Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 52

October 9, 2011

La ripresa

[image error]Notizie come quella della scorsa settimana hanno un impatto che si ripercuote al di là dello shock del momento. La presenza di Curtoni era per chiunque facesse questo mestiere (come scrittore o come critico) un punto fermo, un riferimento assoluto con cui fare i conti e confrontarsi, una fonte da cui trarre un flusso continuo d'insegnamenti. Ma come scrive Harlan Ellison in un bel messaggio commemorativo a Silvio Sosio: "If you do one-tenth as excellent a job editing as he did", avrai fatto il tuo dovere.


E quindi la ripresa è un dovere che ci accomuna tutti. Non che la fantascienza necessiti del mio singolo lavoro per scongiurare l'estinzione. Ma il contributo di ciascuno di noi è importante quanto quello di chiunque altro. Mi piacerebbe che oggi tutti ci fermassimo due minuti - non di più - a riflettere sul nostro ruolo nell'ordine delle cose. Perché quello che la fantascienza (e in senso più ampio il fantastico, e - guardando ancora un po' più in là oltre l'orizzonte - il genere in senso lato) sarà domani dipenderà anche da quello che noi realizzeremo nel frattempo. A partire proprio da oggi.


Cominciando a interrogarci consapevolmente su questo, eviteremo forse di farci cogliere alla sprovvista quando sarà tempo di consuntivi. Forse non eviteremo il destino dello sventurato ritratto da Festino nella stupenda copertina riprodotta qui sopra (una delle mie preferite tra quelle di Robot), ma ci risparmieremo se non altro la sorpresa. Ed è un principio che sicuramente vale al di là della fantascienza, e che non sarebbe difficile estendere alla vita, all'universo e a tutto il resto.


Diamoci da fare, insomma. Rimbocchiamoci le maniche. Tutto ciò che dobbiamo prefiggerci di riuscire a fare, è un lavoro che sia una frazione infinitesima di ciò che Vic ci ha regalato, con una passione che magari sia una frazione infinitesima di quella di Ernesto. Lo dobbiamo prima di tutto a loro. E questo lo dico prima che a chiunque altri a me stesso. Un proposito per il futuro, con applicazione immediata.

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Published on October 09, 2011 15:00

October 4, 2011

In ricordo di Vic

Quando ci siamo sentiti domenica pomeriggio, il Vic mi è sembrato quello di sempre: malgrado l'inevitabile affaticamento (reduce da un intervento al fegato lo scorso luglio) era pronto a combattere ancora una volta. Ormai ci era abituato. Attendeva i risultati degli ultimi esami che gli avrebbero confermato o meno un nuovo ciclo di chemioterapia. Oggi avrebbe dovuto sottoporsi a quella chemio, ma purtroppo Vic è stato stroncato da un infarto. Un destino infame ha deciso di lasciarci tutti orfani.


Del suo valore e della sua importanza Silvio Sosio ha tracciato un partecipato elogio nel suo articolo per Fantascienza.com. Giuseppe Lippi, suo compagno in tante imprese, lo ha ricordato su Urania BlogVittorio Curtoni (per gli amici semplicemente Vic) è stato, è ancora adesso e resterà a lungo la personificazione della fantascienza in Italia, la sua quintessenza. Scrittore, traduttore, critico militante, curatore, animatore e prima di tutto appassionato ed esperto, nella sua vita ha mischiato ogni forma di applicazione al fantastico. Nei brevi minuti della nostra ultima conversazione domenicale ha trovato come sempre il modo per concentrare un distillato delle sue ultime visioni e re-visioni (Super 8, The Truman Show), esperienze di scrittura (l'antologia appena uscita per Odissea Fantascienza, un romanzo in corso di stesura e che purtroppo resta incompiuto), proiezioni (a proposito del "grano" che foraggia il remake di Blade Runner e del bisogno di idee che avrebbe invece la fantascienza oggi) ed estrapolazioni (la sua proposta ai medici piacentini di installargli una cerniera apribile a piacimento per poter accedere all'occorrenza agli organi interni che avessero bisogno di una messa a punto). Un misto di ironia e coraggio, che per qualcuno poteva sembrare spavalderia ma che a me ha sempre parlato con la voce di una saggezza stellare, se non proprio cosmica.


