Costanza Miriano's Blog, page 34

December 15, 2020

L’inferno è pieno di tristezza. Cinque Passi in streaming

Sabato 19 Dicembre alle 16.00 il secondo dei Cinque Passi di quest’anno, in streaming dalla Chiesa Nuova!
Un incontro sulla fede e sul buonumore!
Iscrivetevi al canale Youtube di
Oratorium per seguirlo in diretta








I «Cinque passi al Mistero» sono un ciclo di incontri con cadenza mensile. Questi «sermoni» intendono inserirsi nella tradizione degli inizi dell’Oratorio Secolare quando, agli inizi del XVII secolo, i discepoli di San Filippo Neri si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.


Il ciclo dei «Cinque Passi» è giunto all’ottavo anno. La forma degli incontri è nata per aprirsi anche ai dubbi di chi non crede e per consentire a chi già crede di mostrare la ragionevolezza della fede cristiana, secondo quanto indicato da Pietro nella sua prima lettera: siate «pronti sempre a a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3, 15). Per nutrire una fede viva che si lasci interrogare dal proprio tempo, traendone stimolo per illuminarlo.


Il «Mistero» cui si fa riferimento nel titolo non è un enigma, bensì la Meta che dà senso ai cinque momenti che si susseguono dall’inizio alla fine del ciclo: il deserto, la consolazione, la sete, la notte, la morte. Il punto di arrivo è il cuore del Mistero cristiano che si rivela a chi, catturato dalle parole di Gesù, decide di seguirlo per giungere alla pienezza del rapporto con Lui.


L’argomento scelto di volta in volta sarà sviluppato da Padre Maurizio Botta durante la prima fase di ogni incontro. Durante la seconda fase il padre risponderà estraendo a caso le domande anonime e scritte dei presenti.


Ogni appuntamento seguirà lo schema che segue:


– «Sermone» di 30 minuti (misurato con clessidra) sul tema.
– 30 minuti di risposta alle domande che si potranno fare in modo anonimo (scritte e raccolte in un cestino).
– Dopo cinque minuti di pausa, solo per chi vuole, ancora 30 minuti per la risposta alle domande restanti
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Published on December 15, 2020 08:56

December 14, 2020

Aprire gli occhi su quello che Lui è venuto a dirci


di Costanza Miriano


Questo è uno di quei rari libri che, mentre non hai ancora finito di leggerli, già ti si palesano davanti agli occhi i volti delle dodicimila persone a cui lo vorresti regalare. A me capita molto raramente, per fortuna (se no sarei sul lastrico): a parte la Bibbia, mi era successo con Il mistero della donna, che ero andata a comprare in tutte le librerie di Perugia e Roma, rastrellando le ultime copie prima che uscisse di catalogo, e regalandolo a tutte le mie amiche, compresa la mia copia (adesso ripubblicato da Berica edizioni). Il fatto è che quando hai una buona notizia ti viene da andare in giro per farla sapere a tutti, gridando a squarciagola come Fidippide che corre ad Atene per annunciare la vittoria (e poi schiattare, ma va be’).



È che qui c’è davvero tanto, tanto, da leggere, meditare, capire… per me è come certi libri di Ratzinger tipo Introduzione al cristianesimo, che riga dopo riga senti che ti scricchiola il cervello, e ti si aprono mondi nuovi. Ho letto, mi sono fermata, ho sottolineato, sono tornata indietro, ho riletto… più che un libro una miniera d’oro direi.


Ma è anche un libro un po’ doloroso, almeno per me. Perché in Viaggio in Terra Santa don Vincent Nagle fa in un certo senso pulizia delle immagini che mi sono fatta di Gesù, e me ne fa intravedere un volto nuovo. È bello, questo nuovo, ma a volte non è proprio quello a cui mi ero affezionata. Di sicuro è più vero, perché parte dalla Parola di Dio, non dai miei desideri. Che poi è il senso di tutto il Vangelo: spazzare via le nostre immagini di Dio, e aprire bene gli occhi su quello che Lui, incarnandosi, è venuto a dirci di sé stesso.


Il sottotitolo, opportunamente, è Vedere e credere: leggere il vangelo nei luoghi di Gesù. E così don Vincent Nagle, il sacerdote dalla vita più rocambolesca che io conosca, ci accompagna in questo viaggio nelle terre in cui anche lui, come Gesù, è vissuto (provate a citare un paese qualunque, anche il più strambo, e Vincent o ci ha vissuto o ha lì qualche amico).


Questo viaggio che si fa leggendo è appassionante perché parte dalla realtà, perché quando vedi i luoghi in cui davvero Gesù è passato, e ne verifichi coi tuoi occhi la concretezza, quando vedi la corrispondenza tra quello che raccontano i Vangeli e i luoghi concreti, le pietre, le cose che puoi toccare, i panorami che anche Gesù ha guardato, ecco, capisci che sei davanti a un fatto storico, e puoi decidere se credere che Gesù era un pazzo e un mitomane, oppure diceva la verità. Ma non puoi più dubitare che sia esistito. E non puoi neanche dire che era solo una brava persona, un filantropo, perché lui stesso afferma di essere morto e risorto. O dice il vero o è un mitomane. Devi stare davanti a una cosa che è successa davvero, è documentata.


Certo, non basta vedere per entrare dentro. Vedere ti suscita una domanda, ed è già molto. È quello che mi è successo quando sono stata in Israele grazie al Ministero per il turismo che mi aveva invitata: un viaggio meraviglioso, stupendo, ma non un pellegrinaggio. Io poi come viaggiatrice ho l’intraprendenza e lo spirito di osservazione di un trolley, quindi senza una vera guida non è che capisca un gran che (sono comunque riuscita a trovare una camicetta carinissima a 5 euro, a Nazareth, e anche questo è talento).


Invece andarci sotto la guida di chi viaggia da pellegrino deve essere tutta un’altra cosa (infatti noi saremmo dovuti andare la scorsa estate con Padre Maurizio Botta, ma a causa del virus è stato tutto rimandato, che dispiacere!).


Se posso dire un difetto di questo libro, è che per me manca una cartina: siccome io ogni volta devo ricordarmi dove sta la Terra Santa, se a destra o a sinistra dell’Italia – tenendo come imperituro riferimento di tutte le mie conoscenze geografiche la cartina che avevo in classe alle elementari – mi sono fermata un po’ di volte a cercare di capire a che punto del giro fossimo (tenderei a escludere l’Australia, ma per il resto tutte le ipotesi per me rimangono aperte). Ma poi ho capito che, nonostante ci siano molte descrizioni di luoghi (e me lo metterò in valigia come guida quando finalmente riuscirò a tornare), don Vincent non ha voluto abbondare con i riferimenti geografici, perché non perdessimo di vista l’essenziale.


