Costanza Miriano's Blog, page 23
March 1, 2022
Chi prega tiene le proprie mani sul timone della storia

Presentazione del libro “Quel cretino di un cristiano”
Presentazione del libro “Quel cretino di un cristiano”, di padre Maurizio Botta con Costanza Miriano
February 25, 2022
Se Dio vuole – Un passo sulla Divina Provvidenza

February 24, 2022
Ci ha scritto la mamma di Gilda
Abbiamo ricevuto questo messaggio da Paola, la mamma di Gilda.
Gilda ,dolce e bellissima figlia mia,sono la tua mamma…sai che ho pensato che in questo mese della tua vita celeste ci stai sorprendendo ogni giorno,la tua Gioia ,la Bellezza ,gli amici,la Luce dei tuoi occhi trasparenti ,la tua voglia di Fare sempre gruppo,festa ,si tutto questo è un’eredità che ci hai lasciato,unità alla stravolgente testimonianza di Tranquillità…gli amici,tutti i tuoi contatti stretti del cellulare ,ti chiedevano fino alla fine ,Gilda come stai?
E tu a tutti”Bene,bene ,dai”…
Stasera ti ricorderemo con un rosario…e Don Gigi ha pensato di meditare ogni mistero facendo riferimento ai Tuoi nuovi Amici,Chiara ,David,Sandra,Giulia,Carlo…e Gilda…
A stasera piccola amore mio.
La tua mamma
Se qualcuno volesse Fare Festa con noi stasera alle 21…e vuole collegarsi per il rosario…questo è il link
https://youtu.be/QyM_COzOQoQ
February 22, 2022
Vi racconto Gilda
Gilda nasce a Torino il 13 aprile del 2004. Trascorre una vita normale crescendo in intelligenza e forza con un carattere marcato sin da piccola da una forza e una determinazione straordinaria che le hanno consentito di farsi sempre spazio senza chiedere aiuto a nessuno. La sua straordinaria voglia di vivere in mezzo agli altri ha fatto sì che lei fosse sempre circondata da amiche e amici che hanno riconosciuto in lei una persona che sapeva come affrontare i problemi e risolverli.
Ha sempre preso le difese dei più deboli e soprattutto di chi subiva un torto. Nello sport è sempre stata determinata come nella vita: in piscina da piccola del gruppo nuotava come un delfino. Ultima arrivata nella squadra di pallavolo e senza esperienza, dopo un duro lavoro di allenamento, con caparbietà è entrata tra le titolari. Negli scout ha sempre affrontato le sfide con tenacia, forza e intelligenza. Per la sua forza di carattere e la vivacità nell’affrontare tutte le attività, veniva considerata la “bulla” del gruppo.
Educata alla Fede Cristiana, è stata affidata ogni giorno a Maria perché proprio a Lei i genitori si sono rivolti per averla in quanto tanto ricercata ma che tardava ad arrivare. Ha avuto la sua educazione Cristiana sin dai tempi della Scuola Materna, per poi lasciarla, dopo aver ricevuto i Sacramenti del Battesimo, della Comunione e della Cresima, alla sua ricerca personale del Signore. Lo ha fatto tramite la Parrocchia ma soprattutto attraverso la Turris Eburnea[1] perché rispecchiava in lei quel senso della bellezza femminile che il Signore ricerca nelle ragazze. Lo ha fatto soprattutto a modo suo, con tanta determinazione e offrendo ogni giorno la sofferenza a Dio.
Le piaceva tanto girare per le città e i luoghi d’Italia perché aveva il desiderio di conoscere i territori dove era espressa sia la bellezza artistica che quella paesaggistica. Roma, Milano, Genova, Venezia, Napoli, Parigi, Barcellona e per ultima, Firenze. Proprio durante l’ultimo viaggio di famiglia a Firenze nel febbraio del 2020, in concomitanza con lo scoppio della pandemia da covid-19, mentre tutto il mondo viveva con l’ansia di questa malattia sconosciuta e senza cure, dopo aver fatto una Risonanza Magnetica per un dolore alla schiena che insisteva da mesi, veniva scoperta una massa sospetta sulla cresta iliaca dell’anca destra. Il 12 marzo del 2020, dopo il ricovero al CTO di Torino per la biopsia ai tessuti ossei e molli della massa sospetta, le veniva diagnosticato un Sarcoma di Ewing. Tre giorni prima aveva perso anche il nonno paterno che viveva in Calabria.
Nell’angoscia della tremenda notizia comunicata dall’equipe medica circa il male e la possibilità delle cure rientrata a casa, si collega con il computer con la classe che stava seguendo le lezioni con la modalità della didattica a distanza a causa delle misure restrittive dell’emergenza della pandemia, comunica alla Professoressa e ai proprio compagni di classe che era malata di tumore. La sua forza di carattere le ha consentito di non nascondersi ma di affrontare subito e in maniera diretta, la malattia. Inizia un percorso difficile e pesante dove ha dovuto sostenere 9 ricoveri in Ospedale per le infusioni di chemioterapia con la caduta quasi immediata dei capelli (la sua forza), un autotrapianto e 36 interventi di radioterapia. A fine dicembre, al termine delle cure, effettua tutti i controlli strumentali che confermano l’andamento positivo delle terapie tanto da iniziare, a gennaio del 2021, una terapia orale di mantenimento per sei mesi. Ricrescono i capelli, continua con gli studi concludendo un anno scolastico con una media generale altissima (superiore al 9). Si sottopone anche alle due dosi di vaccino da covid-19 per ricominciare ad avere una certa libertà di movimento, in sicurezza, per incontrare gli amici e partecipare agli eventi della Turris Eburnea che iniziavano a riprendere timidamente. Durante questo periodo di fine inverno e inizio primavera, l’Oratorio salesiano della parrocchia e la Turris Eburnea, organizzano delle interviste per condividere la testimonianza forte di Gilda con tutti i ragazzi e le ragazze della sua età, ma anche per le persone adulte. La prima intervista, breve nella durata, viene trasmessa su un canale interno all’Oratorio mentre la seconda, considerato il “mondo” di preghiera che Gilda aveva mosso per la sua malattia e guarigione, viene trasmessa su un canale social con una punta di più di 400 collegati. Più che un’intervista, un fiume in piena di un racconto di circa 1 ora e 40 minuti dove Gilda ha raccontato come ha vissuto il periodo della malattia e delle cure.
Il 6 luglio 2021, con l’ultima compressa del farmaco chemioterapico di mantenimento, festeggia con familiari e amici, la fine dell’incubo della malattia che, in maniera subdola, stava ritornando e anche con una manifestazione più aggressiva. Difatti, il 20 luglio del 2021, dopo una breve pausa di vacanza estiva trascorsa al mare, a seguito del controllo periodico programmato per monitorare proprio l’andamento della guarigione, i medici avvertono Gilda e i genitori della ricomparsa della malattia con manifestazioni delle cellule tumorali più diffuse. Inizia così un secondo percorso fatto di 4 ricoveri lunghi 5 giorni per somministrare il farmaco chemioterapico ad alte dosi. E Gilda, non ha mai perso la speranza della guarigione fidandosi delle cure che i medici avevano proposto. Trascorrono così tre mesi tremendi dove il farmaco non ha avuto gli effetti sperati. Si cerca di attuare un protocollo sperimentale, ma senza successo fino a giungere al 24 gennaio, data della nascita di Gilda in Cielo.
Durante questi anni di cure mediche è stata sempre attenta a tutto, ha sofferto la malattia con il sorriso sulle labbra senza far preoccupare nessuno di nulla. Con dignità entrava nel reparto dell’ospedale, faceva le terapie, cadeva e si risollevava e quando usciva tra le varie sofferenze delle aplasie, era sempre pronta a collegarsi con i tuoi compagni di scuola e con i professori per non perdere il contatto con loro. Nella sofferenza è stata attenta sempre al trucco e all’aspetto fisico ma lo faceva anche per non far preoccupare chi stava dell’altra parte del monitor. E si perché la sua fame di sapere l’ha spinta a studiare anche nelle stanze del reparto dell’ospedale, con le flebo attaccate al braccio perché ha sempre avuto il senso della conoscenza, della capacità di farsi domande e ricercare le risposte; la passione per la matematica, la fisica, la filosofia, la storia, la letteratura, il latino e l’inglese che le piace veramente tanto, la musica ed in particolare il canto. Questa fame del sapere è sempre andata a braccetto con la percezione della bellezza che aveva in tutto, dalla ricerca del trucco bello, elegante e puro, all’amore per la magnificenza della natura: amava tanto il mare come la montagna, le piaceva tanto sciare quanto nuotare. Per lei tutto era bello. Era bella da scout quando rientrava da una uscita o bella quando si preparava per andare agli incontri della Turris Eburnea.
Forse questo senso della bellezza e l’amore per la vita, il suo carattere sempre allegro e sorridente anche davanti alle sofferenze della malattia, il senso dell’amicizia, della giustizia e dell’onestà, hanno fatto si che quando Gilda si è ammalata, ha smosso un mondo di preghiera che ha unito tantissime persone da varie parti del mondo. Persone che non hanno mai creduto o che non entravano in Chiesa da anni, hanno chiesto al Signore che Gilda potessi guarire dalla malattia per rimandare in mezzo a tutti loro. Molti si sono messi in ginocchio davanti al Signore per pregare per Gilda.
Il disegno del Signore per lei è stato diverso da quello che tutti chiedevamo. Tanti e tutti quelli che hanno pregato per lei, dalla Mongolia al Congo alle parrocchie o i numerosi monasteri e santuari, la Turris Eburnea, gli amici e le amiche del Monastero WiFi, il SERMIG, i gruppi di preghiera o persone che da sole, in silenzio, hanno chiesto la Grazia per Gilda, hanno partecipato con gioia e commozione alla messa funebre di saluto a Gilda. Perché Gilda non è morta ma è solo passata, attraverso un piccolo arco della porta, dalla vita terrena alla Vita Eterna, lasciando i genitori, i fratelli, i cugini, i nonni, gli amici e conoscenti, con un grosso ed enorme vuoto fisico ed un graffio sulla pelle che brucia ma con una serenità d’animo che solo il Signore Consolatore può donare.
OMELIA 29/01/2022: FUNERALE DI GILDA CELEBRATO DA DON GIGI A TORINO
Caro corpo di Gilda, sei qui, in mezzo a noi, sei quello che ci resta. Un corpo giovane, forte, eri agile, sportivo, bello. No non sei un contenitore vuoto, sei ciò che ha custodito e ha formato l’anima di Gilda. Infatti alla fine della celebrazione ti onoreremo con l’acqua benedetta e l’incenso, perché tu, corpo, risorgerai. Sei destinato al paradiso, destinato a far parte della stessa risurrezione di Gesù.
Gilda non è un angelo, non sarà mai un angelo, è una Figlia di Dio, e i figli di Dio sono molto più che angeli. I figli di Dio sono suoi famigliari, somigliano a Gesù in corpo e anima, in loro corre la stessa vita: lo Spirito Santo. Gilda tu sei una figlia di Dio destinata a condividere la Sua gloria, a farne parte. Sei figlia di Dio adesso, come lo eri nella gioia, come lo eri nella sofferenza.
Caro corpo di Gilda, per mezzo tuo abbiamo conosciuto, il suo carattere, le sue capacità, … per mezzo della tua malattia abbiamo conosciuto la sua anima, che continua a stupirci anche adesso, e ci si svela gradualmente attraverso avvenimenti, incontri, messaggi, confidenze di questi giorni. Hai finito il tuo compito, per il momento: il paradiso aspetta anche te!
C’è un aspetto particolare del corpo che ha sempre attirato la nostra attenzione e che ci ha anche guidati nella scelta del Vangelo: lo sguardo di Gilda. I suoi occhi. Occhi belli, occhi profondi, occhi che sono lo specchio dell’anima (così come si dice). Quegli occhi che, con l’avanzare della malattia, della sofferenza e, forse, soprattutto della consapevolezza, si sono fatti sempre più luminosi, trasparenti, … in realtà non ho una parola per descriverli, … ma parlavano di vita, di purezza, di bellezza, di amicizia, di forza, di dignità.
Voi sapete che ha destato scalpore ed è finita in televisione, la dichiarazione di Sofia Goggia, questa fortissima sciatrice che per una caduta vede compromessa la sua partecipazione (probabilmente vittoriosa) alle olimpiadi: «Se questo è il piano che Dio ha riservato per me, altro non posso fare che spalancare le braccia, accoglierlo e accettarlo. E andare avanti. Grazie a tutti». I media: stupiti, i fedeli: ammirati …. Ma allora, se il mondo conoscesse te, Gilda, e la tua storia, quel mondo, cosa dovrebbe dire e pensare davanti alla tua consapevolezza e alla tua accettazione, ben diversa è stata la posta in gioco.
Imparagonabile.
E Infatti c’è tanto mondo qui con noi. Tanto mondo ti ha accompagnato, ha pregato per te, con te, e tu hai pregato per tanti, conosciuti e sconosciuti, amici e parenti, compagni di scuola e giovani in difficoltà. … Una rete di preghiera che per primo ha stupito e continua a stupire i tuoi famigliari e chi ne viene in contatto.
Anche Gilda ha lasciato un messaggio su Instagram. Non so se sia corretto considerarlo come le sue ultime parole. Beh, In un certo senso è stato il suo ultimo messaggio consapevole al mondo: «Essere in bilico tra la morte e la vita può spaventare ma arrivare al punto di dire come va va, deve aiutarti ancora di più a voler fare tante e tutte le cose di quella piccola speranza ancora rimasta che si speri duri per sempre. Ma se non fosse così non importa, l’importante è fare. Dire “tranquilla” qualunque cosa accada perchè così deve essere».
“L’importante è fare”. Bene, allora guardiamo cosa hai fatto: Ogni parola, ogni azione che il dolore ti permettevano di compiere, erano per l’unità con i tuoi famigliari: le colazioni insieme, i cartoni animati visti insieme, i regali di Natale, le uscite, i balli, le camminate con gli amici e i giochi… quelle piccole, banali cose quotidiane cui non diamo mai troppa importanza ma che sono il sale della vita, ne sono la sostanza e la qualità. E poi, c’erano tua madre e Andrea che volevano frenarti perchè pensavano facessi cose troppo superiori alla tua condizione e alle tue forze, ma che tu regolarmente portavi a termine. Poi le pagavi queste passeggiate, queste imprudenze perchè il corpo reclamava la sua parte. Ma la tua anima stava già andando oltre… e tu seguivi lei e non lui. Questo corpo che ti piegava dal dolore, tu lo raddrizzavi con la forza della tua anima.
