Fabrizio Ulivieri's Blog, page 59
February 4, 2023
Breve riflessione sulla poesia sostenuta da due esempi di Sandro Penna

La poesia è il miglior mezzo per esprimere l'umanità profonda del saeculum. La poesia non porta direttamente a Dio, ma porta dentro l'uomo, dentro quelle profondità a cui pochi possono accedere.
Un volto e commuoversi alla sola vista di quel volto è già poesia. Poesia dell'animo, non scritta, ma poesia. Chi si commuove per un volto un gesto, un segno, una parola...ha dentro di sé l'attitudine alla poesia.
Il giorno ha gli occhi di un fanciullo. Chiara
la sera pare una ragazza altera.
Ma la notte ha il mio buio colore,
il colore di un cupo splendore.
La poesia è anche un dialogo in profondità fra il soggetto e la sua cultura, la sua patria, la natura, la terra, il cielo e il mare e ...l'animo umano.
Raramente la poesia è religiosa. raramente si interroga sui temi religiosi, perché appunto la poesia è primariamente uno scandagliare dell'animo umamo, il rivelarsi della profondità dell'animo umano al mondo
Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.
Truth-seeking is a too big cross to be borne - for everyone

The truth is sought in many ways, but finally, they boil down to two modes.
Many people who seek the truth, do not seek it de facto. They simply adhere to some narratives. The word (to adhere) outlines a reclining mode, almost a glueing mode, to their positioning by remaining attached to it; and without any individual effort, they cling to the imposed narrative which, like a tick, swells to the detriment of those who adhere to it until it becomes (that narrative) abnormal compared to the moment of initial adhesion, and ultimately it will suffocate and will totally annihilate the individual, who has adhered to the narrative that has become dominant, in his will and individuality.
Usually, people who adhere to it are those who are already willing (convinced) to adhere to such a narrative. Complete adherence takes place through a pre-adherence initiated by being previously exposed to a long obsessive and aimed, in terms of repetitive intensity, induced propaganda that manages to attract towards itself those who do not have the ability to react and/or to critically think.
Those who truly seek the truth never settle down and never remain glued to official positions but they pierce them instead, they break them and go beyond the narrative, knowing that narratives hide exactly the opposite of what is meant to make them believe. Above all, they shield themselves from the repetitive and obsessive propaganda-hype, because they have a critical capacity of thinking on their own basis.
Above all, these people are structured to suffer but naturally structured, because, in comparison with the majority (the herd), they are already structured to seek the truth.
This does not mean that free will is not, in any case, decisive in choosing one or the other way of searching for truth. Because the positioning in searching for the truth can possibly become a comfort zone in which one prefers to remain for convenience or for many other reasons, even though it is well known the betrayal that it is about to be perpetrated to the detriment of the individual conscience.
In fact, steering away from the comfort zone can imply carrying a cross too big to be bearable, for everyone.
La verità è una croce da portare

La verità è cercata in molti modi, sostanzialmente si riducono a due.Molti che cercano la verità, non la cercano de facto, solo aderiscono alle narrazioni. Aderire non implica sforzo. Già la parola profila un adagiarsi quasi incollandosi su una posizione, rimanendovi attaccato senza nessuna fatica individuale per rimanere in quella narrazione che al pari di una zecca si ingrossa a scapito di chi vi aderisce fino a divenire (quella narrazione) abnorme rispetto al momento dell'adesione, soffocando e annullando in toto colui che vi ha aderito, nella sua volontà e individualità.
Di solito aderiscono a una narrazione coloro che già sono disposti (convinti) ad aderirvi. La adesione definitiva avviene tramite una pre-adesione avviata dalla preventivamente pianificata ossessione mirata, in termini di intensività ripetitiva, a una propaganda che riesca ad attirare verso di sé chi non ha capacità di reazione e analisi propria (la maggioranza).
Chi cerca veramente la verità non si adagia. Chi la cerca non rimane incollato alle posizioni ufficiali, le buca, le trapassa, va oltre la narrazione, ben sapendo che la narrazione nasconde esattamente il contrario di quello che vuol far credere. Soprattutto si scherma rispetto alla ossessività ripetitiva della propaganda, perché ha una capacità critica.
E' disposto a soffrire soprattutto, ma è disposto naturalmente, perché rispetto al resto (il gregge) è strutturato in modo da essere posizionato già-da-sempre per ricercare la verità.
Ciò non toglie che il libero arbitrio non sia comunque determinante nello scegliere l'uno o l'altro modo di ricerca di verità. Perché il posizionamento di ricerca può anche divenire una zona di comfort in cui si preferisce in ogni caso rimanere per convenienza o per altri motivi ben sapendo il tradimento di coscienza che si compie.