La capacità straordinaria del Vic consisteva nel trovare sempre un terreno comune di confronto con il suo interlocutore, su cui innestare le sue trovate mirabolanti o da cui derivare un qualche aneddoto. Lo scorso novembre, quando andai a trovarlo a Piacenza, fui ospite suo e di sua moglie per uno splendido pomeriggio. Altro che gap generazionale… Mi avvicinai con un certo timore reverenziale (sebbene lo avessi incontrato altre tre o quattro volte in precedenza, in occasione di convention e dell'ultima delle sue leggendarie cene piacentine), come si addice a uno sbarbatello che va a far visita a un mito vivente, e lui e Lucia mi misero subito a mio agio come se fossi uno di casa. Curtoni mi raccontò ovviamente i retroscena del lavoro di curatore e quelli del mestiere di traduttore, i suoi programmi da "scrittore ritrovato", alcune idee sensazionali da sfruttare per la sua rubrica sul quotidiano "Libertà" occasionalmente dedicata alle previsioni per il nuovo anno, le tonnellate di vecchi film che era stato costretto (a volte piacevolmente, a volte meno) a sorbirsi durante la convalescenza, tutti archiviati nell'hard-disk che aveva ribattezzato "il Bambino", uno scrigno di capolavori e titoli improbabili. Parlammo del connettivismo (dopotutto con Next International lo avevamo indicato esplicitamente tra i nostri padri ispiratori) e lui mi raccontò il suo primo contatto con il fantastico, di ritorno in bicicletta da uno spettacolo serale al cinema, attraverso la campagna immersa nella notte, sotto un cielo stellato… Gli avevo portato qualche film, un paio di libri e lui mi disse che non poteva lasciarmi andare via a mani vuote. Si avvicinò alla sua libreria, ne cacciò una pila di Robot prima serie e disse di sceglierne qualcuno che mi mancasse. Consigliato da lui stesso ne presi tre, i Robot prima serie meglio conservati che possa mostrare sui miei scaffali. Poi finimmo in cucina a parlare di miscele di caffè e telefilm.


Robot. E' stato dal primo contatto con questa rivista che ho preso consapevolezza di quello che la fantascienza poteva davvero rappresentare, in ogni sua declinazione, dal popolare allo sperimentale, dall'alto al basso, alternando toni umoristici, scanzonati, divulgativi, precisi e documentati. Un mix esplosivo, del tipo ad altissimo potenziale che si poteva distillare solo dalla linfa creativa di un genio come lui. Ricorderò come una delle soddisfazioni più grandi - non solo della mia carriera di scrittore - l'attestato del Premio Robot che presi dalle sue mani nel 2005. Sentivo quel momento come il coronamento di un sogno, forse in maniera un po' irrazionale. Oggi, rileggendo le parole che Valerio Evangelisti (suo grande amico) ha usato nell'introduzione all'antologia di cui parlavo prima (Bianco su nero e altre storie, cercatela in libreria), capisco perché. Era stato il riconoscimento da parte dell'uomo che aveva fondato e condotto per tanti anni il regno dell'immaginario fantastico in Italia, dettando implicitamente un codice, imponendo un termine di paragone con cui chiunque si avvicinasse al genere non poteva non confrontarsi. Senza mai smarrire l'essenza della propria umanità.


Non il miglior sovrano possibile. Il migliore in assoluto.


[Foto di Iguana Jo, via Flickr.]

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Published on October 04, 2011 13:56

Addio al Vic

Quando ci siamo sentiti domenica pomeriggio, il Vic mi è sembrato quello di sempre: malgrado l'inevitabile affaticamento (reduce da un intervento al fegato lo scorso luglio) era pronto a combattere ancora una volta. Ormai ci era abituato. Attendeva i risultati degli ultimi esami che gli avrebbero confermato o meno un nuovo ciclo di chemioterapia. Oggi avrebbe dovuto sottoporsi a quella chemio, ma purtroppo Vic è stato stroncato da un infarto. Un destino infame ha deciso di lasciarci tutti orfani.


Del suo valore e della sua importanza Silvio Sosio ha tracciato un partecipato elogio nel suo articolo per Fantascienza.com. Giuseppe Lippi, suo compagno in tante imprese, lo ha ricordato su Urania BlogVittorio Curtoni (per gli amici semplicemente Vic) è stato, è ancora adesso e resterà a lungo la personificazione della fantascienza in Italia, la sua quintessenza. Scrittore, traduttore, critico militante, curatore, animatore e prima di tutto appassionato ed esperto, nella sua vita ha mischiato ogni forma di applicazione al fantastico. Nei brevi minuti della nostra ultima conversazione domenicale ha trovato come sempre il modo per concentrare un distillato delle sue ultime visioni e re-visioni (Super 8, The Truman Show), esperienze di scrittura (l'antologia appena uscita per Odissea Fantascienza, un romanzo in corso di stesura e che purtroppo resta incompiuto), proiezioni (a proposito del "grano" che foraggia il remake di Blade Runner e del bisogno di idee che avrebbe invece la fantascienza oggi) ed estrapolazioni (la sua proposta ai medici piacentini di installargli una cerniera apribile a piacimento per poter accedere all'occorrenza agli organi interni che avessero bisogno di una messa a punto). Un misto di ironia e coraggio, che per qualcuno poteva sembrare spavalderia ma che a me ha sempre parlato con la voce di una saggezza stellare, se non proprio cosmica.


