Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 50

December 21, 2011

Corpi spenti: Input #4

Le immagini oniriche dei necromanti devono molto all'estetica angosciosa e disturbante del grande Zdzisław Beksiński. Potete perdervi nei suoi mondi oscuri in una delle diverse gallerie virtuali che presentano le sue opere straordinarie, dal sito ufficiale dedicato all'artista polacco a questa ricchissima collezione web. Qui di seguito riproduco alcuni scorci dalle terre dell'incubo che mi sono state di particolare aiuto.






 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 21, 2011 15:00

December 20, 2011

Corpi spenti: Input #3

Il tono, in storie come questa, è fondamentale alla riuscita finale. Un tono troppo distaccato mal si lega a un noir, mentre un tono troppo coinvolto rischia di sacrificare in favore del volume di rumore la densità d'informazione che invece si richiede a una storia di fantascienza. Per fortuna, la narrazione in terza persona aiuta a tenere il distacco necessario. In questo romanzo, ho voluto sperimentare rispetto a Sezione π² una soluzione mimetica, cercando di valorizzare il punto di vista di una galleria di personaggi. Il tono, comunque, specie quando le cose vengono viste dagli occhi di Briganti, assume una connotazione disincantata, à la Hugh Pagan per intenderci.


Sulla scia di Pagan (l'Usine) e Derek Raymond (the Factory), inoltre, Guzza affibbia un nomignolo alla Sezione. Un modo, se me lo concedete, di operare una sorta di "smitizzazione", che ben si sposa all'atmosfera di dismissione che pervade il romanzo.


Un brano da Quelli che restano (Tarif de group, 1993) di Pagan:


Non conoscevo la sua nostalgia, quella molla piccola e fragile, sorda e lancinante, che permette a tutti noi di restare in qualche modo in piedi, sempre che non abbia già dato tutto quello che poteva. Non è la morte che ci ripulisce le tasche, è la vita la grande borseggiatrice. La morte interviene solo per il conto finale, e dubito le rimanga molto da arraffare.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 20, 2011 15:00

December 19, 2011

Corpi spenti: Input #2

Il ritmo del racconto è fondamentale, se non si vuol perdere per strada il lettore. Per fortuna, una storia poliziesca offre tutta una serie di pretesti per scongiurare il rischio. Pedinamenti, intercettazioni, trappole, inseguimenti, sono i ferri del mestiere.


In alcune sue scene, Corpi spenti deve molto a Il braccio violento della legge di William Friedkin, con un Gene Hackman che definire monumentale sarebbe fargli un torto. The French Connection è un film che ho visto e rivisto, mentre stavo per concludere il romanzo e mi serviva un valore aggiunto per connotare adeguatamente dei passaggi chiave. Non stupitevi, insomma, se quando lo leggerete, Guzza vi sembrerà aver mutuato per osmosi l'ossessione investigativa di Jimmy "Popeye" Doyle.


Spero comunque di aver appreso dal film anche un po' di tecnica. Per esempio, ecco come si gira un pedinamento.


[image error]

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 19, 2011 15:00

December 18, 2011

Corpi spenti: Input #1


Raymond Chandler continua ad aleggiare su queste pagine come un fantasma nelle stanze di un castello abbandonato. In particolare, questa volta, ho dei debiti evidenti verso Addio mia amata (Farewell, My Lovely, 1940) nella scelta delle location più "marittime". A proposito, in Corpi spenti piove meno che in Sezione π², ma succede perché solo la storia si dispiega ad aprile invece che a novembre.


Molto più che nel precedente romanzo, qui si dovrebbe sentire anche l'influsso di Dashiell Hammett. I manuali di scrittura in genere consigliano di ridurre al minimo i riassunti, quelle parti di raccordo tra una scena e l'altra che infrangono la sacra regola dello "show, don't tell". E' sempre bene attenersi alle regole, se non si vuole incorrere in pesanti sanzioni. Ma Hammett era un maestro nel ricapitolare le indagini dei suoi investigatori (penso in particolare a La maledizione dei Dain e Un matrimonio d'amore) e ha molto da insegnare anche nella scrittura delle parti di raccordo. Che poi possono diventare un pretesto per sperimentare varianti della più classica presa diretta nelle scene più concitate.


