Costanza Miriano's Blog, page 26

October 9, 2021

Omelia, 2 ottobre 2021 – don Fabio Rosini

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Omelia di don Fabio Rosini

Basilica di San Pietro, 2 ottobre 2021

«Chi fa le cose a partire da se stesso arriva a se stesso, chi le fa a partire da Dio arriva a Dio», afferma don Fabio Rosini nel corso dell’omelia. «La preghiera non è cercare Dio, ma farsi trovare da Dio, non è opera nostra. È stare come bimbi e farsi salvare, perché da questa esperienza di grazia deriva la nostra forza.

La forza della preghiera è nella consapevolezza di dipendere, poiché non posso fare da solo. Pregare è come prendere il sole!», esclama ancora don Fabio Rosini mentre commenta la preghiera dell’angelo custode, la quale «ci dice che io sono un tesoro da custodire e che quando sto davanti a Dio come figlio, ho intimità con Dio, Dio è nemico dei tuoi nemici (laddove noi, invece, facciamo amicizia coi nostri ‘nemici’. Dio non è il nostro ‘compagnone’!) e l’angelo ti fa conoscere il Suo volto».

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Published on October 09, 2021 03:00

October 8, 2021

I frutti della preghiera – don Massimo Vacchetti

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Catechesi di don Massimo Vacchetti

Basilica di San Pietro, 2 ottobre 2021

«Dal punto di vista agronomico il frutto non serve solo al nostro nutrimento, ma anche a veicolare il seme. La preghiera rinnova sempre l’efficacia della vita divina in me. Di qui il primo frutto della preghiera è la coscienza della propria figliolanza, la coscienza che sono figlio di Dio». ù

Con un affondo sul contesto attuale, don Vacchetti evidenzia come questo non sia un tempo in cui mancano soltanto i ‘padri’, ma in cui mancano anche i ‘figli’. «Il secondo frutto della preghiera è la coscienza della Chiesa, la consapevolezza che la salvezza che chiedo per me è per tutti. Il terzo frutto è l’abbraccio del dolore degli altri nella carità. Insomma il frutto della preghiera è Cristo, il Corpo dato a noi perché diventiamo suo Corpo e, per l’azione del Suo Spirito, nuove creature».

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Published on October 08, 2021 11:43

October 7, 2021

La preghiera come combattimento Spirituale – don Pierangelo Pedretti

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Catechesi di don Pierangelo Pedretti

Basilica di San Pietro, 2 ottobre 2021

Don Pierangelo Pedretti affronta il tema del combattimento nella preghiera. «L’inganno di abbassare la guardia è voluto dal maligno.

Perciò occorre pregare ogni giorno perché il suo potere non ci domini». Citando i padri orientali, la filoautìa (l’amore smodato di sé) e la gastrimarghia (‘follia del ventre’) di Evagrio Pontico in particolare, richiama un’immagine loro cara, secondo la quale i demoni ci osservano e ci spiano, anche se non conoscono quello che c’è nel nostro cuore. Perciò il maligno comincia a tentarci con la suggestione, attraverso una fantasia allettante che ci invita a conversare con essa, ma finché non le si acconsente con la volontà, non si commette peccato. Poiché «siamo attaccati sempre sulle stesse cose», occorre anzitutto «imparare a lottare e restare svegli nel combattimento»; poi «custodire il cuore, “un giardino che, senza Gesù diventa un inferno” (Origene)». Un esercizio pratico? «Cominciare col chiedere ai propri pensieri: “Di chi sei?” e combattere i vizi, i quali diventano come un’altra pelle che il diavolo ci mette addosso, per cui scambiamo il male per il bene e giustifichiamo il nostro agire in base ai nostri comportamenti».

(sintesi della catechesi da Il Timone)

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Published on October 07, 2021 15:58

La preghiera Parola di Dio – padre Maurizio Botta

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Catechesi di padre Maurizio Botta al Monastero WiFi

Basilica di San Pietro, 2 ottobre 2021

Comincia pregando due volte padre Maurizio, ossia con il canto, la sua catechesi padre Maurizio Botta: «E chi non cerca Cristo non sa quello che cerca / e chi non vuole Cristo non sa quello che vuole / e chi non vuole Cristo non sa quello che ama».

Poi, nel rilevare cosa dice la Parola di Dio della preghiera, si sofferma sulla preghiera di Gesù: «Il Padre nostro ti dà l’ordine dei desideri, è il modo per non sprecare parole cercando di convincere Dio delle cose di cui abbiamo bisogno. Le prime tre richieste segnano la brama del regno di Dio; il ‘nome’ è l’invocazione della potenza santificante di Dio. La richiesta del pane non è solo richiesta di ciò che ci serve quotidianamente e dell’Eucarestia, come solitamente viene interpretata, ma dello Spirito Santo; è la richiesta di un cuore misericordioso, per chiedere a Dio che ci liberi da Satana, dal rimanere invischiati nel risentimento, nel rancore, per non essere indotti alla spietatezza verso il fratello».

(sintesi della catechesi da Il Timone)

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Published on October 07, 2021 02:43

October 6, 2021

Cos’è la preghiera – don Antonio Grappone

 

 

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Catechesi di don Antonio Grappone al Monastero WiFi

Basilica di San Pietro, 2 ottobre 2021

Ripercorrendo la parabola esistenziale agostiniana, dal momento che «le Confessioni sono la più lunga preghiera mai scritta», monsignor Antonio Grappone sottolinea che ogni preghiera «richiede una relazione autentica con il Padre, poiché se non comporta la conversione, ossia il desiderio di vivere nella volontà di Dio, non è nemmeno preghiera».

La preghiera «è elevazione dell’anima a Dio e domanda di beni convenienti», recita il Catechismo della Chiesa. Dunque, prosegue monsignor Grappone, «non è una tecnica per ottenere risultati e non ha nulla a che vedere con lo yoga, bensì è risposta a Dio ci precede sempre nell’amore». Di qui «la qualità della preghiera non dipende dal nostro sforzo, funziona pure se hai mal di testa o stai cascando dal sonno, perché Dio conosce il nostro cuore. Consiste nel riconoscere la propria miseria dinanzi all’amore del Padre. Le parole che pronunciamo non sono nostre, sono parole di un Altro, (basti pensare al Padre Nostro e ai Salmi), che siamo però invitati a fare nostre». In questo modo, «riconciliandoci con Dio, la preghiera ci restituisce a noi stessi». Insomma la preghiera «non è mai tempo perso, perché Dio sa ascoltare, anche ciò che non riusciamo a esprimere». E relativamente ai periodi di aridità e desolazione spirituale, monsignor Grappone ricorda che il Padre permette tali momenti per insegnarci la gratuità e farci crescere spiritualmente, affinché possiamo essere riconoscenti al Suo amore, al di là della dinamica del do ut des nella quale comunemente ci rivolgiamo a Lui. In sostanza, il «frutto più prezioso della preghiera è la perseveranza nella fede, nella speranza e nella carità; in questo senso “chi prega si salva” (Sant’Alfonso)».

