Csaba Dalla Zorza's Blog, page 1476

June 22, 2021

Harry e Meghan ammettono di aver registrato dei domini con il nome Lilibet Diana

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Due domini impossibili da equivocare, www.lilidiana.com e www.lilibetdiana.com, il primo registrato il 31 maggio, il secondo il 4 giugno, giorno della nascita della figlia di Harry e Meghan.

I royal watchers avevano impiegato poco tempo a fare due più due, ipotizzando subito che fossero stati gli stessi duchi di Sussex a crearli. A quasi un mese di distanza è arrivata la conferma, da un portavoce della coppia che ha parlato con il Telegraph.

«Come consuetudine con i personaggi pubblici è stato acquistato un numero significativo di domini di tutti i potenziali nomi che sono stati considerati, per proteggersi dallo sfruttamento del nome una volta scelto e condiviso», ha precisato la fonte. La scelta finale, stando al Daily Mail, sarebbe stata sottoposta alla regina Elisabetta, e in caso lei non fosse stata d’accordo i Sussex avrebbero optato per un altro nome tra quelli probabili.

Alla fine, come sottolineato da più parti, la sovrana avrebbe dato il suo consenso, nonostante una certa sorpresa. Lilibet, come è noto, è il nomignolo con cui la futura regina veniva chiamata da piccola in famiglia. Fu il padre a darglielo, quando ancora non era brava a pronunciare il suo nome. Con il passare del tempo sarebbero stati sempre meno i cari a chiamarla in quel modo, la madre Elizabeth, la sorella Margaret, e, per ultimo, il marito Filippo, scomparso lo scorso aprile a 99 anni.

Ecco la ragione per cui molti hanno visto come un affronto la scelta di Harry e Meghan, e non un omaggio. A queste illazioni la coppia ha risposto con fermezza, scagliandosi contro i media britannici,  BBC su tutti, che hanno messo in dubbio la loro buona fede. Hanno affermato che era «falso e diffamatorio» diffondere la notizia che alla sovrana non fosse mai stato chiesto il permesso, e che tali falsità non dovevano essere ripetute.

Da Buckingham Palace, come di consueto, si sono tirati fuori da ogni querelle, non chiarendo però la questione del permesso, che rimane aperta. Harry e Meghan si sono davvero appropriati del nomignolo della regina o hanno avuto il suo beneplacito? Nell’ormai infinita storia della Megxit tutto (e il contrario di tutto) può essere avvenuto.

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Published on June 22, 2021 01:58

Hanno ragione

Questo articolo è pubblicato sul numero 26-27 di Vanity Fair in edicola fino al 6 luglio 2021

Tutti i ragazzi che conosco quest’estate si muoveranno per l’Italia e l’Europa come palline da flipper impazzite. Senza fare lunghi viaggi, che tanto in mezzo devono tornare per il richiamo del vaccino e poi i genitori non hanno piacere che vadano troppo lontano. Nicola che ha vent’anni e si è lasciato con la fidanzata storica va la prima settimana di agosto a Zante con otto amici, la seconda a Ponza coi compagni di basket e la terza in Liguria in bici, da solo. Arianna prima va in Corsica in tenda col suo ragazzo, poi una settimana a Mykonos con le amiche e poi quattro giorni a Parigi da sua cugina. Bea lavorerà un mese in un campo profughi vicino ad Atene, poi andrà in barca in Croazia e dopo raggiungerà la famiglia in Valle d’Aosta ma li ha avvertiti di non contare su di lei perché ha intenzione di stare fuori tutti i tre giorni della Festa della Birra. Massimino e Martina, che sono gemelli, dopo la maturità partono per un sopralluogo a Maastricht dove andranno a studiare Psicologia l’anno prossimo, poi vogliono andare in campeggio in Albania e magari fare un giro fino in Montenegro, prima di raggiungere gli amici a Cesenatico. Francesca a luglio – dopo aver fatto il Cammino di Santiago con la sua amica Teresa – raggiunge le compagne del collettivo in Salento e se trova un lavoretto dopo vuole visitare bene tutta la Puglia. Nina parte in Vespa con Carlotta e vogliono girarsi tutta la costa adriatica da Ravenna fino a che non finiscono i soldi. Sperano di arrivare fino a Lecce. Quanto al ritorno, chissà. Sono affamati e li capisco. Hanno fame di incontri sorprendenti, posti nuovi, strade, treni, città, aperitivi, bar, hanno voglia di ballare, fare mattina, fare gli scemi, vestirsi da discoteca, flirtare, viaggiare, divertirsi, sfogarsi e non pensare. Hanno voglia di innamorarsi, conoscere gente diversa, fare cazzate, rischiare, esagerare, abbracciarsi, limonare, fare scoperte e non pensare che niente di quel che fanno possa avere conseguenze pericolose. Sono giovani. Hanno ragione.

 

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Published on June 22, 2021 01:20

Carl Nassib: «Sono gay». È il primo coming out nel football americano

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Carl Nassib ha 28 anni e gioca nei Las Vegas Raiders da sei stagioni. In queste ore ha portato lo sport nel futuro, lo ha fatto con una corsa, come succede nel football americano, quando si prende il pallone sottobraccio e si corre verso la meta. «Sono gay, avrei voluto dirlo da tempo». Nassib è il primo giocatore a fare coming out nella Nfl, la lega del Football Americano.

Nassib si è raccontato in un video, postato sul proprio profilo Instagram. «Mi auguro che un giorno video come questi e tutto il processo del coming out non siano più necessari».

Quello di Nassib è un passo storico. Verso l’inclusione e la parità dei diritti, verso una società più civile. «Non conosco tutta la storia che c’è dietro la nostra coraggiosa comunità Lgbtq», ha spiegato Nassib, «ma non vedo l’ora di impararla e di aiutare a continuare a combattere per l’uguaglianza e per l’inclusione». Nassib ha detto di aver ricevuto il supporto della Nfl, dei suoi allenatori e dei compagni di squadra. Le prime reazioni sui social network sono state per lo più positive e di supporto. Questo lascia ben sperare per il futuro e per uno sport senza discriminazioni.

