Costanza Miriano's Blog, page 24
January 1, 2022
Etica e vaccini
di Costanza Miriano
È molto che medito su questo, molto tempo, ma a questo punto, dopo le ultime decisioni del Governo e quelle che sono state preannunciate, forse è giunto il momento di fare una riflessione. So che non sono competente, e non voglio davvero accusare nessuno, ma solo chiedere chiarezza.
Quando sono comparsi sul mercato i primi vaccini contro il Covid, la Congregazione per la Dottrina della Fede, il 21 dicembre 2020, ha prodotto una nota in cui affermava – sintetizzo, in soldoni – che vista la criticità della situazione e il pericolo così grande e diffuso si potesse far ricorso a vaccini sperimentati su tessuti vitali provenienti da due aborti, lontani negli anni, perché la “cooperazione indiretta a un male remoto” è ammessa di fronte a un pericolo grave e imminente.
Ricordiamo che, stando a quello che viene dichiarato ufficialmente, i vaccini sono stati sperimentati su delle linee cellulari provenienti da aborti volontari fatti negli anni ’70. Una era una bambina olandese che oggi avrebbe più o meno la mia età. Si trattava di tessuti fetali vitali, questo conferma la CDF, e quindi probabilmente si è trattato di un parto indotto, o di un cesareo, perché il corpo del bambino deve avere ancora determinate caratteristiche che si perdono dopo la morte. Quindi oggettivamente un male, un male enorme.
Però la CDF afferma che la “cooperazione materiale passiva dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota. Il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave”.
Insomma, davanti a un pericolo grave si può anche trarre vantaggio da un male che è stato operato. Ho cercato di raffigurarmi un’altra situazione per cercare di capire meglio. Per come l’ho tradotta io, le cose stanno così. Sparare a delle persone è oggettivamente un male. Ma se sei un padre di famiglia ed entrano in casa tua e stanno per uccidere i tuoi bambini, allora la legittima difesa, in una misura adeguata al pericolo che stai affrontando, all’offesa che stai subendo, non solo è ammessa, ma direi doverosa. Se non spari tu, rischiano di morire i tuoi figli di cui hai il dovere della custodia.
Ora, il tema dell’efficacia e della sicurezza dei vaccini e anche quello dell’entità del pericolo del Covid non sono di mia competenza, come non lo è la risposta alla domanda se il vaccino riduca il rischio per coloro di cui abbiamo il dovere della custodia; cioè non sono in grado di dire se oggi cooperare pur da remoto al male di un aborto sia giusto per tutti, o solo per chi sta correndo un rischio molto serio per sé o per delle persone fragili con cui possa entrare in contatto. Anche l’OMS adesso in presenza delle varianti mette il vaccino in fondo alla lista dei presidi contro il Covid (dopo distanziamento, mascherine, controlli frequenti, igiene etc). Questo, ripeto, non è di mia competenza, ma non possiamo che affidarci a dei medici che agiscano in scienza e coscienza, e ascoltarli. Quello di cui però sono certa con grande, drammatica chiarezza è che da allora, è passato oltre un anno, non ho sentito mai più riaprire l’argomento, chiedere a gran voce vaccini puliti.
Da quel pronunciamento ho sentito molti appelli sul dovere della popolazione di vaccinarsi, ma mai nessuno, e sottolineo nessuno (mi piacerebbe molto essere smentita) sul dovere delle case farmaceutiche di trovare un altro modo di produrre vaccini. Vorrei che dalla Chiesa voci alte e autorevoli si levassero ogni giorno, più volte al giorno a chiedere questo. “Va bene, per il momento di emergenza abbiamo detto che in mancanza d’altro si poteva utilizzare l’aborto, però adesso porca miseria muovetevi a trovare un’altra via, cercate il modo di sperimentare senza toccare i bambini uccisi. Avete fatto dei profitti stellari, non vi avanza proprio niente da investire in questo? Lo state facendo e manca poco, oppure l’argomento è passato in archivio, una volta incassato il permesso della CDF (di cui probabilmente alle cause farmaceutiche importa come a me del campionato di bridge)? Quel permesso era, per come l’ho letto io, provvisorio, nell’immediato, nell’incombenza del pericolo, ma adesso? Possiamo continuare nello stato di emergenza fisso?”
Io capisco che per il mondo questo è un problema che non si pone proprio. L’aborto è considerato un diritto, e se c’è da trarre un beneficio comune, meglio così. Questa è la percezione comune. So bene che la sperimentazione sui bambini abortiti è prassi acquisita nella ricerca, cioè non lo so bene ma l’ho sentito dire tante volte. Però qui si tratta di un vaccino al quale si sta obbligando la popolazione in blocco, e il problema non può essere taciuto dai nostri pastori, mentre ci invitano a fare tutte le dosi.
La linea cellulare utilizzata si chiama HEK293, ciò significa che proviene dai reni della bambina. E davvero i laboratori di tutto il mondo si passano di mano in mano quelle due sole catene cellulari, sempre le stesse, dagli anni ’70? Posso permettermi di dire che ne dubito fortemente? Una volta una signora che lavorava in un laboratorio di un ospedale ha detto che era prassi abituale usare i piccoli corpi provenienti dagli aborti per fare esperimenti, tanto che lei dopo anni aveva chiesto di essere trasferita.
Non dobbiamo smettere di dirlo, di chiedere a gran voce che questa cosa sia fermata. Non possiamo permettere che la cosa finisca nel dimenticatoio, non possiamo tacere di fronte a questa cosa.
Come saprà chi conosce il mondo cattolico, si è molto discusso sul vaccino e sul pronunciamento della CDF. Adesso non serve sollevare altre questioni, che non siano punti fermi, fermissimi, già c’è troppa divisione in giro, e fra di noi.
Però questo punto è fermissimo. Bisogna da questo istante, è già tardi, trovare altre strade, e bisogna che i cattolici facciano sentire la loro voce, alta, ferma, e insistente. Bisogna che “ci alziamo in piedi ogni volta che la vita umana è minacciata” come diceva Giovanni Paolo II.
Questo problema non è più rimandabile, adesso che si profila la possibilità dell’obbligo. La cooperazione al male può essere una concessione, ma non un obbligo, questo è evidente. Bisogna rispettare le coscienze di coloro che si oppongono al trarre vantaggio da un male, non si può essere obbligati a questo, e la Chiesa deve dirlo, gridarlo ai quattro venti.
È già troppo tardi.
La fede ha sempre vinto nella sfida contro l’ideologia

Non bisogna perdere il tempo, non bisogna inventarsi cose che non abbiano il rigore e la chiarezza dell’Annuncio cristiano, non bisogna farsi “sballottare dalle onde e portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, non bisogna arretrare pavidi di fronte al potere, non bisogna rassegnarsi alla “inevitabile sconfitta”, non bisogna essere complici della congiura del silenzio, non bisogna assecondare con l’omissione il tentativo di introdurre un’antropologia contraria alla natura umana, non bisogna tacere di fronte all’apparente trionfo della Menzogna. È questo, invece, il tempo in cui con coraggio occorre sfidare a viso aperto il volto totalitario della nuova “dittatura del pensiero unico”, nella certezza che ci è stata dimostrata dalla storia, anche recente, dell’umanità: la fede ha sempre vinto nella sfida contro l’ideologia.
Mons. Luigi Negri***La prima volta che incontrai monsignor Negri mi aveva invitato a Ferrara. Mi aspettava sulle scale, pensavo per farmi un’accoglienza piena di complimenti, invece mi diede una pacca che per poco non cado, espresse delle parole di solidarietà verso mio marito e se ne andò perché aveva da fare. Per me fu amore a prima vista!Riposa in pace, che Dio ti accolga nella sua gloria (e non cazziare troppa gente lassù).Costanza
December 25, 2021
A un certo punto…
A un certo punto preciso Dio si è fatto uomo. È l’anno zero della storia, perché da quel momento ogni cosa è illuminata. Ogni persona può entrare in una relazione vera con Dio e può essere salvata. Ma non in teoria.
In un punto preciso dello spazio e del tempo, nella sua storia, con la sua famiglia, le sue caratteristiche, le sue fatiche. Qui e ora è il solo momento in cui possiamo diventare veramente figli di Dio, e la nostra storia è pensata esattamente per questo, anche quando ci sembra incomprensibile. Praticamente Natale è la festa dello “stacce” (non dello zenzero, come sostiene Elio).
December 23, 2021
Il Natale deve andarsene

Infatti sta andando.
E forte.
