Ella S. Bennet's Blog, page 21
April 26, 2021
Emily * Capitolo tre – sesta parte
Qualche sera dopo, il barone Buntbury, ospite di Wood, mentre sorseggiava con evidente gusto un ottimo porto parlando di questo e di quello, osservò a un tratto: «Quel Davies proprio non mi piace. E non capisco perché si sia assunto la tutela della nipote, visto che continua a disinteressarsi di lei e per giunta la costringe a vivere sotto lo stesso tetto di quella gente poco raccomandabile che considera suoi amici.»
«Probabilmente essendo l’unico parente non ha potuto rifiutarsi di accogliere Miss Harrison» osservò Wood celando il proprio interesse. «È per caso successo qualcosa di nuovo?»
«Davies è tornato a Sethgrave Park con un certo Cox, un tipo volgare e viscido. Mi è bastato incontrarlo ieri in paese per desiderare di non vederlo un’altra volta.»

«Cox, avete detto?»
«Lo conoscete?»
«Di fama. Definirlo poco raccomandabile è fargli un complimento.»
Wood comprese che la presenza di quell’uomo a Sethgrave Park poteva avere un solo significato: era venuto per riscuotere i suoi crediti. La tenuta era ormai di scarso valore nello stato di abbandono in cui si trovava, perciò anche se Davies avesse potuto alienarla non sarebbe stata sufficiente allo scopo: quindi Cox era di certo lì per Miss Harrison. Da quanto aveva saputo sul suo conto non sarebbe stata la prima volta che avrebbe preteso che un debitore saldasse il proprio conto obbligando una figlia o una sorella a lavorare in uno dei suoi locali: anzi, quello era uno dei metodi adottati da Cox per reclutare giovani donne di buona famiglia da offrire ai clienti.
Non voleva però parlarne con il vicino, così, dopo un istante di silenzio, domandò: «Avete acquistato lo stallone che desideravate?»
Il barone sorrise, la domanda introduceva uno dei suoi argomenti preferiti: «È nella mia stalla da ieri. Un animale fiero, come l’ha definito il mio capo stalliere, e uno degli esemplari più belli che abbia mai visto.»
«Verrò presto ad ammirarlo. Se dovessi decidere di fermarmi a vivere qui, piacerebbe anche a me allevare cavalli.»
«Pensate forse di chiudere con i vostri viaggi?»
Wood sorrise: «Per la verità no. Non ancora, almeno, anche se ho intenzione di organizzare le mie attività in modo da rimanere in Inghilterra per periodi più lunghi.»
Continuarono a parlare, Wood divideva la propria attenzione fra quanto aveva saputo riguardo a Davies e le parole di Buntbury. Prima che quest’ultimo si accomiatasse, non molto tardi, aveva preso la decisione di chiedere Miss Harrison in moglie. Avrebbe agito prima che Cox potesse fare altrettanto o che potesse accordarsi con lo zio per portarla con sé a Londra dove l’avrebbe chiusa in uno dei suoi club. Strinse forte il pugno destro, peccato non avere davanti quell’essere ignobile di Davies per poterlo colpire.
Si versò del brandy e ne bevve un sorso, gustandone l’aroma; poi seguì per qualche istante il riflesso della luce delle candele tremolare sul bicchiere. Non aveva idea di cosa pensasse Miss Harrison del matrimonio ma non aveva altro modo per sottrarla alla tutela dello zio. E non c’era nemmeno il tempo per chiedere la sua opinione, le avrebbe parlato dopo aver ottenuto la sua mano da Davies. Riteneva comunque che avrebbero potuto instaurare un rapporto soddisfacente per entrambi, una volta che le avesse spiegato la situazione.
Aveva deciso d’istinto come sua abitudine: la ragazza lo aveva colpito fino dal primo momento in cui l’aveva intravista e l’attrazione nei suoi confronti era andata sempre crescendo: il desiderio di proteggerla era in fondo un’ottima scusa per averla… Per quanto non avesse previsto di cercare una moglie e benché fosse refrattario ai legami, trovava allettante la prospettiva di sposare Miss Harrison.
Alzò il bicchiere in una sorta di brindisi e finì il brandy. L’indomani si sarebbe recato da Davies, certo che i suoi argomenti, in denaro sonante, l’avrebbero convinto facilmente.
Salendo le scale per andare in camera gli tornò in mente la conversazione avuta con lady Glennbourne e sorrise: più che un suggerimento quello dell’amica era stata una predizione…
April 23, 2021
Agatha Christie e Charles Osborne – La tela del ragno * Le mie letture
(edizione italiana da me letta del 2012, traduzione di Igor Longo)
Il sottotitolo di questo libro è “Tre delitti a teatro raccontati da Charles Osborne”: infatti i tre romanzi brevi raccolti sotto il titolo “La tela del ragno” sono tratti, da Charles Osborne, da altrettante opere teatrali di Agatha Christie.
I tre romanzi, ssono uno più delizioso dell’altro.
