Alessio Brugnoli's Blog, page 217

March 3, 2017

Fanucci: si accettano suggerimenti dai lettori

librolandia




Vi avviso, questa volta sono stata davvero lunga. Se non avete molto tempo a disposizione ignoratemi, è meglio.



Care lettrici e cari lettori, è tempo di decidere! Compilate nello spazio commenti di questo post la vostra personale #wishlist di romanzi inediti… vi aspettiamo!





Quest’annuncio è comparso nel pomeriggio di martedì 28 febbraio sulla pagina Facebook di Fanucci Editore. Ho ricevuto la stessa richiesta di compilare una wishlist via mail, visto che sono abbonata alle newsletter dell’editore, e chissà quante altre persone avranno ricevuto la stessa mail.



Sulle mail non posso fare alcun controllo, sono cose private, ma una pagina Facebook è visibile da chiunque, perciò l’ho letta con una certa attenzione. Io non lavoro in Fanucci, come appassionata ho scritto anch’io la mia lista, ma non ho alcun controllo su quel che deciderà di fare Fanucci. Non posso influenzarli, fare proposte che abbiano un peso, sono semplicemente un lettore fra…


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Published on March 03, 2017 02:11

March 2, 2017

Retoriche

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Per approfondire il discorso del video con cui la Sindaca Raggi ha propagandato la sua visita all’Esquilino, mi sono una breve chiacchierata con il solito Alan S. Cooper


Ciao Alan, non è strano che una sindaca del movimento 5 stelle, che si è caratterizzato sempre come web-centrico, utilizzi per avere un visibilità, un linguaggio vecchio, da cinegiornale Luce ?


Ciao caro, partiamo da un assunto: nella propaganda politica, come nel marketing, la scelta del linguaggio e del media da utilizzare dipende da due fattori. Il primo è l’obiettivo che si è posto chi tenta di comunicare. Il secondo, dal pubblico che dovrebbe essere recettivo.


Ora l’obiettivo della Raggi è semplice: arginare la perdita di consenso che la sta affliggendo in questi mesi. Essendo il Movimento 5Stelle, per citare un brano della tesi magistrale della dott.ssa Matteucci, lavoro che consiglio di leggere a tutti,


Non un “movimento dal basso” quindi, ma un vero e proprio progetto di web-marketing e comunicazione studiato a tavolino e con ben definiti obiettivi e caratteristiche mutuate da esperienze già attive e realizzate. Le tecniche usate dal partito di Grillo sono le stesse del marketing applicate a prodotti non materiali ma, come in questo caso, a opinioni e alla formazione di “consumatori-utenti” di un progetto politico.


Tecniche, come dimostrato da Trump negli Usa, che funzionano bene quando il prodotto è in un trend di crescita; quando invece si ha necessità di un rilancio e di consolidamento, il web, parlando a un’opinione pubblica già polarizzata, in positivo o in negativo, si deve cambiare media, per parlare a un nuovo pubblico, un green field da convincere.


E quale sarebbe questo pubblico ?


Se ci pensi, l’Esquilino è di fatto una zona di roma “degrillinizzata”. Questo perché da una parte, in termini di reddito, di scolarizzazione e di età media il profiling dell’elettore non coincide con quello del votante Cinque Stelle, sia perché, nel rione, lo spazio di cittadini attivi, il suo principale polmone di consensi, ossia i cittadini che si dedicano al sociale e a una gestione partecipata, è stato occupato da altre realtà politiche.


Per cui, per tentare di guadagnare consensi, ha dovuto rivolgersi a un cittadino non partecipativo, accentuando, nella propaganda, la dimensione populista.


Dici ?


Se ci pensi, nel video della Raggi, questo trionfa: nel rifiuto della modernità e della complessità, nella semplificazione del discorso visivo e narrativo, nello sfuggire qualsiasi soluzione non centrata sull’esclusione del diverso e dell’alieno.


Un discorso molto simile a quello della parte più retriva della Destra Sociale romana


Con cui vi sono forti comunanze culturali… Il vero problema è che questa Weltanschauung, come è stato già dimostrato in passato, è totalmente inadeguata nella gestione di una città-mondo come Roma e che, se non sostenuta da una forte etica, spesso tende a degenerare in una sorta di clientelismo amorale, dedicato al saccheggio dei beni comuni..


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Published on March 02, 2017 03:07

March 1, 2017

Bilancio di CarnevalEsquilino 2017

L’anno scorso, detta fra noi, l’organizzazione del CarnevalEsquilino fu, nel tentativo di coinvolgere più soggetti possibili, una pipinara, molto simile alle assemblea d’istituto durante un’autogestione.


