Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 67
November 16, 2022
“Strisce di saggezza”, di Bibliomania e di Vanità

La bibliomania è un’antica patologia che qualcuno ha definito, in un libro di successo A Gentle Madness, una “gentile follia”. Tanto antica, quanto più moderna, sublimata dall’Informazione Tecnologica, figlia legittima di Gutenberg. Nelle sue vene scorre di continuo un inarrestabile fiume di informazioni le quali aspirano a diventare conoscenza.
Non sempre questo avviene, tutto continua a scorrere rimanendo in superficie, le acque sono sempre torbide ed agitate, spesso inquinate. L’informazione fa sempre più fatica a diventare conoscenza e la sapienza è destinata a restare purtroppo stupidità. Del resto i rischi li aveva già segnalati Qoelet qualche millennio fa, quando nel suo epilogo disse:
Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò anche la scienza al popolo; ascoltò, indagò e compose un gran numero di massime. Qoèlet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità. Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore. Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo.
Tralasciando il monito finale nel quale invocava l’intervento divino, l’ammonimento di Qoelet continua ad avere un valore decisivo per capire come vanno le cose del mondo ed in quello dell’editoria in particolare. Nel nostro Paese è stato accertato che nel 2019 sono stati pubblicati in media 230 libri al giorno, una cifra considerevole.
E’ diventata una moda corrente partecipare a talk show e programmi televisivi nei quali ogni partecipante coglie l’occasione per fare pubblicità al suo ultimo libro. Si spera che lo spettatore tv, l’indomani, si affretti ad andare in libreria a comprare il libro, oppure che faccia il suo ordine online ad Amazon per averlo a casa il giorno seguente. Non si sa, poi, se lo leggerà.
Non è da meno la stampa. Tutti i giornali settimanali e quotidiani pubblicano recensioni, scrivono articoli nei quali si citano libri per i dovuti approfondimenti. Cosa buona e giusta, potremmo dire: ecco come l’informazione diventa conoscenza. Ma non sempre accade, anche se i tentativi non mancano e anche in buona fede.
Vi racconto cosa c’è dietro l’immagine che correda questo post. Sono sei “strisce di saggezza”. Per farvi capire cosa sono, devo necessariamente raccontarvi il contesto che, guarda caso, inizia dalla lettura che faccio sempre ogni domenica dei quotidiani che si occupano di libri.
Su “Il Giornale”, Luigi Mascheroni, giornalista, scrittore e docente universitario ha pubblicato qualche settimana fa una breve recensione che riproduco qui di seguito con il titolo: “Le strisce di saggezza di Piger, editore misterioso”. Titolo davvero invitante per uno come me che non sono soltanto figlio di una famiglia di tipografi post-Gutenberg, ma anche un dinosauro bibliomane. Mascheroni scrive:
Grandi misteri della piccola editoria. Ecco a voi le sottili strisce di saggezza di Gaston Piger (che poi è uno pseudonimo …) editore romano nato nel 2000, segretissimo, non svela chi è; non ha Isbn, è contattabile soltanto via mail (gastonpiger@gmail.com). Stampa opuscoli con punto metallico, formato striscia orizzontale, 12X6 cm, di 24–28 facciatine, a tiratura limitata, una trentina di copie a titolo. E che titoli: “La morale murale” di Alfred Jarry, “Scioccherie” di Chamfort, “Oracolo del sognatore” di Miguel de Unamuno … Sono sempre pensieri, motti, aforismi, di autori di ieri, (Gide, Svevo, Nizan …) e a volte di oggi come Aldo Nove (bellissime riflessioni sulla poesia) o Antonio Castronuovo imperdibili pensieri “pessimisti”). Il costo? L’editore non vuole niente, sceglie lui a chi offrire i suoi libricini. A volte, se proprio insistete a sdebitarvi, vi può chiedere in cambio un cappuccino”.
Se questa è la narrazione del contesto di questo post che riguarda quella patologia chiamata Bibliomania, devo anche dire che era ovvio che io, bibliomane, dinosauro, figlio di un tipografo postgutemberghiano, scrivessi a quell’indirizzo.
Ho avuto una risposta, ne è nata una sequenza comunicativa abbastanza stringata, dalla quale è nato l’arrivo, via “piego di libri” di Poste Italiane, di sette “strisce di saggezza” che ho scannerizzato e messo qui sopra a corredo del post.
Carissimo Gaston, (nota: dal caro, sono passato al carissimo, anche se le tue “strisce” me le hai date gratuitamente, a spese tue, in piego libri Poste Italiane) mi sono andato a rileggere la recensione di Mascheroni per cercare di capirne di più, mi sono reso conto di saperne di meno leggendo le tue “strisce”. Ti scrivo a “caldo”, mi riservo di “raffreddarmi” per dire quello che penso. Mi auguro che stanotte mi venga in sogno mio Padre (1906) vecchio tipografo post-Gutenberg e mi consigli cosa scrivere di questa tua avventura tipografica. Un abbraccio. Antonio (1939)
Finora non ho ricevuto una risposta da Gaston a questa mia ultima mail. Lui, credo che se l’aspetta per avergli detto che gli avrei scritto dopo di aver sognato mio Padre tipografo al quale avrei chiesto un parere, su cosa dire sulle sue “strisce di saggezza”.
Devo, però, anche dire che ho fatto una ricerca in Rete su questo “pseudonimo” nonchè bibliomane e ho scoperto che ha fondato una casa editrice, che:
“Gaston Piger non è nulla in particolare”. Ha fondato una casa editrice clandestina, Piger Edizioni, anarchica nei contenuti e soprattutto nella forma. Pubblica quello che gli pare e come gli pare — a Roma si direbbe come je rode (così come “Il fronte dell’ozzio” di Titta Marini, di cui Piger è grande estimatore, usciva quanno je rode). La sua collana preferita si chiama “strisce”, piccoli opuscoli ultratascabili, con cui, in cambio di caffè e cappuccini, spaccia roba strana come la traduzione inedita in Italia del leggendario aforista russo Koz’ma Prutkov. Ha due grandi passioni: l’anarchia e — pur essendo un bastardo (come si evince dal nome) trapiantato a Roma — la scuola genovese, ma De André su tutti.”
Devo pur concludere questo lungo post. Non intendo farlo diventare una “stroncatura” di Gaston Piger. Mio Padre non mi è venuto in sogno e non si è espresso sulle sue “strisce di saggezza”. Io le ho apprezzate per quelle che sono. Strisce, interessanti, utili, importanti, ma solo strisce informative.
Se Gaston Piger non vuole che esse siano come quelle di “striscia la notizia”, segnalazioni, intuizioni, provocazioni, ma diventino “virtute e canoscenza” (#Dante), dovrà seguire altre vie che non siano solo quelle di cui parla Qoelet: “Vanità delle vanità, vanità delle vanità, tutto è vanità”. Caro “Gaston Piger” non essere “vano” …[image error]
November 15, 2022
Il presidente donna nell’isola delle donne belle …