*“da “Lo Spirito del Natale” – D’Ettoris Editori
grazie a Alessandro Speri per averlo segnalato
Picture of Jesus
Come lo hanno appeso a una croce
Ne tengo uno nel mio portafoglio
Per le volte in cui mi sento persoIn una cornice di legno con schegge
Dove la mia famiglia si inginocchia per pregare
E se ascolti attentamente
Sentirai le parole che dicevaHo un’immagine di Gesù (di Gesù)
Tra le sue braccia le mie preghiere riposano (le mie preghiere riposano)
Sai che ho un’immagine di Gesù (di Gesù)
E con lui saremo benedetti per sempre (benedetti per sempre)Ora è stato detto che
sarebbe tornato di nuovo
Ma riconosceremmo
questo re tra gli uomini?C’era un uomo nel nostro tempo Le
sue parole brillano luminose come il sole
Ha cercato di sollevare le masse
Ed è stato crocifisso con una pistolaOra, era un’immagine di Gesù (di Gesù)
Tra le sue braccia tante delle nostre preghiere riposano (preghiere riposano)
Sai che è un’immagine di Gesù (di Gesù)
Con lui saremo benedetti per sempre (benedetti per sempre)
Hai detto con lui che saremo, oh, per sempre, per sempre, per sempre benedetti (per sempre benedetti)
Per sempre benedetti, per sempre
Per ah, per sempre, per sempreOra, alcuni giorni non hanno inizio
Alcuni giorni non hanno fine
Alcune strade sono dritte e strette
Ma ora alcune strade si piegano soloQuindi diciamo una preghiera
Per ogni essere vivente
Camminando verso la luce
Dalla croce di un reOra, ho un’immagine di Gesù (di Gesù)
Oh, tra le sue braccia tante delle mie preghiere riposano (le mie preghiere)
Sai che ho un’immagine di Gesù (di Gesù)
E con lui saremo benedetti per sempre (benedetti per sempre)
Con lui saremo per sempre benedetti (per sempre benedetti)
Ho detto con lui che saremo per, per, per, per sempre, per sempre, oh per sempre, per sempre benedetti (per sempre benedetti)Per sempre benedetto
Per sempre benedetto

December 13, 2021
La società dei Magnaccioni. Un passo su piacere e sacrificio

Sabato 18 dicembre il secondo dei Cinque Passi al Mistero, **ANTICIPATO ALLE ORE 15:00! **Piacere e sacrificio sono nemici? Possono coesistere? I credenti sono amici o nemici del piacere? Nella fede cattolica che posto ha il piacere?Il passo sarà trasmesso anche in streaming sul Canale YouTube di Oratorium: per visualizzare il video in diretta sarà sufficiente cliccare su questo link Segnate in agenda anche le date dei Cinque Passi del 2022 che saranno alle ore 16:00:
29 Gennaio 2022
26 Febbraio 2022
26 Marzo 2022
Vi aspettiamo!!!
INFO oratoriopiccolo@gmail.com
I 5 Passi
I “Cinque passi al Mistero”, sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dieci anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma
Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa, offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti.
Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone.
Il metodo è sempre lo stesso: una introduzione di mezz’ora esatta, a cui seguono le domande scritte presentate in forma anonima ed estratte a caso.
Si rinnova così una tradizione nata fin dal XVII secolo. I discepoli di San Filippo Neri, infatti, si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna.
Oggi abbiamo lo stesso atteggiamento.
I nostri incontri sono basati sul dialogo, e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire.
S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.
Sappiamo che c’è una grande sete di confronto.
E non è facile trovare spazi costituiti da un terzo di catechesi e due terzi di domande né persone disposte a mettersi in gioco senza sapere su cosa si verrà chiamati a rispondere.
Cerchiamo sempre di usare la ragione come strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede.
La Fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.
November 23, 2021
Piccoli “monasteri wi-fi”

Trascrizione della catechesi di don Pierangelo Pedretti dell’8 novembre 2021 presso il Battistero di S.Giovanni
Il tema che ci accompagnerà in questo anno è stato lanciato nell’ultimo capitolo del monastero Wi-Fi, che è stato davvero un’opera del Signore. Una giornata in cui penso molti di voi eravate lì o vi siete connessi, in cui si è manifestato il Signore in un modo molto bello…per utilizzare una Parola biblica…in una brezza.
Il momento più forte che ricordo è stato durante l’Adorazione: quelle persone inginocchiate in un silenzio surreale, direi di preghiera, in S.Pietro, in cui si è vista un’azione del Signore. Qualcosa che, quando il Signore è contento di qualcosa che accade, benedice con la Sua presenza.
Allora da questa giornata, dal tema di questa giornata, appunto come diceva Costanza, ho pensato, anziché di parlare una volta al mese del Vangelo della domenica successiva, di fare quest’anno qualcosa di più continuativo e di più formativo sulla preghiera, utilizzando il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), che in questa parte è fatto particolarmente bene: il consiglio se non sbaglio ce l’ha dato don Antonio Grappone e anche il Cardinale ci ha detto la stessa cosa
Stasera iniziamo.
Io ho preparato i primi numeri dedicati alla preghiera nel Catechismo, che sono i numeri che vanno dal 2559 al 2597. Do questa indicazione perché così poi chi vuole può rileggerli. Potrei dire nella mia modestia che questi incontri sono come una siringa a lento rilascio, come monastero Wi-Fi, perché Dio fa così: lancia delle parole, delle suggestioni, dei flash, dei dardi benefici e poi questi a volte….
La preghiera è anche che vivi delle situazioni nella tua vita e ti ritornano delle parole, ti ritornano pezzi di un salmo, pezzi di una catechesi…. e questa è già preghiera, è un modo che Dio ha per stare in una relazione continua con la nostra anima.
Allora il CCC parte giustamente dai fondamentali della preghiera. La prima domanda che il catechismo pone è per una persona che si approccia per la prima volta alla preghiera o per chi, come tutti noi, che già siamo abituati a pregare, che ci hanno insegnato a pregare.
La prima domanda che fa il CCC è molto semplice: da dove partiamo pregando?
L’atteggiamento che identifica il Catechismo dice: “Dall’altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà, o dal profondo del cuore umile e contrito”.
Perché la condizione, la conditio sine qua non, il punto di partenza per iniziare a pregare è aver capito, non intellettualmente ma per quello che vivi nella vita, che non ce la puoi fare da solo, che hai bisogno di appoggiarti a qualcuno più forte di te, che non ti sai dare tutte le spiegazioni agli accadimenti che vivi. E il primo segno di una persona eletta da Dio è che questa persona ha nella propria vita delle mancanze che lo obbligano a parlare con Lui, perché la scrittura è molto chiara: “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”.
Quando va tutto bene, vuol dire che non va bene e ci dimentichiamo tutti alla velocità della luce di Dio.
Attenzione non è questa una introduzione per dire che il cristianesimo è un dolorificio, perché è contemplata la gioia, la pienezza ma è qualcosa di più.
In Israele era molto diffusa la pratica della circoncisione, che non è una pratica solamente fatta per motivazioni igienico sanitarie, ma qualcosa di molto più profondo. Quando parlo del popolo di Israele, parlo del popolo di Dio, del popolo santo dei nostri fratelli maggiori nella fede, stiamo parlando dell’ebreo che stiamo seguendo che si chiama Gesù Cristo.
Questa pratica ha qualcosa di molto profondo perché ti dice che nel luogo della vita crei una mancanza e ogni volta che tu ti approccerai ad entrare nella vita e a fare un gesto che genera vita, ti dovrai ricordare che questo avviene per creare una mancanza.
Allora questo è un tema fondamentale nella preghiera perché l’umile fa continuare nella propria vita questa scoperta di mancanza, di insufficienza. Non perché ci dobbiamo disprezzare ma perché scopriamo sempre più la condizione della nostra vita: che siamo viandanti, che siamo piccoli.
L’umiltà non è un atteggiamento che pieghi il collo, l’umiltà (che io chiamo l’umiltà pelosa) che fai finta di essere umile, che ti batti il petto che cambi voce e la fai più soffusa. Puoi avere un carattere forte ed essere umile. L’umiltà è accettare che c’è qualcuno, e non sei tu, che nella vita ti porta sempre in una condizione di mancanza, di insufficienza e questo, dice il CCC, è il punto di partenza per poter pregare.
L’umiltà, questa umiltà di cui stiamo parlando, è il fondamento della preghiera.
Allora iniziamo a pensare a tutte quelle cose nella vita che abbiamo e che ci umiliano.
Primo esercizio per poter capire la preghiera. Guai l’uomo che non è corretto da Dio.
