Andrea Indini's Blog, page 113

May 18, 2018

Fallisce perché lo Stato non paga: imprenditore sfrattato dagli ufficiali giudiziari

Andrea Indini




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Bramini si sfoga con un piantovideo
I cori: "Sergio sei un eroe"



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La resistenza di Bramini sotto...

Bramini ha dichiarato fallimento per i crediti non pagati dallo Stato. Oggi il via allo sfratto: tensioni davanti alla casa. La visita di Salvini e Di Maio all'imprenditore


Gli ufficiali giudiziari sono arrivati oggi a Monza. Hanno puntato dritto alla casa di Sergio Bramini per eseguire lo sfratto e mettere l'abitazione all'asta (guarda il video). Non uno sfratto qualunque. Perché questo imprenditore di 71 anni non è fallito per colpa sua, ma per colpa degli innumerevoli crediti che vanta nei confronti dello Stato. E che lo Stato, come succede sempre più spesso, non ha saldato. "Devono mettermi le manette", ha detto mentre le forze dell'ordine gli mettevano i sigilli alla villa.


Quattro milioni di crediti non pagati. È questo macigno che ha portato Bramini, ex impresario nel ramo della raccolta rifiuti, sul lastrico. Ad un certo punto la Icom, una impresa di 32 dipendenti, non è riuscita ad andare più avanti. E, nonostante cercasse di farsi saldare quei lavori fatti con alcuni enti locali del Sud Italia per la gestione dei servizi ambientali, ha dovuto dare forfait. Nel 2011 il tribunale di Milano ha, quindi, dichiarato il fallimento. Per il presidente del tribunale di Monza, Laura Cosentini, i debiti dello Stato erano "solo" un paio di milioni "a fronte di un passivo di 3 milioni e mezzo". Non solo. Il giudice gli aveva anche rinfacciato che la casa in cui viveva era stata messa "a garanzia di un mutuo ipotecario" che non era stato ripagato. Da qui il via libera alla banca, che gli aveva concesso il finanziamento, a esercitare l'azione esecutiva dell'immobile.


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Il caso giudiziario è presto diventato politico (guarda il video). Tanto che oggi, all'arrivo degli ufficiali giudiziari, decine di persone si sono schierate per resistere allo sfratto insieme a Bramini (guarda la gallery). Già ieri sera a Monza era arrivato Luigi Di Maio, oggi è stata poi la volta di Matteo Salvini che ha annunciato una legge per tutelare chi ha debiti con lo Stato."Va rivisto completamente il sistema delle aste giudiziarie - ha detto il leghista - bisogna proibire il sequestro della prima casa e far pagare tutti debiti pregressi della pubblica amministrazione". Una posizione condivisibile che, però, ha subito trovato l'opposizione della sinistra. Per il Pd, infatti, Salvini e Di Maio non fanno altro che "speculare sulle tragedie umane". Davanti alla casa di Bramini, però, erano presenti anche diverse decine di persone tra amici e conoscenti. "Giustizia, giustizia!", urlavano srotolando lo striscione "Non può essere reato fallire per lo Stato".


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Published on May 18, 2018 08:22

May 14, 2018

Di Maio chiede altro tempo al Colle: "Il contratto non è ancora chuso"

Andrea Indini



Il presidente Mattarella riceve la delegazione del M5s

Bocche cucite sul futuro premier. Il leader grillino da Mattarella senza il patto siglato. Che dovrà comunque essere votato dagli iscritti del M5s


"Dobbiamo chiudere un contratto di governo, mica è un contratto di locazione...". Luigi Di Maio chiede altro tempo. All'ennesimo faccia a faccia con Sergio Mattarella, il capo politico dei Cinque Stelle si presenta con i compiti non finiti. L'accordo, infatti, non è stato ancora ultimato. E comunque, come imposto nei giorni scorsi da Davide Casaleggio, dovrà prima essere votato dagli iscritti al movimento. Non solo. Anche sul nome del futuro presidente del Consiglio non sambrano aver fatto passi avanti. "D'accordo con Matteo Salvini - ha detto il grillino al termine delle consultazioni - abbiamo deciso che nomi non ne facciamo". Tutto rimandato, insomma.