La capacità straordinaria del Vic consisteva nel trovare sempre un terreno comune di confronto con il suointerlocutore, su cui innestare le sue trovate mirabolanti o da cui derivare un qualche aneddoto. Lo scorso novembre, quando andai a trovarlo a Piacenza, fui ospite suo e di sua moglie per uno splendido pomeriggio. Altro che gap generazionale… Mi avvicinai con un certo timore reverenziale (sebbene lo avessi incontrato altre tre o quattro volte in precedenza, in occasione di convention e dell'ultima delle sue leggendarie cene piacentine), come si addice a uno sbarbatello che va a far visita a un mito vivente, e lui e Lucia mi misero subito a mio agio come se fossi uno di casa. Curtoni mi raccontò ovviamente i retroscena del lavoro di curatore e quelli del mestiere di traduttore, i suoi programmi da "scrittore ritrovato", alcune idee sensazionali da sfruttare per la sua rubrica sul quotidiano "Libertà" occasionalmente dedicata alle previsioni per il nuovo anno, le tonnellate di vecchi film che era stato costretto (a volte piacevolmente, a volte meno) a sorbirsi durante la convalescenza, tutti archiviati nell'hard-disk che aveva ribattezzato "il Bambino", uno scrigno di capolavori e titoli improbabili. Parlammo del connettivismo (dopotutto con Next International lo avevamo indicato esplicitamente tra i nostri padri ispiratori) e lui mi raccontò il suo primo contatto con il fantastico, di ritorno in bicicletta da uno spettacolo serale al cinema, attraverso la campagna immersa nella notte, sotto un cielo stellato… Gli avevo portato qualche film, un paio di libri e lui mi disse che non poteva lasciarmi andare via a mani vuote. Si avvicinò alla sua libreria, ne cacciò una pila di Robot prima serie e disse di sceglierne qualcuno che mi mancasse. Consigliato da lui stesso ne presi tre, i Robot prima serie meglio conservati che possa mostrare sui miei scaffali. Poi finimmo in cucina a parlare di miscele di caffè e telefilm.


Robot. E' stato dal primo contatto con questa rivista che ho preso consapevolezza di quello che la fantascienza poteva davvero rappresentare, in ogni sua declinazione, dal popolare allo sperimentale, dall'alto al basso, alternando toni umoristici, scanzonati, divulgativi, precisi e documentati. Un mix esplosivo, del tipo ad altissimo potenziale che si poteva distillare solo dalla linfa creativa di un genio come lui. Ricorderò come una delle soddisfazioni più grandi - non solo della mia carriera di scrittore - l'attestato del Premio Robot che presi dalle sue mani nel 2005. Sentivo quel momento come il coronamento di un sogno, forse in maniera un po' irrazionale. Oggi, rileggendo le parole che Valerio Evangelisti (suo grande amico) ha usato nell'introduzione all'antologia di cui parlavo prima (Bianco su nero e altre storie, cercatela in libreria), capisco perché. Era stato il riconoscimento da parte dell'uomo che aveva fondato e condotto per tanti anni il regno dell'immaginario fantastico in Italia, dettando implicitamente un codice, imponendo un termine di paragone con cui chiunque si avvicinasse al genere non poteva non confrontarsi. Senza mai smarrire l'essenza della propria umanità.


Non il miglior sovrano possibile. Il migliore in assoluto.


[Foto di Iguana Jo, via Flickr.]

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Published on October 04, 2011 13:56

September 24, 2011

Il risveglio subliminale?

Sprechiamo un bel titolo per una blog entry che non vuol essere altro che un semplice lancio di stampa, che va ad aggiornare le considerazioni di ieri sera sull'eventuale scoperta di un fascio di neutrini superluminali presso i laboratori INFN del Gran Sasso. Marco Delmastro ha assistito al seminario degli scopritori e tirato un po' di somme. Resta ancora da lavorare per giungere a un risultato riconosciuto e incontestabile, però il suo post notturno merita una lettura per capire come funziona OPERA e capire perché gli scienziati sono ancora molto prudenti sull'annuncio.


Concordo con lui sulla buona impressione data dalla chiosa finale dei ricercatori italiani:


Nonostante la grande significatività della misura riportata e la stabilità dell'analisi, il potenziale grande impatto del risultato motiva la continuazione dei nostri studi per investigare altri effetti sistematici ignoti che potrebbero spiegare l'anomalia osservata. Evitiamo deliberatamente di proporre una spiegazione teorica o fenomenologica del risultato.


Una dimostrazione di serietà, niente di più. Sarà che stiamo perdendo confidenza con le prove di responsabilità, ma dal mondo scientifico ci arriva una bella lezione di stile e di etica. Da prendere e portare a casa.


Aggiornamento


A proposito di serietà e dichiarazioni responsabili. Questo è il comunicato del MIUR di Mariastella Gelmini:



Lo salvo in formato immagine a futura memoria del motto: "Il sonno della ragione genera mostri". Il ministro batte le mani alla notizia come se i risultati della ricerca non fossero ancora al vaglio della comunità scientifica, ma la cosa più grave, assurda e paradossale è che è seriamente convinta che esista un tunnel tra il CERN e il Gran Sasso per farci viaggiare dentro i neutrini. Un tunnel alla cui costruzione l'Italia avrebbe contribuito per 45 milioni di euro (probabilmente quello che sarebbero costati i panini e l'acqua per gli operai di Lunardi). E in tutto il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca non c'è un solo funzionario o consulente in grado di correggere le sue panzane. Dobbiamo proprio rassegnarci a vivere schiacciati sotto il tallone dell'ignoranza? Destini peggiori della morte si preparano per l'Italia…


Ringrazio Marco Passarello e Andrea Rossetti per la segnalazione.