È forte questa parola, S. Paolo dice “Solo i bastardi non hanno correzione da Dio, ma i figli” (“Gesù Cristo imparò l’obbedienza dalle cose che patì”) e l’umile, camminando nella propria vita, scopre sempre di più che nemmeno sa (Lettera Romani) “che cosa sia conveniente domandare a Dio”. Tantissime volte facciamo moltissime preghiere e finisco che già sento che avrei qualcos’altro da chiedere (un esempio banale: come quando pensiamo di vincere al totocalcio e già pensiamo a come spendere quei soldi, ma cambiamo idea di continuo, vorremmo vincere più soldi…). C’è sempre una precarietà che ci accompagna: l’uomo capisce che, anche se Dio gli desse tutto quello che chiede, non sa neanche cosa sia conveniente per lui e per le persone vicine, che noi amiamo.
L’umiltà, dice il CCC, è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera e, questa disposizione necessaria, ti porta a scoprire sempre di più che in questa vita noi abbiamo uno status, uno statuto di mendicanti.
L’umile accetta che tutta la vita su questa terra (siamo di passaggio) è la parte più breve, è la meno importante, ma è la più importante perché si gioca il destino eterno. Parrocchia viene da viandante. Invece l’uomo, nei luoghi di culto, cerca delle sicurezze. Ricordo in parrocchia c’era una signora che si sedeva sempre allo stesso posto e se qualcuno si permetteva di sedersi lì alla messa uscivano i lanciafiamme. Anche nelle piccole cose ci dobbiamo sempre installare, che vuol dire profondamente che dobbiamo sempre insegnare a Dio come fare Dio, come deve portare le stagioni della vita mia e degli altri.
Allora la preghiera parte da una costatazione drammatica, durissima, che fa soffrire tantissimo l’uomo della carne che tutti noi abbiamo dentro, che vorrebbe essere autosufficiente.
L’esperienza futura quando si va avanti nella vita, è che farsi servire è più difficile che servire (è più facile lavare un anziano che per un anziano farsi lavare, è più facile essere crocerossina per la vita di tutti gli altri che aver bisogno di un’ambulanza che ti venga a prendere). E tutta la vita anche biologica (sia interiore che biologica) ci porta continuamente una situazione di mendacità spirituale, esistenziale, ed è per questo che il CCC, come luogo spiritualistico per portarci e dirci che cosa è la preghiera, ci offre il capitolo 4 del Vangelo di Giovanni: la samaritana.
Questa donna che ha avuto 5 mariti, questa donna che, in quanto donna, all’epoca neanche una persona si poteva rivolgere a lei, tantomeno a una che aveva avuto 5 mariti e tantomeno a una che manco era della fede di Israele. In questo capitolo 4 del Vangelo di Giovanni, quando comincia il dialogo con Gesù, questa donna comincia a fare l’esperienza di qualcuno che la conosce profondamente, veramente e anche lei ha un cammino di comprensione che deve fare (tant’è che Gesù le dice: se tu conoscessi il dono di Dio).
C’è una meraviglia nella preghiera, che quando pensi che Dio ti scarti, lì dove anche tu non riesci più a guardarti, scopri che è il luogo dove lui farà l’amore con te, dove lui si rivelerà nella sua dimensione più genuina, più profonda, il distillato del suo amore (papa Francesco ha inventato un neologismo: siamo dei “misericordiati”).
Questa non è l’esperienza fatta una volta per tutte, è un’esperienza che se la fai la puoi perdere perché fa parte della mendacità. Scopri una debolezza per cui oggi saresti disposto a dare la vita per Dio, poi ti succede un fatto e Dio ti sembra un mostro.
—
La preghiera si rivela, dice il catechismo, presso i pozzi, perché il pozzo è evocativo di un atteggiamento della vita. Tu vai al pozzo per cercare acqua, qualcosa che ti disseti, le risposte alla tua vita, la consolazione alla sofferenza, la richiesta di qualcosa che non hai, il senso profondo delle cose che ti accadono.
Perché moltissime persone hanno tutto nella vita eppure gli viene spesso la depressione? Hanno qualsiasi cosa eppure quante persone, che invidiamo, si suicidano?
Vi porto esempi fortissimi: perché sei andato ad un pozzo ma non era il pozzo giusto, quello che disseta. Notate che, in questo brano evangelico, la donna va al pozzo, segno della sete e dell’esigenza di capirci qualcosa nella nostra vita e nella vita del mondo, e lì ritrova Cristo.
Primo dato: è Lui che ti viene a cercare nella tua sete. È Cristo che va ad incontrare questa donna. Tu non sei qui perché intellettualmente hai capito che adesso devi fare un percorso della preghiera, o perché ti piace quello che scrive la Costanza Miriano. Il primo passo della preghiera è capire che dietro a queste trame, c’è qualcuno che non sono io.
È Cristo che ti sta cercando nelle trame della tua vita. Già riconoscere questo ti mette in un’attitudine di preghiera perché la preghiera è entrare in relazione con Dio. È una relazione esistenziale, è Lui che cerca per primo ogni uomo, ed è Lui, notate, che ci tiene davvero alla santità. È qualcosa di molto forte questo passaggio: entrare nella preghiera vuol dire rendersi conto che Gesù ha sete. Vi ricordo Santa madre Teresa di Calcutta che sente (non so se ha avuto un’apparizione, una rivelazione, una locuzione interiore) queste parole che Gesù dice: ”Ho sete”. C’è scritto in molte case delle suore di Santa madre Teresa di Calcutta: è Gesù che ha sete.
La preghiera è l’incontro, dice il catechismo, della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete. È un gioco di parole, è la prima porta d’entrata quando ho cominciato a meditare, a capire, a voler provare. Pregare è come quando iniziano a camminare i bambini: sei goffo all’inizio. È come quando ti tolgono le ruote alla bicicletta e barcolli con le gambe. Non è una formula. Io sono un perfezionista dalla nascita e ricordo che qualche volta non volevo fare i compiti perché non mi venivano subito, immediatamente e allora dicevo: “non lo capisco”. Ma c’è una fatica da fare per entrare nella preghiera. Non è una relazione immediatamente disponibile, è un atteggiamento che chiede anche di essere un po’ goffi davanti a Dio.
La seconda domanda che fa il catechismo è: da dove viene la preghiera dell’uomo?
Il catechismo dice ciò che indicano le Scritture come luogo della preghiera. Parlano a volte di anima, a volte di spirito, più di mille volte parlano del cuore. Il cuore come il luogo della preghiera in cui l’uomo prega. Chi di voi ha ascoltato le catechesi che abbiamo fatto il giorno del ritiro del Monastero wi-fi, sa che è il cuore, l’unico luogo dove il demonio non può accedere. Nel cuore c’è solamente Dio. Ci sei tu con Dio. Lì neanche il nemico può entrare in questo sacrario.
Gli ebrei, nella cultura semitica, dicono che il cuore è la dimora dove sto, dove abito.
Dove abiti? A Roma, no! Nel mio cuore. Noi abitiamo fin da quando siamo nati nel nostro cuore, è lì la nostra residenza, il nostro domicilio vero. È il nostro centro nascosto.
È irraggiungibile dalla nostra ragione, dagli altri ed anche dal demonio. Dice il catechismo, solo lo spirito di Dio può scrutare e conoscere il nostro cuore. Tante volte neanche noi, spesso, non conosciamo il nostro cuore. C’è una parola nell’antico Testamento che dice:” Signore tu mi scruti, mi conosci”, sai quando mi siedo, quando mi alzo. Vedi da lontano i miei pensieri. Quando comincio a chiederti una cosa già prima di iniziare tu già la conosci tutta. Perché Dio ha fatto il nostro cuore.
Il cuore è anche il luogo della precisione. Vi sto parafrasando dei passaggi del catechismo: il cuore della precisione che sta nel profondo nelle nostre facoltà psichiche, è il luogo della verità in cui scegliamo il bene e il male. Quando pecchiamo non è che pecchi: quello è l’esito. C’è un percorso lunghissimo prima di arrivare soprattutto ai peccati più gravi che è un dialogo profondissimo con il nemico, è un rifiuto di parlare con Dio da tantissimo tempo, è il luogo dove noi decidiamo, è il luogo della verità, dice il catechismo, laddove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro.
Noi sappiamo tutti, c’è lo dicono le Sacre Scritture, nel primo libro della Genesi che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Dio è uno e trino.
