Marco Manicardi's Blog, page 47

March 12, 2020

È un periodo

È un periodo che non si può uscire, ma solo riuscire.


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Published on March 12, 2020 08:12

March 10, 2020

Cognetti

E in un libro che si chiama A pesca nelle pozze più profonde. Meditazioni sull’arte di scrivere racconti, del 2014, Paolo Cognetti dice che non è che le cose cambiano perché il tempo passa; e che semmai è il contrario: abbiamo dovuto inventarci il tempo perché la natura delle cose è cambiare.


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Published on March 10, 2020 05:16

March 9, 2020

Una cosa da dire

È che quando questa quarantena plenaria sarà finita, avremo tutti un gran bisogno di ferie.


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Published on March 09, 2020 12:56

March 8, 2020

Tolstaja

E l’8 marzo del 1898, su una pagina del diario, scritto tra il 1862 e il 1910, Sòf’ja Andrèevna Bers, detta Sonja, diventata poi Sof’ja Tolstaja, moglie di Lev Nikolàevič Tolstoj, scriveva che nella sua anima stava avvenendo una battaglia fra il desiderio ardente di andare a Pietroburgo a sentire Wagner e altri concerti e il timore di dare un dispiacere a Lev Nikolaevič e di sentirsi questo dispiacere sulla coscienza. E scriveva che quella notte aveva pianto a causa di quella pesante sensazione di mancanza di libertà che gravava sempre più su di lei. E che di fatto, naturalmente, era libera. Aveva soldi, cavalli, vestiti, tutto: avrebbe potuto fare le valigie, salire in carrozza e andare. Era libera di leggere le bozze, di comprare le mele per L. N., di cucire i vestiti per Saša e le camicie per il marito, di fotografarlo in tutte le pose, di ordinare il pranzo, di sbrigare le faccende di tutta la famiglia; era libera di mangiare, di dormire, di tacere e di rassegnarsi. Ma, scriveva, non era libera di pensare a modo suo, di amare quello e quelli che sceglieva lei stessa, di andare dove le interessava e dove si sentiva spiritualmente a proprio agio; non era libera di occuparsi di musica, non era libera di cacciar fuori dalla propria casa quelle innumerevoli persone inutili, noiose e spesso molto cattive e di ricevere persone buone, piene di talento, intelligenti e interessanti. E scriveva che per lei la vita era poco allegra, difficile… Ma poi scriveva che non aveva usato la parola giusta: «allegria». Che non aveva bisogno di quello. Aveva bisogno di vivere una vita ricca di contenuto, tranquilla, e invece viveva nervosamente, con difficoltà e in modo vuoto.

Così scriveva su una pagina del diario Sòf’ja Andrèevna Bers, detta Sonja, diventata poi Sof’ja Tolstaja, moglie di Lev Nikolàevič Tolstoj, l’8 marzo del 1898.


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Published on March 08, 2020 00:22

March 6, 2020

Tutti pazzi

La cosa che mi manda più nei matti, in questo momento preciso della Storia dell’Umanità che s’interseca con la mia storiella in particolare, è che dopo più di un anno che non facevo niente dal vivo, proprio adesso, c’erano due belle cose programmate per marzo.

La prima era una specie di reading che avrebbe accompagnato la presentazione di un libro sul ciclismo e la bicicletta a Novi di Modena e dintorni; ci sarebbe dovuto essere anche il Coro delle Mondine di Novi di Modena. E invece niente. Vedremo più avanti.


La seconda è che stavamo provando a organizzare il primo, primissimo concerto, cioè il debutto di un gruppo che per adesso si chiama DUEPONTI (si scrive così: in maiuscolo e tutto attaccato) dove suono la chitarra e declamo delle cose. E invece niente. Vedremo più avanti.


Un mese fa, con quel gruppo che per adesso si chiama DUEPONTI (sempre in maiuscolo e tutto attaccato), ci eravamo trovati in sala prove, la Sala 4 di quello che una volta era l’Ekidna di Migliarina, frazione di Carpi, in provincia di Modena, per registrare delle cose al volo con un registratore portatile e fare una specie di demo da mandare in giro per trovare qualche data. Dato che era il mio compleanno avevo anche chiamato quattro o cinque persone a sentirci.

Tra un po’ mettiamo tutto quel nostro piccolo bootleg a disposizione di chiunque abbia voglia di sentirlo sull’internet. Ma comunque, tra le altre cose, con quel gruppo che per adesso si chiama DUEPONTI (in maiuscolo e tutto attaccato) avevamo registrato una cover dei Negazione che si chiama Tutti pazzi, e che, nella nostra umilissima versione, fa circa così:



https://marcomanicardi.altervista.org/wp-content/uploads/2020/03/DUEPONTI-Tutti-Pazzi-Negazione.mp3

Sembra un po’ la colonna sonora perfetta del mio umor nero in questi giorni.

Ma passerà. Passa tutto, passa.

Speriamo bene.


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Published on March 06, 2020 11:36

March 4, 2020

Colagrande (3)

E in un libro che si chiama Kammerspiel, del 2011, Paolo Colagrande dice che c’era un abate del Diciassettesimo secolo che diceva che il parlare è solo un movimento scomposto del corpo, un difettoso controllo di un orifizio, quello orale, uguale identico al difettoso controllo di ogni altro orifizio corporeo. E che solo attraverso il sacro paradigma del silenzio l’uomo può sperare di uscire dal merdone della sua miserabilità.