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Published on September 24, 2011 02:24

September 23, 2011

Superluminal

299.798.454 metri al secondo. Questa sarebbe la velocità più alta mai registrata in natura, con una revisione al rialzo di poco più di 6 km/s rispetto alla stima della velocità della luce (la famosa c immortalata da Einstein nella formula pop del XX secolo: la celeberrima E=mc²). Una costante, questa famosa c (dal latino celeritas). Una velocità limite, a separare il mondo sub-luminale da quello superluminale, di cui fino a ieri si vociferava con una certa prudenza. Da oggi, quei 6 km/s potrebbero segnare un vero e proprio paradigm shift. Grazie a una delle particelle più sfuggenti e a una ricerca che, qualora venisse confermata, recherebbe lustro al nostro paese.



La notizia ha fatto il giro dei quotidiani e dei siti, diffondendosi - come rimarca il fisico renitente Marco Delmastro, che mastica queste cose quotidianamente - con una velocità paragonabile all'oggetto della scoperta. Insomma, passatemi la battuta: il messaggio è ben rappresentato dal mezzo. Ironia a parte, è difficile non provare entusiasmo per una notizia del genere: se la scoperta degli scienziati al lavoro su OPERA, nei laboratori del Gran Sasso, dovesse venire confermata - e il bello del metodo scientifico è che le notizie non basta darle, bisogna aspettare che il risultato venga confermato dai colleghi in un esperimento parallelo prima di stappare le bottiglie di spumante tenute in serbo per l'occasione - aprirebbe interi nuovi orizzonti alla comprensione umana dell'universo.


Ma per il momento occorre portare prudenza, come invita a fare un altro dei miei blogger di riferimento in ambito scientifico: su Keplero, Amedeo Balbi corregge il tono sensazionalistico adottato quasi all'unanimità dalla stampa italiana, con la complicità di scienziati piuttosto controversi al di fuori dei confini nazionali, e ci ricorda che - se confermata, continuo a ribadirlo - la scoperta non sancirebbe una violazione della relatività einsteniana, dacché la teoria esclude la possibilità di accelerare una particella fino alla velocità della luce (per la qual cosa occorrerebbe un'energia infinita), ma non vieta l'esistenza di particelle intrinsecamente più veloci della luce. Particelle di questo tipo erano già state postulate (i lettori di fantascienza avranno una certa confidenza con i tachioni), ma finora le teorie formulate prevedevano per esse una massa immaginaria, il che le rendeva un po' troppo esotiche per i nostri gusti.


I neutrini analizzati da OPERA, del tipo muonico, sono provvisti di una massa seppure infinitesima (si parla di meno di dieci milionesimi dell'elettrone) non nulla e soprattutto sono particelle osservate e già conosciute da tempo, sebbene per molti versi ancora da capire. In particolare, per esempio, l'esperimento dei fisici dell'INFN (l'Istituto Nazionale di Fisica Nazionale) dei laboratori del Gran Sasso si prefigge lo scopo di studiare le oscillazioni del neutrino muonico in neutrino tauonico, ovvero le trasformazioni da un tipo della particella a un altro, e per questo entrambi i fisici-blogger citati più in alto rimarcano comprensibilmente che le caratteristiche dei rilevatori utilizzati per le misure non sarebbero state disegnate espressamente per misurare la velocità dei neutrini. Quindi - benché il risultato sembri confermare una precedente misura e garantire l'accuratezza necessaria - non possiamo ancora escludere l'evenienza di un errore sistematico.


Gli addetti ai lavori, insomma, ci vanno giù con i piedi di piombo. Dal mio punto di vista di fisico mancato, ci sono un paio di cose della faccenda che mi colpiscono in maniera particolare: la prima è ovviamente la violazione della causalità che una simile particella realizzerebbe, e che fino a oggi costituisce la principale obiezione logico-filosofica all'idea di spostarsi a velocità superluminali; la seconda è che una particella provvista di massa non nulla potrebbe viaggiare più veloce di una particella di massa nulla invariante come il fotone, che finora poneva la pietra di paragone per la velocità (inclusa quindi la propagazione dell'informazione); per finire, queste particelle potrebbero muoversi a una frazione leggermente superiore alla velocità della luce, ma quante altre potrebbero muoversi o essere accelerate a velocità anche molto maggiori? Il lettore di fantascienza non può non pensare alle possibili applicazioni di una simile idea nella pratica. A chi scrive, le pagine lette hanno subito stimolato il ricordo di motori iperluce per la navigazione interstellare FTL (faster than light), macchine del tempo e agotransfer. Il che non sarà come eguagliare l'estasi della scoperta, ma resta pur sempre capace, in queste condizioni, di evocare un bel brivido di vertigine.


Se la notizia dovesse essere smentita dalle prove sperimentali dei prossimi giorni e dei prossimi mesi, allora calerà sicuramente l'entusiasmo intorno all'argomento; ma tutte le persone più inclini alla fantasia potranno conservare l'ebbrezza della vertigine cosmica che ci è balenata davanti agli occhi per la durata di un istante effimero ma bellissimo.