I "tempi supplementari" chiesti da Di Maio al Quirinale serviranno sì alla definizione del contratto di governo con la Lega ma anche, ha confermato lo stesso capo politico dei Cinque Stelle, a consultare gli iscritti al movimento: "Saranno loro a decidere con un voto online se fare partire il governo con questo contratto oppure no". Dopo gli incontri di ieri a Milano (l'ultimo finito a tarda sera all'hotel President di Largo Augusto), i due leader si sono visti alla Camera. Al vertice last minute, prima dell'avvio delle consultazioni, hanno partecipato anche il deputato più vicino a Di Maio, Vincenzo Spadafora, il vice di Salvini, Giancarlo Giorgetti. Sul tavolo il nome (tenuto segretissimo) della figura terza, di "alto profilo", che i due partiti stanno vagliando, e la conseguente composizione del governo. Arrivando alla Camera, il segretario leghista ha smentito che si fosse tornati all'ipotesi che a Palazzo Chigi vada il capo politico dei Cinque stelle. I Cinque Stelle, invece, hanno smentito la candidatura del professore di Storia Economica, Giulio Sapelli.


Durante l'incontro con Mattarella, ha messo sul tavolo l'esigenza di avere qualche altro giorno "per poter concludere definitivamente la discussione dei temi e dare il governo del cambiamento al nostro Paese". "Se parte questo governo parte davvero la terza Repubblica", ha poi chiosato durante la conferenza stampa tenuta al termine delle consultazioni al Quirinale. "Siamo ben consapevoli delle esperienze internazionali che questo governo dovrà affrontare - ha continuato - siamo d'accordo nel fare presto ma siccome stiamo scrivendo il programma di governo dei prossimi cinque anni, per noi è molto importante ultimarlo nel migliore dei modi". Poi la stoccata: "Stanno cambiando i riti della politica: si discute prima delle questioni che riguardano gli italiani e poi, parallelamente e in conclusione, degli esecutori di questi temi". Il dubbio, però, è che non siano ancora stati sciolti i nodi sul patto di governo e non sia stata ancora trovata la quadra sul nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Col timore, poi, che una volta raggiunto l'accordo, Mattarella non lo faccia saltare in aria.





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Published on May 14, 2018 09:04

May 10, 2018

Salvini, la giacca di CasaPound e l'ossessione rossa per i "fasci"

Andrea Indini




Su Repubblica un articolo sul leader leghista in "versione ultrà" con la giacca "simbolo di CasaPound". E torna ad agitare lo spettro del fascismo


Ieri pomeriggio, lasciando il ristorante nel cuore di Roma, dopo aver pranzato in compagnia del figlio, Matteo Salvini aveva rivelato ai cronisti che non sarebbe stata soltanto una giornata di politica. "Questa sera - aveva poi annunciato - andrò allo stadio a vedere la partita del Milan all'Olimpico, con mio figlio perché glielo ho promesso e voglio mantenere questa promessa. È il suo regalo di compleanno". Peccato che la serata sia stata ugualmente buttata in politica da Repubblica che oggi l'ha attaccato per aver indossato una giacca di un marchio, Pivert, legato a CasaPound. Abbastanza per annoverare il leghista tra "i fascisti del terzo millennio".


È sempre la solita ossessione della sinistra: la corsa folle a vedere "rigurgiti di fascismo" ovunque. Anche su una giacca blu "di gran moda tra i giovani neofascisti, non solo della Capitale". Il capo di abbigliamento indossato da Salvini ieri sera all'Olimpico non sfoggia mica siboli destrorsi. Niente celtica, tanto per intenderci. Solo un pic vert, un piccolo picchio. Eppure per Repubblica potrebbe non essere un caso che il leader del Carroccio, in queste ore alle prese con Luigi Di Maio nella formazione del nuove governo, abbia scelto di indossare proprio quella giacca lì mentre sedeva nel settore vip dell'Olimpico. Tanto che gli si arriva a rinfacciare di non essersi vestito elegante come tutti gli altri preferendo, appunto, "la versione ultrà".