Infatti lo staccarsi dalla zona di comfort può implicare l'esser disposti a portare una croce il cui peso non è per tutti sopportabile.
February 3, 2023
Arthur Machen (1863-1947): Un’idea del male

Mi sono spesso chiesto come il male irrompa nel mondo.
Una volta scrivendo un racconto ho pensato che potesse irrompere dalle viscere di un uomo, nella violenza immonda di un rutto. Che liberasse il fetido gusto del male dai maleodoranti recessi dell’intestino quali simbolo dei visceri della terra
Ma forse era già sbagliato l’uso del verbo.
Usare irrompere presuppone l’idea di una forza di cui in realtà il male non ha alcun bisogno di avvalersi. Allora ho pensato che insinuarsi ne desse meglio l’idea. Ma non è così. O perlomeno non è esattamente così.
E’ stato leggendo uno scrittore inglese poco noto alla scena internazionale, Arthur Machen, che mi sono reso conto che i miei tentativi di trovare i verbi opportuni per designare l’azione del Male nel mondo stavano nel rapporto dell’accidente rispetto alla causa.
Arthur Machen nato a Caerleon-on-Usk, Wales, alla fine del XIX secolo (1863) e morto nella prima metà del XX (1947) fu uno scrittore di scarso successo.
Come da copione visse una vita grama e piena di difficoltà economiche. Le sue opere più famose furono The Great God Pan, The secret Glory, The Terror (un racconto su una raccapricciante ribellione di animali, divenuti assassini, che sembra abbia ispirato Hitchcock per il suo film The Birds).
Il suo modo di scrivere, talora noioso e di difficile gusto per chi oggi è abituato a leggere di horror, tutto fondato sul dialogo e sulla descrizione e poco propenso all’azione rivela una visione del male interamente medievale (da un punto di vista dell’impianto filosofico che vi sta alla base).
Il Male per lui è qualcosa di positivo, solo che sta dall’altra parte (“Evil, of course, is wholly positive - only it is on the wrong side” in The White People): è Sovrannaturale in senso lato, il cui rapporto con questo mondo (con le azioni malvagie di questo mondo) è quello delle idee (platoniche), della loro relazione con le cose. Il Sovrannaturale che si rivela in questo mondo in fondo non è che una copia sbiadita dell’idea: ”E Voi pensate che il grande peccatore, allora, sia un grande asceta, come lo è un grande santo?”, “I Grandi di qualsivoglia genere rinunciano alle copie imperfette e si rivolgono all’originale” ("And you think the great sinner, then, will be an ascetic, as well as the great saint?" "Great people of all kinds forsake the imperfect copies and go to the perfect originals – The White People).
Il Sovrannaturale si manifesta, al pari di una teofania, nell’ “idea di”.
E’ in un certo senso coeterno all’idea. Si manifesta allorché l’idea si rivela in un atto intenzionale, come “l’idea di”un tavolo si manifesta nella mente del suo artefice sotto forma di intenzione di creare un tavolo.
E tuttavia il Sovrannaturale che percepiamo, ci appare non nella sua stessa essenza ma tramite forme intermedie dotate di fisicità, corporeità: il Sovrannaturale interviene in questo mondo appunto in virtù di exemplares, cioè di immagini attraverso cui il Sovrannaturale manifesta se stesso.
Uno dei suoi racconti più brevi e più noti è The Bowmen (“Gli Arcieri”).
Il racconto non è di per sé nulla di esaltante*.
Machen partiva da un assunto che mutatis mutandis è di grande attualità tutt’oggi: “Ogni età e ogni popolo ha accarezzato l’idea che entità spirituali possano soccorrere eserciti terreni”.
Era scoppiata la Prima Guerra Mondiale e il The Evening Post gli chiese un racconto.
Il giornale glielo pubblicò il 29 settembre 1914 all’indomani della ritirata di Mons.
In questo racconto Machen immaginò in modo molto suggestivo che, nel mezzo della battaglia, San Giorgio alla testa degli antichi arcieri di Azincourt andasse a portare soccorso all’esercito britannico.
Ma è la storia post pubblicazione che ci dà la dimensione di come il Sovrannaturale gli sia sfuggito di mano proprio a lui che lo aveva esattamente pensato, prodotto e messo in circolazione, come del resto ammise lo stesso Machen allorché, a causa del successo che ebbe la pubblicazione del racconto, fu costretto a scriverne un’introduzione per un’edizione singola: “Questa storia de “Gli Arcieri” è stata una storia davvero strana dall’inizio alla fine”. A tale punto si innesta una reazione imprevista: il Sovrannaturale diviene incontenibile e sfugge di mano alle intenzioni stesse del suo autore.
