Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 42
December 1, 2023
“In testa mi è scattato qualcosa”. L’uomo: un enigma e un problema

L’uomo è un enigma come individuo, un problema matematico come massa. Questo pensiero suggerisce che l’essere umano è una figura misteriosa e complessa, sia come individuo che come componente di una società più ampia. L’affermazione che l’uomo è un “enigma” implica che ci sono molte sfaccettature e profondità nella sua natura che sono difficili da comprendere completamente. L’essere umano possiede una vasta gamma di emozioni, motivazioni e comportamenti che spesso sfuggono a una spiegazione.
L’affermazione che l’uomo sia un “problema matematico come massa” potrebbe essere interpretata in vari modi. Potrebbe suggerire che l’uomo, come individuo, è influenzato da leggi e modelli matematici che governano il comportamento della massa umana nel suo insieme. Potrebbe anche implicare che l’uomo, come entità sociale, può essere studiato e compreso attraverso l’analisi statistica e il calcolo delle probabilità.
Questo pensiero conferma la complessità dell’essere umano e l’interplay tra la sua individualità e la sua esistenza all’interno di una collettività. Riconoscere questa complessità può essere un punto di partenza per approfondire la comprensione dell’essere umano e delle dinamiche sociali che ci circondano. Quando si contempla la complessità degli esseri umani, è importante riconoscere che gli esseri umani non sono facilmente riducibili a semplici formule o equazioni.
Sebbene i modelli matematici possano fornire informazioni su alcuni aspetti del comportamento umano, come i modelli nelle interazioni sociali o il processo decisionale economico, non possono catturare pienamente la ricchezza e la complessità dell’esperienza umana. Nonostante tutte le leggi e i codici, con le relative ed imprevedibili le influenze culturali che modellano i loro pensieri, azioni e relazioni, ogni individuo continua a possedere una misteriosa e unica combinazione di tratti genetici, esperienze personali e contesti sociali che contribuiscono a marcare la sua identità e al suo comportamento.
Questa diversità rende difficile applicare un quadro matematico unificato per comprendere tutti gli aspetti dell’esistenza umana. Gli esseri umani non sono esseri esclusivamente razionali. Sono anche guidati da esperienze soggettive, intuizioni e valori, che possono influenzare notevolmente le loro decisioni e azioni. Questi aspetti della natura umana sfuggono a precisi modelli matematici perché implicano elementi soggettivi e qualitativi che non possono essere facilmente quantificati.
Sebbene la matematica e la statistica possano essere strumenti potenti per studiare alcuni aspetti del comportamento umano, è importante integrarli con altre discipline, come la psicologia, la sociologia, l’antropologia e la filosofia, che offrono prospettive e metodologie diverse per svelare le complessità dell’esistenza.
Quando quel soggetto dice “ mi è scattato qualcosa in testa”, conferma che lui, come essere umano, è un enigma come individuo e un problema matematico come collettività. Non si rende conto della sua natura multiforme. Conferma quella intricata interazione tra la propria individualità e la sua esistenza come essere sociale. Il suo comportamento ci spinge a riflettere su questa realtà sempre più complessa, per difenderci e conoscere quelle intricate dimensioni nelle quali siamo costretti a vivere e quello che significa essere umani.[image error]
November 30, 2023
Il cervello ha un sesso?

La passione per la bibliomania di questo blogger è continuamente alimentata dalla quantità di libri che ha accumulato nella sua vita. Libri che conserva, colleziona e si sforza di aggiornare anche in maniera virtuale, in questo blog che cura da diversi anni ormai. Non sono solo libri suoi, ma anche libri appartenenti alla famiglia. In particolare alla sua compagna, con la quale ha condiviso gran parte della sue esperienze di vita e di cultura. Va detto però che non sempre, nel corso degli anni, abbiamo condiviso allo stesso modo i piaceri che possono provenire dalla lettura di un libro. Anzi, i momenti di “conflitto” sono stati anche diversi.
Questo fatto mi ha portato a pensare che il cervello delle donne sia molto diverso da quello dell’uomo. Per questa ragione mi ha incuriosito una notizia apparsa sulla stampa qualche tempo fa circa la pubblicazione da parte di una psichiatra americana di un libro sul cervello degli uomini. In esso la studiosa Louann Brizendine afferma che il cervello dei maschi è fatto per pensare al sesso, molto più spesso di quello delle donne a causa di un mix ormonale e dell’influenza della cultura sulla crescita.
Secondo lei il maschio è per “default”, per così dire, per nascita, un pò “guardone”. Il suo cervello per sua natura è più occupato dal sesso. Non ho ancora avuto modo di leggere questo libro ma mi ha incuriosito conoscere qualcosa sul funzionamento del cervello delle donne. Guarda caso, la stessa psichiatra scrittrice ha pubblicato qualche anno fa un altro libro sul “suo” cervello, intendo quello a cui appartiene la sua categoria umana: quello delle donne.
L’ho cercato e me lo sono letto, anche pensando al cervello di mia moglie, compagna in questa patologia che è la lettura. Mi limiterò qui a parlare soltanto di questo libro, riservandomi di fare la stessa cosa non appena avrò letto quello sul cervello di noi uomini.
Mi ha colpito in questo studio un brano per il modo in cui la scrittrice cerca di sintetizzare le sue impressioni sulla differenza di approccio che le donne e gli uomini hanno nei confronti del sesso. Lo riporto integralmente in inglese per non privare il lettore del gusto e della coloritura che la scrittrice riesce a sintetizzare delle differenze in poche frasi:
“Just as women have an eight-lane superhighway for processing emotion while men have a small country road, men have a Chicago’s O’Hare Airport as a hub for processing thoughts about sex whereas women have the airfield nearby that lands small and private planes. That probably explains why eight-five percent of twenty to thirty year old males think about sex every fifty two seconds and women think about it once a day or up to every three or four seconds and woman think about it once a day or up to every three or four hours on their most fertile days. This makes for interesting interactions between the sexes”.
“Come le donne hanno una autostrada a otto corsie per elaborare le emozioni, gli uomini posseggono una piccola strada di campagna. Gli uomini hanno, invece, uno spazio grande quanto quello dell’aeroporto “O’ Hare” di Chicago per la elaborazione dei pensieri sul sesso, mentre le donne hanno un campicello per piccoli arerei privati. Ciò spiega, forse, perché l’ottantacinque per cento degli uomini di età tra i venti e i trenta anni pensa al sesso ogni tre/quattro secondi, una donna una volta al giorno, e ogni tre/quattro ore nel giorni di fertilità. Tutto questo fa una interessante differenza tra i due sessi”.
Non sono mai stato all’aeroporto di Chicago, ma posso comprendere l’immagine che la psichiatra usa per stabilire il traffico di pensieri che passano per la mente degli uomini circa il sesso. Statisticamente ogni 52 secondi noi maschietti pensiamo a quella “cosa”, mentre la nostra metà del cielo soltanto una volta al giorno. Una cosa davvero spiazzante per i maschietti, anche se mi resta la curiosità di sapere come la esimia psichiatra abbia accertato una “cosa” del genere. Sicuramente avrà trascorso molto del suo tempo di ricerca tra l’aeroporto di Chicago e la camera da letto …
Sia come sia, resta il fatto certo che gli uomini e le donne fanno l’esperienza del mondo in maniera molto diversa a causa dei propri ormoni sessuali. Ma, visto che parliamo di cervello, vediamo come effettivamente stanno le cose “in loco”. Brizendine nel suo libro fa notare il fatto che il cervello degli uomini è più grande del 9% di quello delle loro compagne. Ecco perché in passato si parlava di superiorità maschile.