#MatteoSalvini versione ultrà alla finale di #CoppaItalia sceglie un look sportivo: cappellino del Milan e K-Wai #Pivert, noto marchio di abbigliamento legato a #CasaPound, di moda tra giovani neofascisti non solo della Capitale. L'articolo di @PBerizzi https://t.co/nFJnXr8nL8 pic.twitter.com/lIk0L2ERn9


— la Repubblica (@repubblica) 10 maggio 2018


La Pivert è un'azienda italiana con negozi sia nel Belpaese sia all'estero. Quello che non va giù a Repubblica è che il titolare sia Francesco Polacchi che, oltre a essere stato il responsabile nazionale di Blocco Studentesco, è finito nei guai sia per gli scontri del 2008 in piazza Navona sia per il blitz di CasaPound contro il sindaco di Milano Giuseppe Sala l'anno scorso. Non solo. Non potendosi rifare sull'iconografia fascista, che sui capi Pivert non c'è, ecco che l'articolo va a pungolare le pubblicità del marchio in cui ci sono "ragazzi coi capelli rasati ritratti davanti al Vittoriale o all'Altare della Patria". Abbastanza per Repubblica per andare a rivangare una manifestazione contro l'immigrazione clandestina fatta quattro anni fa con CasaPound. "Forse - conclude il quotidiano - il giubbino Pivert di Salvini è un regalo di quella stagione politica".


Perché Salvini abbia indossato una giacca Pivert, non lo sappiamo. Forse ieri sera, allo stadio, faceva fresco. Non sappiamo nemmeno perché se la sia comprata. Magari gli piaceva e basta. Ma per Repubblica, che da mesi ormai fa "inchieste" per denunciare il ritorno del Ventennio, anche una k-way è sufficiente per "smascherare" un camerata. D'altra parte per la sinistra si sta avverando "il peggior incubo dopo il Fascismo": un governo targato Matteo Salvini.





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Published on May 10, 2018 04:56

May 8, 2018

Giorgetti al Cav: "Appoggi da fuori un governo col M5S". Ma FI: "Irricevibile"

Andrea Indini




Giorgetti in pressing su Berlusconi: "Gli chiediamo un gesto di responsabilità". E propone a Forza Italia di appoggiare da fuori un governo con il M5s. La Gelmini lo gela: "Dica a Di Maio di togliere veti"


Adesso che Sergio Mattarelle è rimasto solo, si aspetta di guardare in faccia il governo "neutrale" del presidente. Lo aspettano tutti al varco. Matteo Salvini e Luigi Di Maio lo hanno già bocciato. E, dal momento che Forza Italia ha fatto sapere di preferire il voto in autunno anziché in estate, dal quartier generale del Carroccio fanno trapelare un messaggio netto che suona più come una minaccia. "Se Silvio Berlusconi deciderà di sostenere un governo neutrale, ci sarà un grosso problema all'interno della coalizione", mette in chiaro Giancarlo Giorgetti chiedendo poi a Forza Italia di appoggiare da fuori un governo con il M5s (video). Una proposta "irricevibile" che gli azzurri respingono subito al mittente.


Ieri pomeriggio, dopo i due vertici con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, in cui si è accertato che il presidente di Forza Italia non aveva alcuna intenzione di fare un passo a lato come chiesto dal movimento di Beppe Grillo per dar vita a un governo insieme, Salvini ha incontrato Di Maio, insieme al suo vice Giorgetti, negli uffici del partito a Montecitorio. I due ha concordato che, fallito ogni tentativo di esecutivo insieme, la data migliore per andare al voto sarebbe stata l'8 luglio. Il pressing sul voto anticipato sta continuando anche in queste ore. La data più probabile, in caso di elezioni balneari, dovrebbe essere il 22 luglio. Non certo in autunno, come invece preferirebbe Mattarella. "Votando a luglio c'è un rischio di astensione - ammette lo stesso Giorgetti - ma siamo contrari al voto a settembre, perché bisogna dare presto un governo che rispetti i desiderata degli italiani".


A Forza Italia, però, l'idea di andare a votare in estate non piace. E allora a Berlusconi, Giorgetti torna a chiedere un gesto di responsabilità. "Vogliamo trovare una soluzione - fa trapelare parlando con i cronisti in Transatlantico - per permettere la partenza di un governo politico e una forma di coinvolgimento di Forza Italia che sia compatibile con la presenza del Movimento 5 stelle". L'idea dei lumbard è tenere gli azzurri fuori dall'accordo pretendendo, però, un appoggio esterno (video). "È una proposta irricevibile", taglia corto la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini, invitando piuttosto Salvini a chiedere a Di Maio di "mettere da parte l'inaccettabile veto nei confronti di Forza Italia per far nascere subito un governo politico".


