Alessio Brugnoli's Blog, page 222
February 3, 2017
Piccolo spazio, pubblicità
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Mi raccomando, vi aspettiamo sabato 4 Febbraio alle 19.00, al Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi, via Principe Eugenio 65
February 2, 2017
Marx e le aziende italiane
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A volte sospetto che la politica industriale di parecchie aziende italiane possa essere un perfetto caso di studio per Il Capitale di Karl Marx: non potendo aumentare il plusvalore assoluto, allungando l’orario di lavoro, perché questo aumenterebbe i costi, riducendo di conseguenza il profitto, queste si sono concentrate nell’abbassare in termini assoluti e relativi, il salario dei lavoratori.
Il Capitale generato da questa operazione non è stato impiegato per incrementare il plusvalore relativo, aumentando ad esempio gli investimenti nella robotica o nell’IA, ma al contrario è servita a riempiere le tasche dell’alto management e degli azionisti, il che, dato il loro ruolo parassitario, dato che accumulano capitale o lo immobilizzano in attività finanziare non finalizzate alla produzione, replica nella postmodernità gli schemi sociali ed economici del feudalesimo.
Questa scelta, che porta a premiare i Top Manager che puntano sui tagli indiscriminati che sull’aumento dei profitti e i responsabili di risorse umane che considerato i lavoratori come costi, piuttosto che come risorse, non è sostenibile a medio periodo: da una l’impoverimento della borghesia la rende facile preda delle sirene populiste, rendendo più complicata la vita a chi, con le sue scelte politiche, dovrebbe tutelare gli interessi dalla classe neofeudale, dall’altra i mancati investimenti, la conflittualità sociale e l’alienazione dei lavoratori, indotta dall’annullamento della prospettiva di migliorare la loro condizione, non fanno che far collassare la produttività, azzerando il plusvalore relativo.
Per uscire da questo circolo vizioso e autodistruttivo sarebbe utile:
A livello statale, l’introduzione di una politica fiscale che favorisca gli investimenti e le decisione espansive del management;
La diffusione della consapevolezza che un Top Management non deve essere giudicato in base al taglio dei costi, ma all’incremento del fatturato e dell’utile indotto dalle sue scelte strategiche
Ridisegnare in chiave espansiva la gestione delle risorse umane
Purtroppo però, questa non è il paese di Karl, ma di Groucho Marx… In cui vale il principio
Perché dovrebbe importarmene delle generazioni future? Cosa hanno fatto per me?
MARX E LA SHARING ECONOMY
La scorsa settimana mi è capitato di ascoltare su Radio Radicale una interessante rubrica, A che punto è la notte, curata da Roberto Sommella, “Direttore Relazioni Esterne e Ricerca dell’Istituto Autorità Antitrust”. La puntata del giorno era dedicata alla cosiddetta economia della condivisione, meglio conosciuta come sharing economy (1). Ho trascritto l’intera puntata a beneficio di chi ne fosse eventualmente interessato. Il tema non è affatto nuovo, e già da alcuni anni si parla, soprattutto nel mondo anglosassone, di «socialismo digitale», di «rivincita di Marx» a proposito dell’OpenSource. Perfino Bill Gates tempo fa parlò dei teorici dell’Open Source come dei «moderni comunisti» (la cosa può far sorridere ma, a mio modesto avviso, è sempre meglio che associare il comunismo marxiano allo statalismo e al socialsovranismo!). Ho trovato particolarmente interessante e sfizioso, per così dire, l’approccio al tema tentato da Sommella, il quale, fra l’altro, mostra…
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February 1, 2017
Dai Murales ai Fumetti… Presentazione Lee Sergic e la Genesi Contesa di Mauro Sgarbi
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Presentazione della Graphic Novel di Mauro Sgarbi “Lee Sergic e la genesi contesa”
Pubblicata da l’Edizione Il Galeone
Sabato 4 Febbraio 2017 ore 19:00
presso Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi
Via Principe Eugenio 65/67 00185 Roma
Le cose non serve che siano accadute per essere vere. I Racconti e i Sogni sono le verità ombra che dureranno quando i semplici fatti saranno polvere e ceneri, e dimenticati.