In effetti il numero delle cellule cerebrali è identico, anche se le cellule delle donne sono messe in maniera molto più ristretta. Nell’area dedicata all’udito e alla parola, il cervello femminile contiene 11 % in più di quello degli uomini. E questo è un fatto su cui non si discute. Come pure è un fatto che l’ippocampo femminile è molto più grande di quello maschile. Il che vuol dire più memoria.
All’età di otto settimane, sia il feto maschile che quello femminile hanno lo stesso aspetto. Ma poco dopo quello maschile viene inondato di testosterone il quale elimina le cellule della comunicazione e fa crescere quelle del sesso e dell’aggressività. Dal punto di vista biochimico, dopo la prima parte della gravidanza, la differenza tra i due feti è marcata e alla nascita diventerà sostanziale.
Ad esempio, quando viene alla luce una bambina è portata subito a distinguere volti e voci, a stabilire un contatto visivo e a parlare molto prima del maschietto. I circuiti della parola sono molto meglio sviluppati del suo collega maschio e questo lo si può verificare sin nella età adulta. Se non sempre, aggiungo io, da maschio … La Brizendine del resto afferma che le donne sono in grado di produrre una media di 20.000 parole al giorno, al confronto della sole 7000 degli uomini. Un primato!
Man mano che il tempo passa, in pubertà, la ragazzina cambia modo di pensare e comportamento, a seconda del livello degli estrogeni, del progesterone, del cortisolo nel cervello. Gli altri importanti ormoni femminili sono la oxytocina e la dopamina. Questa realtà chimica trasferisce nel cervello femminile il piacere di chiacchierare, scambiarsi segreti, pettegolezzi, sperimentare nuovi gusti e idee.
Insomma, si sviluppa il senso della comunicazione e della presenza. In questi anni giovanili, e fino alla maturità, gli effetti ormonali si fanno sentire in maniera forte e portano i due cervelli, quello maschile e quello femminile, in due diverse direzioni. Quello maschile va verso l’autonomia e l’indipendenza, quello femminile verso la socialità e gli affetti.
L’autrice di questo interessante libro che, tolte le molte sezioni dedicate alle appendici e alle note, non supera le 200 pagine, è convinta che la differenza tra il cervello maschile e quello femminile sia essenzialmente ormonale e quindi biologica. Il testosterone nei maschi fa dei maschi uomini molto competitivi ed impegnati. Mentre gli estrogeni nel cervello femminile indirizzano le donne ai legami socializzanti ed emotivi. Esse sentono sempre forte la necessità di esternare e comunicare e sono sempre meno portate all’isolamento ed alla riflessione. E’ importante, perciò, a suo parere, conoscere come le forze fisiologiche e genetiche del cervello funzionano.
Le donne possono intervenire su questo loro comportamento usando terapie di estrogeni in forma di pillole in maniera da rimpiazzare gli ormoni e avere maggior controllo sulla loro esperienza della realtà di ogni giorno. Non è un caso che l’autrice propone in appendice varie terapie ormonali che fanno al caso in esame. Ella è convinta che le donne potranno così operare intervenendo direttamente sul modo di vivere e gestire il proprio cervello, così come hanno fatto con la pillola contracettiva.
Quali sono le conclusioni da tirare dopo di avere ultimata la lettura di questo libro? Tra il marito e la moglie di chi legge è meglio non mettere più ormoni sessuali di quanto non ne abbia già messo madre natura… Buona lettura!
[image error]November 26, 2023
Un’arma a doppio taglio, il secondo cervello. Un totem …

Un totem è un oggetto o un simbolo che rappresenta un’entità o un concetto significativo per una determinata cultura, società o gruppo. L’uso dei totem è diffuso in molte tradizioni indigene e tribali in tutto il mondo.
I totem possono essere costituiti da vari materiali, come legno, pietra, argilla, tessuto o metallo, e possono assumere forme diverse, come sculture, tovaglioli, maschere o dipinti. Spesso sono intagliati o decorati con simboli o immagini che rappresentano animali, piante o elementi naturali.
I totem svolgono diverse funzioni all’interno delle comunità che li utilizzano. Possono essere considerati come guardiani spirituali, simboli di identità culturale o mezzi per comunicare con il mondo spirituale. In molte tradizioni, i totem sono associati a una serie di credenze, miti e rituali che ne regolano l’uso e l’interpretazione.
È importante notare che il significato specifico di un totem può variare da cultura a cultura. Ad esempio, in alcune tradizioni indigene dell’America del Nord, i totem possono rappresentare gli antenati o i clan, mentre in altre culture possono essere associati a forze naturali o divinità specifiche.
In contesti moderni, il concetto di totem può anche essere utilizzato in senso metaforico per indicare un oggetto o un simbolo che rappresenta qualcosa di importante o di significativo per una persona o un gruppo, anche al di fuori delle tradizioni culturali indigene. Ecco ulteriori informazioni sui totem:
Significato e funzione: I totem hanno un significato profondo all’interno delle culture che li utilizzano. Svolgono diverse funzioni, tra cui:
Identità culturale: I totem possono rappresentare un legame con le radici culturali e un senso di appartenenza a una determinata comunità o gruppo etnico.
Protezione e guida: I totem sono spesso considerati guardiani spirituali e possono offrire protezione, saggezza e orientamento alle persone o ai clan a cui sono associati.
Comunicazione spirituale: In alcune tradizioni, si crede che i totem fungano da ponte tra il mondo umano e il mondo spirituale, consentendo la comunicazione e l’interazione con gli spiriti o le divinità.
Rappresentazione simbolica: I totem possono simboleggiare caratteristiche o qualità attribuite agli animali o agli elementi naturali che rappresentano. Ad esempio, un totem raffigurante un’aquila può simboleggiare la forza e la libertà.
Animali totem: Uno dei tipi di totem più comuni è l’animale totem. Nelle culture indigene, gli animali totem sono considerati rappresentanti di specifiche caratteristiche, virtù o poteri. Si crede che ogni individuo abbia un animale totem che lo accompagna e lo guida lungo il percorso della vita. Gli animali totem possono variare da persona a persona e possono essere determinati attraverso visioni, sogni o esperienze personali.
Totemismo: Il totemismo è un sistema di credenze e pratiche che ruota attorno ai totem. Può includere rituali, cerimonie e pratiche di venerazione dei totem. Il totemismo è stato ampiamente studiato nel campo dell’antropologia e ha suscitato interesse per le sue implicazioni sulle strutture sociali e religiose delle culture che lo praticano.
Utilizzo contemporaneo: Sebbene l’uso dei totem sia strettamente legato alle tradizioni culturali specifiche, il concetto di totem può anche essere applicato in contesti moderni. Ad esempio, alcune persone potrebbero identificare un oggetto o un simbolo personale che rappresenta una qualità o un valore importante per loro, come un totem personale. Inoltre, il termine “totem” può essere utilizzato in senso metaforico per riferirsi a un simbolo o a un punto di riferimento che un gruppo o una comunità considera significativo.