E pochi giorni infatti dopo la pubblicazione, l’editor de The Occult Review scrisse a Machen per sapere se la storia avesse un qualche fondamento reale. Machen gli rispose che assolutamente no, non vi era fondamento di alcuna sorta.
Di lì a poco anche l’editor di Light gli inviò una sua nota ponendogli la stessa domanda, alla quale Machen rispose nello stesso modo.
Un mese o due più tardi ricevette numerose richieste di gazzette parrocchiali di autorizzazione alla pubblicazione della storia.
A questo punto il Sovrannaturale evocato diviene, e vive di azione e forza indipendente dal suo creatore. La muffa argentea comincia a diffondersi, la macchia scura si allarga.
Dopo circa un altro mese uno degli editor di queste gazzette gli scrive per riferirgli che le copie della gazzetta con il suo racconto erano andate a ruba e vi era un’ ulteriore grande richiesta del suo racconto e gli chiedeva infine se era anche possibile scrivere una piccola introduzione citando le fonti reali da cui aveva preso spunto per il racconto, concedendogli infine il permesso per pubblicarlo sotto forma di pamphlet.
A quel punto Machen comincia a provare un certo spaesamento . Si rende conto che qualcosa gli sfugge, va oltre le sue intenzioni nonostante la consapevolezza di aver intenzionalmente creato quel racconto non basandosi su alcunché di reale.
Risponde che poteva con tutta la sua gratitudine pubblicare il racconto ma che di fonti non ne esistono e che quindi non può soddisfare la sua curiosità.
L’ editor di nuovo si rifà vivo insistendo che dev’esserci un errore, che almeno i fatti principali de “Gli Arcieri” devono essere veri, che il suo racconto dev’essere l’elaborazione di un fatto veramente accaduto.
Machen stesso ormai incapace di contenere quanto lui stesso ha evocato, riferisce che persino un ufficiale dell’esercito di Sua Maestà gli aveva recapitato una lettera dicendogli che sul campo di battaglia gli era apparso San Giorgio da lui stesso invocato, che lo aveva aiutato nel migliore dei modi.
Addirittura ci furono voci di un fatto realmente accaduto su di un campo di battaglia, dove alcuni corpi di soldati prussiani sarebbero stati ritrovati trapassati da frecce.
Lo smarrimento di Machen per quanto sta accadendo è al livello più alto. Non sa capacitarsi di come quello che per lui era stata una fantasia anche troppo ardita venisse ormai ampiamente accetta non solo in ambienti esoterici e occulti ma anche avesse una diffusione pubblica.
Ormai corrono le voci più disparate: su di un campo di battaglia, riferiscono alcuni testimoni oculari, una nube si era interposta fra l’offensiva tedesca e la ritirata degli inglesi. Secondo altri testimoni la nube aveva nascosto i soldati inglesi alla vista delle truppe germaniche che avanzavano, rendendoli invisibili. Secondo altri ancora delle figure di luce erano apparse sul campo di battaglia impaurendo i cavalli dell’esercito germanico che inseguiva i soldati inglesi.
Il flusso è inarrestabile, la macchia si allarga a dismisura.
Il suo racconto non aveva fatto altro che condensare, rapprendere, unificare, fare da trait d’union per altre migliaia di exemplares, di un sovrannaturale che manifesta se stesso in mille modi, dalla superstizione alla visione, alla leggenda, fino alla testimonianza.
Lo stesso Machen non si sente più in grado di comprendere la chiliogonica manifestazione di un’idea che lui medesimo aveva teorizzato in The White people nel 1904.
Se il chiliogono posso pensarlo perfettamente (una figura geometrica che ha mille lati) così altrettanto non posso rappresentarlo perfettamente nella fantasia perché man mano che i lati si moltiplicano l’immaginazione si dilata, e nella loro raffigurazione se ne perde la distinzione.
Ma quello che forse Machen pensa gli sia sfuggito di mano in realtà è proprio quello che in modo molto teoretico aveva affermato nel racconto The White People: il male è positivo al pari del bene, solo che sta dall’altra parte, cioè da quella parte opposta alla tua, che non lo controlli più perché è andato nella direzione opposta a quella che volevi , va fuori del tuo controllo e ti si ritorce contro. E’ la seconda caduta, ripeti in questo mondo quella che fu la prima caduta originaria: “Il peccatore cerca di ottenere qualcosa che non fu mai suo. In breve, ripete la caduta” (“The sinner tries to obtain something which was never his. In brief, he repeats the Fall."- The Withe People-)
January 30, 2023
Il poeta e la guerra

I poeti non muoiono, nemmeno in tempo di guerra cessano mai di pensare poesia. La poesia vive nei poeti perché la fanno vivere
Perché il poeta sopra-vive anche in tempi di guerra? Perché coglie i segni dell’uomo, della vera umanità nella morsa del dolore immenso della morte di massa, come è la carneficina di una guerra, anche in quel momento in cui il dolore avvolge quelle aree dove la morte fa da padrona il poeta testimonia la capacità di essere umani. Anzi in virtù del fatto, come diceva Caproni, che il poeta è un minatore, riesce a calarsi nelle gallerie dell’anima, citando Machado.