E a mio parere funziona, quando le scene d'azione sono molte. A patto di non abusarne.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 18, 2011 16:00

Corpi spenti: Input #0

Penso di avere avuto già modo di ripeterlo a sufficienza in occasione dell'uscita di Sezione π²: nessun lavoro di fiction nasce astratto da un contesto di riferimento. Tutti vedono invece la luce sotto una costellazione tracciata dall'intersezione di un certo periodo storico (tipicamente, quello durante il quale l'opera viene concepita ed elaborata) con un certo immaginario. Corpi spenti non fa eccezione. Per questo mi piacerebbe ripercorrere il cammino che mi ha portato a chiuderne la stesura (che, come dicevo nei post che hanno preceduto questo, è stato tutt'altro che lineare).


Adesso che il libro è fuori di casa e in cerca di impiego, ho pensato quindi a un ciclo di articoli che - ispirandomi a quanto ha avuto l'idea di fare Lara Manni al termine della sua trilogia Esbat/Sopdet/Tanit - offra un risarcimento morale alle opere che hanno esercitato un'influenza determinante sul mio lavoro. Se vogliamo, può anche essere inteso come una forma di elaborazione della separazione (seppure temporanea) da un universo che mi ha tenuto impegnato per anni e che, mese dopo mese, si rivelava una presenza costante nelle mie serate, praticamente una certezza.


Se ho già approfittato di questo post per delineare in corsa i contorni politici di Corpi spenti, voglio adesso concentrarmi sugli input provenienti da libri, cinema, arte e musica. Partiamo con una canzone. Ancora David Bowie, stavolta con un pezzo tratto dal suo album più distopico, non a caso fortemente influenzato dal 1984 di George Orwell. Godetevi Diamond Dogs da un concerto del 1996 (scusate la pessima qualità del video, la traccia audio almeno mi sembra passabile).


In the year of the scavenger, the season of the bitch

Sashay on the boardwalk, scurry to the Ditch

Just another future song, lonely little kitsch

(There's gonna be sorrow) try and wake up tomorrow…

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 18, 2011 06:00

December 15, 2011

Dopo Firenze

Ieri a Firenze, per la NextCon organizzata dall'instancabile Giovanni Agnoloni. E' stato bello rivedere amici di sempre e confrontarsi con loro, sentire per tutto il giorno il sostegno a distanza di quanti non hanno potuto esser fisicamente presenti e trovare sul posto altre persone interessate al nostro progetto. Impossibile aggiungere altro. E' stata una serata intensa, e questa è una delle ragioni per cui tutto questo va avanti.


Il nostro Giovanni, a perfetto agio nei panni del regista della serata, ha gestito gli interventi, con il merito di riuscire a cucirli nella trama di un discorso organico. In questo discorso non poteva mancare ovviamente un ricordo della tragedia che ventiquattr'ore prima aveva sconvolto la città. Parole condivise da tutto il gruppo, che sono in sintonia con quanto espresso, con lucidità e chiarezza invidiabili, da Silvio Sosio nel suo editoriale odierno per Fantascienza.com.


Anche qui: inutile aggiungere altro. Con le vite degli altri non si scherza. Nemmeno solo a parole. Purtroppo il giornalismo di queste ore ci sta offrendo - con insensati accostamenti tra la tragedia e la passione del killer per il fantastico - ampie dimostrazioni di malafede, a caccia di facili sensazionalismi. O forse è solo sprovvedutezza. E onestamente non so cosa sia peggio.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 15, 2011 06:13

December 5, 2011

Corpi spenti: foto di gruppo

E infine ci sono i personaggi, nessuna storia può farne a meno. Questa, più di tutte le altre cose che ho scritto, è una storia di personaggi & persone: è la storia delle loro storie, catturate nel cono d'ombra della Singolarità. Dall'interazione tra i personaggi possono nascere situazioni interessanti. Riconosco di non amare particolarmente l'ossessione psicologica di gran parte del mainstream, ma la narrativa di genere è narrativa d'intreccio e il meccanismo drammatico s'innesca proprio grazie alle relazioni tra i personaggi.


