Csaba Dalla Zorza's Blog, page 1481
June 17, 2021
Uefa Euro 2020: come sfruttare la tecnologia (e Alexa) per sapere tutto su calendario e risultati delle partite
Uefa Euro 2020 è entrato nel clou: ogni giorno una partita e, se quelle dell’Italia restano imperdibili, ogni match del campionato europeo può risultare decisivo anche per noi. Insomma: tenersi aggiornati è sempre utile, anche per avere sempre qualcosa di nuovo da dire durante le discussioni del momento, tutte – ovviamente – improntate sul calcio. Per questo la tecnologia può essere un valido aiuto. Per esempio, avete pensato a come sfruttare Alexa in modo furbo?
L’assistente virtuale di Amazon può rivelarsi il miglior modo per non perdere nemmeno un colpo, e tutto senza fatica: non bisogna digitare nulla, semplicemente fare una domanda ad alta voce per ascoltare la risposta.
Possiamo chiederle di tutto. Tanto per cominciare, per non dimenticare le partite importanti possiamo domandare «Alexa, imposta un promemoria per la prossima partita dell’Italia» e il device imposta in automatico un memo che, 5 minuti prima del calcio di inizio, ci ricorda che è il momento di accomodarsi sul divano e entrare nel mood del tifo. Volete sapere chi gioca durante la giornata? Chiedetele semplicemente «Alexa, chi gioca oggi negli Europei?» e vi dirà il calendario ora per ora. Se poi non riuscite a seguire i match nessun problema: Alexa conosce i punteggi in tempo reale e tutte le notizie rilevanti su Uefa Euro 2020. Mettetela alla prova, per esempio domandando «Alexa, qual è il punteggio di Italia Svizzera?» oppure «Alexa, qual è l’ultimo aggiornamento degli Europei?».
Anche Alexa, poi, come ogni italiano medio, si sente un po’ un allenatore: mettetela alla prova dicendo «Alexa, commenta l’Italia» e vi dirà cosa ne pensa delle partite e assegnerà un punteggio per ogni giocatore. Anche per gli Europei, inoltre, con Alexa ci si può divertire con dei quiz, ogni giorno uno diverso: dicendo «Alexa, giochiamo al quiz degli Europei di calcio» ci si può sfidare con parenti e amici e competere in una sfida europea, perché il punteggio contribuirà alla classifica generale della nazionale. Infine, da provare c’è anche un curioso test della personalità: domandate «Alexa, che giocatore sono?» e vi abbinerà a uno dei campioni della nostra squadra.
LEGGI ANCHEAmazon: il Prime Day sta arrivandoJack Savoretti: «La mia lettera d’amore all’Europa»
Jack Savoretti ha paura a dirlo ad alta voce, ma questo anno e mezzo è stato per lui uno dei periodi più preziosi della sua vita perché, oltre a vivere più da vicino sua moglie, i tre figli e i tre cani, ha avuto modo di riflettere sulla sua musica e capire in che direzione volesse andare. «Stare a casa con la mia famiglia per un periodo così lungo è stato un gift» spiega Savoretti in collegamento su Zoom, tra un anglicismo e un altro. Ci saremmo dovuti vedere a Portofino, la città che più ha nel cuore e dalla quale ha registrato due meravigliosi brani al pianoforte alle prime luci del tramonto, invece, per presentare Europiana, il suo ultimo album, il primo dopo la pandemia, ci diamo un appuntamento virtuale. «In questo periodo ho capito che essere presenti vale più di qualsiasi cosa» riprende Jack che, grazie a Europiana, ha scritto una lunga lettera d’amore alla musica europea degli ultimi cinquant’anni. «Non credo che lo avrei mai fatto se non fosse stato per l’anno che abbiamo vissuto» riprende Savoretti che, durante il lockdown, ha cercato di viaggiare chiudendo gli occhi, cercando di «dare una colonna sonora alla vacanza che non potevo avere».
https://www.youtube.com/watch?v=dE3kb...Nonostante viva a Londra e lo sguardo dell’Inghilterra, specie dopo la Brexit, nei confronti dell’Europa sia profondamente cambiato, Savoretti spiega che «culturalmente siamo legati», ed è proprio questo che l’artista si è impegnato a celebrare con questo album un po’ vintage ma estremamente romantico, ricco di speranza e impreziosito dal coro dei bambini che per lui sono l’antidoto alle parole aggressive che in questi mesi sono arrivate nelle case di tutto il mondo grazie alla televisione. Anticipato dal singolo Who’s Hurting Who, Europiana, che arriva il 25 giugno, a due anni dal successo di Singing to strangers, è un album che vuole far ballare, sorridere e ricordare. Il titolo è, infatti, utilizzato dall’artista proprio per racchiudere e raccontare l’eleganza e lo stile romantico europeo, in particolare quello di Italia e Francia degli anni Sessanta e Settanta, e non è un caso che Savoretti abbia scelto di far partire il suo prossimo tour dal vivo, l’Europiana Live nel 2022, proprio dall’Italia. «I miei ultimi due tour sono partiti dall’Italia: sentire il calore del pubblico italiano è qualcosa di incredibile. In Italia mi hanno sbattuto tantissime porte in faccia: non riuscivo a capire perché nessuno aveva voglia di darmi spazio».
[image error]Jack Savoretti illumina Portofino[image error]Jack Savoretti illumina Portofino[image error]Jack Savoretti illumina Portofino[image error]Jack Savoretti illumina Portofino[image error]Jack Savoretti illumina Portofino[image error]Jack Savoretti illumina PortofinoIl legame con il nostro paese, d’altronde, ha origini antiche, e risale a quando Jack fu battezzato a Portofino, l’unica città al mondo che sente come casa sua: «Durante la guerra, mia nonna è finita su un monte, mentre mio nonno, che era il capo dei partigiani, si era rifugiato in una caverna poco distante per dare agli inglesi il segnale su dove erano posizionati i tedeschi. I miei nonni, pur senza conoscersi ancora, hanno trascorso la guerra vicinissimi. Più viaggio, e più mi accorgo che Portofino è un gioiellino». Le 11 tracce di Europiana, che ha coinvolto nel coro di 3 brani anche la moglie e i figli, invece, Jack Savoretti le ha registrate negli studi di Abbey Road insieme alla sua band storica. «Avevamo l’opportunità di farlo virtualmente, ma ero abbastanza testardo: temevo che l’album potesse sembrare un’imitazione, invece per me si trattava di perpetuare. All’inizio non ero convinto che fossimo nello stato mentale giusto, ma quando ho parlato con la band l’ho vista subito carica: non l’ho mai visto suonare così, è stato come liberare degli animali nel loro ambiente naturale».