E come tutte le assemblee che si rispettino, vi era il bastian contrario a prescindere, quello convinto che “er giardino de Piazza Vittorio è mio e me lo gestisco io“, il paranoico che ogni due per tre sosteneva “E’ tutto ‘n complotto dell’Enpam, che schiavizza li bambini in Congo, pe’ falli lavora 20 ore ar giorno ne le minere der tofu“, il visionario che sosteneva di voler realizzare un Carnevale “ecologicamente sostenibile, bioenergetico e anticapitalista” che alla domanda mia “Sì, ma in concreto ?“, si allontanava fischiettando con aria indifferente, per poi accusarmi di essere schiavo dello stato borghese…


Quest’anno, per evitare di impazzire di nuovo in tale gorgo, ho deciso di applicare il principio del pochi, ma buoni… E devo dire che oltre a preservare la mia salute mentale, i risultati si sono visti…. Per festeggiare questo, un piccolo diario di viaggio del CarnevalEsquilino 2017


Giovedì Grasso


Il giorno della prolunga, dal nome del portafortuna che Le Danze di Piazza Vittorio mi costringono a portare dietro… Cominciamo con l’apertura delle danze


Ufficialmente, il video è rovesciato, per simboleggiare la storica frase di Bachtin


Il carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva a ogni perpetuazione, a ogni carattere definitivo e a ogni fine. Volgeva il suo sguardo all’avvenire incompiuto


In verità, mi si era impallato il cellulare…



 


Nello spettacolo, ovviamente, essendo Popolare con stile, non solo si ballava, ma si cantava pure…



 


E proprio per questo, Permettemi un omaggio a Filippo e a Claudia,grandi ballerini, e al buon Giacomo Jones, che oltre ad essere la vittima preferita dei mie esperimenti culinari, è una dei chitarristi che veramente hanno la febbre della Musica, che brucia e riempie ogni attimo della vita



 


E a mia moglie, visto che la serenata è dedicata a me…



 


Venerdì Grasso, a tutto Jazz


Permettetemi un ringraziamento che allo Studio Medina, che con dedizione e impegno, punta sull’Arte come strumento per riqualificare il Rione… E a differenza di tanti ciarlatani che bazzicano Piazza Vittorio, lo fa senza tirarsela, con fatti concreti e non vuote chiacchiere



 


A proposito, l’idiota che chiacchiere e copre la voce sono io


Sabato Grasso


Giornata in cui sicuramente i bambini si sono divertiti, nonostante il tentativo di boicottaggio da parte di Giove Pluvio..


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Domenica Grassa


Giornata in cui ci siamo riposati, ma in cui l’Esquilino non dorme mai, grazie al Carnevale Armonico



domenica_1
domenica_2

 


E al Mercato allo Slow Food


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E da abitante del rione, non posso che essere felice per qualsiasi iniziativa che lo renda più vivibile


Martedì Grasso


Con il gran finale, grazie al Coro di Piazza Vittorio, presso Fassi, uno dei cuori pulsanti dell’Esquilino



 



 



 



 


E per finire questa sbrodolata, i ringraziamenti a chi ha supportato e supportato in questa avventura e agli abitanti dell’Esquilino che si sono divertiti con noi in questi giorni !


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Published on March 01, 2017 03:15

February 28, 2017

Electric Dreams: arriva una nuova serie TV Amazon ispirata a Philip K. Dick

Kipple Officina Libraria


philipkdick



Dopo il successo ottenuto con The Man in the High Castle, Amazon ha deciso di proporre una nuova serie TV ispirata al grande autore di fantascienza Philip K. Dick. Electric Dreams: The World of Philip K. Dick sarà un’antologia di 10 puntate prodotta da Bryan Cranston (Breaking Bad), Michael Dinner, Ronald D. Moore e Sony Pictures TV. La serie adotterà un formato stand-alone comune in serie TV di fantascienza come ad esempio Black Mirror, con episodi autoconclusivi, tutti basati sui racconti brevi dell’autore californiano. Le date non si conoscono ancora.


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Published on February 28, 2017 04:40

L’altra Cape Town, nel ventre profondo delle township

In cammino


Non solo surf, natura lussureggiante, ristoranti alla moda e safari in riserve naturali fuori porta. Cape Town è anche township, l’altro volto della città, quello dove l’apartheid ha lasciato ferite profonde, dove gli scontri politici erano più esacerbati, dove per anni non ci sono state nè acqua potabile nè corrente elettrica.