Risorse in rete

Press release: CERN (in inglese), INFN (in italiano)

• L'articolo su arXiv: Measurement of the neutrino velocity with the OPERA detector in the CNGS beam

• La notizia su Scientific American

• La notizia sul Corriere della Sera

• La notizia su Repubblica

• La notizia sul Guardian

• Lo scetticismo di Forbes

• La vignetta di xkcd (spiegata dal fisico renitente)

• Borborigmi di un fisico renitente: I pettegolezzi viaggiano più veloci della luce

• Keplero: Più veloci della luce?


[Foto di Dan McCoy/Corbis. Via Guardian .]

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Published on September 23, 2011 13:18

September 22, 2011

Il complotto contro l'Italia

Leggo sul massimo organo della stampa moderata questo editoriale, trovandolo in larga misura condivisibile. Non è che mi sto spostando al centro io, attenuando le mie posizioni, sfumando le opinioni: è che ormai l'immenso prodotto della carneficina economico-sociale attuata con indiscriminata risoluzione da questo governo è sotto gli occhi di tutti e nessuno, nemmeno la stampa storicamente più prudente, può più permettersi il lusso di soprassedere e fingere che non stia accadendo niente. Il perdurante stato confusionale delle forze politiche che ci governano non è degno di un paese che pretende ancora di sedere al tavolo dei grandi del mondo e di avere qualcosa da dire.


La serie di riscontri che stiamo ricevendo in questi giorni (declassamento del debito, capacità di crescita e sviluppo, considerazione e autorevolezza in ambito diplomatico) fotografano una realtà impietosa. E come dimostra ancora oggi l'analisi della penetrazione della rete in Italia, il potenziale da sviluppare ci sarebbe pure, ma per troppo tempo ci siamo crogiolati su una concezione arcaica del mondo, dei rapporti di lavoro, mancando le tappe principali nel percorso di crescita che è stato invece agganciato dalle principali democrazie europee e mondiali. Il nostro vagone si è sganciato dal treno del futuro e non sappiamo quando riusciremo a strappare un nuovo passaggio. Ma quello che in prospettiva mi inquieta di più, è che in ogni caso si tratterà di un passaggio da chiedere a qualcuno: per i decenni a venire pagheremo il prezzo delle scelte dissennate che ci sono state imposte da una classe politica incompetente, vetusta e corrotta.


Insomma, i venti che soffiano in questo principio d'autunno sembrano recare tutt'altro che buoni presagi… E non serve ricordare come finì l'ultima volta in cui si evocò il complotto demo-pluto-giudaico-massonico, vero? Vorrei sbagliare, ma in un paese già schiacciato sotto il gioco della demokratura, il rischio di rigurgiti neofascisti sta diventando pericolosamente concreto.

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Published on September 22, 2011 01:55

September 18, 2011

Buone ragioni per leggere Toxic@

Perché dovreste prendere il nuovo libro di Dario Tonani, prima della fine di settembre? Vediamo un po'…


• Se avete già letto Infect@, per sapere come vanno a finire nel 2032 Montorsi, Mushmar e la Milano cartoonizzata.


• Se avete letto L'algoritmo bianco, perché ormai sapete come scrive Dario, ma sapete anche che non potete prevedere cosa vi aspetta.


• Se non avete letto né l'uno né l'altro, perché può essere l'occasione giusta per scoprire un grande autore e il suo futuro allucinato e pericoloso.


• Se non leggete fantascienza, per scoprire cosa può fare la fantascienza nelle mani giuste.


• Se non leggete e basta, per la copertina di Franco Brambilla e l'illustrazione interna di Giuseppe Festino.


• Se siete indecisi, perché c'è un personaggio che si accompagna a un Homer Simpson triste e malinconico, che si chiama Guido De Matteis ed è la versione scimmiata da +toon del blogger scrivente (in altre parole, Dario Tonani mi ha tuckerizzato e per me è la prima volta… e per questo mi sento strano).


• Se questo ancora non vi basta, perché ci sono tanti cartoni coinvolti in usi nuovi e specifici, una sana dose di ultraviolenza, e un oceano semi-senziente di magma formato da residui di cartoon e placente, in cui si muovono forme frattali e che è capace di trasmettere i pensieri e mostrare cose che accadono a distanza, nello spazio e nel tempo…


• Se siete arrivati fin qui, allora forse potrebbe valere la pena che vi leggiate la recensione. Su Fantascienza.com.

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Published on September 18, 2011 15:31

September 17, 2011

11-9-2011: il sogno esploso?

Per noi che lo abbiamo vissuto sulla soglia dell'età adulta e per quelli più giovani di noi, l'11 settembre ha finito col rappresentare quello che per i nostri nonni poteva essere l'8 settembre, inserendosi nel calendario delle date che dovrebbero accomunarci come fondamento culturale, scandendo l'anno con i rintocchi di eventi più o meno traumatici, comunque sempre di rottura e discontinuità con il passato. Una data-chiave, insomma: uno di quei giorni dopo cui niente può continuare a essere come prima. Ovviamente, nel caso di ricorrenze di questa portata in modo particolare, è facile scadere nella retorica spiccia. Le reti TV imbastiscono l'ennesima replica dello spettacolo visto e rivisto un numero imprecisato di volte, i giornali gareggiano per coinvolgere i lettori nella corsa a ricordare dove fossimo quel giorno del 2001, cosa stessimo facendo, cosa abbiamo provato.


