Iaia Guardo's Blog, page 96
November 19, 2015
I Zaeti in Veneto. I Gialletti a Bologna (delle Sorelle Simili)
Zaeti con uvetta in Veneto e senza a Bologna. Gialli. E mi viene in mente Sin City, che vorrei rileggere. E’ normale, giusto?
Questa è la versione senza uvetta delle Sorelle Simili. Biscotti antichi di quelli che non bastano mai. Semplici e che racchiudono ricordi. Arriva Natale e la voglia di biscottare a dismisura. Perché c’è qualcosa di diverso che si vuole fare? Se sì non dirmelo, ti prego. Ho bisogno di avere poche certezze ma buone. Fare biscotti è creare in un momento. Diventa per certi versi un’azione quasi meccanica. Una tutela per te stessa. Dimentichi, ricordi, ti crogioli, sorridi e tra esaltazione e tristezza prevale quell’irrefrenabile voglia di farlo ancora e ancora. Di profumare casa per allontanare odori brutti. Di preoccuparti per chi ami. Di confezionare pacchettini e con un sorriso regalare questi piccoli esserini che nascono tra le tue mani con la forma che decidi tu. Che se vengono male ricominci e impasti di nuovo. Che se vengono male non te lo fanno pesare. I biscotti ti vogliono bene comunque vada. Qualunque forma tu decida di dar loro. Sono accondiscendenti, i biscotti.
I biscotti sono la pura arte della creazione come forse niente altro in cucina. Se dovessi dire una azione preferita, nel luogo magico per eccellenza, forse si tratterebbe proprio di queste creature magiche e buone. Già il nome -cotti due volte- mi fa sempre sorridere. Si fa il bis di cotto. Si fa il bis di relax e pure di felicità, su. Esageriamo.
E non se ne ha mai abbastanza.
La Ricetta
300 grammi di farina di mais fioretto
150 grammi di farina 00
120 grammi burro freddo da frigo
50 grammi di strutto
180 grammi di zucchero a velo
5 grammi di lievito chimico
2 uova
1 limone e la scorza grattata
un pizzico di sale
Setaccia la farina con il lievito e mescola al fioretto. Spezza il burro e lo strutto e sfregali con la farina. Fai la fontana e metti al centro lo zucchero, le uova, il limone e il sale. Impasta velocemente. Metti in frigo avvolto in pellicola per almeno un’ora. Tira la pasta e ricava i biscotti che preferisci. Io ho deciso di fare delle piccole palline e allungarle un po’ con le mani. Inforna a 180 già caldo per 12-15 minuti, dipende chiaramente da forma e altezza.
Perché poi ho l’ho sfogliato e mi ci sono persa un po’ in questo libro pieno di tradizione. E ho deciso che fosse giunto il momento di cominciare. E perché no da un tè con biscotti? Con la voglia smodata di Poirot, plaid e caminetto. Quello di mamma. Ma anche di Sin City. Voglia di mistero e avventura unita alla quiete di casa e ricordi. E di ricominciare a creare, sfornare e regalare. Sorrisi principalmente. Sempre e solo in questo disequilibrio che è l’unico equilibrio a me conosciuto.
Provali. Sono piaciuti molto. E se ti va fammi sapere che forma gli hai dato. Che libro hai letto poi. E se sono venuti gialli e lucenti come l’oro.
November 13, 2015
Muffin ai Mirtilli con farina di mais per sopravvivere al Venerdì 13
Non sono muffin dolci e classici, anzi. Somigliano molto più a un pane a dirla tutta. Sono eccellenti per la prima colazione e per chi ha voglia di un dolcino sì ma non eccessivo. Come un pane dolce e un dolce che sa di pane. Un ibrido che può conquistarti o farsi ricordare come un abominio (esageriamo, va). Che se ci metti un po’ di marmellata sopra non diventa lezioso e nauseabondo. Che se non ci metti nulla potrebbe pure sembrarti sapere di nulla.
