Fabrizio Ulivieri's Blog, page 65
September 23, 2022
Watching outward after many months

Dear Silvia,
It has been a long winter, long and frosty. It has been grey, cold and sad. But by very slow degrees, and with frequent relapses, I recovered finally, from this long illness and winter.
Today for the first time I became capable of observing outward objects with any kind of pleasure, But surprisingly I perceived that the fallen leaves had disappeared and that young buds are shooting forth from the trees that shade my window. Oh my God, what a grace! What a divine spring for this tormented land! This unexpected weather accelerates my convalescence. I felt also sentiments of joy and affection revive in my bosom; my gloom has disappeared, and in a short time I have become as cheerful as before I was attacked by that unwanted sickness.
Published on September 23, 2022 11:29
September 19, 2022
Essere mio padre - III

Claudia lavorava al secondo piano. Aveva avuto momenti difficili, ma ora davvero aveva tanto lavoro.
Per assurdo era stato proprio durante il lockdown del 2020 (tre mesi pazzeschi di lockdown) che aveva capito che ce l’avrebbe fatta. La disperazione di un’imposizione assurda di trovarsi priva della libertà naturale e di essere costretta a quella sorta di arresti domiciliari l’aveva fatta immergere nel lavoro. Aveva prodotto tanti capi di abbigliamento che nemmeno lei sapeva a che scopo.
Ma come spesso avviene per una sorta di eterogenesi dei fini, quello che soffriva e pativa ogni giorno di quella prigione, di quel gulag che si espandeva non solo all’Italia ma al mondo intero, aveva portato a dei risultati positivi.
Si era impratichita del lavoro, aveva trovato finalmente il tempo di rivedere, studiandoci sopra, tanti errori di esecuzione che prima commetteva e soprattutto aveva costruito un campionario da mostrare ai clienti.
E quando finalmente le restrizioni si allentarono e la gente riprese a sperare di poter vivere come prima ebbe materiale da mostrare che le portò sempre più nuovi clienti.
La frase “eterogenesi dei fini” a lei piaceva. Gliene aveva parlato suo padre, che durante i giorni del lockdown la chiamava spesso, e parlavano. Parlavano mentre lei cuciva e tagliava.
E parlavano anche di filosofia. A Claudia la filosofia piaceva.
E un giorno suo padre, le disse: vedrai che quello che oggi ti sembra un male, e lo è in effetti, domani per una sorta di eterogenesi dei fini si convertirà in bene.
Claudia non l’aveva mai dimenticata quella frase. Le era rimasta scavata nella mente.
E ora che suo padre non c’era più era divenuto il cammeo in cui aveva incastonato la memoria di lui.
Claudia, a differenza di Silvia, non aveva mai troncato la comunicazione con suo padre.
Magari ad alti e bassi, ma l’aveva continuata.
Era difficile trovare il tempo per un padre, soprattutto lontano, difficile come era suo padre. Ma nonostante ciò nei ritagli di tempo riusciva ad incastrare anche qualche decina di minuti per parlare con lui.
Silvia, con Claudia aveva sempre avuto un rapporto verticale nel senso di essere la sorella maggiore, e come tutte le sorelle maggiori di stare su un gradino più alto del piedistallo è normale ed è consuetudine, ed era quello che anche Claudia in fondo accettava e non poneva in discussione assumendo lei appunto il ruolo naturale per converso di sorella minore, e in fondo le faceva comodo a lei che decidere le costava sempre in termini di energia mentale a cui volentieri si sottraeva, ed era più facile ricevere i consigli e forse metterli in pratica in virtù dell’autorità da cui venivano, che cercare le soluzioni sbagliando e soffrendo in prima persona. E finora si era sempre schermata dietro la figura di Silvia.
Ma ora qualcosa era cambiato. La pandemia e i lockdown le imposizioni assurde quanto illigettime a non finire degli uomini di paglia che regolavano dalle loro posizioni di potere la vita dei popoli aveva lasciato anche in lei un segno profondo. E un po’ l’aveva trasformata. Aveva imparato a prendere di petto le situazione. E’ vero che la distruggeva mentalmente e la gettava in un buio senza luce, ma per istinto ormai i consigli che la sorella gli dava non corrispondevano all’istinto forte in cui si era negli ultimi mesi radicata.
E questo lottare in prima persona senza riposare sugli aiuti altrui l’aveva condotta a cercare dentro di sé ciò che ora voleva lei e non quello che per gli altri era giusto che fosse.
Era caduta in depressione, è vero, e in fondo non era mai stata la sua natura quella di affrontare la vita senza schermi protettivi, ma ora lo era divenuta, ed era prorpio un frutto che regalava una società che mentre si sgretolava sotto l’autoritarismo di decisioni apparentemente illogiche e assurde, e permetteva a lei, che aveva quasi incosciamente colto i segni della falsità che seccava il respiro, di emanciparsi rispetto a quella tendenza impressa alla società che avrebbe voluta travolgerla e ridurla ad un assoggettamento totale. In realtà cresceva, si liberava e acquistava coscienza e forza. Certo scientia auget dolorem e in lei il dolore ora era divenuto molto forte, quasi insopportabile.
Per questo ora era in cura dallo psichiatra, assumeva psicomedicamenti, e alternava lucidità e totale disperazione, ma d’altro lato sapeva che voleva adesso e continuava a perseguirlo nonostante tutto, e quegli psicofarmaci li assumeva solo per controllare il livello di dolore in attesa di poterlo definitivamente governare senza il loro aiuto ma in nessun modo la distoglievano dalla svolta che aveva impresso alla sua vita grazie alla pseudopandemia.
E così ora Silvia veniva a lei, quasi invertiti i ruoli. Claudia sapeva più del padre che lei e voleva venire in possesso di un punto di vista che lei non aveva. Per questo veniva da Claudia, subalterna.
Aveva Claudia affittato una casa in via della Repubblica, quasi dirimpetto alla Unicoop di Santa Maria.
Al secondo piano viveva e lavorava. La stanza da lavoro non era grande ma luminosa.
Era un edificio relativamente nuovo rispetto agli edifici che lo circondavano. E aveva una strana forma ad angolo isoscele.
Silvia suonò il campanello, fu aperta e salì le scale. Quando arrivò alla porta bussò.
Claudia aprì la porta.
Published on September 19, 2022 12:42
September 18, 2022
Essere mio padre - II

