Marco Manicardi's Blog, page 78

January 19, 2019

Così va la vita (per qualche minuto)

Più di nove anni fa i Germs, quelli ancora vivi, avevano suonato al Locomotiv di Bologna e io, che ero ancora giovane e senza un telefono che facesse i video e le foto, ero là a godermi lo spettacolo. Ne avevo scritto un reportino per il Mucchio e oggi l’ho ripescato da Archive.org, lo metto qui sotto.

A Darby Crash ci penso tutti gli anni, l’otto di dicembre, per qualche minuto, quando di solito posto su tumblr una vignetta presa da LMVDM di Gipi. Invece non è che pensi tanto spesso a Lorna Doom, nella vita. Ci penso quando ascolto (GI), ma non lo faccio quasi mai. Ci pensavo intorno al 7 dicembre del 2009, quando l’ho vista suonare, e poi più.  Ci ho pensato l’altro giorno, per qualche minuto, quando ho letto che era morta.

Così va la vita.


***


Ventinove anni esatti dalla morte di Darby Crash e i Germs sono al Locomotiv con Shane West alla voce. Un concerto decisamente finto, ma sarebbe stato peggio prendersi sul serio.


Bologna, 7 dicembre 2009


Il pubblico è il pezzo forte della serata: dal cinquantenne che va a mettersi in prima fila con la macchina fotografica nuova al giovincello che ancora porta le braghe scozzesi e la cresta tirata su con la colla di pesce, quindi un sacco di sopravvissuti mischiati a gente curiosa e nuovi punk più o meno veritieri. Poi c’è la band: Pat Smear ancora in forma smagliante con le dita che si muovono sul manico della chitarra come forsennate, gli occhi semichiusi, il gomito del braccio destro che deve averne passate di tutti i colori ma ancora si muove veloce; Don Bolles fa quasi paura, con quella faccia da rana pescatrice come uno Steven Tyler devastato dall’eroina e l’occhio spiritato, due casse nella batteria e la bacchetta che picchia sul rullante scomposta e storta; Lorna Doom è, dei tre vecchi Germs, la più fusa, con una paresi facciale ch’è continuo sorriso, un ciuffo platinato e duro come il marmo e gli occhi fissi sul fondo del locale; e infine il giovane della combriccola, Shane West in bella forma smagliante, l’attore di ER che è stato Darby Crash in What We Do Is Secret del 2007 e che salta da una parte all’altra del locale, sputa, urla, fuma, si dimena e recita la parte. Il pogo sotto il palco è immediato, dal primo all’ultimo pezzo. Maglie che si strappano e fetore di carne umana rancida che arriva fino ai lati della pista, dove è impalato tutto il pubblico che non prende parte alla danza cattiva al centro. Le dita si alzano per We Must Bleed e Lexicon Devil e… è inutile completare l’elenco dei pezzi perché il repertorio dei Germs è di poco più d’un’ora e un quarto, e in poco più d’un’ora e un quarto viene eseguito completamente, con un bis di dieci minuti e le canzoni tutte uguali, il pogo sempre acceso e lo pseudo-Darby Crash che fa l’indiavolato ma – credeteci! – è meno intonato del Darby Crash originale. D’altra parte è un attore e in fin dei conti, stasera, recita a meraviglia. E niente, questo è quanto. Una cosa finta e divertente, a parte la chitarra di Pat Smear che sì, quella suona davvero. Per il resto non è possibile dare un giudizio complessivo senza ricadere nel banale, e nemmeno dare un giudizio tecnico: come fai a dire che sono stati bravi? Che hanno suonato bene? Sono i Germs!


***


Ho trovato tutto il concerto, non so se lo guardo, ho paura di scoprire di aver scritto delle cavolate:



L'articolo Così va la vita (per qualche minuto) proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 19, 2019 00:23

January 18, 2019

La New Wave italiana (per posta)

Poi mi sono iscritto a tre newsletter nate da poco, che sembra una rinascita ancor più eclatante di quella dei blog, ma in fondo è la stessa cosa sotto un’altra forma.