Mio Padre aveva nella sua biblioteca questo libro pubblicato nel 1934 da Arnaldo Fraccaroli. Sapete quale isola era? Quella delle belle donne: Bali, appunto, dove si celebra il G 20.
Fraccaroli fu un cronista che sapeva fotografare con le parole, filosofo, poeta, commediografo, umorista e curioso delle donne. Questo è stato il veronese Arnaldo Fraccaroli (Villa Bartolomea 1882-Milano 1956), per quasi 50 anni inviato del Corriere.
Grazie alla sua versatilità, Fraka, così amava anche firmarsi, produsse migliaia di articoli d’ogni genere e oltre cento tra romanzi, libri di viaggi, novelle, saggi, lavori teatrali, biografie (tre sull’amico Puccini). Aveva classe da vendere e una capacità straordinaria di passare dal reportage di guerra alla commedia brillante.
Inventò l’espressione “dolce vita”, così titolando una sua opera. Fu, durante il primo conflitto mondiale, uno dei migliori corrispondenti dal fronte. Rese celebre la frase “meglio vivere un’ora da leone che cent’anni da pecora” e per il suo comportamento in battaglia ottenne una croce e una medaglia al valor militare.
È stato uno dei primi cronisti a volare su dirigibili e aeroplani e a visitare Hollywood. Scoprì e fece conoscere l’America degli “anni ruggenti” e il jazz. Dal 1920 al 1940, girò tutti i continenti, svelando agli italiani il mondo e le novità del secolo.
Oggi i partecipanti al G20 sono stati accolti all’aeroporto da donne che danzavano in loro onore. Tutti presidenti uomini, tranne una: la Presidente della Repubblica Italiana Giorgia Meloni. Auguri Giorgia!

