Alessio Brugnoli's Blog, page 226
January 7, 2017
Andrea Conti a Palermo Parte IV
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Andrea, a Palermo, non doveva preoccuparsi solo della gara automobilistica: il Principe Padre, nel sua inquieta ricerca di nuovi modi per arricchirsi, aveva eseguito degli investimenti nella città siciliana, ben attento a non intralciare gli interessi dei Florio e dei Whitaker.
Aveva comprato un enorme tenuta nella Conca d’Oro, tra Ciaculli e Croceverde, comprendente A Ricchizza, il Baglio Galati e il Fondo Alliata, in cui oltre a coltivale arance e limoni, aveva valorizzato un agrume locale, il marzuddu o mandarino tardivo, che stava avendo un grande successo sulle tavole dei nobili e dei cardinali romani.
Nella stessa Ciaculli, dopo una lunga lotta contro la malavita locale, vinta grazie all’appoggio degli agenti segreti del Cardinal Colacchia, il Principe Padre aveva fondato tre manifatture, dedicate alla produzione di marmellate, di rosolio e di profumi alla zagara. Tali attività, avevano colpito la fantasia di uno scrittore catanese, tale Verga, che vi aveva dedicato una novella.
Se il Principe Padre la considerava un ottimo modo per farsi pubblicità, tanto da utilizzarla come strenna natalizia, Andrea la trovava alquanto noiosa.
Ma gli investimenti della famiglia Conti a Palermo non si limitavano a questo: in società con i Peroni, aveva fondato una fabbrica di birra, in località Borgo Vecchio, progettata da Giovannoni, con accanto uno châlet di legno in stile Liberty, con giardino esterno, che fungeva da mescita.
A Badia, invece, aveva fondato una manifattura, per la produzione di purganti, utilizzando come materia prima la terra bianca della zona, ricca di carbonato di magnesio.
E infine, proprio accanto ai box improvvisati nella Reale Manifattura Tabacchi, aveva rilevato uno stabilimento termale, che sfruttava la sorgente della grotta dell’Acquasanta, dalle caratteristiche simili a quelle di Montecatini.
Lo stabilimento occupava i locali della barocca Villa Lanterna, era stato fondato nel 1871 dai fratelli sacerdoti Pandolfo. Lo stabilimento era chiuso d’inverno e aperto dal 1 Maggio al 31 Ottobre, si potevano fare dei bagni freddi, alla temperatura naturale dell’acqua di 18°-19° al costo di un tarì, ma grazie al processo di riscaldamento si potevano fare anche i bagni caldi, a 25°-36°, e caldissimi fino a 42° al costo di 2 tarì. Successivamente i sacerdoti decisero di commercializzare l’acqua che poteva anche essere bevuta, al prezzo di un carlino alla bottiglia. C’era anche la possibilità di fare delle docce che esercitavano la loro azione meccanica su un punto preciso del corpo con getti d’acqua ascendenti, dal basso verso l’alto, discendenti, dal basso verso l’alto, e laterali in orizzontale.
Lo stabilimento aveva in un edificio camerini da bagno distinti in familiari e singolari e nell’altro la macchina a vapore per il riscaldamento dell’acqua, le sale da soggiorno e da pranzo e gli ambienti di servizio.
Nel 1892 vendettero tutto al Principe Padre: negli ultimi anni, grazie alla presenza di villa Igiea e alle ehm attività del professor Cervello al Sanatorio Marino, il giro di affari si era ampliato notevolmente, tanto che lo stabilimento originale era stato ampliato, sino a comprendere la cosiddetta “nave di pietra”, la sede del più antico collegio nautico del Regno delle due Sicilie, voluta da Monsignor Gioeni e Valguarnera dei Duchi D’Angiò.
La forma peculiare, di galeone, compresa di alberi, pennoni, sartie, vele era stata voluta proprio per far prendere confidenza agli allievi con le navi vere ed era stata restaurata dal Principe Padre, come una sorta di attrazione turistica.
