Costanza Miriano's Blog, page 30
April 5, 2021
La Risurrezione di Cristo, con don Gianvito Sanfilippo #monasteroWiFi
E dopo tante meditazioni sulla Via Crucis e sulla Passione – grazie ancora a tutti i sacerdoti che hanno offerto il loro tempo, e a chi ha potuto ascoltarli – questa sera alle 21.30 don Gianvito Sanfilippo su Zoom (posterò il link qui e sul mio blog) ci aiuterà a gioire per la risurrezione di Cristo e a capire cosa davvero significa per noi (io non sono certa di averlo ancora capito).
Alle 21.30 QUI e su facebook troverete i link (qui il canale youtube) per lo streaming. Ricorda di aggiornare la pagina.
Testo del Vangelo di Giovanni 20, 1-18Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.
Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.
Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù.
Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
April 2, 2021
Via Crucis, tredicesima e quattordicesima stazione con padre Maurizio Botta #monasteroWiFi
Via Crucis, tredicesima e quattordicesima stazione con padre Maurizio Botta #monasteroWiFi ORE 15
Alle 15.00 Qui e su facebook troverete i link (qui il canale youtube) per lo streaming. Ricorda di aggiornare la pagina.
TREDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 54-55
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.
QUATTORDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 59-61
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria.
Via Crucis, tredicesima e quattordicesima stazione con padre Maurizio Botta ORE 15 #monasteroWiFi
Via Crucis, tredicesima e quattordicesima stazione con padre Maurizio Botta #monasteroWiFi ORE 15
Alle 15.00 Qui e su facebook troverete i link (qui il canale youtube) per lo streaming. Ricorda di aggiornare la pagina.
TREDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 54-55
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.
QUATTORDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 59-61
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria.
March 30, 2021
Perché tanti tra i miei lettori criticano apertamente il Papa?
di Costanza Miriano
Siccome nel mondo ci sono cose molto strane (c’è anche gente che non ama pane e salame, per dire), esiste, fra le stranezze degne di nota, fra le prove della mirabile varietà della specie umana, un mio fan club su facebook. Io, potete anche non crederci, non lo vado a guardare mai perché vorrei sotterrarmi dalla vergogna, e quando il mio telefono (animato di vita propria, questo ormai lo so) mi propone qualche post sulla schermata, divento rossa anche se sono sola. Qualche giorno fa però mi è apparso un post che mi chiamava direttamente in causa, così ho dovuto soffermarmi, e davvero ringrazio Maurizio perché mi permette di fare chiarezza su alcuni punti. Ecco la lettera:
Cara Costanza,
Ti scrivo dalla posizione di fondatore e amministratore pro tempore del Tuo fan club di Facebook.
Ho bisogno del Tuo aiuto.
L’intuizione di fondare un fan club in Tuo onore mi è venuta non appena ho letto l’ultima pagina di “Sposati e sii sottomessa”: è stato potente il desiderio di aprire uno spazio in cui potesse trovare dimora ogni testimonianza che parlasse dell’amore a Cristo, incontrabile carnalmente nella Chiesa viva, oggi come duemila anni fa.
Le tue parole sono state anzitutto questa luce che sapeva valorizzare tutto, ma proprio tutto – dall’accessorio (e quant’altro) in rigoroso stile ghepardato, fino alla più cristallina postura spirituale – dentro una contemporaneità altrimenti aspirata da un risentimento per l’essere, da una ribellione nichilista per la carnalità dell’esistenza, vissuta come un intralcio e un impedimento alla realizzazione personale.
In questo sei portatrice di qualcosa come un carisma speciale, il dono di una capacità di abitare l’umano senza censurare nulla.
Ora però è sempre più sconcertante fare i conti con la messe sempre crescente di follower che ambiscono a postare aspri attacchi al nostro Papa Francesco. Molti hanno inteso questo spazio anziché come un’opportunità per condividere e documentare i segni che quotidianamente ci mettono davanti agli occhi l’amore di Cristo per ciascun uomo, il ricettacolo di un livore verso il Pontefice che tradisce l’affermazione non già di una tensione all’unità del Popolo di Dio ma di un dogmatismo arido e dissipativo.
Mi intristisce rilevare, anche se non mi scandalizza, che la forza della Tua testimonianza sia in tal modo piegata a dare voce a una specie di retroguardia che si identifica in un conservatorismo che mescola antipapismo e becero tradizionalismo.
La mia educazione mi fa intendere il senso della storia come il luogo in cui la Chiesa prende una crescente coscienza della sua natura, della sua essenza, della sua ontologia. Chi si pone in maniera così esplicitamente ostile rispetto alla Chiesa attuale sembra ignorare che lo Spirito Santo non è un intermittente fumetto che aleggia nell’aere con una mera funzione estetica, ma ciò che informa la storia e la orienta verso il suo Destino buono.
Ma non è solo questo.
Pervengono ogni giorno numerosi post di denuncia di ciò che tutti abbiamo di fronte: ideologia gender, eutanasia, aborto, ecc.
Quasi mai dò spazio a queste posizioni, non certo perché io sia cieco o consideri queste cose secondarie o trascurabili. Ma ho chiaro che alimentare il circuito della denuncia in un ambito dove la pensiamo tutti allo stesso modo sulla sacralità della vita (e non mi dilungo altrimenti), sia qualcosa che non ci possiamo permettere.