Neil Gaiman, Sandman
Se dovessi definire Mauro Sgarbi, la prima cosa che mi verrebbe in mente è “Esploratore dell’Onirico”; ogni sua opera cattura un frammento di sogno, specchio delle nostre pulsioni più profonde.
Frammenti che a volte sono delle tempeste, che rischiano di travolgere la fragile maschera di razionalità dietro cui ci proteggiamo dal nostro quotidiano, a volte delle isole di quiete, in cui ritroviamo noi stessi.
Il tutto rappresentato con un tecnica in apparenza semplice, che riesce a essere universale, parlando al cuore di ogni Uomo.
Mauro, sino a oggi, con le opere su cavalletto e i grandi murales, si è concentrato sulla Sintesi, sulla poesia di un istante, una luce che ci illumina all’improvviso, mostrandoci per ciò che siamo. Ora, invece ha tentato, con la graphic novel Lee Sergic e la genesi contesa, la strada dell’Analisi, raccontando, con il viaggio di un Everyman un poco stralunato, che traspone e rende universale la sua esperienza di Vita, il limite che ci definisce umano e il senso illusorio di ciò che chiamiamo Reale
Viaggio che sabato 4 febbraio sarà presentato alle 19.00 presso il Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi, Via Principe Eugenio, 65/67, uno dei luoghi storici di Roma, che si conferma come polo di aggregazione culturale dell’Esquilino, il rione cyberpunk, laboratorio del Futuro.
Viaggio, che oltre al dialogo con l’Autore, sarà accompagnato da reading di poesia, dalla musica de Le Danze di Piazza Vittorio, e dalla voce di Emanuela Cinà, a costruire un ponte tra presente e Passato.
Biografia Autore
Mauro Sgarbi nasce in Malaysia nel 1972 e si trasferisce in Italia all’età di 10 anni. Si forma artisticamente studiando alla Scuola Romana dei Fumetti, alla Van Arts di Vancouver, alla RUFA e presso la “bottega” di un pittore romano.
Ha esposto quadri in personali e collettive tra varie gallerie romane. È stato pubblicato su “Frigidaire” e battuto ad un’a sta di arte contemporanea.
Attualmente realizza opere di Urban Art in giro per Roma e il Lazio. Nel rione Esquilino ha realizzato le opere “La Divina Accoglienza”, presso La Casa dei Diritti Sociali in via Giolitti e “Diversità elemento di vita” presso il Nuovo Mercato Esquilino
Info e contatti:
Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi
Via Principe Eugenio, 65
00185 Roma
Tel +39 06 4464740
Fax +39 06 49383354
fassicomunicazione@palazzodelfreddo.it
Ingresso libero
January 31, 2017
Il Foglio e la Gentrificazione dell’Esquilino
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Il buon Davide del Popolo Riolo, scrittore e grande saggio, mi ha segnalato un articolo de Il Foglio, in cui si parla della gentrificazione, termine tra l’altro assai ambiguo, dell’Esquilino, tema tra l’altro affrontato diverse volte nel mio blog.
Articolo che mi ha colpito, perché è un esempio di fallacia logica, che avrebbe fatto impazzire di gioia il buon Aristotele: forse il primo caso di sillogismo che, partendo da premesse sballate, arriva a conclusioni esatte.
I dati di partenza dell’articolo, infatti, sono in gran parte sballati: dalla demografia al prezzo delle case (nell’ Esquilino, secondo le ultime rilevazioni della borsa immobiliare varia a seconda della fascia, da 3400 a 4700 euro a metro quadro… Sospetto che abbia citato i dati di Monti, che coprono quella forchetta) rappresentano una mitologia simmetrica, ma altrettanto inesistente, dei cosiddetti “degradisti”.
Né la presunta distribuzione di negozi fighetti, che a me, da residente, non torna per nulla, può essere una misura seria del gentrificazione e del suo fallimento: applicando lo stesso criterio, per esempio, l’alta concentrazione di sale gioco, potrebbe essere intepretata, come fanno molti residenti, come un esempio dell’inarrestabile declino urbano.
Più semplicemente, il rione Esquilino è un caso tipico di applicazione della Rent Gap Theory, in cui la variazione del mercato immobiliare, legata a una serie i fattori esterni, ha accentuato il fenomeno, che lo contraddistingue sin dalla sua costruzione, di sovrapposizione dinamica e contraddittoria tra culture e ceti.