Così Andrea fu costretto, in rappresentanza del Principe Padre, a visitare tutti questi luoghi, dove fu accolto, con suo grande stupore, come se fosse un Padre della Patria; il che però riaccese l’ira di Francesco Siino e Antonini Giammona, i principali capi delle cosche palermitane, che interruppero la loro faida, per organizzare la loro vendetta nei confronti dei Conti…
Han Solo: A Smuggler’s Trade, il fan film di Star Wars che sta facendo il giro del web
Han Solo: A Smuggler’s Trade – A Star Wars Fan Film è un fan film che stupisce per la qualità della produzione e la fedeltà all’inconfondibile stile narrativo dell’universo Star Wars, dove non mancano battute divertenti, momenti di tensione e due fra i personaggi più amati: Han Solo e Chewbacca. Creato dal regista Keith Allen, il film include Jamie Costa nel ruolo di Han Solo, Cory Leeper che indossa i panni (e il manto peloso) di Chewbecca e Doug Jones come Gyorsho. Buona visione!
January 6, 2017
Andrea Conti a Palermo Parte III
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Ogni tanto, però, Andrea doveva rispettare l’incarico affibbiatogli dal Principe Padre: per cui, a malincuore, smetteva di vagabondare per la città e si recava ad annoiarsi con dignità nei box messi a disposizione dei concorrenti della Coppa Florio.
Box che erano stati ricavati alla male e peggio, presso la Reale Manifattura dei Tabacchi, gentilmente messa a disposizione dai Whitaker, amici e rivali dei Florio. A volte, mentre faceva finta di ascoltare le riflessioni di Ruspoli sulle automobili avversarie o la sua invidia per le imprese di Bottego, concentrava la sua attenzione sull’opificio, una volta lazzaretto, costruito nel Seicento utilizzando i locali di un magazzino preesistente adibito a deposito di cereali. Lazzaretto utilizzato sia per la quarantena dei marinai provenienti da porti flagellati dall’epidemia e a disinfettare lettere e merci importate.
Lo sguardo di Andrea su posava sul portone, dal forte bugnato, sovrastato da un rilievo in stucco, rappresentante il Genio della Salute, che reggeva, affiancato da un’aquila e da una cornucopia, le insegne borboniche.
Oppure vagava sui due piccoli edifici, i destinati al corpodi guardia, seguiti dal vestibolo a due colonne doriche e travatura rettilinea, che portava alle sale di isolamento, ora piene di automi a vapore che trinciavano tabacco e arrotolavano sigari.
O si concentrava sul cimitero degli eterodossi, che gli ricordava quello di Testaccio “piantato a mirti e cipressi che lo ripartiscono in molti ben ordinati vialetti”, che conducevano a una fontana e una monumento sepolcrale a forma di piramide, circondati da lapidi, alcune decorate con i simboli massonici della squadra e del compasso.
Poi si riprendeva, osservando il programma e le piantine del percorso della Coppa Florio, che si articolava in di cinque tappe
Una cronoscalata dalla Piazza dell’Acquasanta alla grotta di Santa Rosalia a Monte Pellegrino
Una corsa in linea da Villa Igiea e la tonnara di Scopello,altra proprietà dei Florio
Una gara di regolarità nel centro cittadino di Palermo
Una cronoscalata dalla Palazzina Cinese al duomo di Monreale
Una corsa in linea da Mondello a Cefalù, passando per Bagheria
L’ordine di arrivo in ogni tappa avrebbe assegnato un punteggio ai concorrenti, la cui soma avrebbe determinato la vittoria finale…
Pasqua Bbefania
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Oggi, per noi romani, è la Pasqua Bbefania, il giorno in cui, con ostinata discrezione, per non fare arrabbiare zi’ prete, celebriamo la Commare Secca, Proserpina, che per una volta l’anno smette il suo abituale lavoro di psicopompo, come la Death di Sandman, per distribuire doni ai bambini.
E per renderla digeribile alla nuova religione, le abbiamo costruito attorno un universo di storie: l’abbiamo trasformata nella nonna di Erode, a cui i Re Magi, a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni. Malgrado le loro insistenze, questa non uscì di casa per accompagnarli. Poi la vecchia si pentì di non essere andata con loro e con un cesto di dolci uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci.
Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che
incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù.
Abbiamo trasformato Ade, suo marito, nell’ l’orco o l’uomo nero, per spaventare i bambini capricciosi e costretto i mazzamurelli, i nostri folletti, di solito pigri e dispettosi, a farle da assistenti.
Così, per celebrarla, provo a raccontare, come fatto per la vigilia di Natale, questa giornata, dal punto di vista dei protagonisti de Il Canto Oscuro.
Mi immagino Beppe e Andrea, bambini, correre dal loro lettuccio nelle cucine, quasi travolgendo Marta, per arrivare all’immensa cappa del camino di Palazzo Poli, dove per il tradizionalismo e l’oculatezza del Principe Padre, avrebbero trovato due calzette: una con giocherelli, pastarelle, fichi secchi, mosciarelle (castagne),un’arancia (in romanesco “portogallo”), una pigna dorata e argentata, e un’altra piena di cenere e carbone, per tutte le volta che erano stati cattivi.
Poi sarebbe giunto Padre Pucci, li avrebbe presi per le orecchie e portati all’Ara Coeli, per assistere alla benedizione der Pupo, una statuetta di sessanta centimetri, scolpita, nel legno d’ulivo dell’Orto del Getsemani, alla fine del Quattrocento da un francescano, che rappresentava Gesù Bambino e che aveva la fama di dispensare grazie a destra e manca.
Er Pupo era tenuto avvolto in un tessuto dorato, stretto come le ‘fasce’ che avvolgevano i neonati, ricoperto di ex voto e doni preziosi per le grazie concesse. Si diceva che le sue labbra divenissero rosse al sopraggiungere di una grazia, e pallide quando non c’era più speranza.
E addirittura, i Torlonia mettevano a disposizione una lussuosa carrozza per portarlo al capezzale dei malati in fin di vita.
Subito dopo, affidati a Marta, Andrea e Beppe correvano a piazza Sant’Eustacchio, dove si teneva la fiera della Befana, che coinvolgeva anche le zone limitrofe, come piazza dei caprettari.
Si faceva una gran confusione, piene di casotti, aperti dall’Avvento alla festa della Befana, che vendevano giocherelli, dolciumi e pupazzi del presepe oltre ai classici dolciumi. I pupazzari esponevano befane così vere e brutte, che facevano gelare il sangue ai bambini dallo spavento
E come nel nostro mondo, vi erano continue lamentele contro gli ambulanti. Nel 1887, Costantino Maes ad esempio scriveva:
“Finalmente! I casotti della Befana, che per tanti anni deturparono in queste feste e in carnevale la più monumentale delle nostre piazze, non saranno più eretti; saranno permessi soltanto dei tavoli per la vendita dei giocattoli e delle merci”.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, visto non c’è molta differenza con le nostre polemiche sulla Bolkestein e sui Tredicine.
January 5, 2017
Andrea Conti a Palermo Parte II
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Nei momenti di pace, stanco di ascoltare discussioni su bielle e pistoni o i ricordi dei viaggi africani di Ruspoli, Andrea si dedicava a lunghe passeggiate: a volte si inerpicava per una ripida salita, sino a raggiungere lo strano ingresso di Villa Belmonte, un trionfo di colonne sormontate da canopi e civette, che circondavano un portale decorato da sfingi, frutto dell’amore per l’esoterismo massonico, diffuso nella città nei primi dell’Ottocento da Dufourny.
Aperto il cancello, avrebbe percorso i viali del giardino inglese, che tanto ricordavano quelli di Villa Conti all’Esquilino, proprio accanto a Santa Croce in Gerusalemme, sino a raggiungere l’edificio neoclassico, dal colossale porticato ionico, preceduta da un terrazzamento panoramico con una fontana a conca centrale e attorniata da un giardino all’italiana dalle siepi che rappresentavano simboli rosacrociani.