Una delle prime cose che fece Silvia, fu quella di cercare le foto di lei, piccola, con il padre.
Non gliene erano rimaste molte in verità. Doveva averle perse nell’ultimo trasloco, fatto tutto di fretta e nel caos totale. Avevano dovuto lasciare (fuggire - sarebbe meglio dire) quella casa il prima possibile. Quella parte della città in cui abitavano era ormai divenuto un luogo invivibile. Pareva più una città dell’Africa che italiana. La criminalità era cresciuta ed era pericoloso vivervi. Dove abitava ora, in collina, vicino Vinci, si era ancora fra italiani, ancora la vita parlava italiano.
Ne trovò una in particolare di lei al mare con il padre, che se l’era messa sulle spalle e posavano davanti alla macchina fotografica.
Era bello suo padre da giovane. Aveva i capelli lunghi come andavano di moda negli anni Settanta, ma quella foto era certamente degli anni Ottanta. In quella foto lei avrà avuto quattro o cinque anni. Forse sarà stato il 1986.
Lo toccò con le punte delle dita. Toccò la sua faccia e il suo corpo.
Babbo...gemé.
Di nuovo le lacrime le turbarono la vista e non poté più vedere la foto.
Si mise le mani nei capelli e continuò a ripetere quella parola: Babbo, babbino...
Poi si calmò. Si pulì gli occhi. Respirò. E sentì un profumo nell’aria. Da dove veniva?
Lei lo conosceva quel profumo. Lo aveva sentito da piccola. Aveva un nome quel profumo.
Pensò. Ce l’aveva sulla punta della lingua...Era quello che usava suo padre. Concluse. Sì, non si sbagliava. Era l’unico che suo padre usava.
Non si sbagliava.
Ma da dove veniva?
Erano passati almeno dieci anni da quando suo padre aveva lasciato l’Italia. Avevano parlato i primi mesi, forse.
Poi quando lui le mandò quel messaggio che le diceva che si era sposato due giorni prima, senza dirle nulla, dentro di lei era scattata un’avversione contro di lui, incontentenibile. Si era sentita tradita, raggirata, abbandonata. Aveva reagito come un animale impaurito.
Non voleva più parlare con lui. Non voleva nemmeno più sapere che esisteva.
Ma che le era successo? Perché era arrivata a quel punto?
A pensarci, ora, non riusciva a spiegarselo.
Guardò ancora la foto del padre. Aveva quel suo tipico sorriso malinconico. Gli occhi soprattutto non erano mai felici. Sempre velati di una malinconia profonda.
Era mai stato felice suo padre?
Ma chi era veramente quel padre che le sorrideva un modo melanconico dalla foto?
Che era uscito da questo mondo mondo semplicemente perché aveva deciso di uscire, senza nessuna malattia?
Aveva mai davvero conosciuto suo padre?
Quella domanda ultima fu l’inizio.
Published on September 18, 2022 06:31
September 11, 2022
Essere mio padre - I
Per me questo blog è sempre stato un laboratorio di scrittura. Ho sempre postato parti dei miei romanzi in fieri.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.
Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Živilė, la moglie del padre.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.

Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Živilė, la moglie del padre.
Published on September 11, 2022 03:01
Essere mio padre
Per me questo blog è sempre stato un laboratorio di scrittura. Ho sempre postato parti dei miei romanzi in fieri.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.
Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Elinga, la moglie del padre.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.

Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Elinga, la moglie del padre.
Published on September 11, 2022 03:01
Mio padre - chi era?
Per me questo blog è sempre stato un laboratorio di scrittura. Ho sempre postato parti dei miei romanzi in fieri.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.
Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Elinga, la moglie del padre.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"
Qui il primo capitoletto.

Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.
Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?
Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?
Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.
Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.
A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?
Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò? Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle paroleNon è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.
E quelle furono le ultime parole di lei, di Elinga, la moglie del padre.
Published on September 11, 2022 03:01
September 7, 2022
Mio Padre

Cara Sarah,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.
Ti auguro ogni bene.
Babbo
Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.
E quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè...una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto.
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Sarah, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Fece allora una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.
Published on September 07, 2022 03:32
September 4, 2022
An unprecedented crisis is going to hit Italy, but the harder the better. It will be nothing but good for Italy and Italians.

It is said that a major economic crisis is about to hit Italy. Forecasts are that around 120,000 companies will close. Perhaps it will not be 120,000 but certainly a lot of them.
However and personally, I believe that a serious crisis it will be nothing but good for Italy and Italians. Perhaps and lastly Italians will lose some of the arrogance they have towards the world, they will perhaps regain the endurance to work and the pleasure to work, which they have definitely lost forever from many decades.
Above all, Italian companies will perhaps try to have a more flexible mentality, become more innovative, take risks and maybe will be willing to face new challenges and experiment with newer ways and not the old-fashioned ones traced by their fathers in the 1960s that they stubbornly repeat for no whatsoever evident reason (almost the entire majority of them are companies founded by the grandfathers and inherited by the grandchildren through their sons, who are managing the companies like something which is due and not conquered with hard work and suffering).
Yes, because the crisis in Italy is not for economic reasons, that is only the corollary.
The crisis in Italy is first of all individual, of the human being in himself. Moral, but not only. It is in the arrogance that the brazen well-being achieved from the 1960s onwards has increasingly characterized itself as a lucid madness, creating a people of spoiled and crazy children, touchy, and always prone to take offence for nothing and ready to feel victims every moment but holy and perfect in themselves respect to the others. And full of themselves to such a level that they are sure that it will always be like this and will never go to change, they continued to seek only enjoyment and pleasure to finally fall in a state of stupor that borders on dullness. They stopped to take care of everything fundamental except for their belly. In Italy the belly has become the only valid reason to live. Nothing else matters more than it.
The "Tengo famiglia" (I have a family to feed, which is the same justification used by the many generals who betrayed, for money, the King of Naples and Sicily when Garibaldi waged war against the Kingdom of the Due Sicilie to "liberate" the South Italy - therefore it is an obnoxious and well-rooted slogan in the Italian mindset), that justifie -s/-d even the most atrocious acceptances, is the best exemplification of their underbelly elevated to Universal ego.
Let's be clear. This is a people of madmen, in love only with themselves, with limitless selfishness. And above all a blind folk. So blind that they have continued to express indifferently a political class that is the best reflection of what these people are. A folk of blind and crazy idiots. Without more values than the "Tengo famiglia". And in the name of that, they accept(ed) everything.,
And with this in mind I want to underline and make mine the words of Pasolini expressed by him in an interview in 1967: "I just returned from Morocco, where I shot my last film, and on my return, I was tempted to give up everything, abandon the films, abandon my previous life and return to live in Morocco. And not because I love Morocco, but because my arrival in Italy was so terrible, so upsetting, unbearable. There is no sign of hope here, no light, nothing. It was like arriving in a madhouse for real madmen; that is, calm fools. I spent ten days of terror; it was as if I could no longer live in Italy. For those ten days, I thought about leaving Italy. And the worst thing is that the Italians don't notice anything at all. "
PS: Of course, I'm talking about the majority. There is also a minority, very small, that I respect, whose value is indeed sometimes of a very high level
Published on September 04, 2022 05:46
August 31, 2022
All'Italia la crisi non farà che bene e più forte sarà più sarà benefica