E l’essenziale è la risposta alla domanda che ci interessa tutti: “Dove posso trovare un amore che non mi tradisca mai?”


Questo per me è il filo conduttore del libro. La nostra sete di essere amati, ma anche quella di Gesù, che davvero vuole avere con noi un rapporto d’amore, vero, vivo. Per questo le due visite – per il momento solo sulla carta – che mi sono piaciute di più sono quella a Nablus, e poi il lago di Tiberiade. A Nablus Gesù incontra la samaritana, e più che la descrizione del pozzo e dell’anfora originale (comunque da brivido pensarci) mi colpisce che è Gesù a cercare lei, a voler stare con lei, a rendersi bisognoso, ma chiedendole, solamente, un’apertura alla verità: prima vai a chiamare tuo marito. Cioè: dimmi chi veramente è importante per il tuo cuore.


Sul lago di Tiberiade invece, nell’incontro dopo la risurrezione, scopriamo, analizzando la scelta dei verbi nel dialogo con Pietro, che Gesù gli chiede – e chiede a ciascuno di noi – di amarlo così come siamo, senza fingere di essere migliori, e gli annuncia il martirio: è quando siamo deboli che siamo più forti. Così non dobbiamo aspettare di avere fatto tutto il nostro dovere al meglio per poter stare davanti a Gesù, lui ci vuole così come siamo, oggi, adesso, con i tradimenti (come quello di Pietro che ancora lo addolora, eppure a lui Gesù affida la Chiesa), le cadute, le doppiezze, le meschinità.


Questo libro meraviglioso, unico, imperdibile, contiene la risposta alla domanda più grande che dicevo prima (“Dove posso trovare un amore che non mi tradisca mai?”), a quella che dà un senso alle nostre storie sbagliate, alle vite imperfette, alla sofferenza, alla morte, a tutto. Fatevi un regalo, mettetelo sotto l’albero.


 

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Published on December 14, 2020 11:29

December 9, 2020

Sacro Manto a San Giuseppe per un anno!


di Costanza Miriano


Vorrei scrivere qualcosa di originale e speciale su san Giuseppe, ma non so cos’altro aggiungere a questa pioggia di grazia che è l’istituzione dell’anno giuseppino annunciata il giorno dell’Immacolata dal Papa, fino all’8 dicembre 2021, per chiedere a questo padre una speciale protezione alla Chiesa e a tutto il mondo, e per chiedergli di aiutarci nella nostra conversione. Tutto quello che c’è da dire è nella lettera del Papa (che linkiamo qui), e le “istruzioni” per le indulgenze sono in questo documento della Penitenzieria Apostolica.



Quello che posso aggiungere io, perché l’ho sperimentato toccandolo con mano, è che lo stile di san Giuseppe è quello di fare cose grandi, di fare grazie che superano le richieste, sebbene a volte se ne distacchino molto (nel senso che tu gli chiedi una cosa, lui te ne procura un’altra completamente diversa da quella che volevi, che poi scopri essere meglio di quella che avevi pensato tu). D’altra parte san Giuseppe occupa un posto speciale sia nel cuore di Maria, che in quello di Gesù, e può davvero intercedere in modo potente.


Dopo lo stupefacente mese di sacro manto, e questo segno così benevolo di conferma dal cielo, qualcuno mi ha chiesto di provare a fare un anno intero di questa preghiera. Confesso che mi impensierisce, ma siccome le voci sono state tante, alcune anche autorevoli, e siccome sono abituata a cercare di ascoltare i suggerimenti se sospetto che vengano dall’alto, rilancio la proposta.


Proviamo a continuare a farlo per un anno. Magari ci sarà chi in certi periodi sospenderà, chi ne dirà uno ogni tanto, chi 365… Vediamo che riusciamo a fare!


Da domani dunque si ricomincia, e il contatore si azzera e riparte, grazie al generoso lavoro tutto volontario e gratuito di Emanuele Ercoli. Grazie ad Alberto abbiamo anche il testo in inglese, quindi se volete spargere la voce anche agli amici in giro per il mondo, possiamo farlo tutti insieme, per5 essere davvero sempre più Chiesa universale.


Io personalmente oltre alla difesa della Chiesa nella sua lotta contro il maligno e a una protezione speciale per le necessità di tutto il mondo, infilerò sotto il manto una bella sfilza di intenzioni per le persone più care, e per tutti quelli che si affidano alle preghiere del monastero wi-fi.


 


https://recode.digital/1000-sacri-manti/


 

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Published on December 09, 2020 03:33

December 6, 2020

Il Natale deve andarsene

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di G.K. Chesterton*




Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno. Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite, o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne che si sono scelti si parlino. Così, migliaia di spiriti giovani e avventurosi, pronti ad affrontare i fatti della vita umana e a incontrare la vasta varietà di uomini e donne come sono realmente, altrettanto pronti a volare fino ai confini della terra e a tollerare ogni qualità stravagante o accidentale dei cannibali o degli adoratori del demonio, sono crudelmente obbligati ad affrontare un’ora – no: talvolta persino due ore! – in compagnia di uno zio Giorgio o di qualche zia di Cheltenham che non trovano particolarmente simpatici.



Non si possono, in tempi come i nostri, sopportare tali abominevoli torture. Una fraternità più ampia, una sensibilità più vera, ha già insegnato a ogni donna giovane e ardente – con sufficiente ricchezza e tempo libero a disposizione – a sentirsi elettrizzata al solo pensiero di fare colazione con un malvivente, di pranzare con uno sceicco o cenare con un Apache a Parigi. È quindi intollerabile che tale sensibilità possa patire il trauma della comparsa inaspettata della propria madre, se non addirittura quella del proprio figlio.

Nessuno ha mai neanche ipotizzato che i «Genitori» fossero inclusi in quella bellissima astrazione democratica chiamata «Popolo». Né che il concetto di fratellanza potesse estendersi ai propri fratelli.