 

(sintesi della catechesi da Il Timone)

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Published on October 06, 2021 14:23

September 30, 2021

Ripartire con coraggio e fede

Testo dell’intervento che l’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste e Presidente onorario dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân ha tenuto a Bologna il 18 settembre scorso in occasione dell’OP Meeting dei Padri Domenicani

di Mons. Giampaolo Crepaldi

Vorrei iniziare questo mio breve intervento prendendo spunto dalle parole del titolo che ci è stato indicato: “Ripartire con coraggio e fede”. Nella situazione che tutti abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, la parola “ripartire” è stata utilizzata da molte parti e in vari sensi. Spesso è diventata una parola magica e abusata nello stesso tempo, con la quale nascondere almeno una parte di realtà, in modo che la “ripartenza” avvenga in un senso utile a chi la proclama. Di appelli alla ripartenza ne abbiamo sentiti molti e non sempre in essi ci siamo riconosciuti perché strumentali. In questa mia conversazione non intendo il termine “ripartire” nei significati che oggi vanno per la maggiore e che sono – come torno a dire – tendenziosi e interessati. Come dobbiamo intendere, allora, questo termine?

Mi aiutano le altre due parole del titolo: coraggio e fede. Il coraggio à una virtù. Platone, nella Repubblica, lo definisce così: “Coraggioso credo noi chiamiamo ciascun individuo quando l’animo suo riesce a salvaguardare, nel dolore e nel piacere, i precetti che la ragione gli dà su quello che è o non è temibile” [Resp., IV, 442 b-c]. Qui Platone ci dice che il coraggio, come ogni virtù, è collegato con la ragione, più precisamente con la ragione pratica, la quale è però una “estensione” della ragione teoretica. San Tommaso afferma che  “la virtù è quella disposizione che rende buono l’uomo che la possiede e l’atto che egli compie” [S. Th., II-II, q. 123, a 1; cfr. S. Th., II-II, q. 47, a 4] per precisare poi che “buono e cattivo si dice in ordine alla ragione” [S. Th., I-II, q. 18, a. 5, resp.]. Allora, la prima leva da cui ripartire è l’uso della ragione, alla quale rimanda la virtù del coraggio. È il titolo di questa conversazione a indicarcelo e io sono pienamente d’accordo con questo suggerimento.

La ragione, però, spesso non ce la fa con le sole sue forze. Ha all’interno una forte spinta perché ogni uomo cerca naturalmente di conoscere, come diceva Aristotele nelle primissime righe dalla sua Metafisica, però comporta anche fatica, come insegnava già Eraclito nel V secolo avanti Cristo dato che – egli diceva –  la “verità ama occultarsi”. Uno dei grandi insegnamenti di Benedetto XVI è stato che la ragione ha bisogno della fede, non per diventare altro da sé, ma per essere fino in fondo ragione. Questo principio è condiviso da tutti coloro che ammettono la possibilità di una “filosofia cristiana”. Questo perché la fede (cristiana), a sua volta, “non si basa sulla poesia e la politica, queste due grandi fonti della religione; si basa sulla conoscenza … Nel cristianesimo la razionalità è diventata religione” [J. Ratzinger, Fede verità tolleranza, Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 178]. Ecco allora che la ripartenza, oltre che fondarsi sulla ragione deve fondarsi sulla fede. Durante la pandemia abbiamo visto la ragione presentare argomenti di fede e la fede presentare argomenti di ragione, veri o presunti che fossero: così non va. Ognuna deve rimanere quello che è, ma nella collaborazione reciproca, come dice in un suo famoso passo la Caritas in veritate che riprende altri luoghi analoghi di Benedetto XVI.

Ho utilizzato le parole del titolo perché proprio su questa linea di virtù, ragione e fede, intendo svolgere queste mie riflessioni sulla ripartenza.

Ripartire dalla coscienza

La ripartenza dovrà prima di tutto fondarsi sulla coscienza. Come dice la Veritatis splendor, la coscienza è “un atto dell’intelligenza della persona, cui spetta di applicare la conoscenza universale del bene in una determinata situazione e di esprimere così un giudizio sulla condotta giusta da scegliere qui e ora” (n. 33). Dobbiamo realisticamente chiederci se nella attuale situazione politico-sanitaria ci si sia veramente preoccupati di alimentare il giudizio della coscienza personale. Non intendo esprimere qui valutazioni di parte, ma mi sembra doveroso riconoscere che, dai tentativi di persuasione surrettizia fino alla deformazione dei dati informativi di base, si sia fatto molto per impedire alle coscienze di esprimere un giudizio responsabile. Spesso le decisioni sono state dettate dall’imitazione, dall’obbligo indiretto, dalla fretta, sulla parola di uno o dell’altro esperto, affidandosi ad una o all’altra delle narrazioni in campo, dentro un mare di informazioni confuse e contraddittorie in cui spesso la coscienza è naufragata. Devo aggiungere, a questo proposito, che anche la Chiesa cattolica avrebbe forse potuto fare di più per fornire gli strumenti per un ragionamento personale, secondo verità e libertà, capace di esaminare con ordine i diversi livelli della posta in gioco. Le coscienze sono state fin troppo bombardate da molti slogan, e sono state spinte a valutare in fretta per abbreviare i tempi, che invece, proprio per questo, si sono allungati.

Quello che sto sottolineando ha una proiezione a lungo termine, anche dopo la fine della pandemia, ammesso che possa finire… Quando la coscienza si addormenta, quando ci si abitua a risolvere senza troppa fatica questioni che invece sono complesse, quando ci si scontra tra di noi non con argomentazioni ma con scelte assunte “per sentito dire” o per “parte presa”, i danni sono destinati a ripercuotersi a lungo, perché simili atteggiamenti continueranno anche in altri luoghi della vita sociale, indebolendone le motivazioni.

Nel suo famoso libro “Il potere” del 1951, Romano Guardini aveva messo in luce il pericolo che il potere fosse separato dalla responsabilità: “La progressiva statalizzazione dei fatti sociali, economici, tecnici – e noi potremmo aggiungere, sanitari – e insieme le teorie materialistiche che concepiscono la storia come un processo necessario significano il tentativo di abolire il carattere della responsabilità accettata, di scindere il potere dalla persona” [Il Potere, 1951, Morcelliana, Brescia 1993, p. 121]. Guardini, nella stessa opera, mette in guardia da un pericolo che anche oggi stiamo vivendo, ossia quello del potere “anonimo”: “Può anche avvenire che dietro di esso – ossia del potere – non ci sia alcuna volontà a cui ci si possa rivolgere, nessuna persona che risponda, ma solo una organizzazione anonima” [Ivi, p. 122], e sembra che l’azione passi attraverso le persone come semplici anelli di una catena.