Controlla, sorveglia, spia e manipola chi lo possiede, ma apparentemente non si può fare a meno di tenercelo così com’è. Cos’è? Lo smartphone non è un telefono, è ben altro. Un dispositivo che ormai fa parte integrante della vita quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo, è un oggetto controverso che suscita dibattiti sui suoi vantaggi e svantaggi.
Da un lato, offre una vasta gamma di funzionalità e opportunità di connessione senza precedenti, ma dall’altro solleva preoccupazioni riguardo alla sorveglianza, alla manipolazione e alla dipendenza tecnologica. Lo uso da una ventina e più di anni. Molti sono i pro e i contro dello smartphone, i suoi aspetti positivi e quelli negativi.
Pro: Connessione globale e accesso alle informazioni. Uno dei principali vantaggi dello smartphone è la sua capacità di connettere le persone in tutto il mondo. Grazie alle applicazioni di messaggistica istantanea, ai social media e alle chiamate video, è possibile comunicare con amici, familiari e colleghi a distanza, superando le barriere geografiche. Inoltre, lo smartphone offre un accesso immediato a una vasta quantità di informazioni attraverso internet. Ciò consente di rimanere costantemente aggiornati su notizie, eventi, ricerche accademiche e molto altro, aumentando la consapevolezza e facilitando la diffusione della conoscenza.
Contro: Sorveglianza e violazione della privacy. Tuttavia, lo smartphone è anche un potente strumento di sorveglianza. Attraverso la raccolta di dati personali, le app e le organizzazioni possono monitorare e profilare gli individui, raccogliendo informazioni come la posizione geografica, le abitudini di navigazione e le preferenze personali. Questo solleva preoccupazioni legate alla violazione della privacy e all’uso improprio dei dati. Inoltre, il rischio di hacking e furto di identità è aumentato, poiché molte informazioni sensibili sono memorizzate sui dispositivi mobili.
Pro: Efficienza e produttività. Lo smartphone offre una vasta gamma di strumenti che migliorano l’efficienza e la produttività. Le app di gestione del tempo, i calendari, i promemoria e le applicazioni di produttività consentono di organizzare le attività quotidiane, semplificare le comunicazioni e gestire i compiti in modo più efficiente. Inoltre, molte professioni beneficiano dell’accesso costante alle email, ai documenti di lavoro e alle risorse online, consentendo di lavorare in modo flessibile e di rimanere connessi anche al di fuori dell’ufficio.
Contro: Dipendenza tecnologica e isolamento sociale. L’ampia disponibilità di intrattenimento e di app sociali sullo smartphone ha portato a una crescente dipendenza tecnologica. Molte persone trascorrono ore sui social media, videogiochi o app di streaming, spesso a discapito delle interazioni sociali faccia a faccia. Questa dipendenza può portare all’isolamento sociale, alla riduzione della qualità delle relazioni personali e all’alterazione delle abitudini di sonno e di vita sana.
Pro: Creatività e sviluppo personale. Grazie alle fotocamere di alta qualità, alle app di editing e alla possibilità di condividere facilmente contenuti online, lo smartphone ha aperto nuove opportunità per l’espressione creativa e lo sviluppo personale. Le persone possono scattare foto, registrare video, scrivere blog o persino creare musica direttamente dal loro dispositivo. Questa democratizzazione della creatività ha permesso a individui talentuosi di emergere e condividere il loro lavoro con il mondo intero.
Contro: Distrazione e perdita di concentrazione. Lo smartphone può essere una fonte di distrazione costante. Le notifiche incessanti, i messaggi in arrivo e la tentazione di verificare costantemente le app possono interrompere la concentrazione e ridurre la produttività. Questo problema è particolarmente evidente negli ambienti di studio o di lavoro, dove la necessità di concentrarsi e completare compiti complessi viene compromessa dalla continua interazione con lo smartphone.
Conclusioni: Lo smartphone è un dispositivo che offre innumerevoliopportunità e vantaggi nella nostra società moderna, ma è anche accompagnato da sfide e rischi significativi. La connessione globale, l’accesso alle informazioni, l’efficienza e la creatività sono solo alcune delle sue qualità positive. Tuttavia, la sorveglianza, la violazione della privacy, la dipendenza tecnologica, l’isolamento sociale, la perdita di concentrazione e altre problematiche sono aspetti negativi che non possiamo ignorare.
La chiave per massimizzare i benefici dello smartphone e mitigare i suoi svantaggi è l’uso consapevole e responsabile. Dovremmo essere consapevoli delle implicazioni della nostra presenza online, proteggere la nostra privacy, stabilire limiti nell’uso dello smartphone e bilanciare il tempo trascorso sul dispositivo con interazioni sociali reali. Inoltre, è importante promuovere l’alfabetizzazione digitale e l’educazione digitale per garantire che le persone siano consapevoli dei rischi e delle opportunità associate all’uso degli smartphone.
In definitiva, lo smartphone è uno strumento potente che può migliorare la nostra vita in molti modi, ma richiede una gestione responsabile per evitare gli effetti negativi. Sta a noi come individui e come società sfruttare appieno i suoi vantaggi e affrontare le sfide che presenta, allo scopo di creare un equilibrio sano tra la tecnologia e la nostra vita quotidiana.

November 24, 2023
Oggi nacque il romanzo moderno

Il 24 novembre è il compleanno di un prete anglicano vissuto nel 18° secolo, molto noto ai suoi tempi per le sue relazioni sentimentali. Nacque nella contea di Tipperary in Irlanda, nel 1713. Scrisse un libro rivoluzionario, un’opera letteraria che è alla base del romanzo moderno: “La vita e le opinioni di Tristam Shandy, Gentiluomo”. Una storia che si dipana per circa ottocento pagine, ma che non stanca e non annoia mai. Un flusso continuo della coscienza che ricorda la bacheca dei moderni social network. L’autore inizia il romanzo facendo alcune fondamentali considerazioni sulla propria vita a partire dalla sua nascita. Cerca di dare una risposta, ma non credo ci riesca. Non ci sono riuscito neanche io. Considerazioni sulla propria vita: “Vita e opinioni del gentiluomo Tristan Shandy”:
Capitolo I[image error]
“Avrei desiderato che mio padre o mia madre, o invero tutti e due, poiché era parimente dovere di entrambi, avessero badato a quel che facevano quando mi generarono. Se avessero debitamente considerato tutto quanto dipendeva da quel che allora erano intenti a compiere, che cioè non solo la creazione di un essere razionale era in giuoco, ma presumibilmente che la felice formazione e costituzione del suo corpo, forse il suo genio, il vero e proprio stampo del suo spirito, anzi, per quanto ne sapessero loro, persino le fortune di tutta la sua casa avrebbero potuto dipendere dagli umori e dalle disposizioni prevalenti in quel momento; se essi avessero debitamente soppesato e valutato tutto ciò e agito in conformità, sono fermamente convinto che nel mondo avrei fatto ben altra figura di quella in cui forse apparirò al lettore. Credetemi, brava gente, questa non è cosa di così poco conto come molti di voi potrebbero essere indotti a credere; voi tutti, suppongo, avrete sentito parlare degli spiriti animali, di come essi siano trasfusi di padre in figlio, ecc., ecc., e di un’infinità di altre cose al riguardo. Ebbene, potete credermi sulla parola che nove parti su dieci della sensatezza o dell’insensatezza d’un uomo, dei suoi successi o insuccessi in questo mondo dipendono dai loro movimenti e dall’energia della loro azione, dai differenti ambienti e ordinamenti in cui li collocate, di modo che, una volta che vengono lasciati mettersi in moto, nella direzione giusta o sbagliata, — e non è una bazzecola, — se ne vanno disordinatamente come pazzi sfrenati; e a furia di battere e ribattere lo stesso percorso, in breve tempo se ne fanno una strada piana e liscia come un viale di giardino, dalla quale, una volta che vi siano avvezzi, neppure il Diavolo in persona sarà talvolta in grado di allontanarveli.