Quando ho cominciato a scrivere Corpi spenti ne avevo tre, "ereditati" dal precedente romanzo. Il protagonista, ovvero Vincenzo Briganti, tenente della Sezione Investigativa Speciale di Polizia Psicografica (la Sezione Pi-Quadro, come la chiamano tutti), un necromante, un cyborg capace di scansionare i ricordi di una vittima per risalire alle circostanze della sua morte; il suo socio acquisito, Guzza, ovvero l'ispettore Corrado Virgili, inviso ai suoi superiori e per questo distaccato alla Sezione Pi-Quadro, un agente burbero e dai metodi molto poco convenzionali, ma malgrado - o proprio in virtù di - queste caratteristiche capace di instaurare con Briganti un fortunato benché bizzarro sodalizio professionale; il sostituto procuratore Grazia Conti, una donna in carriera, già tutta d'un pezzo prima che i fatti narrati in Sezione π² interferissero con la sua sfera privata.


Era un buon punto da cui partire. Intorno a loro non è stato difficile costruire una galleria di comprimari, attingendo in parte ancora una volta dalle pagine del precursore: Sara, la ex-moglie di Briganti, emerge dall'abisso del passato proprio nell'epilogo di Sezione π² e non poteva restare fuori da questa partita, sarebbe stato uno spreco; Pasquale Nigro e Mario Terenzi, i due agenti che s'intravedevano in un paio di scene, suggerivano troppi aspetti interessanti da scoprire per poter essere dimenticati su quelle pagine; Sanseverino, già presentato come il depositario della Sezione, la sua memoria storica, non poteva essere lasciato da parte; Errico Chianese, il cronista più scomodo della città, una sorta di cavaliere solitario armato solo di penna e portatile, che racconta il sistema sulle pagine di Nova X-Press, il suo bollettino di controinformazione, doveva continuare a fotografare la città e il paese, le loro dinamiche, con il suo sguardo lucido e implacabile.


In più c'era una cosa che sentivo latitare nel primo romanzo: la Sezione Pi-Quadro, intesa come corpo di polizia; un corpo speciale, che malgrado le sue peculiarità era rimasto un po' sullo sfondo del primo volume, dove i vari Briganti, Di Cesare e Bevilacqua tendevano a prendersi tutta la scena. Ecco quindi come Corpi spenti si è delineata ai miei occhi come la storia della Pi-Quadro, o di ciò che ne resta dopo i fatti del novembre '59. Una storia vissuta attraverso i suoi componenti, i loro amici e i loro rivali. Con un'unica avvertenza: amici e rivali non sempre si ritrovano sul lato della barricata in cui ci aspetteremmo di trovarceli. Come in ogni buon noir che si rispetti.


Una storia comunque di transizione, ma grazie a questa consapevolezza del ruolo di ciascuna delle sue parti anche molto strutturata, che è stato bello costruire sulle spalle dei personaggi e vedere come, ciascuno per la parte che gli competeva, riuscivano a portare avanti la trama. Una storia destinata a prendere i personaggi un po' più avanti sul loro cammino rispetto al punto in cui li avevamo lasciati, per accompagnarli ancora più lontano. Dove si troveranno ciascuno a un grado diverso, ma tutti inevitabilmente, cambiati.


Ancora una volta.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on December 05, 2011 15:35

November 27, 2011

Corpi spenti: uno studio d'ambiente e d'epoca

Una volta definita la prospettiva, la cosa più complessa da predisporre è stata l'ambientazione. E' stato difficile per una duplice ragione, ma siccome la parte legata all'atmosfera è quella per cui mi sento meglio predisposto per natura (o per semplice pigrizia, in quanto incapace di sviluppare con altrettanta costanza e profondità tutti gli altri aspetti della costruzione di un romanzo) è stata anche la parte del lavoro che mi ha divertito di più. Per me l'ambiente rappresenta un prerequisito indispensabile per ogni storia. Non riesco a scrivere nemmeno una riga senza avere un'idea più che soddisfacente del mondo che la ha generata - e che quindi dovrebbe fare il paio con essa. Spesso le mie storie risultano sbilanciate anche per questo: troppo poca azione rispetto all'atmosfera, piuttosto che per pigrizia proprio per una istintiva esigenza di valorizzare il lavoro compiuto offrendo allo sfondo più inquadrature di quanto sia strettamente richiesto dalla trama (spero comunque che questo non sia il caso di Corpi spenti).


