Marco Manicardi's Blog, page 51

December 30, 2019

L’anno del blogroll (e quello che verrà)

E quindi è andata, dai. O quasi, insomma. Manca domani, ma domani è facile.

Avevo iniziato l’anno, proprio il primo di gennaio, scrivendo:


[…] ho anche pensato che, se ci riesco, e non è detto che ci riesca, proverò a raccontare della nostra piccola Grande Guerra privata del 2015-2018, coi suoi caduti, i suoi feriti, le sconfitte e le vittorie. Magari a puntate, che ai muri di testo non siamo più abituati. Non so con quale cadenza, penso settimanale. E negli altri giorni proverò a scrivere delle altre cose, così, come mi vengono in mente, come se fossero ancora gli anni zero della blogsfera.


E a scrivere tutti i giorni ci sono quasi riuscito. Almeno fino a giugno ho davvero scritto tutti i giorni la prima cosa che mi veniva in mente (a parte un giorno, ma poi un altro giorno ne ho scritte due, quindi è patta). Dopo, ci sono riuscito un po’ meno, ripromettendomi di scrivere tutti i giorni a parte il sabato, la domenica e le ferie. E più o meno è così che è andata.


Il proposito di raccontare la nostra piccola Grande Guerra privata del 15-18, invece, no, quello non ci sono riuscito. Ho pubblicato il prologo, il primo capitolo, un intermezzo e ancora adesso ho un post in bozza che si intitola “Il 15-18: Capitolo 2 (Ring of Fire)”, ma dentro è vuoto. Ce l’ho tutto in testa, solo che non riesco a farlo arrivare alle dita.

Vabbè.



***


Sempre il primo di gennaio, alle 11:00 del mattino, avevo scritto su facebook una cazzata come tante:


(buon anno amici) ci sono tutti i presupposti: la parola ufficiale del 2019 sarà BLOGROLL.


E poi è successo che tanti blog siano nati o rinati davvero e per qualche tempo c’è stata un’aria nuova, in giro per l’internet. Con l’andare dell’anno qualcuno ha smesso, qualcuno ha singhiozzato, qualcuno ha continuato, ma, insomma, quella che avevo chiamato la New Wave italiana della blogsfera bene o male ha funzionato.

Siamo sempre noi soliti quattro gatti della vecchia guardia, sia chiaro, un po’ come gli spettatori dei concerti indipendenti, dove non sembra esserci il ricambio generazionale. Ma forse accorgersene è già un po’ capire di essere finalmente vecchi per davvero.

E va bene così.


***


A parte il secondo capitolo del 15-18, che magari un giorno vedrà la luce, ho solo altri due post che sono rimasti tra le bozze (che è uno strumento che uso pochissimo: di solito scrivo e pubblico e come viene viene, e poi magari edito i refusi e li riedito, anche adesso mentre state leggendo, sono fatto così).

Uno si intitola “E insomma”, è del 5 marzo, e dice così:


Si può dire tutto degli anni 90, tranne che ci sia un revival.


Penso che fosse finito così. Non credo che lo pubblicherò mai. Lo lascio lì.

L’altro si intitola “Avanti così”, è del 28 novembre e dice così:


«Mamma, perché non hai il pistolino?»

«Eh… uhm… perché i maschi hanno il pistolino e le femmine no…»

«Non esistono le cose da maschi e le cose da femmine.»


Non credo che fosse finito, non mi ricordo, ma non è detto.

Lascio lì anche quello.


***


Il 2019, devo dire, è stato un anno tranquillo e, vabbè, a parte la macchina che ho sfasciato qualche giorno fa in centro a Bologna, non ci sono stati morti intorno a noi, che è una cosa che non capitava da un po’.

Ne avevamo bisogno.


***


E il 2020?

Il 2020 non lo so.

Sto facendo fatica anche a scrivere questo post, quindi facciamo che nel 2020 provo a scrivere qualcosa quando mi viene in mente, senza avere l’ansia di doverlo fare per forza tutti i giorni, o tutti i giorni tranne i sabati, le domeniche e le ferie.

Però andrò spesso al bar.


***


Nel 2020 vorrei anche iniziare a suonare in giro con un gruppo un po’ punk che si chiama DUEPONTI. Ormai è da qualche mese che scriviamo e che proviamo e adesso siamo pronti. Magari vi dico se veniamo a suonare vicino a casa vostra, così si brinda e ci si abbraccia in giro per l’Italia, come succedeva per esempio nel 2010, dieci anni fa, quando eravamo giovani e belli.

Chissà.


***


La canzone che, nella mia testa, ho sempre associato al periodo natalizio, ma soprattutto a quei cinque o sei giorni che separano il Natale dal Capodanno è questa qui:



***


Per il resto, buon anno.

Buona fine e buon principio, come si dice, e quelle cose lì.

A voi e famiglia.

State bene.

Ciao.