In quelle gallerie, segrete, dell’anima, comuni a tutti ma aperte a pochi sta il profondo senso dell’umanità. Lì alberga la poesia, che il poeta per la sua capacità di calarsi in territori, in cui solo lui può calarsi, esperisce e porta in superficie verso quella realtà del saeculum che rinnega per essenza, perché ciò che è realtà è solo spettacolo, apparenza, chiacchiera, accidente e mai sostanza.
E questo del pari è il tratto del poeta, come individua Machado
Misterioso y silencioso
iba una y otra vez.
Su mirada era tan profunda
que apenas se podia ver.
Cuando hablaba tenia un dejo
de timidez y de altivez,
y la luz de sus pensamientos
casi siempre se veía arder.
Il poeta è un caminante, un Waldgänger, che percorre sendas, sentieri,che nessun altro avrebbe la costanza e la forza di percorrere, perché implicano la solitudine del caminante, del Waldgänger, e la sua sofferenza.
January 24, 2023
Il compimento della profezia

Il capitolo probabilmente finale del mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"
Passavano.
Si era appoggiato sul parapetto di Žvėryno tiltas, il ponte che mena a Gedimino Prospektas dalla parte dove si trova il Seima, il parlamento, venendo da Žvėrynas, e li guardava passare. Uno ad uno. Ed erano tanti. Alcuni erano gonfi di acqua. Altri avevano facce irriconoscibili. Altri mezzi sommersi.
E sfilavano lugubri. In silenzio.
La gente stava mesta penzoloni al parapetto guardava e non parlava, come ipnotizzata da quella processione di un corteo silenzioso ma che urlava forte l’orrore della guerra che ancora non era arrivata nella capitale.
Si dicevano che venissero dal confine con la Bielorussia, dove gli scontri erano stati violenti e il fronte si era aperto.
La città pareva ancora volere ignorare ma ormai era quistione di ore. Fra poco sarebbero arrivati i carrarmati russi e avrebbero sfilato per la città.
Non gli apparteneva quella guerra. Non era di quel popolo. Non era nemmeno più del suo popolo.
Era un apolide, un senza patria. Un déraciné . Uno straniero. Uno che era estraniato al mondo, ma anche a se stesso ormai, in quella città che non era la sua città.
Si chiedeva dov’era la sua città finalmente. Era quella di cui parlava Sant’Agostino?
Quei morti portati dall’acqua parevano gusci vuoti ed erano ormai indifferenti al mondo. L’unica differenza fra lui e quei gusci galleggianti ripieni di sola acqua era l’anima, che ancora era in lui. In lui ancora viveva quel soffio vitale che invece aveva abbandonato loro.
Li contemplava dall’alto e pareva che gli parlassero tuttavia.
E gli parlavano della morte che era sempre più vicina. E gli parlvano della morte che era iniziata il giorno che loro erano morti.
Loro che prima di morire si erano aggrappati a lui come l’ultima forza per vivere, disperatamente. E gli avevano succhiato via la vita. L’unica che aveva. E dopo lui se n’era andato. Sperando di vivere in un mondo nuovo. Ma inutilmente lo aveva sperato.
Quella vita, l’unica che aveva, gliel’avevano succhiata via in modo tormentato, prima che partisse. Volevano vivere ancora, non volevano morire. Si attaccavano a lui. Unica loro forza. Lui era giovane ancora. Loro vecchi. Gusci vuoti ormai...
Non poteva fargliene una colpa. Li aveva sempre amati. Suo padre e sua madre. Come accusare qualcuno a cui hai voluto bene tutta la vita e anche dopo la vita?
Aveva dato la sua in fondo. Per salvare loro.
Come Cristo.
Ora gli fu chiaro perché quel giorno aveva desiderato vivere appeso a quel grande crocifisso che pendeva dalle volte di quella grande chiesa dove era andato per accompagnare lei dal padre esorcista.
Era un piccolo Cristo, alla fine. Un martire minore, che aveva testimoniato la sua fede nel martirio nel modo che poteva.
Per quello forse Nostra Signora lo aveva scelto e gli aveva concesso le grazie che aveva avute.
Questo gli dicevano quei cadaveri di soldati che sfilavano silenti portati dalla corrente del Neris, che attraversava Vilnius.