Queste note sulla coscienza hanno un enorme impatto su un’altra fondamentale dimensione della ripartenza, che qui non ho il tempo di approfondire: l’educazione e la scuola hanno subito un grande vulnus in questo periodo e non è da escludere che la ripartenza avvenga anche con importanti modifiche sul fare educazione: esse potranno andare sul sentiero di una ulteriore centralizzazione e pianificazione, oppure di una maggiore assunzione di responsabilità educativa delle famiglie e della società civile.

Ripartire dalla ragione

Le osservazioni fatte sulla coscienza ci dicono che la ripartenza dovrà prevedere che la coscienza si riappropri delle proprie ragioni, che rivendichi i propri metodi e contenuti di ragione, che riscopra la ragione in tutta la sua pienezza.

Ora, riscoprire la ragione in tutta la sua pienezza, vuol dire ritornare alla sua struttura analogica, sapere che essa ha diversi piani e non confonderli tra loro, applicarli tutti in modo sinergico ma ognuno al suo posto. Durante la pandemia spesso questo non si è verificato. Guardiamo per esempio il ruolo svolto dalla scienza e dagli esperti, facciamolo – come ripeto – senza prendere parte per l’uno o per l’altro fronte in campo. Risulterà abbastanza facilmente che la ragione scientifica non è stata utilizzata per quello che è, ossia nei suoi successi e nei suoi limiti. In certi casi la scienza è stata esaltata, andando ben oltre la saggia umiltà di molti scienziati ben consapevoli del suo carattere ipotetico, il che comporta che le conclusioni da essa stabilite e le indicazioni da essa fornite siano relative e mai assolute. In altri casi è stata svilita e accusata di complicità col potere politico, il quale del resto – occorre riconoscerlo – l’ha utilizzata altrettanto spesso per i propri scopi, nascondendosi dietro l’espressione “lo dice la scienza”. Ma cosa dica veramente la scienza è rimasto nel complesso piuttosto oscuro. Nonostante questo, essa ha influito molto sulle decisioni personali e il giudizio scientifico per molte persone è diventato immediatamente giudizio etico.

Il piano empirico della raccolta dei dati, quello scientifico teso ad informare sui contenuti scientifici delle scelte in campo, il piano etico della valutazione morale in vista del bene sia personale che interpersonale, il livello politico teso a considerare il tutto della comunità politica per agire in vista del bene comune, senza riduzionismi a logiche di parte, siano esse quelle delle industrie farmaceutiche o quelle degli imprenditori o quelle dei sindacati eccetera …  sono piani distinti tra loro e nello stesso tempo collegati. È sempre la ragione ad operare in essi, ma per via analogica. La ripartenza dovrà riacquistare l’attenzione per queste distinzioni dii ambiti e nello stesso tempo per queste collaborazioni, in modo che tutti facciano la propria parte e, nell’esercizio delle ragioni particolari, sia la ragione in quanto tale ad avere la meglio sulla paura, che è sempre una cattiva consigliera e facile strumento di controllo, sulla fiducia improvvisata e non motivata, sulla fretta, o sulla necessità.

Ricominciare dalla Fede

Tocco infine il tema della fede in ordine alla ripartenza. A mio modo di vedere, la fede – parlo qui della fede cattolica e non di una fede religiosa generica – ha il compito di sostenere, fortificare, aiutare tutto quello che ho finora detto: la coscienza, l’educazione, l’uso corretto della ragione nei suoi diversi livelli, la politica del vero bene comune. Essendo la Chiesa la “Sposa del Logos” non può tollerare illogicità, assurdità, contraddizioni, confusione di piani, arroganze ideologiche e l’azione di forze “anonime”. Tutto questo, però, lo deve fare senza mai ridurre il problema a quegli stessi livelli che intende aiutare ed evitando di piegare se stessa a quei livelli. Se lo facesse rinuncerebbe al suo compito di “salvarli” anche in ordine ai loro fini naturali. La fede vede tutto nell’ottica della perdizione e della salvezza, valuta anche le disgrazie nella luce della provvidenza divina, propone la fede in Dio onnipotente che, normalmente opera tramite le cause seconde ma può intervenire – nonostante le perplessità a questo proposito di tanta teologia contemporanea – anche rompendo, nel miracolo, la successione della causalità naturale, legge gli eventi della storia tramite una teologia della storia e invita sempre gli uomini alla conversione e al pentimento. La Chiesa non confonde mai la salute, nel senso sanitario del termine, con la salvezza.

La Chiesa non aiuterà la comunità a vincere la sfida sulla “salute” diventando una agenzia “sanitaria” ma proponendo la “salvezza”, che dall’alto della vita di grazia scende anche in basso a fecondare la vita sociale. Ora – e con queste parole termino il mio intervento – c’è uno strumento particolarmente adeguato a questo scopo: la Dottrina sociale della Chiesa, strumento indispensabile per la “ripresa”.

 

 

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Published on September 30, 2021 01:00

September 28, 2021

Il libretto del Terzo Capitolo del Monastero WiFi del 2 ottobre 2021

QUI si può scaricare il libretto A4 del Terzo Capitolo del Monastero WiFi del 2 ottobre 2021, a pagine singole: molte persone hanno grossi problemi a stampare l’opuscolo A5 fronte/retro e ci è impossibile reinviarlo a tutti gli iscritti via mail.In questa versione si può agevolmente leggere anche da cellulare, per chi non vuole/può stampare.GrazieLaura LIBRETTO A4 del Terzo Capitolo del Monastero WiFi del 2 ottobre 2021

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Published on September 28, 2021 02:38

September 25, 2021

Preghiera del cuore

Mentre ci prepariamo a partecipare, in presenza o da lontano – in collegamento, o solo col cuore, come per esempio chi sarà in viaggio o lavorerà – al terzo Capitolo Generale del Monastero wi-fi (2 ottobre a Roma, san Pietro), e cerchiamo di farlo soprattutto lavorando sul cuore, vorrei dirvi che per me la parte sicuramente più difficile è stata fare la scaletta degli oratori: c’è così tanta ricchezza e bellezza nella Chiesa che ho sudato letteralmente freddo per giorni e giorni. Mi ha aiutato un po’ la Provvidenza perché alcune persone che avevamo invitato non possono venire, nonostante lunghe trafile di mail e telefonate e verifiche e tentativi di incastrare (tipo padre Serafino Tognetti che ha un matrimonio, e a un certo punto avevamo pensato anche all’opzione di paracadutarlo su san Pietro per far prima da Firenze). Una delle persone che avrei tanto voluto invitare è madre Maria Emmanuel Corradini, badessa del monastero di san Raimondo, a Piacenza, sapiente e accogliente donna di preghiera, ma anche super energica donna di azione… Ha preferito non lasciare la clausura (ma ci riproveremo!), però ci ha inviato due regali per prepararci. Ecco il primo (che poi sarà il tema della catechesi finale). Troviamo qualche minuto per lavorare sul cuore, per dissodarlo e renderlo più fertile.

