Andrea Indini's Blog, page 158

February 4, 2014

Tutti i privilegi degli ambasciatori: ecco gli stipendi della diplomazia

Ma quanto portano a casa gli ambasciatori italiani? Al netto delle tasse, la loro busta paga è quasi due volte e mezzo quella dei colleghi tedeschi. Tanto per fare un paio di esempi: l'ambasciatore italiano a Parigi porta a casa 20.995 euro al mese, l'omologo tedesco 8.449; l'ambasciatore italiano a Mosca è retribuito con la bellezza di 26.998 euro al mese, mentre il suo omologo tedesco con 10.018. Una sproporzione abissale che non sembra affatto preoccupare la Farnesina.


Negli ultimi mesi la rete diplomatica italiana non è certo brillata la sua efficienza. I marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono ancora ingiustamente trattenuti in India. L'ex terrorista Cesare Battisti si sollazza sulle spiagge di Rio de Janeiro. Per non dimenticare lo schiaffo a quei genitori rispediti a casa dal Congo senza i figli adottivi. Adesso i diplomatici finiscono nel mirino dell'opinione pubblica per i lauti guadagni che ogni mese si portano a casa. A far le pulci alla Farnesina è il sito Lavoce.info riportando le remunerazioni degli ambasciatori italiani e mettendole a confronto con quelle dei tedeschi. "Sono remunerazioni teoriche, che assumono un ambasciatore senza moglie e senza figli - spiega Roberto Perotti che coordina un gruppo di lavoro della segreteria di Matteo Renzi sulla spesa pubblica - i dati italiani mi sono stati forniti direttamente da funzionari del ministero degli Esteri, quelli tedeschi sono basati su fonti ufficiali scaricate da internet". In media, le remunerazioni nette italiane sono due volte e mezzo quelle tedesche. Con punte che, in Europa e in America del Nord, arrivano quasi a trplicarsi. A Tokyo, per esempio, l'ambasciatore italiano prende 27.028 euro al mese, mentre quello tedesco deve "accontentarsi" di 10.018. E ancora: a Washington l'ambasciatore italiano guadagna 24.606 euro al mese, mentre quello tedesco 9.495 euro.


"Sia gli ambasciatori tedeschi sia quelli italiani hanno ovviamente diritto all’abitazione", ricorda Perotti. Secondo un'indiscrezione di Wall Street Italia, il rappresentante italiano alle Nazioni Unite di Ginevra, che guadagna 19.757 euro al mese mentre il suo omologo tedesco ne prende 8.449 euro, risiede "in una villa a con 12 bagni da 22 mila euro di affitto al mese". Casa a parte, la rete diplomatica italiana gode anche di una indennità per le spese di rappresentanza che può variare da 4mila euro mensili a Pretoria a 22mila euro a Tokyo. Con tutti questi soldi gli ambasciatori possono pagarsi il leasing e la benzina della macchina di servizio, i viaggi di rappresentanza, i domestici, i ricevimenti e così via. E gli ambasciatori tedeschi? Tutte le spese di rappresentanza sono a carico della sede.


Rispetto ai tedeschi gli ambasciatori italiani guadagnano più del doppio. Agli stipendi vanno aggiunte le indennità per viaggi di rappresentanza, ricevimenti, auto in leasing e domestici





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Andrea Indini

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Published on February 04, 2014 13:08

Napolitano difende l'euro: "Proteste marginali". Salvini lo sfida: "Provi a girare senza scorta"

L'Europa dei burocrati e dei poteri forti celebra Giorgio Napolitano. Il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz alterna lodi sperticate all'impegno di Re Giorgio a tenere l'Italia e l'Ue unite a feroci attacchi a partiti e movimenti, bollati come "populisti", che osano criticarlo. È un elogio a senso unico che il capo dello Stato raccoglie a piene mani difendendo l'unione monetaria e rigettando sia "l’irresponsabilità demagogica" sia "il ripiegamento su situazioni di deficit e di debiti eccessivi". Una presa di posizione che scatena una dura contestazione degli eurodeputati leghisti: "L'euro uccide".


"Sono assolutamente marginali e modeste - si limita a chiosare Napolitano - sono le tradizionali proteste della Lega". Non intende prestare nemmeno una briciola del suo tempo agli euroscettici che, infuriati dopo anni di politiche regressive, vogliono che sia messa la parola "fine" all'Europa dei poteri forti. Tant'è che è contro i "populisti" che si scagliano prima Schulz, poi Napolitano. "La costruzione europea - spiega il capo dello Stato - ha ormai fondamenta talmente profonde che si è creata una compenetrazione tra le nostre società, le nostre istituzioni, i nostri cittadini e i giovani dei nostri Paesi, e nulla, nulla, può farci tornare indietro". Secondo Napolitano, i cittadini non devono scegliere tra "un’agitazione puramente distruttiva contro l’euro e contro l’Ue" o tra un’Europa che pure "ha mostrato gravi carenze e storture nel suo cammino". Il discorso al parlmento di Strasburgo è una tirata di mezz'ora contro chi ha "assunto atteggiamenti liquidatori" nei confronti dell'Unione europea. Così, in vista delle elezioni di maggio, lancia un appello ad attrezzarsi contro un "possibile ritorno di nazionalismi aggressivi". "Al posto suo starei più attento a dire che le proteste sono marginali", commenta su Facebook il segretario della Lega Matteo Salvini. Che gli lancia una sfida: "Provi a farsi un giro, senza scorta, fra giovani disoccupati, cassaintegrati, imprenditori e artigiani rovinati, per dir loro che l’euro è bello e non si tocca".