In Tanti abbiamo pregato, invocato, implorato, chiesto la grazia per te cara Gilda, ma forse tu sei quella descritta dalla prima lettura: “Divenuta cara a Dio, fu amata da lui, e poichè viveva tra i peccatori, fu portata altrove”. Nella tua sofferenza, apparentemente così disumana, si è manifestata la forza che ti ha fatto splendere, la grazia che ha valorizzato ogni tuo sorriso, ogni tuo gesto accogliente, ogni tua iniziativa di amicizia, condivisione, premura per gli altri. Dio ha voluto chiamarti al sicuro.
Cari famigliari per voi è la seconda lettura: “siamo tribolati ma non schiacciati, sconvolti ma non disperati, colpiti ma non uccisi”. Questa prova è enorme, è tremenda, ma si sta rivelando, nei modi misteriosi che Dio solo sa praticare, anche gloriosa: siamo nati per il paradiso. Viviamo per andare a casa. E Gilda ci è andata accompagnata da voi. Tenete a mente la sua lezione, custoditela nel cuore e praticatela nel quotidiano: custodite l’unità, state insieme, condividete. Camminate, ognuno con il suo carisma, ma sempre nell’unità, nell’amore e nell’attenzione agli altri. … Dai diciamocelo, In una situazione normale, se Gilda non fosse stata malata, non sareste andati alle colazioni, alle gite, non avreste fatto tutte le cose che lei vi ha “costretto” a fare, pensateci bene, sono tutte azioni di amore, di unità di condivisione, è tutta ricchezza che vi lascia, è la sua eredità: Gilda vi ha detto: “Viviamo insieme, facciamo tante piccole cose insieme, godiamo del fatto di poter stare vicini gli uni agli altri, di esserci per gli altri”. La sua necessità diventi la vostra ispirazione. La consolazione che resta è quella di averla accompagnata fino alla fine nel suo percorso, di esserci stati, di averle voluto bene, di averla sempre sostenuta e incoraggiata, ognuno con il proprio ruolo, assecondandola in tutto e accompagnandola e assistendola anche nell’ultimo respiro. Ma è per questo che esistiamo: per custodirci a vicenda!
Cara gente qui presente e anche voi collegati: impariamo questa lezione: SIAMO NATI PER CUSTODIRCI A VICENDA.
Certo, tutto questo amore, ora è dolore. Amore grande, dolore grande. Ma non potremmo mai rinunciare a questo amore (Cara nonna mi raccomando, non cambiare le chiavi di casa). E allora ci sgorga dal cuore e dall’anima una domanda:……. Quanto è grande l’amore di Dio, se già il nostro sa essere così devastante? Chissà quanti, alla notizia della malattia, ma più ancora alla notizia della morte, avranno detto: “Povera Gilda, solo 17 anni”. Certo, Con il metro con cui ci misuriamo noi umani, ci sono dei motivi per dirlo, ma con Dio e in Dio, niente è come sembra.
Ora Gilda è nella gioia, me li vedo Carlo Acutis, Giulia Gabrieli, David Buggi, Chiara Badano, Sandra Sabattini e tutti gli altri dirle «stai qui che qui stiamo bene e non ti preoccupare, aiutiamo il mondo in una maniera che non hai idea. Solo che il mondo non sempre si aspetta da noi le cose giuste.».
Per questo non dobbiamo dire povera Gilda, ma riconoscere che siamo noi quelli più poveri. Perchè senza di lei le nostre salite si faranno sentire un po’ di più.
C’è un altro modo dire: “Bisogna andare avanti, la vita va avanti, andiamo avanti…”. In realtà, guardate bene, è Gilda che è andata avanti. Gilda non si è fermata qui. Qui si è fermato il suo corpo (che comunque, ripeto arriverà in paradiso al momento giusto).
Volete vedere Gilda? Non guardate indietro, guardate avanti. Lei è avanti, è già in paradiso e da lì ci verrà incontro in tanti mille modi che dovremo imparare a riconoscere. La memoria di Gilda, l’averla conosciuta, il guardare le sue foto, ci deve servire per riconoscerla qui, adesso, oggi, domani, dopodomani…. tutte le volte che, per amore di Dio, interverrà per noi. Solo se Impariamo a conoscere l’anima di Gilda sapremo riconoscerla nei doni che Dio per sua intercessione ci concederà.
Nel Vangelo abbiamo letto: “Non si accende una luce per nasconderla, ma perchè illumini”. La luce di ognuno brilla quando si compie la propria vocazione e la volontà di Dio. La vocazione di Gilda è stata brusca, dura, in salita e ha coinvolto e stravolto parenti, amici e conoscenti. Il fatto che lei la abbia accolta e si sia consegnata nelle mani della sua famiglia innanzitutto, dei medici, ma soprattutto del Signore, l’ha salvata dalla disperazione e l’ha portata in una dimensione di socialità e altruismo e spiritualità dilatate al massimo grado.
Nel vangelo emerge la parola LUCE. Luce che tutti noi cerchiamo nella vita, luce che Gilda e la sua famiglia hanno chiesto come guarigione, LUCE che si è realizzata come gioia autentica nei momenti felici trascorsi insieme, LUCE che chiediamo diventi consolazione.
Ognuno di noi, dal momento che esiste, è lampada accesa da Dio per illuminare gli altri. Le nostre scelte e il modo con cui affrontiamo ciò che accade, faranno la differenza e ci faranno essere luce che si nasconde oppure che illumina molti. Impariamo Oggi che si può splendere anche nelle tenebre. È Gilda che ce lo insegna: Allora Diamoci da fare perchè non possiamo sprecare questa lezione che Dio ci ha inviato.
23 aprile 2020 Paola mi ha inviato questo post: «Doveva fare un compito in inglese, descrivere una festa, un Festival…Ha iniziato immaginando una camminata in montagna, verso il Lago Blu, a St. Jacques.
Lei racconta ,trasponendo tutto quello che finora le è toccato con la chemioterapia. (Sofferenze, rinuncia ai capelli…)
Scendiamo dalla macchina, si distribuiscono gli zaini, il mio il carico più pesante, avrei voluto rimanere in macchina, troppo per me, non posso farcela..
Poi l’esperto di montagna, mi dice un passo alla volta e si arriva in cima, faccio fatica, non respiro, cammino, guardo a terra, mi siedo…
Ma ecco che arrivo al lago blu…magnifico, blu intenso riflette il cielo, mi dice di pensare positivo e di puntare in Alto.
Di colpo lo zaino mi giro ,è vuoto…era pieno di Cibo per fare Festa… Che il Signore sia per lei, l’esperto della montagna…è accanto a lei…si sente e si siede con lei…ma la porterà sulla Cima»
Dio Padre, Tu che fai bene tutte le cose, aiutaci, per l’intercessione di Gilda, a essere LUCE da oggi fino al nostro arrivo in paradiso quando, ci ricongiungeremo a tutti i santi e con Te, Tua Madre, Gilda e loro formeremo l’unica, grande, gioiosa famiglia dei Figli di Dio riuniti alla mensa del Padre.
February 4, 2022
Chiediamo che finisca l’epidemia dell’odio
di Costanza Miriano
Qualche giorno fa ho fatto un’intervista al parroco di Santa Maria in Portico in Campitelli, e ho scoperto un’altra delle meraviglie sconosciute di Roma. Mea culpa. Ci passo spesso davanti correndo quando faccio “il giro del centro”, ma sono sempre impresentabile, sudata, ben che vada (spesso in pantaloncini e canottiera) e poi non ci si ferma mai correndo, se non in caso di decesso, proprio o altrui (una volta ho rialzato una vecchietta caduta, una volta un motociclista, ma appena arrivato qualcun altro mi sono volatilizzata).
Insomma, era un sacco che volevo entrare a vedere le meraviglie che sbirciavo dalla porta. Finalmente una settimana fa l’ho fatto, e ho scoperto che si tratta di un capolavoro barocco, c’è praticamente l’altare della Confessione di San Pietro in scala. Al centro, un’icona miracolosa della madonna, molto antica, alla quale la città si era affidata per l’epidemia di peste del 1656. Il Papa Alessandro VII incaricò di costruire la nuova chiesa, sul luogo di una più antica, l’allievo del Bernini, che incastonò la piccola immagine in un tripudio di oro e luce e decorazioni.
Il primo pensiero è stato: perché non costruiamo più simili capolavori? Mi è anche balenato il fuggevole pensiero di trascinare gli amici in un’impresa pazza: facciamo anche noi un voto e costruiamo anche noi una chiesa. Mi sono subito vista la mia amica Monica partire lancia in resta, quella è pericolosa quindi glielo dico subito: no, Monica, non ce la possiamo fare stavolta.
Però mentre osservavo i particolari minuti dell’altare, gli angeli, i fasci di luce realizzati col legno, la cura dei particolari, ho pensato che oggi anche noi possiamo provare a costruire un’altra cattedrale. E anche noi possiamo fare un voto. Chiediamo a Dio che ci guarisca. Non dal virus. Ma dalla perdita di fede e di comunione che la gestione dell’emergenza sta lasciando sul campo. Da quando conosco un po’ il mondo cattolico non ho mai visto tante e così laceranti spaccature, e questa cosa mi addolora. Non possiamo permettere che il demonio ci divida così. “Vi riconosceranno da come vi amerete”, dice ai suoi Gesù, ed è davvero possibile, lo vorrei gridare, volersi bene anche se la si pensa diversamente sulle questioni sanitarie e giuridiche. Ma diversamente proprio tanto. È possibile.
Diverse persone mi hanno chiesto perché non scrivo più spesso sul blog. Perché davvero non c’è quasi più nessun argomento che non susciti una polemica, che non divida, che non ci faccia litigare. Non ho paura a dire quello che penso, ma deve essere uno a uno, guardandosi in faccia o almeno scrivendosi personalmente. Non è che non voglia espormi, ma non voglio esporre la divisione, non in rete. Abbiamo un po’ tutti cambiato la nostra vita, e ognuno ha portato la sua parte di fatica. Chi non ha sofferto direttamente, ha sofferto vedendo qualcuno che soffriva. Forse molti di noi hanno ferite aperte, nervi scoperti. Chi ha combattuto in prima linea, e lo sta ancora facendo, è stanco morto. Non si può parlare di certe cose, secondo me, se non abbracciandosi prima, o guardandosi negli occhi, dicendo: tu per me vali più di quello che pensi su questa cosa. C’è da dire che ho visto nascere anche nuove amicizie, una complicità e una solidarietà con persone nuove, e questo ovviamente va benissimo, basta che non sia una alleanza “contro”.
In generale io penso che avremo una visione chiara solo fra qualche tempo, forse. Per il momento, per me, nessuna affermazione è un assoluto, solo Cristo lo è. E quello che lui ci chiede, di questo sono sicura, non è tenere una certa condotta o un’altra, ma cercare di amarci. Almeno di volerci bene. Di sopportarci, forse. Va beh, dai, facciamo che ci chiede almeno di non odiarci, di non parlare male gli uni degli altri.
Non mi riesce facile (l’unico motivo per cui vorrei vedere Sanremo, se mai qualcuno mi lasciasse l’unico telecomando di casa, sarebbe “fare il taglia e cuci”, criticare, uno dei miei sport preferiti), ma qualche volta l’ho sperimentato. Quando cominci ad amare il nemico ti si rompe qualcosa dentro, si viene come liberati da un incantesimo. Una specie di calcolo renale che si scioglie, un calore che si diffonde. E’ inspiegabile, bisogna solo provarlo. Ovviamente quando dico amare il nemico non intendo che improvvisamente il capo che ti vessa da anni, il parente che ti odia, il vicino che ti fa i dispetti ti diventino veramente cari. Intendo che metti in pratica le tre regole (io le chiamo di Padre Emidio, perché me le insegnò lui in un momento particolarmente difficile al lavoro): 1) non parlare mai male di quella persona 2) prega per lei 3) appena puoi fai dei gesti concreti in suo favore. Quando si comincia, si avverte inizialmente una resistenza fortissima, ma poi piano piano davvero si sciolgono i nodi, le catene si rompono, il divisore perde potere su di noi. Rimane la fatica, ma con una dolcezza nuova.
E torno alla cattedrale di cui dicevo all’inizio (no, Monica, non partire con la raccolta fondi). Mi piacerebbe se qualcuno di noi prendesse l’impegno di costruire nella sua vita, con i gesti, le parole, le preghiere, una cattedrale, come quelle di una volta. Magari non come la chiesa barocca che citavo, ma come una medioevale. Mi viene in mente il duomo di Modena, con dei particolari mozzafiato scolpiti lassù, in alto, dietro la colonna, in un punto che bisogna far fatica a vedere. Lo stesso per il Duomo di Orvieto, che mentre veniva costruito aveva fuori il dottore della Chiesa, Tommaso d’Aquino, che da sotto la tenda verificava con tutti gli altri che ogni particolare, anche il meno evidente, fosse teologicamente corretto. Facciamo un ex voto: chiediamo che finisca l’epidemia dell’odio, in cambio noi costruiremo opere d’arte nelle nostre vite, ma nei particolari, anche in quelli più minuti che nessuno vede, in cui cerchiamo di non sparlare, criticare, arrabbiarci, ma neppure lasciarci sopraffare dallo scoramento, dall’amarezza, dalla tristezza, perché anche quello è fare il gioco del demonio. Un atto di amore cambia la storia più di una cattedrale, che un giorno crollerà, mentre i gesti e le parole risuoneranno nell’eternità.
La nostra formazione alla preghiera è per Grazia
Trascrizione catechesi 3 gennaio 2022 all’incontro mensile del Monastero WiFi di Roma.
Vi ricordo che lunedì 7 alle 20:30 ci sarà l’incontro di febbraio al Battistero di San Giovanni in Laterano con don Giuseppe Falabella.
di Madre Elena Francesca
La preghiera del tempo della Chiesa è la nostra preghiera di oggi. Di noi che abbiamo ricevuto il dono del battesimo, credo di tutti noi che siamo qua o che vogliamo riceverlo se qualcuno ci fosse di non battezzato.
Quindi siamo popolo di Dio che cammina nella storia con un capo che è Cristo Signore.
La nostra storia di Chiesa di oggi però è stata preparata da millenni di cammino ed è bello che questo forse lo avete un pochino ascoltato negli incontri precedenti. Questo penso ci da molta forza. Ci da molta fiducia sapere che siamo stati preceduti da un fiume di preghiera e che ci immettiamo in questo fiume di preghiera che nasce millenni fa.