Ticchetto con Koi ai miei piedi (del resto metaforicamente io lo sono ai suoi, vivendo ormai in simbiosi). Anni e anni a comprare scaldotti, affidarsi alla domotica, pompe di calore e termosifoni per poi scoprire che bastava un rotolo di pelo dolce e morbidoso; che amo come fosse la mia bambina e non mi vergogno ad ammetterlo. Anni e anni a pensare all’igiene, al disordine e all’evitare imprevisti per poi riscoprirsi felicemente schiava di qualcosa che senti tuo come niente al mondo.
Sono giorni freddi questi. Più nel cuore. Sono passati sei anni dal giorno in cui ho perso Agata. Sei anni e sembra che io sia ancora lì. Sospesa nel niente. Con dei calzari. A fare il Pinguino del Madagascar. A cercarle un pigiama ridicolo. A vedere Uomini e Donne insieme per l’ultima volta. Novembre è sempre stato il mio mese sfortunato per eccellenza e lo detesto in ogni sua forma tolto il 9 novembre, data in cui nasce Nanda. Novembre è buio. Cala la nebbia e nasconde le cose belle. Mi è stato detto, qualche giorno fa, che sopra però c’è il cielo limpido. Che siamo noi a vedere la nebbia ma basterebbe guardare dall’alto per capire quanto azzurro sia. Beh. Mi rassicura allora che chi amo e sta sopra di me teoricamente non stia vedendo esattamente cosa c’è davanti ai miei occhi.
E sei anni fa era proprio Venerdì 13.
Ingredienti secchi:
190 grammi di farina bianca o semi integrale
210 grammi di farina di mais
3 cucchiaino di lievito chimico
80 grammi di zucchero di canna grezzo
1 cucchiaino raso di sale
Ingredienti liquidi:
400 ml di latticello
80 grammi di burro fuso
2 uova
180 grammi di mirtilli freschi
Preriscalda a 220. Mescola insieme tutti gli ingredienti secchi e conserva un po’ di zucchero per spolverizzare i muffin. Aggiungi i mirtilli. Mescola insieme agli ingredienti liquidi. Riunisci le due preparazioni senza lavorare troppo. Suddividi il composto negli stampi da muffin e spolverizza la superficie con lo zucchero. Fai cuocere per 20 minuti a forno già caldo fin quando non saranno gonfi e dorati. Verifica la cottura con uno stecchino di legno. Se vien fuori asciutto sono pronti. Lascia raffreddare prima di servire.
Quello che le foto non dicono
La tazza è un regalo della bellissima Caterina
La tovaglia è in realtà la federa di un cuscino che mi ha regalato mamma e appartiene a un corredo di famiglia
L’alzata è di H&M Home
Il vaso è una bottiglia di salsa giapponese svuotata
November 12, 2015
Pane Multicereali con farina di segale e semi di girasole
Come ogni Giovedì è uscito il mio nuovo articolo su RunLovers. Oggi il Pane Multicereali con i semi di girasole che puoi trovare cliccando qui.
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La mia vita in formato Polaroid
November 11, 2015
Heston Blumenthal at home (La Libreria di iaia)
Heston Blumenthal nasce nel 1966 a Buckinghmashire ed è un cuoco, un personaggio televisivo e uno scrittore. Proprietario e fondatore di The Fat Duck e Berkshire è stato premiato con tre stelle Michelin nel 2004. Esponente della prestigiosissima e ristretta cerchia dei cuochi molecolari migliori al mondo. Credo possa bastare come piccola introduzione, nevvero? Il volume di oggi è Heston Blumenthal at home
Il volume costa 47 euro ed è Castelvecchi edizioni. Le fotografie (meravigliose) sono di Angela Moore e l’art direction e design è di Graphic Tought Facility. Come nel caso di “Facciamola facile”, il libro di Gordon Ramsay su cui ho ticchettato qualche giorno fa e che promette di regalarci una fotografia dello Chef in casa e uno spaccato di realtà ben lontano dalle stelle michelin e piatti ricercati anche questo volume si prefigge come obiettivo: portarci in casa di uno Chef pluristellato e farci sentire meno ossequosi (mission impossible, già). Se Gordon nostro ci aveva quasi convinto con quelle fotografie un po’ così e con quella impaginazione che potremmo fare noi in casa con ibook qui la vedo dura da un punto di vista visivo perché tutto appare di altissimo livello (e lo è di altissimissimissimo).