Le due difficoltà cui accennavo in apertura sono queste: da un lato, la continuità con l'ambientazione di Sezione π² imponeva una tenuta della coerenza interna alla saga; dall'altro, sul versante completamente opposto, la natura stessa della Singolarità - che è il presupposto del mondo della Sezione Pi-Quadro - richiedeva un'evoluzione sensibile rispetto allo scenario tracciato nel primo romanzo. La Singolarità, come ricorderete, risulta dalla convergenza rivoluzionaria di settori di ricerca diversi (nanotecnologie, scienze della vita, intelligenza artificiale, cibernetica e computazione quantistica) che ha determinato un'impennata della curva del progresso, producendo esiti imprevedibili nella ricaduta dei loro effetti. La Singolarità ha contribuito a spostare gli anni dopo il 2049 (in cui teoricamente sarebbe «esplosa») molto più lontano da noi di dove li posizionerebbe il calendario. In definitiva, è una sorta di orizzonte degli eventi scientifico-culturale e il suo effetto collaterale è uno shock da futuro.


In un contesto post-singolare, anche pochi mesi equivalgono a diversi anni di progresso secondo il tasso di sviluppo a cui siamo abituati oggi. E siccome tra Sezione π² e Corpi spenti intercorrono diciotto mesi, era necessario mostrare che del tempo fosse trascorso, e che questo tempo corrispondesse a un lasso di tempo molto più lungo rispetto a diciotto mesi attuali. E' l'effetto inflazionario della Singolarità e chiunque scriva storie ambientate nel cono d'ombra dell'evento deve farci i conti (pensate ad Accelerando). Tutto sommato, le due spinte contrarie tra continuità e cambiamento tendono però anche a compensarsi reciprocamente, e se comunque l'ambientazione compie un bel salto in avanti rispetto al precedente romanzo, dall'altro le loro forze opposte tendono a frenarsi a vicenda e a produrre un nuovo punto di equilibrio che spero i lettori potranno trovare altrettanto - se non più - interessante di quello attorno al quale si sviluppava Sezione π².


Per non rovinare il gusto della scoperta ai lettori più esigenti, mi fermo qua. Prima di chiudere mi limito però a rispondere a un quesito, contenuto in un bel commento apparso da qualche giorno alla pagina dedicata a Sezione π² su Anobii. La mini-recensione è di Paolo Giannuzzi:


Finalmente un noir fantascientifico che non si incarta (o almeno lo fa poco) in frasi edulcorate ad arte, prive di senso, atte spesso ad allungare il brodo. Un ottimo thriller/giallo, laddove la fantascienza è il pretesto per dare al protagonista il potere necessario per districare la matassa in maniera credibile. Tutto è costruito in maniera precisa, con poche concessioni al divagare, e con dei bei personaggi a cui si tende ad affezionarsi (Guzza è il classico esempio del personaggio che il protagonista prova a renderci antipatico al primo incontro, ma poi ci si lega inevitabilmente). Auspico il ritorno dei protagonisti, anche se il finale lascia intendere che la base su cui si fonda tutto (la possibilità di indagare nella mente dei defunti) sia destinata a svanire.


Ecco, innanzitutto vorrei dire che è particolarmente gratificante ricevere un commento simile a quattro anni dall'uscita del romanzo. Denota che il libro è invecchiato bene, malgrado tutto, e questo non può fare che piacere (anzi, a dirla tutta, è una bella iniezione di fiducia). Tornando al punto della questione, la tecnologia dell'upload neurale messa a punto in Estremo Oriente e annunciata nel finale del libro non esclude affatto una continuazione della Pi-Quadro. I necromanti sono diventati obsoleti, certo, per ammissione dello stesso Briganti. Ma non per le loro prerogative - dopotutto, il loro ruolo resta inalterato, sia che dei cadaveri si possano recuperare le coscienze sia che invece la loro coscienza resti condannata alla morte entropica - quanto piuttosto per i pretesti etici che la politica farebbe presto a strumentalizzare e piegare alle proprie necessità. Se un individuo può essere "resuscitato", infatti, l'indagine psicografica può diventare un'interferenza nella sfera privata. E la Pi-Quadro si è già fatta numerosi nemici, tra i signori di Napoli. Nel 2061 qualcuno potrebbe volergliela far pagare.