Il primo si intitola “Caffé nero” (“Black Coffee”) ed è il solo ad avere come protagonista Hercule Poirot, un Poirot particolarmente pieno di sé. L’investigatore belga viene chiamato da sir Claud Amory, uno scienziato, affinché porti a Londra, al ministro della difesa, una formula segreta di particolare importanza che riguarda un nuovo tipo di esplosivo. Ma quando Poirot, accompagnato dall’amico Hastings, in questa occasione particolarmente attratto dalle belle donne, giunge alla villa di sir Amory questi è appena stato assassinato. Così le celluline grigie del piccolo belga hanno modo di dimostrare una volta ancora le loro capacità.
Il secondo è “La tela del ragno” (“Spider’s Web”), una storia brillante e divertente; la protagonista è Clarissa Hailsham-Brown, una giovane donna sposata con un diplomatico, divorziato con una figlia di una decina di anni che ha un ottimo rapporto con la matrigna. La vicenda si svolge in poche ore, dal pomeriggio alla serata e tutta in casa di Clarissa, nel giorno di libertà dei domestici. La donna trova in salotto un cadavere e quando arriva al polizia propone ben tre diverse versioni di come si sono svolti i fatti. Nonostante l’apparente mancanza di indizi, comunque, il colpevole viene individuato e arrestato, prima del rientro del marito di Clarissa, che era andato all’aeroporto a prendere un diplomatico russo. Quando lei cerca di raccontargli quello che è appena successo lui non le crede, perché ha l’abitudine di inventare storie e fare scherzi.
Nel terzo, “L’ospite inatteso” (“The Unexpected Guest”), un uomo (Michael Starkwedder) rimane bloccato con l’auto in una strada di campagna nel Galles del Sud e va a bussare alla porta della villa più vicina (meno lontana sarebbe più esatto) al punto in cui ha avuto l’incidente. Nella stanza in cui entra c’è un uomo su una sedia rotelle morto e sua moglie con una pistola in mano…
Le atmosfere sono abbastanza diverse e anche il modo in cui il detective di turno individua il colpevole ma tutte e tre le storie sono intriganti e avvincenti. La Christie getta fumo negli occhi al lettore pagina dopo pagina da vera maestra quale è. L’ironia è presente soprattutto nei primi due testi, il terzo ha un tono un poco più drammatico.
I tre romanzi sono davvero delle chicche, a mio parere, e mi è dispiaciuto proprio arrivare all’ultima pagina dell’ebook.

Sinossi
Quando, nel 1928, Agatha Christie assistette alla prima rappresentazione di un testo teatrale tratto da un suo romanzo, L’assassinio di Roger Ackroyd, non apprezzò né il testo né l’interpretazione. Decise quindi di scrivere lei stessa una pièce con Hercule Poirot come protagonista. Il risultato fu Caffè nero (1930), nel quale il celebre investigatore belga è alle prese con un tentativo di rubare una formula segreta trasformatosi in omicidio. In seguito la scrittrice tornò a scrivere per il teatro, a volte adattando trame di propri romanzi, altre volte componendo testi originali: come La tela del ragno (1954), pensato per la brillante diva cinematografica Margaret Lockwood, con una divertente rivisitazione del vecchio cliché del passaggio segreto; o ancora come L’ospite inatteso (1958), considerato una delle sue opere più riuscite grazie al dialogo teso ed efficace e all’intrigo lineare. Con operazione inversa rispetto a quanto era solita fare la Christie stessa, dai tre testi teatrali il critico letterario Charles Osborne – profondo conoscitore dell’opera della Christie oltre che interprete di Caffè nero in giovane età – ha tratto questi tre romanzi nei quali brilla tutta l’inventività narrativa e verbale della grande giallista.
April 20, 2021
Emily * Capitolo tre – quinta parte
Come Emily aveva sperato, Mr Davies rimase a Londra abbastanza a lungo perché lei potesse rivedere Wiiliam, appena questi tornò nel Hertfordshire.
La ragazza giunse per prima all’appuntamento, come sempre fissato nel loro posto. Scesa da cavallo, sedette su una pietra per rialzarsi subito dopo per camminare avanti e indietro per poi fermarsi e carezzare il muso di Luna. Si poneva mille domande: William era in ritardo oppure era arrivata troppo presto? E se lui avesse avuto un contrattempo? Non sopportava l’idea di non incontrarlo, non dopo i giorni trascorsi lontani e soprattutto dopo la freddezza con cui si era comportato durante il loro ultimo incontro.
Finalmente udì un rumore di zoccoli e poco dopo il giovane le fu di fronte.
«Perdonate se vi ho fatto aspettare» esclamò balzando a terra. Poi le prese entrambe le mani, l’avvicinò a sé e la baciò. Un bacio rispettoso ma pur sempre un bacio, che tranquillizzò un poco la ragazza.

«Avete novità da raccontarmi?» le chiese dopo che si furono seduti sulla grande pietra che di solito faceva loro da panchina.
«Nessuna. E voi? Com’è andato il vostro viaggio?»
«Un po’ faticoso ma istruttivo. Mr Jonas mi ha mostrato tutto quello che mi servirà per prendere il suo posto» rispose lui soddisfatto.
«Quindi lascerà presto il lavoro?»
«Sì, fra pochi giorni.»
«È una buona notizia.»
