Alessio Brugnoli's Blog, page 221
February 10, 2017
Tenebre
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Lithica è anche un’opera di metaletteratura, un frullatore che sminuzza e ricombina frammenti dei romanzi di fine Ottocento, sia popolari, sia più colti.
In uno dei primi capitoli infatti, si cita e si riscrive Cuore di Tenebra, come metafora del viaggio che uno dei personaggi compie nei suoi incubi e nelle sue pulsioni autodistruttive.
Viaggio in cui ci si confronta con il Male, in tutte le sue forme: quella scontata e banale, d’altra parte, il mio è un romanzo di narrativa di genere, non un’opera degna del Canone Occidentale di Bloom, dei Grandi Antichi di Lovercraft, metafore leopardiane dell’impotenza dell’Uomo dinanzi a una Realtà indifferente alla sua esistenza e quella, individuale, del proprio fardello di rimorsi e rimpianti
E infine, quella di ciò che Calvino chiamava
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme
Inferno nato dalla nostra avidità ed egoismo, rappresentato nel romanzo dal Libero Stato del Congo: uno dei padri dei genocidi del Novecento, assieme allo sterminio degli Herero compiuto dai tedeschi, e su cui è caduto l’oblio.
Inferno che è facile accettare, sino a illudersi che non esista. Più difficile, come fanno i personaggi di Lithica, è cercare di combatterlo, correndo il rischio della sconfitto, partendo da da se stessi, impegnandosi a
cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio
Che forse è il vero compito di quei ghiribizzi dell’Evoluzione che chiamiamo Arte e Letteratura..
February 9, 2017
Racconti
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Qualche amico,scherzando, mi rimprovera dicendo che dedico troppo tempo alla stesura dei racconti per Penny Steampunk, a scapito del mio romanzo esquilino.
In realtà, a mio avviso, il tempo che dedico all’iniziativa di Vaporosamente, non è tempo sprecato: dal bieco punto di vista del marketing, i racconti sono un ottimo investimento.
A fronte di un tempo di stesura limitato, danno una visibilità nell’ambito steampunk, che di solito non ho e che ha una sorta di effetto trascinamento sulle vendite de Il Canto Oscur0 e di Lithica, che grazie a loro sono aumentate.
Dal punto di vista narrativo, mi permettono di approfondire storie e ambientazioni del mio mondo, che altrimenti rimarrebbero inesplorate.
Dal punto di vista stilistico, invece, sono una sfida: come dice il buon Simone Ghelli, che di scrittura ne capisce assai più del sottoscritto,
Il problema, coi racconti, è che rischi di innamorarti della bella scrittura, perché nella forma breve l’attenzione per la lingua e per lo stile ha (dovrebbe avere) più peso rispetto ad esempio al romanzo (a parte le dovute eccezioni). Comunque il problema è che quando t’innamori della bella scrittura rischi poi di perdere di vista il fatto principale: perché stai scrivendo quel racconto e che cos’è che vuoi dire. È insomma molto più facile perdersi in poche che in tante pagine.
Scriverli costringe a esercitarsi nella sintesi e nel ritmo, mantenendo la rotta, perchè, in poche pagine si possa fare ciò di cui si vantava Eliot
I will show you something different from either
Your shadow at morning striding behind you
Or your shadow at evening rising to meet you;
I will show you fear in a handful of dust
February 8, 2017
Dalla scienza alla fantascienza e ritorno
Il 10 settembre 2008 venne “acceso” il più grande acceleratore di particelle del mondo, lo LHC (Large Hadron Collider) del CERN di Ginevra, un anello di 27 chilometri sepolto a cento metri di profondità sotto la catena del Jura, tra Svizzera e Francia. Il suo compito era di dimostrare molte cose: l’esistenza di altre dimensioni, che accanto alla nostra realtà potrebbero esisterne diverse, cercare il Bosone di Higgs detto anche il Bosone (di) Dio perché considerato l’elemento decisivo per la costituzione della materia, sino ad allora solo teorizzato dall’omonimo scienziato. In parole semplicistiche: si è cercato di riprodurre in laboratorio l’origine dell’universo (e della materia). Per ottenere tutto questo sono stati fatti scontrare “pacchetti di particelle” di tale energia e a tale velocità che si sono generati dei mini buchi neri. Il risultato, come si sa, è che il Bosone ipotizzato dai calcoli di Higgs alla fine è…
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Donna Franca
Come sanno i lettori di questo blog, sto lavorando a un progetto, che non so ancora se porterà a un racconto o a un romanzo, dedicato alle avventure palermitane di Andrea Conti, alle prese con le vicissitudini della famiglia Florio.