PREGHIERA DEL CUORE

di madre Maria Emmanuel Corradini

Oggi siamo sommersi dal clamore delle parole e non diamo voce alla parola che proviene dal silenzio. I monaci nel capitolo vi della Regola di san Benedetto sono invitati ad amare il silenzio per custodire la Parola, perché la Parola ascoltata possa essere ruminata, amata, possa diventare luce, sale e forza, e quindi il parlare diventi dire bene. Ma per riempire l’anima bisogna fare silenzio, bisogna riempirsi della Parola di Dio, lasciarla decantare e, una volta decantata, questa Parola diventa ricchezza, luce, pace e consolazione. Quindi senza silenzio in realtà l’uomo perde sé stesso perché perde la propria interiorità. Vivere l’interiorità è necessario per ritrovare il senso dei valori e soprattutto il senso della preghiera.

Sappiamo che la parola uccide l’altro, può essere motivo di contesa, di divisione. Tante volte non si vuole fare del male ma attraverso una parola detta male o in modo sbagliato o nel tempo sbagliato, la parola assume un significato diverso da quello che volevamo dare. Allora la vita interiore ci aiuta a custodire le parole, a portarle in fondo al cuore dove dovrebbe abitare il Signore. E se queste parole vengono amalgamate con la presenza del Signore ritornano alla superficie con un peso, un significato, un senso molto diverso da quello che avevamo prima sulla bocca. Dobbiamo fare in modo che le parole prendano sempre di più la dimensione della Parola di Dio, che le nostre parole diventino preghiera.

Anche santa Teresa d’Avila ha vissuto per 20 anni una situazione difficile in cui la parola aveva il sopravvento. Disse senza vergogna: “Ho passato momenti di grande tristezza e depressione, momenti di vuoto, momenti in cui le orazioni, cioè le preghiere, non uscivano perché c’era tanta chiacchiera dentro di me”. Questa situazione è molto simile a quella che viviamo noi quando ci poniamo in preghiera, ma siamo distratti dalle cose da fare e dalle tante chiacchiere che abbiamo nella testa e si intromettono dentro l’orazione. Andiamo in chiesa, ma non riusciamo a pregare. Santa Teresa poi è stata liberata dal dialogo come chiacchiera con il mondo e sulle cose del mondo, ed ha iniziato un dialogo con Dio e su Dio e sugli uomini perché lo sguardo d’amore di Cristo su di lei l’ha cambiata. In santa Teresa la forma del dialogo è diventata vita, è diventata preghiera. Ecco la differenza!

Nel momento in cui la parola è diventata il luogo della preghiera il baricentro è stato spostato e quindi non ci sono più le chiacchiere, ma parole su Dio e parole sugli uomini per dire Dio. Ecco cosa vuol dire far sì che le parole diventino preghiera. La preghiera prima di tutto è ascolto di Dio. Se ho il cuore libero, Dio finalmente può entrare dentro di me, cioè può far sì che tutto quello che ho nel cuore, la matassa di parole che ho nel cuore, pian piano lascino lo spazio alla Parola di Dio, all’ascolto di Dio, all’Eucaristia. La prima cosa che fanno i monaci che sono dediti alla preghiera è ascoltare Dio, che poi in realtà vuol dire ascoltare gli uomini. E in funzione di come si ascoltano gli uomini e di come si ascolta Dio, si prega, cioè si rimane in un colloquio a tu per tu.

Le nostre parole hanno la struttura e la consistenza della chiacchiera o invece hanno la consistenza della preghiera? Che cosa dico quando dico il Signore?

La preghiera diventa una necessità del cuore, una necessità di vita.

Mons. Angelo Comastri (vescovo di Ancona) incontrò madre Teresa di Calcutta e racconta:

Mi chiese a bruciapelo quante ore pregavo ogni giorno. Rimasi sorpreso da una simile domanda e provai a difendermi dicendo: “Madre da lei mi aspettavo un richiamo alla carità, un invito ad amare i più poveri, perché mi chiede quante ore prego?” Madre Teresa mi prese le mani e le strinse tra le sue quasi per trasmettermi ciò che aveva nel cuore, poi mi confidò: “Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati che io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo amore nel cuore e così io posso amare i poveri.”

Se uno prega molto non può non fare la carità perché la preghiera porta alla carità. E la carità, se è reale, ti porta a pregare per colui al quale fai la carità, non c’è separazione. La preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato a Gesù. Crediamo che la preghiera sia fatica, ma siamo noi che la facciamo diventare fatica perché è faticoso il nostro rapporto con il Signore, perché il rapporto con il Signore è un dovere, un fare, non è un sentirmi figlio, un sentirmi a casa e dire: finalmente sto con il mio Signore.

Per pregare non c’è bisogno delle grandi cattedrali. Noi non comprendiamo capiamo il bisogno che abbiamo di Dio. Corriamo, facciamo tante cose, andiamo a cercare di riempire il nostro vuoto con le tante cose che ci provengono da fuori e non vediamo che il primo che ci riempie il cuore è Lui che nel tabernacolo silenziosamente è pronto a darsi a noi, se solo lo vogliamo. Eppure le chiese sono vuote perchè l’uomo non sente il bisogno di Dio, ma solo di parole rassicuranti, parole che ci dicono che siamo bravi, che siamo belli… ricorrendo a Dio quando le situazioni sono difficili.

Quante volte la mia parola è preghiera o invece è chiacchiera? Se la mia parola è chiacchiera non ottengo una comunione spirituale con Dio, che è la cosa principale. Dio deve essere dentro di me, abitare me, e se abita quello che io vivo allora non diventa difficile pregare perché gli affido esattamente tutto ciò che compio, le cose belle e le cose brutte, quelle drammatiche e quelle gioiose. Tutto diventa preghiera! Bisogna avere il nome di Cristo sulle labbra e nel cuore, come il pellegrino russo che ripete insistentemente: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me peccatore”. Allora la salvezza irrompe nel nostro cuore. Più siamo in comunione con il Signore, più continuiamo a pregare e tutto ciò che facciamo e diciamo sarà nel nome di Cristo.

San Silvano del Monte Athos diceva che la preghiera viene donata a colui che prega, più si prega più si diventa capaci di pregare. Piano piano questa preghiera del cuore mette a tacere tutte le turbolenze che abbiamo in noi. La preghiera del cuore significa riconoscere che il Signore è necessario alla mia vita.

San Silvano del Monte Athos diceva che per pregare ci sono si le chiese, i libri… ma questi non li puoi portare con te, mentre la preghiera interiore, il nome di Gesù è sempre ed ovunque con te e quindi l’anima è il miglior santuario e tutto il mondo diventa abitato da Dio. Ecco la bellezza di chi non si pone il problema di dover pregare, di dover anche andare a Messa; lo spirito giusto è il desiderio di incontrare Gesù.