La newsletter Tostoina – di Tostoini, è nata ieri e dentro c’è esattamente quello che uno si potrebbe aspettare: illustrazione, leggere con le figure, animalini, antropologia, leggere con le orecchie (se non siete fan di Tostoini, è il momento giusto per diventarlo).
Il venerdì di [mini]marketing! – di Gianluca Diegoli, creata un paio di settimane fa, è una lettera settimanale o quasi su marketing, digitale, vendite ed ecommerce (e voi potreste dire: che cosa me ne frega? E invece secondo me è interessante).
Penelope – dove Michele Orti Manara vi segnala che lì, proprio , c’è un racconto bello (in verità esiste da qualche mese, ma l’ho scoperta ieri su segnalazione di Matteo B Bianchi, che ha da pochissimo, anche lui, rispolverato un blog).

Per il resto, sono già iscritto da tempo e molto affezionato (e dovreste esserlo anche voi, ma se non lo siete, siatelo) a da Costa a Costa (di Francesco Costa) e alle Bastonate per posta (di Francesco Farabegoli). Ma loro sono tipo il proto-punk.


Chissà che, quasi quasi, con Barabba

Musica:



L'articolo La New Wave italiana (per posta) proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 18, 2019 05:14

January 17, 2019

Saranno una decina

“Madonna non hai un capello bianco. Vergognati subito!”

— (Sara, in un commento su fb al post di ieri)


In realtà ne ho, saranno una decina, li vedi se ti avvicini e mi guardi la testa dall’alto. Quando sono molto corti, ancor meglio se me li sono appena tagliati, se ne vedono di più sui lati e nel coppino.

Il primo capello bianco mi era spuntato nel 2005, me lo ricordo bene, ero in casa davanti allo specchio e ho fatto un salto. Un capello bianco! Così giovane!

L’ho staccato e sono andato a infilarlo nella copia de Il taccuino del vecchio di Ungaretti che avevo sulla libreria del salotto. Dopo vado a vedere se c’è ancora.


L'articolo Saranno una decina proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 17, 2019 05:02

January 16, 2019

#tenyearschallenge

Da ieri mattina, o dall’altro ieri sera, sta girando su internet questo hashtag, dove uno può mettere una foto di dieci anni fa (il 2009) e, se vuole, una di oggi (il 2019) a confronto, un po’ per vedere com’è cambiato nel tempo, un po’ per prendere dei “mi piace” e rinfrancarsi lo spirito, un po’ perché lo fanno tutti e il mondo gira così.

Mi è tornato in mente quello scambio di battute de I predatori dell’arca perduta (del 1981), in cui Indiana Jones a torso nudo e dolorante si guarda allo specchio, e quando Marion gli dice «Non sei più l’uomo che ho conosciuto dieci anni fa,» lui risponde: «Non sono gli anni, amore, sono i chilometri.» (*)

Ecco, son due giorni che, scrollando col dito le timeline di facebook e di instagram, si è fatto strada nei miei pensieri il ragionamento per cui, a guardarci, noi, che avevamo intorno ai trent’anni nel 2009 e abbiamo intorno ai quarant’anni nel 2019, anche per noi non sono gli anni, amore, ma non è una questione di distanza, più che altro è una questione misurabile in litri.



(Agosto 2009, da qualche parte in Abruzzo)


(oggi, da qualche parte nella bassa)


L'articolo #tenyearschallenge proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 16, 2019 05:05

January 15, 2019

La Relatività testuale

In tanti anni di blog, dal 2004 circa, non ho mai fatto una cosa come quella che sto facendo adesso. Oggi volevo scrivere due righe sul Wrestling, ma poi, mentre mi sono messo a farlo, ho notato che stava succedendo questa cosa che sta succedendo ancora e che adesso vi spiego e, niente, le due righe sul Wrestling le scrivo poi un’altra volta (non che fosse importantissimo).

Beh, insomma, questa cosa che sta succedendo è che sto scrivendo un post e sono su un treno, non mi era mai capitato, e mi sono ritrovato a pensare che le parole che scrivo sono tutte qui sullo schermo, ma in realtà, mentre sono state digitate, erano un bel po’ più indietro di dove sono io adesso. Tra l’altro, visto che sulla tastiera vengono digitate un carattere alla volta, nonostante sullo schermo le parole appaiano piane, per il largo, da sinistra a destra, se penso a quando le ho digitate sono là, dietro di me, per il lungo, un carattere alla volta in fila indiana, uno davanti all’altro, che se uno dovesse leggerle o anche leggere tutta la frase o tutto il post che sto scrivendo in questo momento, dovrebbe fare come fa Pac-Man quando mangia le palline gialle nel corridoio blu (gabo gabo gabo!).