E proprio per reagire a questo paradosso, il rione ha sempre sviluppato una serie di reti sociali, sia per supplire ai limiti di un Comune che lo ha sempre trascurato, sia per costruire un’identità condivisa e inglobante, che tenta di superare il rischio della parcellizzazione.
Per cui, all’Esquilino, il fallimento della gentrificazione, se è avvenuto, non è stato economico, ma culturale: come i piemontesi a fine Ottocento, i nuovi arrivati non hanno imposto la loro cultura e visione del mondo, ma sono stati assorbiti da quella preesistente
Prelude to Axanar: il fan film di Star Trek che ha conquistato il web
Prelude to Axanar, prodotto dal duo Alec Peters e Cristian Gosset, colpisce non solo per la qualità della produzione, ma anche per il coraggio di narrare un capitolo della saga di Star Trek che non è ancora stato ufficialmente esplorato. La storia si colloca infatti alcuni anni prima degli eventi del primo episodio di Star Trek e narra la storia del capitano Garth of Izar che dovrà scontrarsi con l’Impero dei Klingon. I produttori del corto vorrebbero trasformarlo in un film a tutti gli effetti. Speriamo che ci riescano. Intanto buona visione!
eso16 – Alla ricerca dei pianeti al carbonio
In questa immagine di fantasia, un pianeta al carbonio orbita attorno a una stella simile al Sole nell’Universo primitivo. In giovani sistemi planetari dove scarseggiano elementi pesanti ma esiste una certa abbondanza di carbonio, possono aver origine pianeti composti di grafite, carburi, diamanti, piuttosto che rocce silicee come succede sulla Terra. Le macchie blu indicano deve l’acqua si è raccolta in pozze sulla superficie formando habitat potenzialmente capaci di ospitare forme di vita aliene. (Credit Christine Pulliam Sun image: NASA/SDO).
La prima generazione di stelle nell’Universo cominciò a splendere in un’era in cui elementi chimici come carbonio e ossigeno non erano disponibili. Fu la trasformazione di queste stelle giovani in supernove che diede inizio al processo di arricchimento, con gli elementi più pesanti fusi nei loro nuclei che si disperdevano nel Cosmo. Stelle di massa minore e sistemi planetari incominciarono ad apparire quando gli elementi più pesanti poterono formare i…
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January 30, 2017
Perché Navi Grigie
Navi Grigie, nella mia produzione, è un’eccezione: non appartiene al mio solito steampunk e forse neppure alla fantascienza classica. E’ un mix, un poco folle, di temi e spunti provenienti dal cyberpunk, dalla fantascienza post-apocalittica e dallo sword and sorcery.
Qualcuno lo chiamerebbe un romanzo connettivista, ma se proprio dovessi darvi una definizione, è lo specchio della realtà che vivo ogni giorno, con tante culture che si confrontano, le cui paturnie sono smitizzate dal disincanto romano, che con la grossa risata, ne evidenzia le follie su cui si basano.
Perchè l’Esquilino è sia specchio nel mondo, con le sue contraddizioni, e laboratorio del futuro… Ora non è un paradiso, perchè condivide e porta all’eccesso molti problemi dell’Urbe, che esistevano a Piazza Vittorio ben prima dell’arrivo degli immigrati, ma neppure un inferno, come dicono i suoi detrattori…
L’integrazione, che è una questione di individui, non di popoli non sarà perfetta, ma quanto vorrei che si lamenta per partito preso potesse trascorrere un paio di mesi in alcune periferie francesi o inglesi.
Contraddizioni, limiti e punti di forza che si sono visti ieri, nel Capodanno Cinese e che rappresentano una ricchezza, da amare e preservare per il futuro…
E forse Navi Grigie non è che il tentativo di narrare tutto ciò
January 29, 2017
Un altro anno…
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Oggi è una giornata particolare per me… Non perché si è festeggiato il Capodanno Cinese a Piazza Vittorio, Li er Barista non aveva detto una balla, ma soltanto sbagliato giorno, evento tra l’altro riuscito assai bene, ma per i ricordi che vi associo.