Bisogna fare in modo tutti i giorni di trovare alcuni minuti per pregare, per cercare il Signore. Allora ti accorgi che nelle cose più quotidiane il nome di Gesù viene fuori. Se aspettiamo di avere le mezz’ore o le ore a disposizione non lo troveremo mai, ma se i pochi minuti che abbiamo li riempiamo con il nome di Gesù questo trasformerà piano piano la nostra vita. Allora passare in chiesa, fare adorazione, leggere un testo spirituale, aprire la Parola di Dio, sarà una gioia, diventerà una necessità, magari alla sera prima di dormire, perché il nome di Gesù sia l’ultima cosa che spegne il giorno.

Un altro aspetto è la preghiera d’intercessione, la preghiera per gli altri, la preghiera con gli altri. Etimologicamente intercedere vuol dire “fare un passo tra, interporsi”, cioè situarsi tra due parti per cercare di costruire un ponte, una comunicazione tra di esse. Bisogna far si che la preghiera d’intercessione possa essere per l’altro. È Gesù stesso che prega sempre ed intercede sempre il Padre per noi. Quindi quando entriamo in chiesa, quando cantiamo i vespri e le lodi non facciamo altro che prestare la voce a Gesù, ci immettiamo nella preghiera di Gesù che diventa la preghiera della chiesa e che diventa la modalità con cui la preghiera viene portata al Padre. Pregare sempre vuol dire che dobbiamo sempre rimanere in comunione con Dio. Bisogna avere sempre il nome di Cristo sulle labbra e nel cuore. E più siamo in comunione con Cristo sulle labbra e nel cuore più sentiremo una grande pace, una grande solidità, una grande stabilità.

Questa preghiera nasce dall’amore; quando una mamma ha un figlio ammalato prega giorno e notte, non conta le ore, non conta le parole; si mette a pregare come la cananea e finché non ha ottenuto quello che vuole non se ne va. Perché le sta a cuore suo figlio.

Quindi la preghiera di intercessione è una preghiera del cuore, cioè indica che mi sta a cuore questa persona. Io prego non per me, ma perché questa persona abbia ciò di cui è necessario. Quindi la preghiera apre le porte all’amore. La preghiera per gli altri nasce dall’amore e conduce all’amore purificando l’amore. Dobbiamo pregare per avere un cuore che pian piano prega, pulsa, batte sull’onda dello Spirito. Allora ci sentiremo particolarmente amati, perdonati e accolti dal Signore. Andremo alla preghiera non con la paura, non con l’angoscia di non essere ascoltati o capiti, ma con la consapevolezza di chi sa che può andare così com’è ed essere accolto. Una monaca mi diceva qualche tempo fa: “Stai pregando? Io non so se so pregare” dopo un minuto di silenzio ha detto: “É la preghiera che mi fa”. Cioè più uno prega e più la preghiera lo trasforma. Più preghi e più il tuo cuore cambia. Non è nel numero delle preghiere che dici, ma è nel metterti in ascolto di Dio e nella tua disponibilità a questa preghiera, che la preghiera ti cambia il cuore perché ti fa sentire lo sguardo di Dio su di te. E tu sei in pace, non ti devi difendere, non devi spiegare, non devi capire. Non c’è niente da capire nella preghiera.

Dostoevskij racconta la preghiera del popolo ed è molto bello perché nei suoi romanzi racconta il volto del popolo che ha bisogno e che va a Dio, che fa tanta fatica, che cade nel peccato e che cerca di rialzarsi. C’è un testo de “I fratelli Karamazov” che racconta di una donna che guardava da lontano lo staretz (maestro e istitutore di Dio, che ha discernimento, che vede i pensieri e i peccati delle persone che gli si rivolgono n.d.r.). Questa donna che era tutta piegata su se stessa, poi alzava la testa e guardava lo staretz, poi continuava a tenere la testa piegata e piangeva. Si avvicinò allo staretz e lui le disse:

Non avere paura di nulla, non avere paura mai, non ti far prendere dall’angoscia, basta che il pentimento non ti indebolisca dentro e Dio perdonerà tutto. Non c’è nulla nel mondo che possa essere un peccato tanto grave che il Signore non lo perdoni a chi si pente proprio di cuore. Abbi fede in Dio che ti ama tanto che tu non puoi nemmeno immaginarlo: ti ama nonostante il tuo peccato, o meglio, proprio nel peccato in cui ti trovi. Va e non temere. Se provi pentimento vuol dire che tu lo ami e se tu ami sei già in Dio. Con l’amore tutto si salva. Se io, che sono al pari di te un uomo peccatore, mi sono commosso sul tuo caso e ho avuto pietà di te, quanto più sarà così di Dio. L’amore è un tesoro inestimabile che ci puoi comprare tutto il mondo. Va e non temere”. E questa donna gli disse: “Padre lei mi ha rimescolato il cuore”.

Provate a pensare quante volte noi abbiamo dei peccati che sono dei macigni e diciamo: non so… non trovo le parole giuste per dirlo. E questi peccati rimangono come dei macigni che ci tirano giù. Quando noi non ci perdoniamo e non sappiamo pregare perché non ci siamo perdonati nella nostra vita, significa che non abbiamo ancora capito chi è Dio. Quindi la nostra prima azione deve essere quella di metterci sotto lo sguardo di Dio e ascoltarlo e cominciare una relazione con Lui, un dialogo con Lui che può essere una preghiera di domanda, una preghiera di intercessione, una preghiera di gioia, una preghiera di giubilo perché c’è di mezzo una relazione con qualcuno con cui io voglio condividere la vita.

La preghiera diventa vita. La salmodia è la vita del popolo. Ci sono salmi di imprecazione, salmi di lode, salmi di dolore, salmi di lode al Signore nel tempio. E non sono stati esclusi i salmi imprecatori, i salmi di dolore, i salmi di contrizione del cuore perché questi sono la preghiera del popolo. Quindi il popolo va a Dio così come è capace di andare a Dio. Allora dobbiamo salvare Dio nel nostro cuore perché sennò rischiamo di avere tante cose dentro al nostro cuore ma di non avere Dio, di presumere che una preghierina di pochi minuti mi possa far essere credente. E dopo, quando accade qualche cosa di serio, la prima cosa che pensiamo è: “ma io prego tutti i giorni e guarda cosa mi è accaduto”; tu non hai pregato, non ti sei messo in relazione con il Signore perché se ti metti in relazione con il Signore quando ti accade qualcosa lo vivi con il Signore: è questa la differenza. Se preghi realmente il Signore, la preghiera entra in quello che ti accade e il Signore non è da un’altra parte, ma è in quello che ti accade.