Grazie a brani come Dancing In The Living Room, che racconta le notti in cui si torna a casa dalle persone più care dopo una serata fuori; Each and Every Moment, una canzone che invita ad abbandonarsi alle emozioni e a godere appieno di ogni momento; e Calling Me Back To You, realizzata insieme a Gizmo Varillas, Jack Savoretti compone uno dei suoi album più riusciti e suggestivi, capace di toccare corde emozionali che, dalla nostalgia alla scoperta delle radici, cercano un nuovo modo per ripartire e guardare al futuro con più ottimismo. Esattamente quello di cui abbiamo più bisogno in questo momento.
LEGGI ANCHEJack Savoretti: «Mai seguire le regole scritte dagli altri»LEGGI ANCHEWritten in Scars, Jack Savoretti: «La musica non è competizione»Ripartire in bellezza sostenendo l’esperienza di acquisto nelle profumerie
Negli ultimi due anni il settore della cosmetica ha visto un calo delle vendite del 23% (Fonte NPD
2020). Questa situazione ha cambiato inevitabilmente l’esperienza d’acquisto, colpendo il lavoro
di 2500 imprenditori e di 12000 dipendenti. I dati degli ultimi due anni parlano di quanto la pandemia abbia avuto un impatto devastante sulle donne, sgretolando le loro relazioni sociali, familiari e la percezione di sé stesse. Parte il 5 Luglio 2021 la prima campagna voluta dalle grandi marche di L’Oréal Luxe con la grande missione di sostenere i lavoratori della bellezza.
Le donne hanno dovuto gestire un carico enorme dal punto di vista familiare, professionale e psicologico, per questo sentono la necessità di ricominciare a credere in sé stesse. La bellezza è molto di più della semplice apparenza e oggi più che mai ne sono tutti più consapevoli. La bellezza ci dà fiducia in noi stessi, in quello che vogliamo essere e nella nostra relazione con gli altri e la cosmetica resta comunque connessa con lo sviluppo dell’autostima e del benessere personale e dimostra quanto le donne abbiano voglia di tornare a rivivere le emozioni legate ai gesti beauty.
L’emozione in profumeria, la consulenza esperta, l’empatia che si crea al momento della selezione
e della prova resta comunque una parte integrante dell’esperienza d’acquisto.
Secondo i dati raccolti da Mintel, società di ricerche di mercato, sui Global Beauty and Personal Care Trends del 2021, il 55% delle consumatrici infatti desidera tornare a provare i prodotti di
persona e il 34% dichiara di amare l’esperienza in negozio, perché le permette di provare qualcosa
di nuovo (Fonte Lattanzio Studies & Research KIBS). Per il 71% dei consumatori i negozi restano il canale d’acquisto preferito e per il 40% degli italiani il consiglio degli esperti di bellezza resta la motivazione più affidabile .
«Era importante per noi regalare alle donne un momento esclusivo, in un luogo ricco di attenzioni e di consigli esperti, aiutando il canale profumeria e tutte le persone che vi lavorano a tornare alla normalità», dichiara Luca Guillot Boschetti – General Manager L’Oréal Luxe Italia.
Grazie alla campagna Ripartiamo in Bellezza tutti coloro che entreranno in Profumeria (dal 5 al 31
Luglio) potranno godere di una consulenza gratuita e di servizi privilegiati. Per sottolineare l’importanza della generosità i consumatori riceveranno una giftbox composta da mini-taglie di tutti i grandi marchi di L’Oréal Luxe.
Proprio per dare un aiuto concreto alle donne più fragili, acquistando €89 di prodotti delle Grandi
Marche L’Oréal Luxe, sarà possibile ricevere in omaggio la Maxi Borsa Estate made in Italy,
realizzata dalle donne dell’impresa Quid, selezionata tra le aziende più rappresentative del
panorama italiano in tema sostenibilità e inclusione.
Quid è un’impresa sociale fondata a Verona nel 2013 che offre opportunità professionali a coloro
che vivono in circostanze di fragilità, con particolare attenzione alle donne. Grazie al proprio brand
di moda etica e sostenibile Made in Italy, nascono collezioni ethically made da tessuti di eccedenza
e fine-serie di grandi marchi recuperate su tutto il territorio nazionale.
«Durante la pandemia l’Italia è stato uno dei paesi più colpiti. La vita è cambiata completamente,
le preoccupazioni più grandi riguardavano la salute e il futuro e abbiamo dovuto chiudere
temporaneamente i nostri 9 negozi, con conseguenti e consistenti perdite in termini economici.
Molte delle persone che lavorano con noi sono le uniche a mantenere la propria famiglia e nei
momenti più duri abbiamo temuto di chiudere l’azienda. Non abbiamo mai perso la speranza di creare qualcosa che ci aiutasse ad andare avanti, quindi il nostro team ha lavorato senza sosta per riconvertire parte della produzione, sviluppando un tipo di mascherina riutilizzabile che è diventato in poco tempo un dispositivo medico di tipo 1. Per la bellissima campagna Ripartiamo in Bellezza hanno lavorato 30 persone per 240 ore e la creazione dell’originale borsa mare ci ha permesso di recuperare 20.000 metri di tessuto, riuscendo a ripartire con tanta energia», Anna Fiscale, Fondatrice e Presidente di Quid.
La bellezza è una forza potente che ci muove. Insieme continueremo a scrivere una storia che
aiuterà le donne a ritrovare la loro femminilità celebrando la rinascita del settore. A sostenere questo progetto sui social due volti d’eccezione, la beauty influencer ClioMakeUp e la cantante Noemi.
