Giovanni De Matteo's Blog: Holonomikon, page 49

January 8, 2012

Next Station: conflitti, incubi e traiettorie superluminali

Finalmente ci siamo: è on-line il terzo numero di Next Station, nuovo corso, versione webzine. Segnalo in particolare: i racconti di Dario Tonani (in realtà già proposto come antipasto del numero all'uscita di Toxic@, e pubblicato da qualche mese) e Roberto Furlani (che si appresta a diventare un film, se non l'avete già fatto visitate la pagina web ufficiale del progetto o fate un salto su Facebook), l'esperimento di mash-up di Fernando Fazzari che mette sotto i ferri il celebre racconto Berenice di Edgar Allan Poe (mi sento di poter dire che si tratta della prima seria analisi pratica dedicata a una tecnica narrativa invalsa di recente nel mondo editoriale, grazie a un filotto di titoli che combinano celebri opere della letteratura mondiale ed elementi di fantastico, horror o fantascienza); le panoramiche di Francesca Fuochi e Alex Tonelli, dedicate rispettivamente all'artista inglese Francis Bacon e a Tullio Avoledo, acclamato autore de L'elenco telefonico di Atlantide; la recensione di Emanuele Manco sulla raccolta del meglio di Cyborg, occasione per ripercorrere un'intera stagione dell'underground fantastico italiano; le rubriche di Sandro Battisti e Salvatore Proietti, incentrate rispettivamente sul gruppo inglese The Mission e sui rapporti tra Italo Calvino e l'immaginario della scienza; e per finire la rielaborazione dell'intervento sui viaggi nel tempo tenuto da Lanfranco Fabriani e dal sottoscritto in occasione dell'Evento Light 2010.


Il punto di partenza per la navigazione è ovviamente l'editoriale, che non abbiamo potuto - purtroppo - circoscrivere all'immaginario. L'immagine di copertina è come al solito opera di Marco Moschini, direttamente dai sotterranei di Bologna. Buona lettura!

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Published on January 08, 2012 13:21

January 4, 2012

Essere partecipi della conoscenza

Cos'è la conoscenza se non un miraggio che ci affanniamo a rincorrere? Eppure senza lo sforzo di inseguirla le nostre vite sarebbero decisamente meno interessanti, se non proprio prive di scopi con una qualche ragione di ambire a una dimensione superiore. Perché attraverso la conoscenza passa la comprensione del mondo in cui viviamo e la speranza di avvicinarci un po' di più al senso di quelle domande che per noi hanno tanta importanza.


Ricordo il piacere quasi proibito di sfogliare gli splendidi volumi rilegati in pelle della Treccani di famiglia. Non bastava una mensola a contenere l'enciclopedia nuova, nella libreria dello studio, con tutte le difficoltà che le cerniere della vetrina poneva all'estrazione dei volumi capitati alle due estremità. Quando ancora non ero al liceo (ma anche dopo) ero capace di trascorrere ore a sfogliare la carta leggerissima, scorrendo e riscorrendo le righe fitte di informazioni e di rimandi. E anche se i dati erano aggiornati a qualche decennio prima (ricordo in particolare le notizie demografiche, ferme a qualche censimento prima della mia nascita), poteva andare bene lo stesso: erano i primissimi anni '90, si viveva in tempi in cui si cominciava a percepire l'espansione irreversibile delle tecnologie elettroniche (se il computer in ogni casa stava per arrivare, a tenere occupata la mia generazione ci pensavano le consolle), ma a meno di non essere particolarmente sensibili si poteva ancora tollerare la lentezza di aggiornamento, a patto di avere la precisione dell'informazione.


