Marco Manicardi's Blog, page 50

January 11, 2020

Dei ricordi (8)

L’11 gennaio del 2009, verso l’1 e mezza del mattino, cioè in piena notte, avevo scritto una cosa così:


Pecorino Collefrisio d’entrata, Chateau Coucy Montagne Saint-Emilion a seguire, Anisetta Meletti in chiusura. Possiamo dormire beati.


Poi l’anno dopo, l’11 gennaio del 2010, alle 9:23, si vede che avevo finito le ferie, perché avevo scritto una cosa così:


oggi si ritorna a viver come bruti.


L’11 gennaio del 2015, invece, era una domenica mattina, scrivevo una cosa intitolata “cose nuove sul frigo, che adesso, oggettivamente, è un signor frigo” accompagnata da una foto:



E sotto dicevo anche che «se devo fare un appunto da precisino della fungia: è un peccato che manchino le maiuscole, i punti e le virgole (questi ultimi, in verità, potrei aggiungerli a pennarello sul frigo).» E la persona che mi aveva regalato la poesia magnetica mi aveva risposto: «Adesso vi regalo una scatolina di punti e virgole».

E un altro, dopo, mi ammoniva dicendomi che «Le Parole Magnetiche dovrebbero servire (anche) a rompere gli schemi e combattere le nevrosi. No ad alimentarle.» Ma io gli rispondevo: «non scherziamo. Con queste parole si compone l’Infinito E BASTA.» E lui continuava dicendomi: «Prova a ricomporlo diversamente. Fanne tante versioni diverse. Fidati.» Ma io, oh, niente,gli avevo risposto: «scherza coi fanti.» Ed era finita lì.


Poi, l’11 gennaio del 2016, avevo scritto solo una cosa, che diceva tutto quello che c’era da dire sulla questione di importanza storica e mondiale del giorno prima, e cioè:


#GoodBowie


E infine, l’11 gennaio del 2017, verso le 10 del mattino, avevo scritto una cosa intitolata “neonati e raffreddori” che diceva così:


dopo la terza notte insonne la Convenzione di Ginevra dice che è tortura.


E sotto uno mi diceva che «Alla quarta notte insonne si è autorizzati a somministrargli un antibiotico anche senza ricetta medica.» E un altro che «a quel punto la soppressione dell’infante non costituisce reato.»

Alla fine siamo sopravvissuti tutti.


L'articolo Dei ricordi (8) proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 11, 2020 04:14

La relatività

«La crescita è qualcosa che non si vede. E la grandezza è un compleanno.»

(il Miny, che ha quattro anni e mezzo, quasi cinque)


L'articolo La relatività proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 11, 2020 01:14

January 10, 2020

Wallace (5)

E in un’intervista con Larry McCaffery, del 1993, sempre dentro a un libro che si chiama Un antidoto contro la solitudine, del 2012, a cura di Stephen J. Burn, David Foster Wallace dice che l’ironia e il cinismo erano esattamente la reazione che ci voleva all’ipocrisia americana degli anni Cinquanta e Sessanta. E che è questo che rende i primi scrittori postmoderni dei grandissimi artisti. E che il grosso merito dell’ironia è che spacca le cose a metà e va a guardarle dall’alto, così da rivelarne i difetti, le ipocrisie e le duplicità.

E dopo dice che l’ironia e il cinismo postmoderni sono poi diventati fini a se stessi, sono diventati la misura della sofisticatezza e della spregiudicatezza letteraria. E che pochi artisti osano parlare dei modi in cui si possa tentare di porre rimedio a quello che non va, perché a tutti i cultori dell’ironia blasé sembrerebbero sentimentali e ingenui.

E poi dice che l’ironia si è trasformata da uno strumento di liberazione in uno strumento di schiavitù. E che in un bellissimo saggio che aveva letto da qualche parte c’era una frase in cui si diceva che l’ironia è il canto del prigioniero che è arrivato ad amare la sua cella.


L'articolo Wallace (5) proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 10, 2020 06:04

January 9, 2020

Scarpe rotte

[Il pezzetto qui sotto l’avevo scritto il 9 gennaio del 2010, dieci anni fa, su Barabba, e lo riporto così com’era, a parte qualche piccola correzione, perché sono fatto così.]