Se c’è la durezza dei tempi e se le leggi rappresentano questa inimicizia al cuore del cristianesimo, io ritengo che l’unica strada sia farlo rivivere, testimoniarlo, renderlo intercettabile come compimento dell’umano, qualcosa di massimamente desiderabile e bello. Ogni lotta va condotta con determinazione ma non perdiamo tempo a incalzare con le denunce un nemico che potrà essere “sconfitto” solo se gli sarà possibile imbattersi nella convenienza umana della fede. Ossia in donne e uomini i cui volti siano attrattivi perché attratti e vinti dalla passione per Gesù. Questa non è una ritirata spiritualistica o blandamente testimoniale: ma la forma concreta del mandato missionario che istituisce la Chiesa in quanto tale.
Aiutami Costanza a servire al meglio questa causa, anche da questa postazione social. Vorrei che fosse inequivoco e semplice il mio messaggio: costruiamo insieme la Chiesa, ovunque ci troviamo, mantenendo fisso lo sguardo su Colui che non si attardò a denunciare l’ingiustizia o l’eresia del tempo, ma tutto di sè consegnò per fare il cristianesimo.
Maurizio Pangrazzi
Caro Maurizio, intanto grazie per le parole generose che hai per me, mi fai arrossire ogni volta, ma soprattutto grazie per i tanti spunti interessanti di riflessione. Sarò un po’, anzi molto lunga, ma mi offri una preziosa occasione di chiarimento, di cui ti ringrazio.
E’ vero, anche a me dispiace che tra le persone che mi apprezzano ce ne siano alcune (una piccola parte, a dire il vero) che, per dirla in soldoni, sono “contro il Papa”. Chi ama la sposa di Cristo, la Chiesa, non dovrebbe mai permettersi certe parole contro di lei. Come dici tu, lo Spirito Santo sa quello che fa, e non è compito nostro giudicarlo, ma stare meglio che possiamo nel tempo e nel posto di combattimento che ci è stato dato. Per noi l’amore per la Chiesa e per il suo capo visibile è parte integrante dell’amore a Cristo, e sappiamo che non possiamo salvarci se non attraverso questa Chiesa. Non si può essere “contro” il Papa perché la Chiesa è l’unico tramite che abbiamo per andare a Dio, attraverso i sacramenti, e le mani di ogni sacerdote per noi sono sacre, per quanto peccatore possa essere, non parliamo di quelle del Papa.
Soprattutto in questa settimana santa, poi, quando stiamo davanti alla strada misteriosa che Gesù ci fa vedere, stiamo davanti alla morte, davanti alla possibilità di vincerla col nostro stesso corpo, una cosa da far tremare le vene e i polsi, perdersi dietro le beghe ecclesiali è proprio un peccato, sia nel senso comune, cioè una cretinata, che nel senso della fede, cioè uno sbagliare obiettivo. È così grande la cosa che abbiamo per le mani, che dovrebbe far scomparire tutte le polemiche: noi possiamo diventare veri figli di Dio, cioè compiere il Battesimo! Nonostante le macchie della Chiesa, gli errori, gli sbandamenti, qui c’è la possibilità della vita eterna!
Detto questo, non sono io responsabile dei commentatori, nè posso, come credo anche tu, stare sempre incollata a leggere tutto, pronta a rimuovere i commenti inopportuni. A volte poi sotto certi post sono talmente tanti che non riesco nemmeno a leggerli tutti. Questo dunque è il primo punto: potrei chiudere qui, ma non mi basta. Nel senso che questo fatto mi interpella, e voglio aiutare le persone che si fidano di me a stare nella posizione più “da battezzati”.
Penso di non aiutarle negando un disorientamento che tanti in questo pontificato stanno vivendo, ma piuttosto cercando di capire qualcosa di questo disagio. Credo anche io, come dici tu, che lo Spirito Santo sicuramente sa quello che fa.
A me per esempio questo pontificato sta insegnando una nuova attenzione ai poveri: non che gli altri Papi della mia vita non ce l’avessero, ma certo Francesco ne ha fatta la sua priorità, e ciò è sicuramente prezioso, perché su questo saremo giudicati. Sto cercando di fare scelte concrete in questo senso, sempre troppo poco, ma almeno più di prima.
Però non possiamo negare anche qualche problema: lo dico sinceramente, alcune sue valutazioni squisitamente politiche (come giudizi espliciti su alcuni governi o leggi) o pastorali (vedi la questione comunione ai divorziati risposati) mi trovano davvero distante anni luce da lui, ma credo che in quei casi sentirsi lontani non sia un peccato, a patto di “custodire nel cuore” le perplessità su certi pronunciamenti, almeno noi che non siamo sacerdoti (non siamo noi a dover decidere chi può fare la comunione o chi no, per fortuna).
Il più grande punto di domanda per me rimane finora Amoris Laetitia, comunque. Su questo la mia posizione è: cercare – con l’aiuto degli altri – di stare meglio che posso nel posto che la mia storia, o meglio la Provvidenza, mi ha assegnato, e cercare di aiutare i fratelli come posso, senza farmi domande a cui non devo e non sono in grado di rispondere, continuando a testimoniare coi miei libri quello che vedo, e cioè che la vita secondo il Battesimo è molto meglio di tutto il resto.
Quando ho cominciato a scrivere mi è venuta la voglia di farlo perché vedevo tante coetanee, soprattutto colleghe giornaliste ingannate dalla mentalità del mondo, e mi pareva di avere alle spalle un esercito compatto: da una parte “noi”, peccatori come gli altri ma dentro la Chiesa, dall’altra “loro”, i lontani da conquistare con la ragionevolezza dell’annuncio sul matrimonio indissolubile, sulla sessualità aperta alla vita e tutto il resto. Adesso mi sembra di non averlo più questo esercito alle spalle, ma attenzione: non dobbiamo cadere nel tranello dei mass media, che di tutto quello che dice il Papa – a volte parole davvero dense, tipo la Patris Corde, o tante catechesi del mercoledì – rilancia e amplifica solo quello che sembra andare secondo il mondo, tacendo di tutto il resto.