Di Guzza e degli altri, invece, parleremo la prossima volta.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on November 27, 2011 15:18

November 23, 2011

Corpi spenti: una questione di prospettiva

Quando mi sono messo al lavoro su Corpi spenti, avevo un'unica cosa ben chiara in mente: scrivere un seguito di Sezione π² che ne rappresentasse allo stesso tempo un approfondimento e una discontinuità. Avevo un'idea in mente per lo scenario, avevo un gruppo di protagonisti ereditati dal primo romanzo, con una buona alchimia già espressa in quella sede ma con una riserva di potenziale abbastanza cospicua ancora da esprimere. Quello che mi serviva, senza girarci intorno, era l'angolo giusto: la giusta prospettiva da cui inquadrare la scena e i soggetti che interagivano in essa.


Dopo una serie di pianificazioni, tentativi di implementazione, ripensamenti, ripianificazioni, altri tentativi, conseguenti ripensamenti e così via, mi sono convinto che quello di cui avevo bisogno era uno scarto rispetto a Sezione π². Avevo inquadrato uno scorcio del futuro, in quel romanzo, ma c'erano ancora diversi particolari di cui s'intuiva l'importanza ma che restavano tuttavia poco distinti e che meritavano per questo una messa a fuoco. Era come scrutare la fuga prospettica di una strada e cercare di decodificare le caratteristiche del paesaggio urbano dalla posizione in cui mi trovavo. Non potevo pensare di ottenere il risultato che mi prefiggevo continuando a osservare l'angolo di Napoli post-Singolarità dallo stesso punto, standomene fermo sullo stesso marciapiede.


Per questo ho deciso di attraversare la strada.


La parallasse è un trucco che al liceo scientifico insegnano al primo anno di fisica. Una volta, almeno, era così. Nella parallasse stellare si sfrutta la rivoluzione della Terra intorno al Sole per misurare la distanza di un corpo celeste esterno al sistema solare, magari distante anche centinaia di anni-luce. La tecnica richiede come requisito la conoscenza del raggio dell'orbita terrestre: osservando una stella a distanza di sei mesi, basta un calcolo di pura trigonometria per determinarne la distanza. Non è uno strumento facile da adoperare, richiede estrema accuratezza e le distanze stellari impongono la massima precisione degli strumenti, ma funziona. E' scientifico.


Attraversando la strada, i dettagli di superficie che mi avevano colpito durante la precedente indagine di Briganti hanno subito delle variazioni. Uno slittamento, come mi piace pensare, che ha imposto un paradigm shift, un mutamento di paradigma.


Alcuni particolari si sono rivelati poco più che accessori, altri sono improvvisamente risaltati, altri ancora sono emersi dagli angoli ciechi e dai coni d'ombra che inesorabilmente viziavano la precedente angolazione. Non che quella fosse sbagliata, intendiamoci. Però era solo una delle tante possibili. Abbastanza buona da garantire una visuale interessante, ma sicuramente insufficiente per cogliere il panorama nella sua interezza. Non che m'illuda sull'esistenza di una prospettiva esauriente in tal senso, almeno non restando vincolati ai gradi di libertà del piano stradale. E proprio come in una grande città attraversare una strada trafficata espone a dei rischi, così ottenere questa nuova visuale ha comportato una certa difficoltà: mi sono dovuto adeguare a un ritmo diverso, con scatti in avanti e battute d'arresto per evitare di farmi investire. Ma il cambio di prospettiva è valso lo scarto che mi proponevo di perseguire.


A bocce ferme, con tutta la soddisfazione ricavata dalla nuova angolazione guadagnata, resta una lezione che mi tornerà certamente utile alla prossima prova: la prossima volta non basterà attraversare la strada. Per guadagnare una visuale utile mi toccherà intrufolarmi in qualche palazzo e infilarmi di straforo in un ascensore. Sfidando le strutture di sicurezza dell'edificio, forzando le serrature per arrivare fino in cima, resistendo alle vertigini per rispettare le aspettative che lascia presagire questa seconda avventura delle Cronache del Kipple.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on November 23, 2011 12:39

November 8, 2011

Next in e-book

Torna disponibile in formato elettronico l'intera numerazione di Next, il bollettino di cultura connettivista fondato nel 2005 e tutt'ora in attività sotto la direzione di Sandro Zoon Battisti. Da qualche giorno la rivista vincitrice del Premio Italia 2011 per le fanzine è disponibile nell'edicola Ultima Kiosk. A darne notizia è lo stesso curatore, su Fantascienza.com.

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on November 08, 2011 15:25