“Benvenuti nella mia cucina, un aspetto di me che potrebbe non esservi famigliare. Probabilmente sono più conisciuto per piatti che servo al Fat Duck, come il tè caldo e freddo, l’aperitivo in camicia a base di vodka e lime congelati nell’azoto e la gelatina di quaglia con crema di gamberi, piatti estremamente laboriosi. Adoro sfidare la tecnologia con queste ricette e l’emozione di prendere un’idea e trasformarla in qualcosa di meraviglioso da mangiare, ma non amo la complessità fine a se stessa. Sono uno chef autodidatta e so quanto la cucina possa essere frustrante e difficoltosa. Per questo, ho sempre avuto voglia di demistificarne le procedure ed ecco perché ho voluto scrivere un libro che conteneesse allo stesso tempo ricette emozionanbti e tutte le informazioni che spiegassero come realizzarle. Un libro che facesse realmente sentire le persone a proprio agio in cucina”.
Sono le versioni semplificate del Fat Duck come la zuppa fredda di cavolo rosso, la tartare di capesante con cioccolato bianco e il gelato all’uovo e al bacon. So che qualcuno ha preso la tastiera e l’ha appena spaccata contro il collega (se lo meritava su!) o addosso al monitor ma se Heston dice che la capasanta con il cioccolato sta bene nessuno osi proferire parola (sì però Heston….). Dice che comincia a cucinare quando i genitori lo portano a lavorare a sedici anni in un ristorante a tre stelle michelin (a me qualcosa non quadra in tutto questo ma vado avanti. Non è che tutti a sedici anni possono andare a lavorare in un ristorante a tre stelle michelin. Uhm) e che poi diventa la sua vita. Si appassiona alle tecniche legate alla tecnologia moderna e promette di aver limitato al minimo gli strumenti speciali durante l’esecuzione delle ricette contenute nel libro ma ce ne consiglia anche qualcuno, come il termometro digitale a sonda (celò!) per poi arrivare a dire che la vera emozione è quella di capire la cottura attraverso l’intuizione e l’emozione. Insomma Heston è abbastanza contraddittorio e pieno di mistero e francamente mi incuriosisce tanto da dedicargli moltissimo tempo.
“Ho lavorato con un creatore di profumi per alcuni piatti al Fat Duck per carcare di sviluppare una particolare fragranza che accompagnasse l’uscita dei piatti e la loro degustazione. Il sorbetto caldo al whisky ad esempio viene servito in una coppetta nel quale viene nascosto del ghiaccio secco. Un cameriere versa una fragranza al “fumo di legno” nel ghiaccio secco che si trasforma in vapore e che porta con sé questo profumo attorno al tavolo rendendo così questo gelato fantastico”.
Si capisce che ci porterà pure at home il nostro Heston ma che un semplice brodo potrebbe essere stato fatto con un pollo pettinato e spennato da Aldo Coppola in persona persona. L’introduzione è interessante e diversa da qualsiasi altra cosa abbia letto sinora. Parla di gusti e aromi e si sofferma nel salato, nel dolce, nell’acidità e nell’amaro. Per arrivare all’umami. Cosa è ?
Il professore Kikunae Ikeda dell’Università di Tokyo ha iniziato a occuparsi delle proprietà del konbu. Nel 1908 scoprì che il suo sapore proveniva dall’acido glutammico che era contenuto in esso, e decise di chiamarlo umami (che significa delizioso). Fino all’inizio del ventesimo secolo quindi si credeva che fossero solo quattro i gusti. E invece ecco qui che HEston ci svela l’umami. E’ un viaggio importante quello che si attraversa nelle prime pagine di questo libro. Cibo e cervello, infondere il gusto e gusto vista udito e tatto. Un tragitto intenso e imperdibile.