Ed erano il simbolo che annunciava l’arrivo di una grande catastrofe. Le cui dimensioni nessuno poteva prevedere.
Fu allora che capì. Il tempo era arrivato. Il buio stava per arrivare. Per tre giorni sarebbe stato.
Per tre giorni il mondo fuori avrebbe pianto e urlato. Per tre giorni il sangue sarebbe corso. Per tre giorni la tenebra e il fuoco avrebbe divorato quella parte del mondo. Ma questo non sarebbe stato il suo problema.
Ormai lui più non faceva parte di quel mondo.
Era pronto. In casa era tutto pronto.
Per tre giorni lui e la famiglia si sarebbero chiusi e avrebbero atteso senza mai guardare fuori.
E il quarto giorno il sole sarebbe arrivato. La luce di nuovo sarebbe stata. E un mondo più pulito e bello si sarebbe mostrato. Ma molti saranno gli uomini che non lo vedranno più.
January 22, 2023
Il grottesco: quando ciò che è sinistro, inquietante e infausto, diviene invece, familiare e rassicurante.

Dal mio libro in fase di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"
"Una società che permette a me e Lou Reed di imperversareè una societa' che va alla deriva e prima o poi sprofonderà "(David Bowie)
In quel mondo a cui sentiva di non apparterne ma di cui tuttavia ammetteva interiormente un insopprimibile bisogno di un nuovo contatto si era instaurata la tirannia del grottesco.
Tutto ciò che si percepisce all’interno di una grotta, per effetto della luce e dell’ombra, è distorto, alterato, deformato, falsato, snaturato, travisato, assume forme irreali, ovvero diverse da quelle che sono realmente fuori della grotta.
E quella era la realtà che si stava vivendo. Nel mondo intero.
Era una realtà che presentava aspetti talmente deformanti e incredibili da dover credere che avrebbe potuto sforare nel comico se non fosse che quel comico aveva in sé anche il tragico, ovvero l’annullamento dell’individuo.
Si era arrivati ad imporre una muserola per umani, anche se era evidente e noto che non serviva a niente e anzi procurava danni e malattie a chi la portava.
Si era arrivati a imporre il distanziamento nei negozi, nei bar e nei ristoranti, alle fermate degli autobus, sulle spiagge negli spazi di aria salubre e di mare e dell’effetto purificante del sole. Distanze che variavano e mai erano uguali, perché il virus astuto a seconda del locus dove si trovava variava il suo genius e la sua tattica.
Si era arrivati al punto di disinfettare le spiagge con antisettici.
Si era arrivati al punto di cacciare con droni chi sedeva su una spiaggia solo nella più completa solitudine di chilometri o chi faceva joggin da solo nella foresta lontano da tutti e tutto, per il gusto di sentirsi cacciatori di teste e gioire della propria autorità, multarli e ricacciarli in casa per affermare il proprio ego di sceriffi.
Si era arrivati al punto di stabilire il numero di persone che potessero sedersi a tavola per il Natale. Sei. Che potevano riunirsi solo dopo aver fatto il previo tampone.
Si era arrivati al punto di proibire di spostarsi da una città all’altra nei fine settimana e nelle feste comandate. Perché solo nei fine settimana e nelle feste comandate il virus operava.
Si era arrivati al punto di far indossare la mascherina in piedi e potersela togliere seduti dopo aver ordinato nei bar e nei ristoranti, come se il virus per incanto sparisse quando stavi seduto in attesa del cibo.
Si era arrivati al punto di introdurre il coprifuoco per respingere un virus che pareva circolasse di più la notte che il giorno.
Si era arrivati al punto da richiedere una certificazione sanitaria per poter lavore o andare al supermercato a fare spesa. Se non lo avevi e non potevi mangiare, e magari morivi di fame, non importava. Dovevi piegarti e basta. Ubbidire e tacere. Taci il covid ti ascolta.
Si era arrivati a tutte queste assurdità sulla presupposizione di un virus mai esistito perché NESSUNO lo aveva mai isolato.
Ma che mancava a quel mondo perché si potesse arrivare a vivere solo di grottesco, in cui gli attori erano divenuti satiri infernali: o compiacenti perché temevano solo per la sopravvivenza dei corpi, o aguzzini al potere, per denaro, per autoaffermazione, per auorefernzialità e disposti a farsi camerieri dei grandi burattinai che avevano pianificato tutto?
Ci aveva pensato a lungo. E concluse.
L’amore e lo spirito.