“Scusa, caro”, disse mia madre, “non hai per caso dimenticato di caricare l’orologio?”
“Buon Dio!” gridò mio padre, sbottando in un’esclamazione, ma badando allo stesso tempo di moderare la voce. “Hai mai donna, dalla creazione del mondo, interrotto un uomo con una domanda così sciocca?”
Scusate, che stava dicendo vostro padre?
Nulla …”
November 23, 2023
L’ “Ippogrifo” tra il cartaceo e il digitale

Nei giorni scorsi ho ricevuto in gradito dono questi due libri. Sono due romanzi scritti da autori che non conosco, come non conosco gli argomenti trattati. Due eleganti libri cartacei prodotti da una casa editrice che porta il nome di una creatura leggendaria. Oltre ad essere un progetto aziendale, questa impresa editoriale ha anche una storia umana e personale che merita di essere raccontata.
Ho avuto il piacere di conoscere il fondatore, al quale mi legano affettuosi ricordi e rapporti continuativi con i figli. Il professore Giovanni Ciociano è stato una persona di notevole rilevanza umana e di grande spessore intellettuale nella Città di Sarno, nella Valle dei Sarrasti. La sua prematura scomparsa ha privato il paese di una intelligenza che senza dubbio avrebbe aiutato a migliorare e crescere questo territorio in maniera diversa.
Appassionato di ogni specie di interessi sia culturali che politici, sociali e religiosi, Giovanni Ciociano ebbe modo di trasferire le sue doti e le sue qualità ai figli. Mentre Cosimo ha scelto la strada della medicina, Francesco, provetto avvocato, ha raccolto la passione del Padre per i libri. Insieme diedero vita alla casa editrice L’Ippogrifo, trasformando il simbolo di un mito classico e antico in una moderna attività culturale.
Appena nati come casa editrice, i due fondatori Giovanni e Francesco Ciociano hanno indirizzato i loro interessi soprattutto per la Storia locale di due importanti realtà umane quali quella del Cilento e dell’Agro nocerino-sarnese. Vicine geograficamente, ma così lontane culturalmente. In particolare, Giovanni amava raccontare le storie del luogo che gli aveva dato i natali.
Con il passar del tempo, la passione per la storia locale è divenuta dapprima amore per la microstoria e, più tardi, per la storiografia. Sia il Cilento che la Valle dei Sarrasti ne avevano di storie da raccontare. Non è un caso che il simbolo dell’ippogrifo sia una creatura leggendaria che combina le caratteristiche di un cavallo e di un grifone.
Il grifone è un animale mitologico con corpo di leone, la testa e le ali di aquila. Il cavallo, invece, è un animale reale che è stato associato alla conoscenza e all’intelletto fin dall’antichità. Come simbolo di una casa editrice è significativo perché rappresenta una doppia e composita anima. Fu senza dubbio una scelta del genitore. Giovanni sapeve bene che la casa editrice è un’azienda commerciale che deve essere redditizia e competitiva. Dall’altro lato, la casa editrice è anche un’istituzione culturale che ha il compito di promuovere la conoscenza e la diffusione del sapere.
Creatività e rigore erano davvero le parole che caratterizzavano il prof. Giovanni con il quale ebbi il piacere di condividere molte esperienze ed iniziative sempre legate alla realtà dei libri e della stampa in particolare. Lui di certo sapeva far convergere tradizione e innovazione in un mondo che stava velocemente cambiando nei turbolenti anni settanta. L’ippogrifo è una creatura leggendaria che affonda le sue radici anche nella tradizione. Giovanni Ciociano amava la tradizione nella sua irrinunciabile classicità.
D’altra parte l’Ippogrifo è anche un animale immaginario che rappresenta l’innovazione e la fantasia e il prof. Ciociano era sia immaginativo che innovativo. Quando Franco ha voluto omaggiarmi con questi due volumi, che non ho ancora letto, mi sono reso conto che era quasi come un messaggio che mi mandava suo Padre inaspettatamente, a distanza di tre/quattro decenni. 1985/2023 sono le due date che segnano i 38 anni di attività della casa editrice.
Un tempo abbastanza lungo durante il quale il mondo del libro, come quello della comunicazione, e non solo, ha visto una incredibile trasformazione molto simile a quella che fece Gutenberg con i suoi caratteri a stampa mobili cinque secoli fa. Mi sarebbe piaciuto continuare ad avere accese discussioni con Giovanni Ciociano su questa mutazione epocale che stiamo vivendo.
Quante discussioni eravamo soliti avere nella tipografia “La Grafica Sarnese”, di quell’indimenticabile amico comune che fu Gaetano Amato, davanti ad una bozza di stampa, una copertina da scegliere, un carattere da adottare, un testo da rivedere, un termine da ripensare. Quante discussioni accese in quel Circolo dell’Unione in piazza Municipio, gli scontri dialettici sul discutibile dialetto sarnese napoletano di Gino de Filippo, anche lui indimenticabile amico comune.
Non so quanti libri, articoli, prefazioni, analisi, postfazioni e commenti, incluse tesi di laurea, abbia scritto Giovanni Ciociano. Puntuali e sempre pertinenti quelli sui libri del poeta Gino de Filippo. Quando ci ritrovavamo a discutere, ci chiedevamo sempre le ragioni e il senso dei libri e cosa accade quando leggiamo. Non posso ancora esprimermi sui due libri che Francesco Ciociano ha voluto gentilmente donarmi. Edizioni cartacee che lasciano il tempo che trovano in un tempo in cui tutto è destinato a finire nel “cloud”, la “nuvola” digitale. Avrei chiesto a Giovanni, e lo chiedo a Franco, perchè i libri dell’Ippogrifo non sono anche digitali.
Mentre sfoglio i due libri, posso dire soltanto che “Pasqua senza Papa” è una storia avvincente ambientata nel 1849, in una Repubblica romana appena costituita eppure già in crisi e in una Roma che vede Papa Pio IX lontano, esule a Gaeta. Un romanzo storico a firma di Raffaele Aufiero, bibliotecario romano. “Il giudice dei briganti” scritto da Carlo Spagna, magistrato in pensione, nel suo romanzo racconta un pezzo della sua storia familiare, in una sorta di romanzo “verista”, l’epopea dei briganti in terra di Lucania.
Viene spontaneo farmi alcune domande e rifletto su un fondamentale interrogativo: cosa succede quando leggiamo un libro, senza conoscere nulla, non solo su chi l’ha scritto, ma anche sul determinato argomento. Quali sono gli effetti della lettura cartacea e quella digitale? Ci sono differenze, convenienze, vantaggi e necessità? Quanto c’è di vero quando si dice che l’informazione ha una natura digitale, mentre quella cartacea conduce alla vera conoscenza?