Nelle township vivono solo neri. Sono considerati decisamente off limits i visitatori di passaggio, a maggior ragione se si tratta di turisti con la pelle bianca. Se vuoi entrare in una township, occorre preventivamente avvisare, se non addirittura farsi accompagnare da gente del posto.



20170226_111547Eppure, da qualche anno nelle township si organizzano visite guidate. Non è un modo per esporre la miseria di gente che vive ancora in container o baracche fatiscenti fatte di lamiera, ma piuttosto è un modo per far comprendere le conseguenze dell’apartheid, per far girare un po’ l’economia di posti in un cui c’è un…


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Published on February 28, 2017 04:32

Riuso degli spazi in città: le smart (and best) practices

riusiamolitalia


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Il tema della rigenerazione degli spazi vede il suo naturale “terreno di gioco” nelle città, specie quelle medie e grandi dove il fenomeno è ancora più visibile e diffuso a causa i tanti “scheletri” ex industriali, caserme, case sfitte o invendute, oltre a strutture pubbliche vuote ed abbandonate. Sono tutti segnali di una transizione da una economia ad un’altra, che in generale segnalano la fine di una società basata solo su logiche (e pensieri) industriali e statalisti…. Oggi invece, a partire da gruppi di “giovani pionieri” e da tanti altri innovatori, i segnali di un modello socio-economico basato su nuovi paradigmi e valori cominciano a delinearsi: fabbriche della conoscenza, co-working, green building, start up, sharing, riuso, imprese sociali e culturali, intangibile assets, fonti rinnovabili, rigenerazione urbana, social and cultural innnovation, esprimono le linee e le direzioni verso le quali si sta andando.



Detto ciò, sempre più frequente, viene posta la…


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Published on February 28, 2017 02:50

DELLA “MAPPATURA” O CONOSCERE PER AGIRE

riusiamolitalia


Si invoca molto, si dice spesso, non sempre si fa, ma “conoscere per agire” rimane generalmente un buon modo per affrontare i problemi. In tale ottica la “mappatura” degli spazi e dei luoghi da riusare è un ottimo strumento per cominciare a capire come rigenerare la città. Molte amministrazioni lo stanno facendo, come per esempio nei casi di San Giorgio di Pesaro, di Altopascio, di Volterra o in Lunigiana, o più in generale per il vasto e articolato fenomeno dei paesi fantasma.



Da lì enormi possibilità di sviluppo facendo convergere offerta e domanda di spazi per attivare processi e progetti a livello culturale, sociale ed economico. Per un approccio diretto e pragmatico che tenga conto di tempi e costi ragionevoli per risultati tangibili nel breve periodo, ved. http://www.riusiamolitalia.it/ita/domandaofferta.asp



RIUSIAMO L’ITALIA!



roberto.tognetti@riusiamolitalia.it


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Published on February 28, 2017 02:49

February 27, 2017

L’Esquilino immaginario

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Oggi la Raggi si è fatta viva all’Esquilino: il che è encomiabile, visto lo stato di abbandono del Rione, che spesso si sente abbandonato dalle istituzioni e sia per avere avuto come risultato concreto l’apertura dei bagni nei giardini di Piazza Vittorio… Per chi non abita in zona, può apparire una sciocchezza, ma essendo la chiusura di un’annosa telenovela, centrata sulle beffe dell’Ama nei confronti dei cittadini, merita di essere citata tra i successi dell’amministazione grillina.


Però, una piccola critica mi sento di farla: da vecchio abitante del rione, mi sento assolutamente preso per i fondelli per il video di propaganda della Sindaca, che non sfigurerebbe tra quelli dell’Istituto Luce ai tempi del Ventennio.


Un video che da ragione a una delle tanti tesi di Alan S. Cooper, ossia che qualsiasi sia l’estrazione politica di un populismo, il linguaggio visivo che esso utilizza è invariante.


Da una parte, i video che utilizza, muti, in bianco e nero, a colori, in digitale, rispecchiano una struttura narrativa abbastanza banalotta: arriva il politico di turno, si guarda intorno, scopre un problema, lo risolve, tra gli applausi di un coro plaudente, costituito da tipi, non da persone, per simboleggiare l’universalità e la trasversalità del consenso.


