Marco Manicardi's Blog, page 80
December 7, 2018
Così va la vita (con la maglietta delle grandi occasioni)
Era il 2004 quando, durante una notte caldissima d’estate al Festival di Benicásim, in Spagna, mi rubarono uno zaino da trekking con dentro, insieme alle mutande e ai pantaloni, tutte le mie magliette dei gruppi rock, punk, eccetera accumulate durante anni di concerti e concertini. Tutte tranne quella degli (International) Noise Conspiracy, ok, ma solo perché ce l’avevo addosso. Quel giorno feci la promessa solenne di non comprare mai più magliette dei gruppi, non avrei mai più acquistato capi d’abbigliamento cui mi sarei affezionato, mai più guardato le magliette ai banchetti dei concerti. E così andò davvero per circa otto anni.
Nel 2012, non so se ve lo ricordare, ma qui nella bassa emiliana abbiamo avuto il terremoto. In quelle settimane, dopo aver messo in salvo le nostre cose, le nostre case, gli amici e i parenti, io e la Cate ci siamo presi un weekend lungo di riposo e siamo andati lontano dal trambusto, su su nel trentino, a Riva del Garda. Proprio in quei giorni, lì vicino, nella Località Oltra di Dro, se non mi ricordo male, in un posto abbastanza isolato tra la SS45bis e un palco montato davanti a una rupe altissima e scoscesa a picco su una valle piatta, suonavano i Buzzcocks. Fu un concerto bellissimo per tanti motivi: loro erano in davvero in forma nonostante l’età, le canzoni avevano un bel tiro, la birra era tanta ed era buona, di gente ce n’era ma non troppa da togliere il fiato, la serata giusta per scrollarsi di dosso le tensioni dei giorni passati e risistemare i nervi e il cervello dopo un mese di scosse di assestamento. Quella sera ruppi la promessa e comprai una maglietta nera con sopra una scritta Buzzcocks arancione.
E fino a oggi di magliette ai concerti ne avrò comprate altre due o tre, non di più, sempre senza affezionarmici troppo. Alle altre. A quella dei Buzzcocks, invece, sì che mi sono affezionato, anche troppo. È diventata un po’ per caso, perché poi è semplice e bella da mettere e sta bene con tutto, la maglietta “delle grandi occasioni”.
È la maglietta che metto quando vado ai concerti belli e ai festival, quelli dove tutti guardano tutti per vedere cos’hanno scritto sul petto, e mi è capitato due o tre volte che qualcuno mi fermasse per dirmi “Oh! Grande! Grandi i Buzzcocks!”
È la maglietta che mi metto, quando capita, alle manifestazioni.
È la maglietta che mi metto sotto la camicia, la cravatta e la giacca quando devo andare a fare una cosa importante per lavoro, magari in una banca o in qualche altro posto esotico del genere.
È la maglietta che avevo il 28 marzo del 2015, in sala parto, quando per la prima volta ho preso in braccio Guido e in quel momento il mondo intorno è scomparso ed eravamo solo noi due, io ero diventato improvvisamente un papà e lui, la prima cosa che ha fatto, mi ha fatto la cacca in mano. Piccolo minuscolo punk.
Ieri sera è morto Pete Shelley, il cantante e cofondatore dei Buzzcocks, e ci sono rimasto un po’ male. Poi sono andato a cercarla nell’armadio, ho preso la sua maglietta, e sono andato a dormire con quella.
Così va la vita.
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December 6, 2018
(spoiler!)
November 19, 2018
1 dicembre: Si stava meglio quando si stava meglio
Sabato 1 dicembre, all’Arci TAVERNA, dopo una cena per la presentazione del nuovo CD del Coro delle Mondine di Novi di Modena, che, se posso permettermi, visto il menu e vista la compagnia, fossi in voi prenoterei subito, si rifà uno spettacolo che era piaciuto così tanto, quando l’ho presentato un mese fa, che, appunto, mi han chiesto di rifarlo:
SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO
Dove si parlerà di Novi e dei novesi, di nonni e di bisnonni, di maghi, prestigiatori e circhi itineranti, di un toro, di piccole lotte private contro il fascismo e di tante altre cose che, nel Novecento, sembravano normalissime.