Si dice che in Italia stia per arrivare una grossa crisi economica. Le previsioni sono che circa 120.000 aziende chiuderanno. Forse non saranno 120.000 ma sicuramente molte.Tuttavia, personalmente, credo che una bella crisi all'Italia e agli italiani non farà che bene. Perderanno forse un po' dell'arroganza che hanno nei confronti del mondo, riacquisteranno forse voglia di lavorare anche se 1+1 non fà 5 ma fa 2 o forse anche meno.
Soprattutto le aziende italiane forse cercheranno di avere mentalità più flessibili e avere voglia di fare, rischiare e mettersi in gioco e sperimentare vie più nuove e non quelle antiquate tracciate dai loro padri negli anni Sessanta che ostinatamente ripetono senza una ragione.
Sì, perché la crisi dell'Italia non è per cause economiche, quello è solo il corollario.
La crisi dell'Italia è prima di tutto individuale, dell'essere umano in sé. Morale, ma non solo. E' nell'arroganza che il benessere sfacciato raggiunto dagli anni Sessanta in poi ha sempre più caratterizzato come una lucida follia, creando un popolo di bambini viziati e folli, permalosi, piccosi e pronti sempre a sentirsi vittime ma santi e perfetti in se stessi rispetto agli altri. E pieni di sé sicuri che sarà sempre così e non cambierà mai hanno continuato a cercare solo godimento, piacere e stordimento all'infinito nel prendersi unicamente cura di se stessi e della loro pancia in particolare. In Italia la pancia è divenuto l'unico motivo valido per vivere. Il resto non conta. Il"tengo famiglia" che giustifica anche le accettazioni più atroci è la migliore esemplificazione del loro ventre elevato ad IO universale.
Parliamoci chiaro. Questo è un popolo di pazzi, innamorati solo di se stessi, di egoisti senza limiti. E soprattutto ciechi. Talmente ciechi che hanno continuato a esprimere indifferenti una classe politica che è il miglior riflesso di quello che è questo popolo. Un popolo di imbecilli ciechi e folli. Senza più valori che non il "tengo famiglia". E in nome di ciò hanno accettato tutto.
E non posso che fare mie le parole di Pasolini in un'intervista del 1967: “Sono appena tornato dal Marocco, dove ho girato il mio ultimo film, e al ritorno sono stato tentato di mollare tutto, abbandonare i film, abbandonare la mia vita precedente e tornare a vivere in Marocco. E non perché amo il Marocco, ma perché il mio arrivo in Italia è stato così terribile, così sconvolgente, insopportabile. Non c’è segno di speranza, nessuna luce, niente. Era come arrivare in un manicomio di veri matti; cioè, calmi pazzi. Ho passato dieci giorni di terrore; era come se non potessi più vivere in Italia. Per quei dieci giorni ho pensato di lasciare l’Italia. E la cosa peggiore è che gli italiani non si accorgono di nulla.”
PS: Ovviamente parlo della maggioranza. Esiste anche una minoranza, esigua molto esigua, che rispetto, il cui valore è davvero talora di un livello molto alto
Published on August 31, 2022 02:41
August 27, 2022
Das Dasein is Angewiesenheit (auf Gott)

In anderen Beiträgen haben wir über die Fähigkeit des Menschen gesprochen, die Zeichen des Göttlichen zu erfassen - die in dem Saeculum geschehen - in das er „geworfen“ wird, um ihn zu seinen Likimas zu treiben.
Dies geschieht wegen der menschlichen Natur, die mit einer Richtungsfähigkeit ausgestattet ist, die sich in der göttlichen Natur widerspiegelt.
Martin Heidegger erklärt es perfekt, und, obwohl er sich sicherlich nicht auf derselben Ebene bewegte, kannte er sicherlich die Philosophie von Augustinus.: Dasein hat sich, sofern es ist, je schon auf eine begegnende «Welt» angewiesen, zu seinem Sein gehört wesenhaft diese Angewiesenheit.
Published on August 27, 2022 02:09