(Oggi)

oggi, sessant’anni fa, alle fonderie di Modena vengono ammazzati sei operai, feriti altri duecento, dalla polizia. Oggi, sessant’anni fa, mio nonno Corrado mi racconta che l’hanno saputo quasi subito anche a Novi, quello che era successo, a trenta e passa chilometri di distanza.


(Dopodomani)

dopodomani, sessant’anni fa, mio nonno Corrado si mette in marcia con un gruppetto di novesi: scioperano, mettono su le scarpe nuove e s’incamminano fino a Modena per i funerali. A Fossoli tirano su altri gruppetti come loro, e via andare; a Carpi fanno altrettanto, e via, ancora, andare; lo stesso a Soliera, a Ganaceto, a Lesignana e a Ponte Alto, sempre lo stesso passo, senza rallentare, mi racconta mio nonno Corrado, senza rallentare fino alle fonderie, via, andare. Sempre lo stesso passo perché trenta e passa chilometri non sono uno scherzo per chi esce dal paese solo per le feste, magari col carretto e le scarpe nuove in spalla per andare a ballare alla Festa de l’Unità di Carpi, che dicono che sia la più bella e poi è così grande.



(Oggi)

oggi, sessant’anni dopo, a mio nonno Corrado delle scarpe non gli frega più granché. Si ricorda di quella volta che era andato fino a Modena a piedi, per lo sciopero generale, per i funerali dell’eccidio alle fonderie. Ma quando si deve andare, mi racconta, c’è poi da ritornare, e le scarpe si erano rotte. E allora a lui, oggi, sessant’anni dopo, delle scarpe non gli frega più granché. Ci voleva uno stipendio intero per comprare le scarpe nuove, una volta. Le scarpe nuove, di solito, servivano una volta sola all’anno, quando dovevi andare alla Festa de l’Unità di Carpi a ballare.


(Dopodomani)

dopodomani, sessant’anni dopo, mi toccherà raccontare a mio nonno Corrado che poi le fonderie sono diventate le Ex-fonderie: una discoteca. E io una volta, anni fa, ci avevo ballato dentro. Gli racconto di quella volta che sono andato fino a Modena, a trenta e passa chilometri di distanza, in macchina con gli amici, per ballare. Secondo me quella sera, anzi quasi sicuramente, almeno così mi ricordo, secondo me quella sera avevo le scarpe nuove. Delle scarpe nuove per ballare.


[Oggi, settant’anni dopo l’eccidio delle Fonderie, e dieci anni dopo questo pezzetto, mio nonno, Corrado, non c’è più: è morto all’inizio di gennaio di due anni fa, aveva novantadue anni. Però lo so che, se ci fosse ancora, oggi mi racconterebbe, come se se fosse la prima volta che me lo racconta, di quando era andato a Modena a piedi, tanti anni fa, e delle scarpe nuove, che poi si erano rotte, eppur bisognava andare.]


Musica:



L'articolo Scarpe rotte proviene da marco manicardi.

1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 09, 2020 03:33

January 8, 2020

The rise and fall of Louis Cristoforetti

Mi chiamo Louis Cristoforetti, ho una cattedra di Letteratura nell’università della città e ogni tanto scrivo dei racconti per alcune riviste poco conosciute, sono interpretato da Matthew McConaughey nel fiore degli anni, tipo ai tempi di Contact; la mia compagna è una critica letteraria, tra le più famose al mondo, si chiama Grushenka ed è interpretata da Sandra Bullock, siamo molto innamorati.

È un mattino assolato e caldo, stiamo andando nell’auditorium di un grosso centro commerciale dove verrà consegnato un premio letterario molto ambito, con una ricompensa in denaro da far girare la testa. Grushenka è la presidente della giuria, quei soldi ci servono per finire di pagare la casa e mi ha detto che farà di tutto per farmelo vincere. In concorso, infatti, c’è anche un mio racconto, si chiama A-27 e tutti dicono che sembra scritto da un nuovo David Forser Wallace, e la cosa mi fa molto piacere, anche se a me, personalmente, questo mio racconto non piace più.