– Parole di Marco Manicardi
– Musiche di Giancarlo Frigieri
Marco Manicardi sono io.
Giancarlo Frigieri è miomarito.
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November 12, 2018
Così va la vita (Scritta e sceneggiata da Stan Lee)
Il primo numero che comprai in edicola dell’Uomo Ragno non era scritto da Stan Lee: erano quasi finiti gli anni 80 e lui aveva smesso di scrivere le storie dell’Arrampicamuri già da un bel po’. Una delle prime cose che feci, dopo aver letto qualche numero di quello che divenne istantaneamente il mio fumetto preferito di sempre e per sempre, fu quella di cercare di leggere tutte le storie dell’Uomo Ragno uscite prima della prima storia che avevo letto.
Per fortuna, nel 1991 cominciò a uscire L’Uomo Ragno Classic, che ripartiva a raccogliere le storie da Amazing Spider-Man 1, e da lì a qualche anno, di riffe o di raffe, tra un Uomo Ragno Classic e un fumetto Corno e Star Comics comprati a due lire nei mercatini e nelle fumetterie della bassa emiliana, riuscii a colmare tutto il mio buco di continuity.
Sono passati trent’anni e le storie dell’Uomo Ragno le leggo ancora. Oggi le leggo in lingua originale, sul tablet, ma non cambia niente. Ci sono stati molti periodi, alcuni durati anni, in cui ho smesso di leggerlo, e dopo ognuno di questi periodi, per un motivo o per l’altro, mi sono sempre ritrovato con una copia dell’Uomo Ragno in mano. La prima cosa che facevo quando capitava era di cercare di colmare tutto il buco di continuity che mi separava dal periodo precedente.
Ok, Stan Lee ha scritto le sue storie fino alla prima metà degli anni 70, ma c’è sempre stata la sua anima, anche dopo, anche oggi, negli spazi bianchi tra le vignette del mio fumetto preferito. E forse è questo, penso, l’unico modo in cui un’anima possa esistere davvero.
Non è che esageri dicendo che non sarei quello che sono senza l’Uomo Ragno, anche se dire una cosa del genere è un po’ da sfigati, o forse lo era qualche anno fa, quando eravamo dei nerd senza saperlo e certe passioni le dovevamo coltivare quasi di nascosto, adesso sembra invece che andiamo di moda. Ma, comunque, no, non esagero neanche un po’. Praticamente, una parte consistente di quello che sono è stata scritta e sceneggiata da Stan Lee.
Così va la vita.
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November 8, 2018
C.C.C.P.
Chiedevo sempre a mio padre cosa volesse dire C.C.C.P., quando lo leggevo sulle canottiere degli atleti ai mondiali o alle olimpiadi.
Mio padre rispondeva tutte le volte: «Col Cazzo Che Perdiamo!»
Avevo dieci anni quando cadde il muro. Quasi undici.
(una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo, il 9 novembre)
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October 3, 2018
13 ottobre: Si stava meglio quando si stava meglio
Ehi ciao, ben ritrovati, era un po’ che non.
La presente per comunicarvi che il 13 ottobre, a Novi di Modena, durante la Fera d’Utober, che in dialetto novese vuol dire Fiera d’Ottobre, verso le 21:30 al Parco della Resistenza, che i novesi chiamano “La Taverna” per via del Bar Taverna che sorge alle porte del parco, leggo delle cose durante e dopo una cena preparata dai volontari dell’ARCI Ghiottone e dalle ragazze del Coro delle Mondine di Novi di Modena.