Lui annuì: «Nelle prossime settimane sarò molto occupato. Una volta che Mr Jonas se ne sarà andato, intendo.».
Questo significava che si sarebbero incontrati ancora meno spesso: «Capisco» mormorò Emily mascherando la delusione. Ma era un sacrificio che avrebbe sostenuto volentieri, pensò, perché presto William avrebbe avuto una posizione e sarebbe stato in grado di mantenere una moglie…
In quel momento, a confermare quanto le aveva appena detto, il giovane si alzò in piedi: «Dobbiamo salutarci adesso, non posso trattenermi ancora. Lord Buntbury conta su di me perché verifichi lo stato di alcune fattorie e voglio finire il controllo entro domani.»
«Avete ragione, la fiducia che il barone ripone in voi deve essere ripagata con il vostro impegno» sospirò Emily.
«Mi siete mancata tanto» mormorò lui, come per consolarla.
«Anche a me. Siete stato via solo una settimana ma mi è sembrato un tempo lunghissimo.»
Non trovando altre parole adatte al momento, William la baciò di nuovo, prima di chiederle: «Ci rivediamo domani?»
«Se mio zio non sarà tornato sì.»
«Alla stessa ora qui, vi aspetterò con impazienza.»
«Forse sarò io ad aspettare voi, come oggi» sorrise lei.
Poi lui si staccò quasi bruscamente e montò in sella.
Emily attese qualche minuto prima di imitarlo e riprendere la sua passeggiata, durante la quale, lo sapeva e lo pregustava, avrebbe rivissuto i momenti trascorsi con il suo innamorato. Essendo alla sua prima esperienza, la curiosità mescolata all’attrazione l’aveva convinta che lui fosse l’amore della sua vita e che il giovane ricambiasse in egual misura il suo affetto.
Poco prima di cena, però, con grande rammarico di Emily, Mr. Davies arrivò a Sethgrave Park e, a peggiorare le cose, lo accompagnava un altro dei suoi sedicenti amici, Mr Cox, un uomo più vecchio e grasso di lui, che indossava abiti ricchi ma di un gusto volgare, come volgare era il suo atteggiamento. Era possibile che da giovane – sembrava sulla cinquantina – fosse stato un bell’uomo, ma ad Emily ispirò solo ripugnanza. E lo trovò ancora più sgradevole quando si produsse con lei in espressioni melliflue che pretendeva fossero galanti. Ogni sua parola le suonò falsa ed ebbe subito timore di lui e dei suoi modi insinuanti. Si trincerò così dietro un comportamento educato ma ritroso, quanto più poté, cosa di cui lo zio la rimproverò appena rimasero soli: « Mr Cox deve essere trattato con ogni riguardo, è un mio caro amico. Inoltre è molto ricco e potrei aver bisogno del suo aiuto.»
Quell’ammonimento suscitò in Emily ulteriore preoccupazione e il comportamento dell’uomo il giorno successivo contribuì ad accrescere ancora la sua ansia. Si imbatté infatti in Mr Cox troppo spesso perché ogni volta fosse solo una coincidenza. Quando la sera mandò a dire che avrebbe cenato in camera perché indisposta e lo zio le impose di scendere e l’ammonì ancora di mostrarsi gentile con il loro prezioso ospite, cominciò a temere nuovi problemi. Di solito, infatti, Mr Davies non si curava di lei né l’obbligava a fare qualcosa.
Il pomeriggio seguente, pur correndo il rischio di essere scoperta, Emily si recò quindi alle rovine nella speranza di incontrare William: aveva bisogno di sapere che, in qualche modo, avrebbe potuto proteggerla. Il giovane arrivò quando lei stava per tornare a casa: la ragazza ebbe così pochissimo tempo per spiegargli la situazione in cui si trovava.
«Sono sicuro che vedete le cose più nere di come sono» commentò lui tenendole una mano fra le sue. «Cosa mai potrebbe farvi questo Mr Cox? Vostro zio è anche il vostro tutore, avrà cura di voi.»
«Credete? Temo invece che farebbe qualunque cosa per compiacere questo suo amico. Mi ha ripetuto più volte che devo essere gentile con lui, perché è molto ricco. Ho anche sentito la cuoca che diceva alla cameriera che mio zio ha molti debiti e che Mr Cox potrebbe aiutarlo.»
William alzò le spalle: «Chiacchiere della servitù, non date ascolto ai pettegolezzi. State tranquilla, datemi retta.» Dopo una breve pausa aggiunse con tono più dolce: «Se mi sbagliassi e doveste avere dei problemi, fatemi recapitare subito un messaggio, qui, sotto questa pietra, e vedremo come agire.»
Emily annuì, in parte perplessa e in parte più calma: «Devo andare adesso, forse riuscirò a tenere nascosta questa mia cavalcata.»
Quando giunse in vista della stalle si accorse che quel pomeriggio era successo di nuovo: William non aveva nemmeno tentato di baciarla né l’aveva abbracciata, per confortarla si era limitato a stringerle la mano.
Timothy prese le briglie con un cenno di sorriso: «Vostro zio non vi ha cercata, ma adesso filate in casa e cambiatevi, a Luna ci penso io.»