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Fonti azzurre confermano che Berlusconi non ha intenzione di rompere l'alleanza, ma nemmeno di fare un "passo di lato". Per questo sarebbe pronto a dire "no" a un governo neutrale, ma anche ad accogliere la richiesta di un voto anticipato. Le ultime uscite dei leghisti fanno, tuttavia, dedurre che Salvini miri a far nascere un governo politico. Un'eventualità che non vede contrari gli azzurri. A patto, ovviamente, che sia Di Maio a fare il "passo di lato" facendo, appunto, cadere i veti su Berlusconi. "Poi - chiosa Anna Maria Bernini - potremo immediatamente passare a scrivere il programma".





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Published on May 08, 2018 05:44

May 7, 2018

Mattarella dà l'ultimatum: "Governo neutrale". Ma resta col cerino in mano

Andrea Indini








Salvini: "Esecutivo di centrodestra o si ritorni al voto"



Il M5s contro Mattarella: "Non cambia nulla, voto a luglio"



Ecco perché non si può votare prima del 22 lugliovideo
"Ora i partiti devono scegliere"video
"Impossibile far nascere un...video
"Nessuna maggioranza di governo"

Il capo dello Stato boccia il voto in estate e chiede responsabilità: "Governo neutrale fino a dicembre o voto in autunno". Ma resta solo: con lui solo il Pd, gli voltano tutti le spalle


Niente voto prima dell'estate. Almeno per ora. Al termine dell'ennesima consultazione, che si conclude con l'ennesimo nulla di fatto, Sergio Mattarella dà una strigliata alle forze politiche ponendo l'ultimatum. "A questo punto - scandisce - è doveroso dar vita un nuovo governo". Quello che propone ora il capo dello Stato, è un esecutivo di garanzia, il più neutrale possibile, con ministri che non si candidino poi alle prossime elezioni. Nel caso in cui non dovessero saltare fuori nuovi accordi, allora gli italiani torneranno alle urne. In autunno, però. Non certo in estate. Un azzzardo che lo lascia col cerino in mano. Tutti i partiti, infatti, gli voltano le spalle. E ora è ancor più solo di prima.


"Sarebbe la prima legislatura a finire senza nemmeno partire". Mattarella lo fa subito presente dopo una lunga giornata di consultazioni vane, terminata con la richiesta di Matteo Salvini e Luigi Di Maio di andare al voto il prima possibile, magari già l'8 luglio. Una richiesta che il Quirinale spazza subito via dal campo trovandola irrealizzabile e per nulla risolutiva per lo stallo politico che è venuto a crearsi lo scorso 4 marzo. Al termine dei tre giri di consultazioni, il presidente della Repubblica cerca di fare sintesi di quello che è accaduto "nel corso delle settimane", in occasione della "verifica concreta, attenta e puntuale di tutte le possibili soluzioni in un Parlamento contrassegnato, come noto, da tre schieramenti nessuno dei quali possiede la maggioranza". Dunque, l'esito di questa crisi avrebbe dovuto essere che "necessariamente due di essi" si alleassero, ma "non è riuscito tra centrodestra e M5s, non ha avuto esito la proposta M5s di un governo solo con la Lega, si è rivelata impraticabile quello tra M5s e Pd", mentre è stata "sempre affermata, da entrambe le parti, l'impossibilità di un'intesa tra centrodestra e Pd".


[[video 1523437]]


Adesso il premier Paolo Gentiloni e il suo governo escono di scena. "Non possono ulteriormente essere prorogati, in quanto espressi, nel precedente Parlamento, da una maggioranza che non c'è più", chiarisce Mattarella ricordando che "è doveroso dare vita a un nuovo esecutivo" perché il Paese "non può attendere oltre". E, pur continuando ad "auspicare un governo con pienezza di funzioni, che possa amministrare il Paese senza le limitazioni di un governo dimissionario, ma a titolo pieno", in modo da rappresentare il Paese anche in Europa, il capo dello Stato invita i partiti ad "approfondire il confronto" e nel frattempo a mettere in campo un governo "di servizio, neutrale rispetto alle forze politiche" (guarda il video). Un esecutivo che, qualora "si formasse una maggioranza parlamentare, si dimetterebbe con immediatezza per lasciare campo libero" a quello politico.