Più formalmente, come dovrebbe esserci scritto sul volantino:
SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO
Dove si parla di Novi e dei novesi, di nonni e di bisnonni, di maghi, prestigiatori e circhi itineranti, di ciclismo, di un toro, di piccole lotte private contro il fascismo e di tante altre cose che, nel Novecento, sembravano normalissime.
– Parole di Marco Manicardi
– Musiche di Gianluca Magnani
Marco Manicardi sono io.
Gianluca Magnani è quello dei Flexus.
Se volete partecipare, secondo noi viene un bel lavoro.
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August 6, 2018
È un periodo
June 15, 2018
È lo stesso uomo
Quello che si ferma lungo l’autostrada quando gli scappa, e piscia una parabola di due metri e mezzo contro il guardrail, spalle alla carreggiata, senza starci troppo a pensare o a preoccuparsi degli osservatori, della famiglia chiusa in macchina o dei passanti in pieno controesodo, e si tira poi su la patta nell’atto della rotazione verso il traffico, spavaldo e virilissimo, a tratti compiaciuto, mento alto e mezzo sorridente; è lo stesso uomo che poi troviamo la mattina presto al centro prelievi, il contenitore delle urine insacchettato a doppia mandata di cellophane e stagnola ficcato in tasca, stretto nel pugno, fino a quando viene chiamato allo sportello d’accettazione, cui s’avvicina ingobbito, imbarazzato, scarta il sacchetto, consegna la provetta con sopra il nome e la data di nascita, non senza controllare più e più volte, sospettoso, con la coda dell’occhio prima a destra e poi a sinistra, che non se ne accorga qualcun altro, uno dei trenta o quaranta uomini in fila come lui, ognuno ingobbito e imbarazzato, con un po’ di piscio stretto in tasca.
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April 9, 2018
Un’altra lista (continua)
Dopo una prima lista di parole che avevamo salutato con malinconia quasi un anno fa, ora che Guido ha tre anni dobbiamo dire addio ad alcune altre parole bambinose cui eravamo particolarmente affezionati. Tra queste:
Cocciolàto (che uno dice, vabbè, è il cioccolato; ma il cocciolato è più gustoso)
Ticeàpoto (che però non è scomparsa del tutto, visto che non riuscirò mai più a dire Triceratopo senza invertire la t e la p)
Vìgiolo (che era lo scivolo, sui cui si facevano delle gran vigiolàte di culo, di pancia e di testa)
E, infine, addio anche alla mia preferita, ahimè:
Cincèo (Sea Turtle… l’aveva imparata su youtube, come tutto l’inglese che padroneggia adesso e che non è poco, anzi, ha un accento che noi non riusciremmo a eguagliare anche emigrando a Cambridge per un decennio; per esempio, quando vede un polpo, come dice /ˈɒktəpəs/ lui secondo me voi mica ci riuscite)
Avanti così.
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March 27, 2018
NOT MOVING – Live in the 80’s (12 anni dopo)
[Il 10 marzo del 2006 pubblicai su HateTv – vecchia e gloriosa webzine – la recensione di Live in the 80’s, una specie di best of dei Not Moving con tanto di documentario in DVD. Ora che HateTV è stata chiusa e l’articolo è sparito dall’internet (anche se continua a essere citato nella pagina di Wikipedia dei Not Moving), e visto che venerdì Lilith, Dome La Muerte e Tony Face vengono a Carpi con una specie di reunion acustica all’interno di una rassegna sul punk che mi rende particolarmente orgoglioso della biblioteca della mia città, ripubblico qui quella vecchia recensione e ci aggiungo qualche annotazione a pie’ di pagina, se uno clicca sui numerelli che incontra durante la lettura. Buona lettura.]
NOT MOVING – Live in the 80’s

(CD + DVD) 2005 Go Down Records/Audioglobe
Per chi, come il sottoscritto, nell’81 aveva appena 2 anni, i Not Moving sono poco più di un nome da inserire nella categoria del “sentito dire”. Tanto più che i loro dischi, piccoli oggettini di culto nel sottobosco dei quarantenni1, sono praticamente introvabili, e i loro vecchi fan, quelli che nell’81 scoprivano gli ardori dell’adolescenza o le disillusioni della militanza politica in locali come il Tuwat, sono generalmente inaccessibili oppure morti di overdose2.