"Non ho alcuna simpatia per coloro che violentemente e volgarmente la critica con l’unico obiettivo di aumentare la loro visibilità e di gettare il paese nel caos". Per ben due volte Schulz sottolinea con forza le proprie simpatie per Napolitano. Simpatie che non ammettono posizioni divergenti. Eppure il sentimento anti-Europa e, in particolar modo, anti-euro è vivo. La contestazione, breve e pacifica, del Carroccio è solo una parentesi nel lungo discorso del presidente della Repubblica a Strasburgo. Eppure la dice lunga sul malessere strisciante nei confronti dei tecnocrati di Bruxelles. Tanto da mettere le elezioni, che si terranno a fine maggio, al centro del dibattito politico. Il consenso delle formazioni euroscettiche cresce di settimana in settimana. I sondaggisti concordano nel pronosticare una quota consistente dei 751 seggi in palio. C'è addirittura chi parla di un 25-30%. Uno spicchio più che consistente da cambiare il volto al prossimo Europarlamento, proprio quando sarà chiamato a eleggere il presidente della Commissione. Lo scorso aprile Marine Le Pen e l'olandese Geert Wilders hanno unito la destra sotto il vessillo dell'Alleanza europea per la libertà. "L’embrione di un gruppo parlamentare è già costituito", aveva annunciato Le Pen. A gennaio la leader del Front National ha incontrato Salvini e, insieme, hanno buttato giù un accordo di massima. L'obiettivo è "fare fronte comune contro l’euro, che è uno strumento criminale, contro l’invasione islamica e contro un’immigrazione incontrollata".


Il capo dello Stato alla plenaria di Strasburgo: "Nulla può farci tornare indietro dall'Ue". Contestato dai leghisti: "Euro kills". Ma Schulz lo difende: "Nessuna simpatia per chi critica"





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Andrea Indini


Gli eurodeputati leghisti contestano Napolitano a Strasburgo
Striscioni anti-euro: la Lega contesta NapolitanoNapolitano: "Agitazione distruttiva contro Ue e euro"Napolitano all'Ue: "La demagogia non serve"Napolitano alla Ue: "L'auterità non regge più"Schulz: "Non ho simpatia per chi critica Napolitano"
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Published on February 04, 2014 10:31

Napolitano difende Ue e euro: "Basta agitazioni distruttive". Blitz dei leghisti a Strasburgo

L'Europa dei burocrati e dei poteri forti celebra Giorgio Napolitano. Il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz alterna lodi sperticate all'impegno di Re Giorgio a tenere l'Italia e l'Ue unite a feroci attacchi a partiti e movimenti, bollati come "populisti", che osano criticarlo. È un elogio a senso unico che il capo dello Stato raccoglie a piene mani difendendo l'unione monetaria e rigettando sia "l’irresponsabilità demagogica" sia "il ripiegamento su situazioni di deficit e di debiti eccessivi". Una presa di posizione che ha scatenato la dura contestazione deli eurodeputati leghisti guidati dal segretario Matteo Salvini che hanno sventolato gli striscioni "No euro" ed "Euro kills".


"Non ho alcuna simpatia per coloro che violentemente e volgarmente la critica con l’unico obiettivo di aumentare la loro visibilità e di gettare il paese nel caos". Per ben due volte Schulz sottolinea con forza le proprie simpatie per Napolitano. Simpatie che non ammettono posizioni divergenti. Eppure il sentimento anti-Europa e, in particolar modo, anti-euro è vivo. La contestazione, breve e pacifica, del Carroccio è solo una parentesi nel lungo discorso del presidente della Repubblica a Strasburgo. Eppure la dice lunga sul malessere strisciante nei confronti dei tecnocrati di Bruxelles. Tanto da mettere le elezioni, che si terranno a fine maggio, al centro del dibattito politico. Il consenso delle formazioni euroscettiche cresce di settimana in settimana. I sondaggisti concordano nel pronosticare una quota consistente dei 751 seggi in palio. C'è addirittura chi parla di un 25-30%. Uno spicchio più che consistente da cambiare il volto al prossimo Europarlamento, proprio quando sarà chiamato a eleggere il presidente della Commissione. Lo scorso aprile Marine Le Pen e l'olandese Geert Wilders hanno unito la destra sotto il vessillo dell'Alleanza europea per la libertà. "L’embrione di un gruppo parlamentare è già costituito", aveva annunciato Le Pen. A gennaio la leader del Front National ha incontrato Salvini e, insieme, hanno buttato giù un accordo di massima. L'obiettivo è "fare fronte comune contro l’euro, che è uno strumento criminale, contro l’invasione islamica e contro un’immigrazione incontrollata".