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L'ultimatum di Mattarella, però, non piace affatto ai partiti. Dai quartieri generali del Carroccio e del Movimento 5 Stelle viene reiterata la proposta di andare alle urne quanto prima. Anche Forza Italia si dice pronta alle elezioni, anche se preferirebbe posticipare all'autunno. Soltanto il Partito democratico si schiera al fianco dell'inquilino del Colle. Tra i dem c'è la consapevolezza che i rapporti di forza in campo non saranno molto diversi da quelli visti il 4 marzo. Anzi, il timore è che "a rimetterci di più tra le forze politiche sia proprio il Pd". E così a tendere la mano al capo dello Stato rimane solo che si rifiuta di staccare la spina per non soccombere definitivamente.





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Published on May 07, 2018 13:53

May 3, 2018

Pd, Martina si arrende a Renzi: "Con il M5S capitolo chiuso"

Andrea Indini








Orfini dà fiducia a Martina: "Non è in discussione"



Da Fassino a Daminano, lo spettro della scissione



Renzi tenta la tregua, vigilia di caos nel Pdvideo
Cuperlo litiga col contestatore video
"Renzi comanda? Chiedete a lui"

In direzione il segretario chiede la fiducia: "Basta attacchi feroci tra noi". Poi chiude la porta ai Cinque Stelle e sbarra la strada al centrodestra: "Ora c'è il rischio urne"


Il Pd arriva alla direzione con le ossa rotte. Sulle spalle i dem portano la batosta elettorale e la lotta fratricida che è scoppiata dopo il voto. Le incursioni di Matteo Renzi, il documento coi nomi dei democratici favorevoli alla trattativa coi Cinque Stelle e gli scontri intestini combattuti a suon di interviste e talk show hanno portato il partito a un passo dalla frattura. "Dalle nostre parti non possono esistere liste di proscrizione - ha messo in chiaro Maurizio Martina aprendo la direzione di oggi - basta attacchi feroci tra di noi". Così, per evitare la rottura e ottenere la fiducia dal partito (in serata passata all'unanimità), al segretario reggente non resta che arrendersi a Renzi chiudendo definitivamente il capitolo grillino.


In mattinata era stato proprio Lorenzo Guerini a sottolineare che Martina "gode della fiducia di tutto il partito". I renziani danno, quindi, il via libera alla continuità dell'operato dell'ex ministro all'Agricoltura rimandando così un'eventuale conta più avanti. "C'è bisogno di rifondare il partito con idee e risposte nuove", ha tuttavia spiegato il segretario reggente difendendo "con orgoglio i risultati ottenuti dai nostri governi". Un ripensamento netto anche su come si fa partito. "Su come si sta insieme, su come ci si riconosce. Su come ci si confronta e si prendono decisioni". Nel suo discorso al partito, all'indomani della polemica sul sito senzadime.it, dove erano comparsi i nomi dei mebri della direzione del Partito democratico suddivisi tra favorevoli e contrari all'intesa con il Movimento 5 Stelle, Martina è stato netto: "Da noi non possono esistere liste di proscrizione. Non tutto si può risolvere sempre con la logica dei rapporti di forza".


Quella di Martina, davanti ai vertici del partito, è una resa incondizionata. Ha sposato in toto la linea dell'ex segretario mettendo una pietra sopra alla trattativa con Luigi Di Maio e chiudendo la porta a un'alleanza con il centrodestra. Certo, ci ha tenuto a rimarcare che "il confronto con il Movimento 5 Stelle era una sfida politica e non una rinuncia", ma ha di fatto messo la retromarcia sulla linea aperturista chiesta anche dal Quirinale. Una chiusura particolamerte apprezzata dai renziani che hanno applaudito anche il rinnovo della fiducia all'attuale segretario fino all'assemblea nazionale (e non il congresso). In questo modo, però, finisce in un nulla di fatto il lavoro di Roberto Fico e la palla torna nuovamente nelle mani di Sergio Mattarella. "Lunedì si terranno nuove consultazioni - ha concluso Martina - e noi certamente dovremo avere un atteggiamento costruttivo".