L’elenco completo delle profumerie che aderiscono alla campagna Ripartiamo in Bellezza è
disponibile su www.festadellaprofumeria.it #ripartiamoinbellezza
June 16, 2021
Zara Tindall neomamma e gli altri reali ad Ascot 2021 (grande assente: la regina)
Che il Royal Ascott fosse un’occasione irrinunciabile per i reali inglesi lo dimostra la prima apparizione pubblica di Zara Phillips e Mike Tindall dopo la nascita, solo tre mesi fa, del terzogenito Lucas. Nonostante sia appena diventata mamma, la nipote della regina Elisabetta ha voluto unirsi agli altri membri della Royal family per inaugurare il torneo ippico più glamour e atteso della Gran Bretagna. Ed è apparsa particolarmente di buonumore, così come gli altri reali che hanno sfilato alla kermesse: oltre a sua madre, la principessa Anna, che ha sfoggiato una mascherina con fantini e cavallerizzi, c’erano il principe Carlo accompagnato dalla consorte Camilla, il principe Edoardo e Sophie Wessex (vedete gallery in alto).
Grande assente Elisabetta II (così come Kate Middleton). L’anno scorso il Royal Ascot, per la prima volta in 309 anni di storia, causa Covid si era svolta a porte chiuse. E la sovrana si era dovuta accontentare di seguirlo in tv. Quest’anno si è tornati alle corse in presenza (a causa delle restrizioni sanitarie la kermesse ha però concesso i biglietti solo a 12 mila fortunati) ma si è ripartiti senza Sua Maestà che, per tradizione, «apriva le danze» con la sfilata in carrozza. The Queen, tuttavia, è attesa per i prossimi giorni. «La regina è una fanatica delle corse» ha detto alla Bbc Lord Porchey, storico responsabile delle scuderie della sovrana. Al momento l’idea è di vedere come vanno le gare e verso la fine della settimana, se la regina sarà in grado di venire… finger crossed, la vedremo». Senza corteo in landò dei Windsor e senza il contorno cerimoniale che attrarrebbe folle, sconsigliato in tempi di pandemia.
LEGGI ANCHEKate Middleton, che in privato chiama il principe Carlo «nonno»LEGGI ANCHEHarry e Meghan Markle, più business che polemiche: caccia al guru degli affariLEGGI ANCHE«L'intervista bomba di Lady Diana estorta con l’inganno? Una storia horror»
Il mix di vaccini servirà a evitare almeno casi 15 trombosi. Lo sostiene Sergio Abrignani, immunologo del Cts
Mix di vaccini, richiamo eterologo o come lo si voglia chiamare. Da qualche giorno chi ha meno di 60 anni e ha ricevuto una prima dose di vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) dovrà obbligatoriamente ricevere un richiamo con un altro vaccino a mRna, Pfizer o Moderna in attesa dello statunitense Novavax, che potrebbe arrivare prima del previsto, e del tedesco CureVac, atteso per agosto. Una scelta assunta da Cts e ministero della Salute a cui si è allineata anche l’Agenzia italiana del farmaco solo ex post, sollevando molti dubbi anche in termini legislativi, e che alcune regioni faticano ad assecondare. Il quadro che si creerà sarà in effetti contraddittorio: alla fine dell’estate avremo lottato all’ultima dose con le forniture di Pfizer e Moderna e al contempo ci ritroveremo con milioni di fiale inutilizzate di AstraZeneca e Johnson & Johnson.
Oggi Sergio Abrignani, immunologo e componente del Cts, ha spiegato al Corriere della Sera di essere soddisfatto dei suggerimenti del Comitato tecnico-scientifico (destinato a sopravvivere, insieme allo stato d’emergenza, anche dopo il 31 luglio). E si è detto convinto che il richiamo con vaccino a mRna, e il divieto di somministrazione sotto i 60 anni delle prime dosi, eviterà «almeno una quindicina di trombosi da vaccino considerando che le dosi sarebbero andate a una decina di milioni di persone».
Di studi scientifici non ce ne sono poi molti sul tema, e tutti su gruppi di volontari piuttosto ridotti, ma quelli che ci sono (come quello spagnolo CombivacS su 663 persone) segnalano una forte risposta immunitaria e anche un lieve aumento degli effetti collaterali lievi. Eppure questo genere di pratica, spiega Abrignani, è usuale anche «per i vaccini contro l’epatite B, il meningococco C e per l’antinfluenzale che ripetiamo ad ogni stagione, come fossero tanti richiami. Accade normalmente che il tipo di vaccino venga cambiato senza aver fatto studi registrativi di fase 3, sull’uomo, delle combinazioni ma solo per il singolo richiamo. Nel corso degli anni le tecnologie sono cambiate eppure abbiamo continuato a utilizzare il mix che funziona sul piano della copertura e della risposta anticorpale. Principi di base della vaccinologia».
L’esperto ricorda che questo mix è utilizzato anche in Germania, Canada, Francia, Svezia, Spagna, Norvegia e Finlandia: «Le evidenze di sicurezza ed efficacia sono state riaffermate da studi che riportano i dati raccolti su diverse centinaia di persone. Confermano quello che ci aspettavamo e cioè che il mix è piu potente a parità di sicurezza» ha spiegato l’immunologo della Statale di Milano e direttore scientifico dell’Istituto nazionale di genetica molecolare.
Eppure i vaccini a vettore adenovirale rimangono efficaci: «Non è giustificato condannarli, sono efficaci e sono serviti al Regno Unito per passare da 1.500 morti al giorno a poche unità – aggiunge Abrignani al Corriere – prevengono del 70% le forme lievi di malattia (un po’ meno del 90% dei vaccini a Rna) e il 95-98% delle forme gravi, esattamente come Pfizer e Moderna». I casi di trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino, in Gran Bretagna, sono stati uno ogni 70-100mila somministrazioni con la prima dose e uno su 600mila con la seconda. Mentre per Johnson & Johnson abbiamo meno informazioni ma secondo i dati statunitensi di metà maggio si parla di 30 casi su 9,6 milioni di vaccinati, tre per ogni milione. In Italia su 1,1 milioni di vaccinati ne sono registrati tre.