Nella seconda metà degli anni '90 cominciarono a diffondersi le enciclopedie multimediali (Omnia DeAgostini, Microsoft Encarta): migliaia di voci accessibili con un semplice click, arricchite da file multimediali con musiche, filmati, simulazioni interattive. Uno sballo per i nerd, ma non solo. E' questo il periodo in cui a scuola la tesina impostata come ricerca inizia probabilmente a perdere di significato: troppo facile il copia-incolla (anche se mi risulta che qualche docente - probabilmente scampato per caso all'ultima glaciazione - sia ancora convinto che assegnare una tesina su un libro sia - nel 2011 - il metodo migliore per verificare se un alunno quel libro lo ha letto o meno). A un prezzo decisamente più contenuto dei precursori cartacei, le enciclopedie multimediali assicurano l'immediatezza della fruizione e, con il diffondersi di internet nelle case, offrono anche la garanzia - ovviamente a pagamento - dell'aggiornamento on-line.


Ma è solo sul web che si attesta nella prima metà degli anni Zero la discontinuità definitiva. Nel 2001 viene lanciata Wikipedia (il 15 gennaio, accendete le candeline…), nel giro di qualche anno ne vengono aperte versioni in decine di lingue, intorno alla metà del decennio arriva alla sua milionesima voce e nel 2007 diventa l'enciclopedia più vasta mai realizzata. Ed è solo l'inizio di una storia che ormai qualunque utente della rete sperimenta quasi quotidianamente, per una ragione o per un'altra: curiosità, informazione, aggiornamento, approfondimento. L'informazione che uno cerca, 99 volte su 100 capita di trovarla su Wikipedia. Un oceano di dati accessibili in tempo reale.


Certo, Wikipedia è tutt'altro che perfetta: le edizioni "giovani" sono spesso approssimative, e talvolta l'approssimazione permane anche in edizioni più "mature" se si considerano settori piuttosto specialistici. Inoltre il suo flirt con l'attualità talvolta porta a perdere la messa a fuoco sulla rilevanza delle voci incluse. Ma ha dei grandi vantaggi rispetto a tutte le enciclopedie cartacee o multimediali che l'hanno preceduta, dei pregi sufficientemente grandi da compensare abbondantemente i suoi limiti: è dinamica, aperta, collaborativa. Riflette in sostanza lo Zeitgeist dell'epoca a cui appartiene: chiunque può modificare o inserire una voce, ma l'aggiornamento persiste soltanto se supera il test di validità della comunità dei suoi utenti. In continuo mutamento, continuamente aggiornata, si arricchisce di giorno in giorno, sviluppando la rete delle connessioni che rende più stimolante il sapere.


A differenza della Treccani, bella e autorevole, ma comunque congelata nel suo tempo, Wikipedia non è un fossile: è un organismo vivo, che quotidianamente consente a milioni di utenti in ogni parte del mondo di condividere e recuperare informazioni che altrimenti si estinguerebbero nei polverosi spazi segregati delle cantine, in cui finiscono sempre prima o poi per ammassarsi i libri e i manuali che consultiamo con minore frequenza. Ed è soprattutto una filosofia, nata da un'idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: rendere l'utente partecipe della conoscenza.


Quando lo scorso anno si è sparsa la voce che l'edizione italiana di Wikipedia potesse chiudere per l'ottusità e l'ignoranza della nostra burocrazia nazionale ho avuto un momento di sconforto. E' stato come se i fantasmi di dinosauri senza cervello si fossero riversati nella nostra realtà da una crepa dimensionale per imporre nuovamente il loro dominio sul mondo. Lo spettro della lentezza, dell'oscurantismo, della rigidità. E' la ragione per cui ho deciso di sostenere d'ora in avanti ogni anno la Wikimedia Foundation, per quanto mi viene concesso dalle mie esigue risorse. Partecipare a un'impresa dei nostri tempi, come appunto è Wikipedia, forse il continente della rete più importante e significativo emerso in quest'era geologica, garantisce anche l'assoluta libertà di poter sostenere con un piccolo sforzo la sua crescita immune da ogni vincolo, lontano dalle spire della pubblicità e dalle mire di organismi di controllo ancora troppo stupidi per poter sfidare la nostra velocità.

