fatto. Fonti del Quirinale: "Ci sono problemi con la lista dei ministri". Domani un nuovo faccia a faccia. Cresce l'ipotesi del voto il 29 luglio


Tutto rimandato a domani. Carlo Cottarelli ha lasciato il Quirinale allo stesso modo in cui era arrivato: in silenzio. Un silenzio eloquente che la dice lunga sullo stallo che è venuto a crearsi al Quirinale. L'incontro di oggi pomeriggio con Sergio Mattarella non ha dato alcun frutto. "Ci sono problemi con la lista dei ministri", hanno fatto sapere fonti vicine al Colle. A questo punto il capo dello Stato riceverà di nuovo il premier incaricato domani in un clima di incertezza senza precedenti. Perché se da una parte si fa largo l'ipotesi di votare già a luglio, d'altra Luigi Di Maio rimescola le carte chiedendo a Mattarella di riaprire il tavolo delle trattative.


Mezz'ora di faccia a faccia. Poi i corazzieri, che presidiano la porta che conduce "alla Vetrata", hanno lasciato la postazione. Un segnale che ha anticipato, senza l'esigenza di comunicati stampa o di annunci formali, il rientro del presidente della Repubblica nel suo studio privato. Al tempo stesso Cottarelli lasciava il Quirinale e rientrare alla Camera per rimprendere a lavorare sulla lista dei ministri. Che la strada sia tutta in salita, non è certo un mistero. L'esecutivo del presidente partirà (se mai dovesse arrivare al voto di fiducia) senza una maggioranza. Alla fine, non lo appoggerà nemmeno il Partito democratico. E tutto questo lo rende molto debole. La fine repentina del colloquio di oggi pomeriggio è dovuta alla necessità di una ulteriore verifica sui nomi dei ministri. Rottura suffragata dalla notizia, diffusa dal Quirinale, di un nuovo incontro domani (guarda il video). Ma subito ha preso a circolare con insistenza l'ipotesi che, a fronte di una volontà dei partiti di andare a elezioni anticipate entro fine luglio o ai primi di agosto, Cottarelli possa rinunciare ad assumere l'incarico di formare il governo.


Dal Quirinale hanno fatto sapere che "Cottarelli ha semplicemente bisogno di più tempo per approfondire alcuni nodi legati alla lista. Nessuno ha parlato di rinuncia". Eppure sia fonti parlamentari sia fonti di governo hanno suggerito che il premier incaricato starebbe pensando a una rinuncia vista l'indisponibilità di tutte le forze politiche a votargli la fiducia. D'altra parte le principali forze politiche hanno già iniziato a scaldare i motori per una nuova campagna elettorale. La data che circola con insistenza tra i corridoi è il 29 luglio. "Se c'è l'accordo - ha detto il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci - si può fare". L'unica soluzione percorribile è quella di un decreto che anticipi il voto scavalcando quanto stabilito dalla Costituzione. Un'ipotesi condivisa anche dal Carroccio e dal Movimento 5 Stelle che, dopo la frattura con il Quirinale, si sono subito messi a invocare le urne. Almeno finché, al termine di una giornata convulsa, Di Maio non ha proposto a Mattarella di riprendere la collaborzaione per formare un governo politico. Esecutivo che anche Giorgia Meloni si è detta disponbile a rafforzare.


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Published on May 29, 2018 14:40

"Dai mercati segnale agli italiani". È bufera sul commissario Ue

Andrea Indini








Ma Bruxelles frena: "Rispettare l'Italia"



Le scuse: "Non volevo essere irrispettoso"



Ecco le frasi complete di Oettingervideo
L'intervista integrale di Oettingervideo
Salvini: "Si dimetta"

Tensioni in Borsa per l'incertezza politica. Lo spread sfonda i 320 punti. E il commissario tedesco minaccia gli italiani. Salvini: "Io non ho paura". E la Meloni: "Lo spazzeremo via chi vuole l'Italia in ginocchio"


Ieri Piazza Affari ha bruciato tutti i guadagni accumulati nel 2018. Oggi, invece, abbiamo assistito all'irrefernabile galoppare dello spreadi. Un'avanzata inesorabile che è arrivata a sfondare anche la soglia psicologica dei 300 punti base. A pesare è l'incertezza politica. In questo clima infuocato, a peggiorare la situazione ci ha pensato il commissario europeo al Bilancio, Gunther Oettinger. Che parlando col giornalista Bernd Thomas Riegert, che lo ha intervistato a Strasburgo per l'emittente DwNews, si è messo a bacchettare gli italiani dicendo che i mercati e lo spread gli avrebbe spinti a non votare più i populisti.