E quindi scrivo una parola, tipo questa, o questa, poi questa, e quest’altra ancora, posso scrivere qualsiasi cosa, cane, gatto, palinsesto, suprematismo, circonvallazione, chincaglieria, eccetera e mentre la scrivo questa è già dietro di me. Anche questa, e poi questa, e poi questa, albicocca, seggiovia, temporale, sono tutte rimaste indietro. E per voi che leggete non ha senso tutto ciò e forse non lo avrà neanche per me una volta arrivato a casa quando rileggerò il post. Però, se ci pensiamo, è una cosa, quella di scrivere in movimento, che facciamo sempre da quando abbiamo i telefoni con la tastiera, ci lasciamo dietro una scia continua di parole in fila indiana, prima sms, adesso testi più lunghi, chiacchiere, stupidate, frasi d’amore, frasi d’odio, fake news, dichiarazioni, pensieri profondi, barzellette, ogni tanto ci fermiamo e ne scriviamo delle altre, poi ripartiamo scrivendo e così via. Molto spesso il Pac-Man che ci legge dovrebbe fare solo qualche metro a piedi per leggere tutto quello che abbiamo scritto.

Nel mio caso, invece, adesso, dovrebbe andare velocissimo, quasi a duecento chilometri orari, comincerebbe a leggere da Milano Porta Garibaldi delle parole che parlano di Wrestling partendo da una citazione di Ta-Neishi Coates, poi però quel testo si interromperebbe per qualche chilometro, potrebbe rimanerci male, potrebbe pensare che è un peccato, che era una storia così interessante, e intanto che pensa così, arriverebbero all’improvviso delle altre parole che dicono che In tanti anni di blog, dal 2004 circa, non ho mai fatto una cosa come quella che sto facendo adesso, arrivando fino a quel Ciao che chiude questo post, in un punto imprecisato tra Lodi e Piacenza, sulla ferrovia dell’Alta Velocità per Reggio Emilia. Lascio tutto qui per lui, così com’è venuto fuori senza rileggerlo.

Ciao.


L'articolo La Relatività testuale proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 15, 2019 08:53

January 14, 2019

Oggi

Oggi, per dire, ho scritto tre bozze e non ne ho pubblicata neanche una.

Una parlava del fatto che facebook sia diventato un posto per vecchi da cui dovremmo scappare perché sono arrivati i nostri genitori, un po’ come sono scappati i nostri figli o fratelli minori, quando han capito che dentro facebook c’eravamo noi, che ci eravamo iscritti qualche anno prima perché era un posto dove non c’erano i nostri genitori.

Un’altra parlava delle cose di cui si può far senza, tipo la pizza al metro, l’all-you-can-eat e la birra nei bicchieri di plastica.

L’ultima parlava dei dj radiofonici che per avere un po’ di visibilità devono andare in diretta video da qualche parte, e quindi vestirsi bene, pettinarsi, eccetera, mentre i dj radiofonici di una volta, quando li ascoltavo sulla radio di casa mia o in macchina e facevano partire una canzone, io me li immaginavo sempre con le dita nel naso.

Ma vabbè, è andata così.


L'articolo Oggi proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 14, 2019 11:08

January 13, 2019

Il progresso

Tra il 2012 e il 2013, su un blog che si chiama Barabba, avevo una piccola rubrica intitolata In Russia c’è da morir dal ridere, dove raccontavo un po’ di cose che avevo visto tra San Pietroburgo, Mosca e Volgograd quando ero stato là in viaggio di nozze. Mi ricordo che, con il traduttore di Google, avevo provato a vedere come si scrivesse in russo In Russia c’è da morir dal ridere e Google me l’aveva tradotto così: В России есть умереть, смеясь, che rigoogletradotto in italiano diventava La Russia deve morire dal ridere.

Oggi ci ho riprovato, ho goggletradotto In Russia c’è da morir dal ridere ed è venuto fuori В России есть что умереть от смеха, che rigoogletradotto in italiano diventa In Russia, c’è qualcosa da morire dalle risate, e si capisce che l’algoritmo di traduzione di Google ha fatto dei bei passi avanti, in cinque anni.

Però a me piaceva di più prima.


L'articolo Il progresso proviene da marco manicardi.