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Published on January 04, 2012 15:14

January 2, 2012

Il lessico del futuro

Emblematico aprire il nuovo anno con un post sulla fantascienza. Una dichiarazione d'intenti, che richiama in ballo la vecchia questione sulla rilevanza del genere. L'occasione me la offre Cory Doctorow, che sull'edizione on-line di Locus entra nel 2012 sparando fuochi pirotecnici a velocità di curvatura ben al di là dell'orbita terrestre (ringrazio Oedipa Drake per aver segnalato l'intervento su Facebook).


Il ritornello che periodicamente ci viene riproposto è sempre quello: la fantascienza è morta perché il futuro è già qui - bla bla bla - in mezzo a noi - bla bla bla - pronto a vanificare ogni tentativo di anticipazione. Doctorow smentisce e replica con doviziosa ricchezza di argomenti, spiegando come la fantascienza non abbia una funzione predittiva, ma piuttosto ispiratrice, e dimostrando che la storia basta a testimoniare l'efficacia con cui la SF è riuscita ad assolvere a questo ruolo.


Ma la fantascienza non si limita a ispirare: instilla dubbi e sospetti, riflette sui cambiamenti in atto e mostra potenzialità che altrimenti rimarrebbero inespresse. Su cosa? In particolare, sulla tecnologia: la principale preoccupazione di una società come la nostra, che in pratica della tecnologia è diventata una sovrastruttura.


Ed è la science fiction, da sempre, a fornirci i termini per parlare del futuro: le parole del nostro lessico si trovano nei libri di Orwell, di Pohl e Kornbluth, di Dick, di Gibson, giusto per citare i primi nomi che mi sovvengono alla memoria. Sono il glossario che ci permette di capire il nostro presente e che mette illustri tuttologi sprezzanti dei generi in condizione di disquisire del mondo che ci circonda, rendendo le loro elucubrazioni plausibili e comprensibili all'uomo comune che si lascia convincere, senza troppe resistenze, che la fantascienza sia sempre quel passatempo per i ragazzini, con i cannoni laser e i dischi volanti.

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Published on January 02, 2012 16:09

December 30, 2011

Corpi spenti: Input #11

Corpi spenti è un libro che si chiude sulla prospettiva di un abisso cosmico. Oltre al noir, alla spy-story, alla fantascienza di derivazione cyberpunk, alle suggestioni post-human, abbiamo anche un richiamo alla più classica fantascienza spaziale. Poche pagine, che però dovrebbero bastare per dare un'idea della complessità dello scenario di questo mondo, dietro le quinte di ciò che vediamo in scena. E che forse potrebbero tornare a essere esplorate, con maggiore accuratezza, nel futuro.


A questo proposito trovo paradigmatico questa battuta estratta da Angeli spezzati di Richard K. Morgan:


«Ci pensi, Kovacs. Stiamo bevendo caffè così lontano dalla Terra che le sarebbe difficile distinguere il Sole nel cielo notturno. Siamo stati portati qui da un vento che soffia in una dimensione che non possiamo né vedere né toccare. Immagazzinati come sogni nella mente di una macchina che pensa in modo tanto più evoluto dei nostri cervelli che potrebbe persino portare il nome di dio. Siamo risorti in corpi che non sono i nostri, cresciuti in un giardino segreto lontano dal corpo di ogni donna mortale. Sono questi i fatti della nostra esistenza, Kovacs. Mi dica, in cosa sono diversi, o meno mistici, della fede che esista un regno dove i morti vivono in compagnia di esseri talmente al di là di noi da essere costretti a chiamarli dei?»


Oggi è l'ultimo dell'anno, data perfetta per chiudere questo ciclo di articoli che ci ha tenuto compagnia nelle ultime due settimane. Passatevela bene, salutate l'anno vecchio come si deve e date il benvenuto come si conviene al 2012: mi spiace per lui, ma con i venti apocalittici che soffiano da un po' di tempo a questa parte, l'anno nuovo nasce già vecchio.