Sapete che i mussulmani dicono che siamo politeisti perché crediamo in Dio Padre- Figlio- Spirito Santo. Ma Dio è uno e questa unità è definita dalla relazione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. È proprio per questo il cuore è il luogo dell’incontro perché è il luogo dell’alleanza. Il catechismo, infatti, parte dalla preghiera come alleanza ma un’alleanza di una relazione sola-solo, tu per tu tra la mia anima, il mio spirito, il mio cuore e Gesù Cristo.
“La preghiera cristiana, dice il Catechismo, è una relazione di alleanza tra Dio e l’uomo e l’uomo-Cristo. Ci fa molto bene anche pensare che il giorno che moriremo noi ci incontreremo con un uomo: non sarà un salto nel buio, ci verrà a prendere una persona che è viva con noi in cielo con la sua carne.
Tante volte ripetiamo nel Credo: “credo nella resurrezione dei morti e nella vita del mondo che verrà”. Gesù Cristo è una persona!
Perché andiamo a pregare, contemplare il luogo della tomba vuota in Terra Santa? Perché è l’unico uomo che è risorto dai morti ed il cui corpo già condivide il destino glorioso in cielo che condivideremo tutti noi.
Ci sono due tempi nella storia, il tempo dell’incarnazione, in cui Dio è venuto umile e quasi nessuno si è accorto che Dio era sulla Terra e tutta la vicenda umana di Nostro Signore della sua passione morte e risurrezione e, dopo l’ascensione, c’è questo tempo che si è aperto, intermedio che sta aspettando la seconda venuta di Cristo che sarà gloriosa e sarà una venuta che tutti lo vedranno, dice San Paolo, al suono dell’ultima tromba.
Tra queste due venute ci sarà la resurrezione generale della carne e l’ultima generazione che sarà in vita quando Cristo ritornerà, passerà dalla vita alla vita, non passerà dalla morte fisica. Questa è la speranza della nostra fede.
Perché se perdiamo di vista questa dimensione escatologica rischiamo, cadiamo anche noi, è il Catechismo ne parla, di trasformare la preghiera in un ritualismo e poi ti capitano fatti che ti sderenano le ossa e dici Dio non c’è.
E’ importante collocarci, stasera in questa dimensione della preghiera, il Catechismo dice della nuova alleanza, la preghiera è una relazione vivente di figli di Dio, con il loro Padre buono, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo e questa relazione è sempre possibile.
Uno perché siamo battezzati e dunque siamo dei consacrati.
Adesso non so se io sono …nella coscienza di tutti dicono: prega per me prega per me, perché le tue preghiere salgono prima a Dio, di per sé la qualità della preghiera viene dalla relazione con Dio.
Tu sei consacrato, sei sacerdote come me per il battesimo che hai ricevuto.
Poi l’ordinazione sacerdotale è un servizio, un ordine che Dio chiedi a qualcuno nella Chiesa per edificare il Corpo di Dio, ma di per sé, la preghiera è legata al primo primordiale sacramento che è il battesimo e siamo diventati, con il battesimo, un medesimo essere con Cristo .
E’ come se Dio ci ha messo il microchip che si incastra perfettamente con la divinità, siamo abilitati per tutta la nostra vita e per tutta l’eternità ad entrare in questa relazione e la preghiera cristiana, in quanto è una comunione con Cristo, si dilata poi nella Chiesa che è il suo cuore.
Il Catechismo poi per introdurci, per portarci dentro, al mondo della preghiera parte sempre dall’antico testamento, il Vaticano II, nella Dei Verbum, è una delle costituzioni del Vaticano II, sulla Parola, dice che l’antico testamento va letto alla luce del nuovo testamento e Cristo non lo puoi capire se non vedi che compie tutto l’Antico testamento, cioè tutta la storia, non c’è opposizione, non è vero che il Dio dell’Antico Testamento è un Dio cattivo che manda i fulmini, fa cadere le persone e poi c’è Gesù Cristo del Nuovo Testamento che è buono .
No, allora il Catechismo comincia: perché guardiamo l’antico testamento? perché lì comincia la storia che Dio fa l’uomo ed in particolare con un popolo che è quello di Israele ed è paradigmatico per dire che la storia che fa con tutti gli uomini e, sottolinea immediatamente il Catechismo, che tutti abbiamo una chiamata universale alla preghiera. Dunque noi stiamo parlando di qualcosa che ha già detto, si tratta di specchiarsi interiormente e scoprire qualcosa che già sta agendo da sempre dentro di te.
L’uomo , dice il Catechismo, è alla ricerca di Dio.
La parola dice: “L’uomo che tu hai fatto poco meno degli angeli di gloria in gloria l’hai coronato”.
La prima facoltà che Dio ha dato all’uomo è di poter contemplare l’esistenza e la presenza di Dio nella meraviglia, nella bellezza, nella complessità della creazione.
Il primo modo che Dio ha di manifestarsi all’uomo e di portarlo alla preghiera è nella creazione.
Chi di noi non ha provato dei sentimenti pazzeschi, quando contempliamo il mare o una vetta, perché la creazione è Dio che dice: se io ti voglio bene ti porto in vacanza in Costa Smeralda. Se Dio ti vuole bene ha creato la Terra, non mi ha messo in un bugigattolo, dove c’è caldo e freddo, le stagioni, i colori. Ha inventato l’acqua, l’acqua questo elemento pazzesco, ma queste sono tutte cose che ha fatto.
San Francesco d’Assisi ha detto che si perdeva nel guardare il fuoco ardere, l’elemento del fuoco.
Perché nella creazione è Dio che ha fatto l’uomo un poco meno degli angeli, dice la scrittura, in grado di commuoversi ma non sentimentalmente, cioè anche sentimentalmente, per passare dalla bellezza, dalla magnificenza, dalla delicatezza della creazione a Colui che l’ha creato.
Molte persone si fermano alla creazione.
Mi sono fatto tante risate una volta..
Eravamo in vacanza e ho visto delle persone che abbracciavano gli alberi. E sentendo le cose che questa sacerdotessa dello spirito diceva, io sorridevo non avevo alcun disprezzo, però dicevo:” Guarda loro non sanno che stanno cercando proprio Gesù Cristo, ora si stanno accontentando di questa betulla ma vorrebbero abbracciare così nostro Signore Gesù.
E tante volte siamo così nella vita. Ci mangiamo un consommé mentre Dio ci vorrebbe dare una lasagna con i carciofi romaneschi fantastica…
La preghiera ha questo scopo di dilatarti interiormente, di farti aprire interiormente le facoltà dell’anima che conosciamo pochissimo. Quante persone dicono: io ho scoperto la preghiera con il buddismo. Una volta ne ho parlato con un ragazzo: “E quando mai prima avevi provato la preghiera cristiana?” Perché dopo che hai provato la lasagna non te lo prendi più il consommé.
Allora c’è questa azione di Dio e noi che siamo feriti dal peccato originale.
Anche dopo che hai perduto la somiglianza con Dio a causa del peccato, dice il catechismo, nell’uomo rimane l’immagine del Creatore, cioè dentro di noi è rimasto una eco di paradiso.
Il peccato originale non ha distrutto completamente l’immagine di Dio.
Nei primi due capitoli della Genesi l’uomo è in una comunione perfetta.
In Adamo ed Eva, che vogliono dire tutti gli uomini, non c’è peccato, sono in una comunione perfetta con Dio che vuol dire pensare sempre bene di Dio, sapere che ogni cosa che accade è perfetta, in una Provvidenza meravigliosa, in un disegno di amore di Dio, ma dopo c’è il peccato originale, che inizia con una dinamica molto profonda del tentatore.
Il tentatore mette in dubbio l’amore di Dio e non gli dice che Dio è un mostro!
Oh, ragazzi, il demonio è riuscito a convincere Adamo ed Eva che non andava bene il Paradiso terrestre, che non era proprio un posto brutto… E come li convince? Voi avete a disposizione tutto, solo di un albero Dio vi aveva detto che non potevano cogliere i suoi frutti.
E il demonio gli dice che se non puoi avere quello, vuol dire che non hai niente.
E come dire che se tu hai i motoscafi, ville e super poteri di tutti i tipi ma ti manca un melograno, è come se non hai niente. E poi se ne va. Perché il demonio quando tenta non tira le conclusioni, lascia intendere e se ne va. Sei tu poi che vai avanti con la testa e continui a fare tutta una serie di pensieri.
Ma il catechismo dice che ”l’uomo anche dopo la caduta conserva il desiderio di colui che lo ha chiamato all’esistenza”.
E’, nel compimento di nostro Signore Gesù Cristo, ciò che cantiamo nella veglia di Pasqua “La felice colpa che meritò un così grande Salvatore”.