L'incertezza politica comincia a pesare sulle aste di titoli di Stato, con il Tesoro costretto a pagare molto di più in un collocamento di Ctz e Btp indicizzati all'inflazione rispetto a un mese fa. Il differenziale sfiora livelli che non si vedevano dal novembre del 2013. E sale anche la febbre dei titoli biennali del Belpaese, che sul mercato secondario esplodono toccando picchi che si allineano a quando il presidente della Bce, Mario Draghi, si vide costretto a intervenire per dichiare di essere pronto a fare tutto il necessario per difendere la moneta unica. Quei tempi sembrano ancora lontani, anche perché Francoforte contiene i danni con gli acquisti del quantitative easing, ma i mercati non escludono ipotesi di contagio europeo se la situazione dovesse peggiorare. "Nel caso in cui lo spread si posizionasse in modo convincente sopra quota 200 - si legge in un report di Goldman Sachs - allora i rischi sistemici sugli asset dell'Unione monetaria europea e anche al di là di essa, probabilmente, aumenterebbero".


The markets and a "darkened" outlook will teach #Italy's voters not to vote for populist parties in the next elections, told me #EU commissioner #Oettinger in my exclusive interview for @dwnews in Strasbourg. "I can only hope that this will play a role in the election campaign." pic.twitter.com/lSYczLYa2U


— Bernd Thomas Riegert (@RiegertBernd) 29 maggio 2018


In questo clima difficile, è entrato a gamba tesa il tedesco Oettineger che ha bacchettato gli elettori italiani. Ad anticiparne i contenuti è stato il corrispondente di DwNews con un tweet: "I mercati e un outlook negativo insegneranno agli elettori italiani a non votare per i partiti populisti alle prossime elezioni. Questo avrà un ruolo nella campagna elettorale". Dopo qualche ora, però, Riegert si è "scusato" per aver "citato il commissario in modo errato". E nel farlo ha pubblicato le frasi integrali di Oettinger (leggile qui). Non c'è il verbo "insegnare", ma c'è "indurre". Cambia la forma, ma non la sostanza. Dichiarazioni comunque inaudite che hanno immediatamente scatenato una selva di polemiche da Bruxelles a Roma (guarda il video). Mentre il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha chiesto rispetto per gli elettori italiani, il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani ha ricordato che "l'Italia non è una democrazia a sovranità limitata. Non sono i mercati a decidere il destino della Repubblica - ha, poi, sottolineato - ma i cittadini con il loro libero voto e le istituzioni che li rappresentano".


[[video 1534065]]


"Non ne avevamo proprio bisogno", ha commentato Mariastella Gelmini accusando Oettinger di "alimentare ulteriormente l'anti-europeismo". In Italia il fronte si è dimostrato compatto, da destra a sinistra. "Ci trattano come una colonia estiva dove fare le vacanze", ha tuonato Luigi Di Maio. Tra i grillini c'è chi, come Andrea Colletti, che ha promesso di "fare di tutto per cacciare a calci nel sedere qualche commissario europeo. Da queste cose si vede chi è italiano e chi è anti-italiano". "Pazzesco, a Bruxelles sono senza vergogna!", ha fatto eco Matteo Salvini su Twitter. "Se non è una minaccia questa... io non ho paura". Giorgia Meloni, poi, ha promesso "ai tecnocrati di Bruxelles e ai signori dello spread" che gli italiani "che cosa è la democrazia. L'Italia è una Nazione sovrana: spazzeremo via chi ci vorrebbe in ginocchio". Anche il presidente del Pd Matteo Orfini ha bollato l'intervista come "offensiva, irricevibile e stupida". E sono già in molti a chiederne le dimissioni (guarda il video).