«Queste trombosi inizialmente determinavano una mortalità fra il 20 e il 30% che però oggi è scesa di molto perché ne abbiamo capito il meccanismo dipendente da risposta immunitaria abnorme. Le curiamo da subito con immunoglobuline endovena e cortisone. Questi fenomeni si concentrano tra 18 e 55 anni, soprattutto sulle donne e sono dovuti a meccanismi di autoimmunità non ancora ben compresi». Il problema dovrebbe ora essere del tutto eliminato col divieto di prima dose e di richiamo sotto i 60 anni. Anche se per i medici di base la scelta dovrebbe essere lasciata a chi conosce nel dettaglio le condizioni dei pazienti.
«Già ne stavamo discutendo, non siamo stati condizionati da questa storia così dolorosa – chiude Abrignani sulla decisione assunta sulla seconda dose e il decesso, ancora da chiarire nel dettaglio, della 18enne Camilla Canepa – ora lo scenario epidemiologico è migliorato. Nelle ultime settimane siamo passati da 150-200 casi su 100 mila abitanti per settimana a 20-30 casi e quindi il rapporto rischio beneficio per fasce di età delle vaccinazioni con vaccini a base di vettori virali è cambiato. Inoltre, abbiamo alternative più sicure costituite da Pfizer e Moderna che oggi non presentano problemi di approvvigionamento. Quindi, seguendo il principio della massima cautela abbiamo suggerito di non correre un rischio bassissimo ma esistente per la popolazione fra 18 e 55 anni».
LEGGI ANCHEAstraZeneca, possibile il richiamo con un altro vaccino a mRnaLEGGI ANCHEVaccini, rischio di decesso ridotto del 95% a 35 giorni dalla prima doseLe 5 summer romance che (forse) non ti aspettavi – parte 2
Ok, l’estate è universalmente considerata la stagione dell’amore e sappiamo tutti cosa significa: le coppie di celebs, soprattutto quelle sbocciate in primavera, escono allo scoperto e si sentono pronte a vivere la loro storia alla luce del sole. È vero, questa prima metà del 2021 ci ha riservato dei break up improvvisi: Liam Payne e Maya Henry (a un passo dalle nozze), Kim Kardashian e Kanye West (divorzio dopo 6 anni di matrimonio), Zac Efron e Vanessa Valladares (dopo che lui si era pure trasferito in Australia per lei). Ma si sa, per ogni relazione che muore, ce n’è sempre un’altra che nasce (o che ritorna). Di chi stiamo parlando? Ecco le 5 summer romance che (forse) non ti aspettavi:
IRINA SHAYK E KANYE WEST
https://twitter.com/implacata/status/...Prima erano solo voci, poi sono arrivate le foto della loro fuga romantica in Provenza per festeggiare i 44 anni di lui (anche l’ex Kim Kardashian gli ha fatto gli auguri su Instagram) e quando il gossip ha preso forma abbiamo eletto Kanye West e Irina Shayk come la coppia più improbabile dell’estate 2021. Nessuno li avrebbe mai associati insieme. È vero, si conoscono e collaborano da più di 10 anni, lui non ha mai nascosto l’ammirazione per lei e ora sono entrambi single. Arriveranno insieme anche a Natale o parliamo del classico fuoco di paglia? Lo scopriremo presto.
CAMILA MENDES E CHARLES MELTON
Uno dei ritorni di fiamma più attesi e sperati dai fan di Riverdale. La passione tra gli attori era scoppiata proprio sul set nel 2018, ma i due erano durati appena un anno e qualche mese. Nel frattempo, lei si è messa con il fotografo Grayson Vaughan ma la relazione è naufragata a inizio 2020 (pare proprio per i troppi impegni legati alla serie tv). Fatto sta che, da alcuni post su ig, ci eravamo subito accorti dell’avvicinamento tra Camila Mendes e Charles Melton: prima una giornata al museo, poi una passeggiata tra i monti del Canada, in fine un tête à tête per cena… l’amore è nell’aria e noi non vediamo l’ora di vederli insieme anche sotto l’ombrellone.
JENNIFER LOPEZ E BEN AFFLECK
https://twitter.com/therealengie/stat...Il classico piatto di minestra riscaldata che mangeresti anche se fuori ci fossero 40 gradi all’ombra. Jennifer Lopez e Ben Affleck (aka i Bennifer) sono tornati insieme 17 anni dopo la fine della loro turbolentissima relazione nata sul set di Tough Love e finita nel 2004, anno in cui la coppia si sarebbe dovuta sposare. Oggi hanno entrambi due matrimoni alle spalle (lui con Jennifer Garner e lei con Marc Anthony) e sono freschi di break up (lui con la collega Ana De Armas, lei ha annullato il matrimonio con Alex Rodriguez). Dopo un weekend in montagna, sono stati paparazzati diverse volte in atteggiamenti intimi e la mamma di JLo è stata vista sul set del prossimo progetto dell’attore. Voci di corridoio dicono che la popstar stia pensando di lasciare Miami per trasferirsi a Los Angeles e stargli più vicina. Se sono davvero rose, fioriranno. No?
LENA DUNHAM E LUIS FELBER
Nei primi mesi del 2021, aveva scritto un tweet in cui annunciava di aver smesso di credere nell’amore (e agli uomini). L’estate è alle porte e oggi, invece, Lena Dunham è più in love che mai. Ci ha appena presentato il suo nuovo fidanzato su Instagram con un post in cui gli augura buon compleanno. Lui è il musicista inglese di origini peruviane Luis Felber: ha 32 anni e il suo nome d’arte è Attawalpa “dal nome del re Inca Atahualpa”, suo secondo nome. Sempre su Twitter, lei lo ha descritto come il partner perfetto: ha raccontato che quando sta male lui le cucina la pasta, porta a spasso i cani e le scrive canzoni. Il messaggio è passato forte e chiaro: i miracoli esistono, ma bisogna crederci.
https://twitter.com/lenadunham/status...HENRY CAVILL E NATALIE VISCUSO
Un paio di mesi fa, il nostro Sherlock Holmes preferito (a proposito, ci sarà anche in Enola 2) era stato paparazzato mano per la mano con una donna. Settimane dopo, lui aveva deciso di ufficializzare da sé la relazione con Natalie Viscuso, che nella vita fa la produttrice a Hollywood. Poi, il nulla. In questi ultimi giorni mi ero proprio chiesta che fine avessero fatto e lui ha risposto alla mia domanda pubblicando una foto insieme. Nel post su Instagram, l’attore ha dovuto difendere la fidanzata dagli haters e ha chiesto ai fan di rispettare la sua vita privata e, soprattutto, di non rilasciare critiche e commenti negativi sulla loro relazione. Insomma, la primavera ha fatto sbocciare questo amore che, a dispetto delle malelingue, secondo me durerà tutto l’anno.