Una recente ricerca dell’Università della Virginia, negli Stati Uniti, ha dato una risposta scientifica a queste domande. Mi sarebbe piaciuto discuterne con Giovanni Ciociano, lui avrebbe certamente avuto risposte intelligenti, basate sempre sulla sua lunga esperienza non solo di docente, ma anche di attento studioso. Avrebbe certamente concordato con questi ricercatori della Virginia University che i libri hanno un effetto sull’attività celebrale, sia immediato che sul lungo periodo.
La ricerca analizza gli effetti neurologici e cognitivi della lettura di libri sia cartacei che digitali, in un arco di tempo che va dai primi 10 minuti ad alcuni anni. Giovanni Ciociano avrebbe certamente detto la sua, sia sul libro digitale che su questo nuovo modo di leggere. Non penso che avrebbe messo in dubbio l’esistenza di una immediata stimolazione istantanea del sistema sensoriale come tatto, vista e olfatto colpiti da un impulso sia sulla lettura cartacea che su quella digitale.
A livello intellettivo si riscontra un sorta di eccitazione per la novità dell’esperienza, un lieve senso di disorientamento, una certa resistenza alle nuove idee e un generale aumento dell’attività celebrale. Dopo una trentina di minuti gli effetti aumentano e si può arrivare a sperimentare allucinazioni uditive o visive. Il lettore viene “letteralmente” trasportato in un altro mondo e in un altro tempo. Le immagini che corredano questi due libri lo dimostrano. Il giudice, i briganti, il papa, Roma e la sua Repubblica.
Inizio della lettura. Comincia anche un rapporto fisico con il libro nel caso del libro cartaceo. Si piegano gli angoli delle pagine per farne dei segnalibri, si sottolineano alcune frasi, si scrivono note a margine. Dopo 60 minuti, sempre secondo la ricerca, l’immersione nel libro è totale. Il lettore può provare sensazioni opposte, dalla risata al dolore. Spesso, chi legge narrativa, prova una sorta di connessione emotiva con i personaggi e gli eventi del libro, mentre il “mondo reale” tende a scomparire.
Il lettore è completamente sopraffatto e può succedere che interrompa la lettura e si metta a fissare il vuoto. Si pensa che questo sia un effetto collaterale, insieme all’esposizione a fatti e idee completamente nuovi e una più profonda conoscenza della condizione umana: questo di chiama “imparare”. Dopo più di 60 minuti: Il libro adesso ha assorbito completamente il lettore, che se ne distacca volentieri.
Nel caso di una lettura digitale, se dovessi affrontare gli argomenti proposti da questi due libri dovrei stare ben attento a evitare di essere disturbato dai continui messaggi provenienti dalla Rete. Dovrei saper “navigare” la mia lettura nella “nuvola” del libro, per non essere disturbato da elementi esterni provenienti dalla Rete. Come anche nel caso della lettura cartacea con il mondo esterno al lettore.
Avrei però la possibilità di essere aiutato dal sistema con l’accesso al dizionario, agli appprofondimenti della Rete, alle connessioni, a scrivere note, a eventualmente tradurre da una lingua ad un altra, a condividere sui social. Potrei evidenziare colorando, commentando il testo per successivi approfondimenti e letture. Tutte queste opzioni fanno la differenza. Mi sarebbe piaciuto sentire il parere di Giovanni. Mi chiedo come sarebbe stata la lettura digitale di questi due libri. Certamente diversa, molto diversa e di certo più mirata e dinamica.
Imparai a sentire, ascoltare, leggere e scrivere con i caratteri mobili di Gutenberg nella nostra piccola tipografia di famiglia in Piazza Municipio a Sarno, nella Valle dei Sarrasti. Giovanni conobbe quei luoghi, conobbe anche mio Padre. Dovrei fare un lungo dettagliato racconto, descrivere il giusto contesto, per arrivare a capire con esattezza cosa significa un libro, comprenderlo, ricordare quello che si legge e cosa rimane dopo.
Lettera dopo lettera, sul tipometro del compositore, riga dopo riga nella pagina della forma, in macchina, pronto per la stampa, un viaggio fisico e mentale che finisce nelle mani di chi scopre se stesso, gli altri e il mondo in un’avvincente esperienza. Le lettere erano di piombo e di legno. I caratteri erano di varia forma, grandezza e spessore. Il cassettone era la loro casa, in quei piccoli spazi quadrati. Dall’alto in basso, da sinistra verso destra. Mi avevano insegnato a toglierle e metterle. Ognuna nel suo spazio. Maiuscole e minuscole, tonde, corsive o in neretto.
Mi avevano dato quel compito. Ognuna al suo posto. Ma spesso il compositore a mano sul tipometro non trovava la lettera giusta. Nella casella della “A” era uscita invece una “P”. Avevano deciso che era colpa mia. Avevo sbagliato a “scomporre”. Il carattere sbagliato nella casella sbagliata. Poi venne la “riga”. Conoscevo le lettere, dovevo ora leggere la “riga”. Aveva senso fino al punto. C’era anche la virgola e il punto e virgola, l’esclamativo e l’interrogativo, i due punti, l’eguale. A poco a poco le cose sembravano sempre più difficili. Avevo cominciato a leggere ed ero pronto ad incontrare il senso.
Gliela dava la “forma”, quel blocco di righe di piombo composto di lettere messe l’una dietro l’altra, legate con un filo di spago. Ci passava sopra un cilindro bagnato di inchiostro, il foglio avrebbe dato la luce al senso. Foglio dopo foglio, quinterno dopo quinterno, in ottavo o sedicesimo, il libro era pronto per nascere. La sua fisicità conteneva il senso della storia, il racconto, la poesia, il clichè dava l’immagine. Ero pronto a leggere.
Ecco, a questo punto posso rispondere alla domanda che pone questi ricordi: Che succede quando si legge un libro? C’è differenza tra il cartaceo e il digitale? Ho detto solo in parte quello che è successo a me. Come faccio a dire cosa succede a chi legge un libro? Ogni libro dà al lettore il proprio senso. Come leggo io, non legge l’altro, chiunque abbia lo stesso o un diverso libro tra le mani.
Ogni lettura è un’esperienza personale, un viaggio ed un’avventura. Sono più di quattro ventenni che continuo ad avventurarmi nel libri. E non finisce qui. Io questi due libri che ho davanti li avrei letti volentieri in digitale, sul mio pc, ipad oppure sul mio smartphone. Sarebbe stata una esperienza ben diversa. Giovanni ne avrebbe convenuto. Grazie comunque lo stesso sia a Francesco che Giovanni Ciociano per questa esperienza di lettura cartacea. Il “figlio del tipografo”, ringrazia.[image error]
November 22, 2023
Ho sognato un mostro, ma ero sveglio

Ho un sogno. Una frase che sentiamo spesso dire in questi tempi di magra in cui anche i sogni sembra ci siano stati rubati. Da chi? Inutile dire. Ognuno conosce i suoi ladri. I “politici”, innanzi tutto, i quali sanno sempre come fare, da che tempo è tempo. Le cose sono sempre andate così. C’è anche chi, occupandosi sempre di politica, è riuscito ad uscire vivo dalla politica ed invecchiarci, oppure chi invece è finito appeso ad un distributore di benzina. Perchè anche Lui fu un giornalista che iniziò a sognare, e far sognare milioni di persone, occupandosi di politica. Tutto, come si sa, è relativo, checché se ne dica.