Per un ragazzino alle soglie dei trenta come me3, scoprire a fondo una band come i Not Moving è qualcosa che ti riporta agli anni delle medie, all’era delle cassettine, quando ancora i dispositivi ottici erano roba per pochi4 e la passione musicale si trasmetteva con le fanzine distribuite da gente che dovevi tenere nascosta a mamma e papà, e attraverso passaparola e bisbiglii dei centri sociali cittadini frequentati dai grandi5. Ma già era troppo tardi. Per tutti quelli come me, digiuni per colpa di madre natura del primo punk e dell’epoca d’oro del rock’n’roll, ecco un piccolo riferimento storico:
I Not Moving nascono all’inizio degli anni ’80, ispirandosi a Cramps, X, Gun Club (che precedettero di poco), psichedelia 60’s come 13th Floor Elevators e Seed, surf e punk di stampo newyorkese, Patti Smith, Dead Boys, Real Kids e… insomma, avete capito.
Saranno una delle band di riferimento del panorama italiano in patria e all’estero, insieme a Litfiba, Negazione e CCCP.
Pionieristici, sudati, incazzati e tremendamente fighi.
1981
Il gruppo si forma prendendo il nome da un pezzo contenuto nella compila avveniristica “No NY”, manifesto essenziale della no-wave americana. Dopo qualche tempo lasciano la strada dello sperimentalismo e prendono la via del rock’n’roll più genuino. Tanto che Claudio Sorge, con la sua etichetta Electric Eye, li vuole per la compila “Gathered”, allegata alla rivista Rockerilla, vero e proprio punto di riferimento dell’underground nostrano in quegl’anni.
1982
Un concerto al Celebrità di Pavia (con tanto di sangue e tagli di lamette in puro stile Iggy Pop, assolutamente “avanti” in Italia) ne infuoca la fama e li lancia nel culto della penisola.
Incidono “Strange Dolls”, che arriva nelle mani della BBC e di Jello Biafra, il quale rimarrà per sempre un loro fan sfegatato.
Il chitarrista se ne va e il gruppo si scioglie. Dicono: “Ci riuniremo solo se troveremo un chitarrista sosia di Keith Richards e con il giubbotto con la scritta Cramps”. Lo troveranno di lì a poco.
1983-1984
Si ricompongono con una nuova chitarra e registrano, in un solo giorno, in diretta e senza sovraincisioni, “Moving Over”. La loro notorietà cresce a dismisura anche grazie ad un tour di supporto ai Clash, che li porta a suonare a Milano davanti a 12000 persone.
Segue un tour a Berlino con Litfiba e Pankow e uno in italia come supporters di Johnny Thunders.
Compongono un nuovo LP, “Land Of Nothing”, prodotto da Paul Jeffrey (ex marito di Patti Pravo e fonico degli Exploited), ma l’album non esce per colpa della mala organizzazione interna all’etichetta TNT Records (verrà ristampato solo nel 2003).
1985-1987
Esce “Black’n’Wild”, di chiari riferimenti neo-garage e Stones. L’album viene distribuito all’estero.
“Sinnerman” esce l’anno successivo e, nonostante un missaggio osceno e inconcludente voluto dall’etichetta, porta i Not Moving in RAI, mentre il disco circola sulle emittenti statunitensi che contano.
Segue una lunga sfilza di concerti strepitosi, poi un album, “Jesus Loves His Childrens”, in cui vanno alla ricerca di un suono più “australiano”.