Etty Hillesum descrive una scena molto particolare, quando vede i suoi amici ebrei deportati al campo di smistamento di Westerbork che arrivano con le valigie piene non solo di vestiti, ma di oggetti della casa …. perché uno ha l’idea di salvare qualcosa, di portare qualcosa che è la sua storia, la sua vita. Lei guardandoli da lontano un po’ distaccata dice: ma questi uomini e queste donne che cercano di salvare le forchette, i bicchieri, le immagini… sono preoccupati di salvare Dio nel loro cuore? La stessa domanda dobbiamo farcela noi; le nostre valigie di cosa sono piene? I nostri armadi di cosa sono pieni? Le nostre case di cosa sono piene? Sono piene di Dio cioè si respira aria della presenza di Dio, oppure abbiamo tanti soprammobili che tolgono l’aria. Di che cosa è piena la nostra vita? Salviamo Dio nel nostro cuore? Salvare Dio nel nostro cuore non vuol dire buttare fuori quelle cose, ma vuol dire dare il giusto peso alle cose che abbiamo. Vuol dire che parto da Dio e rileggo tutte le cose che ho nell’ottica di Dio. Questo è salvare Dio nel nostro cuore.

Attraverso la preghiera ci mettiamo in rapporto prima di tutto con Dio, con noi stessi e con gli altri. Pregando comprendo chi è Dio, comprendo chi sono io e comprendo chi sono gli altri. Tutto è unificato, non c’è separazione perché Dio ti porta ad uscire e andare agli altri. Ecco perché i monaci sono quelle persone che sanno sempre andare verso l’uomo, hanno sempre la parola giusta, lo sguardo giusto sulla storia; non perché sono dei maghi, ma perché stando con Dio cominciano a guardare la storia e la propria storia con gli occhi di Dio: questa è la profezia. Tutti i battezzati hanno questo dono, il dono della profezia, cioè di leggere la storia con gli occhi del Signore.

Altra cosa importantissima è che noi non ci salviamo da soli, abbiamo bisogno della preghiera degli altri. Io ho bisogno della preghiera delle mie sorelle e della vostra preghiera come voi avete bisogno della nostra preghiera. Scrive Dietrich Bonhoeffer:

Una comunità che non vive dell’intercessione degli altri è una comunità destinata a perire. Non posso giudicare o odiare un fratello per il quale prego, per quanta difficoltà io possa avere ad accettare il suo modo di essere o di agire. Il suo volto, che forse mi era estraneo o mi riusciva insopportabile, nell’intercessione si trasforma nel volto del fratello per il quale Cristo è morto, nel volto del peccatore perdonato”.

Una famiglia che non vive dell’intercessione degli altri è destinata a perire. Il primo esercizio dell’autorità (dell’abate) è quello di pregare per la comunità. Il primo esercizio per un padre e una madre è di pregare l’uno per l’altra e di pregare per i figli affidati loro. La comunità in cui non si intercede uno per l’altro è destinata a morire perché nascono invidie, fazioni, gelosie mentre la preghiera ti riconduce e ti porta all’altro, a stare con l’altro, ad andare verso l’altro. La preghiera di intercessione è fatta soprattutto da chi esercita una autorità. Questa esperienza di fede è bellissima perché la fede è ecclesiale cioè significa che non ci salviamo da soli. In questo modo ciascuno e tutti andiamo insieme in Paradiso.

C’è un bellissimo racconto di Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov” in cui viene data una descrizione commovente della preghiera di intercessione. Lo staretz Zosima disse a un giovane monaco che era entrato in monastero:

“Ragazzo non scordare la preghiera; nella tua preghiera, se sincera, trasparirà ogni volta un nuovo sentimento e una nuova idea che prima ignoravi e che ti ridarà coraggio; e comprenderai che la preghiera educa. Rammenta poi di ripetere dentro di te ogni giorno ed ogni volta che puoi: “Signore abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinnanzi a te” poiché ad ogni ora e ad ogni istante migliaia di uomini abbandonano la vita su questa terra e le loro anime si presentano al cospetto del Signore. E tante volte nessuno prega per loro, nessuno piange per loro. Ma tu sappi che dall’estremo opposto della terra si eleva allora la tua preghiera al Signore per l’anima di questo morente, benché tu non lo conosca affatto né lui abbia conosciuto te. Come si commuoverà la sua anima quando timorosa comparirà dinnanzi al Signore nel sentire che mentre stava salendo a Dio qualcuno pregava per lei”. E lo sguardo di Dio sarà più benevolo verso entrambi, poiché se tu hai avuto tanta pietà di quell’uomo, quanta più ne avrà Lui che ha infinitamente più misericordia e più amore di te. E gli perdonerà grazie a te.”

Questa è la preghiera che ci unisce, questa è la preghiera che non va mai persa. Ad alcuni genitori dico che la cosa più importante che possono fare i per i loro figli, che magari sono grandi e non li ascoltano molto, è pregare. Un genitore prima ha sopperito alle necessità materiali, poi a quelle culturali (scuola) poi è il tempo della preghiera in cui consegnare quello che hai di più prezioso a Dio. Gesù Cristo sul monte pregava per noi per poi consegnarci al Padre e durante il giorno raddrizzava storpi, zoppi, ciechi. Portava l’umanità davanti al Padre. Questo è il ministero principale di Cristo.

La preghiera quindi diventa l’atto fondamentale della vita, l’atto fondamentale per vivere, l’atto fondamentale per diventare uomini e donne; altrimenti ci massacriamo a vicenda, tutti diventano nemici. Invece la preghiera riconduce tutto a Dio e lascia a Dio il suo giudizio. La preghiera è indispensabile per vivere, per amare, per fare atti di carità e per sopportare quello che la storia concretamente tutti i giorni ci mette sulle spalle. Ma se uno prega, piano piano viene inondato dalla presenza di Dio e questa presenza è capace di sostenere tutto, perché la presenza di Dio è l’amore. Ecco perché il testo di San Paolo ai Romani dice: “chi potrà farci del male? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la spada, la nudità? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati.” E torniamo allo stesso punto: ascolto, amo, prego e cresco. E vi assicuro che invece di avere volti tristi avremo volti lieti, profondamente pacati perché Dio trasforma anche l’aspetto esteriore.

Amen.

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Published on September 25, 2021 13:59

September 22, 2021

Aggiornamenti sulla giornata del 2 ottobre a San Pietro

di Costanza Miriano

Benché io non sappia ancora cosa mettere, i preparativi per il 2 ottobre fervono. Intanto la parte più importante: lavoriamo su di noi, più che sugli aspetti pratici. Chi di noi può sta offrendo digiuni e preghiere perché sia un’occasione di grazia per tante persone (a partire da noi, nel senso che ne abbiamo bisogno), un passo avanti spirituale individuale ma anche comunitario, perché la comunione è ciò che fa riconoscere i veri amici di Gesù. Chiediamo anche che tutto vada bene da tutti i punti di vista (sicurezza, salute).

Per chi vuole unirsi, da domani cominceremo una novena a san Pietro (che pubblicherò qui), nostro fratello maggiore nella sua schiapperia iniziale (non si fida, tradisce Gesù, gli dice cose sballate e si prende le sgridate…) e nostro padre nella fede dopo la Pentecoste, fino al martirio: il 2 saremo tutti intorno alla sua tomba, all’altare della professione di fede da cui è nata la nostra Chiesa, la nostra famiglia.