Perché quello di Nassib resta un gesto isolato, inconsueto, che fa notizia. Sono molto rari i coming out da parte degli atleti di tutto il mondo e di tutte le discipline sportive. Il clima omofobo presente in molti spogliatoi purtroppo non aiuta. Qualche anno fa Jason Collins fu il primo giocatore di basket a dichiarare la propria omosessualità. Aveva 36 anni. Lo fece con una lettera a Sports Illustrated. Disse: «Sono un centro NBA di 34 anni. Sono nero. E sono gay». Per il coraggio dimostrato, Collins ricevette anche una telefonata di complimenti da parte dell’allora Presidente degli Stati Uniti Barak Obama. Ma l’omosessualità nello sport, maschile e femminile, resta comunque un tabù.

Il capitano della Nazionale campione del mondo nel 2014, il tedesco Philipp Lahm, ai colleghi consigliò: «Non rivelate la vostra omosessualità». E poi aggiunse la spiegazione: «Perché poi dovrebbe mettere nel conto che in molti stadi verrebbe fatto oggetto di insulti, offese e frasi diffamatorie: chi lo sopporterebbe e quanto a lungo?». E a parte qualche sporadico caso nelle serie minori, nel calcio italiano professionistico non si è ancora registrato un coming out. Qualcuno lo fa solo ad attività conclusa. La paura frena, il clima di omofobia non aiuta, il terrore è quello di finire ai margini. È chiaro che il problema è di natura culturale, ma il mondo dello sport generalmente preferisce non affrontare la questione con serietà.

Più sincero e aperto è il calcio femminile. Carolina Morace, ieri la più grande calciatrice italiana di sempre e oggi apprezzata allenatrice, si è raccontata nella sua autobiografia: Fuori dagli schemi. E ha scritto: «Sono una donna che ama una donna. Lesbica, gay, omosessuale: alle persone piace dare definizioni. Io non mi definisco in amore e l’amore, così classificato, non mi definisce». Non più tardi di tre mesi fa la calciatrice svedese Lina Hurtig – in forza alla Juventus Women – sul canale Youtube del club bianconero ha annunciato: «Mia moglie Lisa è incinta». Da pochi giorni le due sono mamme. Qualcosa si muove e il coming out di Carl Nassib ha dato una scossa a tutto lo sport mondiale.

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Published on June 22, 2021 01:19

June 21, 2021

Amazon Fashion Prime Day 2021: l’estate secondo Giulia Torelli

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Quattro look, tutti diversi, a cui ispirarsi per la calda stagione ormai (ufficialmente) arrivata. Per l’esattezza quelli di Giulia Torelli, una delle Closet Organizer italiane più conosciute che, in occasione del Prime Day 2021, – l’appuntamento con la convenienza che ha preso il via proprio oggi, 21 giugno -, ha selezionato una serie di capi moda dall’ampia offerta presente su amazon.it per cucire dei look ad hoc.

Quindici pezzi, tutti differenti e versatili, non inclusi nelle offerte Prime Day, ma disponibili su Amazon.it/fashion, in una sezione a lei dedicata, al prezzo scontato del 20% per tutti i clienti Prime. Per usufruirne? Basta inserire il codice GIULIAT20.

Abiti, scarpe, accessori pensati per le occasioni più disparate: dall’estate in città alle gita in campagna passando per le serate più fresche o le giornate casual. Quattro abbinamenti diversi, a cui Giulia non ha mancato di dare un nome evocativo, pronti per essere replicati da capo a piedi, approfittando dello sconto.

Unica accortezza? Non aspettare troppo. Il Prime Day, con le sue numerose offerte e la promozione speciale sui capi selezionati da Giulia Torelli, durerà solo fino alle 23.59 del 22 giugno.

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Published on June 21, 2021 03:53

La bellezza sempre più sostenibile grazie anche a Legambiente

Non c’è dubbio che il periodo che abbiamo vissuto dallo scorso marzo 2020 ci abbia insegnato come tutto ciò che amiamo fare sia inevitabilmente connesso con gli altri, ci abbia fatto
riscoprire un forte senso di comunità, vicinanza, responsabilità e ci abbia ispirato una gran voglia di prenderci cura di noi stessi e dell’altro. Ma questi lunghi mesi ci hanno anche permesso di comprendere davvero il valore della libertà e dello spazio, in cui anche un solo metro quadro può fare la differenza per sentirsi meglio con se stessi e con gli altri.

Oggi, con l’ottimismo e la fiducia della ripartenza, cresce la voglia di ricominciare a stare insieme all’aria
aperta tornando a vivere le nostre città, a partire dai parchi e dagli spazi verdi urbani.
La situazione degli spazi verdi urbani in Italia è preoccupante. Da un’interessante anteprima dell’indagine Park Litter 2021 realizzata da Legambiente, emerge come il problema dei rifiuti abbandonati purtroppo non risparmi le aree verdi urbane. Sono infatti ben 5.668 i rifiuti raccolti e catalogati in 17 parchi urbani di 15 città capoluogo di provincia (Bari, Cagliari, Catanzaro, Genova, Gorizia, Milano, Napoli, Perugia, Pescara, Pordenone, Roma, Rovigo, Torino, Trieste, Udine). Parliamo della presenza di circa 3 rifiuti ogni metro quadrato esaminato.

Si tratta di rifiuti di ogni forma e tipo, riconducibili in gran parte a prodotti “usa e getta” (piatti, posate e bicchieri di plastica ma anche cannucce, contenitori per cibo e fazzoletti) e agli “imballaggi” (bottiglie di plastiche e vetro, tappi e linguette di lattine, sacchetti di dolciumi) che rappresentano rispettivamente il 17% e il 28% del totale. A farla da padrone sono i mozziconi di sigaretta che rappresentano il 31% dei rifiuti raccolti, seguiti da bottiglie di vetro e frammenti di vetro (pari al 10,1% del totale), pezzi non identificabili di plastica (l’8,1%), articoli di carta – spesso coriandoli – (7,7%) e frammenti di carta generici (il 7,4%), tappi di bottiglia o di barattoli/linguette di lattine (7%). Il parco in cui sono stati monitorati il maggior numero di sigarette è il parco Pampanini, a Rovigo, con 529 pezzi; segue Milano, Parco Elio Vittorini, con 182 mozziconi trovati in 100 m2, Trieste, Parco Ponziana, con 140 mozziconi.
Non mancano all’appello tra i rifiuti raccolti anche i DPI, ossia i Dispositivi di Protezione Individuale: le mascherine monouso sono state rinvenute in 6 parchi su 18, mentre i guanti monouso in 1 parco su 18. I rifiuti dispersi nei parchi sono per il 58,1% di polimeri artificiali (plastiche) per un totale di 3.295 rifiuti, per il 17,7% di carta e cartone (1.006 rifiuti), per il 10,6% di vetro/ceramica (598 rifiuti) e per il 9,5% di metallo (538 rifiuti). La restante percentuale di rifiuti è composta da rifiuti in gomma, materiale organico, legno trattato, tessili, bioplastica e materiali misti e RAEE.