Vi è stato detto credo, citando dal catechismo che da sempre Dio chiama l’uomo al dialogo con sé, dunque da sempre la preghiera abita la storia dell’uomo, con più o meno consapevolezza dalla parte dell’uomo, però da sempre c’è questo filo invisibile ma solidissimo che lega il cielo alla terra e la terra al cielo, cioè che ci ancora al cielo e che è la nostra salvezza.
Cristo, nascendo nel tempo, e l’abbiamo visto e lo stiamo vedendo in questi giorni di Natale, ha raccolto questo antico desiderio, che accompagna il cuore dell’uomo di tutti i tempi, che ha accompagnato sempre la storia dell’uomo, di vedere il volto del Padre.
Nel Vangelo Cristo lo dice: “Chi ha visto me ha visto il Padre”
Desiderio che attraversa tutto l’Antico Testamento questa ricerca del volto di Dio, che finalmente in Cristo si è reso presente. Gesù si è reso visibile e ci ha insegnato a pregare. Ci ha insegnato con quale atteggiamento pregare, con quali parole pregare.
Dopo la Sua ascensione al cielo ha mandato lo Spirito ed il catechismo insiste molto sulla presenza dello Spirito nel tempo della chiesa che stiamo vivendo noi oggi.
Lo Spirito abita il cuore dei credenti e, dice il CCC al n.2623, ci forma anche alla vita di preghiera.
La nostra formazione alla preghiera è per Grazia e per opera dello Spirito.
Ricordando una parola S.Paolo ai Romani, Rm 8, 14-15: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella pauraa avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre”.
Quindi lo Spirito grida nel cuore dei credenti, cioè preme verso la preghiera, spinge alla preghiera, anche non volendolo noi: cioè c’è questa urgenza dentro.
Se la soffochi si crea un disagio perchè siamo fatti per questo, per questo dialogo.
Lo Spirito spinge al punto da far diventare questo dialogo grido. Ancora S.Paolo dice: “Nessuno può dire Gesù è il Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo”
(I Corinzi 12,3)
Dunque è lo Spirito, primo dono ai credenti in forza del battesimo, che ci abilita a nominare il nome santo di Dio.
Oggi, 3 gennaio 2002, per tutta la chiesa è il Santissimo Nome di Gesù. Noi francescane la viviamo con un’intensità particolare perché è S.Bernardino da Siena, frate minore, che ha diffuso questa devozione in modo particolare.
Quindi riusciamo a dire questo nome grazie allo Spirito che ci abita.
Noi sappiamo che per gli Ebrei il nome di Dio è impronunciabile ancora oggi.
Noi invece abbiamo questo grande privilegio di poterlo pronunciare, di poter chiamare Dio per nome, di più di poterlo chiamare Padre, anzi meglio ancora, di poterlo chiamare papà, che è la traduzione esatta della parola ebraica Abbà, che Gesù stesso ci consegna nel Vangelo.
Ripeto è un privilegio.
Non tutte le religioni hanno questa possibilità di rivolgersi a Dio con questa familiarità.
Ecco, questo è un po’ come una piccola introduzione per entrare nell’argomento di questa sera con tutta la fiducia, la confidenza, la spontaneità anche, con cui potremmo accostarci ad una persona familiare, che ci è particolarmente prossima, un papà, appunto.
D’altra parte, però, essere Chiesa significa anche ricevere questa eredità di millenni che ci precede. Cioè non stiamo inventando tutto noi, c’è qualcosa che ci precede, che va ascoltato e che non va trascurato.
Con la nascita di Gesù, questo fiume di preghiera ha acquistato una fisionomia più precisa, argini più definiti, ci ha insegnato a pregare con parole precise, con un atteggiamento più preciso.
All’interno di questi argini, poi a ciascuno di noi è lasciata tutta la libertà espressiva che possiamo immaginare, anzi è dovuta una libertà espressiva. Ma, nello stesso tempo, c’è, come dire, questa obbedienza ad un argine che ci viene consegnato.
Quindi pregare come famiglia di Dio, pregare come popolo di Dio, mi sembra che significhi stare dentro ad una tensione: da una parte ricevere dalla Chiesa le parole con cui pregare, con cui rivolgersi a Dio, che trovano ispirazione, principalmente, nella Sacra Scrittura, vedi per esempio le parole dei salmi.
Celebreremo compieta alla fine di quest’incontro e la Chiesa ci consegna le parole con cui pregare, nei salmi no? Oppure per esempio nei cantici evangelici di lodi, vespri, compieta che anche oggi celebreremo stasera.
Il Catechismo ci dice poi che nel corso dei secoli, e qui cito: “lo Spirito ha guidato la Chiesa suscitando nuove formulazioni che si svilupperanno nelle grandi tradizioni liturgiche e spirituali. Le forme della preghiera, quali sono espresse negli scritti apostolici e canonici, rimarranno normative per la preghiera cristiana”
Cioè la Chiesa dà norme per la preghiera.
Per pregare come si conviene, per stare attenti a pregare senza sbavature che possano poi finire, anche inavvertitamente, nell’eresia.
Si può pregare anche da eretici. Quando poi parleremo delle forme della preghiera, sarà più chiaro.
Quindi ci sono forme di preghiera suggerite dalla Chiesa, la quale a sua volta le riceve dallo Spirito, che dobbiamo sapere accogliere in obbedienza fiduciosa, perché teologi, liturgisti, biblisti, le hanno pensate per noi, cioè sono frutto di studio, di preghiera, di riflessione, di confronto e la Chiesa le ha raccolte in quelle formule che poi ascoltiamo durante la celebrazione eucaristica, nelle parti del breviario che non sono poi desunte dalla Sacra Scrittura.
D’altra parte dobbiamo anche lasciare libero lo Spirito dentro di noi di pregare Dio, con le nostre parole. In questo senso dicevo una tensione: tra parole che riceviamo e parole che devono nascere dentro di noi.
Ripeto, una tensione che deve rimanere viva, però, non possiamo soffocare né l’una né l’altra delle due parti in tensione.
I nostri sentimenti, le nostre emozioni, le nostre paure, le nostre domande, devono diventare preghiera, perché la preghiera non resti una serie di formule estranee a noi, esterne a noi.
Anche perché Dio le conosce, lui ci legge dentro e sa cosa portiamo dentro e ama sentirselo dire.
Magari molti di voi sono genitori, no? E avrete provato come è importante quando tu intuisci che nel cuore del figlio c’è qualcosa e finalmente te lo dice! E’ liberante, dà soddisfazione, aiuta no?
A questo riguardo possiamo distinguere due momenti nella preghiera della Chiesa: la preghiera liturgica, di carattere pubblico, per esempio la compieta che celebreremo stasera, la celebrazione eucaristica che è preghiera di tutta la comunità, che è preghiera che si vive insieme.
Il Concilio, Sacrosantum Concilium che è una delle costituzioni consiliari sulla sacra liturgia, dice che nella preghiera pubblica, ogni battezzato, ognuno di noi si fa voce della sposa che parla allo sposo.
Dove la sposa siamo noi, la Sposa è la Chiesa, quindi ciascuno di noi, e lo Sposo è Cristo e quindi è preghiera che facciamo a nome di tutta la Chiesa e di qui l’importanza di armonizzare le nostre voci, cioè di essere coro e non voci isolate, perché ne risulti un’armonia di voci che sale al Padre.
Dall’altra parte, poi, c’è la preghiera personale che è quella che innalziamo a Dio nell’intimo del cuore, no?
Nel silenzio della nostra stanza.
Anche per noi monache questo è importante. Abbiamo sette momenti di preghiera quotidiana insieme, dove preghiamo il breviario -quindi quello che la Chiesa ci consegna ogni giorno- e poi un’ora e mezza, anche due ore, di preghiera personale, dove ciascuna si ritira nella propria cella, oppure si ferma in coro, oppure va altrove, ma prega personalmente con ciò che lo Spirito le suggerisce in quel momento e anche prega PER, e lo vedremo, ma anche semplicemente manifestando a Dio ciò che si porta dentro.
Ed è un momento importante, perché ripeto, la preghiera non resti qualcosa che ci passa sopra o non ci coinvolge.
Sempre Sacrosanctum Concilium al n.12 dice: “La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia. Il cristiano infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, – e ripeto è importante- è sempre tenuto ad entrare nella propria stanza per pregare il Padre in segreto”.
E’ sempre tenuto, dice il Concilio, ed è un dovere bello, perché stare con una persona che ami è bello. Quindi la preghiera deve sempre avere questo doppio respiro- insisto un pochino perché è importante: deve farsi portavoce del creato intero, deve raccogliere il palpito di tutta la Creazione, che san Paolo dice ”geme e soffre in attesa della Redenzione”, ma poi sapersi anche ritirare nel proprio intimo e ascoltare il proprio cuore e presentarlo a Dio nella sua verità.
Lo Spirito, dicevo, che è il grande animatore della vita di preghiera oggi, nel tempo della Chiesa, da una parte ci raccoglie come Chiesa, ci chiama – voi avete risposto ad un invito di Costanza per essere qua stasera- in realtà il grande attore di questo momento è lo Spirito Santo a cui lei ha obbedito, con l’intuizione di questo cammino di catechesi, e voi avete a vostra volta obbedito, ma stiamo tutti obbedendo allo Spirito, speriamo, perlomeno, in questo momento.
Lo Spirito ci chiama e ci educa ad essere assemblea, a pregare come assemblea. Dall’altra parte lo Spirito sussurra dentro di noi le parole giuste perché ciascuno possa personalmente rivolgersi al Padre, e va ascoltato anche in questo movimento più intimo.
Quindi dobbiamo imparare ad essere assemblea che prega, magari con parole che in quel momento di per sé non direbbe – a volte ci troviamo a pregare salmi di Lode, è un’esperienza che facciamo tutti, con dentro un tormento, un disagio, un’angoscia.
A quel punto stiamo prestando la voce a un fratello che non sa, che non vuole, che non può pregare, e ci stiamo facendo voce sua, e quindi è importante starci dentro a quella apparente contraddizione di una preghiera che non risponde a quello che mi porto dentro. Dall’altra parte è bene che anche quello che mi porto dentro venga espresso e non rimanga dentro, in qualche modo venga detto al Padre.
Ricordo che è solo facendosi come bambini che si ha sicuro accesso al Regno dei Cieli. I bambini li conosciamo per la loro immediatezza, non hanno filtri. E noi davanti a Gesù dovremmo essere un po’ così, senza filtri. Dall’altra parte ci dobbiamo ricordare che non si entra nel Regno dei Cieli da soli, ma sempre come fratelli, figli di un unico Padre. Non ci si salva da soli.
Questa voleva essere solo l’introduzione ai vari momenti, alle varie forme di preghiera che questo capitolo del Catechismo elenca, e che adesso semplicemente rileggo con voi.
Prima parla della PREGHIERA di BENEDIZIONE e dell’ADORAZIONE
e mi ha interrogato il fatto che il Catechismo –confesso che l’avevo letto tutto a suo tempo, quando è stato pubblicato, però mi ha fatto bene doverlo rileggere per voi perché certe cose non le avevo al momento colte come in questi giorni- tratti di benedizione ed Adorazione insieme, mentre agli altri momenti di preghiera dedica un paragrafetto singolo, e mi sono chiesta perché.
La risposta l’ho trovata nel fatto che sono i due modi di stare di fronte a Dio che dicono pura gratuità, la benedizione e l’Adorazione.
La gratuità è una cifra importantissima nel rapporto con Dio, che ci ha creati e ci ha redenti in modo assolutamente gratuito, senza alcun merito da parte nostra e ci vuole ammettere in questo circolo di amore disinteressato che è il respiro della Trinità, questa donazione continua tra Padre e Figlio per lo Spirito Santo, senza alcun interesse se non quello di un Amore reciproco in cui ci vogliono tirare dentro, per cui sempre dove c’è puzza di interesse, non c’è Dio.
Dove c’è gratuità c’è Dio, almeno questa è la mia esperienza. Gesù lo suggerisce: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, ed è vero che gratuitamente abbiamo ricevuto.
La benedizione dice il catechismo, esprime il moto di fondo della preghiera cristiana, il moto di fondo. E’ un movimento, la benedizione, che va da Dio verso l’uomo e dall’uomo verso Dio.
E’ un movimento in una duplice direzione. Dio ci dona gratuitamente la sua benedizione, dicevo della gratuità, perché ci ama, e quando ami non puoi che dire bene.
Anche di fronte al nostro peccato, la benedizione di Dio resta, non la cancella il peccato. San Paolo ai Romani :”Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà?”
Dio è Colui che ci giustifica, l’accusatore è un altro. Dio cerca sempre di riportarci a Lui giustificandoci; anche la giustizia è un attributo di Dio; ma Dio fa giustizia, ci giustifica, per riportarci a Lui.
Quindi il primo movimento nella preghiera di benedizione, è di Dio, l’iniziativa è Sua, ed è di benedizione su di noi.
Il dialogo prevede una risposta da parte nostra, che è la nostra benedizione piena di stupore e di gratitudine per la benedizione ricevuta da Dio. La prima frase è la Sua, è una benedizione che scende dall’alto su di noi; la seconda è la nostra risposta alla Sua benedizione.
Il catechismo dice: poiché Dio benedice, il cuore dell’uomo può rispondere benedicendo Colui che è la sorgente di ogni benedizione. Sembra un gioco di parole , invece è una cosa molto bella, Lui ci mette in grado di benedire perché prima ci ha benedetti, e ci abilita a benedirLo.
Inoltre il Catechismo ci dice che ci sono due forme per la preghiera di benedizione, da parte nostra, da parte dell’uomo:
C’è la benedizione verso Dio, Lo benediciamo perché ci ha benedetti, ma c’è anche la richiesta di benedizione da parte Sua, e sembra una contraddizione , che Lui ci chieda di chiedere ciò che già ci vuol dare. Ma il rapporto con Dio è un po’ così: Lui vuole sentirci chiedere quello che è già disposto a darci, perché ci vuole partecipi in questo dialogo con Lui, non ci vuole passivi; per cui aspetta da noi la richiesta di ciò che Lui già vuole donarci.
Santa Faustina Kowalska, che conoscerete credo, nel suo diario riporta questa frase detta da Gesù: “Ho le mani piene di doni, ma nessuno me li chiede”. E voi potreste dirmi : “ E perché non ce li da lo stesso?” Perché per esperienza che facciamo anche noi, se tu fai un dono a chi non capisce il senso del dono che stai facendo, è un dono sprecato, non viene neanche raccolto.
La preghiera di adorazione che, dicevo, il catechismo legge insieme alla benedizione, e a me appunto sembra per la gratuità che la contraddistingue, dice il catechismo, “ è la disposizione fondamentale dell’uomo , che si riconosce creatura davanti al suo Creatore”. E’ molto bello questo. Noi adoriamo. Stasera purtroppo non c’è adorazione; cioè , l’adorazione c’è perché il Santissimo c’è; non ci sarà l’esposizione perché non c’è don Pierangelo.