Andrea, poi, avrebbe continuato, superando la vaccheria e le scuderie, per giungere alla coffee house, a forma di tempietto di Vesta e ammirare il golfo; si sarebbe arrampicato sulle pendici del Monte Pellegrino, sino alla torre ottagonale neogotica.
Oppure si sarebbe diretto verso il Sanatorio Marino, fondato una trentina d’anni prima dal professore Domenico Palazzotto, su un terreno donato dai Borboni, per offrire una clinica gratuita per curare la tisi e il rachitismo ai poveri di Palermo; ma nel 1902 era caduto nelle grinfie del professor Cervello, che era riuscito così a realizzare i suoi sogni…
In un parco ben curato, in riva al mare, Andrea avrebbe osservato, assai perplesso, i padiglioni a forma di chalet svizzeri, decorati con disegni geometrici a vivaci colori, dove ricchi ipocondriaci erano obbligati a una severissima dieta vegetale, a corse e ginnastica nel parco, a clisteri a tutto spiano e a violenti massaggi eseguiti da androidi a vapore.
Poi, ancora ignaro dei pericoli nascosti negli abissi, sarebbe sceso nella grotta del Bagno della Regina, interrogandosi sulla sua origine: un resto punico, il buen retiro dell’abate Gioeni, fondatore del primo istituto nautico in Sicilia o della Regina Carolina di Austria, consorte di Re Ferdinando I di Borbone.
Infine, sarebbe giunto al porticciolo dell’Arenella, a chiacchierare o giocare a carte con vecchi pescatori all’ombra dei quattro Pizzi, la dimora neogotica dei Florio, ottenuta adattando una vecchia tonnara, che tanto piacque allo Zar Nicola I, da volerla replicare nella sua residenza a a Peterhof….
Villa Zito
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Per i non palermitani, Villa Zito è uno dei pochi edifici di via Libertà sopravvissuti al Sacco di Palermo, l’infame speculazione edilizia voluta da Salvo Lima e Vito Ciancimino che portò alla distruzione di un intero quartiere liberty compreso tra via Notarbartolo e la Favorita.
Villa, nata come edificio agricolo nella prima metà del Settecento, era alla periferia della contrada Terre Rosse; questo le permise di essere acquistata a fine Settecento dai Principi di Carini, per avere una dimora rustica per la villeggiatura nei mesi più caldi dell’anno.
Nel 1909 fu acquistata dal commerciante di agrumi Francesco Zito Scalici, che le diede il nome e la fece ristrutturare dall’architetto Michele La Cavera, in uno stile che fossimo a Roma, chiameremmo umbertino: di fatto vi sono molte somiglianze tra la villa e le palazzine che sono all’Esquilino in via Luzzatti.
In più Zito rifece la decorazione pittorica dei soffitti a volta, sia del piano nobile sia del pianoterreno, alcuni in stile floreale, altri di ispirazione neoclassica, altri ancora caratterizzati da uno spirito eclettico, di cui non si conosce l’autore.
Nel 1926 la villa fu acquistata dal Banco di Sicilia, che la usò come sede degli uffici gli del Credito Agrario e del Credito Fondiario, finché nel 1983 decise di trasformarla nella sede espositiva della sia collezione archeologica, poi trasferita a Palazzo Branciforte, poi di una splendida pinacoteca, con opera che vanno dal Barocco alla seconda metà del Novecento…
Oggi, per sfuggire, per dirla come mia suocera allo malo tempo, sono andato a visitarlo, sia per godermi le splendide vedute di Lojacono, sia per la curiosità di vedere la mostra delle nature morte di Guttuso.
Anche se non sono uno dei suoi grandi estimatori, visto che ritengo che troppo spesso il pittore di Bagheria abbia fatto tacere la sua vena malinconica e tragica per dare fiato a una scontata retorica populista, debbo dire che questa mostra mi ha fatto ricredere su alcune cose.
Nelle Nature Morte Guttuso ha saputo fondere le suggestioni del Barocco, con la loro riflessioni sulla transitorietà e futilità della vita, con l’arte del Novecento, da Cézanne a Sironi, da Picasso a Morandi, tutto reinterpretato con esplosione di colore e una pennellata vitale e selvaggia.