E’ una colpa che diventa felice perché dopo la caduta c’è tutta un’opera di redenzione che comincia e culmina in nostro Signore Gesù Cristo.
Ed è molto bello ciò che sottolinea il catechismo che dice: “Dio per primo chiama l’uomo, sia che l’uomo diventi il suo operatore oppure che si nasconda lontano dal suo volto.
Vi ricordate che dopo il peccato Dio nel paradiso terrestre cerca Adamo ed Eva e loro si nascondono, provano immediatamente un sentimento mai provato, la vergogna, e quando Dio dice loro dove sei, la risposta immediata di Adamo è un’ accusa a Dio: la donna che tu mi hai messo accanto me ne ha dato. Cioè… è colpa tua!
Guardate che qui ci sono tutte le dinamiche della nostra vita!
Chi più chi meno noi dobbiamo sempre spiegare tutto agli altri, tutto!
Anche se c’è una cosa che abbiamo sbagliato o che ci umilia dobbiamo sempre girarla…
La dinamica del peccato che sempre ci fa soffrire in tutti i tipi di relazioni.
Il catechismo dice che anche quando l’uomo si allontana dal Suo Creatore, si nasconde dal Suo Volto, sia che corra dietro ai propri idoli sia che accusi la divinità di averlo abbandonato, il Dio Vivo e vero chiama incessantemente ogni persona ad incontrarsi misteriosamente con lui nella preghiera e questo incontro avviene in questo luogo, in questa modalità, sempre questo incontro fra noi e Dio avviene per primo nella preghiera.
Il passo dell’uomo è sempre una risposta, perché a mano a mano che l’uomo vuole che Dio si rivela, l’uomo capisce chi è. La “Gaudium et Spes” dice che Dio rivela l’uomo a se stesso.
Noi ci conosciamo pochissimo. Alcune cose e alcuni passaggi di chi siamo noi, li può fare solo Dio Alcune paratie che ci impediscono di guardare qualcosa, le mette Dio perché non siamo pronti. I santi hanno percorso fino in fondo questo cammino drammatico della conoscenza di se stessi, perché la misura dell’abisso che mi abita mi da la misura dell’amore di Dio. E’ l’abisso dentro il quale Cristo è sceso per salvare ogni uomo.
Vi ricordate l’icona della Sacra Famiglia, in cui si vede Cristo che va giù fino agli inferi a prendere la mano di Adamo, per riscattare tutti gli uomini, ma questo è vero anche esistenzialmente. Ed è la risposta che Gesù Cristo come figlio di Dio unigenito ha avuto.
La lettera agli ebrei, citata nel catechismo, dice che quando Lui è entrato nel mondo dice: “Ecco io vengo, per fare o Dio la tua volontà”. Allora altro passaggio forte, è la preghiera legata alla storia degli uomini, alla tua storia.
Tanti passaggi nella preghiera li possiamo fare perché ci sono dei fatti nella tua vita che ti obbligano a fare un salto nella relazione con Dio: alcuni sono semplici, alcuni sono drammatici, alcuni non si capiscono, alcuni ti obbligano…
E questo è molto importante, perché Dio si rivela nelle vicende della storia, il nostro è un Dio della storia: è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.
E infatti il catechismo cosa fa?
Dopo aver parlato della Creazione e citando i primi nove capitoli della Genesi in cui sii parla di Abele che fa sacrifici davanti a Dio, Enos che cammina davanti a Dio, Noè che era un giusto davanti a Dio, comincia, per parlarci della preghiera, a parlarci del nostro padre nella Fede, Abramo, cioè parla di storia di Cristo. Il nostro Dio non è una filosofia, non è un atteggiamento mentale, non è uno sforzo, non è una tecnica di respirazione, è un Dio che si è fatto incontrare nella storia e, per poter capire qualcosa della tua storia di oggi, la Scrittura ti mette davanti delle storie, e la prima che il Catechismo ci mette davanti è soprattutto quella del nostro padre Abramo.
Usa il Catechismo un’espressione molto forte- che nell’Antico Testamento, è a partire da lui, dal padre della Fede, che viene rivelata la preghiera. Senza questo quadro, tutto il resto cade giù. Voi sapete che il nostro padre Abramo si fida di Dio. Dio gli rivolge una parola e Abramo non sa dove va, non sa dove Dio lo chiama, conosce la sua frustrazione, questo è sicuro, perché le vergogne più grandi che all’epoca potevano capitare ad un uomo erano non avere figli, e Abramo non ne ha, e non avere una terra, e Abramo non ce l’ha, e si fida di una parola irrazionale ma che lui sente come vera, perché nel luogo della preghiera del suo cuore, della sua anima, Dio gli dice “Vai, vai, ti lascio la tua terra, incamminati, comincia a camminare dietro di Me!” e questo è l’atteggiamento che fa partire poi in noi la preghiera, perché la preghiera si può anche perdere, ci possiamo fiaccare. A volte ci capitano dei fatti così gravi, così importanti, così laceranti che non riesci più a pregare, perché è come se ti mettessi in contatto con un mostro che ha fatto quella cosa che non ti doveva fare.
Abramo spera contro ogni speranza, si mette in cammino. La preghiera di Abramo si esprime con tutta una serie di azioni: la prima è che comincia a cambiare, a pregare. Obbedisce a questa Parola interna e non obbedisce perché la capisce, o perché ha già il finale davanti, il lieto fine. Obbedisce perché sente che gliel’ha detta Dio.
A volte vale di più, nella relazione con Dio l’intuizione che l’intelligenza, l’intuizione ci porta più in là. Molte cose non hanno a che fare con l’intelligenza, ma intuisci che sono vere, e lo sai, perché è uno dei modi che Dio ha di mettersi in contatto con l’anima.
Abramo è un uomo del silenzio, compie delle azioni, costruisce degli altari al Signore, e la prima preghiera che Abramo fa è un velato lamento in cui ricorda a Dio le Sue promesse, che non sembrano realizzarsi. Perché Abramo cammina, cammina, ma il figlio non arriva, la terra non c’è, e allora ti vengono dei dubbi. Ma insomma, io parlo con me stesso, o ho parlato con Dio? Guardate che chi non passa per queste cose non diventerà mai cristiano! Noi pensiamo che diventare cristiano è una freccia verso l’Alto che passa di certezza in certezza, di gioia in gioia… ma no!
A volte sembra che Dio ti abbia fregato, ti sembra di aver seguito il nulla, di aver dato retta ad una Parola vana, ti senti come se avessi perso tutte le occasioni della tua vita. Poi magari il demonio ti mette davanti quell’amica o quell’amico, che si professano atei che non hanno mai pregato e han sempre fatto quello che gli pareva, e che vive bene, e tu ti senti l’idiota più grande di questa terra.
Vedo che sono in buona compagnia (risate)!
Vuol dire che stiamo diventando cristiani.
Io non ho disprezzo della teologia, ho studiato tanto. Puoi avere venti dottorati, alla Gregoriana, alla Lateranense, in Sacra Scrittura, e non conoscere Dio perché è qualcosa con cui sei trascinato con forza dallo Spirito con la tua vita nella relazione con Lui.
La prima preghiera di Abramo è un lamento: questo figlio non viene, e quindi appare, dice il Catechismo, uno degli aspetti della preghiera. La preghiera ha anche un aspetto traumatico perché la preghiera è la prova della fede nella fedeltà di Dio. Avendo perduto Dio, spera contro ogni speranza. Vi ricordo il passaggio a Mamre, in cui vi è l’incontro con questo personaggio misterioso, che gli rivela che gli nascerà un figlio. Interessante la reazione di Sara, che alla notizia ride come una matta: quando era giovane, viveva una situazione per cui poteva rimanere incinta e non lo era, ora è anziana e dovrebbe rimanere incinta! Assurdo! Infatti Isacco vuol dire “Dio ride”..
…ed è molto forte questo passaggio. Abramo ci insegna che tu con la preghiera devi continuare a dare fiducia a Dio quando tutto della tua vita ti dice di non farlo..
Pregando, contro ogni speranza, non hai messo la tua vita in mano a un nulla.
Questo è un passaggio fondamentale della preghiera, è drammatico, dice il Catechismo.
E, confidando in Dio, nasce Isacco.
Abramo a questo punto è in sintonia con gli uomini, può provare quella stessa compassione che Dio prova per le sue creature, perché ci è passato con la sua vita, con i suoi desideri, con i suoi sentimenti, con le sue esperienze personalissime, può provare la stessa compassione che Dio prova per gli tutti uomini e dunque può diventare qualcuno che ha una preghiera di intercessione audace per gli uomini.