Comunque, come dicevo, il Natale è inadatto alla vita moderna: la sua attenzione alla famiglia al completo fu concepita senza tener conto della dimensione e delle comodità dell’hotel moderno; il suo retaggio di rituali prescindeva dall’attuale consuetudine consolidata di conformarsi all’anticonformismo; il suo appello all’infanzia era in conflitto con le idee più progressiste sul concepimento; in base al Natale, i Bright Young Things dovrebbero sempre sentirsi vecchi e parlare come se fossero insulsi. Quella scuola di buone maniere più libera e più schietta, che consiste nell’annoiarsi con chi c’è e nel dimenticare chi non c’è, è irrisa, nella sua prima parte, dalla vecchia abitudine di bere alla salute di qualcuno e di scambiarsi gli auguri, e, nella seconda parte, dall’abitudine di scrivere lettere o spedire cartoline di Natale. Sotto il peso di tali scambi tribali e collettivi, è impossibile preservare la fine sfumatura, la delicata raffinatezza che contraddistingue le maniere moderne: quella in accordo alla quale ci si dimentica del vicino della porta accanto se incontrato per strada e, semplicemente, lo si ignora se è seduto con noi a tavola.

Come potevamo aspettarci di estendere una tradizione che si basava sull’ospitalità a quel felice intermezzo nel mondo moderno e alla moda che ha rimpiazzato l’ospitalità con la violazione di domicilio? Qualche variazione di frasario era senza dubbio necessaria: volendo essere precisi e rigorosi, si è chiamato «imbucarsi» quando fatto dalle classi superiori, e «violazione di domicilio» quando fatto dalle classi più umili. Ma il ladro che tracanna il tuo whisky senza che sia stato invitato a berne un bicchiere, e un esponente dei Bright Young Things che tracanna il tuo champagne senza che sia stato invitato a berne un bicchiere hanno inconsciamente unito le loro forze nella grande urgenza, sentita dal mondo più avanzato e progressista, di spazzar via la vecchia superstizione dell’ospitalità.

L’ospitalità ha comunque un centinaio di orrende implicazioni. Comporta, per esempio, che la mia casa appartenga più a me più che a un giornalista intervistatore di un’agenzia di stampa miliardaria di Detroit. Per quanto calorosamente e con affetto io possa intrattenere e abbracciare una tale persona, c’è comunque un bizzarro pregiudizio legato alla situazione che frulla nella sua testa – per non dire ciò che accade nella mia –: la vecchia, inspiegabile e raccapricciante credenza di trovarsi nella casa di qualcun altro. Sarebbe senza dubbio liberato da quell’imbarazzo se ci incontrassimo in un grande hotel, o in una sala da tè ancora più grande e impersonale, o in una biblioteca pubblica, o in un ufficio postale, o nei corridoi ventosi di una stazione della metropolitana. I soli nomi di questi luoghi bastano a evocare quel calore più ricco, quella fraternità più piena, quel senso di altruismo fervente a tutti i livelli di rapporto umano, che sopraggiungono una volta che gli uomini abbiano rinunciato alla proprietà privata.

In ogni caso, non è necessario aggiungere altro alla lista delle prove che il Natale non sia adatto a questa vita più piena e più emancipata. Il Natale deve andarsene! È letteralmente inadatto a questo grande futuro che si sta aprendo dinanzi a noi. Il Natale non è fondato sulla grande concezione comunitaria che solo nel comunismo può trovare la sua espressione finale. Il Natale non favorisce veramente una più alta, più salutare e più vigorosa espansione del capitalismo. Non ci si può aspettare che il Natale si adatti alle moderne speranze di un grande futuro sociale. Il Natale contraddice il pensiero moderno ed è un ostacolo al progresso moderno. Radicato nel passato, e persino nel passato remoto, quale utilità può avere per un mondo in cui l’ignoranza storica è l’unica prova evidente della conoscenza scientifica? Nato da miracoli che sono stati raccontati più di duemila anni fa, non può certo aspettarsi di fare colpo su quel robusto senso comune che resiste baldanzoso persino dinanzi all’evidenza più chiara e palpabile dei miracoli che accadono in questo istante.

Ovviamente, avendo a che fare con questioni puramente psichiche, non è di alcun interesse per gli psicologi; avendo determinato l’atmosfera morale di milioni di persone per più di sedici secoli, non è di alcun interesse in un’epoca che si occupa di medie e di statistiche. Il Natale è inerente alla più felice delle nascite, ma è il principale nemico dell’eugenetica; porta con sé una tradizione di verginità volontaria, ma non contiene alcuna indicazione pratica per la sterilizzazione obbligatoria. Su ogni punto lo scopriamo in opposizione con quel grande movimento progressivo grazie al quale – lo sappiamo bene – l’etica si trasformerà in qualcosa di più etico e di più libero da tutte le distinzioni etiche. Il Natale non è moderno, il Natale non è marxista, il Natale non è modellato sulla falsariga di quella grande era della Macchina che promette alle masse un’epoca di felicità e di prosperità ancor più intense di quella cui fino adesso le ha condotte. Il Natale è medievale, essendo sorto agli albori dell’Impero Romano. Il Natale è una superstizione. Il Natale è un relitto del passato.

Ma è veramente necessario continuare a elencare i motivi per lodare il Natale? Tutti i suoi doni e le sue glorie sono icasticamente compendiate in un dato già a sufficienza tratteggiato: il suo essere un fastidio per tutte quelle persone che si riempiono la bocca delle assurdità del nostro tempo. È un motivo d’irritazione per tutti gli uomini che hanno perso i loro istinti, la qual cosa corrisponde davvero all’equivalente intellettuale del perdere i propri sensi. È un fastidio perenne per i tutti cafoni: che siano essi magnati dell’industria, o dell’informazione e del giornalismo internazionale, o di ogni altra cosa che appartiene all’odierno paradiso dei cafoni.

È una sfida lanciata alla cafonaggine, perché ci ricorda l’esistenza di un mondo più grazioso fatto di cortesia e rispetto, e di abitudini che postulavano una sorta di dignità nelle relazioni umane. È un rompicapo per i saccenti, i quali – invischiati da un gelido odio in una contraddizione perenne e senza uscita – non sanno decidersi fra il denunciare il Natale perché è una Messa – o, peggio, una mera messinscena papista –, e il cercare di provare allo stesso tempo che si tratta, in realtà, di una festa integralmente pagana, e che, quindi, era un tempo degna di ammirazione, come qualsiasi altra cosa inventata dai pirati della Scandinavia pagana. Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante: per noi rappresenta una cosa ben precisa, per gli altri un marasma d’incongruenze. Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada.

Infatti sta andando.

E forte.

*“da “Lo Spirito del Natale” – D’Ettoris Editori


grazie a Alessandro Speri per averlo segnalato

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Published on December 06, 2020 08:50

December 5, 2020

Le pagine delle nostre vite

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di Costanza Miriano


Vorrei intitolare questo post “libri di amiche che mi hanno stupito”. Anzi, più precisamente “libri belli di amiche conosciute su Facebook che poi sono diventate amiche in carne ed ossa e che mi hanno confermato che, nonostante le perdite di tempo e le polemiche inutili i social sono una cosa bella”. So che il severo admin boccerà il mio titolo, ma io ci terrei a ricordare che grazie alla rete ho incontrato persone meravigliose. È vero che il tanto vituperato algoritmo ci dà l’illusione di vivere in un mondo che non esiste, dove tutti la pensano come te, ed è vero che questo mondo non esiste, però grazie all’algoritmo ho incontrato Giuliana Zimucci.