Ed è proprio contro i "populisti" che prima Schulz, poi Napolitano si scagliano. "La costruzione europea - spiega il capo dello Stato - ha ormai fondamenta talmente profonde che si è creata una compenetrazione tra le nostre società, le nostre istituzioni, i nostri cittadini e i giovani dei nostri Paesi, e nulla, nulla, può farci tornare indietro". Secondo Napolitano, i cittadini non devono scegliere tra "un’agitazione puramente distruttiva contro l’euro e contro l’Ue" o tra un’Europa che pure "ha mostrato gravi carenze e storture nel suo cammino". Il discorso al parlmento di Strasburgo è una tirata di mezz'ora contro chi ha "assunto atteggiamenti liquidatori" nei confronti dell'Unione europea. Così, in vista delle elezioni di maggio, lancia un appello alla plenaria di Strasburgo: "Restano da vincere ancora dure battaglie politiche, se non contro possibili ritorni di nazionalismi aggressivi, certamente contro persistenti egoismi e meschinità nazionali, ristrettezze di vedute e calcoli di convenienza nelle classi dirigenti nazionali".


Il capo dello Stato alla plenaria di Strasburgo: "Nulla può farci tornare indietro dall'Ue". Contestato dai leghisti: "Euro kills". Ma Schulz lo difende: "Nessuna simpatia per chi critica"





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Gli eurodeputati leghisti contestano Napolitano a Strasburgo
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Published on February 04, 2014 04:52

February 3, 2014

L'ex Gf Casalino alla Bignardi: "Tuo suocero è un assassino"

Il figlioccio del Grande Fratello si rivolta. E zittisce l'ex "portinaia" della Casa più sbirciata d'Italia. Lettera aperta a Daria Bignardi è il titolo del post pubblicato sul blog di Beppe Grillo. E porta la firma da Rocco Casalino, gieffino della primissima ora poi riciclato nell’ufficio comunicazione dei Cinque Stelle. Un post di fuoco per smontare la conduttrice del programma Le invasioni barbariche che nella puntata di venerdì sera ha chiesto al deputato stellato Alessandro Di Battista del padre dichiaratamente fascista. "Cara Daria, come sarebbe per te se ti invitassi a una trasmissione tv e le domande fossero: come si sente tuo figlio a scuola ad avere il nonno mandante di un assassinio? Come è l’aver sposato il figlio di un assassino?", scrive Casalino corredando il post con una foto dalle Bignardi col marito Luca Sofri, figlio dell'ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri, condannato per l'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi.


Negli ultimi giorni è un gran volare di schiaffi mediatici. Nessuno si risparmia. E loro, i grillini, sempre in mezzo a menare. Che siano le offese alla presidente della Camera Laura Boldrini o le liste di prescrizione per i giornalisti invisi a Grillo (oggi tocca al nostro Francesco Alberoni) o ancora la tirata d'orecchie a Fabio Fazio (#fazioalzalatesta). I Cinque Stelle hanno deciso di inimicarsi l'intero panorama dell'informazione pubblica. Così, dopo aver scatenato i più bassi istinti grilleschi con la domanda "Cosa fareste in auto con la Boldrini?", eccoli affrontare di petto la Bignardi smontando l'intervista a Di Battista e stroncare Corrado Augias che su Twitter li ha "denunciati" pubblicamente postando l’immagine di un suo libro dato alle fiamme. Episodio condannato anche Grillo che su twitter ha accusato l'autore utilizzare il simbolo del M5S senza autorizzazione. A mandare su tutte le furie gli stellati sono state le domande della Bignardi sul padre di Di Battista che si definisce "orgogliosamente" fascista. Una raffica di punti di domanda per mettere in difficoltà il deputato grillino e ai quali replica Casalino ribaltando la frittata e ricordando alla presentatrice del passato del suocero.


Adriano Sofri, l'omicidio Calabresi, Lotta Continua, ecc... C'è dentro tutto nel post dell'ex gieffino. "E se insistessi su questa domanda - prosegue Casalino - come hai fatto tu per il padre ex fascista di Di Battista?". Quindi, passa a "cucinarsi" Augias che, subito dopo l’intervista di Di Battista, ha criticato il M5S a Le invasioni barbariche: "E se dopo aver avuto te ospite invitassi uno scrittore che invece di parlare del suo libro raccontasse di cosa è stato Lotta Continua e di cosa pensa di te? E se questo scrittore utilizzasse il suo tempo non per parlare del suo libro ma per denigrare te che, oltretutto, saresti impossibilitata a difenderti?". La polemica contro la Bignardi e Augias non è un caso isolato. Questa mattina il blog di Grillo è un vero e proprio bollettino di guerra: gli stellati ce l'hanno davvero con tutti. Se la prendono con Alberoni per l'articolo I grillini sono un lusso che non possiamo permetterci, pubblicato oggi sul Giornale, e attaccano Fazio per l'intervista alla Boldrini a Che tempo che fa. "È un pestaggio mediatico", commenta il presidente della Camera invitanto a non usare la rete "in modo violento". "La corsa verso la barbarie che Grllo ha intrapreso e che sta portando avanti pare essere senza fine - tuona il premier Enrico Letta - ho trovato talmente scalndalose queste dichiarazioni che non posso non commentarle".