Ci leggiamo nel futuro!

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Published on December 30, 2011 16:00

December 29, 2011

Corpi spenti: Input #10

Edward Hopper e Albert Watson rappresentano il contraltare iperrealistico dell'estetica fantastica di Beksinski. Consiglio la lettura di questo brano di Watson, utile riflessione sulla tecnica e l'esperienza che si può tranquillamente estendere al di là dei confini della fotografia:


Sperimento e mi muovo in molte direzioni diverse, non solo per­ché sento di poterlo fare ma perché amo questo eclettismo della visione. In un periodo difficile per me, negli anni Settanta e forse an­che nei primi anni Ottanta, mi sono molto impegnato a cercare di risolvere una serie di possibili questioni tecni­che legate alla fotografia non tanto per­ché fossi affascinato dalla tecnica, ma perché sentivo un'urgente necessità di sviluppare determinate possibilità cre­ative che avevo chiare in mente e, co­me sempre in fotografia, riesci a realiz­zare meglio le cose che vuoi se hai un'eccellente padronanza tecnica. Sa­per fare: questo è importante; come sa­per dominare tutti gli aspetti. Quando sei stato fotografo per molto tempo, impari ad utilizzare soluzioni di­verse, strade diverse, chiavi e percorsi al­ternativi, non soltanto dal punto di vi­sta tecnico, ma anche creativo ed emoti­vo. Se hai un problema particolare da ri­solvere, puoi far riferimento alla tua esperienza passata e da lì scegliere. Que­sto rende la tua vita più semplice. Certo, non si smette mai di imparare e più di­venti bravo tecnicamente, più il tuo me­todo di lavoro diventa fluido. Possiedi un'esperienza emotiva e creativa e quan­do ti serve, puoi usarla.




Dall'alto: Kate Moss Back, Uma Thurman,

David Bowie, New York City, Jellyfish Tank Series Mandalay Bay, Las Vegas.

Di Albert Watson.

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Published on December 29, 2011 16:00

December 28, 2011

Corpi spenti: Input #9

Altri tre film, non di fantascienza.


Da Heat - La sfida, capolavoro poliziesco di Michael Mann del 1995: la precisione del meccanismo drammatico e il realismo dell'indagine.


Da Nemico Pubblico di Tony Scott (1998): la costruzione di momenti clou, con situazioni che fungano da punti di svolta della trama.


Da La promessa dell'assassino di David Cronenberg (2007): le dinamiche della mafia russa Vor V Zakone.

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Published on December 28, 2011 16:00

December 27, 2011

Corpi spenti: Input #8

Un libro e un racconto. Per il tracciamento dei container trasportati via mare e lo scenario da guerra di spie in cui il Mediterraneo sta scivolando in Corpi spenti, ho derivato lo spunto di partenza da Guerreros di William Gibson.


Un altro debito importante è verso Samuel R. Delany (non è la prima volta, non sarà l'ultima) e il suo racconto Sì, e Gomorra. A distanza di 44 anni dalla sua prima comparsa, le sottoculture urbane fiorite intorno allo sfruttamento sessuale delle spaziali continuano a risultare una metafora insuperabile, soprattutto come rappresentazione delle alternative di utilizzo che la strada riesce sempre a trovare per le ricadute del progresso.


Tre parole-chiave per l'approccio alla tecnologia in Corpi spenti: nichilismo, alienazione e paranoia.





Immagini via Exonauts.

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Published on December 27, 2011 16:00

December 26, 2011

Corpi spenti: Input #7

Inizialmente avevo pensato di adottare uno schema narrativo simile a Strange Days che fungesse da colonna dorsale per Corpi spenti. Il proposito mi è servito solo in parte, ma mi è tornato utile ricordarmi del film quando ho dovuto coinvolgere la Pi-Quadro in un'indagine legata al circuito degli snuff movie.