Lei corse via ringraziandolo.
Le parole semplici del vecchio stalliere l’avevano rincuorata più dell’incontro con William, quando se ne rese conto si stupì e dette la colpa di ciò alla presenza inquietante di Mr Cox e all’atmosfera che il suo arrivo aveva portato a Sethgrave Park.
April 18, 2021
Sophie Kinsella – Amo la mia vita * Le mie letture
(titolo originale “Love Your Life”; trad. Stefania Bertola, versione italiana del 2020)
Un romanzo, come “Ho il tuo numero”, “alla Kinsella”: la protagonista si racconta al presente in prima persona e combina la sua dose di pasticci.
Ava, una giovane aspirante scrittrice londinese, partecipa a un corso di scrittura in Puglia e qui conosce un uomo, Matt; fra i due scocca subito un’irresistibile attrazione fisica che si rivela essere qualcosa di più profondo. Durante il corso i due rispettano la regola di non rivelare il proprio vero nome e vivono quei giorni di innamoramento in pieno accordo. Rientrati a Londra (anche Matt vive nella capitale inglese) continuano a vedersi, perché la relazione che è nata fra loro è davvero seria. Scoprono però di avere poco in comune e che il loro modo di vivere è più o meno all’opposto; entrambi hanno difficoltà a inserirsi nella vita dell’altro ma si sforzano di farlo senza far trapelare la fatica che costa loro. Ava deve anche tollerare la presenza di una ex di Matt, che lavora per l’azienda della famiglia di lui… i problemi si moltiplicano ma, naturalmente, dopo varie vicissitudini la storia ha il suo lieto fine.
Il senso del romanzo, a mio parere, è quasi tutto nel titolo: è importante amare la propria vita, ciò che si è, ciò che si fa. E quindi in un rapporto occorre esprimere se stessi e, nello stesso tempo, accettare dei compromessi, trovare un equilibrio.

I personaggi, protagonisti e non, sono tutti piuttosto eccessivi, ciascuno a suo modo, come se ognuno fosse il rappresentate di un certo modo di essere. Ad esempio: la ex è la classica superbrava superbella superdisuccesso; una delle amiche di Ava è divorziata, ha tre figli e chiede piaceri a tutti, uno degli amici di Mattt è un timido genio dei computer e robot.
Rispetto a “Ho il tuo numero” ho trovato questo romanzo meno originale. È comunque una storia divertente e non mancano le scene che suscitano una risata, diverse delle quali hanno come interprete Harold, il beagle indisciplinato di Ava.
Sinossi
Ava vive a Londra, ha tre amiche del cuore e un compagno speciale, il suo beagle Harold, un cane molto vivace e disubbidiente che ne combina di tutti i colori.
Non ha ancora trovato l’anima gemella e, dopo una lunga serie di incontri a dir poco insoddisfacenti, capisce che la ricerca di un partner online non fa per lei.
Ava ha in mente mille progetti per la sua vita, le piace “ampliare i suoi orizzonti” anche se in realtà non sa quale strada prendere. Di fatto si guadagna da vivere scrivendo i bugiardini dei farmaci, è iscritta a un corso di aromaterapia e ha iniziato un suo romanzo, però non è molto ispirata. Decide perciò di partecipare a un corso di scrittura in Puglia dove conosce un uomo bello e misterioso da cui è irresistibilmente attratta. Tra i due scocca la scintilla, ma decidono di non chiedersi nulla delle loro rispettive vite, nome compreso.
Alla fine di questa romantica avventura scoprono con gioia di essere entrambi diretti a Londra e cominciano a frequentarsi, ed è così che hanno inizio le sorprese…
Ava avrà trovato l’uomo giusto o è solo un abbaglio?
Amo la mia vita è una commedia romantica che fa ridere e sorridere, in cui Sophie Kinsella affronta il tema delle false aspettative e dei compromessi necessari in amore.
Perché chi hai davvero di fronte non è mai come pensavi fosse e soprattutto come lo volevi tu.
April 12, 2021
Emily * Capitolo tre – quarta parte
Wood rivide la ragazza qualche giorno dopo, sulla strada per il paese; la percorreva in direzione opposta alla sua e non poté evitare di salutarlo.
«Posso accompagnarvi?» chiese lui.
La giovane acconsentì con un cenno del capo, cercando di non mostrargli la propria contrarietà. Poco dopo si sentì comunque in dovere di intavolare una conversazione: «Rimarrete a lungo nel Hertfordshire?»
«Un paio di mesi.»
«Quindi tornerete a Londra per la stagione.»
«Londra?» sorrise Wood. «No, i miei affari mi portano molto più lontano.»
«Dimenticavo, mio zio ha detto che viaggiate molto.»
La sua voce si colorò di una nota di interesse genuino, quasi fosse davvero “una signorina disposta a muoversi da questa nostra umida Inghilterra”.
«È così. Da molti anni trascorro la maggior parte del mio tempo nelle colonie o in mare, per andare da un luogo all’altro, e solo di quando in quando torno qui.»
Visto che lei taceva, Wood le domandò: «A voi piacerebbe viaggiare?»