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Partito democratico (Pd)







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Published on May 03, 2018 11:00

May 2, 2018

La Fornero getta altro odio: "Sono preoccupata da Salvini"

Andrea Indini




L'ex ministro di Monti: "La mia riforma trasformata in propaganda". E attacca la Lega: "Mi hanno scannata". Fedriga: "Fa bene a preoccuparsi"


Elsa Fornero torna a gettare odio. Lo fa in un momento politico difficile in cui servirebbero toni sobri anziché attacchi violenti e personali. "Da cittadina - ha detto ospite di Circo Massimo su Radio Capital - mi preoccupa un governo a guida Salvini". Che tra i due non scorra buon sangue, non è certo un mistero. Matteo Salvini non l'ha mai perdonata per la riforma previdenziale che, dopo essere stata attuata sotto il governo Monti, ha fatto piangere migliaia di italiani per diversi anni. E lei, l'ex ministro del Lavoro, non ha mai digerito gli attacchi (politici) alla riforma, che porta il suo nome, e le continue promesse del centrodestra di cancellarla.


Accanto al contrasto dell'immigrazione clandestina e alla flat tax, i punti cardine di un eventuale governo di centrodestra a guida Salvini c'è proprio l'abolizione della riforma Fornero. Il leader del Carroccio si è fatto carico di questa promessa con migliaia di esodati. Che il lavoro dell'ex ministro, scelto dall'allora premier tecnico Mario Monti per eseguire i diktat di Bruxelles sul piano previdenziali, sia un pasticcio, adesso lo dice anche l'Unione europea. Nei giorni scorsi, infatti, l'atteso "Pensions Adequacy Report 2018" della Commissione europea ha bocciato la Fornero e l'adeguamento automatico dell'età pensionabile legato alle aspettative di vita e ha invitato ad "affrontare gli effetti collaterali negativi delle riforme pensionistiche all'insegna dell'austerità". Anche davanti all'evidenza, per, l'ex titolare del Welfare non è disposta al mea culpa. Anzi, preferisce attaccare a testa bassa Salvini.


Già in passato, la Fornero aveva difeso il proprio operato dicendo di aver "salvaguardato gli esodati". Adesso, ai microfoni di Radio Capital, spiega che il problema non sono certo le sue misure ma chi le critica. "Invece di usare la riforma per scannarsi e scannare me - ha argomentato - bastava monitorarla e non trasformarla in strumento di propaganda politica". In Italia, secondo l'ex ministro, c'è "un contrasto tra la complessità del nostro sistema del lavoro e la faciloneria di certe ricette politiche". "In campagna elettorale - ha continuato - i politici hanno trattato italiani come volessero comprare illusioni, la campagna è stata una grande fiera di compravendita di illusioni". La Lega, però, non si lascia scalfire da questi attacchi. Anzi, il neo governatore del Friuli Venezia Giulia, Massiliano Fedriga, ha replicato a muso duro: "Chi ha portato avanti una riforma dannosa e ha impedito l'occupazione spostando il costo della previdenza dal pubblico al privato, fa bene a preoccuparsi se al governo vuole andare una forza come la nostra".





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Published on May 02, 2018 01:30

La Fornero getta altro odio: "Sono preopccupata da Salvini"

Andrea Indini




L'ex ministro di Monti: "La mia riforma trasformata in propaganda". E attacca la Lega: "Mi hanno scannata". Fedriga: "Fa bene a preoccuparsi"


Elsa Fornero torna a gettare odio. Lo fa in un momento politico difficile in cui servirebbero toni sobri anziché attacchi violenti e personali. "Da cittadina - ha detto ospite di Circo Massimo su Radio Capital - mi preoccupa un governo a guida Salvini". Che tra i due non scorra buon sangue, non è certo un mistero. Matteo Salvini non l'ha mai perdonata per la riforma previdenziale che, dopo essere stata attuata sotto il governo Monti, ha fatto piangere migliaia di italiani per diversi anni. E lei, l'ex ministro del Lavoro, non ha mai digerito gli attacchi (politici) alla riforma, che porta il suo nome, e le continue promesse del centrodestra di cancellarla.