Quanto ai punti di perplessità, e ce ne sono, penso che la questione centrale della Chiesa in questo tempo sia: come arrivare a quelli che non hanno conosciuto l’amore di Cristo, che sono sempre di più, e sempre più lontani? Le vie sono sostanzialmente due: parlare di Gesù, nella speranza di essere così convincenti e attraenti da far venire a qualcuno il desiderio di incontrarlo, oppure incontrare prima le persone sulle cose che abbiamo in comune, nella speranza che poi dall’amicizia possa nascere l’evangelizzazione. Il Papa, che continuamente ci invita a non fare proselitismo, ha scelto decisamente la seconda via. La storia dirà se avrà funzionato, cioè se dopo avere abbassato le difese contro la Chiesa, qualcuno avrà incontrato e riconosciuto l’amore di Cristo, che è l’unica cosa che conta: a che serve infatti un mondo non inquinato se hai il cuore inquinato? E chi te lo può redimere, salvare, guarire, se non Cristo?
Se devo essere sincera, dal mio minuscolo punto di osservazione non so se stia funzionando: cioè molte persone lontane dalla Chiesa trovano “simpatico” il Papa, ma non ne conosco molte che per questo si siano avvicinate ai sacramenti o alla preghiera. Qualche confessore mi dice però che ce ne sono, e magari lui ha più elementi di me per dirlo. Solo Dio sa.
Quindi non biasimo né tratto con sufficienza né distanza tutti coloro che hanno delle perplessità. Per me a fare la differenza è il cuore con cui si esprimono, queste difficoltà: c’è una grande distanza tra chi “sbraca” pieno di livore, e chi ti fa capire, magari con uno sguardo o un sospiro, che la confusione che si è creata su alcune questioni lo fa soffrire. Io so, come dicevo prima, che fra questi ci sono anche tanti sacerdoti e vescovi che per amore alla Chiesa tacciono, avendo dato alla Chiesa tutta la loro vita. A loro, quando qualcuno si confida con me, dico che quello che conta è che quello che abbiamo ricevuto come depositum fidei sta lì saldamente, e non è cambiato. Su tutto il resto, sarà Dio a giudicare, non certo io che non sono nessuno: sono solo una che ha scritto un allegro e scazzafrullone sunto dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, sull’uomo e sulla donna. Ho cominciato scrivendone da ultima ruota del carro, da anonima cristiana, senza appartenenze né conoscenze. Pensa che prima del primo libro sapevo a mala pena che esistesse una cosa chiamata CL (il mio primo contatto con i ciellini è stato una volta che vedendo Epifanio, il personaggio di Antonio Albanese, un amico mi disse “questo sembra un ciellino”), il Cammino neocatecumenale dalle mie parti non pervenuto, mentre dell’Opus Dei pensavo fosse una sorta di setta (che stupore conoscerne poi la bellezza!). Ero cresciuta in parrocchia e non conoscevo niente e nessuno del resto della Chiesa. Solo, avevo sperimentato che le cose che avevo ascoltato ai corsi vocazionali di Assisi, da Suor Elvira a Saluzzo, o a Medjugorje, corrispondevano alla verità della mia vita. Le avevo verificate. Erano solide, razionali, funzionavano, e avevo voglia di dirle al mondo, che invece mi aveva infarcita di bugie.
Mi sono poi trovata tirata dentro una serie di dinamiche ecclesiali di cui ignoravo totalmente l’esistenza (per non parlare delle volte che lettori o recensori mi attribuivano citazioni o allusioni a letture che non avevo e non ho fatto). Allo stesso modo, così inconsapevolmente, ho detto sì quando alcuni amici mi hanno chiesto di dare una mano per il Family day: si stava discutendo in Parlamento una legge profondamente sbagliata, contraria alla verità dell’uomo e della donna; degli amici che stimavo e stimo mi hanno chiesto di essere della partita, non ho trovato ragioni per dire no.
Il fatto che la posizione politica della Cei e forse anche del Papa fosse contraria mi ha molto addolorato, ma continuo a pensare che fosse giusto provare a dare una mano, portare quel popolo in piazza, e lo rifarei tutta la vita. Questo forse è il solo punto della tua lettera che mi trova meno concorde con te, se è questo che intendi quando scrivi “Ogni lotta va condotta con determinazione ma non perdiamo tempo a incalzare con le denunce un nemico che potrà essere “sconfitto” solo se gli sarà possibile imbattersi nella convenienza umana della fede”. In generale sì, è giusto. Testimoniare con la vita è la prima cosa. Dobbiamo vivere la nostra fede, e quando hai incontrato o almeno intravisto Gesù ti importa solo di lui, e capisci che tu hai un segreto, una cosa dolcissima nella stanza più interna del tuo cuore, che molti si sognano, e vorresti solo che anche loro annusassero questa felicità piena. E’ evidente che certe posizioni dei “lontani” vengono solo dalla mancanza che abita il loro cuore. E’ inutile star sempre a discutere per ribadire le nostre posizioni, così a vuoto, magari per il gusto della polemica sui social quando l’unica cosa che permetterebbe loro di capire sarebbe fare quell’incontro.
Ma, ed è un ma grosso come una casa, quando c’è una speranza di un risultato concreto, pur parziale (che c’è stato: il Family day ha scongiurato la presenza della stepchild adoption nella legge), è diverso: bisogna fare il possibile, whatever it takes, per usare un’espressione di moda. A qualunque costo. Si stava discutendo una legge, e il piano non era quello della testimonianza, ma della presenza pubblica: i politici dovevano sapere che c’era un popolo contrario a quella legge (che infatti ha severamente punito alle urne il governo che l’ha fatta affermare mettendo la fiducia). Non era il momento della testimonianza col vicino di casa, era un altro piano, e bisognava metterci la faccia.