Mi piace l’idea geniale -che ricorda la fotografia del grande fratello- di far cominciare il libro con Heston che sorseggia una bibita in una cucina bianca e pulita per poi spegnere le luci nell’ultima. Come se cominciasse una fiaba e poi finisse per poi ricominciare fino all’infinito. E’ un libro delicato, particolare e suppongo non adatto a tutti perché è davvero importante capire cosa vuoi trovarci dentro. Se sei un viaggiatore avventuroso è un libro che fa per te. Se ti piacciono i villaggi turistici e un programma ben determinato o una crociera con alle 16 la merenda (che è la colazione rimasta) al ponte 12 magari passa avanti al prossimo scaffale.
Si parte con i Brodi (e capisci che non hai capito niente del brodo. Perlomeno l’ho capito io, ecco)
Brodo di pollo chiaro
Brodo di pollo bruno
Brodo di manzo
Brodo di agnello
Brodo di pesce
Brodo di granchio
Brodo di verdure
Brodo di funghi
Comincia con il bacchettarci giustamente tutti al grido di “il brodo non è solo la base di zuppe e consommé ma di ogni sorta di ricetta o parte di essa!” (chissà cosa farebbe alla vista di un dado. Come l’aglio per i vampiri, insomma). Ci spiega l’importanza dei tessuti connettivi che danno densità al brodo e che non occorrono altri tipi di addensanti. Ci svela i segreti del classico court-bouillon e dell’importanza del timo. Ci spiega come fa un brodo uno Chef a tre stelle, senza tirarla per le lunghe. Io, confesso, che dopo aver letto del suo brodo ho giurato fissando l’oblio che mai più farò quella schifezza cipolla-sedano e carota. Meglio andare scalza a tokyo e chiedere perdono al professor Ikeda per non aver seguito la sua incredibile ricerca sull’umami (mi sono colpita le nocche con la tastiera più volte se questo può essere un dettaglio importante da dire, ecco).
Si passa alle zuppe
Zuppa di porri e patate
Zuppa di cipolla
Zuppa di funghi
Vellutata di zucca
Gazpacho di cavolo rosso
Zuppa di piselli e prosciutto
Vellutata di castagne con anatra confit
Brodo di Szechuan con ravioli all’anatra
Marmite consommé
Ci spiega come frullare e filtrare la zuppa perché mica arrivi e premi il pulsante e ciao. La temperatura deve essere tiepida. A secondo di come sono state filtrate e frullate rifiniscono la consistenza e così via. Rifinire la zuppa e addensare la zupppa sono due dei sottotitoli interessantissimi.
Da questo momento in poi partono gli Antipasti, Le insalate, La carne, il pesce, il sottovuoto, pasta e cereali, formaggi, contorni e condimenti, gelati, dolci e dessert, biscotti-spuntini e bevande che chiudono i capitoli. Un libro incredibile che non a niente di “home” come la intendiamo noi poveri umani, ergo non per tutti ma per chi ama davvero addentrarsi tra le trame del cibo, perdersi nei sapori e che vuole tentare. Di perdersi e “improvvisarsi” chef (la mia delusione è già dietro l’angolo). Pasticcio di pesce, Eglefino con salsa di porri e patate, limanda croccante con gamberoni e cetrioli, brodo di umami con sgombro bollito, branzino al burro di vaniglia e cavoletti di bruxelles con bacon (ben lontani dalla mia videoricetta mi sa*disse ridacchiando sommessamente). A ogni capitolo una ricca spiegazione: come si manteca, come si prepara la carne, come si congela e tantissimi segreti. Ma di quelli che ancora oggi ti stupisce a leggere nonostante la vastissima libreria culinaria in casa.
Un libro per chi ama addentrarsi, sì. Per chi ama sognare ed osare un bel po’. Che non è statico e frenetico in cucina ma che ha quel sacro fuoco che brucia. Che ti spinge a guardare oltre, fosse solo per il lato estetico, di gusto e senso e di sfida.
Voglia di un altro libro che trovi nella mia Libreria Culinaria?