Oggi L’Oréal Paris e Garnier scelgono ancora una volta di rinnovare il loro impegno verso l’ambiente e di lanciare, in collaborazione con Legambiente, il progettoBellezza al Quadrato con l’obiettivo di ripulire e tutelare parchi e aree verdi urbane della nostra meravigliosa Italia.
Gli spazi di socialità e di condivisione inevitabilmente negati ci hanno fatto tornare ad apprezzarne il valore e a riscoprire l’importanza di preservare l’ambiente in cui tutti i giorni viviamo. Bellezza al Quadrato è un impegno condiviso con i propri consumatori: per ogni prodotto acquistato di L’Oréal Paris e Garnier*, da oggi fino al 30 settembre 2021, 5 m2 di verde saranno ripuliti dai volontari di Legambiente, con l’obiettivo di riportare alla bellezza fino a 1.000.000 m2 di aree verdi vicine ad ognuno di noi. Insieme possiamo fare la differenza, un metro quadro alla volta.
Sono 18 le sedi regionali e 1.000 i gruppi locali di cittadini coinvolti nelle attività di Legambiente che da oltre 40 anni condividono la sfida di un futuro più pulito e consapevole. Il loro esempio ha ispirato L’Oréal Paris e Garnier: perché la vera bellezza sta nella capacità di prendersi cura del bene di tutti essendo parte attiva di una comunità. Oggi ognuno di noi è chiamato ad essere parte del cambiamento e adottare nel proprio quotidiano comportamenti responsabili per favorire la riduzione dell’impatto ambientale delle nostre attività, la riduzione dei consumi e l’uso consapevole ed etico delle risorse naturali.

«La sostenibilità per noi è una sfida, un’opportunità, una passione. Pensiamo che sia un impegno
necessario e stimolante per tutti noi per generare, insieme ai nostri consumatori, ai nostri partner della grande distribuzione e all’intera industria della bellezza, azioni concrete per la salvaguardia del pianeta e delle nuove generazioni. La sostenibilità è un viaggio, non un punto d’arrivo. L’Oréal è la più grande realtà della bellezza in Italia e nel mondo: è entusiasmante l’impatto che possiamo avere continuando a ridurre il nostro impatto ambientale. Per farlo ci servono persone che abbiano passione ed energia per questa causa, e ci serve un approccio di estrema trasparenza nei confronti dei consumatori, per mostrare dove abbiamo già fatto grandi passi e dove dobbiamo farne ancora molti», dichiara Simone Rizzo, Direttore di marca Garnier Italia.
«L’Oréal Paris sta facendo da pioniere per offrire i migliori prodotti di bellezza ai nostri consumatori. Se la trasparenza, la sicurezza e la tutela sono fondamentali per la nostra scienza, è anche fondamentale per il marchio abbracciare la sostenibilità. Siamo impegnati a migliorare l’impatto ambientale di tutti i prodotti nuovi o rinnovati, puntando al 100% di PET riciclato per i flaconi di plastica della gamma haircare Elvive e migliorando la biodegradabilità delle formule. Alla fine del 2020, è stato utilizzato il 100% di PET riciclato per tutti i nostri 250 milioni di flaconi di shampoo e balsamo Elvive in Europa, consentendo di risparmiare l’equivalente di 7.000 tonnellate di plastica vergine. Inoltre da febbraio 2021 L’Oréal Paris ha eliminato il cellophane di plastica esterno da tutti i prodotti skincare con scatola»,  dichiara Guillaume Lesauvage, Direttore di marca L’Oréal Paris Italia.

«In questi ultimi mesi abbiamo raggiunto alcune importanti pietre miliari, come l’approvazione
di tutti i prodotti Garnier da parte di Cruelty Free International e il lancio di una linea di shampoo
solidi di Ultra Dolce che permettono di prendersi cura dei capelli in modo naturale e senza alcuna
immissione di plastica sul mercato. E vado particolarmente fiero del nostro nuovo sistema di
etichettatura trasparente che permetterà ai consumatori di fare scelte ancora più responsabili e
informate, per un consumo consapevole dei prodotti e il loro corretto smaltimento o riutilizzo»,
conclude Simone Rizzo, Direttore di marca Garnier Italia.

«Con la pandemia, abbiamo finalmente riscoperto l’importanza degli spazi verdi e dei parchi urbani vicino casa, del loro essenziale contributo al nostro benessere e a quello dell’intero ecosistema. Anche il più piccolo dei polmoni verdi è un bene comune molto prezioso e da tutelare. Ma, purtroppo, spesso questi spazi sono invasi da rifiuti e incuria, come dimostrano i dati della nostra indagine Park Litter. Per questo, con il progettoBellezza al Quadrato ci rimboccheremo le maniche per far risplendere tanti angoli delle nostre città. Un gesto concreto per restituire bellezza ai nostri spazi verdi e, al contempo, ribadire l’urgenza di investire sempre di più sull’economia circolare – la trasformazione dei rifiuti in nuove risorse – e sull’innovazione dei materiali come nel caso dei packaging in 100% plastica riciclata, una delle direzioni intraprese da L’Oréal Paris e Garnier», dichiara Giorgio Zampetti, Direttore Generale di Legambiente.