Davanti al centro commerciale ci ferma un omone della security, ci dice che dobbiamo lasciare lì, in una cassetta di sicurezza, i telefoni e tutti gli apparati elettrici ed elettronici che abbiamo. Li tiriamo fuori e glieli diamo. Appena vede che abbiamo un Kindle e legge i nostri nomi sulle carte d’identità, soprattutto quello di Grushenka, si ferma, si guarda intorno e ci dice di seguirlo in una stanza.

Entriamo in una camera piccola e poco illuminata, ci sono delle macchinette del caffè e una per le bibite e l’acqua. L’omone della security tira fuori un pc portatile da uno zainetto e ci attacca il nostro Kindle.

«Ci ho messo un racconto che ho scritto,» ci dice, «leggetelo, se volete, mi piacerebbe molto avere un vostro parere.» E se ne va lasciandoci soli.

Abbiamo ancora un po’ di tempo, prima delle premiazioni del concorso, e ci mettiamo a leggere. La bellezza del racconto dell’omone della security, di cui sappiamo il nome solo perché l’abbiamo letto di sfuggita sul cartellino che portava sul petto, ci fa quasi cadere per terra. Siamo emozionatissimi. Pensiamo di aver trovato un genio letterario fuori dal comune. Dobbiamo fare qualcosa per farlo conoscere in giro e io propongo a Grushenka di nominarlo vincitore del concorso letterario. Lei è d’accordo con me.


(Stacco)


Siamo seduti nell’auditorium in attesa della nomina del vincitore. Guardo Grushenka con un’occhiata complice ma lei sembra non accorgersi di me. La chiamano e si alza in piedi, prende un microfono. Io mi giro sorridendo verso l’omone della security che adesso è in piedi di fianco alla porta, a controllare la situazione e le borsette di chi entra o esce.

Grushenka parla al microfono: «Il vincitore del concorso è…»

E poi dice il mio nome.

Rimango lì come impalato.

Tutti si alzano in piedi e applaudono e mi invitano sul pulpito per ritirare il premio e per dire due parole; io ho una roba dentro che non riesco a deglutire, ma mi alzo e salutando tutti con la mano mi avvicino al microfono.

Silenzio. Il microfono fischia.

Mando giù il magone e provo a dire qualcosa.

«Grazie, grazie a tutti,» comincio, «ma non posso accettare questo premio, per motivi che adesso non voglio spiegarvi.»

Sono tutti zitti.

«Però propongo alla giuria di conferirlo al secondo classificato, che se non sbaglio è…»

E dico il nome dell’omone della security.


(Stacco)


Siamo in casa, nella nostra casa al secondo piano di una palazzina del centro che dobbiamo ancora finire di pagare.

Grushenka urla dalla gioia: «Sono incinta! Louis! Sono incinta!»

La guardo bene e «È vero,» le dico, si vede già un pancione gigante. Sono felice anch’io.

E lei dalla felicità va sul balcone e mette un piede sulla ringhiera.

«Lo voglio dire al mondo!» mi dice voltandosi un po’ verso di me.

Poi spicca un salto e sale sul tetto.


Poi mi sveglio.


L'articolo The rise and fall of Louis Cristoforetti proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 08, 2020 03:28

January 6, 2020

Gipi

E in un racconto intitolato Puzzola, del 2001, dentro a un libro che si chiama Boschi mai visti, del 2018, Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, dice che nella zona commerciale c’è una palestra dove si fa la ginnastica ai glutei. E che ci sono parti del corpo che hanno preso il potere, potevano non contare un cazzo e invece ne determinano l’economia. E che questo non dovrebbe accadere in un corpo civile.