L'influsso di Strange Days si compenetra con quello del Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, specie per quanto attiene l'introduzione di un antagonista. Il male può declinarsi in infinite variazioni e Nolan ce lo ricorda nelle figure del Joker e soprattutto di Harvey Dent. Dall'uscita del film ho avuto modo di rivederlo altre tre o quattro volte: abbastanza per cambiare idea rispetto alle impressioni che mi aveva lasciato la prima visione in sala.


Oggi mi sento di dire che con la gestione narrativa della trama Nolan ha invece fatto un gran lavoro. Rendere consequenziali e concatenati gli elementi di partenza non era facile e una visione congiunta di Batman Begins e The Dark Knight aiuta a cogliere la prospettiva nella sua completezza e comprendere la bontà e la riuscita dei suoi sforzi.


Poi, ovviamente, c'è la figura del Trickster, di cui parlavo anche in questa intervista:


In ambito letterario, forse il Trickster ha avuto la sua più efficace incarnazione nel Joker, la nemesi di Batman. Al di là della seduzione del male, quello che affascina di questo personaggio (magistralmente interpretato nella trasposizione cinematografica di Christopher Nolan da Heath Ledger) è la sua familiarità con le storie. Nei fumetti, ha un aneddoto per ogni situazione. E nel film si diverte a cambiare la storia del proprio personaggio più di una volta, riportando una versione diversa in base all'interlocutore proprio per produrre su di lui una maggior presa. Non è forse quello che cerca di fare ogni scrittore? Ottenere il massimo coinvolgimento del lettore richiede più di un pizzico di intraprendenza.


Si può lasciare fuori una figura del genere, quando ti capita tra le mani quasi per caso?

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Published on December 26, 2011 16:00

December 25, 2011

Corpi spenti: Input #6

Un po' di musica. Questa viene citata direttamente nel testo, dove fa da colonna sonora di un flashback. In Corpi spenti i flashback riportano l'azione in un punto intermedio tra il nostro presente (2011) e il presente del romanzo (2061). In effetti, qui ci posizioniamo quasi a metà strada. Recuperare riferimenti culturali del nostro presente (una canzone di Cat Power di qualche anno fa) o considerati classici permanenti (un libro di Italo Calvino, per esempio) può tornare utile come espediente per dare un senso di continuità tra il nostro mondo e quello immaginario rappresentato nel romanzo.


Maybe Not di Chan Marshall, inoltre, è anche una sintesi perfetta della possibilità che è concessa a ciascuno di noi di trovare uno spazio di libertà nel mondo, eventualmente anche solo con la fantasia. Ed è anche una canzone sui compromessi e il senso di perdita (dell'innocenza, della salvezza, della speranza), che è un altro dei temi che attraversa Corpi spenti.

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Published on December 25, 2011 16:00

December 22, 2011

Corpi spenti: Input #5

I rapporti tra uffici contigui sono spesso conflittuali, anche nella polizia. Quindi bisognava trovare un modo per far capire come la Sezione Pi-Quadro venisse vista e considerata dalle altre divisioni al servizio della questura. In Corpi spenti compaiono l'Electronic Security Police (ESP) e la Divisione Crimini Violenti. Se la prima serve per dare un'idea del posizionamento della Pi-Quadro all'interno dei nuovi ranghi della Direzione Centrale Anti-Crimine, la Divisione Crimini Violenti (meglio conosciuta dai membri della squadra come "la Criminale") svolge un ruolo di contrapposizione ancora più netto. In definitiva, è un po' come se la Pi-Quadro si trovasse stretta nella morsa tra il nuovo che avanza e il vecchio che torna.


E se per l'idea di base di simili rapporti basta tutto sommato guardarci intorno tutti i giorni, trovare un avversario che oltre a essere antipatico risulti anche non banale è affare più delicato. Per fortuna ci viene in soccorso una serie come Life on Mars, dai molteplici piani di lettura e dagli ancor più numerosi spunti d'ispirazione.

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Published on December 22, 2011 15:00