Grazie alla donazione di Bellezza al Quadrato, Legambiente, insieme a chiunque vorrà
unirsi, ripulirà centinaia di spazi verdi e parchi urbani in tutta Italia, ben 1.000.000 di m2, nel
weekend della storica campagna di “Puliamo il Mondo” il 24, 25 e 26 settembre 2021. L’Oréal Paris e Garnier hanno deciso di supportare il consumatore nelle sue scelte virtuose, attraverso lo sviluppo e l’offerta di prodotti con formule eco-progettate, packaging sostenibili grazie all’uso di plastica riciclata, fornendo chiare indicazioni sulle modalità di smaltimento e riciclo:Ultra Dolce di Garnier ha messo a disposizione tutta l’expertise per creare la sua prima linea di shampoo solido, per prendersi cura dei capelli con zero rifiuti di plastica. Formulato con il 94% di ingredienti di origine vegetale, senza conservanti, sapone e siliconi per delle formule che presentano un livello di biodegradabilità minimo del 97%, ma che arriva fino al 99% per alcuni prodotti. Da gennaio 2022 la gamma Acqua Micellare di Garnier avrà il flacone realizzato con il 100% di plastica riciclata e riciclabile. Elvive di L’Oréal Paris ha compiuto un importante passo avanti in ottica di sostenibilità grazie ai flaconi di shampoo e balsamo costituiti al 100% di plastica riciclata. L’impegno per una maggiore sostenibilità di Elvive non si ferma al packaging in quanto tutti gli stabilimenti produttivi L’Oréal, incluso quello italiano di Settimo Torinese, sono “carbon neutral”. Lo stabilimento di Settimo Torinese è anche certificato “waterloop factory”:
questo significa che il sito produttivo consuma acqua unicamente come materia prima nei
prodotti e non per altri usi. In questo modo vengono riutilizzati e quindi risparmiati più di 30.000 m3 ogni anno, pari a più di 100 piscine da 25 m.

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Published on June 21, 2021 03:14

Come fare a casa i ghiaccioli albicocche e cocco

La ricetta è quella pensata da Giulia, food blogger di Passione Cooking, per celebrare l’estate e le Albicocche Val Venosta, e in particolare la «Vinschger Marille L’originale», un’eccellenza italiana che nasce nelle mani di 120 contadini che la coltivano a un’altezza tra i 600 e i 1200 metri, protetta dalle montagne. Clima secco e sole caldo per un frutto dall’aroma intenso e dal sapore dolce-acidulo. Perfetto per l’estate (le albococche sono disponibili da metà luglio), e perfette per sposarsi con le note morbide del cocco. In più – fondamentale – la ricetta è semplice e veloce da preparare. Da mettere in frigo e tirar fuori per una merenda o un dopocena. Ecco come si fa.

GHIACCIOLI ALBICOCCHE E COCCO

Difficoltà: Bassa
Tempo di preparazione: 
25 minuti
Tempo di cottura: 10 minuti
Tempo di refrigerazione: 5 ore

 Ingredienti per 6 ghiaccioli
200 g albicocche Vinschger Marille Das Original
½ limone (succo e buccia)
30 g Zucchero
2 pizzichi di noce moscata

110 g crema di cocco
65 g yogurt naturale intero
20 g Zucchero
½ baccello di vanigliA

3 biscotti ai cereali

Preparazione
Per preparare i ghiaccioli di albicocche e cocco, lavate le albicocche, togliete il nocciolo e tagliate la polpa a cubetti di ca. 1 x 1 cm. Mettete le albicocche in un pentolino. Lavate ed asciugate il limone, grattugiate la buccia di mezzo limone ed unitela alle albicocche insieme al succo di mezzo limone e allo zucchero.

Mettete sul fuoco e portate a ebollizione mescolando, fate bollire senza coperchio per 3-4 minuti, fino ad ottenere un composto cremoso. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.

Nel frattempo mettete in una ciotolina la crema di cocco, lo yogurt, lo zucchero e i semi di mezzo baccello di vaniglia. Mescolate bene il tutto e riponete in frigo fino a quando il composto di albicocche si sarà raffreddato.

Sbriciolate i biscotti e mettete da parte.

Quando il composto di albicocche si è raffreddato, riempite gli stampi per ghiaccioli. Iniziate mettendo 2 cucchiaini del composto di albicocche, poi 2-3 cucchiaini di mix di yogurt e quindi distribuite metà dei biscotti sbriciolati negli stampi. Ripetete fino a riempire gli stampi. Mettete uno stecchino di legno al centro e riponete i vostri ghiaccioli in freezer per almeno 5 ore prima di toglierli dagli stampi.

 

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Published on June 21, 2021 03:09

Usain Bolt: sono arrivati due gemelli in famiglia

C’è chi ha subito fatto ironia. Ne manca uno solo per avere una squadra per la staffetta. Usain Bolt è diventato di nuovo papà. L’uomo più veloce del mondo, 8 volte campione olimpico e 11 volte campione del mondo, ha avuto due gemelli dalla compagna Kasi Bennett. I due sono già genitori di Olympia Lightning, nata nel giugno del 2020.

Anche questa volta Bolt si è andato leggero con i nomi. I piccoli si chiamano Saint Leo e Thunder. Il primo è il secondo nome del primatista mondiale di 100 e 200 metri, il secondo, tuono in inlgese, è di nuovo un rifermento a tuoni, fulmini e velocità che già c’è nel nome della primogenita.

L’annuncio della nascita è arrivato sui social. Nel giorno in cui in Giamaica cade la festa del papà Bolt e la ex modella trentenne hanno postato l’immagini della famiglia al completo fra canne, pizzi e merletti con i due piccoli dentro due ceste che fanno da culle. «Buona festa del papà al mio amore per sempre, sei la roccia della famiglia e il miglior papà per i nostri piccoli. Ti vogliamo un mondo di bene» ha scritto lei.

La notizia è arrivata davvero a sorpresa per gli oltre 10 milioni di fan che seguono il velocista. La nuova gravidanza non era stata annunciata in alcun modo. Dopo quattro olimpiadi consecutive per la prima volta Bolt non sarà in pista a Tokyo. Ha lasciato le competizioni quattro anni fa dopo i Mondiali di Londra 2017. Con tre figli piccoli avrà comunque occasione di correre anche a casa.