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Published on December 30, 2019 11:02

December 27, 2019

Duemiladiciannove (due foreste)

Quest’anno, da gennaio a dicembre, ho piantato sette alberi per gli amici che hanno compiuto quarant’anni (e uno anche per me): tre cedri (nome scientifico: Cedrela Odorata) a Torbeck, nel dipartimento sud di Haiti; una gravillea (nome scientifico: Gravillea Robusta) a Nyakoe, un neem (Azadirachta Indica) a Kilifi e due peri d’acqua (Syzygium Guineense) a Nginda, in Kenya; una moringa (Moringa Oleifera) alle falde del Kilimanjaro, in Tanzania. L’ho chiamata La foresta degli ANTA.


Poi ne ho piantati cinque per dei parenti, erano i miei regali di Natale: un (o una) guava (Psidium Guajava) e un albero di caffè (Coffea Arabica) a Saramthali, in Nepal; due alberi di cacao (Theobroma Cacao) nel centro del Camerun; un banano (Musa Paradisiaca) nel distretto di Samburu, In Kenya. L’ho chiamata La foresta degli alberi di Natale.



(Sono qui.)


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Published on December 27, 2019 03:52

December 26, 2019

Duemiladiciannove (Natale)

Una camicia, una felpa, un cesto di frutta, una borraccia termica, un buono per una libreria, dei soldi, delle mutande, una cassa di lambrusco, un grasparossa, Andate tutti affanculo (il libro), Momenti straordinari con applausi finti, due salami e un pezzo di Parmigiano Reggiano.


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Published on December 26, 2019 09:56

December 24, 2019

Come ogni anno

«Marley era morto, tanto per cominciare.»


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Published on December 24, 2019 08:02

December 23, 2019

Neri

E in un libro che si chiama Cosmo, del 2016, Marino Neri dice che se sei un uccello sei sempre in viaggio a inseguire le stagioni del mondo.

E poi, di seguito, per spiegare meglio la frase, riporta alcune definizioni:



Mondo: l’universo e i corpi celesti, ma anche il creato oppure la terra.
Terra: Europa, Asia, Africa… Oppure la società umana le suo complesso.
Uomo: trenta litri d’acqua, grasso per sette pezzi di sapone, ammoniaca sufficiente per pulire una casa, sale per un pranzo, zucchero per venti tazzine di caffè, fosforo per trentasei scatolette di fiammiferi, tanto ferro da fare un chiodo.

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Published on December 23, 2019 07:41

December 20, 2019

Cose che mi piacciono molto (6)

Tipo quando pioviggina per tre o quattro giorni di fila, o se non pioviggina ma c’è comunque quella nebbia bagnata che sta lì tutto il giorno, come adesso, per giorni, a far diventare le strade umidicce e fangose, che ogni quattro o cinque chilometri devi far andare lo spruzzino e i tergicristalli perché non si vede più niente per lo sporco, lo smog e lo schifo sul vetro, e le macchine che girano sono sporche (che tanto cosa la lavi a fare?) e assomigliano tutte alla mia.


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Published on December 20, 2019 09:12

December 19, 2019

Wallace (4)

E in un’intervista con William R. Katovsky, del 1987, dentro a un libro che si chiama Un antidoto contro la solitudine, del 2012, a cura di Stephen J. Burn, David Foster Wallace dice che aveva fatto un sacco di volontariato in una casa di cura di Amherst e che leggeva la Divina Commedia a un vecchietto, il signor Shulman, e che un giorno gli aveva chiesto di dove fosse. E il vecchietto gli aveva detto: «Vengo dalle Montagne Rocciose, un po’ più a est di qui». E lui: «Signor Shulman, le Montagne Rocciose sono a ovest rispetto a noi». E il vecchietto aveva fatto un segno di voilà con le mani, e aveva detto: «Io smuovo le montagne». E poi dice che questa immagine gli è rimasta impressa. E che la letteratura o smuove le montagne o è noiosa; o smuove le montagne o sta col culo piantato per terra.


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Published on December 19, 2019 08:15

December 18, 2019

È un periodo

È un periodo che non c’è più vino.


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Published on December 18, 2019 06:48

December 17, 2019

L’Emilia Romagna, spiegata bene (Ghost Towns)

E nella penultima o terzultima puntata intitolata [allora ci sentiamo dopo venerdì] Ghost Towns | Influencer | Carni alla griglia della sua newsletter settimanale, che esce tutti i venerdì, Gianluca Diegoli, conosciuto nella blogsfera e nei socialcosi anche come @gluca o [mini]marketing, dice una cosa che copincollo qui sotto perché così facciamo prima:



Sto leggendo un bellissimo saggio, Dio Salvi il Texas di Lawrence Wright (tra l’altro era in Cattolica pochi giorni fa, maledizione!). Mi ha colpito molto la suddivisione che fa tra Texas AM e Texas FM (dove AM sta per onde medie, le uniche in grado di percorrere centinaia di chilometri e di arrivare agli sterminati territori, al contrario delle fighette FM, super digitali ma a raggio cortissimo, iper-cittadino): il primo è rurale, anti diritti civili, pro armi, anti immigrazione. Il secondo è liberal, che poi è uguale ovunque nel mondo, cioè quello delle città, del green, del purpose, quello che discute del monopattino-elettrico-sì-o-monopattino-elettrico-no, delle ristrutturazioni artistiche fashion delle fabbriche di un tempo, della gentrificazione, del “problema” di Deliveroo e compagnia.