LEGGI ANCHELe 5 summer romance che (forse) non ti aspettavi - Parte 1Un sorso di montagna, anche in città
La sensibilità nei confronti delle questioni ambientali è finalmente cambiata e il cambiamento è già iniziato. Ma l’unica strada per generare un impatto positivo è unire le forze, perché prendersi cura del pianeta diventa più facile se ciascuno di noi si impegna in prima persona.
Tra le aziende più attente alla transizione verso un mondo più sostenibile, Levissima è stata la prima a introdurre sul mercato una bottiglia realizzata con il 100% di plastica riciclata (R-Pet). Per il brand del gruppo Sanpellegrino, il riciclo non è solo un processo industriale, ma un concetto di sensibilizzazione che si lega al progetto Regeneration, il piano di sostenibilità con cui l’azienda coinvolge le persone in un percorso di consumo responsabile e di tutela dell’ambiente, a partire dall’educazione al corretto riciclo: trattata adeguatamente, infatti, la plastica non è un rifiuto ma una risorsa da cui possono nascere nuove bottiglie oppure oggetti utili per la comunità.
Perseguendo l’obiettivo di promuovere stili di vita sostenibili, Levissima ha deciso di portare «la montagna in città» con un innovativo concetto di rigenerazione: Levissima Natura, una bevanda unica che nasce dall’incontro della purezza dell’acqua minerale con ingredienti 100% naturali per rigenerarsi con il gusto delle erbe, fiori e dei frutti che crescono in quota immersi nella natura incontaminata.
Levissima Natura risponde alle esigenze di chi desidera per il proprio benessere prodotti naturali, con poche calorie, pieni di gusto e piacere, attraverso esperienze gratificanti ma senza scendere a compromessi; diventando parte irrinunciabile di una dieta varia ed equilibrata e uno stile di vita sano. Una rigenerazione che non è solo l’effetto di un’acqua capace di farci sentire a ogni sorso la purezza e la forza della natura ma è anche qualcosa di più: un atteggiamento sempre più attento alle tematiche green che si declina in iniziative di sostenibilità come la tutela dei ghiacciai, la gestione responsabile dell’acqua, il rispetto della biodiversità e la ricerca di innovazioni per la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti, degli imballaggi e dei sistemi produttivi. Tanti obiettivi che il brand vuole trasformare in nuove conquiste.
Con Levissima Natura, l’iconica ed evocativa montagna innevata che compare nelle etichette delle bottiglie trova una nuova espressione del gusto. L’infusione a freddo degli ingredienti (fiori, frutta e foglie di tè) è un processo lento e ricercato, che ne mantiene inalterate le caratteristiche distintive, donando un gusto unico ed esaltando le piacevoli note aromatiche, fresche e naturali: permette di apprezzarne anche i sentori più delicati, ottenendo una percezione al palato vivace, rotonda e rigenerante.
I tre gusti di Levissima Natura infusa a freddo sono Mela e Erbe di Montagna, Tè Bianco e fiori di sambuco, Tè verde di montagna e fiori di tiglio. Levissima Natura Mela e Erbe di Montagna sprigiona un avvolgente profumo di mela accompagnato da un delicato sentore floreale. Un gusto piacevolmente dolce, esaltato dalle note intense della mela. Levissima Natura tè Bianco e fiori di sambuco regala un piacevole aroma di sambuco seguito da sfumate note di tè bianco: un perfetto equilibrio gustativo e una struttura bilanciata. Dal gusto deciso e caratteristico, il sapore è dolce accompagnato da una prevalente nota di freschezza tipica dei fiori di sambuco. Levissima Natura tè verde di montagna e fiori di tiglio ha un profumo netto e fresco, ricco di intensi e finissimi aromi di tè verde e fiori di tiglio. Dal sapore morbido, ha una struttura equilibrata, che termina con una piacevole persistenza dolce su sfumate note floreali.
Coniugando gusto, leggerezza e naturalità, Levissima Natura infusa a freddo è espressione di profonda attenzione alla qualità e all’innovazione di Levissima. In formato unico da 480 millilitri, la bottiglia è riciclabile e può essere rigenerata in nuove bottiglie e in soluzioni innovative. Levissima Natura è dedicata anche a tutti coloro che conducono una vita particolarmente attiva e dinamica – la cui giornata è scandita da numerosi impegni professionali, sociali o sportivi – rigenerando e restituendo loro ciò che la vita quotidiana consuma, concedendo una pausa di gusto per un’idratazione sorprendente e innovativa.
Ma per assaporare la montagna anche in città, il gusto non è sufficiente. A testimonianza del suo impegno verso il benessere ambientale Levissima si è «appropriata» fino al 15 luglio di un wall a Milano, in corso Garibaldi 71 (Brera District), sul quale un team di writer ha realizzato in due settimane un’opera innovativa della dimensione di 80 metri quadrati utilizzando una vernice speciale che assorbe lo smog. Il murale Levissima Natura sarà come un polmone di mille colori che, «respirando», riuscirà a trattenere le sostanze nocive come l’ossido e il biossido di azoto contribuendo a ridurre l’inquinamento al pari di 43 metri quadrati di foresta.
La street art sale dunque un ulteriore gradino nel campo dell’ambiente, passando dal denunciare la situazione del nostro pianeta, soffocato dall’inquinamento, al compiere un’azione concreta per la sua salvaguardia. Pensato appositamente per il lancio della nuova linea Levissima, quest’opera unisce perfettamente il forte impatto visivo con un impegno teso a promuovere stili di vita sostenibili. Perché proteggere l’ambiente dipende soprattutto dalle nostre scelte.