Si ricordava di sua madre. Metteva amore in tutto, anche nei momenti di rabbia, perché le sue parole venivano dal cuore. E nel suo amore rispettava tutto. E mai prevaricava. Era internamente timorata in ogni suo atto e parola. E credeva nel bene, e pensava che ogni persona partisse dal bene anche quando era malvagia. E in tutto e tutti vedeva quel bene. Non viveva forse di costanti atti di amore quella donna?
Una donna, un essere umano, così non basa già la sua vita sul postulato della santità anche se mai le sarà riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa?
Era cresciuta nel timore di Dio. Era cresciuta nella fede, anche se popolare, di Cristo. Era cresciuta in un mondo dove di parlava di amore e di vita eterna, di inferno, purgatorio e paradiso. Dove i preti erano preti, i fedeli fedeli, i cittadini cittadini e i politici almeno avevano pur nei limiti un certo interesse per la loro nazione.
Poi venne il ’68. E sembrava cosa buona e giusta. Sembrava che avrebbe cambiato il mondo. Sembrava la visione corretta e incontestabile di chi volesse appartenere al futuro. Il comunismo, il marxismo e il materialismo erano la visione del futuro che avrebbe cambiato il mondo. E lo cambiò. Lo cambiò nel modo che oggi è. Il peggior mondo possibile.
E fu il ’68 che interruppe lo Spirito.
Lo spirito è quella unione che continua, sottile e apparentemente invisibile, dal padre al figlio per cui il figlio si conosce nel padre e il padre si riconosce nel figlio.
Ma nel ’68 il figlio rinnegò il padre e il padre ebbe paura del figlio. E lo spirito fu rinnegato.
Che i figli dovessero pagare le colpe dei padri, come ci racconta il teatro greco, era il monito per dire che nello spirito del padre continua il figlio e il padre deposita se stesso nel figlio per gli anni a venire e così via in una catena ininterrotta di secoli che finisce per sedimentarsi nel DNA.
Tolto il monito fu tolto lo spirito. E molti altri monito caddero. E fu l’aborto. Il divorzio. La libertà sessuale. La droga. La musica rock. E allora sembrava liberazione. Ma invece era solo il futuro che faceva irruzione in un presente-passato manifestando i primi bagliori di un’illusione, un inganno, che avrebbe raggiunto il suo picco grottesco oggi con il gender fluid, l’omosessualità come idologia dominante, la cancel culture...il mondo sanitario.
Ma il grottesco è questo, quando ciò che è sinistro, inquietante e infausto, diviene invece familiare e rassicurante.
January 20, 2023
La voce della morte

Dal mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"
Poi si rese conto.
Sempre certe visioni avvenivano mentre lavava le tazze del caffè.
Si rese conto mentre lavava una tazza del caffè che le ultime persone in vita che amava erano come sparse. Monadi lontane che vivevano ognuna in un mondo proprio e che l‘unica cosa che le univa era il suo amore e il suo pensiero.
Le aveva lasciate là, in quel paese, che quasi provava difficoltà a nominare. Quel paese che aveva scoperto quanto infame fosse, vivendo fuori di esso. Un paese di mascelle deboli, di viziati. Ignavi, era la parola che amava di più per definirli, era la parola che secondo lui meglio definiva quel paese e la sua gente che era l‘essenza di quel paese distorto dal benessere, arrogante e soffocato nel proprio benestare.
Troppo si era focalizzato in se stesso, per vivere, per sopravvivere, per formare quel sentiero interiore che gli aveva permesso di resistere all‘orrore in cui era caduto il mondo davanti alla falsità della propaganda che si era impadronita del mondo.
Se sei intento a sopravvivere, se il livello del tuo vivere è quello di una linea di pura sussistenza, non hai invero molto altro spazio a cui aggrapparti, che non sia quello strettamente necessario alla sopravvivenza.
E sentiva ora che il tempo era venuto per rivedere quelle persone, nella carne e negli occhi. Di sentire la loro voce, dopo tanti anni. Di cingere il loro corpo in un abbraccio che poteva essere fra gli ultimi. Di unirle in un abbraccio fisico e non più solo nel pensiero del cuore.
Non era lontananza quella che sentiva, era tradimento alla propria carne che provava. Disconoscimento della sua linea biologica. Del suo stesso sangue. Il non vederle più.
Così era, e così pensava. E sentiva una distanza indefinita e tuttavia semnpre più incolmabile.
Sarebbe morto in quella distanza? Nella dissoluzione del proprio sangue?
Lo intristivano quei pensieri.
Doveva rompere quell’accerchiamento di solitudine in cui il pensiero sovraccarico di particelle elementari e la preghiera lo avevano messo, uscire da quell’angolo silenzioso rispetto al rumore del mondo in cui si era autoisolato, doveva ritornare anche al mondo, perché ogni giorno si faceva più difficile vivere nel mondo senza prenderne parte.