E’ il giorno della morte di mia nonna, benchè l’anagrafe si ostini a sostenere che sia il 28, la persona da cui ho ereditato il mio amore per l’Esquilino. Ed è anche il giorno in cui se ne andato il mio amico Massimo.
Forse sono monotono, ma mi manca, con i suoi pregi e difetti. Anche se sono un credente con tanti dubbi, quanto mi piacerebbe che il suo Io potesse esistere oltre il ricordi di chi gli ha voluto bene: me lo immagino a spasso per strani panorami, con la macchina fotografica, oppure seduto a bere, con qualche altro mio conoscente, a spettegolare e prendermi benevolmente in giro per le scelte della mia vita.
E quanto vorrei, per una volta ancora, ascoltare i suoi consigli..
January 28, 2017
Il Muro e la Post Verità
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Bush senior, ai tempi della sua presidenza, si dovette confrontare con due tendenze antitetiche: la prima, legata alla nascita del populismo, che scaricava le tensioni interne sul diverso. Sotto certi aspetti, infatti, gli USA somigliano all’Esquilino, con un’identità artificiale, costruita dal sovrapporsi di diverse culture, che teme sempre di essere rimessa in discussione dagli ultimi arrivati.
La seconda, era costituita dai primi vagiti della globalizzazione, che richiedeva la necessità di un polmone quasi inesauribile di manodopera a basso costo. Per evitare che la maggioranza repubblica si scannasse sul tema e al contempo per non scontentare le lobby, Bush si inventò una soluzione assai democristiana, ossia la cosiddetta barriera, un insieme di recinzioni e ostacoli sul confine con il Messico, nell’area di San Diego.
Barriera che è entrata nell’immaginario americano: basti pensare a Men in black. La scusa ufficiale, alquanto ipocrita, ma non quanto quella di motivi umanitari, accampata dal Messico per la costruzione della sua barriera di confine con il Guatemala, fu la lotta al traffico della droga: di fatto il flusso migratorio non fu arrestato, ma fu semplicemente allungato il suo percorso.
Clinton non fece nulla più che proseguire tale politica: tutto ciò fu rimesso in discussione dal sorgere di una nuova paura nell’opinione pubblica americana.
Data la crescita della popolazione latinos, dovuta più al tasso di natalità che all’immigrazione, nel sud degli USA nacque il timore della perdita della propria immaginaria identità Wasp e del ritorno del Grande Messico: questo fece approvare sotto Bush Junior, anche con il voto di Hillary Clinton e Barack Obama, la risoluzione H.R. 6061 che prevedeva la costruzione di una barriera di 1100 km lungo il confine tra Messico e Stati Uniti e autorizzava un maggior numero di barriere mobili, checkpoints, luci, permettendo al Department of Homeland Security il controllo satellitare del confine con l’uso di velivoli UAV.
Con la crisi economica e il desiderio di una middle class impoverita di trovare un capro espiatorio, un gruppo di otto senatori democratici e repubblicani, tra cui John McCain, Marco Rubio, Chuck Schumer e Lindsey Graham, proponeva di rafforzare ulteriormente la protezione del confine, con l’assunzione di 20mila agenti di frontiera e l’ampliamento di 700 miglia della barriera con il Messico e l’adozione da parte dei datori di lavoro di E-Verify, un database con cui sarebbe stato possibile verificare lo status migratorio dei dipendenti.
Trump, nella sua narrazione postmoderna, non ha fatto nulla più che riprendere questa idea,dandogli però un valore iconico: cosa ottenuta cambiandole nome, da barriera a muro, rafforzandone così il sottotesto simbolico.
Se nella maggior parte degli USA sono caduti in questo trucco nominalistico, nelle contee di frontiera, invece, in cui vi è una percezione concreta del Reale, ha avuto un effetto opposto, facendo perdere voti ai Repubblicani, dato che il corpo elettorale si è sentito preso per i fondelli.
Ma Trump non si è perso d’animo: con l’ipotesi di pagare il costo di costruzione con dazio aggiuntivo alle importazione dal Messico, ha trovato un ulteriore alibi alla sua politica neoprotezionista…
Alessio Brugnoli's Blog