Questo è un altro aspetto della preghiera: di intercessione.
Perché ci sono dei momenti in cui dei fratelli nostri della fede, che amiamo, non ce la fanno a pregare, devi farlo tu per loro. Devi essere audace, devi intercedere tu per loro.
In questi giorni sto con le mani alzate per una mia carissima amica, non ce la fa, devo tirarla io, devo intercedere io presso Dio. Devo puntare i piedi.
Questa è la Chiesa, c’è una comunione misteriosa d’amore.
Quando moriremo vedremo il valore delle suore di clausura, che si rinchiudono per tutta la vita e quante anime strappano al demonio. Quante persone non si sono suicidate, non hanno vissuto una vita di disperazione. Quando morirai magari vedrai i sorrisini di chi manco sai chi è. Una volta una suora ha detto: “Questa quaresima chiedo a Dio di dare a me l’angoscia che le donne provano dopo aver abortito”.
Ad un certo punto mi ha chiamato e mi ha detto: “mi puoi levare dalla promessa che ho fatto a Dio? Perché mi viene da buttarmi giù dalla finestra, ho paura di ammazzarmi!”
Ho detto: “No, non te la tolgo, guarda, arriva Pasqua, ti aiuterà”
Ma non è finita per Abramo, un’ultima purificazione della sua fede, il Padre della fede, proprio a lui che aveva adempiuto alle promesse, rimasto integerrimo.
Perché proprio a lui una richiesta così sconsiderata, disumana?
Io penso che tutti hanno figli, ma figli che arrivano in un modo così, penso che hai un amore particolare, unico.
E chiede di sacrificare il figlio e ancora Abramo, la sua fede, non vacilla.
“Dio stesso” dice “provvederà un ariete, sul monte dove figura di nostro Signore Gesù Cristo.
E Abramo pensa… la lettera agli ebrei dice che “Abramo credeva che Dio è capace di far nascere dei figli anche dalle pietre, dai morti.
E così Padre Abramo, padre dei credenti, è configurato a Dio Padre che non risparmiò il suo unico figlio per raggiungerci a noi.
Pensate che ci sono dei momenti della vita in cui gli uomini, noi, il mondo, mettila come vuoi, ci sono dei momenti in cui noi amiamo di più i nostri peccati che Dio! Anche se con la bocca diciamo di no, ma poi ci piacciono da morire.
E Dio ha provveduto il suo unico figlio, facendolo diventare peccato, perché era l’unico modo per starci vicino.
E’ una risposta, quando tu…quando lo Spirito Santo ti dà di comprendere questa dinamica della tua vita, (momenti) in cui non ce lo avevo neanche in nota Dio e tu vedi che Lui stava con te, con il peccato, che è diventato peccato per riscattarti dal dentro di te, è un’esperienza sconvolgente.
Da lì poi che nasce tutta la generosità di una vita, ma non come uno sforzo, è come una risposta di amore.
Non è che io dirò a Dio che io adesso faccio questa cosa così non mi succede, ma assolutamente no.
La preghiera è l’esplosione di un amore che è la scoperta anche del matrimonio.
Chi di voi è sposato, quando tu chiedi a tuo marito o tua moglie delle prestazioni che ti può dare solo Dio e la smetti, finalmente, di pensare che esista un uomo o una donna perfetta e quella mancanza che c’è fra di voi è il viatico per toccare Dio, tu personalmente ricominci a capire qualcosa dell’amore dentro una coppia.
Lì cominci a fare un’esperienza profondissima. Chi non conosce Dio non è cattivo, è costretto a saltare da un’amicizia all’altra, da un posto all’altro, è costretto, non può rimanere fermo.
Perché noi possiamo anche fare scelte eroiche nell’amore se tu ricevi più di quello che dai.
E’ una legge che non sbaglia mai.
Chi è dentro uno sforzo spirituale nella preghiera e non è dentro questa gratuità, diventa un pacchettone insopportabile, diventa un peso.
Cominci a vedere chi non è silenzioso come te, chi non si inginocchia come te, chi non è a ritmo nella preghiera.
Cominci a disperderti in tutta una serie…
La preghiera invece di essere un luogo che ti porta verso le persone diventa un luogo in cui le persone ti danno sempre più fastidio.
Ed è molto forte che il nostro padre nella fede è configurato al padre che non ha risparmiato il proprio figlio.
La preghiera, dice il Catechismo, restituisce all’uomo la somiglianza con Dio e lo rende partecipe della potenza dell’amore di Dio che ci salva.
Dio poi manterrà la sua promessa a Giacobbe, l’antenato delle dodici tribù d’Israele che prima di affrontare il suo fratello Esaù, lui al fiume Iabbok combatte una lotta contro un personaggio misterioso.
Ma è quello che ci capita in una vita, fratelli e sorelle, …abbiamo delle note a volte che …lui non capisce che è Dio, lo intuisce, gli dice “io non ti lascio andare finché tu non mi benedici”
————–
La preghiera restituisce all’uomo (dice il catechismo) la somiglianza con Dio e lo rende partecipe della potenza dell’amore di Dio che ci salva. Dio poi per la sua promessa rinnova la sua promessa a Giacobbe nella storia delle 12 tribù di Israele. Prima di affrontare suo fratello Esaù, Giacobbe (se non ricordate la storia leggete la Bibbia) fa una lotta con un personaggio misterioso come quando capita una lite. Lui non capisce che è Dio o meglio intuisce, perché non lo lascia andare fino in fondo, lo benedice, e questo personaggio misterioso è Dio. Prima di benedirlo gli da una botta all’anca e questa botta lo obbligherà tutta la vita ad appoggiarsi a qualcuno più forte.
Allora ci sono dei passaggi , la preghiera dice il catechismo è un combattimento della fede: a tratti ci sono esigenze, limiti, ferite, traumi. Ognuno di noi si vuole vedere come nella pubblicità olio cuore, invece Dio ci fa somigliare ad un uomo con la stampella , ti obbliga a chiedere , ti obbliga ad appoggiarti a Dio perché ti mette in crisi provvidenziali che ti mettono vicino alla sua presenza.
Giacobbe è la figura di questo tipo di preghiera , preghiera che è combattimento della fede è la vittoria della perseveranza: tutta la vita è stato lì a combattere e non l’ha mai mollato.
Dio non ti molla finché tu non metti le radici.
Guardate non è orgoglio cattivo ma c’è un piglio anche che dice non mi batti ed io domani sarò qua, non mi senti ed io busso , non ho capito e ti richiedo. C’è un piglio c’è una perseveranza della preghiera , un’apertura della perseveranza…e la posta in gioco è grande e, più la trattativa diventa impegnativa, più le cose valgono, più costano.
Uno dei traumi più grossi che facciamo a questa generazione di giovani è che gli stiamo impedendo tante volte di soffrire. La sofferenza negata da parte dei genitori ai figli, ma quando vedi che è Dio a fare questi sgambetti. La preghiera inizia ad essere diversa.
Prossima puntata vedremo altro personaggio della preghiera dell’antico testamento, Mosè altro mediatore tra Dio e gli uomini , poi vedremo Davide poi finiamo nel parlare dei salmi che sono il respiro della preghiera.
Nella Bibbia c’è un libro in cui ci sono 150 salmi che stigmatizzano l’esperienza della preghiera di un popolo, che può essere pregata sia individualmente che comunitariamente
Vi anticipo una cosa curiosa, che la parola più diffusa nei 150 salmi, che la chiesa usa per pregare, è angoscia.
Vuol dire che è la preghiera esistenziale più frequente e che l’uomo si deve confrontare e portarla dentro la preghiera.
Perché da li poi nasce la consolazione, la luce, l’abbandono a Dio, il desiderio di morire non perché ti fanno schifo le persone o perché non vuoi più questa vita, ma perché viene un momento, come quando si è fidanzati che arriva un momento di stare insieme, di svegliarsi insieme, viene un momento che la carne conta, ed entrare nella consolazione perfetta della preghiera che è l’alleanza compiuta e la presenza di Cristo per tutta l’eternità.
Sia lodato Gesù Cristo.
November 22, 2021
Una Novena di Natale Wi-Fi
di Costanza Miriano
Dicembre 2020. Squilla il telefono. “Ti prego, siamo qui lontani e soli, ognuno a casa propria. Non possiamo vederci, non possiamo stare insieme, almeno facciamo qualcosa che ci aiuti a prepararci, uniti, all’incarnazione di Gesù nella nostra vita, in questo strano Natale di questo strano, difficile anno. Organizza qualcosa per connetterci tutti insieme”.