Io per esempio mi sono guadagnata l’inimicizia di diversi vescovi, uno di loro, molto importante, mi ha letteralmente chiuso il telefono in faccia il giorno prima del Family Day (io mi illudevo che bastasse parlarci per fargli capire e avere la sua benedizione) e mi sono state sospese alcune collaborazioni giornalistiche. La vulgata è che si è scoperto che io “sono di destra”, ma io sono rimasta la stessa, non mi sono mai interessata di politica (mi sono dimessa dal comitato quando si stava pensando a come proseguire la battaglia sul piano politico) e non credo di essermi spostata a destra, perché non ero da nessuna parte, è che difendere i ricchi che si comprano i bambini è diventato “di sinistra”, ed essere contro le unioni civili è diventato fuori moda anche in larga parte della Chiesa.
E’ per questo che concordo con te quando scrivi che tutto dobbiamo consegnare di noi, e basta.
In questo spirito il nuovo capitolo della mia storia “pubblica” è la nascita del monastero wi-fi, che non è un movimento ma qualche occasione di incontro, nutrimento e preghiera per aiutare nel cammino chi sta totalmente dentro la Chiesa, per voler bene alla Chiesa, con la benedizione del Cardinale vicario di Roma, nella basilica omnium ecclesiarum urbis et orbis mater et caput, con il desiderio di far parlare molte voci diverse della Chiesa, ma tutti consacrati, quindi formati adeguatamente nella Chiesa: il ciellino, il neo cat, il carmelitano, il francescano, il domenicano, il filippino, il diocesano, l’agostiniana di clausura eccetera. La Chiesa è davvero ricchissima, è una sposa a cui lo sposo regala un sacco di gioielli, queste anime speciali.
Aggiungo che i soldi raccolti nelle occasioni di incontro sono andati all’Elemosiniere del Papa e al Cardinale (quindi ai poveri), per significare in modo concreto che noi vogliamo stare dentro la Chiesa in allegria e obbedienza, e che lavoriamo per la nostra conversione, partendo dalla preghiera e dall’ascolto della Parola per fare subito gesti di carità concreta (i “confratelli” in questo anno di pandemia si sono rimboccati le maniche e hanno aiutato gli altri con una generosità sconvolgentre, e anche questo mi conferma che il Monastero wifi, questa strana, buffa idea, è stato benedetto da Dio). Noi possiamo aiutare la Chiesa solo facendo bene quello che ci è chiesto nel nostro ruolo, e non si può far bene niente se non si parte dalla preghiera.
March 26, 2021
Via Crucis, undicesima e dodicesima stazione con fra Roberto Pasolini #monasteroWiFi
Via Crucis, undicesima e dodicesima stazione con fra Roberto Pasolini #monasteroWiFi

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Tutti i venerdì di quaresima alle 21.30 mediteremo con un sacerdote (ogni volta uno diverso) due stazioni della Via Crucis.
UNDECIMA STAZIONE
Gesù è inchiodato sulla Croce
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 37-42
Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: “ Questi è Gesù, il re dei Giudei”. Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo”.
DODICESIMA STAZIONE
Gesù muore sulla Croce
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 19-20
Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 45-50.54
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”. E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: “Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!”.E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.
March 24, 2021
La Chiesa non ci amerebbe veramente se non ci dicesse la verità
di Costanza Miriano
Vedo che c’è un grande agitarsi dalle parti della lobby lgbt, con Padre Martin in testa, in compagnia dei vescovi tedeschi, ma non solo, dopo il pronunciamento della Congregazione per la Dottrina della Fede. Soprattutto un gran rumore di unghie sui vetri, per dimostrare, come tenta di fare padre Piva su Città Nuova (che tristezza, chissà che direbbe Chiara Lubich) che il pronunciamento non ha tanto valore perché il Papa ha “solo dato l’assenso alla pubblicazione, non l’ha ordinata”.
Ripeto, che tristezza. Potrebbe il Papa dare l’assenso a una cosa con la quale è in disaccordo? A me pare poco rispettoso della sua intelligenza. E tra l’altro i suoi fidi schinieri gridano allo scandalo solo quando a “criticare” le sue posizioni sono i cosiddetti tradizionalisti, mentre quando lo tira per la talare e cerca di smentirne le affermazioni lo schieramento opposto (che brutto parlare di due fronti, ma tant’è), allora quello che il Papa ha detto non conta niente…
Boh, sarà che io sono troppo semplice, ma queste guerre per bande non le capisco, nel senso che proprio non le vedo. Credo che siano una specie di brusio di fondo, che non ha nessun valore rispetto a quella cosa enorme che è la Chiesa. Infatti quando dal Tg3 stavo per passare a Rai Vaticano, tutta felice perché finalmente avrei lavorato fianco a fianco con i costruttori del Regno dei cieli, il mio padre spirituale mi disse sibillino “speriamo solo che tu non perda la fede”.
Non l’ho persa, credo, ma forse solo perché so poco, e non capisco abbastanza delle trame di potere (non dovendo fare carriera, ho il privilegio di potermene disinteressare). Quindi, qui dal pianeta in cui vivo, a me la Verità pare semplicissima. Una mia collega più scaltra di me da anni mi dice che prima o poi capirò che Uan era un pupazzo, non una persona vera, e che Babbo Natale non esiste, ma nel frattempo, finché non mi convince di questo, ecco come la vedo.