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Published on June 21, 2021 03:08

George e Charlotte di Cambridge, le nuove foto (al debutto come assistenti di papà William)

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In Gran Bretagna la Festa del papà si celebra la domenica di fine primavera, e quest’anno il 20 giugno 2021. Per l’occasione George e Charlotte di Cambridge, 7 e 6 anni, hanno fatto il loro debutto come «assistenti» di papà William. I principini, assieme al duca, hanno dato il via a una maratona di beneficenza a Sandringham, nel Norfolk. William, per il conto alla rovescia di apertura della gara, ha condiviso il microfono proprio con George e Charlotte. E i piccoli, che in passato ci avevano abituato a qualche divertente intemperanza – memorabili le linguacce di Charlotte ai fotografi durante la King’s Cup Regatta del 2019 – stavolta hanno svolto impeccabili il loro «dovere». Poi, a fine maratona, mano nella mano col padre sorridente e fiero, hanno lasciato la manifestazione. Nessuna traccia, invece, di Kate Middleton e del terzogenito Louis, che probabilmente sono rimasti a casa, nella vicina Anmer Hall.

https://twitter.com/Ian_Burt/status/1...

Per William, che oggi compie 39 anni con un grande cruccio – la rottura con suo fratello Harry  pare sempre più insabile – la giornata di puro relax in compagnia dei figli maggiori deve essere stata un toccasana. A risollevargli l’umore ci ha pensato anche Kate, che nel giorno della Festa del papà, sul profilo Instagram dei Cambridge, come ogni anno ha pubblicato un nuovo post. Stavolta si tratta di un collage animato che è un omaggio plurimo. C’è William coi suoi tre figli al Trooping the Colour 2019, William e Harry bambini in Scozia con papà Carlo, Kate Middleton nel giorno del royal wedding con padre Michael ma anche il compianto principe Filippo assieme alla regina Elisabetta e a buona parte dei loro nipotini.

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Published on June 21, 2021 03:06

Aurora Ramazzotti: «I commenti spiacevoli non mi toccano più, mi piaccio così»

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La figlia di Michelle Hunziker e di Eros Ramazzotti, Aurora Ramazzotti, è un fiume in piena quando si tratta di parlare di sé, non fa sconti e non teme di dire troppo. È candidamente se stessa, sia quando racconta di tutte le volte che ha subito «cattiverie della gente», sia quando si riferisce al modello di bellezza che incarna, quello nuovo, body positive, improntato sull’accettazione di sé. Un messaggio per il quale Aurora Ramazzotti, 24 anni, si fa porta bandiera da tempo, essendo stata lei la prima ad aver confessato sui social che diverse volte si è sentita «brutta» e fuori dai modelli canonici di bellezza. Ma poi grazie a tanto lavoro su di sé è riuscita a raggiungere una nuova consapevolezza e a piacersi per quello che è.

Oggi Aurora Ramazzotti è un esempio per molte ragazze che vogliono scardinare gli stereotipi di bellezza e riscrivere il concetto di cura di sé in termini di self-love e non per piacere ad altri o entrare in una casella. È proprio grazie all’ impegno attivo nel cambiare la percezione della bellezza che il brand made in Italy Superfluid l’ha scelta come ambassador del suo nuovo olio idratante corpo, So far so smooth, per il quale ha contribuito anche a creare il concept della campagna. In occasione del suo debutto sul mercato, il giorno del solstizio d’estate, Aurora Ramazzotti ci ha concesso in anteprima un incontro via Zoom rilevando il lato più intimo di sé.

Ha solo 24 anni come si fa a essere so young so good e ad avere una così forte consapevolezza della bellezza che non dipende da modelli standardizzati?
«Non si diventa così dal giorno alla notte, è un grande lavoro che va fatto su se stessi. La nostra società ci impone un modello irraggiungibile e sarebbe bello che questo modello non ci fosse, ma c’è, se solo sapessimo che essere umani significa essere imperfetti! Per qualche strana ragione ci piace pensarci come dei cartonati finti e mai raggiungibili, fin quando non viene il momento in cui realizzi che quel modo in cui ci concepiamo, non è mai come ci vedono gli altri. E qui comincia tutto e le strade sono due: o ti deprimi e ti fai sopraffare da questa consapevolezza, oppure inizi a lavorare e a prendere coscienza del tuo corpo. Adoro i movimenti di body positivity che sono nati in questi anni proprio perché ammiro le persone che sono in grado di accettarsi per quello che sono. Ancora oggi io non posso dire di avere questa fortuna e consapevolezza così grande perché sono cresciuta circondata da tante cattiverie, persone che mi hanno detto cose bruttissime. Tutti i giorni combatto per sradicare questi condizionamenti da dentro di me, ma devo fare piccoli passi per arrivare al punto di dire chi se ne frega, l’importante è valorizzare la salute e stare bene nel proprio corpo piuttosto che vedersi perfetti. Le persone che riescono a pensarla così, a vivere secondo i principi del movimento body positive, sono quelle che mi danno tanta forza per accettarmi di più, o quantomeno a provarci».

È stata scelta come brand ambassador per un olio corpo di Superfluid, marchio che si prende cura dell’aspetto fisico ma anche di quello mentale – ha creato il Superfluid Mental Health Fund per aiutare gli adolescenti con problemi psicologici – lei ha mai avuto momenti di debolezza, perso fiducia in se stessa e come ne è uscita?
«Ci tengo a dire che Superfluid incorpora tutti i valori io cui io stessa credo, sull’autenticità ci troviamo al 100%. Mi piace valorizzare quello che è vero, non il fittizio. Siamo cresciuti in un società in cui se non performiamo al 100%, siamo giù oppure tristi, diciamo di essere fuori forma, o in una giornata no. Anche il linguaggio è stato coniato per farci credere che dobbiamo essere al massimo, sempre. Eppure è importante capire che siamo fatti anche per avere momenti di introspezione, in cui ci sentiamo debilitati e sovrastatati da questo mondo che va a 200 km orari. Il solo fatto di considerare queste cose come debolezze è sbagliato. Sono sfaccettature di una stessa medaglia, un lato bello e uno meno bello e vanno bene entrambi. Superfluid cerca di raccontare la verità, perché il prodotto non ti fa diventare la modella che sberluccica con il vento tra i capelli, ma ti fa sentire bene nella tua pelle».