La telefonata della mia amica, quella in gamba, l’amica che sa sempre cosa fare e non si lamenta mai di nulla, mi fa riflettere: non mi piacciono le cose online, non ascolto catechesi, non guardo video, non fanno per me. Ma come faccio a ignorare questa richiesta? Non si può viaggiare, e comunque non potremmo incontrarci in grandi numeri, anche se abitassimo tutti nella stessa città. Insomma, per la prima volta, ascoltando il grido di aiuto della mia amica, vorrei provare a organizzare qualcosa per il Natale che non sia dal vivo, dal vero, in presenza, o non so come si dice, insomma qualcosa che non ci permetterà di abbracciarci in carne e ossa, ma che potrà farci lo stesso sentire uniti.
E se in ogni circostanza, positiva o negativa, passa la volontà di Dio capace di rendere la realtà feconda e generatrice di bene, sono certa che anche qui è possibile prendere il buono da quello che sta succedendo. È vero, non ci si può muovere dalla propria città, ma il buono è che qui, sullo schermo, possiamo vederci anche se abitiamo a Milano, Verona, Perugia, Piacenza, in Giappone perfino; e così da Roma posso chiedere un contributo a diversi dei sacerdoti – tantissimi – che stimo, e che fanno tanto bene alla Chiesa.
Cercando un modo per mettere insieme tante voci, tutte diverse e ciascuna ricca a modo suo, mi viene in mente di chiedere a ogni sacerdote una meditazione su un personaggio del presepe. Ognuno dei personaggi ha una catechesi per noi, ognuno ha un messaggio da darci, ognuno parla in qualche modo di noi: i pastori che vegliano, che di notte non stanno comodi nei propri letti e sono i primi a capire che quel bambino è molto speciale; la zingara, che vuole prevedere e controllare il futuro, proprio come noi; il bue e l’asinello, che si ritrovano inconsapevoli in una realtà immensa, e che fanno proprio quello che è chiesto all’uomo, obbedire alla realtà, con docilità; l’angelo, trasparenza di Dio, che ci ricorda che anche per noi Dio ha un messaggio, un annuncio; il pastore addormentato, simbolo di tutti noi che non ce la facciamo…
Insomma, quello che ne è venuto fuori è secondo me un piccolo capolavoro. Leggiamo e custodiamo queste parole, davvero dense e piacevoli insieme, un distillato della multiforme sapienza della Chiesa: abbiamo qui sacerdoti di formazione ciellina, neocatecumenale, oppure “semplici” diocesani o ancora religiosi, uomini più di azione e missione e uomini più di preghiera.
Ringrazio Dio per averceli mandati, e ringrazio loro per avere accettato di partecipare, e di essere poi trascritti e pubblicati, perché il loro seme possa continuare a portare frutto, anche tra chi leggerà questo libretto.
Grazie a don Dario Criscuoli (i pastori), don Luigi Maria Epicoco (la zingara), don Pietro Cesena (il pastore addormentato), don Francesco Buono (l’angelo), padre Giulio Albanese (i Magi), don Vincent Nagle (il bue e l’asinello), don Antonello Iapicca (san Giuseppe), don Renzo Bonetti (Maria), padre Maurizio Botta (Gesù Bambino), e grazie ad Alvaro Mascioni, l’editore della SHALOM preziosissima casa editrice, che lavora instancabilmente e generosamente per il regno dei cieli.
La Novena di Natale sul sito della SHALOM
oppure
November 21, 2021
Niente di ciò che soffri andrà perduto. Mistica della vita quotidiana
di Costanza Miriano
Di solito era una di quelle domande con cui i figli mi bloccavano quando furtivamente, scansando a piedi scalzi scenari di guerra a terra (soldatini schierati a difesa del dinosauro capo, che si chiamava Sindacon) o teatri d’amore (due principesse che se le erano date di santa ragione per un bel tomo dal mantello azzurro), cercavo di raggiungere l’agognata meta serale, il divano sul quale svenire ingerendo dalle sei alle ottocento calorie di risarcimento.
“Mamma, ma se Dio è buono, perché si muore?” No, dico, avrei risposto velocemente e a caso a qualsiasi altra domanda al mondo (la Roma vince domani?, sì certo; perché la zia era così allegra?, perché era ubriaca, è ovvio; perché i dinosauri si sono estinti? perché non facevano i compiti per scuola, è chiaro). Qualsiasi quesito. Ma “perché il male”, no. “Perché la morte”, no, vi prego, non a quest’ora, se non dormo entro due secondi sbrocco. Eppure sono quelle domande che non puoi liquidare, neanche se non dormi da ventidue ore e cammini appoggiandoti ai muri.
Ecco, il problema è che anche da sveglia, io non so come rispondere, esattamente.
Non so cosa dire di fronte alla vita dell’amica colpita dalla malattia dei figli, di lui tradito che rimane al suo posto, o quando parlo con la mia amica a cui è morto un marito fantastico, e che fa da padre e madre a un sacco di figli e porta dei pesi incredibili, complicazioni di ogni genere, che mentre me le racconta io che ero arrabbiata per un voto sbagliato dato a mia figlia vorrei percuotermi da sola con una cornamusa.
Ecco, sul perché rivolgetevi ai teologi, anche se un frate che stimo molto dice sempre di diffidare di chi vuol spiegare il male. Però quello che ho capito io sull’argomento, anche se è poco, è troppo importante, e volevo scriverlo nella speranza di riuscire anche a farlo mio (come sempre, sulla teoria sono abbastanza ferrata).
Ecco, provo a dirlo con parole mie: quello che Dio desidera più di tutto è entrare in un rapporto personale con alcuni di noi. Dico alcuni perché secondo me solo ad alcuni di noi interessa, e lui è cortese, non si impone mai, rispetta i nostri desideri e la nostra libertà, sacra e importante per lui più della nostra stessa salvezza. Questo rapporto personale, però, non possiamo averlo se non apriamo la porta della stanza più interiore e sacra di noi. La cabina di regia, quello che ci fa vivere. Questa porta, però, la sfonda solo una perdita di qualcosa, una mancanza, un dolore. Una fragilità che ci faccia abbassare le difese e riconoscere che abbiamo bisogno di un Altro, perché da soli non ci bastiamo.
Invece la cosa che a Dio dispiace di più è quando abbiamo un rapporto pagano con lui: se io ti do queste preghiere, tu poi devi fare questo per me. Questa è una roba da mercanti (non a caso quelli con cui si arrabbia tantissimo Gesù nel tempio), mentre lui vuole che noi siamo suoi figli, vuole darci tutto.
La storia che Dio fa con ognuno di noi è unica, non è in serie. Per ognuno di noi lui pensa un modo speciale per cercare di bussare alla porta, e poi, se rispondiamo, sfondarla. Questo modo, per un mistero che come dicevo non so spiegare, è una croce – simbolo e cuore della nostra fede – esattamente della misura, del peso, del materiale giusto per noi. Ci vuole un po’ a capirlo, che quella cosa contro la quale brontoliamo, imprechiamo, gridiamo (ognuno ha il suo modo, io sono più del tipo lamento e recriminazione continua, tipo “Dio non sa cosa ho fatto per lui”) è invece esattamente quella giusta per noi. E che attraverso quella fatica Dio sta parlando alla nostra vita, per salvarla (Dio non ti odia, ti allena, ho letto su Twitter, vorrei conoscere il genio).
Ovviamente è molto più facile vederlo nelle vite degli altri, e così, mentre continuo a brontolare a Dio (prima o poi mi lascia), quando vedo le vite degli altri mi appare molto più chiaro il disegno, come Dio lavora. Questo libro che esce oggi, è stato per me di gran lunga il più faticoso da scrivere, per l’argomento (come mi ha detto mio marito quando gli ho annunciato che volevo metterci mano “ah, bello, un libro sulla croce! Andrà a ruba!”: ma si sa che lui è il mio demotivatore ufficiale) e per il ritmo di vita che avevo prima (tra lavoro e viaggi, e l’insospettabile quantità di percorsi a ostacoli che riescono a produrre quattro soggetti in casa, molto alti e moltissimo complicati, benché, devo ammetterlo, molto simpatici). Se non ci fosse stato il lockdown starei ancora tentando di scrivere. Invece alla fine sono riuscita a chiuderlo, a separarmi dagli amati protagonisti, che come sempre sono persone vere a cui ho cambiato alcuni elementi perché non fossero riconoscibili. Insieme a loro ci sono alcune storie di fratelli maggiori nella fede che sono passati attraverso la stessa croce: Gabriella ed Elisabetta Canori Mora, Caterina che è sopravvissuta a un padre orrendo, Luca che ha imparato a dire la preghiera più importante – sia fatta la tua volontà – e a spegnere radio Satana, quella che ti dice sempre che c’è qualcosa che non va in te, nella tua vita e in quella degli altri; Carmen che ha trovato la felicità dopo un tumore e Benedetta Bianchi Porro (una santa gigantesca); Elena che sembrava la donna perfetta nella vita perfetta, e ha incontrato una perfezione più grande quando tutto è cambiato, e Giuseppina Bakhita, che non si capacitava del fatto che lei, schiava, fosse la figlia del Re; Anna col suo matrimonio faticoso (c’è anche un capitolo di ripasso sui fondamentali di traduzione maschio/femmina) ed Elisabetta Leseur, David Buggi e tutte le altre persone che hanno capito che Dio ci fa dei regali, solo che non li incarta nei problemi.