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Published on March 04, 2020 08:32

March 3, 2020

L’Emilia-Romagna, spiegata bene (coff, coff)

C’è da dire che siamo sempre stati abbastanza abituati a sentire la gente tossire, in autunno, in inverno, fino all’inizio della primavera, qui da noi; vuoi perché siamo la pianura meno ventilata del mondo e una delle regioni più inquinate d’Europa; vuoi perché ci sono l’umido e la nebbia che ti entrano nelle ossa e nei polmoni dall’inizio di ottobre fino alla fine di marzo o perché la gente che fuma, bisogna dirlo, è ancora tanta; oppure perché abbiamo molti cinema e molti teatri, e per una legge fisica ancora sconosciuta, e chi la scoprirà vincerà il suo sacrosanto Ig Nobel, si sa che nei cinema e nei teatri, quando le luci si abbassano e lo spettacolo comincia, la tosse diventa la padrona indiscussa della sala.

Solo che adesso, con l’epidemia in giro di COVID-19, o coronavirus, come lo chiamano tutti con una certa confidenza, vedi le persone che fanno di tutto per nascondersi e non tossire in pubblico, perché come diceva Paolo Nori, in un libro che si chiama La matematica è scolpita nel granito, del 2011, siamo in un posto


dove il carattere gioviale della gente convive con una discrezione che impedisce di manifestare in pubblico i propri sentimenti e i propri affetti. Allora il momento della disperazione è un momento solitario. Non ci sono, da noi, e non potrebbero esserci, scrivevo, quelle donne che in Sicilia sono pagate per piangere ai funerali. Noi affrontiamo il mondo come se fossimo tutti d’un pezzo, con una dignità e una coerenza che ci hanno insegnato che vanno bene. E quando crolliamo, che crolliamo, crolliamo da soli, dentro le stanze. E uno che viene da fuori non lo direbbe mai, a vederci che teniamo su una compagnia di trenta persone e beviamo lambrusco e diciamo cazzate, non lo direbbe mai che diamo i pugni al muro, quando torniamo a casa.


E allora quando succede, di mollare un colpo di tosse, perché succede, ogni tanto scappa, c’è poco da fare, ci vedi girare in fretta verso il primo bagno pubblico senza dir niente a nessuno, ci copriamo la bocca in tutti i modi, giriamo la testa dall’altra parte o la chiniamo per non incontrare gli sguardi altrui, oppure facciamo come la compagna di cella tisica della Màslova, che, come racconta Lev Nikolàevič Tolstòj in un libro che si chiama Resurrezione, del 1899, stava lì


con gli occhi spalancati, e per non tossire si sforzava di trattenere il catarro che gorgogliava e le solleticava la gola.


E insomma, ogni volta che si tossisce sembra che ci vergogniamo come i cani. Che è in completa contraddizione con un detto che c’è qui da noi che dice che la tòs la vól tusùda, e cioè che “la tosse bisogna tossirla”, altrimenti non si guarisce.

Chissà come si farà, a ritornare alla normalità.


__________

Gli altri post che parlano dell’Emilia-Romagna, spiegata bene, sono questi:

– L’Emilia-Romagna, spiegata bene

– E ancora meglio di enzo (polaroid)

– E un’altra cosa di eio

– L’Alta in basso e la Bassa in alto di Tinni

– La Lutazia-Romagna, spiegata bene di Paolo Colagrande

– Felice

– D’estate

– Onomastica

– da Google Maps

– Ghost Towns di [mini]marketing


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Published on March 03, 2020 11:02

February 29, 2020

Dei ricordi (12)

E il 29 febbraio del 2016, scrivevo una cosa che diceva così:


ho la febbre e non è sabato sera


Oggi, invece, è sabato sera e non ho la febbre (ma non è un bel momento per averla, né per scriverlo in giro).


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Published on February 29, 2020 09:29

February 28, 2020

Parla come mangia

Stasera, era ora di cena, c’era il pollo con gli spinaci. Stamattina nel forno sotto casa avevo anche comprato un pezzo di pizza, che però era rimasto lì in cucina dimenticato da tutti a raffreddarsi in un sacchetto. Allora l’abbiamo scaldato, tagliato in sette o otto parti e l’abbiamo messo in tavola. Il Miny, zitto zitto, senza annunciarlo, ne ha preso un pezzetto, l’ha messo di fianco al piatto, ha dato una forchettata agli spinaci e ce li ha messi sopra, poi col sorriso della vittoria, GNAM!, se l’è pappato in un sol boccone.

«Così è più meglio,» ha detto.



La prima volta che l’avevo sentito, qualche giorno fa,  stavo per drizzare la schiena, aggrottare la fronte, alzare il dito indice della mano destra con la testa piegata verso di lui per dirgli «più meglio non si dice». Ma poi non l’ho fatto, ci ho ripensato. La seconda volta, uguale. Ho scoperto che sono così interessato allo svolgersi davanti ai miei occhi e alle mie orecchie della nascita della lingua che non gli ho detto niente neanche la terza volta, e poi la quarta, la quinta e così via.

E adesso sono qui che penso che «più meglio» è così bello, così rotondo e preciso, così intuitivo, che, boh, non lo so, è sbagliato davvero?


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Published on February 28, 2020 11:55

February 24, 2020

Tolstoj (4)

E nella quarta parte del quarto volume di un libro che si chiama Guerra e pace, del 1869, Lev Nikolàevič Tolstòj parlando di Pëtr Kirillovič Bezuchov, che tutti chiamavano Pierre, e che, come dicevano i medici, era stato colpito da un attacco di febbre biliosa, dice che quantunque i medici lo curassero, gli cavassero sangue e gli facessero inghiottire delle medicine, ciò malgrado, guarì.


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Published on February 24, 2020 10:46