Da Naomi Campbell a Nicole Kidman: all’asta (charity) gli abiti firmati L’Wren Scott
L’abito di paillettes indossato da Nicole Kidman agli Oscar del 2013, il midi-dress dalla fantasia a righe sfoggiato da Sarah Jessica Parker nel 2012 a New York, il dress di piume di Naomi Campbell e, ancora, le giacche, tempestate di dettagli luminosi, create in esclusiva per il suo Mick Jagger.
Questi sono solo alcuni dei pezzi che costellano la generosa collezione, oggi all’asta da Christie’s, di L’Wren Scott, modella e designer, nonché compagna di vita del celebre cantante dei Rolling Stones. L’asta, aperta fino al 1 luglio, comprende 55 capi, realizzati dalla designer tra il 2006 e il 2014. Un’occasione, questa, nata per omaggiare la creativa, morta suicida nel 2014, ma non solo. Tutti i proventi delle vendite saranno infatti destinati a finanziare la L’Wren Scott MA Fashion Scholarship al Central Saint Martins, UAL, una borsa di studio istituita in memoria di L’Wren dallo stesso Mick Jagger nel 2015 per supportare, ogni anno, il percorso di studi di uno studente presso la prestigiosa scuola di moda.
A spiccare, tra le proposte, abiti sinuosi, dal piglio classico e senza tempo, tipico della cifra stilistica della stilista che ha vestito celeb del calibro di Penelope Cruz, Nicole Kidman, Madonna, Isla Fisher, Sarah Jessica Parker, Amy Adams, Naomi Campbell solo per citarne alcune.
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Il compagno
di Agostino Bimbo
Il primo che ho visto stanotte è stato tuo fratello Guido. C’era altra gente intorno a noi, non so dirti quanta; decine di facce sudate a sbraitarci addosso, facce che non saprei distinguere se le incontrassi ora per strada, e mani incollate al tuo petto, a strattonarti. Ma Guido è stato il primo che ho riconosciuto: ce l’ho in testa mentre corre in camera nostra; nemmeno mi saluta ed è già di là ad aprire gli armadi, i nostri cassetti. Lo vedo agitarsi sullo sfondo; deve cercarti qualcosa di decente, ripete fra sé, una giacca qualsiasi, una camicia – immaginati la sua bocca arricciata mentre fruga fra le mensole, Edo, mentre butta all’aria le tue t-shirt di Vasco e bestemmia –, qualcosa con cui vai a lavoro, urla. Spiegami tu cosa avrei dovuto fare. Sono rimasto con te e ho lasciato perdere lui – dimmi che sono stato bravo, almeno; per una volta mi sono messo da parte. Potevo prenderlo e abbaiargli due o tre cose che ho in gola da una ventina d’anni ma sono rimasto a guardarti, non sono andato a fermarlo; sono rimasto come un idiota vicino all’infermiere a ripetere a vuoto il tuo nome.
Stamattina invece c’eravamo solo io e te; e tuo padre Ernesto, rannicchiato su una sedia a strofinarsi le mani. Due, forse tre ore così. Alle sette in punto si è affacciato Dino Lucchesi – te lo ricorderai di certo, Edo –, il collega della Piaggio che si era travestito da donna alla festa di pensionamento di tuo padre: era venuto per lui ma non è stato capace di andarlo ad abbracciare, solo un’occhiata afflitta alla chiesa quasi vuota ed è uscito scuotendo la testa. Verso le otto è arrivata Giorgia; Francesca Fanti poco dopo, e quelle altre tue cugine che non vedevo da una vita. Sono rimaste accanto a Ernesto per dieci minuti, a bisbigliargli nell’orecchio fitte fitte con le frangette anni Ottanta che sobbalzavano, a rincuorare il loro zietto vedovo prima di accompagnare i bimbi a scuola. Francesca mi ha fatto un cenno severo col capo, come a dire: lo so.
Alfredo e Massimo sono arrivati appena hanno potuto. Mi sento stringere il collo – Edo, puoi immaginare – e Alfredo che mi abbraccia forte da dietro, mi ripete nell’orecchio: «Siamo qui… Siamo qui…» e singhiozza; non mi fa respirare. Gli bagno la camicia e provo a tirarlo via con le unghie, che mi deve lasciare stare, cristo, che mi soffoca e che non serve a niente, ormai. Ma lui continua: «Lo sai… Siamo qui…»; grida, con Max che gli tiene ferma la testa sudata. E intorno gente del paese, centinaia di volti attoniti che si accalcano ogni minuto che passa. Ed Ernesto che se ne sta lì con gli occhi gonfi, seduto – nella fretta aveva lasciato il bastone a casa; quello stronzo di Guido lo ha scaricato sulle scale ed è andato a sbrigare le sue faccende –, in preda a una gratitudine esausta verso chi gli stringe la mano: «Saluta la Gianna, ringraziala… Grazie d’esse’ passati… Ringrazia Sabrina, Maicol; ringrazia Dimitri…» E torna a fissare le ghirlande accatastate, quasi le stesse contando per paura di dimenticarsene qualcuna. Alfredo ci ha fatto fare una corona dalla sezione piena di spillette; quella arcobaleno l’avrà riconosciuta anche Ernesto – lo sai come ci coglionava quando la testa gli funzionava, che con la bandiera della pace ci aveva sfilato in corteo pure lui, in qualche sciopero della Cgil. L’ho fatta mettere davanti alle altre ed è ancora lì sotto, Edo, tranquillo: in prima fila come volevi tu.
Ho la schiena a pezzi, ho una fiamma che sale dal culo alle scapole e mi maciulla le costole. Mi avranno squadrato per bene, i tuoi paesani, avranno visto il cranio stempiato rivolto al pavimento, le vene bluastre sulle mani di quel vecchio che se ne sta fermo a piagnucolare da stamattina; ma chissenefrega, sai, di cosa pensano dalle tue parti… Parlano, vociano, si vomitano addosso parole su di te, magari di quand’eri un ragazzetto. Ma cosa si diranno mai in questo sottofondo continuo, perpetuo? Cosa credono di sapere di te?