Ha parlato di acne, di eritemi, di capelli bianchi, sui social ha mostrato tutto, con coraggio, che cosa l’ha spinta a farlo con così tanta audacia e autenticità?
«Denunciare è la parola giusta. C’è stato un punto di svolta, tutto è iniziato con l’acne, devo ringraziare di averne sofferto, ora ne sono guarita. Noi tutti somatizziamo in modi diversi, a me vengono i brufoli, se non sto bene si vede in questo modo e se prendo sole peggioro. L’acne mi ha permesso di scoprirmi e conoscermi meglio, a volte la vita ci mette di fronte a piccole prove che per gli altri sono stupidaggini. Grazie all’acne ho capito che non volevo essere qualcosa che no ero. Quando ho pubblicato quella foto che dovevo mandare alla mia skin therapist, l’ho fatto perché dentro di me mi sono detta “ah che bella, peccato che non posso pubblicarla perché ho i brufoli”, poi ho pensato “ma sai che c’è, la pubblico lo stesso”. E sapevo che sarebbe stato strano per chi mi seguiva, perché fino a poco prima ero quella che i brufoli li toglieva con Facetune. Ho fatto di tutto per riconoscermi in un modello che ormai non è neanche più bello: ho sollevato gli zigomi, schiarito le occhiaie, snellito la figura, mi piallavo. Oggi, per fortuna, ci piace più vedere una cosa autentica e vera. Ma non è facile svoltare, soprattutto per chi come me è cresciuta bersagliata da cattiverie da parte di tutti. Quel giorno ho capito che non volevo più modificare nulla, al massimo la luce delle foto. Ora non uso neanche più i filtri di luce, vado sempre più verso l’autenticità. Non tutti sono forti per riuscire a combattere contro questi modelli, ma piano piano ci riusciremo».

Usa i social per comunicare messaggi forti, è una responsabilità, ma allo stesso tempo immagino che regali tanta soddisfazione, ci racconta come gestisce la community, come si sente in questo ruolo che si è ritagliata?
«Sono un po’ una influencer anormale, intanto ci ho messo molto ad accettare di chiamarmi influencer, perché tante volte anche il termine indica qualcosa in cui non mi sono mai riconosciuta. Quando aderivo a certi canoni mi sono sempre sentita diversa, mi è sempre piaciuto intrattenere, ostentare non è mai stato il mio fulcro. Il modo in cui comunico sulla mia piattaforma vorrei che facesse capire a tutti che ognuno può sentirsi adeguato a fare qualsiasi cosa, tutto quello che vuole, purché lo faccia con positività e autenticità. Anche se si comunica un’emozione triste, l’importante è che ci sia un buon fine, costruttivo, e responsabilità verso la persona che sta guardano e che potrebbe farne un uso improprio se non si dosano bene le parole. È importante essere rispettosi e consapevoli, sempre, poi si può sbagliare, ma quel che conta è che ci sia un pensiero. Un giorno puoi postare la foto con brufoli, capelli bianchi e smagliature, e quello dopo sentirti una diva, tirarti a lucido. Il bello di questo mondo è che noi siamo qui per fare delle esperienze, per testare e fare tutto quello che ci va, è tutto un gioco, non abbiamo limite, è il bello dell’esistenza umana. E possiamo farlo anche sui social ma con cognizione di causa, altrimenti non ci meritiamo di stare su questa piattaforma».

Qual è il complimento più bello che le si potrebbe fare?
«Qualcuno mi ha detto ti ringrazio perché mi hai aiutata ad avere più consapevolezza di me, oppure si è avvicinato allo sport grazie a me. Ho ancora tanto su cui lavorare e tantissimo da imparare, e vorrei essere capace di aggiungere qualcosa e non sottrarre. Se qualcuno guarda il mio profilo e si sente alleggerita, perché ha avuto una giornata pesante e io sono riuscita a strappare un sorriso, è un complimento. Non sempre si deve parlare di cose pesanti, la vita si può alleggerire. Purtroppo sono ancora vittima del sistema, e lo ammetto senza problemi, se qualcuno mi dice sei carina, mi fa piacere. Tutti i giorni ci provo a uscire dal mindset che la bellezza non è tutto, ma siamo in una società in cui l’aspetto fisico viene per tanti prima di tutto, non voglio essere schiava di questo pensiero, sto lavorando per allontanarmi, però continua a essere una parte di me. E continuo a cercare un senso di riscatto verso chi, quando stavo crescendo e ancora oggi, fa commenti spiacevoli. Come quando ho parlato del cat-calling, in quel caso tutto si è risolto con chi mi ha detto che non mi merito neppure dei fischi per strada. Poi mi rendo conto che, non si può piacere a tutti, ho visto donne strabilianti denigrate per il loro aspetto. Ecco perché amo la comunicazione di Superfluid, è autentica, non impone sovrastrutture e mi auguro che tutti i brand possano adottare questo approccio prima o poi. Penso che possa curare veramente una piaga sociale che affligge tutti, soprattutto le donne e le ragazzine cresciute con lo smartphone in mano. Ho sofferto io che non sono una digital native, ma comunque vivevo il confronto – finivo sui giornali dove scrivevano che ero brutta, poi aprivo i blog e mi mettevo a piangere – figuriamoci quanto oggi questo sistema possa agire sulla mente di una ragazzina».

L’autoironia l’ha mai aiutata a superare i commenti spiacevoli su di lei?
«Penso di essere una persona autoironica e oggi non mi interessano e non mi toccano più questi commenti, ma è la dinamica che mi infastidisce. Mi capita spessissimo che mi diano della ce***, ma non me ne frega più niente. Da ragazzina ci soffrivo, ho avuto tanti problemi, non è ho mai parlato perché non è importante, ho sofferto tanto e per molti potrebbe essere una cosa futile, una banalità. Guardando indietro, oggi sicuramente non starei così male per quello che ho vissuto, ma bisogna sempre misurasi per quello che si è, con quanto si è fragili. C’è chi mi ha detto “ma fatti una risata!” Ma io non voglio ridere, perché in certi contesti l’autoironia non serve, di fronte alla cattiveria non si deve essere autoironici. Decido io quando una casa per me è meritevole di autoironia. Se qualcosa mi fa male, voglio piangere, se il commento è fatto per colpire i mie punti deboli, è mi dicono “fatti una risata”, io non rido solo perché mi viene detto. Oggi ci si indigna un po’ per tutto, si vede la qualunque sui social e su tutto il web, però più andiamo avanti più la gente si rende conto che bisogna essere rispettosi. Siamo passati dal niente a dover rispettare tantissime cose che non conosciamo. E la questione non è che è pesante volgere un pensiero verso una diversità, è che chi non capisce o non vuole capire, non potrà mai essere rispettoso. Perché è difficile esserlo verso una cosa che non si vuole capire. Sai quante realtà io non conosco, ma sono una persona curiosa e mi affascina scoprire le diversità. E se qualcuno mi dice che una certa cosa fa male, io ci credo, anche se non la capisco perché non fa parte del mia cultura, ma se fa male a lei o a lui, questa è la più grande verità che ci possa essere».