A Le invasioni barbariche la Bignardi ricorda a Di Battista di avere un padre fascista. E Casalino le chiede: "Come è l’aver sposato il figlio di un assassino?". Sul blog di Grillo attacchi anche ad Alberoni, Augias e Fazio. Letta denuncia: "Barbarie senza fine"





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Andrea Indini



La Bignardi dà il microfono al grillino Di BattistaTweet choc di Messora contro la BoldriniBoldrini difende la Bignardi: "No al pestaggio mediatico"Di Battista: "Pronto per fare il premier"
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Published on February 03, 2014 14:48

February 2, 2014

Governo, Alfano minaccia: "O entra Renzi o usciamo noi"

Il Nuovo centrodestra torna all'attacco: chiede un maggiore impegno da parte di Matteo Renzi nell'azione di governo innestando politici a lui vicini nella squadra guidata da Enrico Letta. Dopo le dimissioni di Nunzia De Girolamo da ministro la delega alle Politiche agricole è stata presa ad interim dalla presidenza del Consiglio. Letta ha voluto tamponare in questo modo l'ennesima fuoriuscita dall'esecutivo per evitare un rimpasto che gli sarebbe stato a dir poco indigesto. Non potrà, tuttavia, andare avanti a far finta all'infinito. Tant'è che il vicepermier Angelino Alfano lanciato quello che più che un ultimatum suona come una vera e propria minaccia: "O i renziani entrano in squadra oppure usciamo noi".


Le parole di Renato Schifani sulle "mani libere" è un punto condiviso nel quartier generale del Nuovo centrodestra. Sono molti, infatti, a pensare che Renzi non possa sostenere Letta esternamente. Gli chiedono un coinvolgimento, pretendono che ci metta la faccia innestando uomini a lui vicini all'interno della squadra governativa. Altrimenti sono pronti a far cadere la maggioranza e a portare il Paese al voto anticipato. Secondo Schifani, il vero obiettivo del segretario del Pd è "logorare il governo giocando due parti in commedia". "Se Renzi non si lascerà coinvolgere - avverte il presidente di Ncd a Qn - considereremmo esaurita la nostra partecipazione a un governo in cui il partito che esprime il presidente del Consiglio lo sostiene con meno determinazione di un alleato che non lo esprime". L'avvertimento è chiaro, la sfida lanciata. Anche per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin la carta di un Letta bis, formato anche da ministri renziani, è l'unica carta da giocare per zittire quei "tatticismi" che, a suo dire, rivelano "solo la voglia del sindaco di Firenze di correre a Palazzo Chigi con o senza urne".


Dopo le dimissioni della De Girolamo, il Nuovo centrodestra occupa ben quattro poltrone. Oltre ad Alfano e alla Lorenzin, nella squadra di Letta ci sono anche Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Gaetano Quagliariello alle Riforme costituzionali. In caso di un rimpasto sarebbe praticamente impossibile godere dello stesso trattamento di favore. Alfano aveva, infatti, ottenuto tutti quei ministeri grazie ai voti di Silvio Berlusconi. Adesso che il Ncd veleggia intorno al 3%, è già tanto se in un Letta bis potrà esprimere due ministri. Eppure, pur di non andare al voto anticipato, il vicepremier preferisce perdere una poltrona. "Il Pd - è l'avvertimento di Alfano - si scordi che Ncd possa sostenere il governo, guidato da un esponente del Pd, con maggiore intensità e convinzione piena di quanto non lo faccia il Pd stesso". Non resta che capire se Renzi vuole davvero metterci la faccia su un governo tanto inconcludente.


Ncd vuole un Letta bis con ministri renziani. Il vicepremier: "Serve l'impegno del Pd". Pur di evitare il voto, disposto a perdere una poltrona. Ma Renzi vuole metterci la faccia?





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Andrea Indini



Letta perde ancora consensi: le urne si avvicinano?Alfano a Forza Italia: "Togliere il veto su preferenze"Alfano: "Ora pensiamo a lavoro e famiglia"
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Published on February 02, 2014 10:57

February 1, 2014

Cambia la mappa del potere: ecco tutti gli stipendi in ballo

La partita delle poltrone è al via. Una stagione ghiotta di nomine pubbliche rimette in gioco all'incirca 400 posti chiave dell'amministrazione pubblica. E, non appena il Tesoro ha pubblicato sul proprio sito la lista dei cda e dei collegi sindacali in scadenza nel 2014, ecco la politica scattare sull'attenti per trovare la persona giusta da piazzare. In ballo ci sono, tra gli altri, anche gli scranni delle big Eni, Enel, Finmeccanica, Poste e Terna. Un valzer che smuove stipendi da parecchi zeri.