Ecco, più che cercare di spiegare il mistero, racconto quello che ho visto nelle vite delle persone che hanno saputo rendere docile il loro cuore, stare davanti alla realtà, accoglierla, e decidere di fidarsi: se Dio davvero è un Padre buono, tutto ciò che fa o permette per la nostra vita, nasconde un disegno di bene.
***
November 18, 2021
Tornare consapevoli dell’essenzialità di Cristo

di Costanza Miriano
Più vado avanti più mi convinco che l’unica risposta alla crisi della Chiesa è che un popolo – non importa quanto grande – anche un piccolo popolo di persone che pregano abbia un rapporto vero, vivo, viscerale con Cristo. Persone che dipendono da lui, in ogni respiro, che lo fanno regnare sul loro cuore, sui sentimenti, le idee, le scelte concrete. A partire da questi cuori consegnati si potrà incendiare il mondo.
Mi pare che il grande equivoco alla base della crisi del cattolicesimo in Occidente sia questo: viviamo in una cultura in cui si pensa di poter essere buoni senza attaccarci col cordone ombelicale a Cristo. Anzi, viviamo in una cultura da cui Cristo è cancellato, e anche noi cattolici pensiamo che sia sì una bella persona, un compimento, una ciliegina sulla torta, ma non l’ossigeno per noi. Pensiamo di poter ignorare che il cuore dell’uomo è anche (molto) cattivo, come dice il Vangelo, e che senza la grazia nulla possiamo. Pensiamo che i corsi di educazione civica a scuola, le manifestazioni per la cura della casa comune, le giornate contro la violenza possano educare il cuore dell’uomo. E così ci sorbiamo decaloghi che spieghino come si guarda una donna, ascoltiamo chi dice che possiamo imparare da tutte le culture (anche quelle palesemente arretrate, perché ce ne sono, è un dato oggettivo, un fatto storico), che tutto ciò che è diverso ci deve per forza piacere, anche se il nostro gusto e il buon senso dicono il contrario, perché devi essere buono e devi farti piacere tutto, non c’è differenza, tutto è uguale, tutto va bene. Se invece avverti un certo fastidio verso qualcosa, cioè pensi che esista il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il bello e il brutto, allora devi essere rieducato – basta che tu accenda un qualsiasi mezzo di centrifugazione del cervello, e avrai la tua bella lezioncina, anche i classici ormai sono rivisitati in omaggio alla cultura della correzione del pensiero (non si salva nessuno, manco Shakespeare: ho visto a teatro una Bisbetica domata impreziosita da un balletto di servitori queer in mutande di silicone).
È naturale che chi non ha un orizzonte pensi così: non ha parametri oggettivi, non può giudicare perché il giudizio viene sempre da un rapporto, una relazione. Pare – almeno secondo Vico – che ius, da cui giudizio, venga da Ious, Giove; in ogni caso il diritto indica il tentativo degli uomini di adeguarsi a una norma (per gli antichi alla volontà divina). In ogni caso giudicare è qualcosa che puoi fare sempre e solo rapportando un oggetto a un metro. L’uomo di oggi non può più giudicare, perché non ha le unità di misura.
Ma noi abbiamo Cristo, e solo in rapporto a lui – che è la Luce – tutto può essere giudicato con chiarezza, e tutto prende senso, e vita, e riceve grazia. Guardando a lui vediamo i limiti del nostro cuore affetto da ogni cosa cattiva. La Chiesa si è illusa di potersi ergere a guida morale e spirituale del mondo, indicandogli il bene, la condotta corretta da seguire, delle norme di buon comportamento, senza parlare del fatto che senza Cristo non possiamo far nulla. Se Cristo non regna sul mio cuore, a me non interessa l’educazione civica, né i poveri, né la condotta ecologica. E così finisce che le gerarchie si esprimano su tutto per cercare di compiacere il mondo, anche in ambiti dai contorni ancora molto incerti dove forse sarebbe meglio aspettare, ma non annuncino che per noi la sola cosa che conta è stare attaccati a Cristo, unica via per arrivare a Dio. Non c’è da stupirsi che le chiese si siano svuotate: purtroppo di recente è – sicuramente in modo involontario – passato il messaggio che si può vivere anche con le chiese chiuse.
Riflettevo su questo oggi al primo incontro del Cammino sinodale che ogni parrocchia del mondo è stata invitata a fare. Sono un po’ diffidente delle chiacchiere, ma stimo molto il mio parroco, che è un uomo di grande fede e preghiera, per cui sono andata all’incontro, nonostante la carenza cronica di tempo: la Chiesa si cambia standoci dentro il più possibile. Il tema di questo cammino sono le beatitudini: al termine, non so esattamente come, dal basso la Chiesa farà sentire la sua voce, dopo avere partecipato al Sinodo tutta insieme, per la prima volta non solo i vescovi.
Il tema sono le beatitudini. Si parte con Beati i poveri in spirito (Matteo 5,3): la riflessione che ci viene consegnata, e su cui dobbiamo meditare in silenzio, è piena di spunti stupendi. Di essi è il regno dei cieli non indica un luogo, né la condizione dopo la morte, ma il privilegio di vivere già qui e ora nel regno dei cieli, cioè sapendo che Dio regna su di te e su tutto ciò che ti fa soffrire. Davvero, la traccia è ottima, ma poi arriviamo agli spunti di riflessione suggeriti. “Ci sappiamo fare compagni di viaggio di tutti gli uomini? … Ci facciamo vicini ai maledetti di oggi, a quelli che nessuno vuole incontrare?” La domanda è buona, ma se posso permettermi non è quello il punto! Il punto è: hai scelto Cristo, in ogni cosa che fai, e di conseguenza fai tutto il resto perché sei riempito del suo amore?
Mi ha raccontato don Pierre Laurent Cabantous che una volta assistette a un’intervista a Madre Teresa al meeting. Il giornalista stava iniziando la domanda: lei che ha scelto i poveri…. Madre Teresa lo stoppa subito. “Io non ho scelto i poveri, io ho scelto Cristo”. Il punto è esattamente questo. Va bene non mettersi contro il mondo, aiutarlo a essere fecondo, cogliere i semi di bene che comunque ci sono in giro, ma con la consapevolezza che senza Cristo non sappiamo fare nulla, nessuno. È anche per questo che la nostra cura della creazione non ha niente a che vedere con Greta, il nostro rispetto per le persone non è inclusività, è amore per Cristo, un amore che è sempre anche verità (quindi annunciare la verità di Dio sull’uomo). Il nostro stare nel mondo non c’entra niente con le consolazioni dell’andrà tutto bene, è la certezza che la storia la guida Dio, e per Dio non è tutto uguale. Dio sa che qualcosa fa bene ai suoi figli, che lui ama pazzamente, qualcosa no. Quindi stare nel mondo da figli di Dio è anche giudicare, senza paura, le cose, i fatti, la realtà (mai le persone). Per questo per quanto ci sforziamo non potremo mai essere integrati in un mondo per il quale esprimere giudizi sulla realtà pare l’unico peccato, e soprattutto in un mondo (anche tra i cosiddetti credenti) che ha dimenticato il peccato originale e quindi il bisogno di redenzione, e quindi l’essenzialità di Cristo. In lui, ma solo in lui, tutte le cose sono buone, e il creato merita di essere custodito, e i poveri amati, e le persone ascoltate, tutte.
Insomma, torniamo a ciò che è essenziale nel cristianesimo, e nulla lo è se non Cristo stesso, e la sua sposa. Allora torneremo attraenti, invidiabili, regnanti sulla nostra vita perché facciamo regnare Dio sul nostro cuore.
Costanza Miriano's Blog
- Costanza Miriano's profile
- 22 followers