Piccola nota a margine: nella villa sono conservate anche opere del futurista Peppe Rizzo, che, a suo modo, tentò di replicare tra Palermo e Monreale l’idea di arte totale e di design di Balla e di Depero…
January 4, 2017
Andrea Conti a Palermo Parte I
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Il 2 gennaio, per chi non lo sapesse, è il giorno in cui si apre la stagione dei saldi a Palermo: per non farmi trascinare da moglie e suocera in un vagare senza meta per negozi, ho deciso di improvvisare un piccolo viaggio tra realtà e letteratura, sulle tracce del soggiorno panormita di Andrea Conti.
Chi ha letto Lithica, forse ricorda come Andrea, per un periodo della sua vita, antecedente alla vicende narrate ne Il Canto Oscuro, sia stato ospite dei Florio, con cui ha mantenuto ottimi rapporti. In futuro mi piacerebbe raccontare questa storia, magari approfittando delle prossime edizioni dei Penny Steampunk.
Una storia ambientata nel 1905, in cui, con Beppe ammalato di scarlattina, Andrea è costretto a partecipare, come rappresentante delle Industrie Automobilistiche Conti, alla prima edizione della Coppa Florio. In cui, magari è costretto a fare da copilota e navigatore a Eugenio Ruspoli, che in questo mondo è rimasto solo ferito nell’incidente di caccia in Somalia e dismessi i panni dell’esploratore, si è buttato anima e corpo nella sua seconda passione, le corse automobilistiche.
Così, rimurginando su queste cose, mi sono trovato davanti a Villa Igiea: che, cosa poca nota ai più, nel 1899, nacque non come albergo, ma come sanatorio per la tubercolosi, in cui il professor Vincenzo Cervello, la versione locale del John Harvey Kellogg, che meriterebbe anche lui un film analogo a Morti di Salute, avrebbe potuto sperimentare le sue e costose terapie per ricchi e nobili malati.
E Cervello era talmente abile nella parlantina, da coinvolgere nell’impresa Ignazio Florio jr, di solito, come il Principe Padre, molto oculato negli investimenti, che comprò una decrepita villa neogotica dagli eredi dell’ammiraglio Domwille, che, mica scemo, aveva preferito invecchiare al sole siciliano che tra le nebbie londinesi, e diede l’incarico a Ernesto Basile di trasformarla in casa di cura.
Ahimè, pochi mesi dopo arrivò a Palermo un gruppo di medici svizzeri, per collaudare il progetto sanitario: dopo tre giorni di bisbocce a spese dei Florio a Villa Igiea, fecero notare che le terapie pensate da Cervello per la tubercolosi fossero lievemente bislacche e come Basile avesse le idee assai confuse su come si costruisse un sanatorio.
Florio, non si perse d’animo: dopo aver cacciato a pedate Cervello, decise in maniera repentina di trasformare tutto in hotel, che verrà inaugurato il 19 dicembre del 1900 e che ospitera il Kaiser Guglielmo II, lo Zar Nicola II e Andrea Conti.
Mi immagino Andrea giungere dal mare, su una lancia ad aria compressa, affittata nel porto de la Cala, con l’aquila scaccata in bella vista. Da lontano, comincia a scorgere un grande blocco diviso in corpi minori che avanzano e arretrano nello spazio. E quanto più si avvicina, il suo occhi indugia, incerto se essere ammirato o perplesso, sulle torri, le merlature, i pilastri, le raggiere bugnate e le aperture ad arco ogivale che animano la facciata citando lo stile neogotico e quello neoclassico della adiacente villa Belmonte.
Sbarcato, sale per una graziosa scala scavata negli scogli, gettando uno sguardo ai finti ruderi di un tempietto circolre dedicato a Igiea, e si infila in un viale coperto da arcate in ferro battuto, a loro volta rivestite di bouganvilees.