A chi si sente inadeguata o si giudica brutta, visto che ci è passata anche lei e ora sembra in pace, che consiglio darebbe?
«Ti ringrazio per il risolta, in realtà predico bene e razzolo male. I concetti ce li ho ben chiari ma su di me è sempre difficile applicarti. Posso solo raccontare come ho gestito quello che negli anni mi ha fatto tanto male. Ero un po’ ribelle, non volevo cambiare perché me lo dicevano gli altri. Poi è entrata nella mia vita Nike, mi ha insegnato sport e disciplina, ero disorientata, tutta per aria, ero dappertutto e da nessuna parte. Mi sono curata questo male di vivere causato dalle opinioni altrui iniziando a fare sport, tantissimo sport e alimentandomi bene. Poi vedendomi meglio allo specchio le cose sono migliorate. Soffrivo tanto perché le persone avevano capito quelli che potevano essere i mei punti deboli, mi dicevano che ero grassa, che avevo la cellulite o la faccia da scorfano, che ero brutta. Per la faccia non puoi fare molto, ho imparato ad amarla, a toccarla, ad accarezzarla, ho capito che la mia pelle è la mia protezione, la mia corazza, e devo prendermene cura. Sul corpo, invece, si può fare di più, ma ci vuole impegno. Quando ho iniziato a vedermi meglio grazie allo sport, ho acquisito tantissima confidence e ho iniziato ad amarmi. Bisogna essere più gentili con se stessi, perché tendiamo a trascurarci in questo mondo dove tutto va veloce, ma non possiamo vivere una vita da automi. Bisogna lavorare per stare bene nella propria pelle, a meno che non si è del tutto disinteressati alla questione e allora è ok lo stesso. Molte ragazzine, però, soffrono perché non hanno il controllo su loro stesse. C’è chi vuole farlo per gli altri e va benissimo, ma è importante rendersi conto che dipendere dagli standard offerti dai social non paga. A volte paga più spegnere il cellulare e fare esperienze vere, scalare una montagna, toccare la terra, fare una passeggiata, trovare un vero scopo. Tutto quello che viene da lì dentro, dalla realtà che si vive attaccati a uno smartphone diventa prima o poi astratto e inesistente. A me i social piacciono. Li uso per lavorare, ma staccare è necessario per riallinearci e capire quali sono le vere priorità».

Ci racconta qual è stato il confronto che le ha fatto più male?
«Se mi ricordassi ogni cosa probabilmente non vivrei più, me ne sono successe di ogni. Quando abbiamo iniziato a usare i social, Facebook, eravamo tutti accanitissimi, mi fotografavano con mia madre, ero sempre sui giornali e andavo a vedere quello che scrivevano, ero una ragazzina, qualsiasi ragazzina lo farebbe, e le cattiverie erano inaccettabili, da lì è nata una paranoia e la convinzione in me che io non andassi bene. Mi coprivo, avevo crisi isteriche, ogni mattina mi cambiavo mille volte, ho avuto anche disturbi alimentari, quando si è ragazzini non si ha sempre la forza e la capacità di essere disciplinati per fare attività fisica e la via più facile a volte sembra avere un rapporto complicato con il cibo. Ma non è quella la strada giusta, fortunatamente la mia famiglia è sempre stata molto presente e mia madre mi ha aiutata, ne sono uscita e ho avuto il re-bound. È stato difficile, ho messo peso e l’unico modo per superare è stato iniziare ad amare il mio corpo, perché dovevo stare bene con me stessa. Ancora oggi mi dicono che sono un mostro, da ragazzina me lo dicevano anche a scuola, perché i compagni a quell’età possono essere cattivi. Solo quando ho iniziato a fare sport la situazione è cambiata perché vedermi meglio mi rendeva più forte nei confronti di quello che mi dicevano gli altri e non mi colpiva più nulla. Avere disciplina e mangiare bene, sempre, tutta la vita è un lavoro, perché non serve una dieta di due mesi e poi basta. Ci vuole tanta dedizione e molta costanza, non lo faccio per moda, lo faccio perché è l’equilibrio che mi tiene così, risolta in un certo senso, è quella cosa che mi da forza e mi fa stare bene. Adorerei svegliarmi domani e fregarmene del mio aspetto fisico e valorizzare altro, ma non riesco, è una cosa che mi definisce tantissimo e se io non sto bene con me stessa non riesco ad affrontare la giornata con la forza che necessito. Ecco perché mi affido all’attività fisica, da qualche parte bisognerà pur partire».

Quanto si allena?
«Mi alleno 4 giorni a settimana e nei due di scarico rilasso i muscoli e faccio yoga, una delle cose più fighe perché si lavora anche tanto sulla mente, ne abbiamo bisogno, ma con lo yoga è importante trovare il giusto insegnante e non ce n’è uno giusto per te, ci vuole costanza, ricerca dedizione, non ti viene regalato niente, e questo vale per tutto nella vita. Vado anche in palestra per costruire i muscoli, quest’anno ho un preparatore atletico, mi segue da 8 mesi, perché dopo il covid non mi sentivo bene, non ero più io. Dover chiedere aiuto è importante, il fatto di voler fare sempre tutto da soli non è giusto. Ho trovato in lui una persona che mi ha dato conforto in un momento in cui mi sentivo giù di morale,  mi sono messa in carreggiata e ora sono contenta».