E’ molto bello perchè, dicevo della gratuità prima; Dio si dona in assoluta gratuità nelle specie eucaristiche. Si è donato in assoluta gratuità 2000 anni fa; il Natale, che stiamo ancora celebrando, ce lo ha ricordato. Il padre San Francesco dice che ogni giorno Lui si dona nell’Eucaristia.
Quindi questo movimento di discesa verso l’uomo è continuo, anche concretamente continuo; non c’è solo la Sua visita nel cuore in modo più spirituale, perché l’Eucaristia, che è la concretezza di Dio per noi, è quotidiana, come lo è stato il Natale 2000 anni fa, il primo Natale. E si dona senza merito da parte nostra. Lui continua a venire. Addirittura la teologia morale ci insegna che , anche un sacerdote in peccato, celebra una messa regolare, cioè la consacrazione è valida, proprio perché è gratuito il donarsi di Dio : non è una risposta al peccato dell’uomo, se no staremo freschi.
E sceglie un modo fragile di donarsi, lo ha scelto 2000 anni fa e lo sceglie oggi attraverso il pezzo di pane con cui si rende presente sull’altare.
A questa piccolezza è dovuta la nostra adorazione, a questa fragilità, a questa povertà; poi noi lo esponiamo in modo solenne, con canti, luci e candele, e tutto questo sottolinea la solennità, l’importanza di quel pezzo di pane.
La solennità dell’esposizione non maschera la fragilità del segno che è tanto bella, perché ci aiuta a vederci in quel pezzo di pane nella nostra povertà e a non averne paura.
Il verbo adorare è un verbo bellissimo, perché ha la radice latina, os-oris, che vuol dire bocca, quindi adorare vuol dire portare la bocca verso, baciare.
E’ un verbo bellissimo perché dice affetto, dice passione, trasporto amoroso. Il bacio è una manifestazione d’affetto molto intima. Questo sarebbe la preghiera di adorazione, questo intimo a tu per tu con Dio, quindi l’adorazione è un atto d’amore in risposta al dono d’amore di Dio per noi. Per quello chiede silenzio e chiede anche silenzio della mente perché in un atto d’amore non si pensa, non si parla, ci si guarda e basta. Per questo noi in genere educhiamo a non leggere chissà che cosa durante l’adorazione, forse la Sacra Scrittura, ma sarebbe bello stare in contemplazione davanti a Lui.
Poi seconda forma di preghiera che il Catechismo prevede: la PREGHIERA di DOMANDA.
Se siamo figli amati, se siamo figli benedetti, allora sarà spontaneo chiedere a Dio ciò che ci serve, semplicemente esporre a Lui i nostri bisogni e Lui, ripeto, vuole questo, aspetta questo da noi.
Però è interessante quanto dice il CCC : “la domanda del perdono è il primo moto della preghiera di domanda, essa è preliminare ad ogni preghiera giusta e pura”.
Cioè il Catechismo ci insegna ad iniziare la preghiera di domanda chiedendo perdono perché siamo figli amati ma pur sempre fragili, lo dicevamo prima. Sempre ci sarà qualcosa nella nostra preghiera che la inquina, che deve essere purificato, corretto, una traccia egoistica che appunto inquina la preghiera, che la rende meno gratuita.
Ripeto, la gratuità è essenziale nel rapporto con Dio. Il Catechismo ci ricorda che Gesù ci esorta a cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, nella fiducia che tutto il resto ci sarà poi dato in sovrappiù. Allora chiediamoci: quando chiediamo qualcosa a Dio, stiamo veramente cercando il suo Regno e basta? Cioè cosa soggiace, cosa sostiene la nostra preghiera, quanto di interesse personale la abita? In modo anche abbastanza inavvertito, per quello che bisognerebbe rendere esplicita, a volte, l’intenzione profonda della preghiera, senza nulla di male in questo. Magari l’interesse nostro è lo stesso di Dio, lavoriamo nella stessa direzione, ma magari no, magari stiamo chiedendo qualcosa che in quel momento, in quella situazione particolare, non fa l’interesse di Dio e se siamo un attimo onesti lo dobbiamo riconoscere.
Faccio un esempio sciocco ma vero, reale, quindi non tanto sciocco. Tanti anni fa un ragazzo che si era innamorato di una donna sposata pregava perché il matrimonio andasse male. E’ un esempio estremo, reale, per dire come a volte la preghiera è inquinata da interessi personali e quindi non può essere ascoltata. E’ un caso estremo, a volte ci sono molto più sottili interessi personali che vanno smascherati e che magari il Signore vuole solo siano smascherati e visti e poi basta, si va avanti. Basta solo che sappiamo dircelo che dentro c’è anche quell’aspetto, per questo la preghiera di perdono deve essere la prima.
Nella S.Messa iniziamo con l’atto penitenziale il dialogo con Dio, la prima cosa che diciamo nella messa è “Signore pietà”, non a caso per purificarci, prima di ascoltare la parola, ricevere l’Eucarestia.
Un altro spunto importante che viene da questo paragrafo del Catechismo, rispetto alla preghiera di domanda, è che il Nuovo Testamento non contiene preghiere di lamentazione, frequenti, come è invece, nell’Antico Testamento. Anche questo è interessante, questo perché Cristo è risorto, ha vinto la morte, ha vinto il peccato, perciò, dice il Catechismo, ogni domanda della Chiesa è sostenuta dalla speranza. La nostra domanda, qualsiasi essa sia, deve essere sempre illuminata dalla luce della resurrezione che è avvenuta una volta per sempre, che fa del nostro Dio un Dio assolutamente affidabile. Un Dio così non può tradire, non può mentire, non può deludere e quindi ci deve animare questa speranza certa che la preghiera che noi stiamo ponendo davanti a Lui, una volta purificata, verrà esaudita. Si tratta di aspettare i tempi e di saper leggere i modi di Dio, che sono spesso diversi dai nostri.
Ancora, un ultimo spunto del Catechismo: “Cristo è glorificato dalla domanda che noi rivolgiamo al Padre nel suo nome”. Cioè Cristo è contento (glorifichiamo possiamo leggerlo così) quando noi chiediamo al Padre nel suo nome.
Se la gloria di Dio è la manifestazione della sua grandezza, della sua potenza, della sua maestà, allora chiedere nel nome di Cristo vuol dire dargli la possibilità, dargli modo di manifestare questa grandezza.
Lui ci dice nel Vangelo: “qualunque cosa chiedere nel nome io la farò perché il Padre sia glorificato nel figlio”.
Dicevo prima, quando ci sembra che non ci stia esaudendo, fidiamoci, aspettiamo, non scoraggiamoci e cerchiamo di leggere quello che sta facendo, con l’aiuto di qualcuno, l’aiuto della parola, per andare un po’ oltre la risposta immediata che noi vorremmo vedere, perché magari ci sta rispondendo in un modo più grande ancora, che in quel momento non riusciamo a vedere, e ripeto un po’ bandendo la preghiera di lamentazione, ci dice il catechismo.
Una precisazione però: non è che dobbiamo mentire. Se la preghiera di lamentazione sale alle labbra va bene, ci sta (ho detto che bisogna essere sinceri) ma nel sottofondo ci deve essere sempre una speranza certa, che Dio è Dio ed è invincibile. Punto.
Se mi lamento lo faccio però con questa roccia che non si muove e che sostiene la mia vita spirituale, con fede nell’onnipotenza di Dio.
Una frase di San Giacomo che illumina meglio quello che stiamo dicendo: (Gc 4,3) “Chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri”. Leggete: per i vostri interessi personali.
A volte chiediamo male, per questo la preghiera va purificata e va letta la risposta da parte di Dio come una correzione della preghiera.
È molto denso questo capitolo.
LA PREGHIERA di INTERCESSIONE
L’intercessione è una particolare preghiera di domanda che noi rivolgiamo a nome di un altro, preghiamo “per” qualcun altro, che, dice il catechismo: ci conforma da vicino alla preghiera di Gesù che è l’unico intercessore presso il Padre in favore di tutti gli uomini.
Ancora: l’intercessione cristiana partecipa a quella di Cristo. Intercedere = chiedere è la prerogativa di un cuore in sintonia con Dio, questo ci dice il catechismo.
L’unico grande intercessore è Gesù, la nostra preghiera di intercessione è partecipazione alla sua.
Il verbo intercedere etimologicamente vuol dire mettersi in mezzo, “inter-cedere” stare in mezzo. L’intercessore è colui che si mette in mezzo, che si fa garante di un altro, che parla e si muove a nome di un altro, che è esattamente ciò che ha fatto e continua a fare Gesù che siede alla destra del Padre e intercede per noi (Romani).
Potrebbe venire spontanea una domanda: se Gesù intercede per noi, che bisogno c’è che intercediamo noi per qualcun altro?
Ha senso la nostra preghiera di intercessione se lui, Gesù, che già è nella realtà più piena già intercede per noi, per tutti gli uomini (cosa di più e di meglio possiamo chiedere noi rispetto a quello che può chiedere lui ?).
La risposta la vedo in quel “SEGUITEMI” di Gesù che rivolge ai primi apostoli quando li chiama sul lago di Tiberiade, che ha rivolto a noi (che siamo qua), che ha rivolto a voi, siamo tutti alla sequela di Gesù, che intercede, e della preghiera fa parte la sequela come missione che il Padre ci affida (alla sequela di Gesù).
Seguire Gesù non vuol dire solamente prendersi cura degli infermi come ha fatto lui, usare misericordia ai peccatori come ha fatto lui, vuol dire ance pregare come ha fatto lui e come continua a fare lui.
Quindi intercedere vuol dire partecipare alla sua missione ancora oggi, che è ciò che lui aspetta da noi, prolungare la sua missione nella vita della Chiesa.
Il catechismo ricorda che Gesù ha pregato sulla croce per i suoi uccisori. La preghiera di intercessione raggiunge il suo apice e la sua maggiore espressione di gratuità nella preghiera per i nemici.
Nemici che tutti noi abbiamo a vario titolo, anche senza pensare a persecuzioni chissà di quale importanza. Credo che nemico si può definire chiunque in qualche modo interferisca nella nostra vita mettendoci dei bastoni tra le ruote a vario titolo: sul lavoro, in famiglia tra gli amici.
Se vogliamo essere alla sequela in modo autentico, dobbiamo saper pregare per chi ci fa del male.
Quello è il momento più alto della nostra preghiera di intercessione. Quando chiediamo il bene per chi ci fa del male…..e questo non a caso il Catechismo lo ricorda.
Quindi la preghiera di intercessione dovrebbe farci sentire tutta la dignità e la responsabilità di essere dei battezzati che continuano la missione di Gesù.
Questo penso sia molto bello perché magari per tante altre azioni che animano la vita della Chiesa siamo impreparati, non c’è tempo, non c’è modo, non ci sono forze. Penso alle persone anziane, ma la preghiera è per tutti, nessuno è talmente impedito nella vita da non poter pregare.
E se anche, come capita quando stai veramente male, non riesci a pregare verbalmente, puoi offrire e offrire la tua sofferenza per ….che è una bellissima preghiera di intercessione e quindi sottolineo questo aspetto della sequela, che magari sfugge, però è tanto importante.
Noi abbiamo sorelle anziane in infermeria ed il frutto della loro offerta per la vita della comunità solo Dio lo conosce, ma anche di tutti i vecchietti negli ospizi, le persone sole che ti pregano il rosario non so quante volte al giorno, la vita della Chiesa è sostenuta da queste anime, invisibili peraltro.
Le ultime due, molto bello, PREGHIERA di RINGRAZIAMENTO e PREGHIERA di LODE.
Ho quasi finito eh.
Anche la preghiera di ringraziamento è partecipazione al Grazie di Cristo al Padre, quel grazie che trova la sua espressione più piena e perfetta nella celebrazione Eucaristica; il verbo eucaristeo greco, vuol dire proprio, rendere grazie, ringraziare, e l’Eucarestia ha tratto la sua definizione dal verbo eucaresteo. Forse non ci rendiamo conto anche noi che tutte le volte che partecipiamo alla Messa ringraziamo, cioè il venire alla Messa è un atto, chiede da parte nostra un atteggiamento di ringraziamento. Il Catechismo ci dice che l’azione di grazie caratterizza la preghiera della Chiesa, la quale celebrando l’Eucarestia manifesta e diventa sempre più ciò che è.
Ciò che dice della Chiesa lo dice di ciascuno di noi, cioè ogni eucarestia ci spinge sempre più ad essere ciò che siamo, sempre più noi stessi, ci conforma sempre più alla verità di noi stessi. Se l’eucarestia è un’azione di grazie e se partecipare all’Eucarestia ci aiuta a diventare sempre più ciò che siamo, vuole dire che la verità più profonda di noi stessi dovrebbe essere un ringraziamento continuo, se è vero quello che il Catechismo ci dice, che il ringraziamento dovrebbe essere il nostro stabile ed abituale atteggiamento interiore di battezzati, di cristiani.
Prima dicevamo, il Catechismo dice che la preghiera di lamentazione è scomparsa nel NT e la si trova solo nel AT e chiediamoci “e nella nostra vita??”, quanto prevale una preghiera di lamentazione rispetto al ringraziamento. Quanto cioè riesco a mantenere un costante grazie in fondo al cuore, come dicevo prima, come atteggiamento di fondo, poi in superficie c’è la varietà dei sentimenti che affiora alle labbra anche e che ci sta anche la preghiera di lamentazione, ma deve sempre essere appoggiata nella verità più profonda di un grazie continuo per il dono della vita, per il dono della salvezza, per i tanti doni che sono sicura che ciascuno di noi si sente benedetto se con onestà guarda la propria vita . Ripeto anche il fatto che siamo vivi che siamo qua, merita un grazie il Signore per questo.
In ultimo la PREGHIERA DI LODE che è strettamente legata a questo atteggiamento di gratitudine; l’unica differenza è che la gratitudine presuppone un dono ricevuto, è una restituzione: “io sono grato per qualcosa che ho ricevuto”, mentre la Lode è gratuita.
Il CCC dice la Lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio.
“ LO CANTA PER SE STESSO, GLI RENDE GLORIA, PERCHE’ EGLI E’, A PRESCINDERE DA CIO’ CHE EGLI FA” ( è scritto così, tutto maiuscolo nel CCC).
Lo Si loda non perché si è ricevuto qualcosa ma perché è Dio e ne è degno, è degno della nostra lode.