Se le cose stanno così, difficile dire quale sia il più eluso ed abusato dei canonici “comandamenti”. Non ci resta che sognare. Io spero che qualche sogno sia ancora possibile se non farlo oggi, almeno sperare di farlo domani, per chi è giovane. Come quello, ad esempio, di potere dare una risposta a quel bambino che ho sentito chiedere qualche giorno fa alla sua mamma: “Cos’è il cancro?” Poter rispondere: “Era una brutta malattia, un tempo, oggi non più.” Come è stato per la poliomelite, ricordate Sabin?
Ma andiamo per ordine. Diamo una una lista ai miei possibili/impossibili sogni. Ad una certa età si cerca la sintesi e un filo conduttore, che non ci faccia uscire fuori di testa. Ecco, ho deciso. I miei sogni sono solo dieci. Come i classici “comandamenti”.
Sogno che ci sia un solo Dio nel quale tutti possano credere. Per chi decide di credere, quante religioni ci sono? Ce ne sono diverse. Impossibile contarle. Tra quelle del passato e quelle del presente c’è la possibilità di smarrirsi sia nell’anima che nel corpo. Avere tra le mani una enciclopedia delle religioni è una esperienza, lasciatemelo dire, poco spirituale. Si finisce per non credere. Ma ce ne sono diverse anche per chi non crede.
Sogno che il suo nome non venga nominato invano. Avete notato quante volte il nome di Dio viene nominato? In tutte le sue implicazioni Lui è sempre presente, minacciato, invocato, comunque nominato senza che ce ne sia la necessità. E’ vero che ci sono religioni in cui è vietato fare il suo nome. Ce ne sono altre, però, dove la sua immagine viene decisamente proposta in tutte le salse. Inaccettabile!
Sogno che nel calendario degli uomini ci possano essere feste eguali per tutti. Le feste degli uomini sono state sempre collegate alla religione. Per questa ragione sono diventate necessarie, per rinnovare il legame che unisce gli uomini al trascendente. Come rinnovano gli uomini questo legame? Nelle maniere più assurde: flaggellandosi, facendo volare angeli umani, rincorrendo animali, mettendo su spettacoli davvero poco edificanti. Tutto in nome di un dio.
Sogno che tutti abbiano un padre ed una madre da amare e onorare. Mi sembra naturale che si debba rispettare sia il padre che la madre, anche se al giorno d’oggi diventa sempre più difficile capire chi sia il padre e la madre. Possono addirittura essercene più di uno o una. Il che complica le cose. Onorare il padre e la madre significa onorare la famiglia. Quale famiglia? Allargata, allungata, trasversale, incrociata, infrociata, nucleare, mononucleare?
Sogno che nessun uomo uccida un altro uomo per nessuna ragione.
Un divieto questo che dai tempi di Caino non viene mai disatteso. Si uccide non solo in maniera tradizionale, come ad esempio con le guerre, ma anche in altri modi sofisticati e scientifici, senza che nessuno se ne curi. Basta sentire un telegiornale e i morti ammazzati quotidiani sono sempre alla ribalta.
Sogno che nessun atto umano sia fatto contro la sua vera natura.
Questa faccenda della natura è il mistero dei misteri. Tutti ne facciamo parte, tutti la tradiamo, giorno dopo giorno. Ricordate il grande poeta che la chiamò “matrigna”? Lui ce l’aveva con lei perché l’aveva fatto in quel modo. Oggi molti stanno cercando di sfondare il muro del suo mistero. Quando lo faranno, genereranno “mostri”.
Sogno che nessuno rubi. Questa faccenda del rubare poi sembra essere lo sport non solo nazionale ma internazional-planetario. Un verbo dalle vaste dimensioni semantiche. Tra il rubare una mela e rubare il futuro c’è di mezzo l’universo insondabile dell’animo umano portato ad impossessarsi di quello che non è suo. Abbondano i codici civili e penali, i tribunali e le costituzioni. Non basteranno mai a fermare l’uomo che ruba.
Sogno che tutti dicano la verità. Tutti dicono di conoscere la verità o almeno di poterla possedere, dimostrarla, amministrarla. Non ci credete. Mentono sapendo di mentire. Marco Aurelio ha lasciato scritto “Tutto quello che sentiamo è un’opinione, non un fatto. Tutto quello che vediamo è una prospettiva, non la verità”. Bacone soggiunse: “La verità è così difficile da definire che talvolta ci vuole la fantasia per farla plausibile”. Ecco, credo di non potere dire meglio in proposito.
Sogno che ognuno abbia la propria donna e ogni donna il proprio uomo.
Nel mondo di oggi non dovrebbero esserci problemi per quanto riguarda questo sogno. Il desiderio di “avere”, forse è meglio usare un altro verbo, “trovare” un uomo o una donna non è cosa difficile. La scelta, come anche le opportunità non mancano, sono forse anche troppe. Ci si trova, ci si piglia, ci si lascia come ci piace e ci aggrada. Negli abbinamenti più liberi e trasversali. Un sogno realizzabilissimo.
Sogno che nessuno desideri quello che non è suo e non gli appartiene.
Un tempo si parlava di “roba d’altri”. Oggi, in un mondo che è diventato un mercato globale, tutto si può vendere e comprare. Di conseguenza i desideri si moltiplicano a velocità inarrestabile. Sono desideri “liquidi”. Scorrono, si solidificano e si sciolgono alla luce degli eventi individuali e sociali. Provocano inaspettati smottamenti, inondazioni ed esplosioni. La vita è diventata simile ad una esistenza vissuta in una bolla di sapone fatta di desideri inappagati.
Ci sarà pure qualcuno in grado di interpretare questi sogni ad occhi aperti, sogni che vengono rubati giorno dopo giorno a chi fa fatica anche a sognare, visto che non sono ancora riusciti a tassare i sogni che ognuno di noi ogni notte fa? Ma, purtroppo, ho fatto un sogno che spero non si ripeta. Ho sognato un giovane “mostro” che ha ucciso con 22 coltellate la sua fidanzata. Ma poi mi sono accorto che non avevo sognato. Ero sveglio …[image error]
November 20, 2023
La “Condizione Umana” di Magritte

Il 21 novembre del 1898 nasce Renè Magritte uno dei miei pittori preferiti.
“La condizione umana” è una frase, anzi non è nemmeno una frase, bensì una espressione molto usata in letteratura, ed in genere nella comunicazione di ogni giorno, per descrivere un modo di essere, un sentimento, uno stato d’animo di qualcuno o di gruppi umani che si affacciano alla finestra del mondo ed osservano se stessi e gli altri.
E’ anche il titolo di un quadro che a me piace molto, un olio su tela, 100X81 cm, in esposizione a Washington, alla National Gallery of Art. Opera nata come paradosso riguardante la rappresentazione che vuole sostituirsi alla realtà. Renè Magritte è l’autore. A prima vista sembra che non ci sia nulla di speciale. Una finestra scorrevole, delle tende, un paesaggio e la sua rappresentazione collocati su di un cavalletto.
I colori sono tenui, il verde dominante contro un cielo tra l’azzurro e il bianco. Da un punto di vista tecnico non ci sono preziosismi, effetti particolari. La scena è del tutto normale, quasi da fotografia. L’immaginazione riposa su di una realtà che non lascia molto alla fantasia. Del resto Magritte la dipinse guardando fuori dalla sua finestra dell’appartamento a piano terra, in una strada suburbana di Brussels dove viveva. Due anni dopo quel pezzo di terra che lui fermò sulla tela scomparve.