Accanto al contrasto dell'immigrazione clandestina e alla flat tax, i punti cardine di un eventuale governo di centrodestra a guida Salvini c'è proprio l'abolizione della riforma Fornero. Il leader del Carroccio si è fatto carico di questa promessa con migliaia di esodati. Che il lavoro dell'ex ministro, scelto dall'allora premier tecnico Mario Monti per eseguire i diktat di Bruxelles sul piano previdenziali, sia un pasticcio, adesso lo dice anche l'Unione europea. Nei giorni scorsi, infatti, l'atteso "Pensions Adequacy Report 2018" della Commissione europea ha bocciato la Fornero e l'adeguamento automatico dell'età pensionabile legato alle aspettative di vita e ha invitato ad "affrontare gli effetti collaterali negativi delle riforme pensionistiche all'insegna dell'austerità". Anche davanti all'evidenza, per, l'ex titolare del Welfare non è disposta al mea culpa. Anzi, preferisce attaccare a testa bassa Salvini.


Già in passato, la Fornero aveva difeso il proprio operato dicendo di aver "salvaguardato gli esodati". Adesso, ai microfoni di Radio Capital, spiega che il problema non sono certo le sue misure ma chi le critica. "Invece di usare la riforma per scannarsi e scannare me - ha argomentato - bastava monitorarla e non trasformarla in strumento di propaganda politica". In Italia, secondo l'ex ministro, c'è "un contrasto tra la complessità del nostro sistema del lavoro e la faciloneria di certe ricette politiche". "In campagna elettorale - ha continuato - i politici hanno trattato italiani come volessero comprare illusioni, la campagna è stata una grande fiera di compravendita di illusioni". La Lega, però, non si lascia scalfire da questi attacchi. Anzi, il neo governatore del Friuli Venezia Giulia, Massiliano Fedriga, ha replicato a muso duro: "Chi ha portato avanti una riforma dannosa e ha impedito l'occupazione spostando il costo della previdenza dal pubblico al privato, fa bene a preoccuparsi se al governo vuole andare una forza come la nostra".





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Published on May 02, 2018 01:30

April 24, 2018

M5s, Martina apre al dialogo: "Chiudete la porta alla Lega, poi vediamo..."

Andrea Indini








"Fico candidato premier?". I paletti del Pd al M5s



No dei renziani al dialogo



Inversione dei ruoli, Luigi in panchina



Roberto, l'anti Di Maio che odia le cravatte

I dem lasciano l'Aventino: "Valuteremo in direzione il nuovo percorso del M5S". Ma avvertono: "Si parte dal nostro programma"


Il Partito democratico lascia l'Aventino. La linea dell'opposizione a oltranza, portata avanti in queste settimane dal segretario ombra Matteo Renzi, sembra lasciar spazio al dialogo. Al termine del faccia a faccia con il presidente della Camera, Roberto Fico, incaricato da Sergio Mattarella a formare il nuovo governo, il segretario reggente Maurizio Martina è apparso più possibilista su un governo Pd-M5s. A patto che Luigi Di Maio e i suoi chiudano definitivamente con il centrodestra.


Timidi spiragli. Con Luigi Di Maio in panchina e Fico in campo, il Pd sembra cambiare strategia. "In queste settimane - assicurano i vertici grillini - i contatti con i Pd sono andati avanti e sono molto meno tesi di quel che sembrerebbe". Al Nazareno, sebbene l'area renziana abbia già fermamente detto "no" al tentativo di formare una maggioranza coi pentastellati, aumentano i dem favorevoli al confronto. "Se questo fatto nuovo (della chiusura del forno con la Lega, ndr) verrà confermato solennemente e quindi se si dichiarerà la chiusura definitiva dello scenario - annuncia Martina al termine delle consultazioni con Fico - per noi è un punto di novità che il Pd deve essere chiamato a valutare". Già in mattinata, ai microfoni di Radio Anch'io, il renziano Andrea Marcucci faceva notare che tra i due partiti, oltre a essercui "una distanza programmatica", resta un forte problema di premiership. "È Fico il candidato premier del M5s? È lui che può fare passi indietro rilevanti rispetto al programma del Movimento per un accordo col Pd?". Al presidente della Camera, d'altraparte, Martina ha messo ben in chiaro che, se i grillini vogliono un confronto, devono tornare sui propri passi: "L'asse di riferimento fondamentale sta attorno al programma del Pd nei contenuti e nelle proposte".