Purtroppo alla riunione di ieri abbiamo appreso che c’è un limite di presenze, che stiamo per sforare per cui vi preghiamo in ginocchio: se siete iscritti ma non siete sicuri di venire comunicatecelo al più presto alla mail capitolo.monasterowifi@gmail.com in modo che cancelliamo l’iscrizione e lasciamo spazio a qualcun altro.

Vi ringraziamo di cuore perché le persone stanno cominciando a donare, e ne avremo bisogno, perché se la basilica è gratis, purtroppo le spese di allestimento ci sono, e sono importanti: resta inteso, non c’è bisogno di dirlo, che tutto quello che rimarrà dalla copertura delle spese andrà ai poveri (viene sempre bocciata la mia proposta di istituire un fondo borse a frange o piume). Si può fare da qui (IT24O0760101400001048662439 intestato a Monastero wifi, scritto così sennò non prende il bonifico) o anche direttamente in basilica, nelle buste che troverete sulla sedia, insieme ai regali (non sveliamo tutto…) e ovviamente si può anche non fare se non si ha la possibilità.

Abbiamo aperto (cioè lo ha fatto la madre badessa tecnologica, Laura, perché io non saprei da dove cominciare) una casella di posta per le intenzioni di preghiera, che deporremo ai piedi di san Pietro, per essere certi di non dimenticare nessuno:

preghiere.monasterowifi@gmail.com ,scrivete qui e noi le porteremo per chi non potrà esserci, o per chi ci sarà ma vuole il sostegno dei fratelli (dove due o tre sono uniti nel mio nome…).

Per quanto riguarda le informazioni logistiche, è cambiato il punto di ingresso, visto l’alto numero di adesioni: passeremo dalla porta di bronzo, guardando la basilica a destra. Da quella parte c’è anche il guardaroba. Bisognerà seguire il serpentone che porta ai controlli di sicurezza, sul lato destro del colonnato, credo che sarà intuitivo il percorso da seguire, impossibile sbagliare. Sarà OBBLIGATORIO il badge che vi arriverà via mail il giorno 29 o giù di lì, che voi dovrete stampare e mettere in modo visibile (per esempio in cartoleria o dal tabaccaio ci sono delle custodiette di plastica a pochi centesimi) con il vostro nome scritto a penna. La Chiesa non vuole respingere nessuno che desideri venire a messa o pregare, ma purtroppo dato il momento bisogna avere qualche cautela in più. Per questo il tetto di presenze (bisognerà rispettare le distanze e tenere le mascherine bene indossate, non alla zuava o a vita bassa) e per lo stesso motivo, perché la Chiesa non può non accogliere i suoi figli che vogliono partecipare ai sacramenti, non sarà richiesto il Green pass, così come è in ogni chiesa dove si vada per pregare o per la messa. Ma siccome nella nostra giornata ci sono anche dei momenti non liturgici, di catechesi, chiediamo almeno la carità di un tampone. Sulla questione si possono avere le posizioni più diverse – e anche fra noi organizzatrici la Provvidenza ha messo un esemplare per tipo, molto fantasiosa come sempre! – però ci teniamo a dire che questa non è l’obbedienza a un obbligo, che nessuna buona madre può imporre ai suoi figli, ma, nella libertà dei figli di Dio, un gesto di amore e di attenzione per i fratelli.

Cerchiamo di non rovinare con l’imprudenza ma neppure con le polemiche questo momento, un unicum, come ci viene spesso ripetuto in Vaticano (ma più nel senso di “non abituatevi” che nel senso di “quanto siete magnifici”). Non ci sembra vero che questo stia succedendo, e ringraziamo tutti coloro che lo stanno rendendo possibile: la Basilica concessa eccezionalmente per un ritiro di questo genere, e per una celebrazione sull’altare della confessione (anche se mi dicono che era già successo che un prete “non graduato” abbia celebrato da lì), e davvero siamo grati a Dio. Il divisore invece cercherà di provocarci: facciamo finta di niente, non lo ascoltiamo (al limite fingiamoci morti e non rispondiamo, come quando la moglie chiede “sono ingrassata?”).

Infine un suggerimento. Nel delirio generale di preparativi come dicevo cerchiamo di curare soprattutto quelli interiori, di non fare come a Natale la corsa dei regali per poi arrivare alla messa impreparati, non confessati (e magari addormentarci, come faccio io). Cerchiamo di arrivare confessati, o di confessarci quel giorno in basilica, di intensificare le preghiere e magari di leggere qualcosa di utile. Io sto facendo un po’ di pulizie di Pasqua del cuore con il libro di Madre Maria Emmanuel Corradini, monaca (lei sì, vera) benedettina, madre badessa del Monastero san Raimondo a Piacenza. Come lavorare su un cuore bradicardico (tiepidezza, accidia, noia), o tachicardico (pieno di passioni che spadroneggiano), come conquistare un cuore che prega come Maria e Giuseppe, come combattere i sensi di colpa e la paura della morte, come somigliare a Gesù, col suo cuore trafitto. Veramente una guida breve ma preziosissima alla custodia del cuore, perché sia pronto ad accogliere i semi che riceveremo.

***

leggi anche  Terzo Capitolo Monastero WiFi, istruzioni per l’uso 

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Published on September 22, 2021 06:40

September 16, 2021

Terzo Capitolo Monastero WiFi, istruzioni per l’uso

di Costanza Miriano

Qui c’è gente che prepara tremila bigliettini con la Parola di Dio, chi i cestini, le scatole, i regali da mettere sulle sedie, i fiori, i libretti, i canti, i miliardi di cose pratiche da prevedere per questo miracolo dello Spirito che è la giornata di preghiera che il 2 ottobre faremo a San Pietro. Io personalmente faccio continuamente liste di cose da fare. Vivo nella costante sensazione di avere dimenticato qualcosa, tipo quando parti per le vacanze e al casello ti assale la strisciante ansia di avere lasciato il gas aperto, o un cancelletto non serrato.

Detto questo, comincio a riepilogare un po’ di cose, così magari piano piano a forza di tralasciarle, le dico tutte.

Dunque, il link per iscriversi è sempre QUESTO e la mail per le info capitolo.monasterowifi@gmail.com.

Se siete già iscritti, anche mesi fa, basta così. A ridosso dell’evento ci arriverà una mail tecnica con tutte le info.

L’ingresso sarà da Piazza del Sant’Uffizio, guardando la basilica bisogna andare tutto a sinistra, più su che potete, e superare i controlli di Polizia sotto il colonnato a sinistra. Poi si arriva al cancello del Sant’Uffizio – sarà tutto indicato con dei cartelli – e si fa un tratto dentro il Vaticano, costeggiando la Basilica sempre sul lato sinistro, poi si entra dalla Porta della preghiera (no, non l’hanno aperta per noi, già c’era).