Per cui, la notizia della vendita all’asta, pare per circa un milione di euro, del ritratto che Boldini, nel mio universo letterario altro buon amico di Andrea, che fece a Donna Franca e che era il vanto di Villa Igiea, mi ha messo un poco di malinconia: è come se fosse scomparso un cimelio di famiglia, un frammento del mio immaginario.
Dipinto che ebbe una genesi assai complicata: il buon Boldini giunse a Palermo nel 1901, subito dopo la trasformazione di Villa Igea da potenziale sanatorio a hotel di lusso, e si mise di buzzo buono a ritrarre colei che dai siciliani era chiamata Donna Franca, la regina di Sicilia, dal Kaiser Guglielmo II Stella d’Italia, e da Gabriele D’Annunzio, il buon Rapagnetta del mio mondo, l’Unica.
Anche perché Donna Franca aveva tutte le doti per affascinare il pittore: bella, generosa d’animo, di gran cultura e brillante conversazione.
Per cui, Boldini, forse anche per sfruttare al massimo l’ospitalità dei Florio, imbucandosi in più ricevimenti, cene, gite e serate di gala possibili, fu minuzioso in maniera straordinaria: cambiò idea mille volte dell’abito da sera più elegante da fare indossare alla modella, buttò giù un’infinità di bozze preparatorie e infine le prime pennellate.
Con l’arrivo dell’estate e dallo scirocco infernale, Boldini prese baracca e burattini e tornò nel suo studio parigino, in attesa che Ignazio Florio saldasse il conto, per completare l’opera.
Ma purtroppo, il pittore ebbe una pessima sorpresa: il magnate palermitano, che pure non si poneva troppi scrupoli nel tradire la moglie, su alcune cose era alquanto conservatore: ritenendo il quadro troppo sensuale, non era intenzionato ad aprire il portafoglio.
Boldini rimase di stucco: fece notare a Ignazio che quello era il suo stile e che se avesse voluto un quadro differente, avrebbe dovuto chiamare un pittore differente. Ignazio taglio la discussione con un
il lavoro deve rispondere al gusto di chi lo paga
e dato che a Boldini i soldi dei Florio facevano tutt’altro che schifo, si raggiunse un compromesso: il pittore avrebbe dipinto un secondo ritratto, più castigato, nell’occasione di un viaggio parigino di Donna Franca. In più, essendosi per qualche strano motivo affezionato al precedente quadro, lo ottenne in regalo da Ignazio, con le spese di spedizione a Parigi a carico dei Florio.
Così Boldini rifece il ritratto da capo, ricoprendo Donna franca con una veste lunga, addomesticando la scollatura e cingendo le braccia con guanti neri. L’opera piacque a don Ignazio, che la inviò, per farsi pubblicità, alla Biennale di Venezia nel 1903.
Il destino però fu beffardo con il marito geloso: del quadro, infatti, si sono perse le tracce e nessuno ha la più pallida idea di che fine abbia fatto. Nel mio mondo, fu acquistato dal Principe Padre, che, con sommo stupore da parte di Andrea, prese in simpatia Boldini, diventandone grande estimatore e collezionista.
Nel 1924, inoltre Donna Franca si ricordò del quadro di Boldini: contattò il pittore, chiedendo di finire il quadro; solo che, segnata dal dolore e dalle avverse fortune della vita, lo volle meno sensuale e più austero.
Boldini decise di accontentarla senza farsi pagare, realizzò la versione finale, che fece compagnia agli ultimi anni di Donna Franca, nella sua casa romana in via Sicilia 138.