Si conclude dunque il percorso ritornando a quella cifra sicura e certa del nostro rapporto con Dio che è la Gratuità, che è come fosse un “pass “per entrare nel dialogo vero con Dio.
Stiamo però attenti a non costruire un rapporto utilitaristico, sulla base del vantaggio che riceviamo da Lui, dei doni che riceviamo da Lui, perché questo è veramente avvilente.
Va riconosciuto a Dio che Dio c’è, che Dio esiste, a prescindere da quello che fa nella mia vita. Questo già di per sé basta, perché mi fido del fatto che se Dio è Dio mi farà del Bene, mi sta facendo del bene!
Lo dico nella consapevolezza che ci sono delle situazioni, che magari state vivendo anche voi, in cui è molto difficile riconoscere questo, però qui si gioca la verità della nostra Fede, cioè nella capacità di andare oltre la mia situazione di questo momento, anche se penosissima per riconoscere comunque , la grandezza, la bellezza e la bontà di Dio e rimanere ancorati a Lui a ragione di questa grandezza, a prescindere da quello che mi sta capitando.
Il CCC dice che la Lode integra le altre forme di preghiera e le porta verso Colui che ne è la sorgente e il termine.
L’ha messa alla fine del CCC, perché la vedo un po’ come un riassunto di tutte le forme di preghiera, come se le contenesse tutte.
Noi benediciamo, adoriamo, supplichiamo, preghiamo domandiamo, Colui, dal quale tutto dipende e la Lode, secondo il CCC è un modo di riferire tutto a Lui. Qualsiasi altra forma di preghiera e qualsiasi atteggiamento interiore, dare Lode a Dio significa riconoscere che Dio è Dio.
Forse di fronte a Lui, con questa certezza interiore, riusciamo ad ammettere la nostra piccolezza di creatura che ha bisogno i Lui per Essere, per Esistere.
Se è dunque vero che la Lode integra tutte le forme di preghiera, a questo punto la nostra Vita deve diventare un sacrificio di Lode costante, ripeto con parole diverse a seconda di quello che abbiamo dentro, ma con una certezza granitica interiore che Lui ci è Padre e ci custodisce al Meglio.
Tutta la nostra vita deve diventare occasione di relazione con Lui, pregare alla fine vuol dire vivere tutto di fronte a Lui. Vivere Tutto in relazione a Lui costantemente.
Beh io direi basta così e poi iniziamo la Compieta in adorazione silenziosa davanti al Santissimo e al Bambinello.
January 5, 2022
In scienza e coscienza
Un lettore ci scrive:
Carissima Costanza, m
osso dalla lettura del tuo ultimo articolo sul blog, da medico vaccinatore e vaccinato ma non più vaccinando, desidero condividere con te il mio pensiero e la mia posizione, sperando di farti piacere e di darti qualche beneficio.
Un fraterno saluto
Roberto
Roberto ha autorizzato la pubblicazione.
***
IN SCIENZA E COSCIENZAdi Roberto Festa
In due interventi precedenti, proprio all’inizio della diffusione dei vaccini anti-sars-cov-2 (gennaio 2020), ho esposto il mio punto di vista e ho manifestato le ragioni della mia scelta di allora, sia focalizzandomi sull’aspetto cruciale del materiale biologico di derivazione abortiva, sia in termini generali , anche condividendo la dichiarazione che ho PERSONALMENTE utilizzato per la mia vaccinazione, avvenuta tra il 6 e il 27 gennaio, quale PRESUPPOSTO DI LICEITA’ MORALE ALL’USO DI VACCINI.
A distanza di quasi un anno e a fronte della campagna vaccinale che perdura e che attualmente sta chiamando la popolazione a dosi successive di questi vaccini è doveroso porsi la domanda se i criteri per il loro uso lecito siano ancora presenti e rispettati o più banalmente se siano comunque praticabili dalla singola persona che voglia agire in scienza e coscienza.
Innanzitutto occorre rilevare che tutti i vaccini attualmente in uso in Italia contro il covid-19 purtroppo sono in qualche modo “contaminati” con le linee cellulari fetali di derivazione abortiva.
Contaminazione intesa in senso etico e filosofico, non in senso chimico-biologico; in altre parole per la produzione di questi vaccini le industrie hanno utilizzato alcune linee cellulari ottenute da aborti volontari praticati anni or sono. Quindi non ci sono cellule fetali nei vaccini; ma cellule di derivazione fatale sono impiegate per la loro produzione e/o per testarne l’efficacia in vitro dopo la produzione. La “contaminazione” è quindi di tipo morale.
Senza dilungarmi ulteriormente, ma lasciando in fondo i riferimenti bibliografici dottrinali, riporto quindi i tre criteri che consentono un uso lecito, quale extrema ratio, di tali vaccini, così come di qualsiasi altro prodotto che presenti simile “contaminazione”:
1. Grave necessità, ovvero la motivazione di evitare gravi inconvenienti;
2. Assenza di alternativa, intesa naturalmente come vaccini non “contaminati” (cioè moralmente non problematici anche definiti eticamente ineccepibili), ma anche come altre misure che si possono adottare per ottenere lo stesso scopo;
3. Evitare lo scandalo, ovvero il grave dovere di evitare di credere e far credere di approvare anche minimamente la pratica dell’aborto procurato; lo scandalo si definisce infatti come ingannare sè stessi o altri sulla verità delle cose arrivando a scambiare il male con il bene e il bene con il male.
Queste tre condizioni devono essere tutte e tre contemporaneamente presenti per configurare l’eccezione alla regola morale di evitare fermamente l’uso di prodotti “contaminati”.
Per comprendere meglio la sostanza del problema conviene riprendere l’esempio classico che è stato presentato per giustificare l’uso di vaccini “contaminati”, è il caso di un genitore che debba decidere se vaccinare il figlio/a contro la rosolia per evitare che il virus possa arrivare a infettare una donna incinta, magari la figlia stessa in futuro, causando gravi danni organici con malformazioni o morte del nascituro. In un tale caso, che si pone in maniera molto concreta e attuale, la dottrina morale conclude che non è giusto porre un genitore dinanzi a questa gravissima scelta che coinvolge la vita di bambini incoscienti verso i quali si è responsabili (criterio 1), per cui è lecito, in mancanza di alternative (criterio 2), fare uso del vaccino contro la rosolia, a patto di continuare a testimoniare per non dare scandalo (criterio 3) l’assoluta contrarietà all’aborto procurato e alla prassi di utilizzare materiale biologico con tale provenienza. Occorre qui sottolineare che la dottrina morale afferma la liceità, non l’obbligatorietà. In altre parole si può fare, ma non si è obbligati moralmente a farlo.
Si comprende subito che il caso paradigmatico esposto non si attaglia bene all’epidemia da covid-19, la quale malattia è pericolosa quasi esclusivamente per persone adulte/anziane o con determinati fattori di riscio che ordinariamente sono responsabili in proprio della loro persona, motivo per cui ragionevolmente un adulto potrebbe, e in coscienza avvertire di dovere, rifiutare, pur mettendo cristianamente a rischio la proprio vita, un vaccino “contaminato”, se non per lo scrupolo di non favorire in tal modo il dilagare dell’epidemia.
Quanto appena detto ci fa capire che il criterio 1 non è così netto nel caso del covid-19 e fondamentalmente rimanda al criterio 2 sulle alternative per evitare i danni del virus. Alternative che in realtà ci sono e sono rappresentate non tanto da vaccini non “contaminati” che l’industria e lo Stato potrebbero mettere a disposizione, ma soprattutto dalle precauzioni igieniche e dai dispositivi di protezione individuale che ciascuno può e deve attentamente applicare. Inoltre ci sono le cure che sia a livello domiciliare che ospedaliero si possono e si devono somministrare agli ammalati, senza tollerare a tempo indefinito che il problema del rischio di pressione eccessiva sul servizio sanitario diventi una scusa per non potenziare mai quest’ultimo.
Veniamo quindi al criterio 3 che resta certamente quello dirimente, almeno secondo il mio giudizio. Infatti pur ammettendo l’opinabilità e talora la difficoltà oggettiva a valutare con nettezza i primi due criteri, resta il fatto che sia nel rifiutare sia soprattutto nell’accettare di fare ricorso a vaccini “contaminati” ciascuna persona ha il grave dovere di manifestare inequivocabilmente la propria contrarietà assoluta all’aborto procurato e di impegnarsi nella misura delle proprie possibilità affinché il problema etico sia risolto alla radice sviluppando soluzioni che non contemplino affatto l’uso di materiale di provenienza abortiva.
Ebbene è sotto gli occhi di tutti che sia a livello di singoli sia a livello di collettività e di divulgazione mediatica la questione dell’aborto è stata sbrigativamente liquidata, è ritornata immediatamente ad essere tabù o derubricata a fake-news accanto a cose come microchip e alieni.
Purtroppo a tale riguardo l’argomentazione per cui le linee cellulari incriminate derivano da aborti datati e che essendo state “immortalizzate” in laboratorio non è attualmente necessario procurare ulteriori aborti per ottenere quel tipo di materiale biologico, non è risolutiva sul piano morale del criterio dello scandalo, poiché nel mondo di oggi l’aborto procurato è un fenomeno diffusissimo, enorme sia qualitativamente che quantitativamente, tuttora ampiamente sfruttato a scopo commerciale e industriale e anche di ricerca scientifica, nonché largamente tollerato, accettato o addirittura promosso come diritto della donna. Non è in altre parole un fenomeno del passato: anzi!
Ecco quindi che il criterio dello scandalo resta cruciale e in tutta onestà nessuno può affermare seriamente che esso possa essere evitato, anzi anche la recente vicenda del covid-19 lo sta ulteriormente favorendo.
Per tali ragioni, PERSONALMENTE, così come io da medico ricevetti il vaccino anti-sar-cov-2 ben prima che fosse introdotto l’obbligo per gli operatori sanitari, avvertendo in coscienza di rispettare i tre criteri morali per tutelare i miei assistiti più fragili e anziani, a distanza di quasi un anno posso comunicare che, con la stessa libertà e responsabilità in scienza e coscienza, fintanto che non sarà possibile rispettare i criteri necessari e contando sulla disponibilità di rimedi alternativi,
non riceverò ulteriori dosi di vaccino “contaminato”.
Ben ricordando le parole di Paolo VI nel discorso al pontificio consiglio per i laici nel 1974 (poi riprese nella esortazione apostolica Evangelii nuntiandi):
«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».
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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE ISTRUZIONE DONUM VITAE SUL RISPETTO DELLA VITA UMANA NASCENTE E LA DIGNITÀ DELLA PROCREAZIONE (1987)
I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. Anche nel caso di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE ISTRUZIONE DIGNITAS PERSONAE SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA (2008)
Quando l’illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l’indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici. […] ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto “materiale biologico”. Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini.
Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, 21.12.2020
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/12/21/0681/01591.html
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti, 5 giugno 2005
VACCINI ANTI-COVID. NOTA SULLA VALUTAZIONE ETICA | GRUPPO DI BIOETICA CEI20 APRILE 2021
VACCINI ANTI-COVID. NOTA SULLA VALUTAZIONE ETICA | GRUPPO DI BIOETICA CEI
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January 4, 2022
Etica e vaccini, post scriptum
January 3, 2022
II INCONTRO sulla PREGHIERA #monastero WiFi
Trascrizione della catechesi di don Pierangelo Pedretti sella preghiera del 6 dicembre 2021 presso il Battistero di S.Giovanni in Laterano
Stasera continuiamo gli incontri sulla preghiera. Siamo al secondo incontro e faccio un brevissimo riassunto per chi venisse per la prima volta.
Questo anno, con il monastero Wi-Fi, lo dedicheremo alla preghiera e useremo come strumento unico il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) che, particolarmente in questa parte, è fatto benissimo. Io non invento nulla, cerco solo di digerirlo prima e di trasferirlo in un modo più accessibile.
La volta precedente abbiamo iniziato, seguendo appunto le tracce del CCC, parlando della preghiera e vi vorrei lasciare con questa suggestione della volta precedente: il nostro Dio non è una filosofia, non è un’idea, non è un training autogeno, non è qualcosa di razionale da comprendere ma è un’esperienza.
La Sacra Scrittura dice che il nostro Dio è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe.
Dio, fin dall’Antico Testamento (AT) per dire chi è, si è incarnato nella storia di un popolo.
E questo popolo è il popolo eletto, il popolo di Israele.
E dunque il CCC, prima di sapere cosa significhi, cosa vuol dire pregare, identifica un atteggiamento. Il CCC ci invita a raccoglierci, a guardarci dentro, perché l’unico atteggiamento dell’animo, l’unica persona abilitata, se così si può dire, a pregare è l’Umile.
Cioè colui che nella vita ha fatto esperienza che gli conviene dipendere da Dio, che non ce la può fare da solo, che comincia a leggere la propria storia come una continuazione della storia del popolo d’Israele e comincia a capire, per un volere soprannaturale, che ha bisogno di Dio per vivere, che non sa neanche che cosa gli è conveniente chiedere.
La parola umile, viene da humus, terra che sta in basso, e l’umile quindi, con questa rivelazione profonda, ha bisogno di pregare, ha bisogno di entrare in relazione con qualcuno che è Gesù Cristo.
Capite allora che il CCC ci prende per mano e ci accompagna nell’Antico Testamento (AT). Vi dicevo già che non è cattolico pensare che nell’AT c’è il Dio cattivo che punisce e che poi invece arriva Gesù Cristo, che vuole bene a tutti e che facciamo quello che ci pare.
L’AT va letto alla luce del Nuovo Testamento (NT) e l’antico è compiuto da nostro Signore Gesù Cristo.
Il primo personaggio che il CCC ci ha messo davanti e di cui abbiamo parlato la volta scorsa, è Abramo.
Abramo è il padre della fede, è la prima icona biblica. Non mi piace molto il termine icona biblica perché è una persona che ha vissuto, che ha respirato, ha sofferto, si è ammalato, ha dormito, ha lavorato, è invecchiato.
Abramo nella sua storia, immagino che come noi era stato un uomo giovane pieno di aspettative, desideri, progetti e certamente, per un ebreo del suo contesto, le due cose più importanti della vita, che anche la religione identificava come segno che Dio è con te (ossia sei un benedetto da Dio) erano avere figli e avere una terra.
Esattamente le due cose che Abramo non ebbe nella sua vita fino alla vecchiaia.
E quindi ha avuto tutto il tempo della vita per diventare umile.
Ma non è che uno ad un certo punto dice: “Bene! Ora che sono umile, adesso prego! No è la vita che ti umilia e non ti chiede il permesso.
Quindi questo è il primo atteggiamento.