La Giuly è una di quelle donne che capiscono le persone con un intuito stupefacente, è una di quelle amiche con cui non sono sempre d’accordo su ogni virgola, ma ha una dote sopraffina. Osserva, ascolta, annusa, legge tutto ciò che è umano con un radar raffinatissimo. Per questo ogni telefonata con lei potrebbe durare ore, potremmo aprire cartelle su cartelle e non finire mai di parlare (e basta sentirsi una volta ogni tanto per riannodare il filo di una conversazione sospesa mesi fa). Insomma, dovevo saperlo che Giuliana Zimucci fosse una osservatrice speciale dell’umanità, eppure la sua prima raccolta di racconti, La fine della commedia, mi ha stupito. È anche normale: non necessariamente uno che sia bravo a capire le persone è anche capace di raccontarle. Diciamo che è una condizione necessaria, ma non sufficiente.


Ognuno dei racconti nasconde una perla, un guizzo, un punto di vista particolare, uno squarcio su un mondo che vorresti conoscere di più, e infatti quello che rimane dopo avere chiuso l’ultima pagina, è il desiderio di sapere come va a finire, se lui smette di bere, se lei trova il suo vero amore, se Luisa trova la pace dopo avere ucciso l’amante, se Leda rivela il vero padre del bambino… Quello che rimane, dunque, oltre al desiderio di telefonare all’autrice per chiederle di andare avanti, di non smettere di scrivere, di tirare fuori il romanzo dal cassetto, sono soprattutto domande. Sulla vita dei protagonisti, e anche un po’ sulla propria.


L’altro libro che mi ha stupita è quello di Franca Malagò Pugni: non avevo la minima idea che avesse questa penna brillante, anzi questo eloquio avvincente (si tratta infatti di trascrizioni dei files di Podbiz), questa capacità di imparare da qualsiasi esperienza, e soprattutto che conoscesse così tante storie, diverse delle quali provenienti dal mio amato mondo dello sport. Con Franca, infatti, ho in comune la passione per la corsa (che ha conquistato peraltro anche Giuliana, altro tratto in comune tra i due libri), e per tutto lo sport come elemento fondamentale della formazione, dell’equilibrio, del successo di ogni persona, che sia sportivo di professione o no. Mi trovo spesso a pensare quanto io sia debitrice dell’educazione ricevuta nel campo di atletica leggera, uno dei pochissimi ambiti in cui non puoi barare: ottieni in base a quanto lavori, e devi rispettare delle regole. Poche ma ferree. L’altro giorno per esempio sulla via Appia Antica una ciclista ha cambiato direzione all’improvviso, quasi investendomi, e mi sono trovata a pensare che di certo quella ragazza non aveva mai fatto atletica: se hai frequentato le piste sai che non puoi cambiare corsia senza guardare indietro, è vietatissimo, ed è una cosa che ho interiorizzato grazie ai lunghi pomeriggi sulle piste.


Ma non è solo di sport che parla Ragazze diamoci da fare, Chiacchierate tra donne che hanno preso in mano la propria vita. Al centro c’è, appunto, l’idea di vivere la propria vita da protagoniste – sì, si parla di donne – qualunque lavoro si faccia (anche “solo” in casa), qualunque ruolo si abbia. E a questo servono le dritte – numerosissime – di Franca Malagò. Si parla di borse, ansia, malinconia, si parla di capacità di delegare e di organizzazione. Insomma una miniera d’oro di buon senso e intelligenza, tanto che solo leggendo la piccola bio finale dell’autrice ho capito che stava scrivendo di consulenza del lavoro. Io pensavo fosse una lettera per me!


 

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Published on December 05, 2020 01:38

November 30, 2020

Alle 21 diretta per recitare insieme il Sacro Manto

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Alle 21 reciteremo insieme  l’ultimo giorno del Sacro Manto di San Giuseppe.


Collegatevi al link che vedrete qui sotto dalle 21,  dal canale youtube di Don Fabio De Biase


ECCOCI!


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Published on November 30, 2020 11:25

November 29, 2020

Finiamo il Sacro Manto con un digiuno

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di Costanza Miriano


Quando sullo schermo compare il nome della mia amica bionda, Monica, già lo so: non devo rispondere. Mi trascinerà in qualcosa di faticosissimo, mi proporrà un’idea pazza, o minimo qualcosa di scomodo o folle, mi sottoporrà una situazione difficilissima da risolvere, un mucchio di soldi da trovare per qualcuno, e io dovrò cominciare a chiedere a destra e a manca, che prima o poi finirà che la gente mi evita. Mi conviene dire che sono impegnatissima, che sto eseguendo un’operazione a cuore aperto, mettendo a punto un vaccino, traducendo la Summa Theologiae in cinese. Però niente, non resisto. Rispondo sempre. Anche perché di solito al massimo sto correggendo delle frasi di greco o mettendo il rosmarino dentro un pollo (che comunque un po’ somiglia a un’operazione chirurgica, dai). La sventurata rispose.



E così l’ultima volta mi ha chiesto: “perché non coroniamo il mese del sacro manto con un digiuno tutti insieme?”


Io ho un grosso problema: mi scoccia mettermi alla guida e far fare agli altri cose che io per prima fatico a compiere. Ecco, io adesso non so come siete messi voi col digiuno, ma per me è una fatica bestiale, e la prima cosa che visualizzo quando lo sento nominare è il cinghiale che scuoio a mezzanotte, quando finisce, e quando finalmente lo interrompo, per poi riversarmi a letto rotolando (il massimo dal punto di vista dietetico: solo pane per 24 ore, e poi l’abbuffata).


Però Monica ha ragione. Questa avventura del Sacro Manto è stata incredibile, siamo stati in tantissimi, oltre ogni più rosea aspettativa, e siamo in comunione con tutta la Chiesa (anche il Papa ama molto san Giuseppe): è una preghiera della tradizione, e da sempre nei momenti difficili il popolo di Dio aumenta le dosi di preghiera.