Saluta la giunonica ed elegante Donna Franca Florio, ritratta come la mamma di Andrea, da Boldini, che per l’occasione indossa alcuni dei suoi leggendari bijoux, come la collana dalle 365 perle, ognuna per uno dei tradimenti del marito, e comincia a vagare per le stanze di rappresentanza e saloni, per giungere infine ad ambienti più intimi e defilati, ammirando le languide fanciulle dipinte da Ettore De Maria Bergler, le pitture di Giuseppe Enea, Di Giovanni e Cortegiani, le decorazioni a stucco dei fratelli Li Vigni, i lampadari della ditta Caraffa, gli arredi realizzati dalla Ducrot ma disegnati appositamente da Basile, i porta fiori e i cache-pot in Ceramica Forio.
E infine sfidare a biliardo presso il circolo degli Stranieri, gli altri partecipanti alla gara, come Alessandro Cagno, Luigi Storero o Vincenzo Lancia
January 3, 2017
Il contadino astrologo, il brevissimo e divertente racconto di Italo Calvino
Oggi vi proponiamo un racconto brevissimo, Il contadino astrologo, di uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento: Italo Calvino. Si tratta di una storia ironica, non priva di paradossi, che non manca di divertire il lettore. Buona lettura!
Il contadino astrologo di Italo Calvino
C’era una volta un re che aveva perduto un anello prezioso. Cerca qua, cerca là, non si trova. Mise fuori un bando che se un astrologo gli sa dire dov’è, lo fa ricco per tutta la vita.
C’era un contadino senza un soldo, che non sapeva né leggere né scrivere, e si chiamava Gambara.
– Sarà tanto difficile fare l’astrologo? – si disse. – Mi ci voglio provare. E andò dal Re.
Il Re lo prese in parola, e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella stanza c’era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio d’astrologia, e penna…
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January 2, 2017
Obama vs Trump
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Negli Stati Uniti, le modalità di passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo presidente sono normate nel dettaglio: in più vi è una sorta di accordo tra gentiluomini, in cui il presidente uscente non prende decisioni politiche che impatteranno sull’entrante e quest’ultimo, in cambio, mantiene basso il suo profilo comunicativo.
Nel caso di Obama Trump, questo accordo è saltato, sia per antiche ruggini personali, legati alla questione birthers, sia perché entrambi, anche se non lo ammetterebbero mai, sono assai simili.
Pur essendo parte dell’establishment, per vincere l’elezioni si sono spacciati per outsider, entrambi hanno incentrato la campagna elettorale sullo storytelling e sull’uso delle nuove tecnologie.
Antipatia che ha raggiunto il suo culmine nella dichiarazione di Obama, secondo cui, se fosse stato possibile presentarsi per il terzo mandato, avrebbe stracciato Trump.
Ora, da scrittore di ucronie, però ho qualche dubbio su tale esito, a partire dal fatto che il buon Barack sta compiendo lo stesso errore compiuto dai vertici repubblicani e della Clinton, sottovalutare l’avversario, scambiando la sua immagine pubblica, confusionaria e caciarona, con la realtà, ossia di un tattico abile e furbo, capace di utilizzare alla perfezione i dettami di Sun Tzu.
Inoltre, Obama avrebbe dovuto affrontare tre difficoltà, molto simili a quelle di Hillary
A differenza di Trump, non poteva più proporsi come alternativo al potere costituito, ma anche in maniera inconsapevole, sarebbe stato identificato con questo dall’elettore medio, che avrebbe canalizzato sul magnate newyorkese la sua voglia di rivalsa e cambiamento:
La narrazione di Obama è molto meno immediata e più ristretta di quella di Trump, che da star dei reality show, oltre a saccheggiare l’immaginario pop americano, ha dato al suo storytelling una dimensione “escatologica” che rispecchia quanto descritto da Harold Bloom in The American Religion ;
Paradossalmente, Obama aveva un’idea vecchia dei social media, ossia di megafono elettorale, analogo alla radio e alla televisione; Trump, invece, li ha considerati anche come fonte di big data, che gli ha permesso di gestire al meglio quella che è stata la novità epocale di queste elezioni: l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale per il profiling dell’elettore e la definizione di una campagna elettorale parcellizzata e orientata alle esigenze del singolo.