I fatti che ti umiliano nella vita li puoi leggere in due modi diversi: o c’è qualcuno che cerca di mettersi in contatto con noi e comincia ad istruirci profondamente nell’anima, oppure ogni fatto che ti umilia è sempre una maledizione, o un fatto con cui il Demonio ti dice: “Ammettilo che Dio non c’è o se c’è, a te non ti vuole bene, perché guarda cosa ti capita!”.
Il demonio nel tentare le anime non srotola mai tutto il film, ti viene vicino e ti dice: “Guarda… Dio ti ama? E guarda allora cosa ti è successo?”
E se ne va… e poi sei tu che vai avanti dentro di te a fare il film.
Abramo avrà un intervento straordinario di Dio nell’esperienza di Mamre, con Dio che si manifesta con l’Angelo e riceve da Dio una promessa, riceve un comando e una promessa…di mettersi in cammino, di cominciare a muoversi: “Esci dalla tua terra e va dove io ti mostrerò”.
Dice Io ti mostrerò!
Non gli dice esci dalla tua terra perché poi così tua moglie rimarrà in cinta, perché poi avrai un popolo. Cioè quando Abramo inizia a camminare, ad obbedire ad una parola, non ha il lieto fine davanti.
Nella Sacra Scrittura noi abbiamo tante volte già il finale, ma l’atto di fede del nostro padre nella fede è che muove la sua vita ed inizia ad uscire dalla sua terra e dalle sue sicurezze, per andare in un luogo che non sapeva e che Dio gli avrebbe mostrato.
Quando poi c’è l’annuncio che sua moglie rimarrà in cinta, vi ricordate che Sara si mette a ridere, perché sa di essere una donna vecchia, avanzata negli anni, a cui erano cessate le mestruazioni.
Sara è una donna a cui il marito dice “Guarda che Dio mi ha detto che rimarrai in cinta” e lei ride.
Infatti Isacco si chiama così perché in ebraico vuol dire Dio ride.
Dio compirà tutte queste promesse nella vita di Abramo, ma poi sapete che Dio chiederà ad Abramo il suo unico figlio, Isacco, e questo è un altro passaggio fondamentale nella storia di quest’uomo, che a questo punto aveva una forza particolare.
C’è una forza che nella preghiera ti viene, quando un pezzetto della tua vita l’hai visto compiuto in Dio, in Gesù Cristo. Ti viene una forza perché pur se oggi io non capisco niente, in quel fatto tu sei stato fedele.
Questo si fa, quando nella chiesa si fanno gli esercizi spirituali. Noi possiamo immaginare che ci siano chi sa quali penitenze, chissà che cose.
È invece un allenamento di fare questa esperienza, chiedendo aiuto allo Spirito Santo, l’esperienza di imparare a leggere la nostra storia. Di vedere, per usare un termine di San Paolo, le orme luminose, le tracce… in greco la traduzione sarebbe: le tracce di Cristo nella nostra storia.
E questa caratteristica è il frutto della preghiera. Chi non conosce Dio è condannato a non capire nulla della sua vita e di quella degli altri, è condannato ad essere sempre arrabbiato, è condannato ad essere sempre profondamente triste, è condannato ad avere una paura terribile, di invecchiare, di ammalarsi, di morire, è condannato a dipendere sempre da un altro uomo come lui per farsi dire chi è.
È una condanna terribile!
L’uomo invece, che è liberato dallo Spirito, vede anche in un input, che ti può dare un’altra persona vicino a te, un mezzo che Dio usa ma per parlare a te, per stare in relazione con te….e questo si chiama preghiera.
Sacrificherà Suo figlio e Dio provvederà con un ariete, figura di Gesù Cristo, quando vedrà che quel colpo che avrebbe ucciso Suo figlio, Abramo lo avrebbe dato per davvero.
Abbiamo parlato di Giacobbe, vi ricordo solo un passaggio nella vita di Giacobbe che lotta con quel personaggio misterioso nella Sacra Scrittura, non sapendo che è Dio ma non lo lascia e gli dice: “Io non ti lascerò fino a che tu non mi benedici” ed è molto curiosa la benedizione che lascia questa figura misteriosa, che poi si rileverà che è Dio. Gli dà un colpo sull’anca, che rimane slogata, e questo claudicare di Giacobbe, è quella debolezza che t’ha creato Dio, che obbligherà questo uomo ad appoggiarsi sempre a Lui. Non si chiamerà più Giacobbe questo uomo, ma “Forte con Dio”.
Questo è un altro passaggio molto importante nella preghiera.
Che valore diamo ai fatti che ci hanno limitato? Oppure più semplicemente di non essere nati come volevamo?
Io penso che, come me, tutti avremmo voluto nascere estremamente belli, estremamente intelligenti, estremamente ricchi, estremamente piacevoli agli altri e poi magari sei nato in un corpo diverso da quello che ti aspettavi, con un’intelligenza diversa, con una sensibilità diversa da quella che ti piacerebbe avere e questi limiti, che sono connaturali all’esperienza di ogni uomo possono diventare un’occasione per maledire Dio tutta la vita e arrabbiarsi terribilmente.
Io quando sento le persone che sono molto arrabbiate con Dio e/o con la Chiesa e che si proclamano atee…..beh, ci vuole molta fede per essere atei… io sempre mi chiedo che trauma c’è dietro, che cosa c’è nella storia che è così buio, non ancora illuminato che ti fa essere così rabbioso. Un modo di essere rabbioso è non parlare, ti chiudi in un guscio e vivi ma non vivi.
Ci sono tanti modi di reagire a questa…..
Bene, Giacobbe è un’altra icona. Non finisco la descrizione dettagliata delle icone, se Costanza non mi boccia, perché mi ha dato il timing, 10 incontri in un anno e bisogna finire tutto il catechismo, ma se vogliamo farlo dobbiamo passare al tema di stasera ma un’altra figura importantissima è quella di Davide, del Santo Re Davide di cui non abbiamo parlato l’altra volta.
L’ultimo dei figli di Iesse, bello, alto di aspetto, fulvo, però è il classico ultimo figlio che il padre neanche lo vede. Il padre nella carne non lo vede, ma lo vede Dio al punto tale che il profeta, quando va per eleggere il successore di Saul, chiede a Iesse, che è il nome del padre, di mostrargli i suoi figli e lui neanche glielo fa vedere neanche glielo presenta ed il Profeta dice: “Ma su questo non cade l’elezione di Dio, su questo non cade l’elezione di Dio” ed il padre sembra dire…”eh si c’ho anche Davide “,….. Davide sarà l’eletto di Dio. Davide non è di stirpe regale, è di una famiglia povera e si troverà ad essere il successore di Saul, Re d’Israele.
Davide è sostenuto nella sua vita dall’amicizia con il figlio del Re, che gli vuole bene come un fratello e che lo difenderà da suo padre che lo vorrà uccidere, e sarà il figlio di sangue del Re, che avviserà Davide perché il padre era invidioso di questo ragazzetto che sconfigge il filisteo con una fionda, che ha molti più successi di lui in guerra che è acclamato dal popolo più di lui, ma Davide, arriva ….un uomo così, riscattato socialmente, spiritualmente, nel popolo.
Non lo so, nella sacra scrittura non è rilevato, non si dà rilievo di questo ma, immagino che sia abbastanza difficoltoso essere un figlio invisibile e questa invisibilità del padre della carne è stata completamente ed inaspettatamente, clamorosamente riempita da Dio ed il fatto che a Davide dice questo è che è diventato Re d’Israele e che ha scampato la morte.
Non solo. Lo è diventato anche con una grande rettitudine, perché Davide avrà nella vita la possibilità di uccidere Saul e di vendicarsi e non lo farà perché rispettava l’elezione che Dio aveva su Saul e dice non sia mai che io uccida un consacrato di Dio. Dio benedirà ancora di più questo uomo nella sua vita, fino a che il Santo Re Davide, avrà una caduta terribile per un fatto se volete, no, se volete, un fatto a confronto di quelli che ho vi ho raccontato fino ad adesso, banalissimo.
La sua caduta comincia guardando, spiando una donna nuda che si fa il bagno. Quindi, voglio dire anche oggi niente di nuovo sotto il sole, internet, il voyeurismo, niente di nuovo sotto il sole. Nella Sacra Scrittura c’è assolutamente tutto, ma questo lo accende di passione, ha la stessa dinamica che hanno vissuto Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, ve ne parlavo la volta scorsa. Loro potevano avere tutto ed erano nel paradiso terrestre ma, siccome non potevano accedere ad un albero, il Demonio gli dice “ma non sarà che Dio è geloso di voi e vi sta limitando. Se non hai quell’albero non hai niente”. Ditemi se non è la tentazione che abbiamo tantissime volte nella vita..
Non guardiamo una marea di cose meravigliose che abbiamo, ma se ce ne mancano due o tre allora non abbiamo niente, e cominciamo a deprimerci, ad entrare in un atteggiamento interiore di tristezza. Siamo immediatamente disposti a vedere tutto nero e questo, Davide poteva avere tutto quello che voleva ma quella donna sposata con Uria, un suo valente guerriero, che stava rischiando la vita per lui in guerra, non la poteva avere. Ma la fa chiamare, si unisce con lei e rimane incinta e a quel punto il marito era in guerra, a rischiare la vita per lui e non poteva essere incinta del marito.
Che fa Davide?
La dinamica del peccato: tu cominci con uno sguardo, poi vai avanti con un’azione quando fai questi peccati. Immediatamente compare la menzogna e subito ucciderai qualcuno per difendere la tua fama, per la stima che devono avere gli altri e si arriva anche ad uccidere una persona. Infatti lui, prima di uccidere comincia con la menzogna. Richiama Uria dalla guerra, lo invita a banchettare da lui e lo invita a ripartire il giorno dopo e a dormire a casa sua, ma questo uomo è così retto che dice “Non sia mai che i miei uomini stanno rischiando la vita in battaglia ed io vengo qua a banchettare e mi unisco pure a mia moglie”, allora esce, non dice nulla a Davide, banchetta ma dormirà alle porte della città.
I dignitari di Davide lo avvisano e lui a quel punto è rimasto fregato, non aveva neanche l’alibi che Uria poteva unirsi a sua moglie quella notte e dunque essere lui il padre di quel bambino.
Pensate anche a tutte le storie dei figli che si nasconde di chi sono.
La sofferenza, anni di menzogne, pensate che dinamiche profonde ci sono dentro la Sacra Scrittura. Per questo San Girolamo dice: “Ignorare le scritture è ignorare Cristo” e dice “Tu non puoi dire di amare qualcuno che non conosci e l’unico modo per conoscere Dio è conoscere la Sacra Scrittura. Pregare vuol dire immergersi, tuffarsi dentro la Sacra Scrittura.
Che accadrà, che dalla menzogna passa all’omicidio e dirà “Dove più ferve la mischia voi ritiratevi” darà questo ordine agli altri soldati e “Lasciatelo davanti da solo con i nemici e fatelo uccidere” e così accadrà.
Dio, Jahvè ,che vuole bene a Davide, invierà a Davide un profeta che farà una profezia su quest’uomo e non ve la faccio lunga, perché dobbiamo passare al tema di questa sera.
La cosa grandiosa di questo uomo è che a quel punto della vita era stanco di mentire, era stanco di dire bugie a se stesso e agli altri, perché mantenere il ruolo e mantenere alcune cose è durissima, per quello tante volte, non so se è vi e mai capitato, a voi o a persone a voi care, tante volte nei peccati si commettono tante imprudenze, perché profondamente vuoi che qualcuno ti scopra, perché non ce la fai più a vivere nella menzogna, nella doppiezza.
E` qualcosa di così duro, di così doloroso e questo accadrà attraverso il profeta che lo denuncia del suo peccato e Davide dice no. Non dice “Guarda, scusa, è colpa della donna che faceva il bagno nuda, se lei non stava lì io non avrei……..” le dinamiche di giustificazione che abbiamo tutti. Oppure non dice “Ero provato da tanto tempo, ero triste, era da tanto tempo che nessuno mi voleva bene…” tutte le dinamiche di giustificazione che vengono fuori davanti ai peccati.
Lui tiene in mano la crudezza e la scandalosità dell’azione che ha fatto e dirà quella frase portentosa “Ho peccato contro Dio e contro gli uomini”. Il Salmo 50, il Miserere, è uno dei salmi tra i più belli della sacra scrittura, ha dentro una carica umana, passionale, di dolore, di rettitudine, è il Salmo che la chiesa ci fa pregare ogni venerdì nelle Lodi. Vi leggo solamente alcuni passaggi perché capire i salmi dentro il contesto delle storie in cui nascono, poi hanno tutto un altro sapore. In questo Salmo è lui, Davide che parla: “Pietà di me, o Dio”, vi invito ad ascoltarvi pensando adesso ai vostri di peccati , io penso ai miei e così non vi parlo della preghiera, preghiamo insieme. “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore, nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità, lavami tutto dalla mia colpa”.
Uno quando fa peccati anche molto gravi si sente sporco, puoi farti 1000 docce, darti 1000 giustificazioni, ma se Dio non ti lava non c’è il perdono dei peccati, “lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro, sì le mie iniquità io le riconosco”.
Eccolo l’atteggiamento della preghiera, con gli uomini magari non ce la faremo mai ad essere così, ma con Dio lo devi essere, entra nella stanza del tuo cuore, lì c’è qualcuno che non ti prenderà mai a bastonate, c’è Dio che ha visto tutto, aspetta solo come un mendicante che tu lo riconosci davanti a lui, per consolarti, per lavarti.
“Si le iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi” perché il demonio è così, prima ti convince e ti fa sentire una vittima, poi ti fa cadere e un istante dopo che sei caduto ti accusa e ti accuserà per tutta la vita.
Solo Dio ci può riscattare……..nessuno sulla terra ha il potere di andare negli abissi del cuore dell’uomo e prenderci a queste profondità. Per questo il mistero della vita di Cristo è che discese agli inferi, ma sono i miei inferi, sono i tuoi inferi.
“Contro di te contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto, così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio”, perché il profeta lo ha accusato, gli ha detto sei un adultero e un assassino, come dire non mi difendo, Signore è giusto quello che tu mi dici. Guardate anche la gravità di quello che succede oggi che confondendo le anime, non chiamando più i peccati per nome o edulcorandoli, è di questa esperienza che poi perdiamo le persone e con che sofismo lo fa il demonio: “ah non si può giudicare, Dio è amore”…..e così togliendo la gravità del peccato non abbiamo più la possibilità di accedere a questa esperienza che è la più bella che un uomo possa fare sulla terra in questa vita. “Ecco nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre, ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza”.