Io ricordo alla perfezione dove mi trovavo quando fui raggiunto dalle prime avvisaglie della tragedia e dove finii dopo, in cerca di informazioni su ciò che stava accadendo. Ricordo i colori di Roma, quel giorno, e ricordo il calore di un pomeriggio di fine estate appiccicato addosso.



Ma non credo che questo sia così importante. Non come quello che è seguito.


Nei giorni, nei mesi, negli anni successivi. È lì che è maturata la consapevolezza di ciò che era accaduto. Ricordo l'aumento improvviso delle misure di sicurezza nelle stazioni romane, i titoli dei giornali che andavano a ruba appena scaricati nelle edicole, le dichiarazioni irresponsabili del governo italiano sul rischio attentati nel nostro Paese, il rincorrersi delle ipotesi complottiste sulla rete, lo smarrimento persistente di punti di riferimento stabili. E poi le discussioni sull'opportunità delle guerre, prima in Afghanistan e poi in Iraq, e i reportage da Kandahar e da Baghdad, le bombe daisy cutter e le armi al fosforo bianco su Falluja, i giornalisti embedded e i giornalisti rapiti e uccisi, Abu Ghraib e Guantanamo.



Per farmi capire meglio, voglio condensare questa esperienza attraverso una lettura-chiave, parlando di un fumetto made in USA, di quello che forse è il simbolo americano per eccellenza nel mondo Marvel: Capitan America, per gli aficionados Steve Rogers.


In realtà, leggendolo me ne sono fatto l'idea e rileggendolo in questi anni sono andato convincendomene sempre di più, se nel nostro immaginario fosse stato dato più spazio a questo eroe e alle mutazioni che ha subito in questi anni (ribellione e sua eliminazione inclusi), il mondo in cui viviamo non avrebbe potuto che essere migliore. Anche se non ci sono dubbi che, considerando come s'erano messe le cose subito dopo la fatidica data del 2001, avremmo potuto ritrovarci oggi in un mondo decisamente peggiore.


L'avventura di cui voglio parlarvi s'intitola in maniera emblematica L'avversario ed è una miniserie del 2002 scritta da John Ney Rieber e illustrata da John Cassaday. Prende fatti recentissimi e di portata epocale e li rielabora con una consapevolezza e una lucidità che hanno dello stupefacente, che sicuramente potrebbe impartire una lezione di grazia ed efficacia a tanto giornalismo nostrano e non solo.


Questa, è bene rimarcarlo, è stata la prima storia di Capitan America che mi sia capitata tra le mani (era il 2006). E si apre con Steve Rogers nei suoi panni da civile che scava tra le macerie di Ground Zero, cercando di rendersi utile dopo essersi scoperto del tutto impotente di fronte alle proporzioni e alla fulmineità della strage. È un supereroe che cerca di ritrovare la via, per sé e per il suo popolo. Ma sette mesi più tardi, nella domenica di Pasqua, un paesino sperduto nel cuore della provincia profonda viene preso d'assalto da un gruppo di terroristi. Come un aereo nemico abbia potuto sganciare bombe a frammentazione su una cittadina situata a trecento miglia nello spazio aereo americano è un mistero che non tarda a colpire Cap, che malgrado abbia rifiutato di partire per Kandahar su cortese invito di Nick Fury, adesso si lascia reclutare e spedire in missione sul posto. Arrivato a Centerville, tuttavia, Capitan America si ritrova ad affrontare una minaccia assolutamente non convenzionale: per cominciare, i terroristi hanno utilizzato delle bombe sviluppate da mine americane per attentare alla vita di duecento ostaggi; in secondo luogo, la scelta non è affatto casuale, avendo preso come bersaglio un luogo il cui principale serbatoio di collocamento è rappresentato dalla vicina fabbrica di mine antiuomo; in terza battuta, il comitato di benvenuto riservato a Cap è costituito da un manipolo di ragazzini-cyborg, sopravvissuti all'esplosione di mine antiuomo, contro cui ovviamente il nostro supereroe non può sfoderare le sue tecniche da combattente definitivo.


Uno dei ragazzini prende comunque coscienza delle intenzioni di Cap e non ostacola la sua corsa contro il tempo per liberare gli ostaggi. Nell'azione Cap è costretto a uccidere il capo dei terroristi, ma subito dopo, davanti alle telecamere, sveste la maschera e dichiara:



Voglio… devo dire qualcosa alla gente. Ora come ora, non vedo guerra. Vedo odio. Vedo uomini e donne e bambini che muoiono perché l'odio è cieco. Cieco abbastanza da ritenere un'intera nazione responsabile per le azioni di un singolo uomo. Io non posso accettarlo dopo quello che ho visto oggi. Non è stata l'America a uccidere Faysal al-Tariq. Sono stato io.