Ma il Vangelo lo dice: certi demoni non si allontanano che con la preghiera e il digiuno. Ecco, questo credo sia uno di quei momenti in cui il demonio, che odia gli uomini e la vita, canta vittoria: le chiese svuotate, le persone isolate, i ragazzi sempre più solitari e sempre più davanti a uno schermo, le difficoltà economiche, la malattia e la morte che intreccia le vicende – direttamente o indirettamente – di ciascuno di noi. Supplichiamo Dio perché intervenga con mano potente, e faccia presto, che è poi il senso dell’Avvento. Dire ancora più forte: Vieni Signore!


Per le domande teologiche – perché Dio permette tutto questo, perché ha bisogno della nostra richiesta per intervenire, e interrogativi del genere) – non chiedete a me, ma a qualche bravo sacerdote. Io so solo che il male è un mistero, e che dobbiamo diffidare di chi lo spiega (ho provato anche a scriverci un libro su), ma che Dio sa trarre il bene da tutto, ma so anche che la preghiera e il digiuno sono armi potentissime, perché lo dice il Vangelo – chiedete e vi sarà dato – e il Signore vuole che chiediamo, perché vuole che ogni circostanza sia una possibilità per entrare in un rapporto sempre più vero con lui.


E se entriamo in relazione solo quando tocchiamo il nostro limite, il digiuno è davvero il modo migliore per verificare concretamente quanto siamo piccoli e bisognosi di Dio, a ogni respiro, a ogni crampo allo stomaco. Al grido dei piccoli Dio non resiste!


Insomma, domani, lunedì 30 novembre, chi può, come può, per tutto il giorno o una parte, si può unire a questo piccolo popolo e offrire qualche piccola rinuncia: c’è chi salta un pasto, chi tutti, chi fa pane e acqua, chi rinuncia a un cibo di cui non può fare a meno, chi mangia cavallette e pocket coffee, chi frulla il panino al salame appigliandosi alla norma “liquida non frangunt”, insomma, l’importante è fare un sacrificio alimentare per chiudere il manto in comunione (casomai prendetevela con Monica).


E alle 21 chi vorrà potrà collegarsi a un link che vi forniremo qui e sui social per recitare l’ultimo manto del mese tutti insieme, guidati da don Fabio De Biase (io sarò in collegamento): l’idea è stata sua.


https://recode.digital/1000-sacri-manti/


 

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Published on November 29, 2020 09:28

November 20, 2020

“Gesù, pensaci tu”

 


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di Costanza Miriano


Qualche tempo fa una carissima amica mi ha chiesto quale frase avrei scelto se ne dovessi avere una sempre sotto gli occhi. Senza pensarci troppo le ho risposto “Gesù, pensaci tu”, il ritornello dell’atto di abbandono di Don Dolindo Ruotolo. Siccome è una suora e con le consorelle gestisce una scuola (una delle più belle mai viste, a Genova, quella delle figlie di San Giuseppe) ho pensato che stesse preparando uno striscione per i bambini, qualcosa per una recita o roba del genere, e la frase mi è salita alla bocca senza pensarci un secondo, poi ho dimenticato la domanda.



Non avrei mai creduto che invece fosse tutto un complotto per prepararmi un regalo (il quale peraltro non è ancora arrivato, ma so che è in cammino, e so che non è uno striscione né una statua di san Giuseppe ma qualcosa di frivolo, quindi se parte la mia linea di accessori un po’ too much con il logo “Gesù pensaci tu” vi avviso). Comunque, tutto questo era per dire che da tanto tempo sono affezionata a questa giaculatoria così semplice, e da tanto cercavo la storia di Don Dolindo, senza mai trovarla.


Ieri erano i cinquanta anni dalla sua morte, per cui volevo fargli un regalo (in ritardo, ma lui è buono e mi perdona) e ricordare questo sacerdote specialissimo, anche perché finalmente è uscita (per la Ares) una sua biografia che ha risposto alle mie attese, o, più precisamente, in realtà mi ha lasciata con la voglia di sapere molto di più, forse perché scritta, insieme a Luciano Regolo (che avevo imparato a conoscere come biografo di Natuzza Evolo), dalla nipote Grazia Ruotolo. Mi pare che comprensibilmente la nipote abbia avuto un occhio un po’ attento a una serie di aspetti dettati dall’affetto e dalla devozione, e che il risultato sia un racconto più affettivo che rigoroso e capace di uno sguardo oggettivo e globale, insomma a tratti mi sono un po’ persa. Forse alla fine alla statura di don Dolindo questa biografia non rende ancora piena giustizia, ma è sicuramente un ottimo inizio, lungamente atteso, almeno da parte mia.[image error]


E così, leggendo, ho capito che quest’uomo è stato ancora più di quanto pensassi, è stato un vero gigante, la versione dolce di padre Pio, e non mi capacito del fatto che questa figura sia così poco conosciuta, e poco esaltata nella Chiesa. Chiesa che lui ha amato teneramente e difeso senza riserve, nonostante tutto: in vita ha dovuto subire la sospensione a divinis. Il Signore però lo ha ricompensato con delle grazie incredibili, e una capacità profetica di predicare e di offrire la Parola di Dio. Diceva che la sua memoria sarebbe stata riabilitata dai suoi libri di commento alla Scrittura, infatti il suo commento ai Vangeli (Casa Editrice Mariana) è nella mia lista per Gesù bambino…


Ai modi burberi e decisi del frate di Pietrelcina, con cui condivideva il privilegio delle stimmate, don Dolindo invece rispondeva con una dolcezza sconfinata: chiamava tutti angioletto mio, e conquistava le persone con una accoglienza senza limiti, esaltando la bontà dei peccatori. Era durissimo con se stesso, si sottoponeva a penitenze, digiuni, sacrifici, sofferenze fisiche inimmaginabili (girava con una borsa di pietre portando la quale chiedeva a Dio di salvare le anime), ma con gli altri solo dolcezza. La sua bontà non era a buon mercato, sapeva che aveva un prezzo. Aveva capito che le anime si conquistano con un combattimento, e che se uno non è capace di farlo da solo, serve che qualcun altro si offra per lui. E’ il mistero della sofferenza vicaria. Continuamemte don Dolindo chiedeva e cercava occasioni per soffrire, supplicando Dio di salvare anime.