Una grazia che lo spirito ci farà stasera è riconoscere questa Sapienza, questa determinatezza e tenerezza allo stesso tempo di Dio: in modo inspiegabile lo Spirito ti tocca e capisci che questo è vero e cominci a volerti bene e cominci a capire che anche ciò che tu leveresti dalla tua vita, in realtà è un luogo dove farai l’esperienza più bella e quindi non c’è più niente da scartare, neanche i peccati.
“Aspergimi con rami di issopo e sarò puro, lavami e sarò più bianco della neve, fammi sentire gioia e letizia esulteranno le ossa che hai spezzato, distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe crea o Dio in me un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”. Attenzione che la prospettiva biblica del cuore puro, non è quello dell’olio extravergine di oliva, noi pensiamo che chi ha il cuore puro sia ad esempio la monaca di clausura che il massimo del peccato è che è arrivata in ritardo alle Lodi, il cuore puro in una prospettiva biblica…… c’è un episodio molto carino nella vita di San Francesco fra frate Maffeo e frate Maggio: stanno camminando e passano vicino a un ruscello, Francesco chiede a loro “Ma chi è che ha il cuore puro”? E uno dei due, non mi ricordo chi, risponde: “Chi si specchia davanti a Dio e non ha nulla da rimproverarsi”. Interessante la risposta di San Francesco d’Assisi, gli dice: “Ecco adesso capisco perché sei così triste”. L’uomo puro tiene tutto in mano e sa che Dio lo ama così, è quello che ha l’esperienza di questo cuore del Santo re Davide, “non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso, insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno”, perché lo si sente nel cuore quando qualcuno ti parla ed è prima di tutto.
L’altra volta vi ricordavo un neologismo che ha inventato Papa Francesco, il neologismo dei misericordiati, tu lo senti se chi ti parla è un misericordiato oppure no, o viene con il ditino della maestrina, che abbiamo tutti dentro, così lo sentono…
…quando tu incontri qualcuno che ha fatto i tuoi stessi peccati ti viene istintivamente di avere una accoglienza.
Gesù è diventato peccato se li è beccati tutti, ha percorso fino in fondo questa via pur essendo senza peccato.
“Liberami dal sangue o Dio,
Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia”
“Signore apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode”
“Tu non gradisci il sacrificio se offro olocausti tu non accetti”
perché il sacrificio è il nostro cuore.
Accetta di entrare in questa dinamica: uno spirito contrito è sacrificio a Dio, lo spirito contrito è questo.
L’altra volta vi dicevo dell’umiltà pelosa che è un’umiltà finta.
Lo spirito contrito ha dentro l’umiliazione che brucia, che si vergogna anche di guardarsi , che deve far finta che quella cosa l’ha fatto un altro.
Ma quando assumi tutto, ti viene uno spirito contrito, hai un altro atteggiamento interno verso Dio. È questo il sacrificio che Dio vuole, gli altri sono sacrifici esterni, che va bene se sono espressione di questo sacrificio, perché un sacrificio esterno che non parte dal sacrificio del cuore rischia di gonfiare.
Pensate ai Padri, al fiore dei Padri della Chiesa, dicevano che a volte Dio per farci entrare in spirito contrito e regalarci un atteggiamento di umiltà, permette i peccati che ci umiliano di più, loro li indentificano con quelli sessuali del sesto comandamento, perché è più importante per Dio che non ti gonfi di superbia, di vanità spirituale .
Esempio di Gesù quando parlava dei pubblicani che rubavano ai fratelli, se uno diceva al pubblicano sei un ladro lui non poteva dire di no.
Lo spirito contrito viene dal prendere sul serio ciò che abbiamo fatto, confrontato con la legge di Dio.
Un altro modo che il diavolo ha di non farci entrare nella contrizione è modificare i comandamenti di Dio, è un’operazione che fa in continuazione.
Esempio del peccato della sessualità, quando ero ai tempi dell’università ricordo un episodio: un giorno ero alla fiera di Milano, dove un uomo aveva delle effusioni con una ragazzina. Quando l’uomo ha visto che ho guardato la fede al dito, mi ha risposto che non aveva mai tradito la moglie e che con la ragazza era solo sesso. Noi ci costruiamo tutte le giustificazioni, non è che se non pago le tasse sono un ladro.
Pensate a tutte le giustificazioni e come modifichiamo tutti e 10 i comandamenti.
Modificarli vuol dire non tenere più in mano la scandalosità delle nostre azioni. Un giorno, mentre celebravo l’Eucarestia, due sorelle non si sono date la pace e ho chiesto il perché. Mi hanno risposto perché non ci parliamo da tanti anni. Chiedo loro come mai e mi dice che ha dovuto denunciare la sorella perché avevano una grossa eredità e lei non dava mai i soldi, dice che non l’aveva denunciata perché le interessavano i soldi ma l’ha fatto per i miei figli….di queste potremmo raccontare tante storie.
Il comandamento è la legge, è un pedagogo, è una segnaletica che ti dice buono o cattivo, vero o falso, questo si può fare e questo no.
Bene uno spirito contrito che è sacrificio a Dio: quando tieni in mano la legge della scandalosità e la confronti con la tua vita non puoi non avere questa esperienza della contrizione , è un dono dello Spirito Santo.
Pensate che i Padri dicevano che chi piange per i nostri peccati lava i piedi a Gesù Cristo. Lo chiamavano il dono delle lacrime, quando ti viene da piangere quel pianto liberatorio, bellissimo che non è il pianto della disperazione, che non è il pianto dell’abbandono, ma è il pianto di aver ritrovato te stesso in dialogo con qualcuno che finalmente ti ha capito, che non ha banalizzato il tuo peccato e per questo che se Dio ti perdona ti perdona davvero.
Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocàusti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi”….
“poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.
Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l’olocausto e l’intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare
Questa è la preghiera del Santo Re Davide, non nel momento più splendido della sua vita ma dopo la caduta più rovinosa, di quelle cadute che ti fanno dire ho perso tutto. È un modo molto curioso come sarà chiamato quest’uomo da Dio alla fine della vita non all’inizio, quando diciamo che era abbastanza coerente, diciamo che questo è un uomo che ha un cuore secondo Dio, un uomo puro, una purezza che viene da questa esperienza.
Finisco i salmi, che erano l’ultimo gancio testamentario del catechismo della Chiesa cattolica, sono 150 preghiere in poesia: frutto di esperienza diverse, di personaggi diversi, profeti diversi, momenti diversi della storia del popolo di Israele, che traducono in una preghiera il sentimento di gioia di amarezza.
Salmi dell’esultanza come il salmo di domenica 5/12/2021, che ci ha proposto l’esultanza del popolo di Israele che ritorna dall’esilio, che ha capito le conseguenze del suo peccato, che Dio non lo puniva, che stanno ritornando a Gerusalemme, il salmo cosa dice?
“Ci sembrava di sognare” è un salmo che esprime una gioia paragonata ai torrenti del Negheb
Quando nel deserto i torrenti del Negheb si riempiono, in un attimo quel deserto che ti uccide e che è sempre uguale, che è monotono, fiorisce nel giro di qualche ora. È il salmo che abbiamo letto Domenica. È il salmo dell’esultanza del ritorno del popolo d’Israele da Babilonia. Quindi quando toccherete un salmo starete toccando la storia di un popolo e la carne viva della storia di un popolo.
Questa è la prima parte sulla preghiera del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Stasera agganciamo l’articolo 2 che s’intitola: “Nella pienezza del tempo”, i numeri che partono dal 2598 in poi.
Il Catechismo dice che ovviamente l’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato dall’incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo, dall’incarnazione del Verbo che si è fatto carne. Allora per poter capire, per comprendere la preghiera di Gesù è necessario che interroghiamo i suoi testimoni, cioè facciamo la stessa operazione che abbiamo fatto con l’Antico Testamento, con alcuni passaggi del Nuovo Testamento che ci suggerisce il Catechismo.
Ed usa un’immagine molto bella: il Catechismo dice che avvicinarci a questa esperienza è come avvicinarci ad un roveto ardente, che è la vita di nostro Signore e delle persone che ha avuto intorno.
Adesso parlando di roveto un altro personaggio dell’Antico Testamento che non siamo riusciti a fare è Mosè, un altro che balbettava, che non voleva prendere decisioni. Tutti personaggi che non sono propriamente splendenti, con tre lauree, prestanti, all’altezza della situazione. Tutte persone che hanno fatto diventare il loro limite la loro forza, perché l’hanno appoggiata in Dio. È una rivoluzione copernicana assumere internamente questa preghiera, questo atteggiamento nella preghiera e non è una posizione solo del Cristianesimo. Ci sono anche persone che hanno vissuto esperienze molto grandi, che hanno toccato queste verità, questa sapienza. Le esperienze traumatiche, terribili della vita sono come una fenditura in un muro, da cui può passare finalmente la luce per capire cose che non avresti mai capito nella tua vita se tu non fossi passato per certe esperienze dolorose. Saremo dei bamboccioni se tutto ci andasse sempre bene!
Il problema vero quando li hai passati è chi te li legge! Il problema vero, il dramma vero dell’uomo è questo. Molti non credono, non sperano, non sanno che nella preghiera, nella relazione con Cristo, nello stare con le Sacre Scritture trovi tutte le risposte. Non è una forma intellettuale.
Il Catechismo dice di avvicinarci a questo roveto ardente che è nostro Signore Gesù Cristo da tre filoni.
Noi cercheremo di percorrerne uno stasera.
Il primo è: “Bisogna contemplare Gesù mentre prega”. Quindi andremo a vedere i luoghi nelle Sacre Scritture dove lui prega e quando lo fa.
Il secondo, che vedremo la volta successiva, è “Ascoltare come ci insegna a pregare”, il terzo è “Conoscere come “Egli esaudisce le nostre preghiere”.
Entriamo in questo primo passaggio bellissimo. Vediamo Gesù che prega. Innanzitutto il primo dato che ci mette davanti il Catechismo è che stiamo parlando di una persona. Cioè quando noi moriremo, vedremo un uomo in carne e ossa perché Lui è resuscitato con la sua carne. L’esperienza della morte sarà l’incontro con una persona. Noi crediamo nella resurrezione della carne. Io ve lo ripeterò continuamente perché per questo noi cristiani preferibilmente non ci facciamo cremare, perché il corpo riposa nell’attesa che si rialzi nel giorno della resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. C’è un documento della Congregazione della Dottrina della Fede che dice: ”È molto preoccupante il fenomeno che molti cristiani fanno cremare i propri corpi. Ci chiediamo: ma non sarà forse che la fede nella resurrezione della carne e dei corpi è diminuita nelle coscienze del popolo cristiano?”.
Poi, per carità, se avete fatto cremare qualcuno, state sereni che non andate all’inferno.
Ma chiediti perché fai alcune cose e questo è così vero, quello che vi dico, che ci vuole il corpo per avere il funerale. Non puoi andare con una cassettina, salvo casi eccezionali previsti con una licenza del vescovo.
A parte questo, dice che il figlio di Dio diventa figlio della Vergine e ha anche imparato da Lei a pregare. Cioè il primo dato, quando tu pensi a Gesù, è che aveva una mamma e, come a noi ci hanno insegnato “Angelo di Dio, che sei il mio custode, illuminami, sorreggimi e…” io mi ricordo ancora quando andavo a letto “Gesù, Giuseppe e Maria Vi dono il cuore e l’anima mia…”
Cioè il primo atteggiamento è di un bambino che ha imparato dalla sua mamma tutta una serie di preghiere, che erano le preghiere del popolo d’Israele. Il popolo in cui Lui è nato e quindi apprende le formule da sua mamma che, dice la Sacra Scrittura, “serbava e meditava nel suo cuore tutte le grandi cose fatte dall’Onnipotente”.
Questo è un primo atteggiamento che Gesù vede in sua madre. Meditava nel suo cuore, il termine greco è “sun-ballo”, cioè tenere insieme cose apparentemente distanti, che non c’entrano niente. In sua madre vedeva questo atteggiamento.
Mi spiego meglio. La tentazione che abbiamo nella preghiera è di isolare un fatto della tua vita che non ti va bene e da lì leggi tutta la tua storia, leggi il passato, il presente, il futuro. Leggi la vita tua, quella degli altri. Attento! Devi tenerla tutta insieme la tua vita e non è ancora finita e se starai appoggiato a Dio tu vedrai che cose apparentemente che non stanno insieme lo sono.
Pensate se il santo re Davide avesse isolato il suo peccato e la denuncia che gli ha fatto il profeta da parte di Dio: si sarebbe suicidato, si sarebbe buttato giù dallo stesso balcone da dove aveva spiato quella donna. Ma ha aspettato, ha tenuto insieme tutto. Diventerà un uomo secondo il cuore di Dio perché ha messo insieme delle cose: la benedizione di Dio, la lode di Dio con l’accusa di Dio per il suo peccato. Cose che non stanno assolutamente insieme. La nostra miseria con la santità che ci regala Dio. La nostra ingratitudine con la fedeltà assoluta di Dio in ogni momento. Il nostro non meritare tante volte un atteggiamento di benevolenza così…..
Tante volte noi siamo dei giudici spietati con noi stessi, Dio non è così duro con noi, pensate che anche in alcune pratiche estreme di chi si ferisce, di chi si taglia, c’è tutto un lavoro dentro di un’anima che è ferita profondamente nella relazione con Dio, e con il demonio che isola in alcuni fatti della vita e ti dice: “Punisciti, fatti del male!”. Infatti spesso gli esiti di quando si sta molto male con la depressione, è che non ti curi non ti lavi, non ti curi, ti tratti male. Guardate c’è una forma di orgoglio che non va bene (“son tutto mì”) si è insopportabili se non hai l’anca ferita ma corri e disprezzi chi non è veloce come te, ma c’è un atteggiamento, un sano orgoglio per cui devi imparare a volerti bene, a un certo punto dobbiamo darci un taglio di accusarci di detestarci su tante cose, e lasciare spazio a Dio che invece non ti guarda assolutamente con questa durezza e con questa ferocia con la quale ti guardi tu tantissime volte.
Gesù guarda una mamma che mette insieme tante cose, e questo sguardo ce l’avrà fino alla fine della vita; una donna che ha sperimentato anche lei su di lei la violenza, la calunnia, l’incomprensione, il tentativo di essere uccisa perché la volevano lapidare, una donna che è stata costretta a scappare tutta la vita perché le volevano uccidere il figlio, una donna che ha dovuto sopportare nel suo intimo anche il sano giusto e legittimo dubbio del suo fidanzato Giuseppe, (se si fermava lì era finito tutto) ma è andata avanti e ha tenuto insieme.