1988
Il bassista, dopo le registrazioni di “Flash On You”, lascia la band. I Not Moving omaggiano Hendrix, si buttano sul garage più pensato e sul punk-funk, ma si scioglieranno di lì a poco per via delle tensioni e delle disillusioni accumulate dopo sette anni di stretta convivenza. Ritorneranno negli anni ’90 con una nuova formazione, qualche LP e poco seguito. Per la Storia, la loro vita finisce nell’88.
2005-2006
Esce “Live in the 80’s”, e si prospetta un ritorno in grande stile6. Un disco di 24 pezzi dal vivo e un DVD, racchiusi in un box che diventa immediatamente un documento storico d’imprescindibile valore. In un’ora di documentario si spalanca davanti ai nostri occhi la realtà di quel piccolo, meraviglioso mondo antico. L’età dei tam-tam, delle fanzine e dei manifesti ciclostilati a mano. L’era in cui il legame tra musica e militanza politica era indissolubile e indiscutibile7.
Le testimonianze del concerto al Celebrità di Pavia dei Not Moving, delle lamette che tagliano la carne del bassista, nello scompiglio generale di un popolo che rispetto al punk londinese vive ancora in campagna. L’immagine di Luca Frazzi, appuntato di spilline8 dei Buzzcocks e degli Ordinary Boys, come a voler creare un ponte tra due epoche così vicine e così lontane. Il ricordo nostalgico della Berlino di Maroccolo e degli anni andati di Claudio Sorge. L’esaltazione di Mauro Giovanardi, che racconta della forza detonante dei concerti dei Not Moving dove “tutto poteva capitare”, insieme ad un Cristiano Godano che ammette di essere passato dall’esterofilia all’amore per un gruppo italiano grazie a quei concerti e a Baron Samedì.9 Sono travolgenti le immagini di un live a Piacenza: un concerto carnale, di quelli veri, con la gente a torso nudo, le creste semoventi, il bassista che suona tracannando una birra stretta tra i denti e la cantante, novella Siouxie peninsulare, ammicca al pubblico scalpitante un pezzo dei Doors così snaturato e punkeggiante da lasciare a bocca aperta. Persino Max Pezzali (!?) sembra ringiovanire e dimostrare che un tempo possedeva almeno un neurone pulsante, e si scopre fan della band ricordando quello strepitoso concerto al Celebrità di Pavia10. La summa di una band al pari con tutto quello che all’epoca arrivava dall’estero, da Londra, da New York. Una band incomprensibile da gran parte dei suoi contemporanei, e amata in modo viscerale da chi elevava quel tipo di sonorità ad uno stile di vita.
Tutto questo nell’ora scarsa di un filmato fatto in casa, con effetti grafici casalinghi, coerente e puro come i dischi di un tempo.
Per chi, come il sottoscritto, nell’81 aveva appena 2 anni, questo è un mattone fondamentale di storia contemporanea. Nel documentario si ammicca ad un ritorno sulle scene dei Not Noving. Dovrebbero avere all’incirca 45 anni a testa11. Non suonano più insieme, seriamente, da 17 anni12. Hanno le rughe, i capelli bianchi e il naso grosso, e nella migliore delle ipotesi si sentiranno ancora dei giovincelli. Ma “c’è un modo dignitoso d’invecchiare”, come dice il generale Giovanni Lindo Ferretti, e i Not Moving dignità ne hanno da vendere.
Bentornati e, per quel che mi riguarda, benvenuti.13
Contenuto DVD:
Documentario, brani dal vivo, apparizioni televisive (archivio RAI), interviste.
Ospiti:
Federico Guglielmi (Mucchio), Claudio Sorge(Rockerilla, Rumore), Luca Frazzi (Bassa Fedeltà, Rumore);
Gianni Moroccolo (Litfiba, CSI, PGR, Marlene Kuntz), Cristiano Godano (Marlene Kuntz), Mauro Giovanardi (La Crus), Max Pezzali (883), Oskar (Statuto), Umberto Palazzo (Santo Niente);
Enzo Onorato (Ex Underground Life e responsabile Lilith Records), Giordano Sangiorgi (direttore di Audiocoop e MEI), Max Dal Pozzo (ex Others e redattore Misty Lane), Luigi Riganti (ex Dark Tales e Giudice del Tribunale di Piacenza), Marco Pastorelli (ex Screamshankers e Lilith Band).