Che strana condizione era la sua.
Strana e irripetibile. E tuttavia scomoda. Non era un santo per cui poteva vivere felice sulla base di un postulato di vita ultraterrena che lo ispirava in ogni suo atto, ma non era nemmeno della stessa pasta del mondo, di cui tutti gli altri esseri, la maggioranza, che lo circondavano quotidianamente negli atti del vivere, erano fatti e miscelati.
Dovunque andasse, dovunque posasse il suo culo, dovunque cercasse conforto o interesse si sentiva in esilio, non facente parte di quel mondo in cui si trovava, ma quello da cui era provenuto nemmeno esisteva più.
Vi erano solo tre tracce di sangue che lo legavano, e neanche sapeva più quanto, a quel mondo passato e trascorso che era stato azzerato dall’eco della lontananza che lo sviliva ogni giorno di più.
E quelle tre tracce di sangue avevano tre nomi, tre nomi chiari e definiti che non si deprezzavano, non si annullavano, che erano rimasti certi, sicuri, indimenticati. Chiari nella sostanza che definivano.
Luigi.
Silvia.
Claudia.
E il tempo era venuto. Il tempo che viene sempre. Urge e urla ciò che non può più essere procastinato.
Il tempo che il suo corpo si riunisse alla stessa linea di sangue che fluiva in loro, prima che il suo sangue cessasse, irrimediabilmente, di fluire e per sempre.
Prima, e fino ad allora, non era stato il tempo della carne, perché era stato un tempo interiore che doveva attuarsi per sfuggire le persecuzioni, ma ora la carne proclamava con insistenza che esisteva, che aveva le sue ragioni, che non è come un vestito che può essere dismesso in ogni momento. E le ragioni della carne stanno nel sangue. E quel sangue ora, per troppo tempo lontano dai suoi luoghi, implorava un ritorno a quelle regioni, a quegli spazi, a quei contatti dove poteva riconoscersi e riconnettersi all’origine.
Era la voce della morte imminente? Si chiese.
E quella domanda, ormai insistente come un pungolo che mai cessa di tormentare, aprì spazi infiniti per cui la coscienza di quella lontananza divenne senza limiti, incontenibile al cuore di padre e di fratello.
Mormorò i tre nomi, uno dopo l’altro, perché quell’universo di sconforto non se li portasse via.
Vi amo! furono le ultime parole, che respirò nel gelo di quella terra dove mai cessava il freddo.
E ora, quella neve benedetta, o maledetta, che silenziava tutto, di nuovo aveva preso a cadere, impietosa o misericordiosa difficile decifrarla, sui suoi passi verso casa, che vedeva già le luci oltre gli alberi appena dietro il promontorio, e ammorbidì stranamente la pesantezza che si portava dentro passo dopo passo, di ritorno dal luogo in cui andava a lavorare ogni giorno. Ma che lavoro era il suo? Nemmeno più lo sapeva. Un po’ faceva l’agente, un po’ smistava studenti da un paese all’altro per esperienze di lavoro, un po’ faceva lo scrittore senza successo.
Un lavoro, pensò, di uno che non ha più identità. Di uno che forse si appressa alla morte disintegrato dal nulla del mondo che era e non è più e tuttavia chiede di essere riconosciuto in forme che non sono più quelle in cui lo si era conosciuto e convissuto credendole vere ed eterne.
E ora gli rimaneva la preghiera, l’unica forza identitaria che lo faceva essere quello che ancora riusciva a dire di essere, a negare di non essere, a implorare di conoscere perché più non sapeva che conoscere.
January 18, 2023
La caduta degli dèi delle tenebre

Dal mio libro in fase di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"
[...] en aquellas ocasiones no sentía únicamente el terreno firme debajo, sino que también tenía inscripta secretamente en algún lugar de mis percepciones la raya del horizonte para hacerme sentir la dirección indicada aun sin conocerla [...][1]
( Salvador Benesdra – El Traductor)
Mr Claude Swab is to miss the opening of the World Economic Forum Conference in Davos tomorrow "due to a health issue". Lesse una notizia di agenzia.
Es la caída de los dioses. Pensò.
Chissà perché in spagnolo? Si chiese, anch’esso meravigliatosi di aver pensato quella frase direttamente in spagnolo.
In quel periodo stava leggendo tanti testi in lingua spagnola. Aveva fatto una ricerca sui migliori autori cileni e argentini e stava in particolare leggendo Manuel Puig e Salvadot Benesdra. Lo aveva soprattutto colpito il modo di scrivere soffocante y loco di Benesdra del suo unico libro pubblicato e di successo El Traductor. Un modo di scrivere tirato all’eccesso che gli ricordava Dostoevskij.