Il dipinto è un lavoro molto importante nella maturazione artistica di Magritte. Fino alla data del quadro egli si era limitato a produrre dipinti con temi molto enigmatici associati al movimento del surrealismo che lo portava ad una certa frantumazione dei sensi, al mistero ed alla sovversione della realtà. Poi, proprio in quell’anno, fece un sogno molto strano. Raccontò di essersi svegliato nella stanza in cui dormiva e di avere visto che il canarino in gabbia della moglie era volato via ed era stato sostituito da un uovo.
Una specie di rivelazione epifanica che gli svelò un segreto poetico, l’affinità esistente tra due oggetti: la gabbia e l’uovo. Una esperienza allucinata che lo portò ad esplorare il modo misterioso in cui gli oggetti si collegano gli uni agli altri, alla ricerca di ciò che lui poi avrebbe chiamato “affinità elettive”. Una frase forse presa da Goethe e dal suo famoso romanzo nel quale lo scrittore tedesco tenta di dimostrare che il “sapere” è il riconoscimento delle connessioni che legano le cose le une alle altre, come legami in una catena.
Tutto questo portò Magritte a rompere anche con il passato, la rinuncia agli oggetti inventati che aveva spesso usato fino ad allora. I nuovi “oggetti” della sua “filosofia della pittura” erano quelli della vita di ogni giorno come, appunto, in questo caso, una finestra, un quadro, tende, tavoli. Non più oggetti misteriosi da inventare, ma una realtà da re-inventare. Se osserviamo bene questo dipinto vedremo che c’è il dipinto di un quadro che riproduce un paesaggio finto davanti ad un paesaggio vero, una fusione di vero e falso. Si sovrappongono fino a fondersi.
Non sappiamo più dove sia finita la realtà: sul quadro dipinto oppure dietro? Il tutto diventa una metafora. Anzi, a mio parere, le metafore sono due: quella della verità-realtà e quella della pittura-falsità. Solo la striscia bianca tratteggiata della tela divide le due realtà. “Le cose visibili nascondono sempre altre cose invisibili”, ebbe a dire poi Magritte. Andare oltre la realtà fu appunto il desiderio dei surrealisti. Ed in questo si racchiude il senso vero del dilemma umano e della sua condizione: l’incapacità a scavare per trovare le ragioni della nostra esistenza.
Q uesto post l’ho scritto il 10 Agosto del 2012 ed è firmato galloway sul mio blog unideadivita diventato poi archivio.
[image error]November 18, 2023
Ieri è storia. Domani è un mistero. Oggi è un dono. Ecco perchè lo chiamiamo Presente.

Questa frase è una citazione tratta dal film d’animazione “Kung Fu Panda” del 2008. Il personaggio Tartaruga Saggezza pronuncia questa frase per trasmettere un messaggio di saggezza e consapevolezza al protagonista, il panda Po. La citazione sottolinea l’importanza di vivere nel momento presente, poiché il passato è già accaduto e il futuro è ancora sconosciuto.
L’unico momento su cui abbiamo un controllo diretto è il presente, ed è un dono perché ci dà l’opportunità di fare scelte, di apprezzare le esperienze e di creare la nostra storia personale. Quindi, la frase ci invita a concentrarci sul qui e ora e a sfruttare al massimo il tempo presente.
Vivere nel momento presente, o praticare la consapevolezza del presente, è un concetto che proviene da diverse tradizioni spirituali e filosofiche. In molte pratiche come il buddhismo, l’induismo e il mindfulness, viene enfatizzata l’importanza di essere pienamente presenti nel momento attuale anziché lasciarsi trascinare dal rimpianto del passato o dalle preoccupazioni sul futuro.
Ci sono diversi benefici associati a vivere nel presente. Innanzitutto, ci consente di apprezzare appieno l’esperienza di vita. Quando siamo veramente presenti, possiamo connetterci con ciò che accade attorno a noi e con le persone che ci circondano, godendo di ogni momento con una maggiore intensità. Ci consente di essere più consapevoli dei nostri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, e di accettarli senza giudizio.
Inoltre, vivere nel presente ci permette di prendere decisioni consapevoli e di agire in modo più efficace. Quando siamo pienamente presenti, siamo in grado di concentrarci meglio sulle attività che stiamo svolgendo, migliorando la nostra produttività e la qualità del nostro lavoro. Ciò ci permette anche di essere più attenti alle persone che ci circondano e di essere presenti per loro quando ne hanno bisogno.
Tuttavia, vivere nel presente non significa ignorare completamente il passato o ignorare la pianificazione per il futuro. È importante imparare dagli errori e dalle esperienze passate e prendere in considerazione le conseguenze delle nostre azioni future. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra il riflettere sul passato, il pianificare per il futuro e il rimanere ancorati al presente.
Ci sono molte pratiche che possono aiutarci a coltivare la consapevolezza del presente, come la meditazione, la respirazione consapevole e la pratica del mindfulness. Queste attività ci aiutano a allenare la nostra mente a focalizzarsi sul qui e ora, a riconoscere e lasciar andare i pensieri distrattivi e a coltivare una maggiore consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Vivere nel presente è un invito a cogliere l’opportunità che ci viene data ogni giorno di godere appieno della vita, di essere presenti per noi stessi e per gli altri, e di creare significato e valore nel momento presente. È un’abilità che richiede pratica e consapevolezza, ma può portare a una maggiore gioia, serenità e apprezzamento della vita.[image error]
November 17, 2023
Può la metafisica essere concreta?

La risposta a questa domanda dipende da come si definisce la “metafisica”. In senso tradizionale, la metafisica è la branca della filosofia che si occupa degli aspetti più profondi e universali della realtà, al di là dell’esperienza sensibile. In questo senso, la metafisica è spesso considerata una disciplina astratta e speculativa, che non ha un impatto concreto sulla realtà.
Tuttavia, è possibile anche concepire la metafisica in un modo più concreto. In questo senso, la metafisica può essere vista come una riflessione sulla natura della realtà che può avere implicazioni concrete per il nostro modo di vivere e pensare. Ad esempio, può aiutarci a comprendere il significato della vita, la natura del bene e del male, o il nostro rapporto con l’universo. Può anche avere un aspetto concreto in diversi modi.
In primo luogo, può aiutarci a dare un senso al mondo che ci circonda. Quando comprendiamo la natura della realtà, possiamo meglio orientarci in essa e prendere decisioni significative. In secondo luogo, la metafisica può ispirarci a vivere in modo più virtuoso. Quando comprendiamo il significato del bene e del male, possiamo essere più propensi a scegliere il bene. In terzo luogo, la metafisica può aiutarci a trovare un senso di connessione con l’universo. Quando comprendiamo la nostra posizione nel mondo, possiamo sentirci più parte di qualcosa di più grande di noi stessi.
Naturalmente, non tutti concordano sul fatto che la metafisica possa avere un aspetto concreto. Alcuni sostengono che la metafisica è intrinsecamente astratta e che non può avere alcuna rilevanza per il mondo reale. Altri, invece, ritengono che la metafisica possa avere un impatto concreto sulla nostra vita, anche se in modo indiretto. La risposta alla domanda se la metafisica possa avere un aspetto concreto dipende dal modo in cui si definisce la metafisica stessa e l’idea di concretezza.