Mettere insieme. Meditare non è un atteggiamento intimistico è un atteggiamento attivo in cui tu stai davanti alla tua storia chiedendo l’atteggiamento della vergine Maria.
Bene, Gesù pregava con le parole e con i ritmi di preghiera che c’erano nella sinagoga. Vi ricordate tanti episodi a Nazareth, è stato presentato da bambino nel tempio, ma si nota nella sacra scrittura che Gesù ha anche una sorgente più segreta della sua preghiera, non è solamente una trasmissione della fede che ha ricevuto dalla sua famiglia. E’ molto bello nel catechismo l’episodio di quando la sacra famiglia si reca al tempio a Gerusalemme e si dimenticano Gesù e, dopo qualche giorno di cammino, non c’è più nella carovana e tornano indietro dal loro figlio e quando lo vedono giustamente lo rimproverano: “tua madre e i tuoi fratelli erano preoccupati per te”. Vi ricordate cosa risponde Gesù? “Ma non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”
In questo passaggio di Gesù dodicenne si vede che lui è il figlio di Dio, che ha una sorgente più intima, ha un plus, ha una fonte che gli sgorga che già lascia intravedere quello che sarà il cuore della preghiera, che è la relazione col Padre.
Gesù è la preghiera. Potremmo chiamarlo preghiera. È colui che ci mostra come si sta in relazione con il Padre e nello stesso tempo è lui il Padre, nel senso che ce lo fa vedere e qui comincia a rivelarsi la novità della preghiera, appunto, nella pienezza dei tempi.
Il titolo di questa parte del catechismo è NELLA PIENEZZA DEL TEMPO. Ricordate la lettera ai Galati “Nella pienezza dei tempi un uomo nato da donna. E la pienezza dei tempi è l’incarnazione, la preghiera filiale è la sua fonte segreta, è quella preghiera che Dio Padre aspettava e aspetta adesso dai suoi figli che viene finalmente vissuta dal suo figlio stesso, nostro Signore Gesù Cristo, che la vive nella sua umanità, questo è il dato fondamentale, e la vive con gli uomini e per gli uomini.
L’incarnazione (c’è stato un Concilio nella storia della Chiesa contro coloro, molti vescovi, che negavano l’umanità di nostro Signore Gesù Cristo perché dicevano era una goccia che va nella divina natura di nostro Signore e che viene subito riassorbita). No, lui era veramente uomo fino in fondo. E se lui ha vissuto questo come uomo, anche io posso vivere la stessa cosa, noi siamo chiamati a vivere la stessa identica esperienza di nostro Signore
Il vangelo di Luca sottolinea l’azione dello Spirito Santo e il senso profondo di questa preghiera nel mistero di nostro Signore Gesù Cristo.
Spiamo Gesù che prega.
Primo dato. Gesù prega sempre prima dei momenti decisivi della sua missione.
Sempre. Pensiamo alla fregola che ci viene quando abbiamo cose importanti, ma abbiamo mille cose da fare e dovremmo dire: è un giorno decisivo della mia vita. Alt. Fermi!
E quando lo fa nostro Signore Gesù Cristo?
Prima che il Padre gli renda la testimonianza al momento del suo battesimo, quando tutti erano in fila per essere battezzati, si dice che lui era immerso nella preghiera (Lc 3,21)
Altro passaggio fondamentale: la trasfigurazione sul monte Tabor (Lc 9,28)
E poi un altro passaggio in cui Gesù pregherà è prima di realizzare, per mezzo della sua passione, il disegno di amore del Padre. E questa preghiera la leggiamo (Lc 22,41-44). Siamo nel Getsemani, momento importante della vita di nostro Signore (lo amplio un po’): “Uscì e andò come al solito al monte degli Ulivi. Anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: ”Pregate per non entrare in tentazione! Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà!”
Questo è un dato decisivo della preghiera di Gesù. Lui come uomo vorrebbe che questo calice si allontanasse da Lui, ma poi immediatamente qui si vede il segreto, la preghiera filiale di Dio, quella preghiera che il Padre aspettava da secoli, che vede ora nel Suo Figlio, ed è la preghiera verso la quale Dio ci vuole portare: ”Se vuoi, fai guarire quel mio amico, ma sia fatta la Tua Volontà!”
Una volta mi ricordo, ho avuto un incontro bellissimo con due genitori, poverini, a cui era morto un figlio a sedici anni di tumore, e li avevo convinti a venire a sentire una catechesi, gli avevo detto. Fatevi consolare da Dio! Me la ricordo ancora quella sera. Un passaggio della catechesi che avevano ascoltato, tenuta da una catechista molto brava.
Disse:-Tutto quello che voi chiedete a Dio nella preghiera, ve la da’!- ma con una forza..!!
Mi ricordo il gesto: lei ha preso la borsetta, ha fatto un cenno al marito con la testa, e se ne sono andati. Poi l’ho chiamata e le ho chiesto: Che è successo?
“Quella donna è una falsa: io ho chiesto a Dio di far guarire mio figlio, e gli ho chiesto di prendere in cambio la mia vita. Dio l’ha fatto morire! Tutte bugie!”
E’ questa la preghiera filiale di Gesù.
Io te lo chiedo, ma siccome l’umile sa che non sa cosa è conveniente chiedere, né per me, né per le persone che ho vicino, e ha fatto l’esperienza – immaginiamoci se noi- poi si capisce, facciamo bene a chiedere queste cose, capitemi-ma nell’economia della salvezza- di quella persona, di quelle persone vicine, del mondo- ma posso pensare che io sono più furbo di Dio, che capisco io gli equilibri più di Dio, e quindi posso sapere se è meglio che una persona muoia a sedici, diciassette, quaranta, ottant’anni, ma poi è chiaro che, soprattutto le persone che amiamo, non vorremmo mai che ci lasciassero ed è giusto che preghiamo, ma chi ha l’abbandono al Padre dice: Io ti chiedo questo! Muoio solo all’idea, però non la mia, ma la Tua Volontà.
So che se accadrà, tu mi aiuterai. So che se accadrà, c’è un Senso profondo e dovremmo mettere insieme delle cose che apparentemente non stanno insieme.
“E meditava queste cose nel suo segreto”. Questa preghiera è la preghiera centrale di Gesù. Fatta questa preghiera, apparve un angelo dal Cielo per confortarLo, perché quando ti viene questo abbandono, sembra che poi sei tu che fai morire quella persona; è una lotta continua perché è una preghiera così potente, così liberante, così vicina! E’ Dio questa preghiera, che va subito un angelo a confortarLo, lo dice la Sacra Scrittura: ”Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo”, e entrato nella lotta, perché pregare è lottare- i monaci del deserto, quando andavano a pregare dicevano. Vado a lottare!-
Non abbiate un’idea intimistica della preghiera, tipo che fuori c’è l’uragano, e tu vai con le farfalline, i fiorellini- a volte è anche così perché Dio nella preghiera da’ degli stati di beatitudine meravigliosi, perché anche a noi Dio manda degli Angeli a confortarci. Ma a volte è ruvida la preghiera, a volte sembra che parli con te stesso, che non ci sia nessuno dall’altra parte ad ascoltarti.
“Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il Suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli, e li trovò che dormivano per la tristezza.”
Chi non prega, spesso dorme per la tristezza perché è il modo per scappare dalla vita. E’ molto forte anche questa dinamica legata alla preghiera. Ad esempio, un buon sonnifero, quando non riesci a dormire, è la preghiera, vedrai che poi ti addormenti. Ti svegli improvvisamente di notte? Signore, vuol dire che prego stanotte alle tre, alle quattro. E comincia, entri in un altro respiro.
Quindi prega nei momenti decisivi della vita, abbiamo identificato questo momento del Getsemani. Ma Egli prega anche prima dei momenti decisivi legati alla Sua missione, pensate quando prega tutta la notte per scegliere i dodici discepoli.
E sceglie Giuda Iscariota, colui che lo tradì, perché il mistero dell’iniquità fa parte del Mistero della Chiesa, perché noi tante volte crolliamo, soprattutto in alcune dinamiche di chi lavora un po’ più dentro la Chiesa. Almeno io ho spesso questa tentazione, dici “vabbè, poi si tolgono pian piano tutte le erbacce e rimane il Regno dei Cieli su questa terra, tutti buoni, tutti onesti, tutti che cercano di fare la volontà di Dio, tutti che stanno nella Chiesa per fare il Bene, tutti i poveri ti vengono a chiedere la carità perché davvero hanno bisogno” viene questa idea.
Tutta la notte pregherà Gesù, e sceglierà questi dodici, tra cui anche Giuda, che sarà fondamentale per la Sua missione soprannaturale su questa terra, perché grazie a questo tradimento, entrerà decisamente nella parte finale della Sua vita.
Senza la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, tutte le parole che vi dico stasera sarebbe impossibile viverle, perché non ci sarebbe nessuno in Cielo- in questo momento Gesù sta mostrando le Sue piaghe al Padre, sta guardando ciascuno di noi e dice :”Prima di guardare don Pierangelo, guarda Me, e quello che ho sofferto per lui, e aiutalo!” Ma se Lui non fosse morto, non fosse stato tradito da Giuda, non fosse stato vilipeso, trattato male, crocifisso, morto, non sarebbe risorto, non sarebbe asceso al Cielo, non starebbe in questo momento Vivo, eternamente Vivo, per intercedere per noi in attesa di ritornare su questa terra per riportarci veramente con Lui.
“E meditava queste cose nel Suo cuore”. Tenete insieme cose che apparentemente non c’entrano niente con la Volontà di Dio.
Gesù prega ancora prima che Pietro lo confessi come Cristo di Dio.
Prega come dice a Pietro, il capo degli apostoli “ affinché la tua fede non crolli, io pregerò affinché tu non venga meno nella tentazione” (Lc 22,32)
Un altro passo di Luca (Lc 11,1) molto bello è “ un giorno il Signore si trovava in un luogo a pregare e uno dei discepoli disse- Signore insegnaci a pregare-” e guardate come anche ai discepoli viene voglia di pregare guardando Gesù pregare, guardando il Maestro pregare.
Io conservo ancora il ricordo della signora Clementina, una parrocchiana del mio paese che trovavo a qualsiasi ora del giorno in chiesa con il rosario a pregare. Io con lei non ci ho mai parlato, ma vedendo quella donna e la sua preghiera incessante, l’intensità con la quale meditava davanti al Santissimo, mi incuriosiva e mi avvicinavo a guardarla.
Vedere qualcuno che prega, come immagino vi sia capitato qualche volta nella vita, l’esperienza diventa molto forte nei monasteri di clausura dove ti viene voglia di inginocchiarti: ti senti leggero nella tua interiorità, ti si apre l’anima sperando che questa preghiera possa raggiungere anche il tuo cuore e consolarlo. Anche i discepoli chiedono a Gesù: “insegnaci a pregare”.
Gesù poi si ritira in disparte e in solitudine sulla montagna a pregare, generalmente di notte. Lui nella Sua preghiera porta gli uomini, e con la sua incarnazione di vero Dio e vero Uomo con la sua preghiera porta a Dio tutti i desideri e le angosce delle persone.
Noi facciamo bene a pregare per i nostri figli ed i nostri cari, ma l’esperienza più intima e meravigliosa della preghiera è quella di portare davanti a Dio gli uomini o una categoria di persone.
Vi ricordate l’altra volta vi ho raccontato l’esperienza di una monaca di clausura che all’inizio della quaresima chiese di prendere per sé l’angoscia e la sofferenza delle donne che hanno abortito, di prendere a se l’istinto di suicidio che viene alle Donne dopo la pratica dell’aborto. A metà della quaresima mi chiese di toglierle la promessa che aveva fatto, tanto era grande il dolore e tanto era immensa la tentazione di buttarsi da una finestra, e io le ho spiegato che ogni volta che avrebbe pregato davanti all’Ostia consacrata per adorare, avrebbe portato davanti a Lui migliaia di donne, che sicuramente conoscerà in cielo ad una ad una e che ti ringrazieranno . Tutte queste donne da morte scopriranno un mistero d’amore e di comunione della Chiesa: persone sconosciute donano la loro giovinezza, la loro maternità, donano tutto quello che avrebbero potuto vivere, per portare le persone, che non ce la facevano da sole, davanti a Nostro Signore Gesù Cristo.
Questa è la preghiera del Padre , questa è la preghiera di Gesù davanti agli uomini, è la preghiera che possiamo fare anche noi e tante volte, grazie a questa preghiera riusciamo a capire alcune cose della nostra vita, e molte volte ci riusciamo meglio quando smettiamo di pensarci e cominciamo a pregare.
A me è successo tante volte!
C’è una dimensione nella preghiera che è meravigliosa; Lui il Verbo che si è fatto carne nella Sua preghiera umana partecipa a tutto ciò che vivono i suoi fratelli, dice il CCC, compatisce le loro infermità per liberarli da esse, proprio per questo il Padre lo ha mandato. Le Sue parole e le Sue azioni appaiono allora come la manifestazione visibile del suo segreto, il suo segreto che cominciarono a intuire i Suoi genitori quando aveva 12 anni. Gesù si smarrì per tre giorni disse ai genitori “mi devo occupare delle cose del Padre mio!”. E quali sono le cose del Padre di Gesù: Gesù riuscì a salvare tutti gli uomini, togliere quanto più possibile la sofferenza alle persone.
La vera sofferenza non è la malattia o la perdita di qualcuno seppure caro, la vera sofferenza, quella cupa è di non sapere perché vivi, di non sentirti amato da nessuno, di non avere esperienza di Dio; la solitudine quella vera.
Alcuni non sanno neanche che esiste Gesù, la Vergine Maria, oppure hanno una serie di slogan terribili…hanno tappato il Cielo.
Da questa sofferenza terribile Dio ti aiuta o direttamente incontrandoti di persona con diverse occasioni e la conversione, oppure altre persone scopriranno che sono riuscite a sopravvivere perché altre hanno portato le loro vite davanti al Padre.
La Chiesa non è solo Militante, la Chiesa ha altri due pezzetti fondamentali: la Chiesa Purgante e la Chiesa Trionfante che intercede. In questa chiesa ci sono persone che fanno per la grazia di Dio già l’esperienza dell’intercessione, ma tutti noi siamo chiamati a farlo, non come le monache di clausura ventiquattro ore si ventiquattro, ma sforzandoci di dilatare il nostro cuore nel quotidiano e poi ci si prende anche gusto. Questa è un’altra dimensione della preghiera.
Insomma, abbiamo un po’ spiato l’esperienza di Gesù Cristo nella preghiera…io ripartirei da qui al prossimo incontro.
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