Dopo la sua morte, il quadro finì prima nella dimora dei Rothschild, poi a Villa Igiea e ora chissà dove…
Così per celebrare Donna Franca, ho accroccato un piccolo mosaico di sue foto
February 7, 2017
Il filtro della Singolarità
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Ieri, commentando le mie riflessioni su l’Evoluzioni dei Miti, il buon Marco Moretti ha così scritto
Possiamo partire da miti ben attestati e ricostruirne le trasformazioni nei secoli. In molti casi si ha rapporto di filiazione memetica diretta (l’equivalente della filiazione genetica degli organismi). Così possiamo esser certi che tutti i Germani attingevano a un patrimonio comune, apportandovi modifiche e arricchendolo, ma continuando i motivi ereditati. Più si va indietro, più è difficile trarre qualcosa di utile dal rumore di fondo
Sono d’accordo con lui: per di più, ritengo uno sforzo vano cercare di ricostruire l’universo spirituale e culturale delle popolazioni paleolitiche. Ciò che ce le rende aliene, è la presenza di quella che è forse la prima Singolarità della Storia, l’invenzione dell’agricoltura, che cambiando in profondità la struttura economica della Società, ne ha ridefinito totalmente anche la Sovrastruttura
Di fatto la Singolarità è un filtro bidirezionale: non solo impedisce di comprendere come potrà essere il Futuro, ma rende incompleta la piena conoscenza e consapevolezza del Passato. Anche l’approccio comparativo, basato sullo studio delle attuali popolazioni di raccoglitori e cacciatori, non è di grande utilità.
Il campione usato di solito, le popolazioni di cacciatori e raccoglitori attuali, non può essere indicativo. Per esempio, le attuali culture delle popoli Twa e San,non sono originarie della Preistoria, ma sono il frutto di secoli di pressione demografica dei bantù, che li hanno confinati in aree marginali come la foresta e il deserto, ben poco rappresentative dell’ecosistema in cui vivevano i cacciatori dell’Epipaleolitico.
Al contempo, popolazioni che hanno vissuto in condizioni simili a quelli degli antichi europei, penso alle confederazioni tribali indiane, hanno sviluppato una cultura assai più complessa e piena di conflittualità, interna ed esterna, dei Twa, dei San, degli Indios amazzonici e degli aborigeni australiani,
Nè Göbekli Tepe può essere considerato frutto di un’economia basata sulla sussistenza…
Trial: il pluripremiato e innovativo corto Sci-Fi che ha conquistato il web
Creato da The Brothers Lynch, il cortometraggio Trial ha riscosso notevole successo non solo per la qualità della produzione, ma anche per un’inquadratura del tutto innovativa. La storia affronta il tema dello transfer della personalità da un corpo all’altro, solo che in questo caso non tutto è ciò che sembra. Sotto troverete due filmati. Il primo è per l’appunto il corto, mentre il secondo spiega com’è stata ottenuta la scena tanto innovativa dello specchio. Buona visione!
February 6, 2017
Evoluzione dei miti ?
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Su Le Scienze di questo mese, è apparso un articolo del ricercatore francese Julien d’Huy, intitolato L’evoluzioni dei miti, il cui abstract così recita
Da tempo gli studiosi si chiedono perché le storie mitiche che affiorano in culture ampiamente separate nel tempo e nello spazio siano tanto simili tra loro. Nuovi modelli di ricerca sfruttano strumenti concettuali e statistici tratti dalla biologia evoluzionistica per sbrogliare la storia dei miti. Gli alberi filogenetici rivelano che le «specie» dei miti evolvono lentamente, in parallelo con le migrazioni di massa degli esseri umani fuori dall’Africa e nel mondo intero. Recenti studi danno elementi utili a ricostruire le origini preistoriche di alcuni miti e le migrazioni di gruppi umani eurasiatici verso il Nord America, più di 15.000 anni fa
In pratica, d’Huy, confrontando le varie versioni dei miti di Callisto e di Polifemo, cerca di definirne una linea evolutiva, collegandola alle migrazioni delle popolazioni nel Paleolitico e la ricostruzione del presunto mito ancestrale dei primi sapiens.
Ricerca simile a quella compiute in ambito linguistico o per esempio, da Victor Grauer in Musica dal Profondo, che si basa su un approccio assai simile, riconducibile ai seguenti passi
Generalizzazione del metodo comparativo;
L’associazione dei presunti risultati con le ricerche di Cavalli Sforza;
Tentativo di ricostruire la cultura archetipa, che spesso rispecchia i pregiudizi culturali sul Buon Selvaggio.