Il Papa vuole tendere la mano alle persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, perché vuole che nessuno si senta fuori dalla Chiesa, se lo desidera. Benedice le persone, ripeto, perché ogni persona è voluta e cercata da Dio fino a che non muore (dopo, se avrà rifiutato Dio, non potrà più tornare indietro). Il magistero papale dunque non potrà mai e poi mai dire che la Chiesa benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, perché la sessualità nel piano di Dio è tra un uomo e una donna, in una unione stabile, aperta alla vita. I rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso non sono nell’ordine voluto da Dio. Dire che qualcosa non è voluto da Dio, ormai dovrebbero saperlo anche i muri e i bambini della prima comunione, per non dire dei teologoni con quattro lauree, non vuol dire che c’è un Dio sadico che non vuole che ci divertiamo, ma che Dio come fa un Padre (alla milionesima potenza) cerca di proteggerci da quello che ci fa male. Mi dispiace, crederò al pupazzo di Bin Bum Bam ma io sono certa che il Papa su questo non potrà mai cambiare, per quanto l’esultanza del fronte cosiddetto tradizionalista gli possa scocciare, per quanti aggiustamenti di tiro possa fare all’Angelus, per quanti messaggi concilianti possa mandare, innervosito dall’esultanza del fronte con cui ha una sensibilità meno condivisa. Su quel punto non cambierà mai idea, perché dalla Genesi in poi crollerebbe tutto. Non avrebbe più senso parlare di matrimonio, di sesso pre, extra, multimatrimoniale, sarebbe un tana libera tutti dove a contare sarà solo il cuore, il sentimento. Ma a parte la sessualità, cambierebbe il modo di giudicare ogni azione, non più sull’oggettività del bene e del male, ma della percezione: se io sento che è giusto non fare onestamente il mio lavoro, perché mi ritengo poco apprezzata? Se sento che è giusto rubare a un ricco, tanto lui è ricco e non se ne accorge, e magari si è arricchito ingiustamente? Se sento che è giusto fare sesso con un’altra moglie/marito perché la mia non mi apprezza anche se io e ho voluto tanto bene, e invece con lei/lui ci amiamo tantissimo, poi i figli capiranno? Se sento che è giusto non accogliere altri bambini perché non me la sento, però sento che ho bisogno lo stesso di avere rapporti sessuali? Se conta il voler bene, il sentimento, la realtà diventa liquida e relativa. Il che significa che, se tutto ciò che sento ha diritto di cittadinanza, non ha più senso parlare di peccato originale, di conversione, di redenzione. Ma alla fine che bisogno c’era della croce, se andavamo già bene così?
Se i rapporti omosessuali non sono nell’ordine voluto da Dio significa che le persone sono tutte volute da Dio, ma non tutte le loro azioni. Quindi, rimane la domanda di fondo dell’omosessualità. Può Dio avere seminato nel cuore di qualcuno un desiderio forte ed esclusivo che, se soddisfatto, non è benedetto da Dio stesso? Allora sì che sarebbe un Dio sadico. O non è piuttosto più plausibile affermare che l’omosessualità è una risposta a una ferita che la Chiesa con accoglienza, amore, ascolto e comprensione può contribuire a risanare? La ferita, si badi bene, non la persona.
Per me l’accoglienza di ogni persona non solo non è messa in crisi dal giudizio negativo sulle sue azioni, anzi ne è potenziata. La madre – la Chiesa – che ama davvero è una madre che sa portare su di sé il dolore dei figli, che ha il coraggio di dire quando sbagliano, anche se correggersi costa loro della sofferenza. Non li amerebbe davvero se non facesse questo.
Il Papa, per quanto ami poco occuparsi di questioni legate all’antropologia cristiana e ai valori non negoziabili, e molto più di economia e ambiente (ogni Papa ha il suo stile, non ci trovo niente di strano), non potrà mai benedire il peccato mortale – lo so, un termine desueto, sorry – di due persone che hanno programmaticamente deciso di viverci dentro, stabilmente, per tutta la vita (almeno nelle intenzioni, o finché dura il sentimento).
Quanto all’omosessualità, ricordo che il Papa nel 2018, in un viaggio aereo, aveva detto che “nel caso dell’omosessualità ci sono tante cose che si possono fare, anche con la psichiatria, finchè sono piccoli, dopo i venti anni no”. Anche questa è stata un’affermazione che gli schinieri si sono affrettati a tentare di cancellare, eppure è stata detta con spontaneità. Io per avere riportato questa affermazione sono stata segnalata all’Ordine dei Giornalisti. L’OdG ha risposto che non potevo essere sanzionata perché avevo solo riferito un’affermazione del Pontefice. Per inciso ricordo che se passerà il ddl Zan sarò accusabile di omofobia: io però non ho nessuna fobia, in merito. Penso che sia un mistero che è spesso l’esito di una ferita (in questo senso, e non nel senso di malattia, l’accenno alla psichiatria come possibilità), e in alcuni casi, crescenti tra i giovani, anche il frutto di una pornografizzazione estrema dell’immaginario comune (se il sesso perde il senso di esito finale di una relazione profonda, allora è una ginnastica che si può fare con un po’ tutti i tipi di attrezzi, indifferentemente, perché dall’altra parte non c’è una persona, ma degli organi genitali) .
D’altra parte abbiamo tutti delle ferite e delle strategie di sopravvivenza, e nella misura in cui non le mettiamo in Dio, siamo tutti bisognosi di guarigione, nel senso spirituale del termine. Penso che ci sia un mistero inaccessibile al cuore di ognuno di noi su cui nessuno è titolato a sindacare, ma pur rispettando questo ritengo che l’omosessualità non compia profondamente l’umanità di una persona, e proprio per amore di queste persone, per poter fare a quella persona la carità più grande, che è la verità, voglio essere libera di pensarlo, dirlo e scriverlo come ha fatto il Catechismo della Chiesa Cattolica:
«Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.»