«Non si può avere un’opinione su qualcosa che non si conosce. Ho vissuto sempre a Corscombe, nel Dorset, prima di venire ad abitare a Sethgrave Park.»
Wood credette di percepire una sorta di malinconia in quell’affermazione ma subito dopo Emily, con tono vivace, disse: «Vi ringrazio per aver taciuto a mio zio delle mie cavalcate.»
Le sorrise: «Vi avevo promesso che avrei serbato il vostro segreto e mantengo sempre le promesse.»
Emily arrossì, come se con quell’affermazione l’altro si fosse preso chissà quale confidenza.
Lui aggiunse: «Immagino che oggi Mr Davies non sia qui, altrimenti non sareste uscita a cavallo, per lo meno non vestita così.»
«È a Londra, credo. Non sta quasi mai a Sethgrave Park» confermò la ragazza e, senza consentirgli di dire altro si congedò: «Se volete scusarmi, adesso devo andare. Buona giornata Mr Wood.»
Spronò il cavallo per andarsene mentre lui le rispondeva: «Buona giornata a voi».
Wood rimase a guardarla galoppare via, ammirando la sua figura armoniosa, poi si avviò verso Dacres Hall, pensando. Proprio quella mattina aveva avuto conferma dall’investigatore assunto allo scopo di quanto fossero disperate le condizioni finanziare di Davies nonché del fatto che Cox avesse rilevato tutti i suoi debiti, divenendo così il suo unico creditore. Era perciò sicuro che presto avrebbe scoperto se il vicino intendesse davvero approfittare della nipote per risolvere i propri problemi.
Emily rimise Luna al trotto dopo pochi minuti, sollevata perché Mr Wood non le era andato dietro. Il vicino le incuteva uno strano timore, anche se era sempre cortese e rispettoso. Alla cena di lord Buntbury, Mr Wood era seduto di fronte a lei e avevano scambiato poche insignificanti parole ma aveva colto più volte lo sguardo dei suoi occhi chiari su di sé e, quando nel congedarsi aveva posato le labbra sul dorso della sua mano, aveva sentito la pelle bruciare, benché la bocca di lui l’avesse a malapena sfiorata con delicatezza. I baci di William non le suscitavano quella sensazione destabilizzante, il contatto era lieve e sapeva di tenerezza.
Il pensiero di William la rattristò un poco, perché quel pomeriggio non lo avrebbe visto: aveva ricevuto un suo biglietto in cui la avvisava che si sarebbe assentato dalla tenuta per qualche giorno. Provava il bisogno che lui l’abbracciasse e le dicesse qualcosa di rassicurante riguardo a loro due. Sperò che lo zio rimanesse a lungo nella capitale, così appena il giovane fosse tornato avrebbe potuto incontrarlo e cancellare il ricordo del loro ultimo appuntamento, quando le era sembrato diverso dal solito, dandole impressione di non essere molto importante per lui. Ma forse quel dubbio era era colpa della solitudine: a Sethgrave Park la sola persona che le si curasse un poco di lei era l’anziano Timothy; appena entrava in casa avvertiva nei suoi confronti solo ostilità, da parte di Mrs Lether e Peggy, o indifferenza, da parte dello zio.
Lo zio… Mr Davies era per lei ancora uno sconosciuto, non riusciva a fidarsi di lui; e il fatto che la madre non le avesse mai parlato del fratellastro non poteva significare niente di buono.
April 4, 2021
Emily * Capitolo tre – terza parte
Pochi giorni dopo il suo rientro da Londra, Wood ricevette un invito a cena da parte di Buntbury. Come di consueto giunse a casa del barone in anticipo, per conversare un poco prima che arrivassero gli altri vicini. Dopo aver chiacchierato delle ultime notizie dalla capitale Buntbury disse: «Ci saranno anche Miss Harrison e suo zio. Vi confesso che li ho invitati solo perché mi dispiace per la ragazza, quell’uomo non ha il minimo riguardo per la sua reputazione.»
Wood, celando il proprio interesse, approfittò dell’occasione per avere qualche notizia: «Davies non le ha trovato uno chaperon? Anche se siamo in campagna e lui è lo zio, è pur sempre un uomo e non abbastanza vecchio.»

«Purtroppo non si interessa per niente alla nipote. Inoltre si assenta spesso e devo dire che questo è alla fine il male minore. Quando è tornato, un paio di settimane fa, si è portato da Londra due tipi poco raccomandabili che non avrei mai ammesso in casa mia e li ha ospitati a Sethgrave Park, senza curarsi di quanto fosse sconveniente. Per fortuna se ne sono tornati nella capitale.»
«Forse erano dei creditori. Ho saputo che la situazione finanziaria di Davies è peggiorata.»
Il barone annuì: «Non me ne stupisco. Quei due erano di certo giocatori e avventurieri, se non peggio.»
In quel momento il maggiordomo li interruppe, introducendo i primi invitati, così Buntbury non fece in tempo a raccontare a Wood di aver sentito dire che Miss Harrison si incontrava con Mr Marshall, il suo vice amministratore, cosa che – se confermata – avrebbe compromesso del tutto la reputazione della ragazza. Del resto, pensò, perché al vicino sarebbe dovuto importare?