A questo proposito, nel suo libro su Maria fa una profezia impressionante:


“solo una grande misericordia può fare superare al mondo il baratro nel quale è caduto. […] Il mondo è diventato un campo di morte, nessuna voce lo risveglia se una grande misericordia non lo solleva. Voi, perciò, figlie mie dovete implorare questa misericordia, rivolgendovi a me che ne sono la Madre. Che cosa credete voi che sia la misericordia? Non è solo l’indulgenza, ma è anche il rimedio, la medicina, l’operazione chirurgica. La prima misericordia che deve avere questa povera terra, e la Chiesa per prima, dev’essere purificazione. Non vi spaventate, non temete, ma è necessario che un uragano terribile passi prima sulla Chiesa e poi su mondo! La Chiesa sembrerà quasi abbandonata e da ogni parte la diserteranno i suoi ministri… dovranno chiudersi persino le chiese! Il Signore troncherà con la sua potenza tutti i legami che ora l’avvincono alla terra e la paralizzano! Hanno trascurato la gloria di Dio per la gloria umana, per il prestigio terreno, per il fasto esteriore e tutto questo fasto sarà ingoiato da una persecuzione terribile, nuova! Allora si vedrà che cosa giovano gli appannaggi umani e come valeva meglio appoggiarsi a Gesù che è la vita vera della Chiesa. […] Tutto questo è misericordia non è male. Gesù voleva regnare dilatando l’amore suo… Egli dunque disperderà tutto quello che non è suo”.


Lui permetteva davvero a Gesù di regnare sul suo cuore, e si sa che con queste anime poi Dio supera i confini di ogni attesa; attraverso don Dolindo operava miracoli in continuazione, alcuni quasi di routine (non si sa quante coppie hanno concepito un figlio lungamente atteso, grazie a lui), altri enormi come la conversione di peccatori incalliti, o esagerati come permettere di avere un figlio a una donna a cui era stato asportato l’utero, ai ciechi di riavere la vista, e ogni sorta di guarigioni. Quando permetti a Gesù di regnare davvero sul tuo cuore, però, non è tanto importante che lui faccia la tua volontà, ma che tu capisca la sua. E allora, mentre cerchi di farla, puoi davvero abbandonarti come un bambino, come insegna il suo atto di abbandono:


Perché vi confondete agitandovi?


Lasciate a me la cura delle vostre cose


e tutto si calmerà.


Vi dico in verità che ogni atto di vero,


ricco e completo abbandono in me,


produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.


Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi,


sconvolgersi e disperarsi,


volgendo poi a me una preghiera agitata perchè io segua voi,


è invece cambiare l’agitazione in preghiera.


Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima,


stornare il pensiero della tribolazione


e rimettersi a me perché io solo operi, dicendomi:


”pensaci tu”.


La preoccupazione, l’agitazione e il voler pensare


alle conseguenze di un fatto è contro l’abbandono,


chiudete gli occhi e lasciatevi portare


dalla corrente della mia grazia,


chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare,


chiudete gli occhi e pensate al momento presente,


stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione,


riposate in me credendo alla mia bontà


e vi giuro che per il mio amore che dicendomi


con queste disposizioni, pensaci tu, io ci penso in pieno,


vi consolo, vi libero, vi conduco,


e quando dopo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi,


io vi addestro, vi porto nella mie braccia, vi faccio trovare…


come bimbi addormentati nelle braccia materne dall’altra riva,


quello che vi sconvolge e vi fa male immenso,


è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo,


e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge,


quante cose io opero quando l’anima, tanto nelle sue necessità spirituali,


quanto in quelle materiali, si volge a me dicendomi ”pensaci tu”,


chiudi gli occhi e riposa! Voi nel dolore pregate perché io operi,


ma in realtà voi pregate perché io operi come voi credete,


non vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee,


non siete infermi che domandano al medico la cura, ma gliela suggeriscono.


Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater:


”sia santificato il Tuo nome”,


cioè sia glorificato in questa mia necessità,


”venga il Tuo regno”,


cioè tutto quello che mi sta succedendo concorra al tuo regno in noi e nel mondo,


”sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra”,


cioè disponi tu in questa necessità come meglio ti pare


per la vita nostra eterna e temporale.


Se mi dite davvero ”sia fatta la Tua volontà”,


che è lo stesso che dire: ”pensaci tu”,


io intervengo con tutta la mia onnipotenza


e risolvo le situazioni più chiuse.


Ti accorgi che il malanno incalza invece di decadere?


Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia:


”sia fatta la Tua volontà pensaci tu!”.


Ti dico che io ci penso e che intervengo come medico


e compio anche un miracolo quando occorre.


Vedi che la situazione peggiora?


Non ti sconvolgere chiudi gli occhi e dì: ”pensaci tu!”.


Ti dico che io ci penso e che non cè medicina più potente


di un mio intervento d’amore.


Ci penso solo quando chiudete gli occhi.


Quando vedi che le cose si complicano,


di con gli occhi dell’anima chiusi, Gesù pensaci tu.


Fa così per tutte le necessità, fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli.


Ve lo giuro per il mio amore!


 


E a proposito del piccolo resto a cui a volte sembra ridotta la Chiesa, ecco cosa dice:


“Nelle tempeste della vita non dobbiamo mai scoraggiarci, quando abbiamo Gesù con noi. A volte sembra quasi che Egli dorma e tutto pare perso. Questo avviene quando mettiamo la fiducia negli uomini o nei mezzi naturali. Ma quando si risveglia la nostra fede e con uno slancio di amorosa fiducia risvegliamo Gesù, Egli si erge da dominatore, impone silenzio alla tempesta e vince. Oggi si può dire che la Chiesa si trovi in una di quelle tempeste nelle quali Dio sembra che dorma. Le nazioni le si sono ribellate o, nella migliore ipotesi, fingono di non conoscerla. Le persecuzioni ferocissime in alcune regioni rinnovano l’era gloriosa dei primi martiri; le stragi si moltiplicano e, soprattutto, il male e l’errore dilagano in una maniera spaventosa. Dobbiamo risvegliare Gesù con la fede piena, integra, incrollabile, e quando ci sembrerà prossima la rovina lo vedremo, elevato nella sua regalità, imporre la calma e ridonare il trionfo alla sua Chiesa e al mondo”.


 

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Published on November 20, 2020 14:16

November 17, 2020

Chi va piano… Cinque passi al mistero.

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Chi di noi quest’anno non ha dovuto cambiare ritmo, rallentando certi aspetti della propria vita, accelerandone altri? Io per esempio ho scoperto che il pranzo e la cena quando stai sempre a casa sono vicinissimi, non fai in tempo a sparecchiare e sistemare che devi riaccendere il forno, e poi che avere lo spazio per la preghiera non significa automaticamente che riuscirai a raccoglierti, tanto per dire le prime due cose che mi vengono in mente di questo tempo così nuovo. Eppure, il tempo e lo spazio che ci sono dati da vivere sono esattamente il luogo e il momento in cui possiamo incontrare Dio, questo è certo. Il tempo in cui viviamo non è un errore.
Di lentezza e velocità parlerà il primo dei cinque passi di quest’anno, che ricominciano sabato prossimo, e che vista la situazione saranno online in diretta, non più il venerdì sera ma il sabato pomeriggio.
Per chi abita fuori Roma e di solito non poteva venire (e doveva aspettare maggio per poter riascoltare i files, e solo in audio), una bella notizia: il link per seguire è questo:

https://bit.ly/5PassiLive112020

Sabato 21 novembre ore 16



 


I “Cinque passi al Mistero”, sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dieci anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma

Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa, offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti.

Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone.


Il metodo è sempre lo stesso: una introduzione di mezz’ora esatta,  a cui seguono le domande.

Si rinnova così una tradizione nata fin dal XVII secolo. I discepoli di San Filippo Neri, infatti, si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.

Gli incontri sono basati sul dialogo, e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire.

S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.

Si cerca sempre di usare la ragione come strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede.

La Fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.


 


 

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Published on November 17, 2020 14:34

November 16, 2020

Voi sacerdoti avete ricevuto il dono di salvare le anime

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Un lettore del blog ha voluto scrivere una lettera aperta al vescovo di Pinerolo Monsignor Derio Olivero.


Eccellenza, sono un fedele, un padre di famiglia non della sua diocesi. Ho avuto occasione in questi giorni di leggere il suo comunicato in cui annuncia la chiusura ‘preventiva’ delle Messe a Pinerolo causa Covid-19; ho pensato di condividere con Lei e con altre persone interessate qualche considerazione nata nell’apprendere questa decisione, nella speranza possa essere di stimolo alla riflessione anche per altre diocesi che stessero valutando iniziative simili.

Per grazia di Dio, ad oggi il virus non ha toccato nè me nè le persone che mi sono care, mentre ho letto di quanto duramente Lei sia stato colpito.

Non so quanto questo fatto possa influire sulle riflessioni sottostanti, se crei un distacco che impedisca un giudizio completo o invece non influisca sulla mia capacità di lettura della realtà.

Cercherò comunque di partire da qualche dato oggettivo che prescinde dalle diverse esperienze personali.



Dunque, partirei con un ordine di grandezza: da quando a maggio è stata ‘concessa’ nuovamente ai fedeli la libertà di frequentare la Messa, in Italia ne sono state celebrate a milioni.

Non è un modo di dire: basta considerare il numero di parrocchie (25.000 o giù di lì, se non sbaglio), il numero di giorni trascorsi dalla riapertura (circa 170) e tenere presente che spesso viene celebrata più di una Messa al giorno (facciamo 1,5 di media).

Milioni e milioni di Messe, dunque: se comunque si volessero considerare solo quelle più a rischio di contagio (il sabato e la domenica, a maggiore affluenza), saremmo comunque nell’ordine del milione circa.

Ora, a fronte di una casistica così ampia, quanti casi di focolai in chiesa sono stati rilevati? Non mi pare di aver letto nulla in merito in questi mesi, ad ogni modo si tratterebbe di un rischio sostanzialmente nullo rapportato al numero di Messe celebrate.

Riassumendo: ci sono stati e ci sono numerosi focolai a scuola, al lavoro, nei luoghi di divertimento, nell’ambito delle attività sportive ma non nelle chiese.

Andare a Messa è un’attività (chiedo scusa del termine) sicura per vari motivi che non sto qui ad elencare.

I cristiani che vanno a Messa non mettono a rischio sè stessi, nè sono degli untori che potrebbero infettare altri in virtù di tale partecipazione… guardando ai numeri si può affermare questo come un dato di fatto.


Seconda constatazione: le categorie particolarmente a rischio (anziani, malati, ecc.) sono da sempre esentate dal precetto festivo.

Mi diceva un sacerdote che persino chi non è oggettivamente a rischio, ma si sente tale, può in coscienza rimanere a casa: magari si potrebbe ragionare nel caso specifico ma ovviamente nessuno può essere costretto partecipare alla Messa contro la sua volontà.

Quindi già ora chi non si sente di venire in chiesa può stare (e quasi sicuramente sta) a casa e, in ogni caso, questo punto può essere ribadito nei tempi e nei modi opportuni.


Ora, posto che la Messa non è qualcosa di rischioso e che comunque chi si sente in pericolo può in coscienza non partecipare, quali sono non i rischi teorici bensì i danni reali, concreti, che il Covid-19 ha prodotto in questi mesi nelle nostre comunità?

Io posso raccontare quello che ho vissuto nella mia città di provincia, purtroppo credo non dissimile da quanto è accaduto un po’ ovunque (…situazioni che Lei conoscerà bene).

Il catechismo è stato per lunghi mesi interrotto (prima il lockdown, poi l’estate, poi la seconda ondata) ed è ripreso solo sporadicamente causa carenza di spazi adeguati, necessità di frazionare le classi in piccoli gruppetti con necessità di molti più catechisti (che non ci sono), famiglie che comunque non mandano più i bambini, ecc.

In particolare, i sacramenti sono stati preparati in modalità minimale con pochi frettolosi incontri per recuperare quanto perso mesi fa; nella nostra famiglia abbiamo provato a supportare da casa il lavoro dei catechisti, ma quanti ragazzi saranno arrivati ai sacramenti senza un percorso adeguato (prima e dopo)?

Le attività educative giovanili di ACR, scoutismo e simili (incontri, uscite, campi estivi) sono in buona parte saltate e faticano ora a riprendere.

I momenti formativi per gli adulti e le attività dei gruppi famiglie sono state fortemente limitate (talvolta saltate, talvolta sostituita da incontri virtuali).

Da maggio in avanti rimane quindi, come unico punto fermo, la Messa che pure ha visto un forte calo nella partecipazione; nella mia parrocchia a spanne lo stimerei nell’ordine del 30% e oltre.

Il prezzo pagato nel cammino di fede delle nostre comunità è stato altissimo e, in generale, credo non vi sia piena consapevolezza delle macerie spirituali che questa situazione continuerà a produrre nel tempo.

Rimane solo la Messa, dicevo, cui aggrapparsi come bene prezioso… perciò toglierla di propria iniziativa, senza che vi sia un’evidenza che la indichi come reale fattore di rischio, sinceramente è per me difficile da capire.


Dopo queste considerazioni più di carattere generale, passo ora a qualche riflessione più specifica sul suo comunicato.

Innanzi tutto, le confesso che nel corso della lettura si è insinuata la spiacevole impressione (sicuramente non voluta, ma tantè) che chi tuttora desideri andare a Messa sia, in fondo in fondo, un po’ egoista perchè penserebbe più a sè stesso che non alla situazione particolare che stiamo vivendo.