November 10, 2015
E poi mi sono decisa ad appendere i miei quadri
Mi sembrava troppo autoreferenziale avere una casa con su appesi alle pareti solo quadri realizzati da me. Poi mi sono detta “Ehi ma tu sei autoreferenziale, cretina” e ho cominciato senza pensarci troppo. Non che avessi tempo di disegnare quadri, francamente. Ma una valvola di sfogo dovevo pur trovarla e quindi nei ritagli di tempo senza pormi troppi obiettivi ho cominciato. Nel giro di pochissime settimane -diciamo due- ho fatto il piano superiore solo con le Donne di Picasso e ho cominciato con quello di mezzo facendo solo ed esclusivamente film e personaggi dedicati prettamente alle mie passioni, ovvero giallo e horror. In salotto infatti c’è Myrtle Snow, la Famiglia Addams, Hitchcock e le gemelline di Shining e pure Agatha Christie che beve un tè dove dal fumo vien fuori il volto di Poirot. Solo che oggi ti porto al piano superiore e ti faccio girare un po’ questi di muri, magari offrendoti una buonissima cioccolata calda. Se non ti volessi in casa ti proporrei il caffè, come ben sai non sono brava a prepararlo, ma. Ma con la cioccolata calda, confesso, me la cavicchio.
Contando che su per le scale ci saranno, come dicevo, solo film e personaggi di genere giallo-horror e nella zona notte solo fiabe e nuvole, beh. Non so proprio cosa c’entri Klimt, ma l’ho fatto diverse volte in vita mia. E in ogni periodo della mia esistenza è sempre stato diverso. L’ho regalato. Ce l’ha mamma in salotto in due versioni. L’ho buttato. L’ho tenuto. Di questo non so che farne ma so che il passato non va mai via.
Ma che inconsciamente torna.
November 9, 2015
Frullati di salute? Te ne dico tre (mila!)
Anacardi, datteri, frutta secca, semi, latte, acqua di cocco, cacao amaro e solo il cielo sa cosa. Non sono tristi frullati da bere dopo che il ponte è saltato e il dentista ci ha mollato in preda ad una fame atavica. Non è roba per malati e post operatorio. Si parla di veri e propri pasti completi che fanno diventare la merenda, colazione e spuntino un’ottima scusa per coccolarsi, amarsi e nutrirsi di carboidrati, proteine, zuccheri, grassi facendo il pieno di vitamine e un’infinità di meraviglie. Oggi, come tutti i Lunedì, è uscito il mio articoletto su RunLovers e se ti fa piacere puoi leggermi cliccando qui.
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VideoRicetta: Cavoletti di Bruxelles con salsa di Pancetta
Tornano le VideoRicette. Sono intenzionata malissimo per il Natale, te lo dico. Ho luci nuove. Obiettivi luminosissimi. Set per trasformare la mia cucina in uno stadio da calcio e voglia di non dormire e registrare instancabilmente. Il mio canale youtube abbandonato per più di un anno continua a crescere inspiegabilmente e anche lì ricevo tanto di quell’affetto, carezze e cortesie che mi stordiscono e che spero di meritare. Il minimo che io possa fare è darmi da fare, nonostante mi impegni seriamente da sempre. La mia vita chi mi segue sa che è molto cambiata. Ma questo non significa che non possa farlo ulteriormente. Insomma, l’anno nuovo sta arrivando e forse è davvero la volta buona che io riesca a ripartire seriamente. Colgo l’occasione per ringraziarti e ringraziare sempre tutti perché non c’è stato mai un giorno, un minuto, un’ora in cui io grazie a te e a tutti non mi sia sentita fortunata come poche.
Dai che ce la facciamo. Col cavolo che non ce la facciamo! (e colgo l’occasione per ricordarti che qualora non seguissi la mia amica di Nicol di www.colcavolo.it stai sbagliando e pure di grosso). Un bacio grande e buona visione.
Quello che le foto non dicono
November 6, 2015
Il Pane con le olive nere e le erbe di Provenza
Una Ricetta facilissima e veloce per ottenere un Pane strepitoso che stupirà. Eccome se stupirà (esistono persone a cui non piace il pane con le olive? Se sì non ditemelo vi prego perché voglio ancora avere un pizzico di fiducia nel genere umano. Grazie).