Anche in Emilia è lo stesso. Forse l’Emilia non è l’Illinois, come scherzosamente – ma neanche tanto – testimonio da anni su Instagram, ma un Texas, o qualsiasi altro stato diviso tra città e provincia. È la divisione in cui mi trovo a vivere: lavoro a Milano, a Bologna, di solito in città. Vivo (poco) in una media-cittadina di provincia emiliana, che sta scivolando verso la periferia morale, ma dove la ricchezza cuscinetto del passato rende meno drammatica la vicenda, tra gente che ha fatto i soldi con le televendite, con la fabbrichetta meccanica o più di frequente con l’onnipresente mattone, rinvigorito pure dalla ricostruzione post sisma 2012.


Ma domenica scorsa sono passato a salutare i miei genitori che vivono ancora in un paesino dell’alto ferrarese. Sono andato al bar, ho fatto due passi nei posti in cui avevo vissuto da bambino. È palese: la provincia-provincia sta morendo. Chiudono i bar, le pizzerie si rarefanno, chiudono i negozi dopo che i titolari hanno raggiunto affannosamente la pensione, le piccole aziende se ne vanno, chiuse o attratte dai luoghi vicini a quelle autostrade che noi liberal tanto detestiamo “perché producono il problema per cui sono state inventate, cioè il traffico”. E in effetti non c’è traffico nel paese. Potresti attraversare la ex-statale declassata a provinciale a occhi chiusi e rimanere al 99,99% illeso. È più rischioso non attraversare la strada che attraversarla. Il terremoto del 2012 qui ha dato il colpo di grazia morale più che materiale. Le casette col giardino e il cane sono quelle di sempre, ma i migliori ragazzi studiano a Bologna o Modena, e non tornano più. Le aziende offrono posti da digital operaio addetto a macchine meccaniche automatiche (“non c’è da sporcarsi”, dicono alzando le braccia i proprietari) e non trovano addetti. Ma chi vorrebbe chiudersi in un capannone in mezzo al nulla o in un ufficio ancora uguale dagli anni sessanta (cartellino inflessibile alle 8 in punto, ufficio acquario in vetro per favorire il controllo padronale, 40 km di auto e tutto il resto).


Chi vuole rimanere a vivere in un posto dove non c’è un cinema, un pub, uno straccio di vita serale, quando gli influencer lavorano da Los Angeles, gli “imprenditori digitali” da Barcellona con la piscina? Nell’epoca della connessione in cui puoi vedere facilmente le mille luci di Bologna, Milano, Londra o Parigi, chi vuole rimanere lì a estinguersi poco alla volta


All’alba di internet pensavo (non ero il solo) che la connessione avrebbe portato a una rinascita dei luoghi inaccessibili (tanto lavorare da San Babila o da Roncofreddo è uguale, no?). No, non è uguale per niente. Da Roncofreddo al massimo fai il lavoratore a distanza, se ti accontenti.


Non mi meraviglia che questi luoghi in cui il PCI aveva il 75% fino a 30 anni fa ora siano preda facile del leghismo conservatore. Quando sei tagliato fuori dalla globalizzazione, dal progresso tecnologico (non dal digital divide, che sarebbe forse meglio ci fosse ancora, per non rendere palesi le differenze), ti rifugi in chiunque trovi una colpa a quello che sta succedendo. Qui la verità è costituita dalla D’Urso e l’Italia Sul Due, con casi umani e delitti che in realtà avvengono statisticamente come un’eclisse di luna, ma esasperati al punto da riempire le giornate vuote della provincia. Delle sardine, con tutto il rispetto, te ne freghi: l’unica cosa a cui pensi dal bar è che tra un po’ tu sarai anziano e non ci sarà nemmeno l’ospedale vicino. Assieme al resto, verrà risucchiato dalla città stato via Emilia (cit.), la scintillante, moderna, progressista, frecciarossizzata, autostradizzata Emilia FM, circondata nelle campagne da gente che sta peggio di trenta anni fa, guarda le stesse trasmissioni, e non ha ancora capito cosa sia successo.


__________

Gli altri post che parlano dell’Emilia-Romagna, spiegata bene, sono questi:

– L’Emilia-Romagna, spiegata bene

– E ancora meglio di enzo (polaroid)

– E un’altra cosa di eio

– L’Alta in basso e la Bassa in alto di Tinni

– La Lutazia-Romagna, spiegata bene di Paolo Colagrande

– Felice

– D’estate

Onomastica

da Google Maps


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Published on December 17, 2019 10:53

December 16, 2019

Majakóvskij (2)

E in un articolo che si intitola La mia scoperta dell’America, del 1925, che si trova anche dentro a un libro che si chiama America, del 1997, Vladímir Vladímirovič Majakóvskij dice che ha saputo che, se un americano fa solo punte di aghi, sa farlo meglio di ogni altro al mondo, ma che potrebbe non aver mai sentito parlare di crune.


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Published on December 16, 2019 01:34