Ricordatevi di stampare il badge che riceverete, e di tenerlo in qualche modo in evidenza: innanzitutto perché quel giorno la Basilica è chiusa ed è riservata solo a noi, quindi senza quello non si entra. Poi perché se ci scriviamo i nomi sarà più facile salutarci, visto che la mascherina non aiuta.

Cercate di avere un bagaglio più leggero possibile per velocizzare i controlli, tipo una borsa o uno zainetto. Se avete necessità di lasciare qualcosa al guardaroba conviene che entriate dal lato destro, ma il controllo sarà più lungo. Chi può eviti, per risparmiare tempo, ma chi viene da fuori dalla mattina alla sera dovrà necessariamente portare con sé qualcosa.

La Basilica aprirà alle 7.30, ma la prima catechesi sarà alle 10. Chiediamo ai romani o a coloro che dormono a Roma e non hanno problemi di viaggio di non accalcarsi alle dieci meno due minuti in modo da velocizzare l’ingresso di quelli che arrivano con treni e aerei la mattina stessa. Mentre li aspettiamo alle 9 pregheremo insieme le lodi, comunque, e alle 9.45 inizieremo con i saluti di mons. Pierangelo Pedretti, il padre spirituale del Monastero.

Dopo la catechesi (ore 10)  di mons Antonio Grappone su cos’è la preghiera, alle 10.30 padre Maurizio Botta farà parlare la Parola di Dio sul tema, alle 11 mons Pierangelo Pedretti sul combattimento spirituale, alle 11.30 don Massimo Vacchetti sui frutti della preghiera. Pausa per respirare, un saluto velocissimo mio perché sarò troppo emozionata per parlare e uno della mitica Monica per farvi uno dei suoi sorrisi da sotto la mascherina e darvi indicazioni tecniche (altrimenti dette “dove stanno i bagni”). Alle 12.30 la messa celebrata da don Fabio Rosini e concelebrata da tutti i sacerdoti che lo desiderano, basta che ce lo segnalino e che portino con sé il tesserino ecclesiastico (tutto il resto è a disposizione in sacrestia, pare che a san Pietro siano abbastanza allenati).

Dalle 13.30 alle 14.30 pausa. Chi resiste può rimanere dentro a pregare il rosario, altrimenti a breve vi indicheremo dei posti intorno (comunque è pieno di locali e bar anche a prezzi ragionevoli) dove prendere qualcosa da mangiare. La soluzione più consigliabile è portare un panino da mangiare al volo, ovviamente né in Basilica né nel territorio Vaticano, ma subito fuori dal cancello e magari arraffare un caffè al volo. Ci dispiace di questo tour de force, ma avevamo solo sei ore per mettere tutto insieme e don Fabio non poteva anticipare la messa. Io mi consolo pensando che alle 16 abbiamo finito e scuoiamo il cinghiale per recuperare l’attesa.

Alle 14.45 riprendiamo con don Luigi Maria Epicoco che ci parlerà della preghiera del cuore, e dalle 15.15 ci metteremo in adorazione con qualche consiglio e la guida di don Vincent Nagle. Alle 16 dobbiamo cominciare a uscire per svuotare la basilica entro le 17 massimo.

Propongo di salutarci tutti finalmente senza mascherina all’aperto dopo il cancello del Sant’Uffizio o sotto il colonnato, se piove, lato sinistro guardando la Basilica. Possiamo stare lì a salutarci e farci i selfie fino a che i mariti non minacciano divorzio.

Cercheremo di fornire uno streaming, costi permettendo, ma chi riesce a venire secondo me ha una cosa in più, che sarebbe il corpo di Cristo in comunione con tanti fratelli, con tutta la Chiesa nel luogo che la fonda, sull’altare della confessione, cioè della professione di fede di San Pietro, sulla sua tomba, una roba da paradiso, quindi se potete cercate di esserci.

QUI potete scaricare e stampare la locandina , e vi chiediamo con tutto il cuore di appenderle nelle parrocchie della vostra città. Crediamo che possa essere un momento davvero prezioso di unità nella Chiesa, con voci tanto diverse, tutti insieme a pregare e a riflettere sulla preghiera, pregare e basta, senza polemiche, senza politica, senza battaglie da fare (per una volta). Sarebbe bello che lo sapessero più persone possibile.

I posti ci sono ancora perché san Pietro è veramente enorme. Se vi siete già iscritti come dicevamo non arriva alcuna mail di conferma, lo siete e basta: arriverà una mail negli ultimi giorni con le indicazioni pratiche. Come già detto non è richiesto il green pass, saranno rispettate tutte le norme (distanza, mascherine, mani igienizzate).

Un problema che ancora purtroppo non abbiamo risolto è quello dei bambini: gli anni scorsi avevamo organizzato, tutte e due le volte, un grande spazio nel quale tenerli tutti insieme ma quest’anno a causa del virus non si può fare. Il nostro consiglio, pur essendo mamme che hanno ancora ben presente il dispiacere (e le difficoltà e i costi) di dover lasciare bambini piccoli a casa, è – per quest’anno Covid, speriamo l’ultimo! – di fare un investimento emotivo ed economico, e di organizzarli a casa, perché voi potreste dedicare un tempo solo ed esclusivamente al Signore, senza distrazioni, e loro starebbero certamente meglio rispetto alle soluzioni di fortuna che stiamo cercando di accroccare. In ogni caso stiamo cercando spazi e baby sitter. Vorremmo fornire un elenco che voi potreste contattare direttamente, e degli spazi nelle parrocchie circostanti dove poter tenere i bambini in piccoli gruppi. Ripetiamo, non è per loro la soluzione ottimale, se riuscite credo che stiano meglio a casa, e voi più rilassati. Solo per quest’anno, speriamo!

Intorno a san Pietro ci sono tanti spazi di parcheggio, soprattutto il sabato mattina presto, per esempio via delle Fornaci (dieci minuti a piedi) ha molti parcheggi a strisce bianche (gratis) e altri blu (4 euro tutto il giorno), mentre vorremmo contattare parcheggi a pagamento come il Parking Gianicolo per chiedere convenzioni. In ogni caso quello è il più vicino.

La Basilica ci è stata offerta gratis, ma vorremmo dimostrare la nostra riconoscenza con un’offerta, e poi ci sono le spese vive come le luci l’amplificazione le sedie… Io ho detto di fatturare tutto a nome del Monastero, tanto le casse le gestisce direttamente Dio, quindi non si farà certo spaventare. Se gli potete dare una mano, questo è il nostro Iban: IT24O0760101400001048662439 intestato a Monastero wifi, scritto così sennò non prende il bonifico.

Altrimenti raccoglieremo con una bustina che troverete sulla sedia quello che potrete dare. Se non potete dare nulla, neanche un euro, lasciate un’intenzione di preghiera.

Tutto quello che rimarrà, pagate le spese vive e un’offerta alla Basilica, andrà ai poveri (la mia richiesta di istituzione fondo piume continua a essere respinta, non so perché).

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Published on September 16, 2021 01:24

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Costanza Miriano
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