Su alcuni punti del programma le distanze tra i due partiti sono siderali. Marcucci, per esempio, mette sul tavolo i dossier Tav in Piemonte e Tap in Puglia. Il ministro allo Sviluppo, Carlo Calenda, tira fuori il caso Ilva. Martina, invece, punta sulla nuova "stagione europeista" da costruire con la Francia e la Germania, respingendo qualsiasi svolta "sovranista". Ci sono, però, anche numerosi punti di contatto. Ed è su questi che Martina e i dem sembrano disposti a lavorare (guarda il video). "Ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro comune", spiega il segretario reggente rimandando, però, qualsiasi decisione alla Direzione nazionale che sarà chiamata a deliberare l'eventuale alleanza con i Cinque Stelle da cui ora si aspettano una lista delle "priorità" da affrontare una volta al governo.





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Partito democratico (Pd)
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Published on April 24, 2018 08:07

"È Fico il candidato premier?". Il Pd mette già i paletti al M5s

Andrea Indini




Il M5S ora guarda al Pd. Il Nazareno avverte: "Distanza programmatica". E mette sul tavolo la premiership di Fico: "È lui che può fare passi indietro rispetto al programma del M5S?"


Il forno con la Lega è chiuso. E adesso i Cinque Stelle sembrano guardare al Pd come ultima spiaggia. La strada che potrebbe portare Luigi Di Maio a Palazzo Chigi si fa, però, sempre più in salita. Il suo nome, per i vertici del Movimento, resta una delle poche certezze: "Non abbiamo sacrificato la testa di Luigi per la Lega - dice una fonte autorevole all'Adnkronos - figurarsi se mai lo faremmo per il Pd". Resta il fatto che, in casa grillina, c'è stata un'inversione di ruoli: Di Maio è stato messo in pachina per far scendere in campo Roberto Fico. Il problema di premiership esiste. E al Nazareno è Andrea Marcucci a tirarlo fuori. "È Fico il candidato premier del M5s? - chiede il capogruppo piddì al Senato a Radio Anch'io - è lui che può fare passi indietro rilevanti rispetto al programma del Movimento per un accordo col Pd?".


A 51 giorni dalle elezioni del 4 marzo scorso, Sergio Mattarella ha investito Fico dell'incarico di formare il nuyovo governo. "Tra Pd e M5S l'accordo è quasi impossibile - dice Marcucci - anche perché loro dovrebbero rinnegare gran parte del loro programma, ma le sorprese in politica sono sempre dietro l'angolo". Oggi pomeriggio ci sarà l'incontro tra i vertici dei due partiti. Il Movimento 5 Stelle sembra aver voltata definitivamente pagina e archiviato la Lega. In realtà, fonti autorevoli assicurano che "uno spiraglio con il Carroccio resta aperto" e che "i contatti sotto banco e a fatica vanno avanti". Ma dai piani alti dei Cinque Stelle arriva un'altra versione. Mentre la base è in rivolta al grido di "Mai con il Pd", Di Maio e i suoi osservano come, giunti a questo punto, non si possa tornare indietro e deludere il Quirinale: i dem rappresentano l'ultima strada che resta da battere, mentre monta l'ira contro Matteo Salvini per non aver strappato con Silvio Berlusconi e aver fatto esporre il Movimento portandolo ad aprire all'appoggio esterno di Forza Italia.


"In queste settimane - assicurano i vertici grillini - i contatti con i Pd sono andati avanti e sono molto meno tesi di quel che sembrerebbe". Al Nazareno, sebbene l'area renziana abbia già fermamente detto "no" al tentativo di formare una maggioranza coi pentastellati, aumentano i dem favorevoli al confronto. A Radio Anch'io stamattina, Marcucci ha fatto notare che tra i due partiti "c'è distanza programmatica". "Sulla Tap o la Tav che facciamo?", ha chiesto. E poi c'è il problema della premiership. "È Fico il candidato premier del M5s? È lui che può fare passi indietro rilevanti rispetto al programma del Movimento per un accordo col Pd?". Una cosa è certa: giovedì il presidente della Camera dovrà tornare al Colle per riferire a Mattarella l'esito della sua esplorazione.





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Published on April 24, 2018 01:49

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Andrea Indini
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