Qual è la sua definizione di body positivity?
«Riuscire ad amarsi per quello che si è, per l’umano che siamo, la verità è che si confondono a volte il movimento di body e skin positive con il lasciarsi andare e non avere più controllo su se stessi, invece è la migliore forma di consapevolezza perché si conoscono i propri limiti e li si abbracciano. Li ami e te ne sbatti se non sono conformi a imposizioni create da noi perché siamo malati. Non so come siamo arrivati a questo, forse da quando esiste la pubblicità ci sono questi modelli, poi con i social sono stati esaltati e più noi ne parliamo, più continuiamo a renderli così radicati. È quasi trasgressivo non conformarsi ad essi, eppure la normalità dovrebbe essere la body positivity, dovrebbero insegnarcela a scuola, qualcuno dovrebbe prepararci a mettere un’armatura contro i social e il web e la tv e i media e la cattiveria della gente, per aiutarci a sviluppare la forza che è solo dentro di noi».

Che cos’ è la bellezza secondo lei?
«Bella domanda, è tutto, sono le emozioni, quello che proviamo con le persone. Veramente non so dare una definizione, la bellezza è una cosa così soggettiva, è impossibile definirla. Perché ciò che è bello per me non lo è per te. E poi non me ne frega più niente, una persona bella è una che mi comunica qualcosa, so che condivide dei valori con me e che mi può portare qualcosa piuttosto che sottratte, è una persona affine a me, un’anima consapevole e positiva».

Quali sono le donne che le fanno battere il cuore?
«Spesso me lo hanno chiesto. Sono un’amante dell’essere umano, un’osservatrice molto attenta, chiaramente ho un legame molto forte con mia madre e con le donne che mi sono attorno, adoro le donne, anche se faccio fatica a trovarne simili a me perché viviamo in un mondo molto competitivo. Non mi lego facilmente poi quando si rompe quel muro, si butta giù la barriera, per me sono tutti interessanti, non c’è nessuno che non merita di essere ascoltato. Tutte le storie per me sono belle».

Ha gesti di bellezza consapevoli che la fanno stare bene?
«Sono una persona che vive su una nuvola, un sagittario pazzo e la cura per la pelle per me oggi è essenziale, non so come ho fatto fino a un anno fa senza curarmi. Inizio con latte detergente, poi esfoliante e picchietto il siero per 5 minuti, poi passo alla crema che massaggio, tocco il viso in modo da capire se ci sono cisti che si stanno formando sotto pelle, mi ispeziono. Adoro fare piccole cose che mi facciano stare bene con me stessa. Anche il mondo in cui mi vesto è espressione di come mi sento. Sin da piccola lo era. Prima avevo difficoltà, volevo mettermi addosso un sacchetto ma forse non sarei sta contenta neanche con quello, perché non mi piacevo e pensavo che tutti mi avrebbero vista come mi vedevo io. Poi ho capito che nessuno ti vede come ti vedi tu, anche tua madre crede che su sia una donna diversa da quello che tu pensi di essere. Ecco perché è importante ogni tanto concedersi momenti con se stessi, come un bagno caldo, con musica, candele ed entrare in contatto non te stessa. E se lo fai e ti accorgi che non riesci a rilassarti, almeno hai la possibilità di capire che c’è qualcosa che non va e cerchi la soluzione per stare meglio».

 

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Published on June 21, 2021 03:00

Generazione TikTok: Ludovica Sannazzaro alias Thecastlediary

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1- Ciao! Presentati per noi!
Ciao, sono Ludovica Sannazzaro, Thecastlediary su TikTok. Ho 19 anni, sono dello scorpione, amo l’arte in tutte le sue forme, amo viaggiare e scoprire culture nuove. Sono una studentessa di Musical Theatre all’American Musical Dramatic Academy di New York e Los Angeles.

2- Come esprimi la tua creatività su TikTok?
Immagino la vita nel castello negli anni passati e cerco di ricrearla. Mostro curiosità e artefatti che trovo in giro. Mi diverto a fare le live durante le quali riesco sempre a scoprire cose nuove grazie alle domande dei miei follower, ma anche a reinterpretare scene da film o serie tv.

3- Qual è il video che ti sei più divertita a fare?
Sono due, in realtà. Fanno parte di una serie che ho chiamato «Come la gente pensa che sia la vita nel castello vs come è realmente». In uno è protagonista mio padre in abiti d’epoca; nell’altro ho coinvolto tuta la famiglia.  È stato divertente fare un video tutti insieme.


@thecastlediaryBuona fortuna a tutti quelli che hanno degli esami scolastici!! 🍀 ##castle ##italia ##foryou♬ Married Life – Michael Giacchino

4- Quali sono i tuoi effetti preferiti?
Non uso quasi mai effetti su TikTok, solo ogni tanto il greenscreen quando devo mostrare una foto particolare.

5- Musica: italiana o straniera?
La musica è musica. La amo in ogni sua espressione e riesco a trovare qualcosa di affascinante praticamente in tutti i generi.


@thecastlediaryAnd I never get my packages🎁📦 ##castle ##italia ##foryou♬ love – 🎥

6- Cosa guardi su TikTok: hai degli account preferiti?
Guardo davvero di tutto. Trovo sempre qualcosa che mi interessa. Dai video di viaggi, ai POV, a quelli comici, di fashion, di informazione.

7- Mi dai un consiglio per fare video fighi?
Divertiti. Sii te stesso al 100%. Mostra una tua passione, i tuoi hobby. Prova a creare sempre contenuti nuovi e originali. E cercate sempre una buona fonte di luce: è super importante.

8- Da dove prendi ispirazioni per i tuoi video?
Dal passato, dal presente, da ciò che mi circonda. Vivendo in un castello le idee si trovano in ogni angolo. Faccio anche dei lunghi brain-storming con la mia famiglia e i miei amici che mi aiutano tanto: senza di loro non avrei neanche cominciato.


@thecastlediaryMi è venuta fame mentre facevo questo video ##castle ##italia ##foryou♬ Mystery of Love [Instrumental] – Live – Hannah Stater

9- Una cosa che non sanno di te?
Scrivo canzoni. La prima canzone l’ho scritta all’età di quattro anni, si chiama Il fiore cresce l’amore no. Che poetessa, vero?

10- Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Broadway. Vorrei diventare un’attrice di musical, amo il mondo delle arti performative in tutte le sue forme

11- Cosa rappresenta per te TikTok?
Condivisione: in un momento come questo in cui conoscere persone e condividere è difficile, TikTok per me è stato un ottimo mezzo. È anche espressione dato che riesco a esprimermi al 100% mischiando la storia della mia famiglia con la mia creatività.

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Published on June 21, 2021 02:54

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Csaba Dalla Zorza
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