Mi chiamo Steve Rogers. Sono un cittadino degli Stati Uniti d'America. Ma non sono l'America. Il mio Paese non ha colpa per quello che ho fatto. Ho ucciso io Faysal al-Tariq. La responsabilità e il fallimento sono miei.



E in una manciata di battute Capitan America racchiude e distilla tutta la vastità del proprio personaggio e del proprio ruolo nella continuity fumettistica e nell'immaginario del mondo da questa parte dello specchio. Capitan America, caso unico tra gli eroi della Casa delle Idee, ha un'importanza che trascende le sue scelte e le sue azioni: la sua importanza è intrinseca, connaturata alla sua essenza, gli deriva dal simbolo che incarna e non dalla forza che esprime. È il Sogno Americano, l'idea che ogni uomo nasca libero e abbia diritto a conseguire la felicità per la via terrena che si sceglie. E difatti, in partenza per la prossima tappa nella sua personale lotta contro l'odio e il terrore, Cap attraversa in moto le strade degli States, incrociando diversi scorci di realizzazione più o meno compiuta di questo sogno: i fuochi del 4 Luglio, una villa nei suburbi, una moglie affettuosa e dei bambini che si divertono in giardino.



Il monologo che accompagna queste immagini fa scopa con il monologo che chiude uno dei film più importanti sulla New York post-11 settembre, e forse il più bello: La 25a Ora di Spike Lee, tratto dal romanzo omonimo di David Benioff. Guardate la scena, quindi proseguite pure con la lettura del post.





Ne L'avversario leggiamo (ed è utile rimarcare che film e fumetto risalgono entrambi al 2002):



Avresti potuto avere una casa. Potresti essere lì ora. In una piccola casa bianca. Su una stradina soleggiata. Nessuno che ti spara dei missili. Sapresti chi sono i tuoi amici… Ascolteresti i bambini dei tuoi vicini gridare, attorno all'annaffiatore del giardino. Mentre lei si abbronza. La donna che ami. Quella che ti ama. La guarderesti e lei guarderebbe te, e ti sorriderebbe. E sapresti che anche lei se lo chiederebbe. Quanto sarebbero belli, i bambini che vorreste crescere. Potevi avere questo. Potevi avere tutto. Potresti sentire l'odore della griglia accesa dai tuoi vicini, adesso… Non quello della tua carne che brucia.



E invece, tutto quello che è concesso a Steve Rogers, è una corona di spine. Non è nemmeno più un supereroe, dopo essersi tolto la maschera. Ha compromesso il suo anonimato e la propria funzione per lo S.H.I.E.L.D., "in nome di un gesto morale" come sentenzia contraddetto un dirigente dell'organizzazione controspionistica. Ma se non i suoi superiori, qualcuno tra i suoi concittadini ha capito la valenza del gesto. Sono un soldato e un uomo che non risparmia la lezione a suo figlio: "È solo un eroe. In molti potrebbero fare quello che fa lui se solo ci importasse abbastanza. E se ci impegnassimo".



E queste parole vanno al di là della convinzione di Cap che sia sufficiente aggrapparsi al Sogno ("Non c'èbisogno di viverlo" si ripete mentre rischia la vita sotto il fuoco nemico), perché ci riportano alla sua funzione originaria. E a questo punto, alle origini del nostro mondo, decide di tornare Steve Rogers. Che non a caso si dirige a Dresda, triste bersaglio di uno dei più tragici bombardamenti strategici della Seconda Guerra Mondiale, operato dagli Alleati tra il 13 e il 14 febbraio 1945, radendo al suolo la città in un vortice di fuoco e massacrandone la popolazione inerme.



È il primo passo verso l'elaborazione degli errori commessi nel passato. Ed è da qui che comincia la strada verso il futuro, l'unica che possa risparmiargli gli ostacoli degli sbagli che hanno sempre comportato un prezzo solo ed esclusivamente per la gente comune.



Non mi dilungherò sulla storia, che merita di essere letta. È una storia che inserirei di diritto tra le letture dell'obbligo nell'immaginaria biblioteca della memoria della mia ipotetica scuola ideale. Un'avventura capace di aprire gli occhi del lettore, nell'età giusta.



A distanza di cinque anni dall'inizio della guerra in Afghanistan, questa è stata la lettura giusta per me. Da sostenitore prammatico dell'attacco tardivo, sono diventato con il tempo contrario a un attacco consapevolmente tardivo, gestito come fumo negli occhi dell'opinione pubblica e di tutto l'Occidente. Non a caso, di mezzo ci sono state la lettura di Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut e la scrittura di "Viaggio ai confini della notte", il racconto con cui mi aggiudicai nel 2005 il premio Robot. Entrambi ruotano intorno a una scena-chiave ambientata a Dresda la notte del bombardamento.