La definizione di “concretezza” in Metafisica concreta di Massimo Cacciari sembra essere legata alla riflessione sulla relazione tra la metafisica, la scienza e la razionalità. Secondo quanto sono riuscito a capire, nei miei ristretti limiti intellettuali, il libro vuole esplorare concetti complessi come la relazione tra l’osservabile e l’inesauribile ricchezza dell’essere-relazione, nonché la relazione tra la theoría della cosa e la sua relazione al Tutto.
Si tratta di un sapere concreto che nasce e cresce con la cosa stessa, e viceversa, concentrandosi sull’attenzione per l’inosservabile dello stesso osservabile, avvolto nell’Infinito. Non sono un filosofo, non ho avuto la fortuna di avere insegnanti all’altezza di questa importante disciplina di studio, devo necessariamente usare le armi di quella insostenibile concretezza dell’essere che ogni comune mortale deve possedere quando si accorge di essere al mondo.
Non so come mi trovo ad avere tra le mani un libro di questo tipo. Ricordo di aver letto da qualche parte della sua uscita. Un libro con un titolo del genere è una sfida prima che un invito a leggere, specialmente se fatto da uno scrittore che porta quel nome. Dio mio, definire Massimo Cacciari scrittore è davvero riduttivo. Uno dei volti oltre che delle menti più televisive del pianeta. Filosofo, politico, saggista, polemista, opinionista, e scusate se ignoro altre possibili qualità.
Non saprei dire quale viene prima. Il suo lavoro va visto nel suo duplice essere un soggetto/oggetto sia come contenitore che contenuto. Compare al numero 41 nella collana Biblioteca Filosofica di Adelphi insieme a nomi che potete immaginare. 425 pagine, edizione rilegata, 19 capitoli con un indice dei nomi, per un prezzo poco popolare tanto per mantenerci nella giusta idea di concretezza. Anche la filosofia ha un prezzo, figuriamoci poi la metafisica.
Se questo è il libro di Massimo Cacciari, nella sua fisicità, inteso come contenitore, per quanto riguarda il contenuto non sono ancora in grado di dare un giudizio, fare una valutazione. Non so se mai sarò in grado di pensarli e scriverli, né tanto meno di leggere l’opera fino in fondo. Un libro del genere non può essere “letto” nel modo popolare e tradizionale nel quale si legge un qualsiasi altro libro.
Qui si tratta non solo di filosofia, ma di metafisica. Se avete avuto la fortuna e il piacere poi di vedere e ascoltare Massimo Cacciari dal vivo o in tv, vi renderete conto quanto non sia metafisico il suo pensiero, ma ben radicato sul terreno quanto mai infinito, quello delle sue conoscenze. Una metafisica concreta, appunto. Non mi sono ancora ripreso dalla lettura del primo capitolo.
Ha per incipit questo titolo: “Nos adoramus quod scimus”. Un pensiero ripreso dal Vangelo di Giovanni per dire che “noi adoriamo ciò che conosciamo”. Non so cosa potrò sapere leggendo quello che Massimo Cacciari pensa e scrive in questo suo libro. A quanto ho capito fa parte del suo sistema filosofico composto, a quanto scrive l’editore, da un folto gruppo di titoli creato nell’arco di oltre un trentennio di studi e pubblicazioni. Davvero lunga è allora è la strada che un lettore improvvisato e sprovveduto come me deve percorrere. Saremo davvero in pochi a sapere se la metafisica è “concreta”.[image error]
November 15, 2023
L’uomo non vive a una sola dimensione

“Da quando il mondo ha scoperto di essere dentro un’unica dimensione globale, si avverte ancor più il bisogno di abitare un’altra città non dominata dalla tecnica e dall’economia. Una città dell’anima e dei sogni, dove abitano i desideri e le pulsioni, i sentimenti e i valori negati nella realtà. E’ il bisogno di connettersi a un’altra dimensione, la necessità di trascendere il nostro io piccino e quotidiano, il nostro presente meschino e profano. Non sappiamo vivere senza un aldilà. Oltre la fisica cerchiamo una metafisica. Anche puerile, anche impraticabile, e fantasiosa; ma ne abbiamo bisogno come il pane; anzi il lembas, il pane degli elfi.” (Marcello Veneziani — La Verità — 14 novembre 2023)
Il pensiero espresso riflette il desiderio di molti individui di cercare una dimensione alternativa, distante dalla tecnologia e dall’economia dominanti, in cui possano esprimere liberamente i loro desideri, sentimenti e valori.
Questo bisogno di connessione con un’entità superiore o una realtà metafisica è una risposta all’esperienza quotidiana che spesso sembra limitata e priva di significato più profondo.
La ricerca di un aldilà o di una dimensione spirituale può essere considerata come una fuga dalla realtà, un modo per trovare conforto e significato in un mondo che può sembrare meschino e profano. Questa prospettiva può variare da persona a persona.
Alcuni possono cercare un senso di trascendenza attraverso la religione o la spiritualità, mentre altri possono trovare ispirazione nell’arte, nella natura o in altre forme di esperienza che li aiutano a superare i limiti della realtà quotidiana.
È interessante notare che il riferimento al “lembas, il pane degli elfi” fa eco a un elemento fantastico e immaginario, sottolineando l’aspetto utopico e irrealizzabile di questa ricerca di un’alternativa alla realtà dominante.
Tuttavia, anche se l’obiettivo potrebbe sembrare impraticabile, il bisogno stesso di un aldilà o di una dimensione spirituale può essere considerato un aspetto essenziale dell’esperienza umana, che spinge molti individui a cercare un significato più profondo al di là dei confini della fisica e della realtà tangibile.
Secondo il modello di spazio-tempo comunemente accettato dalla fisica moderna, il nostro universo è composto da quattro dimensioni: tre dimensioni spaziali (lunghezza, larghezza e altezza) e una dimensione temporale (tempo). Questo modello è noto come spazio-tempo quadridimensionale di Minkowski, sviluppato da Hermann Minkowski e Albert Einstein.
Alcune teorie fisiche avanzate, come la teoria delle stringhe e la teoria delle brane, suggeriscono l’esistenza di dimensioni aggiuntive oltre le quattro dimensioni conosciute. Queste teorie propongono che le particelle fondamentali dell’universo non siano punti, ma oggetti estesi chiamati stringhe o brane, che richiedono dimensioni aggiuntive per descrivere completamente il loro comportamento.
La teoria delle stringhe suggerisce che ci potrebbero essere almeno sei o sette dimensioni spaziali extra compatte e arrotolate su sé stesse ad un livello così piccolo da non essere ancora stato rilevato sperimentalmente. Secondo questa teoria, le dimensioni extra potrebbero essere “nascoste” o “compresse” rispetto alle dimensioni spaziali macroscopiche che sperimentiamo.
È importante notare che la presenza di dimensioni extra oltre le quattro dimensioni principali è ancora oggetto di ricerca e dibattito nella comunità scientifica. Al momento, non esistono prove sperimentali definitive per confermare o confutare l’esistenza di dimensioni extra oltre quelle che sperimentiamo direttamente.
Quindi, mentre il nostro modello attuale dell’universo prevede quattro dimensioni, ci sono teorie speculative che suggeriscono l’esistenza di dimensioni aggiuntive, sebbene non siano state ancora confermate in modo definitivo dalla ricerca scientifica. (AI)
[image error]MEDIUM
- Antonio Gallo's profile
- 52 followers