L'articolo Gipi proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 06, 2020 07:51

January 4, 2020

I mattini passano chiari

Ieri notte scartabellavo col contenuto di una scatola di latta in cui da vent’anni infilo un po’ di tutto, la chiamo la mia scatolaina di Čičikov, ma è più simile alla collezione del tizio protagonista di Ogni cosa è illuminata. Dentro, per dire, ci sono i biglietti dei concerti, tutte le mie tessere ARCI dal 2000 all’anno scorso, ma anche le tessere degli altri posti, tipo ce n’è una dell’Ekidna del 2003, e le tessere dell’ANPI; e poi tante altre cose: cartoline che mi hanno spedito quando ancora si spedivano le cartoline, partecipazioni a matrimoni, ricordini di parenti e amici morti, diari di viaggio improvvisati, spillette e adesivi, ingressi ai musei, due pass da “Relatore” del Salone del Libro di Torino, un pezzo di porfido della piazza di Carpi, un orologio da taschino fermo per sempre, delle foto e tante altre cose.

E tra tutte queste cianfrusaglie di una vita mi è saltato in mano un foglietto con una poesia o, anzi, sembrano due poesie intrecciate, una scritta in nero e una in rosso, che son stato lì quasi una notte intera e tutto il giorno dopo per capire cosa fossero e chi le avesse scritte.

La parte in nero, ci ho messo poco, è di Cesare Pavese. La parte in rosso mi mandava nei matti, ma poi cercando bene l’ho trovata nelle Poesie da decubito di Azael. Allora ho capito: è il foglietto di quella volta, il 3 novembre del 2011, in cui Azael presentava Favola d’amore triste per malati di mente allo Zammù di Bologna, e mi aveva chiamato sul palco (anche se non c’era proprio un palco, ma si stava lì in piedi tra i tavoli) a leggere con lui.

Io facevo Cesare Pavese, Azael faceva Azael, e la doppia poesia che ho trovato sul foglietto è questa qui:



I mattini passano chiari e deserti.

Cosa diranno i dinosauri di noi?

Così i tuoi occhi s’aprivano un tempo.

quando saremo lì

Il mattino trascorreva lento, era un gorgo d’immobile luce.

e gli zombie? cosa diranno gli alieni?

Taceva. Tu viva tacevi;

e le lucertole senza coda cosa diranno?

Le cose vivevano sotto i tuoi occhi

I dinosauri ci rinfacceranno seicentomilioni di anni, in attesa

(non pena non febbre non ombra)

nell’ombra, gli zombie la morte

come un mare al mattino, chiaro.

le lucertole senza coda, la coda

Dove sei tu, luce, è il mattino. Tu eri la vita e le cose.

ci guarderanno coi loro occhi di apocalisse naturale

In te desti respiravamo sotto il cielo che ancora è in noi.

le foreste appassiranno

Non pena non febbre allora,

i mari scenderanno giù giù per il buco del mondo

non quest’ombra greve del giorno affollato e diverso.

non diranno nulla i dinosauri, nulla

O luce, chiarezza lontana, respiro affannoso,

raccoglieranno i loro anni estinti, coi loro quattro ricordi preistorici

rivolgi gli occhi immobili e chiari su di noi

raccoglieranno, spinose, le code

È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi.

e le lucertole, per questo, non sentiranno alcuna nostalgia.


L'articolo I mattini passano chiari proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 04, 2020 08:39

January 3, 2020

Cave

E nella trentacinquesima puntata della sua newsletter, che si chiama The Red Hand Files, Nicholas Edward Cave, Ufficiale dell’Ordine dell’Australia, dice che i musicisti rischiano sempre di diventare obsoleti e di essere rimpiazzati dagli sforzi della generazione successiva, o dal mondo stesso e dalle sue grandi idee. E che non molto tempo fa la grande idea del mondo era la libertà di espressione. E che sembra che la nuova grande idea sia il moralismo.


L'articolo Cave proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 03, 2020 08:24

January 2, 2020

Inizia il 2020 e proviamo a non farci mancare niente

Follow my blog with Bloglovin


Anche se non ho ancora ben capito cosa sia o come funzioni.

(È comunque colpa di Strelnik.)


L'articolo Inizia il 2020 e proviamo a non farci mancare niente proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on January 02, 2020 07:47

December 31, 2019

2019 in pictures

L’anno prima del contatto.




L'articolo 2019 in pictures proviene da marco manicardi.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 31, 2019 00:00