Emily e lo zio arrivarono quasi per ultimi. Davies salutò Wood con un’eccessiva cordialità prima di presentargli la nipote e allontanarsi lasciandola con lui.
Wood mormorò alla ragazza: «Complimenti per la vostra perizia nel cavalcare.»
Lei arrossì: «Non lo direte a mio zio, vero?»
«No, se è un segreto prometto di tenerlo solo per me» le rispose con un sorriso complice, sempre a bassa voce.
Emily, un poco sconcertata da quel modo così diretto di approcciarla, non sapendo come comportarsi, si scusò dicendo che doveva salutare gli altri ospiti e si diresse in fretta verso una coppia anziana appena entrata.
Wood percepì il suo imbarazzo e non la trattenne, anche se aveva provato l’impulso di farlo. Voleva capire che tipo fosse, voleva conoscerla, e certo non sarebbe stato facile se non fosse riuscito a parlarle, anche se il suo comportamento rivelava quanto si sentisse fuori posto e desiderasse trovarsi altrove. L’atteggiamento di Davies era in netto contrasto: rumoroso e ciarliero, come se l’uomo fosse in confidenza con tutti, apparentemente ignaro che la maggior parte degli ospiti lo tollerasse a malapena.
Poco dopo sedettero a tavola e la ragazza si trovò proprio di fronte a Wood, che poté così osservarla comodamente. Scorse pagliuzze dorate nei suoi occhi castani e si chiese di nuovo come il barone potesse definirla insignificante. Quella sera la giovane indossava un abito grigio scuro, probabilmente ancora in segno di lutto, semplice e non nuovo, che, nonostante il colore e la foggia, non sviliva la sua figura. Per un attimo Wood la rivide vestita con i panni maschili e lasciò che i suoi pensieri indugiassero nel ricordo di lei in sella, come gli era apparsa la prima volta e poi che si spingessero oltre: non gli era difficile immaginare le sue forme sotto il tessuto che le copriva. L’attrazione che provava per Miss Harrison era innegabile ed era di un tipo insolito, nuovo, perché intrisa di tenerezza, forse a causa della giovane età di lei in confronto alla sua. Non per questo era meno intensa, anzi. Non si era chiesto se assecondarla o fuggirla. Non ancora. Ma fuggire non era fra le sue abitudini…
Emily avvertiva su di sé lo sguardo dell’uomo e questo la confondeva, non riusciva a ignorarlo come avrebbe voluto. Certo le sue non erano occhiate sgradevoli come quelle che le avevano rivolto gli amici dello zio che, con suo sollievo, era tornati a Londra: il loro atteggiamento volgare e le allusioni sfacciate, che sembravano divertire Mr Davies, le avevano causato un disagio ogni volta maggiore, tanto che, per quanto lo ritenesse assurdo, aveva iniziato ad aver paura di loro e sperava che non tornassero più a Sethgrave Park.
Inoltre trovarsi lì con gli ospiti del barone le era penoso, intuiva che i vicini non stimavano Mr Davies e che alcuni, di conseguenza, provavano per lei una sorta di compassione mista a riprovazione perché lo zio non aveva pensato a provvederla di uno chaperon o, magari, perché qualcuno, oltre a Mr Wood, sapeva che cavalcava da sola e vestita come un ragazzo. Così, dopo qualche risposta laconica, si ritirò in un silenzio quasi totale e le donne presenti, tutte più mature di lei, dopo alcuni tentativi inutili di coinvolgerla nelle loro chiacchiere smisero di dedicarle attenzione.
Anche Wood fu indotto a distogliere il proprio interesse da Emily per concentrarlo sullo zio. Il suo sesto senso, che tanto gli era utile nell’individuare affari vantaggiosi e scansare quelli troppo rischiosi, aveva infatti rilevato una nota stonata nei discorsi e nell’atteggiamento dell’uomo fino da quando questi era arrivato: sembrava che Davies non avesse altra preoccupazione che godersi la cena, non certo che fosse oberato dai debiti. Forse aveva già risolto i suoi problemi finanziari o aveva trovato un modo di liberarsene…
I sospetti di Wood vennero confermati quando, verso la fine della cena, l’anziana Mrs Clopden volle dire qualcosa di gentile riguardo a Emily: «Vostra nipote è una ragazza timida ma la sua modestia e la sua grazia sono doti preziose» e Davies, sorridendo, le rispose: «Vi ringrazio, Mrs Clopden. Devo ammettere che sono d’accordo con voi e sono sicuro che presto qualcuno apprezzerà le sue qualità in tutto il loro valore.»
Il possibile significato di quella frase parve chiaro a Wood: decise allora che non avrebbe permesso a Davies di servirsi di Miss Harrison per mettere a tacere i propri creditori, nel caso fosse quella la sua intenzione. Una decisione che di altruistico, in realtà, aveva ben poco, ammise.