Fino a che non cambia quell’”oggettivamente disordinate”, e la valanga quasi interminabile di questioni a esso collegate, cosa che davvero provocherebbe uno scisma, va benissimo che il Papa tenda tutte le mani che può tendere, in ogni modo possibile. Ed è inutile che i preti militanti lgbt si affannino a strappargli dichiarazioni, a correggere il tiro, a limare e tagliare interviste, a dire che ha solo acconsentito e non ha ordinato: sono segni della sua volontà di non far sentire nessuno escluso, non una cancellazione della Verità sull’uomo, “a immagine di Dio, maschio e femmina”.
Il bianco Fuoco del vero Amore.
Sabato 27 Marzo 2021, ore 16:00. Un passo sulla purezza, sulla castità e sulla verginità”
SOLO IN STREAMING

Cari amici,
siamo lieti di invitarvi a partecipare al quinto ed ultimo dei Cinque Passi al Mistero di quest’anno! Il tema della purezza, della castità e della verginità è delicato e importante.
L’incontro verrà trasmesso Sabato 27 Marzo 2021 alle ore 16:00, esclusivamente in diretta streaming su YouTube.
Come ormai di consueto, per partecipare è sufficiente, iscriversi al Canale YouTube di Oratorium cliccando sul seguente link (https://www.youtube.com/channel/UCleDaWFEuc8H-jV5lxd-RKw?sub_confirmation=1)
e potrete visualizzare il video in diretta.
Grazie ad ORATORIUM, nel corso della diretta di questo ultimo incontro dell’anno, ci sarà un REGALO a sorpresa per voi!
Ci vediamo online il 27 Marzo alle 16:00!
#5Passi #Oratorium #PadreMaurizioBotta
Vi ricordiamo che potete scaricare e ascoltare in podcast tutti i Cinque Passi degli anni passati, semplicemente cliccando sul seguente link. Vi auguriamo un buon ascolto!
March 21, 2021
Il momento opportuno per la nostra conversione

di Costanza Miriano
Per la mia ben nota (a me stessa) incapacità a dire di no a quasi qualsiasi richiesta, mi sono ritrovata nell’èquipe pastorale di una parrocchia che poi tecnicamente non sarebbe neppure la mia, ma è quella che frequento di più (a parte la domenica, che andiamo a Chiesa Nuova). Qualche giorno fa abbiamo dato una mano a cercare di compilare un questionario che facesse un po’ un ritratto dei punti deboli e di quelli di forza del quartiere, e di come la parrocchia si rapporta ai bisogni. Cioè, mi spiego? Per una volta sono stata chiamata a dare un consiglio, che per una volta non era non richiesto (i consigli non richiesti sono notoriamente la mia specialità)!
Al di là delle riflessioni sul mio quartiere, e sulla realtà di Roma, ecco cosa volevo dire (non so se poi ai piani alti stamperanno la mia mail e la useranno per nettare gli interstizi tra le piastrelle, ma io ci ho provato). Questo momento particolare per la Chiesa doveva essere uno straordinario momento di marketing. Si è dovuto per necessità togliere il tema morte dalla rimozione nel quale è abitualmente relegato da qualche decennio abbondante, da quando sono stati abbattuti i tetti delle cattedrali, da quando Dio è stato cancellato dal discorso pubblico, da quando ci siamo illusi di poter vivere a rischio zero, di poter controllare tutto.
Sinceramente, non so se l’occasione sia stata colta (nella parrocchia che frequento io sì, e infatti per quello ci vado), se siano stati molti i sacerdoti che non hanno avuto paura, come si conviene a chi dovrebbe dire “per me vivere è Cristo, morire un guadagno”, se siano stati molti quelli che invece che dare consigli sanitari – di cui siamo stati inondati da ogni dove – abbiano detto che, pur avendo il dovere di rispettare le regole, la nostra preoccupazione doveva e deve tuttora essere quella di capire cosa il Signore ci sta chiedendo con questa situazione che di certo Lui permette.
Come vivere al meglio questa contingenza che, come ha detto anche il Papa, è il momento opportuno per la nostra conversione. Non so se siano molti i sacerdoti che ci aiutano a guardare tutto sub specie aeternitatis, perché le condizioni esterne sono il luogo dell’incontro con Dio, proprio queste, proprio questo momento preciso della storia e questo punto geografico, come ho provato a raccontare in Niente di ciò che soffri andrà perduto, attraverso le storie di persone che, chiamate a delle prove assurde, invece che ribellarsi a Dio hanno raggiunto con lui un’intimità che io mi sogno.
I sacerdoti sono qui per aiutarci a stare senza paura davanti alla possibilità di morire, perché Gesù ha vinto la morte, e ha dato anche a noi la possibilità di farlo, e allora questo è un tempo di grazia, di purificazione, un tempo incredibilmente fecondo che ci ricorda che ogni giorno possiamo essere chiamati all’incontro con Dio, che ogni parola, gesto, scelta che facciamo risuona nell’eternità, e che Dio che ci ama di un amore geloso ci aiuterà a trovare la strada per rendere questo strano tempo un tempo per fare l’incontro cuore a cuore con lui.
E anche se pensiamo che siano stati commessi tanti errori nella gestione del virus, tante ingiustizie, e fatte anche tante cretinate, che tante limitazioni non siano state motivate (tra le perle: correre solo nei 200 metri sotto casa, e andare a messa solo se vicino a un tabaccaio), questo non toglie valore al dolore o alla fatica che tanti di noi provano. Come mi ha fatto notare il caro don Antonello Iapicca, neanche il processo di Gesù è stato giusto, la sua condanna a morte è la più grande ingiustizia della storia, eppure il suo esserci stato volontariamente ha salvato la nostra vita.