Basta dare un'occhiata al documento pubblicato dal dicastero di via XX Settembre per capire che la partita è davvero ghiotta. Per due motivi: in primis perché si tratta di posizioni strategiche politicamente, in secondo luogo perché sono lautamente remunerate. Nel documento "Società controllate dal ministero dell'Economia e delle Finanze - organidi amministrazione e compensi erogati", il Tesoro ha messo nero su bianco le griglie degli "emolumenti complessivi a qualsiasi titolo percepiti" dagli amministratori le cui cariche sono in scadenza nel 2014. Le cifre sono state (quasi tutte) pattuite prima del 12 agosto 2012, quando è stato fissato il tetto ai compensi dei manager che dirigono società non emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, direttamente o indirettamente controllate da pubbliche amministrazioni. Tetto che è stato quantificato intorno ai 300mila euro annui, pari al trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione. Dal momento che la norma non può essere in alcun modo retroattiva, dal documento del Tesoro balza subito all'occhio come i manager nominati prima del 12 agosto 2012 siano retribuiti con buste paga stellari. Vero e proprio "Paperone" di Stato è il numero uno delle Poste, Massimo Sarmi, che si porta a casa 2 milioni e 202mila. Seguono Maurizio Prato dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato con 601.370 euro e l'amministratore unico dell'Enav Massimo Garbini con 502.820 euro. E ancora: Vincenzo Assenza di Sogesid (326mila euro), Paolo Reobani di Italia Lavoro (241mila), Andrea Monorchio di Consap (225.860 euro) e Rodrigo Cipriani Foresi dell'Istituto Luce (158.458 euro). E così via. La lista è lunga, lunghissima. Lo spartiacque è proprio la norma sui tetti dei manager. Tant'è che nel 2012 l’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci, ha percepito 750mila euro, mentre l’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini, ha portato a casa un milione e 35mila euro. Anche il presidente di Rai, Anna Maria Tarantola, la cui carica è scatatta a luglio del 2012, ha percepito 140mila euro, per soli sei mesi.


A breve tutta la mappa del potere è destinata a cambiare. La lista diffusa dal Tesoro è divisa in due parti: quella relativa alle società direttamente partecipate e quella con le società indirettamente partecipate attraverso gruppi il cui management (come per Cassa depositi e prestiti, Rai o Ferrovie) rimane in molti casi invariato. Della prima lista fanno parte Arcus, la società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo, la Consap, l’Enav, l’Enel, l’Eni, Finmeccanica, l’Istituto Luce, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Italia Lavoro, Poste Italiane, Rete Autostrade Mediterranee, la società attiva nella tutela del territorio Sogesid, StMicroelectronics e Studiare Sviluppo, di cui vanno rinnovati tutti i cda, per un totale di circa 60 persone scelte dal Tesoro. Di alcune di queste e di altre (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, Arcus, Coni Servizi, Consap, Eni, Gse, Istituto Luce, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Sogin e Sose) va anche rinnovato il collegio sindacale. La seconda lista è quella più corposa, ma in un certo senso di minor peso, dal momento che vi figurano decine di piccole controllate e partecipate di Invitalia, Anas, Cdp, società controllante Enav, Fs, Gse, Ipzs, Poste, Rai e Sogin. Qui le poltrone che si liberano, ma molte di esse sono occupate da dirigenti delle controllanti di nomina per così dire "interna", sono circa trecento, tra consigli di amministrazione e collegi sindacali.


Tre le partite più importanti ci sono Terna, Fintecna e Fondo Strategico per Cassa depositi e prestiti, Trenitalia e Rfi per Ferrovie, Acquirente Unico per il Gse, Rai World per la Rai. Inutile nascondere che le poltrone più ambite sono quelle di presidente e ad delle grandi quotate e infatti è su queste che è partito il totonomine, che deve però evidentemente tener conto delle variabili politiche e dell’avvento di Matteo Renzi alla guida del Pd. Per l’Eni, per esempio, è circolata la voce di una conferma di Paolo Scaroni alla presidenza, mentre per il ruolo di ad potrebbero essere presi in considerazione l’attuale numero uno di Vodafone Vittorio Colao o il manager interno Claudio De Scalzi. Per l’Enel c’è chi prevede un nuovo mandato per la coppia Colombo-Conti e chi ipotizza una promozione per l’ad di Enel Green Power Francesco Starace. Per Finmeccanica torna spesso in circolazione il nome di Franco Bernabè, che dopo Telecom è attualmente in panchina. In questo risiko complicatissimo rietreranno, per la prima volta, le nuove regole che fissano precisi paletti su condanne, patteggiamenti e rinvii a giudizio. A vigilare su tutto sarà infatti il comitato nomine messo in piedi a via XX Settembre, che dovrà controllare i requisiti di ogni singola candidatura.