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Published on May 29, 2018 10:34

May 28, 2018

"Abbiamo noi la maggioranza". Il piano B di Salvini e Di Maio per aggirare Cottarelli

Andrea Indini




Di Maio: "Ci impongono Cottarelli? Abbiamo noi la maggioranza". E con Salvini chiede di far partire le commissioni: "Faremo lì quello che non passerà dal governo"


"Un incontro positivo e produttivo". Oggi Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono tornati a vedersi alla Camera. Dopo lo strappo con Sergio Mattarella e il conseguente passo indietro di Giuseppe Conte, i due leader hanno studiato il piano per aggirare il governo di Carlo Cottarelli e realizzare il "Contratto di governo" nelle commissioni parlamentari. Da qui la richiesta ai presidenti di Camera e Senato di convocarle quanto prima. "Quello che è possibile fare - ha promesso il segretario federale del Carroccio - lo faremo con le commissioni, dalla legittima difesa alla riforma della legge elettorale. Quello che non passerà dal governo perché nasce zoppo, senza la fiducia, lo faremo attraverso le commissioni".


All'indomani dello stop al governo gialloverde, Di Maio e Salvini si sono messi al lavoro al "piano B". "Ci vogliono imporre un governo? Noi abbiamo la maggioranza". L'obiettivo è, quindi, chiedere l'immediata costituzione delle commissioni parlamentari e avviarne i lavori al più presto è l'unico modo che hanno per "aggirare" il Quirinale e l'incarico conferito a Cottarelli. D'altra parte, fin quando non si tornerà al voto, la maggioranza alle Camere è nelle mani di Lega e Cinque Stelle. Il governo voluto da Mattarella (salvo sorprese) non incasserà, infatti, la fiducia del Parlamento. Sarà, dunque, nelle commissioni parlamentari che i due partiti tenteranno di "trasformare in fatti il contratto di governo". Ognuno partendo dai propri cavalli di battaglia. "I vitalizi li togliamo, cascasse il mondo", ha promesso Di Maio ai suoi.


Ad oggi le commissioni parlamentari permanenti non sono ancora state costituite. Si aspettava, infatti, che si formasse una maggioranza certa che desse vita a un governo. Ma nessuna norma, né costituzionale né regolamentare, impedisce esplicitamente la costituzione delle commissioni permanenti in assenza di un esecutivo. Tuttavia, per prassi istituzionale e parlamentare ormai consolidata, le commissioni vengono costituite e iniziano a lavorare solo dopo la nascita del governo in quanto, essendo organi collegiali, rispecchiano gli equilibri e le proporzioni della maggioranza politica che sostiene l'esecutivo e delle opposizioni. "Per tre settimane abbiamo lavorato seriamente a far nascere un governo e ci abbiamo creduto veramente - hanno detto chiaramente Salvini - vediamo se da quel contratto riusciamo a tirar fuori alcune leggi".





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Published on May 28, 2018 09:52

May 27, 2018

Ora Savona rompe il silenzio: "Voglio un'Europa più equa"

Andrea Indini




Mentre continua lo scontro con il Colle, l'economista pubblica il proprio manifesto: "Polemica scomposta. Ecco cosa penso"


Le sue idee, le aveva messe nero su bianco nel 2017. Ed è per questo che in questi giorni di scontro Paolo Savona non aveva ritenuto necessario ribadire cosa pensa sull'Unione europea e sulla moneta unica. Eppure, come lui stesso fa notare in un comunicato stampa pubblicato sul sito Scenari economici, la polemica con il Quirinale si è fatta tanto "scomposta" da spingerlo a ribadire "brevemente" le proprie posizioni. "Voglio un'Europa diversa, più forte, ma più equa", ha messo in chiaro elencando le battaglie che portarà al governo nel caso in cui verrà nominato ministro dell'Economia.