Tracklist CD:
1. Time of resurrection
2. I know your feelings
3. Catman
4. Suicide temple
5. Dog day
6. Cocksucker blues (Jagger-Richards)
7. Spider
8. So far from heaven
9. Mistery fog
10. Baron Samedì
11. No friend of mine
12. Lookin for a vision
13. Sweet beat angel
14. Around me
15. I stopping yawning
16. Stupid girl
17. Goin down
18. Break on through (The Doors)
19. I just wanna make love to you (W. Dixon)
20. Kissin cousins (F. Wise/ R. Starr)
21. (Well’ ride until) The end
Bonus Tracks:
22. Psycho ghoul
23. Wipe out
24. Make up
(1, 8, 9, 11, 14, 20 inedite)
__________
1.^ Bene, adesso ne ho 39. Ommioddio!
2.^ Un po’ mi vergogno di come scrivevo una volta, un po’ no, un po’ quasi mi vergogno di come scrivo adesso. Di scrivere di musica, comunque, se interessa, ho smesso.
3.^ Ommioddio!
4.^ I dispositivi ottici (potevo scrivere CD, invece era un periodo che per scrivere CD usavo l’espressione dispositivi ottici) pare siano tornati a essere una cosa per pochi, e questi pochi sono destinati ad assottigliarsi sempre di più, dato che le fabbriche di dispositivi ottici stanno chiudendo una dopo l’altra. Ora che ci penso, l’anno scorso ho dovuto cambiare la macchina, me ne hanno venduta senza lettore CD.
5.^ I centri sociali cittadini sono ancora frequentati dai grandi (e nell’articolo per grandi si intendeva gente di una certa età, tipo dai venticinque in su), solo che adesso i grandi siamo noi, quelli che una volta andavano nei centri sociali cittadini frequentati dai grandi. Il problema, semmai, è diventato che siamo rimasti solo noi grandi (tipo dai trentacinque in su) a frequentare i centri sociali cittadini.
6.^ Ritorno che poi, alla fine della fiera, non c’è mai stato. Ma è stato bello sperarlo.
7.^ Nel 2006 mi sembrava davvero indiscutibile. Adesso, non lo so, non sono mica più tanto sicuro. Adesso, se uno me lo dovesse chiedere, di indiscutibile credo che non ci sia niente.
8.^ Sarebbe stato meglio spillette, ma era un periodo che per dire spille dicevo spilline.
9.^ Ho scritto davvero tre o quattro frasi di seguito con solo soggetti e senza verbi, ma era un periodo che leggevo troppi americani del secondo novecento. Non che adesso le cose vadano meglio.
10.^ Era un periodo che avevo quel tipo di arroganza lì. Ne approfitto per porgere le mie scuse all’interessato.
11.^ Fate +12.
12.^ Fate ancora +12.
13.^ E insomma, dopo l’uscita di questo articolo mi ricordo che Lilith e Tony Face mi scrissero un paio di mail di ringraziamenti (era un periodo che si contattava la gente usando la posta elettronica) e caso volle che ci incontrassimo se non ricordo male alla fine di quel 2006 dopo un concerto di Lilith and the Sinnersaints (era un periodo che si andava spesso ai concerti anche durante la settimana). Ci abbracciammo sorridenti, bevemmo qualcosa insieme e diventammo amici prima su myspace (era un periodo che tra i giovani andava forte myspace) e poi su facebook (è un periodo che tra gli anziani va forte facebook). Fine della storia.
Non vedo l’ora che sia venerdì.
L'articolo NOT MOVING – Live in the 80’s (12 anni dopo) proviene da marco manicardi.