1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 13, 2019 07:53

January 12, 2019

Prima di andare a dormire

Le avventure di Pinocchio (tre volte in tre edizioni diverse e non vedo l’ora di cominciare con la quarta), La Freccia Azzurra (una volta sola ma son qui che vorrei ricominciarla il prima possibile), Il piccolo principe (una volta sola, e siamo a posto così, che a parte i capitoli sull’addomesticamento non si capisce niente), Come è andata veramente tra Mascia e Orso (una volta sola, ma forse è ancora troppo presto), le fiabe dei Grimm (non tutte, che prima bisogna sempre dare una letta veloce per capire dove si va a parare) tra le quali spicca indiscussa Raperonzolo (almeno cinquanta volte).

Tanti altri li abbiamo cominciati e poi lasciati lì dopo qualche pagina o qualche capitolo, a volte perché difficili, a volte perché noiosi, a volte perché non era il momento giusto, altre volte perché erano brutti.

Qui nei commenti (o dalle altre parti dove viene condiviso questo post) potete consigliarci altri libri da leggere prima di andare a dormire, se avete voglia. L’unica regola è che siano comprensibili all’ascolto per un bambino che adesso ha quasi quattro anni, e che abbiano poche figure, meglio ancora se di figure non ce ne sono.


Grazie in anticipo.

Intanto, nel frattempo, ricominciamo Pinocchio.


L'articolo Prima di andare a dormire proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 12, 2019 05:31

January 11, 2019

Bassa risoluzione

Devo confessare che la modalità di fruizione del post di ieri, dove se qualcuno voleva leggerlo (o vuole ancora leggerlo) doveva scrivermi una mail (e può ancora scrivermi una mail) e io gliel’avrei mandato in pdf (e glielo posso ancora mandare in pdf), ecco, non so se sia piaciuta ai lettori (per ora una trentina, abbiamo  superato la soglia minima manzoniana), boh, penso di sì, ma di sicuro è piaciuta tantissimo a me.

C’è un’aria di tranquillità, stamattina, nella mia testa, dopo che ho passato la serata a rispondere a delle mail, una per una, con qualcuno ho scambiato due stupidate, con qualcuno delle confidenze, con tutti dei saluti affettuosi, con molti dei baci e degli abbracci perché non ci sentivamo da un sacco di tempo, o almeno non ci sentivamo più così, intimamente, con calma, fuori dai commenti alla mercé di tutti o dalla velocità di una whatsappata o di un chat, che è stato quasi come baciarci e abbracciarci di persona.

E intanto me li immagino, loro, i lettori, che si prendono il tempo che vogliono per leggere un file (che è anche abbastanza lungo), magari spezzando la lettura con un caffè, o leggendo solo qualche pagina al giorno, o come gli pare (anche buttarlo nel cestino dopo due righe, per me fa poi lo stesso, va bene così).

Potrei averci preso gusto. Vediamo.




(Devo anche ricordarmi, a proposito del titolo, di leggere il libro di Mantellini.)


L'articolo Bassa risoluzione proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 11, 2019 05:17

January 10, 2019

Il 15-18: Capitolo 1 (Come un Big Bang visto da fuori)

Questa è la cronaca di come sono diventato padre. Non è un gran capolavoro di letteratura, tutt’altro, e, anzi, è il copincolla un po’ ricicciato di una manciata di mail che inviai verso l’inizio di aprile del 2015 a quello che posso considerare come il mio migliore amico. Ho sistemato le virgole, i punti e poco altro (ci saranno diecimila refusi).

Non è un’opera di fantasia e l’argomento è personale. Per questo motivo ho deciso di non pubblicarlo sul blog “in chiaro”, ma di inviarlo direttamente a chi vuole leggerlo. Il mondo dei social network non è un posto molto confortevole e vorrei evitare che pezzi delle nostre vite, ma soprattutto quelli di mia moglie e di mio figlio, finiscano in pasto alla condivisione e ai commenti selvaggi di persone a caso.


Se volete leggerlo, scrivetemi a marcomncrd chiocciola gmail, ditemi chi siete e io molto probabilmente vi rispondo e ve lo mando. E mi fido di voi.


(Continua…?)



__________

Il 15-18 è la cronaca più o meno spannometrica della nostra Grande Guerra privata del 2015-208. Il prologo è qui.


L'articolo Il 15-18: Capitolo 1 (Come un Big Bang visto da fuori) proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 10, 2019 05:35