Per un pane abbastanza piccolo(tratto da questo incredibile Libro)
80 grammi di olive nere snocciolate
1 cucchiaino di erbe secche di provenza
250 grammi di farina (decidi tu quale)
4 grammi di sale
3 grammi di lievito fresco o 2 grammi di lievito secco attivo
180 ml di acqua circaMescola le olive con le erbette. In una ciotola unisci la farina e il sale e metti da parte (gli ingredienti secchi). In un’altra ciotola più grande pesa il lievito. Aggiungi l’acqua e fai sciogliere il lievito (gli ingredienti umidi). Unisci gli ingredienti secchi a quelli umidi. Mescola con un cucchiaio di legno e poi con le mani fino a formare un impasto. Copri. Fai riposare 10 minuti. Trascorso il tempo aggiungi all’impasto le olive e le erbe. Impasta delicatamente fin quando non sono incorporate. Copri di nuovo e lascia riposare 10 minuti. Ripeti due volte questo passaggio. Ovvero impasta e lascia riposare. Impasta di nuovo e lascia riposare. Quando l’impasto è raddoppiato di volume sgonfialo con un pugno. Spolvera con la farina il piano di lavoro e lavoralo un po’, poi forma un rettangolo lungo e ripiega. Fallo di nuovo e dai la forma al tuo pane. Lascialo lievitare altri 45 minuti. Fai scaldare il forno a 240. Scalda una teglia riempita solo di un bicchiere d’acqua sul fondo. Dovrà fare compagnia al pane per regolare la temperatura. Metti il pane su un’altra teglia e abbassa il forno immediatamente a 200. Cuoci per circa 35-40 minuti. Verifica se è pronto girandolo e dandogli dei colpetti sul fondo. Se suona vuoto lo è (attento a non a ustionarti). Fallo raffreddare e gustalo.
Un pane che sa di “casa”. Un pane “casereccio”, oh. A me ricorda tanto la mamma. Lo comprava molto spesso e io che ho sempre amato le olive in modo preoccupante (Ombretta e Giulia ne sanno qualcosa perché durante il Salone del Libro di Torino mi sono nutrita di scodelle di olive verdi enormi, sorseggiando acqua frizzante e limone in un bar che sembrava un po’ quello dell’Overlook Hotel. E io sembravo un po’ messa peggio di Jack Torrance a dirla tutta). Fatto sta che l’abbinamento pane e olive mi fa sentir male solo a pensarci. A tonnellate ne butterei giù. Tratto dal libro di Emmanuel Hadjiandreou, questo è uno di quei pani che trascrivi nel quaderno di cucina tra le ricette immancabili. Vorrei lanciarmi nella produzione di pane con il lievito madre ma è pura utopia. Ci manca solo il lievito madre. Un’altra cosa da accudire. Non fa purtroppo per me. Magari in futuro potrei pure farcela. Credo abbia molto penalizzato la scelta di adoperare uno stupidissimo panetto commerciale. Non oso immaginare cosa potrebbe venir fuori se eseguito alla vecchia maniera.
Sono giorni frenetici, non lo dico neanche più. Dico però che ho tirato fuori l’albero di Natale perché se non calcolo bene il tempo rischio di far poco e passi Halloween che mi è andata male ma Natale no. Lo devo a Luci e Frugoletto. Lo devo a te. Lo devo a me. A tutti noi. Che in questa cucina non abbiamo mai smesso di sognare almeno a Natale. Allora ho ben tre alberi in casa perché sono confusa e non so bene come agire. Koi mi guarda stranita mentre compilo, facendo altro e altro ancora (e guardando Scream su Netflix), liste per un altro Natale in giro per il Pappamondo. E tu che ne dici? Ti va di continuare il giro del Pappamondo con me, magari sgranocchiando pane alle olive?
November 5, 2015
Facciamola facile: perché mangiare tanto a colazione (non solo dolce)
Un articolo che parla dell’importanza della colazione da una che fa fatica a buttare giù il caffè. Ma è bello anche per questo no? (ho sentito un coro sacrosanto di “noooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!”). In realtà faccio tanta fatica ma da già da un po’ mi costringo a farla. Se ti fa piacere leggere di ipotolamo, frittata di avocado, pane caldo con l’olio e del perché ricordarsi dell’alternativa salata, clicca qui.
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