Non se se questa ‘accusa’ che mi sento rivolgere dal comunicato o dal teologo citato sia frutto di una mia particolare sensibilità o davvero, tra le righe, possa passare tale messaggio.

In ogni caso è una tirata d’orecchi che sento come fastidiosa innanzi tutto perchè non è motivata dall’evidenza dei numeri.

Inoltre perchè come fedeli abbiamo già rinunciato a tanto, nè siamo stati imprudenti e indisciplinati in chiesa in questi mesi.

Infine perchè la Messa non è una questione di “diritto” o meno ma è una necessità… per un cristiano è semplicemente questo. Una necessità che non viene meno in dipendendenza di fattori esterni.


In secondo luogo, Lei ha dedicato parecchio spazio nel delineare il sogno di una Chiesa più fraterna, accogliente e aperta. Difficile non condividere questo desiderio che chiama tutti in causa, ci mancherebbe.

Tuttavia dal comunicato emerge una sorta di sottinteso (sicuramente non voluto, ma tantè) per cui una Chiesa ‘chiusa’ all’Eucarestia potrebbe comunque diventare più aperta e capace di relazioni.


Questo ipotetico nesso logico tra le due cose non solo non è motivato in alcun modo, ma a me pare non possa stare in piedi a prescindere.

E’ possibile che una Chiesa senza Eucarestia possa essere più capace di accompagnarsi alle ferite dell’uomo di oggi? Che possa essere più fraterna, più attenta, più prossima?

Io penso che al contrario una Chiesa con più Eucarestia potrà questo… non a caso Madre Teresa di Calcutta la metteva all’inizio della sua giornata per attingere da essa la forza di compiere la vita che faceva.


Ancora: Lei chiede di vivere di più la preghiera e la lettura della Parola in famiglia, in casa… anche qui difficile non condividere, si tratta di un’indicazione buona e saggia a prescindere dal contesto.

Eppure sembra di intendere che pregare maggiormente o leggere di più il Vangelo possa in qualche modo ‘compensare’ la mancata partecipazione alla Messa: temo che qualcuno dei suoi fedeli possa arrivare a tale conclusione sia per la decisione in sè di chiudere le chiese che per il modo in cui è motivata… conclusione che ovviamente non è vera.

Preghiera, Parola e Messa sono tutte necessarie, se una di esse viene meno non può essere compensata da niente.


 


Infine, il comunicato si chiude con l’auspicio che ‘anche’ tramite la chiusura delle chiese si possa essere più in sintonia con un mondo che non ci capisce, che ci considera qualcosa di chiuso o di estraneo.

Ora, non ho dubbi che il Governo apprezzerà molto la sua iniziativa augurandosi magari che altri Vescovi seguano il suo esempio… in tal modo non ci sarebbe più l’impiccio di procedere ad un nuova nuova chiusura forzata delle chiese.

Peraltro non mi pare che mesi fa la CEI abbia fatto le barricate, almeno pubblicamente… ricordo il caso di qualche Vescovo (tra cui mons. D’Ercole di Ascoli, del quale ho da poco appreso le dimissioni) ma in generale c’è stato un pacifico adeguamento alle decisioni dei comitati tecnici e scientifici.


Non sono però sicuro che questo tentativo di essere più in sintonia col mondo avrà successo da un punto di vista missionario e dei frutti spirituali, anzi.

Sappiamo bene che ci confrontiamo con una società per la quale la Messa è ormai un rituale vuoto, se non bizzarro.


“Se la gente sapesse cosa accade sull’altare durante la Messa, dovrebbero mettere i carabinieri dinanzi alle chiese per contenere le folle”, diceva Padre Pio. Purtroppo la nostra società non ha neppure tale vago sospetto, lo dimostra anche la recente uscita di Veltroni (qualche giorno fa da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’) il quale ha domandato polemicamente perchè tenere ancora aperte le chiese mentre chiudono i teatri.

Parliamo di Veltroni, ex Ministro per i beni e le attività culturali, giornalista, scrittore, regista… una primizia dell’intellighenzia che oggi ci giudica. Ecco, credo che la sua non sia una sparata. Temo che lui (e tanti come lui) pongano veramente sullo stesso piano andare a vedere Dario Fo e vivere la Messa… a tanto poco è ridotta la considerazione per il sacrificio eucaristico nel nostro paese ed è con questo modo di pensare che noi cristiani dobbiamo confrontarci.

Per cui mi domando: siamo sicuri che questa chiusura preventiva, questa decisione ‘più realista del re’, non porti con sè anche la tacita conferma dell’idea che la Messa valga quanto una recita?

“Senza domenica non possiamo vivere”, dicevano i primi cristiani (molti di cui martiri)… non stiamo invece dicendo che la Messa vale relativamente, se non solo ce la lasciamo portare via ma addirittura ne facciamo a meno di nostra iniziativa?


Io non credo che questa decisione possa portare ad una maggiore capacità di relazione con il mondo che ci circonda. O meglio: se parliamo di un apprezzamento da parte del Governo, della politica o delle elite ‘intellettuali’, probabilmente si. Se invece ragioniamo in ottica di testimonianza cristiana, in ottica missionaria appunto, nessun giovane, nessun figlio di Dio lontano potrà essere colpito favorevolmente da una Chiesa che dimostra così poco attaccamento al suo tesoro.


Eccellenza, penso di interpretare il sentimento di tante persone nel dire che noi fedeli abbiamo sempre più bisogno di sacerdoti che si preoccupino della salvezza delle anime.

Umilmente, a me pare che Lei si preoccupi molto della salute del corpo (il che non è sbagliato, intendiamoci) ma meno di quella dello spirito, prendendo una decisione che probabilmente non porterà ad impatti significativi sul primo piano mentre ne avrà di rilevanti sul secondo. Oltre a rafforzare, nel senso comune, l’idea che la Messa è qualcosa di cui si possa fare a meno.


Nel periodo del lockdown un giovane prete della nostra diocesi, oltre ad attivarsi tra i primi per le dirette via Internet della Messa dalla sua parrocchia, ha preso la croce e da solo ha iniziato una processione per le vie del quartiere.

Un gesto che ci ha ricordato che la nostra salvezza è nel Signore e non, in primis, in più o meno perfettibili protocolli tecnici pur da rispettare.

Voi sacerdoti che avete ricevuto un dono così grande e generosamente avete risposto alla chiamata del Signore, per favore aiutateci sempre a ricordare questo.


Grazie dell’attenzione.

Un babbo.

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Published on November 16, 2020 02:56

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Costanza Miriano
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