Per cui, sospetto che il risultato non sarebbe cambiato…
January 1, 2017
Bilanci e buoni propositi
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Come tradizione, il primo dell’anno è l’occasione per tracciare bilanci della propria vita e definire i buoni propositi per il futuro. Per essere sincero, quest’anno mi trovo in grosse difficoltà, perché i sentimenti dominanti di questo periodo sono stanchezza e rassegnazione.
Specie in ambito lavorativo, mi sento spesso come un criceto dentro una ruota: corro, corro, ma l’impressione generale è che quali siano i miei sforzi, nulla cambiano della mia condizione personale e della realtà che circonda.
E la cosa più pesante, è la consapevolezza che non si possa uscire da questo meccanismo, dove non si è più valutati per le proprie idee e risultati… Sensazioni che si ripercuote anche nelle mie attività collaterali, quella di curatore di strada e la scrittura.
Nonostante le critiche di una minoranza tanto chiassosa quanto incosistente e la sensazione che nella Roma grillina della cultura non freghi niente a nessuno, non cambierei una virgola di quanto fatto quest’anno all’Esquilino.
Il Busker Festival, le attività de Le Danze di Piazza Vittorio, il Carnevale, non sono feste inutili, come scrivono certi leoni da tastiera, che poi nel concreto, oltre lamentarsi, fanno ben poco: sono atti di guerriglia culturale, che invitano a riappropriarsi degli spazi comuni e sperimentano nuove aggregazioni, per rafforzare la rete di rapporti sociali, che costituisce la base della resilienza dell’Esquilino alle miriadi di problemi che lo affliggono.
Lo stesso vale per l’uso della Street Art, per riqualificare il quadrante di via Giolitti, sul quale vi è purtroppo minore attenzione da parte delle istituzioni: i murales della Casa dei Diritti Sociali, hanno creato, in un non luogo, un piccolo polo turistico e quello del Mercato, che tanto ha fatto strappare le vesti a un presunto grande artista locale, ha creato un simbolo civico che mancava nell’area.
Per cui, nel 2017, cercherò di replicare quanto di buono fatto nel 2016, il Carnevale, il tradizionale appuntamento estivo assieme a Le Danze di Piazza Vittorio, il Busker Festival, di collaborare con Fassi per proporre iniziative culturali, la prima a febbraio sarà la presentazione del fumetto di Mauro Sgarbi, e tenterò una nuova iniziativa: il Parrot Day, per attirare l’attenzione dell’istituzione sul Cinema Apollo, affinchè possa diventare un polo culturale per il rione.
In parallelo, cercherò, con l’aiuto di Mauro e di Beetroot, di restaurare e ampliare i murales di via Giolitti e proporre una nuova iniziativa artistica dentro il Mercato Esquilino: poi mi piacerebbe appoggiare due iniziative di Beetroot.
Portare la sua opera migrante, UMANA PIETÀ – LA MADONNA DI ALEPPO, nel Rione, nell’ambito di un evento centrato sull’accoglienza e replicare anche nelle nostre strade il suo progetto di Picture Crossing.
Infine, riorganizzare il tradizionale evento AmArte nel V Municipio, sempre più necessario, visti questi chiari di luna, in Roma sembra essere sempre più abbandonata a se stessa..
Nell’ambito scrittura, anche se per stanchezza e indolenza, sto andando un poco a rilento, l’obiettivo è terminare la mia ucronia ambientata nell’Esquilino degli anni Venti, nella speranza poi di appiopparlo a qualche editore e di continuare, grazie alla bella esperienza dei Penny Steampunk, a raccontare le avventure di Beppe e Andrea… In questi giorni, tra l’altro, sto lavorando a un nuovo racconto che li vede aver a che fare con l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, nella Sarajevo del 1914…
Insomma, speriamo di realizzare buona parte di tutti queste idee..
Alessio Brugnoli's Blog