March 31, 2021
Georgette Heyer – Cousin Kate * Le mie letture
(pubblicato nel 1968, edizione da me letta del 2004; “cousin Kate” sta, com’è chiaro, per “(la) cugina Kete”)
Ho letto questo romanzo nella versione inglese, perché è così che l’ho trovato in ebook. Di conseguenza probabilmente non ho capito perfettamente ogni frase, ogni modo di dire e forse anche per questo motivo mi è sembrato un po’ diverso dalle altre storie della Heyer che ho letto. Infatti, benché sia comunque un rosa, il romanzo racconta anche una vicenda piuttosto drammatica, per me una novità (escludendo ovviamente i gialli di questa autrice).
Kate Malvern, figlia di un militare con cui ha vissuto in Spagna e in Portogallo e orfana di madre da quando era bambina, dopo la morte del padre deve guadagnarsi da vivere come governante. Lavora per un periodo presso una famiglia, poi viene licenziata dopo che ha schiaffeggiato lo zio dei bambini che aveva cercato di baciarla e, poiché non riesce a trovare un altro impiego, si reca dalla sua ex governante, Mrs Nidd, per rimanere con lei mentre continua a cercare un lavoro. Mrs Nidd, che non è d’accordo sul fatto che Kate lavori, scrive a sua insaputa alla zia, sorellastra del padre e dopo una decina di giorni questa arriva a casa di Mrs Nidd. Lady Minerva Broome, questo il suo nome, convince Kate ad andare a vivere da lei a Staplewood per qualche settimana promettendole che poi l’aiuterà a cercare un lavoro fra le sue conoscenza.

A Staplewood la famiglia della zia Minerva è composta da sir Timothy, suo marito, di vent’anni più vecchio di lei, e da Torquil, loro figlio diciottenne, bello ma di salute cagionevole e dal temperamento un po’ nervoso. Vive con loro anche il dottor Matthew Delabole, che si occupa dell’istruzione e della salute di Torquil e di sir Timothy.
Pochi giorni dopo l’arrivo di Kate a Staplewood, giunge il nipote di sir Timothy. Mr Philip Broome, di ventinove anni, molto caro allo zie e per niente a lady Broome, di cui ricambia l’antipatia. Inizialmente Philip si mostra ostile a Kate, ritenendo che voglia sfruttare i parenti ricchi, per poi ricredersi e diventarle amico.
Kate è molto grata per l’ospitalità e i regali ricevuti dalla zia, però presto comincia a trovare strane certe abitudini, come per esempio gli scarsi rapporti con i vicini, e un po’ opprimenti le premure che la zia le riserva e l’insistenza a rimanere sua ospite fino alla fine dell’estate, ben oltre il periodo ipotizzato quando l’aveva invitata.
Con il passare del tempo Kate si rende conto che lady Broome l’ha invitata per un motivo ben preciso…
Interrompo qui il breve riassunto, per aggiungere qualche considerazione. Forse a causa dell’inglese (cioè di aver letto la versione inglese) in qualche punto mi è sembrato un po’ lento, quasi ripetitivo, avrei preferito che le azioni fossero più veloci. Si tratta comunque di una storia originale, anche di suspense. I personaggi sono – come quasi sempre – ben approfonditi e caratterizzati: Kate, nonostante la situazione precaria in cui si trova sotto l’aspetto economico è una giovane donna decisa, lady Broome è una manipolatrice ma anche una persona sola e infelice, sir Timothy un debole anche se di buoni sentimenti, Torquil un ragazzo problematico e Philip un affezionato nipote, affidabile e leale; a Mrs Nidd e alla sua famiglia, in particolare al suocero, è affidata la nota più ironica, anche per il loro modo di parlare, che è ricco di espressioni che immagino popolari e modi di dire che di sicuro non sono stata in grado di apprezzare al meglio.
È il secondo romanzo della Heyer che leggo inglese e anche in questo caso ho fatto un po’ più fatica che a leggere altri romanzi in inglese di autrici contemporanee. Forse la sua scrittura è meno semplice, chissà.
Personaggi
Miss Kate Malvern, 24 anni
Mrs Sarah Nidd
Mr Joe Nidd marito di Sarah
Mr Josiah Nidd suocero di Sarah
Sir Timothy Broome
lady Minerva Broome zia di Kate (sorella del padre di lei)
Torquil Broome, 18 anni, figlio di lady Minerva e sir Timothy
Dr Matthew Delabole
Mr Philip Broome, 29 anni, cugino di Torquil e nipote di sir Timothy
Gurney Templecombe vicno dei Broome e amico di Philip
Pennymore maggiordomo dei Broome
Ellen cameriera dei Broome per Kate
Sidlaw cameriera personale di lady Broome
Tenby valletto di Sir Timothy
Badger valletto di Torquil
Staplewood residenza dei Broome
sinossi
Personaggi meravigliosi e terribilmente romantici “- Katie Fforde
Kate Malvern non si sarebbe mai aspettata di rivedere ancora questo tipo di splendore.
Dopo la morte di suo padre, Kate è rimasta orfana; ha cercato così di sbarcare il lunario come governante fino a quando sua zia Minerva non la salva dalla povertà.
Kate sa a malapena cosa aspettarsi nella grande casa di Staplewood. Suo zio vive in un’ala, mentre il suo bellissimo e lunatico cugino Torquil ne occupa un’altra; gli ospiti sono pochi e lontani tra loro, ma anche le cene in famiglia sono rigidamente formali. E, soprattutto, la parola di Minerva è legge.