In scadenza oltre 400 posti chiave. Il Tesoro pubblica tutti gli stipendi dei vertici. Stipendi che, però, dovranno essere rivisti in base alla norma che fissa il limite a 300mila euro annui





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Andrea Indini



Ecco i patrimoni dei Paperoni di StatoVia al gioco delle nomine: in palio 400 poltroneEcco tutti gli stipendi delle controllate del Tesoro
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Published on February 01, 2014 01:46

January 28, 2014

La soluzione della Kyenge per combattere il razzismo? Sbianchettare leggi di settant'anni fa

Secondo Cecile Kyenge per combattere il razzismo basta sbianchettare due o tre codicilli di più di settant'anni fa. Presentando all’Ansa il testo del disegno di legge sulle Disposizione per la modifica o l’abrogazione di norme discriminatorie, il ministro all'Integrazione racconta la sua crociata per abrogare "le norme razziste, xenofobe, discriminatorie o addirittura che rimandano al periodo fascista e alle leggi sulla razza". Anziché chiedere ai nuovi arrivati che rispettino le leggi e la cultura del Paese che li ospita - sicuramente un buon inizio da cui partire per integrare popoli di estrazione differente -, la Kyenge elabora un ddl molto fumoso.


"In Italia esiste il pericolo di aumento del fenomeni di razzismo e di xenofobia, ma non per questo il nostro può essere definito un paese razzista", ha spiegato la Kyenge che, mettendo in guardia dalla crisi economica e dalla "mancanza di strumenti di aggregazione tra le persone", ha paventato il rischio di un incremento dei "fenomeni di razzismo che vengono molto spesso ignorati". Per mettere a punto il ddl, che sarà inviato ai ministeri competenti per i pareri preventivi prima di arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri, il ministro ha preso in considerazione il 47° rapporto del Censis secondo cui "solo il 17% degli italiani" si dice favorevole a un approccio amichevole nei confronti degli stranieri. L'obiettivo della Kyenge punta proprio ad aumentare la "consapevolezza del diverso", partendo in primis dai giovani. Soltanto dopo un ampio preambolo, il ministro entra, quindi, nel concreto spiegando che per favorire l'integrazione e sminare "l’insidia xenofoba" cancellando norme e leggi dall'ordinamento italiano. "Dopo un’attenta analisi e ricognizione dell’ordinamento italiano - ha spiegato la Kyenge - sono state individuate delle norme discriminatorie ancora vigenti". Il ddl servirà, quindi, a eliminare "definitivamente" qualsiasi riferimento all’iscrizione al Partito nazionale fascista o alla Gioventù italiana del littorio, nonchè all’appartenenza alla razza ariana.


In soldoni, per la Kyenge è sufficiente sbianchettare i riferimenti al Partito nazionale fascista o alla Gioventù italiana del littorio per integrare etnie e culture che, in alcuni casi, non vogliono nemmeno essere integrate. Così, anziché combattere l'immigrazione clandestina assicurando il rispetto dei flussi migratori, scommette sull'eliminazione di codicilli che risalgono al Ventennio. Anziché puntare sul rispetto delle leggi in vigore, garantendo sì i diritti ma esigendo in primis i doveri, si sbraccia per togliere norme cadute nel dimenticatoio da decenni. Anziché pretendere un'istruzione minima che passa da una discreta conoscenza della lingua e della cultura italiana, parte nella crociata contro dei fantasmi legislativi ormai archiviati nei libri di storia. A conti fatti il ddl sembra solo una mossa di facciata, che si riempie delle parole chiave "razzismo", "fascismo" e "razza ariana", per far colpo sull'opinione pubblica e dare un senso alla presenza della Kyenge in un governo già di per sé inconcludente.


L'ultima trovata della Kyenge: il razzismo è tutta colpa di fantasmi legislativi archiviati dalla storia





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Andrea Indini

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Published on January 28, 2014 09:25

M5S all'attacco: "Napolitano boia". Pronta la messa in stato d’accusa

Tira una brutta aria di resa dei conti. Dopo settimane di ostruzionismo contro il dl Imu-Bankitalia, i Cinque Stelle decidono di sferrare contro il Quirinale un attacco senza precedenti. "Il boia Napolitano avalla queste posizioni per cucirci la bocca" è la sentenza letta dal deputato stellato Giorgio Sorial nel corso di una conferenza stampa dai toni accesi. Le accuse mosse al capo dello Stato sono tutt'altro che velate: si parla di incostituzionalità dei decreti firmati da Re Giorgio e, soprattutto, si minaccia della messa in stato di accusa. Il movimento di Beppe Grillo prova così a sferrare un attacco frontale alla più alta carica dello Stato nella speranza di obbligarlo alle dimissioni.


Il grimaldello per muovere la guerra a Napolitano è la possibile tagliola sui tempi di approvazione del dl Imu Bankitalia. Il pesante j’accuse arriva in una conferenza stampa in cui i Cinque Stelle denunciano l’illegittimità e l’incostituzionalità di altri decreti, privi di coperture e approvati dalla Camere. I deputati pentastellati ribadiscono che la richiesta di messa in Stato d’accusa arriverà a breve. Per il momento, al presidente della Repubblica hanno deciso di prendere carta e penna e scrivere tante lettere quanti saranno i decreti che, a loro giudizio, verranno approvati "in violazione della legge e delle regole del Parlamento". A partire dalla legge si stabilità e di bilancio. È Maurizio Santangelo, capogruppo al Senato, a esordire in un "virtuale" processo al capo dello Stato. Parte denunciando "le gravi violazioni avvenute dal punto di vista della legge e delle regole parlamentari" sulla legge di stabilità e bilancio dell’ultima finanziaria. Secondo Santangelo, Napolitano è "garante del governo e del duo Berlusconi-Renzi", ma è "assente" a garanzia del parlamento e degli italiani. "Napolitano dimostra di non garantire in alcun modo le opposizioni", incalza Sorial in un crescendo di accuse: "Noi siamo la vera opposizione che ha colto i partiti di sorpresa e ciò ha fatto sì che Napolitano si esprimesse contro di noi« in questa legislatura".