Tutto, Edo; forse pensano di sapere tutto. E se ne stanno al loro posto in silenzio, a recitare la loro parte nel capolavoro di questa celebrazione voluta da tuo fratello: è tornato prima che iniziasse per dare disposizioni al sacrestano, per controllare che tutto fosse in ordine; ci hanno dato addirittura il Duomo – non te l’avevo detto, scusa: roba che per un paio di giorni spodestavi la festa patronale – tutto agghindato di viola, e Guido a girarselo da capo a fondo col suo abitino lucido, le caviglie abbrustolite a Marina di Pietrasanta e gli occhialoni scuri; a fare su e giù con tuo nipote Andrea per mano, a carezzargli la testa bionda, a fargli vedere come si fa. È quello che voleva, Edo. È stato il suo modo per darti il meglio; almeno oggi pensala così. Tua madre gli avrebbe dato ragione: finalmente una cosa fatta a modino per il mio Eduardo, avrebbe detto. E io non c’ho messo bocca.
Anzi: io non c’ero proprio. Nella predica non hanno parlato della tua vita privata, per carità. Che ti aspettavi? E che mi aspettavo, io? Guido non gli avrà detto che dormivamo insieme ogni sera, a don Coso. Né avrà fatto cenno ai litigi nella spettabile famiglia Ranucci, quarant’anni fa, prima che tu scappassi di casa come un ladro per andare a rifugiarti a Milano, prima che mi venissi a scovare in qualche festa universitaria di giurisprudenza e ti rendessi conto, pieno di turbamento, di essere come me. Prima di starci accanto nelle notti insonni sui libri, nei cento traslochi da una stanza all’altra della città, sempre in bolletta, nei mille lavoretti che abbiamo rimediato con i nostri giri di parole per spiegare ai capi e ai colleghi d’ufficio cosa significasse essere omosessuali. Prima di medicarci a vicenda il naso dopo la scazzottata con i trogloditi di turno, prima di avere il fiato sospeso nel dubbio di esserci ammalati; e prima di ammalarti sul serio, tu, di un male feroce e normale, e passare altre notti insieme fra un ciclo di chemio e quell’altro. Ma certo, io devo mettermi da parte, come mi dici sempre, vero? E forse basta il bel santino che oggi è uscito dall’omelia, basta questo ai figuranti commossi che ho davanti: figlio diligente, avvocato, fuori paese dalla giovinezza, fratello e zio presente per la famiglia, attivo nelle associazioni della Lombardia, sempre pronto a donare, a donare a chi è rimasto indietro – avranno pensato ti occupassi di beneficenza, le vecchiette della prima fila. E io non c’ero. In nessuna di quelle parole. Noi non c’eravamo. Me lo sono chiesto ogni attimo, ogni benedetto momento se e come dire qualcosa. Ma poi perché, Edo? Che ne sanno loro chi sono venuti a salutare? Che sei qui per caso pure tu, lo sappiamo; che non si decide dove finire, e ci si trova.
Perciò ho fatto una bella cosa, ascoltami: ho ricominciato da capo. Mi sono alzato a salutare tutti, in piedi, e mi sono presentato. A sessant’anni mi sono presentato per la prima volta. Tuo fratello aveva già iniziato a farfugliare sottovoce: «L’amico…», aprendo il braccio verso di me; poi è rimasto zitto, e basta, mentre io dicevo forte: «Il compagno… Il compagno, signora…» Cento, mille volte. «Il compagno… Il compagno, piacere… Il compagno». A ogni stretta di mano così, con la faccia migliore che riuscivo a trovare.
Alfredo e Max sempre appiccicati alle mie spalle. Sono venuti da Firenze anche Luigi Piomma e suo marito; Aurelia – si è messa la maglietta della manifestazione di febbraio, quella che avevamo firmato tutti, ricordi?; mi ha fatto vedere un timbro sull’avambraccio che non si è ancora scolorito –; Sandra e Nicole mano nella mano, in giacca e cravatta. Gigi Pellegrini da Pavia. Qualcuno ti manda i saluti ma non se l’è sentita. Tutti lì in fila a prendersi in faccia l’arietta della tua cara provincia toscana – posso prenderti per il culo anche oggi o devo soffrire e basta, senza fare ironia? Tutti un po’ nervosi, certo, accerchiati da tante belle parole; e da quel senso di sporco di sapere di te, e di me, quando il sapere equivale a nascondere qualcosa. Avessi sentito gli sbuffi di Alfredo – Max a tenergli il braccio con le lacrime agli occhi – che voleva salire a leggere uno dei discorsi militanti che si era preparato in macchina, fino a quando avrà ascoltato la tua vocina disperata che lo implorava: «Lascia stare, Alfre’… Lascia stare…»
Ne avremo parlato ogni sera da quando eravamo ragazzi. Mi ricordo il tuo pistolotto dell’estate scorsa in Sicilia, Edo, che non è una battaglia personale, che se uno si sente libero – e si comporta di conseguenza, certo! – ha già fatto pace con sé stesso; che per i diritti si manifesta al centro, poi la provincia segue a ruota… Quante belle parole: con la vecchiaia sei diventato il più saggio di tutti. O forse sei sempre stato così, e ti ho scelto proprio per quello: il più convenzionale degli strani; a parlare di matrimonio – non abbiamo avuto neanche il tempo di preparare le carte per il prossimo anno –, di fedeltà, di nipoti… A stare insieme tutto questo tempo. Ecco. È bastato questo a rendere felice il mio bigotto, il mio uomo d’altri tempi.
Anzi, te lo ricordi Dario come ti chiamava? La suora laica. Preciso. Mi è sembrato di vederlo, sai – non sono pazzo, te lo giuro –, mi è sembrato di vedere Dario fra i banchi, oggi. L’ho visto sbracato con la camicia aperta nei suoi trent’anni fiammanti, e due inservienti, i suoi due badanti russi a sventolargli un panno umido sulla faccia. Te lo ricordi, vero?: «‘Osa si fa quando c’avremo sessanta, settant’anni, bimbi?» Le sue frasi sbiascicate nelle nostre vacanze versiliesi, mentre tritura il ghiaccio dell’orzata e non smette mai di parlare, e parlare: «Chi sci pulisce il culo a nnoi, da vvecchi?». Non la smetteva mai; quanto mi sono mancate le sue parole sbronze, e confidenti, in tutti questi anni: «Io ve lo di’o: mi compro una bella villa in passeggiata e ci metto tre o qquattro infermierini biondi che m’aiutino; e vi c’invito, delafìa, sempre là vi voglio vede’, tutti assieme… Tutti assieme». Quanto tempo è passato: venti, venticinque anni? Il fatto è che Dario non può dircelo, com’è che si invecchia. Come ci si sta, in questa pelle laida, grigia, in queste occhiaie indelebili sul muso. Ti siamo sopravvissuti, amico mio. E chissà come sarebbe stato il nostro mondo senza l’epidemia degli anni Ottanta e dei Novanta?