Ma l’arrivo improvviso del cugino Philip mette in dubbio il controllo di Minerva sulla famiglia, e Kate inizia a sospettare il motivo scioccante della generosità di Minerva. Non ha nessuno con cui confidarsi tranne il cugino Philip – ma per ragioni sconosciute, sembra che lui abbia provato un’immediata antipatia per lei …
Cousin Kate è un ricco e classico romanzo di Georgette Heyer, pieno di umorismo frizzante, personaggi memorabili e intricate trame che l’hanno resa la regina del romanzo romantico Regency.
March 29, 2021
Emily * Capitolo tre – seconda parte
Intanto, a Sethgrave Park, Emily era stata costretta a limitare i propri movimenti a causa della presenza dello zio, tornato nella tenuta insieme a due amici. Incurante dell’assoluta sconvenienza della situazione in cui si sarebbe trovata la nipote, Mr Davies aveva infatti invitato due dei compagni con cui trascorreva buona parte del suo tempo a Londra. Uno era più giovane di lui, l’altro pressoché coetaneo, ma entrambi avevano preso subito l’abitudine di fermare Emily ogni volta che la incontravano, per farne oggetto di complimenti grossolani e guardarle troppo insistentemente il seno. La ragazza detestava tutti e due in egual misura e così, quanto più loro la cercavano, tanto più lei si adoperava per evitarli. Meglio lo squallore della sua camera che passeggiare in giardino rischiando di imbattersi in quei due.
Un pomeriggio, mentre lo zio e i suoi amici erano andati ad assistere a un incontro di pugilato in un paese a diverse miglia dalla tenuta, Emily poté cavalcare e raggiungere William, precedentemente avvisato con un biglietto che Timothy aveva lasciato alle rovine per conto suo.

«Finalmente. Da quando ieri ho letto il vostro messaggio ho aspettato questo momento con ansia» la salutò il giovane.
«Anch’io non vedevo l’ora di incontrarvi.»
Lui l’aiutò a smontare da Luna ma la lasciò subito, senza darle nemmeno un bacio. Emily si era aspettata un’accoglienza più calda dopo tutti quei giorni in cui non si erano visti – in realtà erano stati solo cinque ma a lei erano sembrati molti di più.
Sedette su una pietra e William le si accomodò di fronte.
«Resterà ancora a lungo in campagna, vostro zio?» le chiese.
La ragazza sospirò: «Non mi dice mai quali siano i suoi progetti. Spero che torni presto a Londra, insieme ai suoi amici.»
«Allora è vero che avete degli ospiti.»
«Ospiti! Mio zio ha invitato due persone terribilmente importune. Non parliamo di questo, però» esclamò lei, mentre l’espressione del viso si rabbuiava.
«Perdonatemi per aver toccato un tema che vi rattrista.»
«Non potevate saperlo.»
Nessuno dei due pronunciò altre parole per qualche minuto. Emily aspettava e sperava che lui le raccontasse dei suoi progetti, magari progetti che includessero anche lei, cosa che non però accadde. Così, non tollerando di sprecare il poco tempo a loro disposizione in quel silenzio, gli chiese: «Come va il vostro lavoro?»
«Molto bene, devo dire. C’è stato un problema con uno degli affittuari ma l’ho risolto in modo soddisfacente per lui e per il barone» rispose William, orgoglioso di sé. «So che lord Buntbuty mi considera già pronto per amministrare la tenuta da solo e credo che il mio predecessore mi lascerà presto il posto.»
«È una bella notizia. Del resto io non ho mai dubitato delle vostre capacità.»
«E il vostro giardino? Avete piantato altri fiori?» domandò a sua volta lui.
«No, Timothy ritiene che la stagione non sia adatta per seminare.»
Di nuovo sembrò che non avessero altro da dirsi. Si era fatta comunque l’ora che Willam ritornasse ai suoi doveri, così i due si salutarono. Quando lui posò le labbra su quelle di Emily lei credette che stesse finalmente per baciarla ma il giovane si limitò a un contatto fugace prima di aiutarla a rimontare in sella per fare infine altrettanto.
La ragazza tornò a casa dopo aver compiuto un lungo giro, conducendo la giumenta un po’ al galoppo e un po’ al passo, e quando la lasciò nelle mani premurose di Timothy non si fermò come al solito a scambiare due parole con l’anziano stalliere, si diresse in fretta in camera e si gettò sul letto, dove rimase a lungo. Avrebbe fatto meglio a non chiedere quell’incontro, William non era sembrato felice di vederla, almeno non quanto lei; forse aveva dei problemi che le aveva taciuto perché non si preoccupasse ma avrebbe preferito che si confidasse, lei lo avrebbe fatto.
March 28, 2021
Prossimamente * letture
Sono “rimasta indietro” di alcune “recensioni”, ci sono infatti diversi romanzi che ho letto e di cui voglio annotare i miei commenti.
Si tratta di “Frederica” e “Cousin Kate” della Heyer e degli ultimi tre della serie “67 Clarges Street“.
Intanto anticipo le copertine…