Quello tra Matteo Salvini e il Quirinale può essere considerato a tutti gli effetti un "braccio di ferro", con tanto di ultimatum del leghista al capo dello Stato. Ormai l'oggetto del contendere è chiarissimo: il segretario federale vuole Savona al ministero dell'Economia, mentre Sergio Mattarella continua a chiedere una soluzione alternativa. A pesare sul curriculum dell'economista sono le sue idee "no euro" e le sue posizioni anti tedesche. Il muro contro muro che sta animando le ultime, fibrillanti ore della fase politica italiana rischia seriamente di travolgere gli accordi di maggioranza con il Movimento 5 Stelle, trascinando con sé non solo il famoso "contratto", ma tutto il governo. Per sgomberare il dibattito da qualsiasi ombra di dubbio, Savona ha voluto mettere in chiaro le sue "idee in materia di Unione Europea e, in particolare, sul tema dell’euro". Lo ha fatto con un comunicato stampa suddiviso per punti che di fatto replicano alle accuse di antieuropeismo che gli sono state mosse in questi giorni.


Dall'assegnazione alla Bce delle funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per "perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale" all'attribuzione all'Europarlamento di "poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale", Savona invita tutti ad andare a rileggersi il contratto stipulato tra la Lega e il Movimento 5 Stelle in cui sono stati specificati gli intenti che, "alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni", verranno perseguiti dal governo che si va costituendo. Ed è sempre al programma sottoscritto nei giorni scorsi che Savona rimanda per dirimere le preoccupazioni sul debito pubblico e sul deficit. "L'azione del governo - assicura ora Savona - sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità (politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo)". Punterà piuttosto a far crescere il Pil rilanciando "la domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore" e "le politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni".


Adesso la passa torna nelle mani di Mattarella. "Io fino all'ultimo non mi arrendo", twitta Salvini.





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Published on May 27, 2018 05:25

Ministero diviso o la Castelli "vice": continua la trattativa col Colle su Savona

Andrea Indini




Savona tentato dal ritiro. Ma gli sherpa sono ancora al lavoro. Le ipotesi sul tavolo: dividere in due il ministero o nominare un vice meno contico sulla Ue


Tutte le carte sono sul tavolo. La partita, nonostante gli annunci delle ultime ore, è ancora aperta. Probabilmente si chiuderà oggi. Il nodo resta ancora Paolo Savona, l'economista che Matteo Salvini vuole a tutti i costi al ministero dell'Economia ma che per Sergio Mattarella ha posizioni troppo euroscettiche. Agli amici Savona avrebbe confidato di essere pronto anche a fare un passo indietro: "Non voglio interferire con le scelte del capo dello Stato che stimo immensamente". Ad ogni modo, oggi, il premier incaricato Giuseppe Conte salirà comunque al Colle col suo nome nella lista dei ministri.


"Mi rifiuto di andare avanti ancora per giorni con le trattative - ha messo in chiaro Salvini ieri sera o siamo in condizioni di lavorare o qualcuno se ne prenderà la responsabilità". Il muro contro muro che sta animando le ultime, fibrillanti ore della fase politica italiana rischia seriamente di travolgere gli accordi di maggioranza con il Movimento 5 Stelle, trascinando con sé non solo il famoso "contratto", ma tutto il governo. Anche il gruppo dirigente di via Bellerio sposa la linea della resistenza. "Non faccio una questione di nomi e cognomi - ha ribadito in più occasini il leader leghista - ma di rispetto del voto che gli italiani hanno espresso il 4 marzo". La strada che porta alla formazione del nuovo esecutivo rischia, insomma, di trovarsi in un vicolo cieco. Come riporta oggi ilGiornale, Savona stesso si troverebbe al bivio tra ritirarsi o tentare un chiarimento definitivo con il Quirinale.


Gli sherpa, che stanno lavorando alla stesura della lista dei ministri, starebbero ancora tentando diverse strade prima di far saltare il banco. Il rischio è, infatti, che si torni a parlare di voto. Secondo il Fatto Quotidiano, gli uomini di Luigi Di Maio vorrebbero proporre a Mattarella di affiancare a Savona un "vice" di peso, un keynesiano meno ostile all'euro e all'Unione europea. "Gli ottant'anni passati di Savona non gli permetterebbero certo di fare avanti e indietro in aereo da Bruxelles - avrebbero detto - il viceministro, quindi, sarebbe un facente funzioni in più di una occasione". Tra i nomi sondati ci sarebbero Pierluigi Ciocca, Stefano Micossi, Marcello Messori e Enrico Giovannini. La più accreditata, però, potrebbe essere Laura Castelli. Inizialmente indicata per le Infrastrutture, ministero che dovrebbe comunque andare ai Cinque Stelle, la deputata grillina avrebbe deleghe pesanti come viceministro. "È l'incastro con cui puntiamo a chiudere la partita", spiegano all'Adnkronos fonti grilline di primo piano.