Se non sente parlare di vita eterna, ma solo di precauzioni, la gente obbedisce, prende precauzioni e smette di andare a messa, come infatti è successo a moltissimi.
La seconda cosa che spero dalla Chiesa è che si faccia più prossima alla gente, non di meno, come è successo in molte parrocchie in questi mesi. Il catechismo per esempio secondo me si deve assolutamente fare, nel rispetto delle regole, la Chiesa nel suo territorio dovrebbe essere libera di gestirsi secondo coscienza, non per sfidare le leggi dello Stato, ma per farsi prossima ai ragazzi che stanno vivendo un disagio pari a quello di una guerra. Dobbiamo essere segno di contraddizione, e non di omologazione, anzi di intepretazione delle regole in chiave addirittura restrittiva, come avviene adesso. Con un po’ di coraggio e tanta attenzione si può andare incontro alle persone sole, ai ragazzi chiusi in casa, ai vecchietti terrorizzati, alle famiglie, non solo a quelle ai margini, perché credo che quasi tutte le famiglie, anche quelle non disfunzionali, hanno sofferto un po’ la solitudine. Adesso è davvero il momento della Chiesa in uscita, tanto auspicata dal Papa, non della Chiesa spaventata e ritirata.
Inventiamoci nuovi modi per farci prossimi, che so, passeggiate nei parchi con rosari ambulanti, Via Crucis all’aperto, magari in piccoli gruppi, in cui una famiglia ne adotta un’altra, un ragazzo porta fuori un anziano solo, conferenze nei parchi, seduti in cerchio sull’erba. Creativi e coraggiosi.
Tanta gente si vergogna di chiedere aiuto, andiamoli a stanare…
Infine, so che non ne potete più di Zoom e cose online, però davvero andare a vedere la Sindone è impossibile adesso, per cui vi segnalo che L’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum propone, in esclusiva, la Mostra della Sindone on line, durante il periodo di Quaresima. Dal 22 al 28 marzo sarà possibile visitare la Mostra gratuitamente on line per scoprire, anche a distanza, chi è l’Uomo della Sindone.
MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE
Sarà possibile registrarsi al link: https://www.upra.org/landing/sindone-2021/ fino al 27 marzo.
Dopo la registrazione verrà inviato il LINK per poter visitare la Mostra online dal 22 al 28 marzo 2021 nella lingua richiesta al momento della registrazione.
La registrazione e la visita sono gratuite.
Invece don Alessio Geretti (che avete conosciuto nella quinta e sesta stazione della Via Crucis) organizza degli esercizi spirituali DAL VIVO per chi è a Tolmezzo. Sono cominciati domenica 21 (scusate il ritardo) alle 16.45, e da oggi, lunedì, saranno invece alle 18.30. Chi non potrà seguirli dal vivo, li troverà caricati ogni giorno su Youtube dal 22 al 26 fin dal mattino prestissimo, sul suo canale (lo trovate facilmente, basta andare su YouTube.com e digitare Alessio Geretti); a qualsiasi ora potrete ascoltare la meditazione, anche nei giorni seguenti se vorrete. Proporrà il cammino tracciato dalle pagine grandiose (ma quasi mai commentate) della Veglia Pasquale: la creazione; il sacrificio di Isacco; il passaggio del Mar Rosso; un profeta; il vangelo del sepolcro trovato vuoto al mattino. Il Signore possa servirsi di questo piccolo cammino per toccarci il cuore.
March 19, 2021
Via Crucis, nona e decima stazione con don Roberto De Meo #monasteroWiFi
Via Crucis, nona e decima stazione con don Roberto De Meo #monasteroWiFi
Alle 21.30 Qui e su facebook troverete i link (qui il canale youtube) per lo streaming. Ricorda di aggiornare la pagina.
Tutti i venerdì di quaresima alle 21.30 mediteremo con un sacerdote (ogni volta uno diverso) due stazioni della Via Crucis.
NONA STAZIONE
Gesù cade per la terza volta
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal libro delle Lamentazioni. 3, 27-32
È bene per l’uomo portare il giogo fin dalla giovinezza. Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo ha imposto; cacci nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza;porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Poiché il Signore non rigetta mai. . . Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo la sua grande misericordia.
DECIMA STAZIONE
Gesù è spogliato delle vesti
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 33-36
Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia.
March 14, 2021
La salute non dipende solo dal numero di contagiati da questo virus

di Davide Checchi
Sono un medico specializzando in Malattie Infettive, lavoro con il Covid da più di un anno.
Ho sentito la necessità e il dovere di scrivere, per l’esperienza maturata quest’anno, in relazione alle gravi decisioni che si sono prese in queste ore in merito alla gestione della pandemia.
Decisioni che potevano essere anche comprensibili a marzo/aprile dell’anno scorso, quando ancora non conoscevamo il virus, non sapevamo come trattare l’infezione grave (basta solo pensare ai cortisonici) né avevamo un sistema sanitario già “collaudato” alla risalita dei contagi, non conoscevamo bene la modalità di trasmissione dell’infezione né si era organizzati per limitarla nelle strutture sanitarie o più in generale nella popolazione, a partire dalle mascherine che mancavano. Misure che però, allo stato attuale, appaiono non solo inadeguate, ma anche più dannose della malattia stessa. Anche perché la salute non dipende solo (come a volte si ha l’impressione leggendo i giornali) dal numero di contagiati da questo virus!