In cui, i potenziali contestatori, coloro che ad esempio vorrebbero ricordare alla Raggi come, nonostante la sua retorica orwelliana sul rilancio dei mercati rionali, per fare cassa con il provvedimento sulle AGS li ha di fatto condannati alla chiusura


Dall’altra, la semplificazione estetica del contesto in cui ci si trova a operare: nel video di propaganda, costituito da inquadrature di plastica, non si vedono né i problemi, neppura una traccia dell’immondizia, del mercato abusivo di via Ricasoli o dei palazzi degradati, nè le ricchezze dell’Esquilino.


Il Rione pare uno di quei sobborghi americani, con il monumentino ben curato, i suoi giardini, la botteguccia, abitato esclusivamente da piccoli borghesi bianchi, un ottimo scenario per le ambigue visioni di Hopper e Wood, che nascondo l’orrore dietro un’apparente normalità.


Un’immagine astratta e aliena, nata dalla paura del Reale, che è forse il vero fondamento del Grillismo, che nega la multiculturalità e l’anarchia caotica e vitale che, sin dai giorni di Gadda, rappresenta sia la maledizione, sia la forza che spinge l’Esquilino verso il futuro.


 


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Published on February 27, 2017 13:08

L’etica degli esploratori dello spazio profondo

Il tredicesimo cavaliere 2.0


Con questo saggio, Michael Michaud prende in esame le sonde interstellari e il loro possibile utilizzo e si chiede quale effetto potrebbe avere una nostra missione esplorativa sugli ipotetici abitanti di un altro sistema stellare. Non solo: quale effetto potrebbe avere sui di noi, tenendo conto delle problematiche etiche e ponderando il potenziale – e i pericoli – dell’invio nella galassia di artefatti dotati di una inteligenza artificiale altamente sviluppata? Michaud è l’autore dell’indispensabile opera “Contact with Alien Civilizations: Our Hopes and Fears about Encountering Extraterrestrials”  (Springer, 2007). Molti dei suoi numerosi lavori riguardano l’esplorazione spaziale. Per 32 anni è stato ufficiale dei servizi esteri degli Stati Uniti, in qualità di consulente per scienza, tecnologia e ambiente presso le ambasciate statunitensi di Parigi e Tokyo, oltre che direttore dell’Ufficio Tecnologia Avanzata del Dipartimento di Stato. È stato inoltre presidente dei gruppi di lavoro sulle tematiche del SETI presso…

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Published on February 27, 2017 00:59

February 26, 2017

Urheimat

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Come qualcuno sa, ho parecchi amici che lavorano nell’ambito della filologia e della linguistica. Amici che nel bene e nel male sono inesauribile fonte di ispirazione per la mia attività letteraria: uno di loro è diventato, anche se forse non lo sa, il protagonista de “Il regno di Dio è un bianco elefante“, racconto pubblicato in un’antologia dell’Edizioni Scudo.


Inoltre, molte stranezze di Andrea, il protagonista del mio ciclo di romanzi steampunk, derivano dal mio frequentarli. Uno delle cose che mi divertono di più e che un giorno trasformerò in un racconto di space-opera, sono le loro strane e continue discussioni sull’ Urheimat, il luogo dove nella Preistoria vivevano le popolazioni che parlavano l’indoeuropeo, l’ipotetico trisnonno della maggior parte delle lingue parlate da noi europei.


Discussioni coltissime, piene di argomenti che spaziano dalla linguistica alla climatologia, dalla genetica all’archeologia, ma che troppo spesso mi lasciano più confuso che persuaso.


Le tesi che si confrontano sono tre: la continuistica, la kurganica e l’anatolica. L’ipotesi continuistica ,ridotta all’osso, afferma che l’indoeuropeo sia il diretto discendente di una delle lingue parlate in Europa e che si sia progressivamente diffusa prima nel nostro continente, poi in Asia.


Tesi che però ha diversi bachi: non è coerente con i risultato delle ricerche genetiche in Sardegna, in cui si è evidenziato come gli aplogruppi riconducibili al Paleolitico abbiano una distribuzione differente rispetto a quella dei popoli europei moderni, il che da l’idea sia avvenuto un fenomeno di immigrazione dal Neolitico in poi


Inoltre presuppone che l’indoeuropeo abbia un tasso di evoluzione e di differenziazione minore della altre famiglie linguistiche, cosa difficile da dimostrare, e vi è una forte difficoltà a correlare il presunto processo di diffusione verso oriente con i dati archeologici.


La seconda ipotesi sostenuta da Marija Gimbutas è riconducibile a questo: l’Europa mesolitica è abitata da popoli pacifici, accomunati da un’unica cultura matriarcale e impegnate nell’adorazione della Dea Madre. A inizio età del ronzo, questo mondo idilliaco viene spazzato via dall’invasione, tipo orda di Genghiz Khan, della cultura kurghan, brutta, cattiva e patriarcale, i cui cavalieri, armati sino ai denti, impongono la loro loro lingua indoeuropea.