Ci siamo chiesti ogni santo giorno, Edo, quanti ne avremmo avuti di amici, di storie d’amore, di fratelli perduti per sempre. Quando è andato via Dario è stato come perdere un braccio. Lo avrei voluto sempre qui con noi; lui e gli altri: Vanni, Carlone Fazi e i suoi complessi da adolescente, Leonardo Pepe – quello sì che avrebbe fatto qualcosa di buono per la causa, come si diceva all’epoca; ti ricordi come parlava, che ti faceva piangere anche leggendo la lista della spesa? Viaggi, serate, canzoni, litigi, lotte, discorsi. Ma non oggi: a cosa sarebbe servito averli accanto oggi? Lo vedi che mi metto da parte, Edo?, che non li voglio qui a tenermi la manina come fossi un bambino… Tanto cosa avrebbero detto, oggi? Come si sarebbero sentiti?
Ma una cosa la so, e te la voglio dire chiara: io come sto, oggi, lo vorresti sapere? Vaffanculo, Edo. Ecco come sto. Come un passante. Sono un passante nella tua, e nella mia vita. E vorrei urlarti che non è cambiato niente – così, per il gusto di provocarti –, che non abbiamo risolto niente, che è tutto uguale a quello che s’è trovato trent’anni fa: tu e la tua famiglia siete identici; identici, ti dico. Guido con meno capelli ma sempre lo stesso, finalmente libero dal fratello appestato che ha dato così tante mortificazioni alla mamma da farla crepare di vergogna.
Ma sai che c’è, Edo: a cosa mi servirebbe dirti che abbiamo fallito? Non ti farò incazzare se continuo a tormentarti. E non è vero niente: lo so, e lo sai anche tu – siamo stati felici; questa è la risposta a ogni domanda. È che ho una stanchezza immensa, oggi, una rabbia senza controllo. E un senso di vomito davanti allo scandalo che sto attraversando, con questa boscaglia di nani che mi scruta come uno straniero, e io che ci cammino dentro da giorni interi, secoli, senza di te. Mi hai lasciato solo. Grazie, Edo. E non mi guardi nemmeno. Sono uno sconosciuto anche per te, ormai. Con la mia fronte sudata davanti alla tua espressione vuota, alle tue mani gonfie, la giacca sgualcita come non l’avresti mai indossata. Sento di averti perso tanto tempo fa: dieci, forse cento anni prima di questo istante. E sento che non sei tu quello che ho davanti. Non sei tu. E non sono io, sotto le gocce dell’aspersorio che mi colpiscono come sputi, accerchiato da questa gente che mima il pianto, a fianco di tuo padre inconsolabile e tuo fratello pietrificato, senza espressione.
E quell’amico suo, quel coglione che si porta sempre appresso, il socio, che gioca con Andrea sul vialetto di ghiaia fuori dal portone – li sento a stento, lontano – e gli fa: «Quante fidanzatine sc’hai, oh bellino? Due o ttre?». Si mette a ridacchiare. E io non ho la forza di uscire. Lo guardo da qua dentro, Andrea, e non posso raggiungerlo; ho le gambe inchiodate al pavimento. Ascolto quello che il mondo gli rovescia addosso e non lo proteggo, Edo, ti chiedo perdono. Per oggi e per i giorni futuri, perdono: perché avrò sempre meno occasioni di incontrarlo, di parlargli, a quel miracolo dorato di tuo nipote, di raccontargli di chi era suo zio e di chi eravamo io e te, insieme. Ma ci proverò, te lo prometto. Proverò a dirgli che il bene fra due persone non conosce regole, giudizi e sensi di colpa; che va soltanto accolto, e rispettato. Tenterò di spiegargli come sia stato normale incontrarsi, scegliersi, e faticare per rimanersi accanto in tutto questo tempo. E cosa è normale che diventi lui nella sua vita: quello che gli pare, Edo. Quello. Che. Gli. Pare. A costo di non sentirsi più rivolgere la parola da nessuno, di non essere cercati, di non essere riconosciuti da nessuno come è successo a noi in tanti giorni passati e come sta succedendo ancora, a noi due, oggi.
*Queerfobia, in libreria dal 16 giugno 2021, è un progetto editoriale che mostra, attraverso racconti, poesie e immagini di odio quotidiano, l’orrore dell’omobitransfobia. In questo volume, Giorgio Ghibaudo e Gianluca Polastri compongono un mosaico di quarantadue storie: storie che diventano l’urlo, feroce e dolce, di tutti gli esseri umani derubati della loro stessa dignità da atti di violenza e ignoranza perpetrati troppo a lungo.
Il progetto grafico è a cura di Alessio Villotti.
«Blocco 181»: le prime foto della serie di Salmo
Le immagini, le prime che Sky abbia rilasciato, raccontano stralci di una guerriglia urbana. C’è fumo, nelle foto, bocche spalancate in urla. I volti, spesso coperti, dei nuovi criminali sono cristallizzati negli scatti di Gabriele Micalizzi, fotoreporter di guerra. Non hanno un nome, non un’identità definita. Quei volti gravi, incapaci di un sorriso, non sono stati accompagnati da un racconto approfondito. Un’aria, l’atmosfera tesa che anticipa le battaglie, è stata catturata. È tanto è bastato a dare una prima avvisaglia di Blocco 181, serie televisiva di e con Salmo.
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Blocco 181, serie televisiva in otto episodi, deve il proprio nome ai palazzoni grigi nei quali è ambientato lo show, storia di un amore e di una vendetta, di gang rivali e del tentativo di affermazione individuale di una ragazza, divisa tra l’impulso naturale di assecondare la propria famiglia e la voglia umana di trovare per sé altro.
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