Oggi, a dieci anni dall'attacco, è importante soprattutto ricordare le cose che ci hanno fatto crescere e i punti di svolta. A dimostrazione di due cose: che la storia deve insegnarci qualcosa, sempre; e che non è mai troppo tardi per cambiare. Quindi, se i vostri sentimenti verso l'11 settembre 2001 restano gli stessi di dieci anni fa, per me può voler dire solo due cose: o eravate nel giusto fin da allora, oppure questi dieci anni non vi hanno insegnato granché. In entrambi i casi, non avete avuto bisogno di celebrare la ricorrenza, come non ce l'ha avuto chi ha capito qualcosa di nuovo nel corso di questo decennio. Ovvero che la memoria si propaga e perpetua giorno per giorno. E che è lo strumento necessario per contrastare la diffusione senza quartiere dell'odio.



Qualunque forma assuma, dopotutto il ricordo più efficace resta - purtroppo - quello che nasce dal dolore.




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Published on September 17, 2011 09:59

September 15, 2011

Back from Tatooine

Per chi non avesse avuto tempo e modo di assistere alla conferenza stampa della NASA sull'ultima scoperta del satellite Kepler, un avviso: non era Pandora, il pianeta scovato negli abissi della notte siderale, ma Tatooine. Il paragone è stato ampiamente illustrato dagli ospiti, Knoll e Doyle in testa.



Proprio come il pianeta su cui trascorse l'infanzia Luke Skywalker, Kepler-16b orbita infatti intorno a una coppia di stelle: una nana gialla di massa pari al 69% della massa



del Sole e una nana rossa di massa pari a circa il 20% della massa solare. Le due componenti orbitano l'una intorno all'altra in poco più di 41 giorni, eclissandosi a vicenda secondo lo schema delle note variabili a eclisse. Analizzando lo spettro delle due stelle, con i cali di luminosità prodotti dal transito di una componente intorno all'altra, i ricercatori hanno individuato la presenza di un terzo corpo: un pianeta semigassoso grande un terzo di Giove, che descrive la sua orbita intorno alla coppia di stelle, a una distanza dal centro del sistema compresa tra quella di Mercurio e quella della Terra dal Sole. Per una rivoluzione completa Kepler-16b impiega quasi 229 giorni.


In realtà, di Tatooine questo pianeta avrà ben poco. Infatti, oltre a essere un gigante gassoso come Giove o Saturno (sprovvisto pertanto di una superficie solida o liquida), Kepler-16b si è venuto a trovare ben al di fuori della fascia abitabile del suo sistema, quella zona intorno a una stella in cui l'acqua può esistere in fase liquida (condizione ritenuta necessaria per la formazione e la persistenza di forme di vita). Con una temperatura compresa tra i -100 e i -70 gradi Celsius, sarebbe decisamente improbabile trovare acqua liquida su questo pianeta.


Ma gli scienziati intervenuti alla conferenza stampa, in un clima molto confidenziale reso ancora più familiare dai frequenti riferimenti all'immaginario fantascientifico di cui tutti noi siamo impregnati, hanno espresso la fiducia che questa possa essere solo la prima di una lunga serie di interessanti scoperte. Le stelle binarie rappresentano infatti una larga parte della popolazione stellare della Via Lattea (si stima che ce ne siano in un numero confrontabile con le stelle singole come il nostro sole) e fino ad oggi sussistevano forti dubbi che le complesse influenze gravitazionali prodotte dalla presenza di due o più corpi massicci potessero consentire la formazione di sistemi planetari intorno ad esse.


Kepler-16b è la dimostrazione "vivente" che possono esistere sistemi planetari intorno a stelle binarie, magari originatisi addirittura dalla stella nube stellare. E questo è decisamente un punto a favore nella ricerca della vita nell'universo.


Risorse in rete

• La notizia sul sito del Jet Propulsion Lab della NASA

• La notizia su Space.com

• La notizia su Discovery News

• La ricostruzione video del sistema binario Kepler-16 AB sul sito del Guardian

• Il catalogo interattivo dei pianeti extra-solari

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Published on September 15, 2011 12:16

September 14, 2011

Fly me to Pandora

Andrea Bernagozzi mi segnala che la NASA ha convocato per domani una conferenza stampa per discutere con i giornalisti le ultime scoperte della missione Kepler, impegnata a scrutare i cieli alla ricerca di pianeti di tipo terrestre adatti ad ospitare la vita. Insieme ai rappresentanti del programma, lo scienziato del SETI Laurance Doyle e l'esperto di effetti speciali John Knoll, della Industrial Light & Magic.


Doyle è nel SETI dal 1987, la sua attività principale si svolge nel settore della ricerca di esopianeti, ma si è occupato anche di teoria della comunicazione. Knoll invece ha lavorato a Star Wars, Star Trek (diversi film ed episodi delle serie The Next Generation e Deep Space Nine) e, di recente, ad Avatar. Con questi elementi a disposizione, le aspettative intorno all'evento non possono essere che elevate: ci annunceranno forse la scoperta di Pandora?


Per saperlo, l'evento sarà trasmesso in diretta streaming a partire dalle 11.00 ora locale della Pacific Coast, se i conti sono giusti le 20.00 qui da noi. Per seguire la conferenza, cliccate qui.



Rappresentazione della Galassia e del raggio d'azione del satellite

Kepler, ad opera di Jon Lomberg, via The Spacewriter's Ramblings.

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Published on September 14, 2011 14:48