Ipotesi che, nonostante il fascino ideologico, ha però una serie di problemi: nell’Europa dell’età del Bronzo non vi sono tracce archeologiche che parlino in modo univoco di una discontinuità di strutture sociali e organizzazione, connesse a un evento violento come un’invasione. E l’analisi degli aplogruppi pone una serie di problemi… L’associazione tra l’aplotipo R1a e cultura Kurgan è stata recentemente rimessa in discussione, dato che allo stato attuale si ritiene che le regioni a più alta probabilità di comparsa dell’aplotipo siano l’Europa dell’Est o l’Asia meridionale, con tempistiche con corrispondenti con la relative facies archeologica.


L’ultima ipotesi è quella anatolica, elaborata da Colin Renfrew, che ipotizza un’immigrazione neolitica delle popolazioni indoeuropee, provenienti dall’Anatolia, che introducono in Europa, oltre che la loro lingua, l’agricoltura e la ceramica.


Ipotesi che però ha un paio di problemi: presuppone che la cultura vallinda, la cosiddettà civiltà di Harappa, sia indoeuropea e allo stato attuale non abbiamo elementi per provarlo, e non spiega la presenza di uno strato preindoeuropeo in Anatolia, il cosiddetto proto-hattico.


E come per l’ipotesi kurganica, vi sono delle discrepanze con i dati della genetica e dell’archeologia, visto che poco si concilia con la diffusione dell’aplogruppo di tipo G, associabile alle culture della ceramica cardiale e della ceramica lineare, che presuppongono l’esistenza in Europa di una cultura neolitica pre-indoeuropea.


Tuttavia, possiamo ipotizzare una soluzione di compromesso, basata su una serie di assunzioni.


La prima è che a differenza di quanto pensato dalla Gimbutas, l’Europa mesolitica, più che il modello pigmeo, segua quello nord americano: un mosaico di culture e lingue differenti, di cui poco si può ipotizzare, ma che tra loro hanno un complesso spettro di interazioni, dal commercio alla guerra.


La seconda è che questo mosaico entra in contatto, nel primo Neolitico, con le popolazioni portatrici delle culture della ceramica cardanica e lineare, con parecchia fantasia, corrispondenti alle popolazioni pre-tirseniche e con quelle paleobasche, che colonizzano i Balcani e al contempo, tramite commercio, matrimoni esogamici, propaganda religiosa o chissà quale altro mezzo, cominciano a influenzare le popolazioni più settentrionali


Dalle testimonianze archeologiche, infatti, pare come il sistema mesolitico si disintegri in due modi: nelle regioni sud-orientali vi fu un’intera e rapida assimilazione da parte dei nuovi venuti neolitici, mentre a settentrione si può osservare un graduale adattamento al modello neolitico


La terza è che in una non ben definita area a contatto con la cultura mesolitica del complesso Nord-Orientale e con la cultura sankobiana, vi è una popolazione che parla l’antenato del proto indoeuropeo: una parte di questa (Facies I) è influenzata dalle culture neolitiche del Vicino Oriente, si trasferisce prima in Anatolia, poi nei Balcani, a causa di un’agricoltura basata sulla tecnica taglia e brucia.


Nel sud Europa, modificando forse la tipologia di tecnica agricola, con il relativo aumento di produttività e popolazione, in dei casi si sovrappone con la popolazione precedente, in altri subisce una sorta di ibridizzazione, generando quella sorta di pidgin da cui trarrà origine la famiglia linguistica del Tirsenico.


Queste popolazioni della Facies sono portatrici degli aplogruppi mitocondriali H,J,V,T,X. Al contempo, la parte della popolazione che non adotta un sistema agricolo, ma uno basato sulla pastorizia di transumanza (Facies II).


Date le esigenze legate alla variabilità dei pascoli. le diverse tribù, più o meno differenziate della Facies II migreranno in tempi diversi o verso l’Europa, fondendosi con le popolazioni pre-indoeuropee o della Facies I o verso l’Asia.


In parallelo a questo processo di circolazione verticale, vi è uno di circolazione orizzontale, basato non sul mutamento della popolazione, ma sui prestiti linguistici dovuti alla circolazione delle tecnologie e al commercio: per un cui si ha un sistema complesso, che può spiegare la pluralità di dati archeologici, genetici e linguistici.


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Published on February 26, 2017 11:12

Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
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