Tra le ipotesi al vaglio, secondo il Corriere della Sera, ci starebbe anche quella di scorporare il ministero, che Salvini vuole dare a Savona, in Tesoro e Finanze in modo da dare all'economista "una poltrona meno pesante" e tranquillizzare il capo dello Stato (e l'Unione europea). Una soluzione che risulta piuttosto complicata perché per dividere il dicastero di via XX Settembre c'è bisogno di un decreto del Quirinale. A livello politico, poi, secondo Repubblica, non è così scontato che anche a Conte possa andare bene.





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Published on May 27, 2018 04:02

May 22, 2018

Quando Giuseppe Conte difendeva il metodo Stamina

Andrea Indini








I genitori di Sofia negano: "Non sosteneva Stamina"



"Conte non aderì all'associazione pro Stamina"

I contatti col M5s iniziano nel 2013 quando Conte difendeva la piccola Sofia, che seguiva il protocollo ideato da Vannoni. Fu anche tra i finanziatori della Stamina Foundation


Mentre Giuseppe Conte guarda in lontananza Palazzo Chigi, dentro e fuori dal Movimento 5 Stelle montano i mal di pancia. Il governo gialloverde sarà guidato da un premier non eletto. Proprio come Mario Monti, per intenderci. "L'ho presentato prima delle elezioni nella mia squadra di governo, noi siamo stati votati da 11 milioni di cittadini - si difende Luigi Di Maio - ci ha messo la faccia in campagna elettorale e dove è stato ha lasciato il segno perché ha sempre preteso un rigore etico-morale prima ancora di quello legale". Un rigore che, però, va a farsi benedire se si vanno a vedere le incongruenze riscontrate nel suo curriculum e il sostegno a quella colossale truffa che fu il metodo Stamina.


L'incontro con il Movimento 5 Stelle risale a quattro anni fa. "Mi chiesero se ero disponibile a farmi nominare nell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa". A creare il contatto, secondo la ricostruzione del Manifesto, sarebbe stato il braccio destro di Di Maio, Alfonso Bonafede, affascinato dalla battaglia di Conte a favore del metodo Stamina. "Il metodo è efficace - dicevano al tempo i grillii - siamo arrivati a questa conclusione dopo aver ascoltato le istanze dell’Istituto superiore della sanità, della Stamina foundation ma soprattutto dei cittadini". Le indagini dei tribunali e le analisi della comunità scientifica hanno dimostrato che il protocollo a base di staminali, ideato da Davide Vannoni, era una vera e propria truffa. Al tempo, come fa notare Repubblica, Conte, docente di diritto privato all'Università di Firenze dove Bonafede si è laureato, non solo difendeva Sofia, la bimba affetta da leucodistrofia metacromatica messa sotto i riflettori dalle Iene, ma faceva campagna per la "libertà di cura". "Il professore ci aiutò, ci seguì legalmente nel ricorso per proseguire con le cure a Sofia - raccontano all'Agi i genitori della piccola - ma non lo fece perché sostenitore di Stamina, non era il metodo in discussione ma l'aiuto a una bambina malata".


"Non invochiamo genericamente il diritto alla salute o a cure compassionevoli - diceva Conte nel 2013 - ma chiediamo che Sofia completi un protocollo di cure che è stato già concordato, approvato ed eseguito con una prima infusione di cellule staminali". Per il premier in pectore, il metodo orchestrato da Vannoni era "un principio di civiltà giuridica". Tanto che, come si legge sulla Nazione (guarda qui), nel luglio dello stesso anno aveva partecipato alla fondazione della onlus "Voa Voa" insieme ai genitori di Sofia. Fondazione che, come ricorda Next Quotidiano, poi si era messa a raccogliere soldi proprio per la Stamina Foundation Onlus. Per i grillini, dunque, un paladino della libertà. Peccato che il metodo Stamina sia stato bocciato dalla commissione per la sperimentazione, voluta dall'allora ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin, e che Vannoni sia stato condannato.