Nel corso della conferenza stampa i grillini non fanno passi indietro sulla richiesta di impeachment. Anzi, fanno intendere che arriverà a breve. "Vogliamo sapere se il Capo dello Stato è garante della maggioranza o degli italiani. In questo momento non ci sembra che lo sia", commenta Elisa Bulgarelli ricordando i continui richiami di Napolitano all'omogeneità delle norme dei decreti legge. Con le lettere che invieranno al capo dello Stato, i Cinque Stelle fanno un'ulteriore passo verso la rottura definitiva con il Quirinale. La minaccia dell'impeachment, gli insulti, il "contro-discorso" di fine anno: la strategia dei seguaci del comico genovese mira a tenere sotto scacco Napolitano. Una strategia che destabilizza le altre forze politiche. "È un atteggiamento insopportabile - ha commentato Matteo Renzi - una forma di stupidità, prima ancora che di violenza verbale, che non ha eguali nella storia repubblicana". Mentre i democrat invitano Santangelo e Sorial a "chiedere scusa", gli alfaniani si sono attivati per aprire un procedimento per vilipendio. La procura di Roma sta esaminando il caso e sta valutando se sussistano gli estremi per l’avvio di un’azione penale. La questione dunque sarà affrontata dai vertici di piazzale Clodio.


M5S contro il capo dello Stato: "Non tutela le opposizioni. Firmati decreti incostituzionali". Il Pd: "Si scusino subito". La procura apre un procedimento per vilipendio





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SCHEDA Chi è Girgis "Giorgio" SorialIl grillino Sorial attacca: "Napolitano è un boia"Santangelo: "Parlamento immobile per colpa del Colle"Castelli (M5S): "Azione ripetuta contro Napolitano"
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Published on January 28, 2014 09:17

January 27, 2014

Legge elettorale, scontro sul premio di maggioranza

La riforma della legge elettorale entra nel vivo. Coi partiti che scoprono le carte e si preparano a giocare una partita che potrebbe anche far cadere il governo. D'altra parte sia Matteo Renzi sia i vertici di Forza Italia hanno messo in chiaro che, se qualcosa dovesse andare storto nel cammino delle riforme, si tornerebbe immediatamente alle urne. Ma, nel giorno in cui sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti, restano ancora alcuni nodi i dem dagli azzurri. E tra questi il più difficile da superare è sicuramente l'innalzamento della soglia per il premio di maggioranza dal 35 al 38%. Così, dopo che Renzi ha chiesto e ottenuto dai cuperliani un ritiro definito "tecnico" di tutti gli emendamenti, si riapriranno le trattative con Silvio Berlusconi


"A chi vuol mettere i bastoni fra le ruote noi diciamo: andiamo avanti". Renzi non fa che ripeterlo. L'obiettivo è portare a casa la riforma della legge elettorale al più presto. Pur sapendo che si tratta di un "accordo complicato", è fermamente convinto che sia "possibile" riuscire a portare a casa il risultato che renderebbe più facile procedere nelle riforme su lavoro e sviluppo. In una intervista al Messaggero, Renzi ha detto chiaramente che con la riforma elettorale le Camere potranno avviare "una stagione costituente" che porterà la legislatura "perfino al 2018". Al contrario, se dovessero affossare l'Italicum, il segretario del Pd staccherebbe la spina al governo e si andrebbe a votare col proporzionale che ci ha lasciato la Consulta. "Sarebbe la conferma che il parlamento è inaffidabile", ha vvertito il sindaco di Firenze. 


Eppure, proprio in via del Nazareno, il fronte è tutt'altro che "unitario". Aldilà dell'emendamento sul restyling dei collegi tutti gli altri presentati in mattinata, in tutto poco più di una trentina, erano veri e propri strappi alla linea del segretario riguardano: si passava dalla modifica delle soglie di sbarramento e si arrivava all'innalzamento del premio di maggioranza, passando per il nodo dei listini bloccati. Un emendamento a firma del lettiano Francesco Sanna prevedeva addirittura l’introduzione delle preferenze pur su liste bloccate "sbloccando" il più votato. Di movimento intorno all'Italicum ce n'è davvero tanto, anche fuori dal Pd: gli emendamenti complessivi al testo base della riforma depositati oggi in commissione Affari costituzionali della Camera Erano ben 318. Di questi una trentina targati Pd, poi ridotti a tre per dare a Renzi il mandato di trattare solo su premio di maggioranza, primarie facoltative e restyling dei collegi.