Approccio che in dei casi può portare ad esiti interessanti, ma che nel caso specifico di Julien d’Huy, però, mi pare assai forzato.
Il buon Propp ha mostrato da decenni come la narrativa sia basata su una serie di meme, che sono strutturati secondo strutture fisse, che rispecchiano delle sequenze markoviane, simili a quelle usa Google; queste sequenze, dato che nella versione più semplice si ritrovano nei canti degli uccelli e nelle comunicazioni usate dai mammiferi, sono probabilmente un effetto collaterale dell’evoluzione biologica, che come mia nonna non butta nulla, ma si arrangia a riutilizzare in maniera differente quello che trova in dispensa.
Per cui, è probabile che tutti i popoli della terra raccontano cose simili non perché in origine vi fosse un corpus di miti di una tribù ancestrale, ma più semplicemente perché tutti noi umani utilizziamo il cervello nello stesso modo..
February 5, 2017
Bilancio su la presentazione di Lee Sergic e la genesi contesa
Ieri sera, come forse avranno intuito i lettori abituali di questo blog, presso il Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi si è tenuta la presentazione della graphic novel di Mauro Sgarbi Lee Sergic e la genesi contesa…
Presentazione, che senza falsa modestia, è stato un gran successo, il frutto del lavoro di settimane, che ha coinvolto tante e tante persone, compreso il giornale Il Cielo sopra l’Esquilino e il progetto Il Rione dei Libri, la biblioteca diffusa, promosso dal gruppo Noi di Esquilino.
Presentazione che è stata una scommessa vinta: da parte di Andrea Fassi e Valeria Bila, che hanno dimostrato agli scettici del rione come il Palazzo del Freddo possa svolgere con autorevolezza il ruolo di punto di riferimento culturale dell’Esquilino e di motore per la sua riqualificazione.
Da parte mia e di Mauro, cosa che sempre accade quando organizzi un evento del genere, in cui ci metti la faccia, sperando sempre di catturare l’attenzione del pubblico: cosa che, per un fumetto indipendente, non è mai così scontata.
Per l’Edizioni il Galeone, che ha accettato la sfida di presentare il proprio lavoro al di fuori del target abituale…
Per Le Danze di Piazza Vittorio, che hanno mostrate come la loro Arte, a differenza di quanto affermano i detrattori, possa avere un ampio respiro e possa dialogare con forme e linguaggi differenti.
Per mia moglie, insomma, non è mai semplice esibirsi a cappella…
Insomma, grazie ancora a coloro che hanno partecipato all’evento e a coloro che, con il loro impegno e sacrificio, ne hanno permesso la realizzazione..
L’Esquilino dei misteri – prima parte, un cantiere con sospensione e fine dei lavori “ad libitum”
Non si tratta del filone esoterico (peraltro molto interessante ed intrigante) relativo al nostro Rione, ma più semplicemente di alcuni fatti che, ai più, sono difficili da capire.
Iniziamo con il primo mistero. Lo scorso mese di ottobre abbiamo pubblicato un post (“Le incompiute del Rione Esquilino” vedi) in cui esprimevamo dei dubbi sui lavori presso l’ala dell’Istituto Galilei con l’ingresso a Viale Manzoni che avrebbero dovuto essere terminati ad agosto 2016 ma sono tutt’ora ben lungi dall’essere ultimati. Evidentemente qualcuno ha recepito il messaggio e ha tolto l’enorme cartello che era posizionato fuori dal cancello
e al suo posto ne è comparso un altro molto più piccolo e non più esposto all’esterno ma all’interno dell’edificio in ristrutturazione e quindi assai poco visibile
A parte la considerazione di vedere in un cantiere quasi sempre deserto un esercito di professionisti con vari livelli di responsabilità tra cui addirittura due archeologi …
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February 4, 2017
Il castello: lo stupendo racconto breve di Italo Calvino
Vi presentiamo Il castello, racconto scritto da uno dei più importanti autori italiani del secolo trascorso: Italo Calvino. Chi volesse leggere anche un altro suo famoso racconto, Il contadino astrologo, può farlo cliccando qui. Buona lettura!
Il castello di Italo Calvino
In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti.
Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo. Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena: da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un rodine né ai movimenti né ai pensieri.
Salii una scalinata; mi trovai in una sala alta e spaziosa: molte persone – certamente…
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