Oggi, sebbene gli stessi genitori di Sofia ora neghino qualsiasi appoggio al protocollo, il sostegno al metodo Sondanna e la condanna di Vannoni pesano politicamente su Conte e sul Movimento 5 Stelle. "Cosa pensa il futuro premier, ad esempio, dei no vax e del decreto sull'obbligatorietà dei vaccini?", chiedono i dem ricordandogli "tutto ciò che fino a ieri è stato confinato nella sua legittima attività privata oggi diventa tema, e interesse, pubblico".





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metodo Stamina







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Luigi Di Maio
Davide Vannoni
Alfonso Bonafede
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Published on May 22, 2018 05:36

"L'euro è una gabbia tedesca". Il Colle è inquietato da Savona

Andrea Indini




L'economista, teorico dell'Italexit, tuona contro la Ue e l'euro. A Mattarella non piace. Ma Salvini: "Non temiamo i suoi veti"


Non è solo il nome che ricoprirà la casella del premier a inquietare il Colle. In queste ore Sergio Mattarella sta seguendo da vicino la formazione del futuro governo gialloverde. E i nome che stanno girando tra i corridoi della politica non lo convincono affatto. A partire da Paolo Savona che, stando ai desiderata di Matteo Salvini, dovrebbe andare al ministero dell'Economia. Una scelta che darebbe al nuovo esecutivo una marcata impronta anti europea. La filosofia dell'economista, già ministro dell'Industria con Carlo Azeglio Ciampi, è racchiusa in un libro che sarà nelle librerie nei prossimi giorni. "L'euro è una gabbia tedesca, adesso serve un piano B", si legge in uno degli stralci pubblicati oggi dalla Stampa a sostegno dei dubbi avanzati da Mattarella.


Gli anni Novanta, quando Ciampi era a Palazzo Chigi, sono lontani. Era un tempo in cui anche Savona, che al tempo sedeva al dicastero dell'Economia, aveva dato credito all'Unione europea. Adesso è tutto cambiato. La sua posizione si è fatta sempre più critica e l'avversione per i tedeschi è diventata via via sempre pià radicata. "La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l'idea di imporla militarmente - si legge in uno stralcio della sua autobiografia - per tre volte l'Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d'acciaio del 1939 e l'Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?".


A preoccupare il Colle non sono le competenze di Savona, ma le sue posizioni sulla monetica unica, "una creatura biogiuridica costruita male". A suo dire l'euro avrebbe creato fragilità strutturali che sarebbero state aggravate, durante gli anni Novanta, dalla scelta di entrare nella "gabbia europea" dove "le élite illudono i popoli". Pur sapendo che l'Italia non era ancora pronta, l'allora premier Ciampi avrebbe preferito andare fino in fondo per non rimanere fuori dal tavolo europeo. "Invece (la situazione, ndr) è peggiorata - si legge ancora - e (l'Italia, ndr) è scivolata in una nuova condizione coloniale, la stessa sperimentata dalla Grecia". "L'euro - continua - ha dimezzato il potere d'acquisto degli italiani, anche se le autorità lo negano".


Nell'autobiografia Savona arriva anche a teorizzare l'Italexit, la fuoriuscita dell'Italia dalla moneta unica. "Il divieto costituzionale di referendum sull'Unione europea e sull'euro - fa notare - è la più chiara violazione dei principi democratici". "Dietro il paravento della liberaldemocrazia, c'è una concezione sovietica. La conseguenza è un fascismo senza dittatura e, in economia, un nazismo senza militarismo", continua Savona secondo cui "battere i pugni sul tavolo non serve a niente". "Bisogna preparare un piano B per uscire dall'euro se fossimo costretti, volenti o nolenti, a farlo". Una posizione che a Mattarella, appunto, non piace. Da qui l'idea di mettere un veto sul suo nome. Anche se Salvini è già stato sin troppo chiaro: "Non temiamo i veti del Quirinale".





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euro
Italexit
Unione europea (Ue)
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Published on May 22, 2018 01:31

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Andrea Indini
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