Forza Italia ha blindato il testo base ribadendo la "linea della fermezza". "Sì a lievi modifiche - spiega un parlamentare azzurro - ma l’impianto dell’Italicum non si tocca". Al termine di un faccia a faccia tra Renzi e Denis Verdini, gli azzurri hanno ribadito la propria contrarietà a innalzare al 38% la soglia per accedere al premio di maggioranza e ad abbassare al 4% la soglia di sbarramento per i partiti che fanno parte di una coalizione. Un altro secco "no" è arrivato alle preferenze. Ultimo paletto, sul quale si è però registrata una possibile apertura, è sulla procedura per il restyling dei collegi: Forza Italia vorrebbe mantenere l’attuale previsione, ovvero che il compito di disegnare i nuovi collegi spetti al Parlamento, mentre dal Pd si chiede che venga data una delega al governo. "Se dovessero prevalere i piccoli ricatti, interni ai partiti o tra i partiti - è l'avvertimento degli azzurri - verrebbe meno l'accordo". La partita, però, resta aperta. Tanto che in ambienti parlamentari si parla di un nuovo incontri tra Berlusconi e Renzi già nei prossimi giorni.


Continuano le trattative. Restano ancora alcuni nodi da scioglie. Forza Italia contraria ad alzare la soglia per il premio di maggioranza al 38%. Possibile nuovo incontro tra Renzi e il Cav





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Andrea Indini

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Published on January 27, 2014 15:54

Italicum, l'ultimatum di Renzi: "Se si affossa, cade il governo"

La riforma della legge elettorale entra nel vivo. Coi partiti che scoprono le (prime) carte e si preparano a giocare una partita che rischia di far saltare la maggioranza e riportare l'Italia al voto. D'altra parte sia Matteo Renzi sia i vertici di Forza Italia hanno messo in chiaro che, se qualcosa dovesse andare storto nel cammino delle riforme, si tornerebbe immediatamente alle urne. Ma, nel giorno in cui scadono i termini per la presentazione degli emendamenti, la minoranza piddina ha presentato, d’intesa con il partito, un nutrito pacchetto di emendamenti. "Questa legge elettorale non può saltare per uno 0,5% - ha avvertito Renzi ci saranno tantissimi emendamenti, è ovvio, ci confronteremo su tutti".


"A chi vuol mettere i bastoni fra le ruote noi diciamo: andiamo avanti". Renzi non fa che ripeterlo. L'obiettivo è portare a casa la riforma della legge elettorale al più presto. Pur sapendo che si tratta di un "accordo complicato", è fermamente convinto che sia "possibile" riuscire a portare a casa il risultato che renderebbe più facile procedere nelle riforme su lavoro e sviluppo. In una intervista al Messaggero, Renzi ha detto chiaramente che con la riforma elettorale le Camere potranno avviare "una stagione costituente" che porterà la legislatura "perfino al 2018". Al contrario, se dovessero affossare l'Italicum, il segretario del Pd staccherebbe la spina al governo e si andrebbe a votare col proporzionale che ci ha lasciato la Consulta. "Sarebbe la conferma che il parlamento è inaffidabile", ha vvertito il sindaco di Firenze.


Se Renzi è ben determinato a portare a casa la partita, la posizione dei democratici è tutt'altro che unitaria. Aldilà dell'emendamento sul restyling dei collegi tutti gli altri, in tutto poco più di una trentina, non sono unitari dal momento che riguardano modifiche alle soglie di sbarramento, al premio di maggioranza e ai listini bloccati. "Non ci sono temi che riguardano un’area del partito piuttosto di un’altra - avverte spiega il capogruppo in commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano - ma sono trasversali". Di movimento intorno all'Italicum ce n'è davvero tanto, anche fuori dal Pd. I Cinque Stelle sono tornati all'attacco con il mantra elaborato da Beppe Grillo nelle settimane scorse: "Liste bloccate uguale parlamento di nominati e delinquenti".


Forza Italia ha blindato l’accordo siglato da Berlusconi e Renzi sullItalicum ribadendo la "linea di fermezza". "Sì a lievi modifiche - spiega un parlamentare azzurro - ma l’impianto dell’Italicum non si tocca". Per i forzisti resta, quindi, il "no" secco all’introduzione delle preferenze. Ma, spiegano dal quartier generale di Forza Italia,  vengono posti anche i paletti sulla soglia di sbarramento del 5% per i partiti che rientrano in una coalizione. Dal Pd e dai "partitini" sono, infatti, piovuti emendamenti per un abbassamento della soglia al 4%. Ipotesi che, almeno per il momento, è osteggiata dai forzisti. Altro paletto, sul quale si è però registrata una possibile apertura degli azzurri, è sulla procedura per il restyling dei collegi: Forza Italia vorrebbe mantenere l’attuale previsione, ovvero che il compito di disegnare i nuovi collegi spetti al Parlamento, mentre dal Pd si chiede che venga data una delega al governo.


Il sindaco: "La riforma elettorale non può saltare per uno 0,5%". Ma la minoranza piddì prepara il blitz. Forza Italia blinda l'accordo: "Soglia al 5% e no alle preferenze"





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Italicum, Sisto avverte: "Fare bene e in fretta"
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Published on January 27, 2014 05:38

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