Benesdra, un uomo affetto da locura, pazzia. Un uomo che si riteneva bello, dal fascino intellettuale che inchiodava. e che un giorno se descubrió feo, en su habitación.
In fondo anche Swab era affetto da locura, una locura che Nostra signora stava evidentemente mettendo a tacere sotto la pressione delle sue preghiere e di anche molti altri che avevano scoperto la potenza del rosario
Basta odio, Madrebasta il brutto che ci circondadà noi un po' di pace.Siamo stanchi, Madre.
Noi, che cerchiamodiperatamente te,siamo stanchi,non abbiamo più pacenel cuore.
Tanto odio, tanta menzogna,tanta lotta senza finecon i dèmoni, spossa.
Siamo esausti, Madre.Porta noi la pace, finalmente.Porta la bellezza e l'amore,finalmente.
Tira giù i folliil seguito dei loro dèmonitira giù i folli ingannidi loro.Il loro odio, la sete di avere tuttoper solamente distruggerlo.
Dona noi la tua spada,sprona il tuo cavallo,mettiti alla testa di noi,dà la pace della vittoria.
Siamo pochiche aspettiamo,siamo pochi che crediamo,siamo i pochi che credonoche vinceremocon te, sempre.
Nel segno della tua spadae del tuo cavalloche aspetta e fremenel furore dell'attacco,vicino.
Aveva composto quella preghiera e con quella preghiera ogni giorno invocava Nostra Signora perché portasse via i folli che volevano alterare l’uomo, renderlo transumano.
Erano tempi di locura, totale.
Quella stessa locura che pervaga nel mondo e aveva spinto Benesdra a buttarsi dal decimo piano de su piso. Quella stessa follia, ma in Cristo, con cui lui combatteva la follia opposta di anime invase dallo spirito del male.
Mr Claude Swab era già al secondo infarto. E tuttavia era uno di quelli che credeva nell‘immortalità dell‘uomo creata dall‘uomo, il miracolo dell‘uomo unito all‘intelligenza artificiale.
E forse il tempo era venuto, che Nostra Signora se lo prendesse e lo manlevasse là dove ciò che aveva meritato in vita divenisse il suo destino nell‘altro mondo, si trasformasse in quel mondo in ciò che lui aveva voluto determinare in vita, nell‘esercizio del corpo e della mente, lontano dalla parola di Dio, ispirato alla visione di Satana.
Gente come Mr Swab era gente fatta di tenebra e vivevano nella tenebra e volevano un mondo di tenebra, lontano dalla luce. Chi ammette che l’uomo è figlio della luce, come gli angeli, riconosce che siamo figli della luce, di Dio, e vive su quel postulato che è Dio, che è motivo di ogni nostra azione finché rimaniamo nella luce.
Era bene dunque che gente come lui se ne andasse nella tenebra eterna, in eterno.
E quel pensiero gli dava energia, la stessa energia che provava a mezzo di una lettura che lo travolgeva, o della scrittura di un passo in cui si in-se-medesimava. O di una vendita riuscita dopo un lungo lavoro di contatti e pazienza infinita.
Ed era tuttavia un’energia insolita quella che ora provava. Era un’energia che gli derivava dal non essersi mai piegato, dall’aver sempre fatto resistenza, forse una resistenza privata, posta nel proprio io, con cui si era sottratto alla propaganda, alle pressioni sociali e politiche, trovando la forza in sé nel sentiero interiore che si era costruito ad imitazione di quello della foresta che aveva lungamente percorso per sfuggire il più possibile ai controlli della polizia.
Ma soprattutto una resistenza che aveva usato la forza della preghiera, del rosario. Una forza straordinaria messa in campo da tanti come lui, che aveva avuto una funzione catecontica dapprima, e ora metteva in sede impedita quelle forze che avevano dominato all’inizio della falsa pandemia, che finalmente al di là dei proclami vedevano il profilo della sconfitta delinearsi chiaro e la paura di essere sconfitti li rendeva isterici.
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[1] [...] in quelle occasioni non solo sentivo un terreno ferma disotto, ma avevo anche la linea dell'orizzonte segretamente inscritta da qualche parte nelle mie percezioni per farmi sentire la direzione indicata anche senza saperlo [...]
Behind technology lies a spirit

The world is owned by mantras, and many of them are the most repeated. One of them is that the technology itself is neutral, neither bad nor good. But those who say this forget that there is a spirit behind the technology, and that is the spirit of the person who produces it to be used, and if their spirit is bad, the direction (the intention to use the technology) will also be bad.
And besides, behind the spirit of the one who uses the technology lies the spirit of evil-in-itself or of good-in-itself that moves (eterodirects) the individual who creates the technology to use.