Si badi, non ho mai avuto alcuna intenzione di negare la gravità della situazione, neanche quest’estate, quando non ho condiviso il “lassismo” generale e ho continuato a rispettare le norme di prudenza. Così come ho sempre sostenuto la necessità di fare reali controlli, dando multe per le strade o per i negozi a chi si assembra e si incontra senza utilizzare mascherina (e sarebbe molto meglio, piuttosto che penalizzare tutti gli esercizi indiscriminatamente). È irragionevole l’imprudenza e la faciloneria di chi pensa che il Covid sia, nonostante tutto, una banale influenza (e non lo è affatto), o di chi vive con la presunzione che non sarà toccato (lui personalmente o i propri vicini, familiari o amici) dalla gravità di questa malattia.
Ma anche la paura è irragionevole, la paura che i media cercano di istillarci ogni giorno, così come è irragionevole la decisione di tornare ad un lockdown generale, un’ingerenza dello Stato sulla vita di ciascuno di noi, assolutamente non degna di un paese che vuole dirsi democratico, lesiva della nostra libertà. Ed è sulla paura che il governo sta cercando di esercitare il proprio controllo,
Invece è sulla conoscenza del virus maturata in quest’anno, e sull’educazione che è necessario diffondere, che possiamo convivere (e non sopravvivere) con la pandemia, limitando i contagi in modo che tutti gli ammalati possano avere un’assistenza sanitaria adeguata. Basterebbe pochissimo, davvero. Ce ne siamo accorti quest’anno nella nostra vita quotidiana in ospedale, comprensiva anche di momenti conviviali che non ci siamo mai negati, senza contagiarci: con mascherina chirurgica indossata da tutti (soprattutto quando si tossisce), e mantenendosi a relativa distanza, si riduce drasticamente il contagio. Anche la trasmissione da contatto, tanto temuta, è nella pratica molto difficile che si verifichi.
Vorrei poter spiegare a tutti che la fatica di indossare una mascherina chirurgica è in realtà garanzia per la nostra libertà, per continuare a vivere le nostre relazioni e attività, con pochissime limitazioni; non solo, è un gesto di carità verso chi ci è vicino, verso i nostri familiari e amici, per proteggerli da un’infezione che può essere realmente terribile. Chi non vuole avere la pazienza di indossarla non è un coraggioso spavaldo (anche perché, questo ormai penso si sia capito, la mascherina chirurgica non protegge chi la indossa); ma è una persona che sta dimostrando poca attenzione verso l’altro. E’ quindi responsabilità di noi tutti accettare di adeguare il nostro comportamento a quanto ci richiede, in questo momento di pandemia, la realtà.
Ma invece di educarci a convivere con il virus, con programmi che spieghino nel dettaglio come comportarsi, o anche a suon di multe per chi non rispetta mascherina e distanza, il governo preferisce chiudere tutti in casa, mettendo come priorità unica la riduzione dei contagi. Riduzione che come abbiamo già verificato è comunque solo temporanea, perché come spesso accade il proibizionismo genera la reazione opposta. Le persone comuni, invece di comprendere l’importanza di certi comportamenti di prudenza, iniziano a non rispettarli nel loro privato, semplicemente perché stufe ed esasperate dalle limitazioni che hanno dovuto subire.
Non solo la chiusura in casa, stiamo accettando diverse decisioni a dir poco disumane. Disumane perché l’uomo è intrinsecamente RELAZIONE!
Pensiamo a come stiamo accettando che venga negata ai malati la visita dei parenti! Così può succedere che una moglie non possa vedere il marito per mesi, e vederselo consegnare dentro una bara sigillata senza mai averlo rivisto. Per paura di ritorsioni medico-legali preferiamo lasciare i malati in completa solitudine per settimane, e morire da soli, senza aver mai salutato, se non a volte tramite uno schermo, i propri cari; tradendo così lo scopo primario della medicina, che è il sollievo della sofferenza. E pensare che anche in questo caso non è così difficile disegnare dei “protocolli” per garantire questo servizio assistenziale fondamentale…
Oppure, sotto gli occhi di tutti, pensiamo a quale danno stiamo provocando nelle fasce più giovani della popolazione. Proprio nel momento della crescita in cui siamo chiamati ad aprirci alla scoperta della realtà e della sua bellezza, e a socializzare con l’altro, costringiamo i bimbi e gli adolescenti a chiudersi in casa davanti ad uno schermo. Sono convinto che se non fossimo già tutti più o meno dipendenti dal mondo di internet, non avremmo mai accettato questo. E così vediamo giovanissimi con modificazioni comportamentali, depressione sempre più frequente e tendenza all’autoisolamento (i famosi “hikikomori”), per non dire di peggio. Forse che questo disastro sociale e psichico può essere considerato meno grave del Covid stesso? Perché, invece di demonizzare i giovani e chiudere le scuole, non sfruttarle per educare e poter spiegare ai nostri giovani il perché siano così importanti certe misure? A maggior ragione se evidentemente non è il momento della lezione in classe a rappresentare un problema per i contagi, ma il prima e il dopo.
Così anche per tante attività economiche che vengono chiuse indiscriminatamente, condannando molte famiglie alla povertà. Perché chiudere i luoghi della cultura, come musei, cinema e teatri, se sono assolutamente fruibili in tutta sicurezza, adottando certe norme? Perché invece di chiudere tutte le ristorazioni, non multare solo quelle che non rispettano certi standard di sicurezza? Lo stesso Sistema Sanitario Nazionale, già a dura prova e carente di risorse, non potrà reggersi a lungo, se non supportato dall’economia del Paese.
Non è un bene chiudersi in casa. Imporlo non è da governo che ha a cuore la salute, l’educazione e la crescita del paese. Rimane invece sempre importante far rispettare certe norme di prudenza che certamente contengono il contagio, permettendo così di continuare a vivere, in modo diverso, le nostre relazioni e attività.
Relazioni e attività che sono fondamentali per la nostra salute, e per il bene comune!
Dr. Davide Checchi
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