November 14, 2022
Elogio del disincanto …

Arriva con l’età, con il tempo che passa. Niente di strano, tutto previsto. Passiamo l’infanzia a sognare grandi avventure, l’adolescenza a trasformarle in romantiche fantasie e a vent’anni (se siamo fortunati) muoviamo i primi coraggiosi passi verso questi nuovi orizzonti. Poi arrivano le responsabilità: il lavoro, il mutuo, la famiglia, la routine. E improvvisamente scopriamo il mondo, da luogo incantato dove può accadere di tutto, diventa un posto conosciuto, monotono, prosaico, dove tutto è previsto. Che fatica continuare a credere in qualcosa che non esiste, forse si trova solo nella fantasia. Qualcuno continua a crederci, continua a illudersi nonostante gli anni, il tempo trascorso, i sogni sognati con le illusioni e scopri il disincanto …
[image error]November 12, 2022
Stendhal: il suo nome è una sindrome

Il sole del Mediterraneo fa brutti scherzi. Ricordo un viaggio a Ravello di molti anni fa con un amico professore di una università inglese, appassionato della storia, della cultura e dell’arte del nostro Paese. Il suo nome era Don. In un infuocato mese di agosto quando lo portai in quel mio “place of mind” che è Ravello. Le cicale impazzivano frinendo al solleone lungo il sentiero che porta a Villa Cimbrone. Quando entrammo nel viale di ingresso avvertii sul volto del mio amico, grande esperto del teatro di Shakespeare, una malcelata agitazione.
Il giorno prima lo avevo portato a visitare i templi di Paestum ed era quasi andato in deliquio ipnotico tra quelle colonne millenarie. Al museo aveva a lungo indugiato davanti al dipinto della tomba del tuffatore. In silenzio aveva preso appunti seduto su una panchina mentre io avevo preferito attenderlo all’uscita mangiando un gelato per combattere l’arsura della giornata.
Ora, a Villa Cimbrone , mi accingevo ad accompagnarlo verso quella terrazza chiamata “terrazza dell’infinito”. Tra una esplosione di fiori e di colori percorremmo il lungo viale in silenzio. Eravamo entrambi stanchi ed affaticati. Avevamo già visitato Villa Rufolo al mattino e avevamo discettato a lungo di Wagner, David H. Lawrence, Gore Vidal e quant’altro potesse riguardare ricordi, glorie e illustri visitatori e relative memorie di Ravello. Sbucammo sulla terrazza.
Il sole picchiava implacabile riflettendosi sul mare all’orizzonte. Ci abbagliò costringendoci a difenderci gli occhi con un braccio piegato, nonostante gli occhiali scuri che indossavamo. Non tirava un alito di vento ed io, che quello spettacolo conoscevo bene per esserne stato spettatore molte volte, subito mi misi a sedere di fronte alle statue che ornano il belvedere.
Mi allontanai lasciandolo solo a godere tutta la bellezza dello spettacolo. Rimase immobile su quella specie di piccolo balcone, appoggiò le mani alla ringhiera, per qualche minuto. Eravamo soli in quel momento in quello spazio di fronte all’infinito. All’improvviso, Don alzò una gamba e fece come per scavalcare la ringhiera.
Mi alzai rapidamente dal posto dove ero seduto e lo afferrai alle spalle facendolo cadere a terra verso l’interno del balcone. Gli urlai in inglese: “What the hell are you doing? Are you mad?”. Sopravvenne un gruppo di visitatori. Ci rialzammo e lo misi sedere di fronte dove stavo seduto poco prima. Era come paonazzo in volto.
La camicia aperta davanti aveva perso alcuni bottoni, gli shorts bianchi che indossava erano sporchi sul fianco, un graffio alla gamba sinistra. Gli chiesi cosa gli avesse preso. Perchè aveva tentato di scavalcare la ringhiera del piccolo balcone.
Mi rispose con una domanda: “Do you know the Stendhal syndrome”? Scossi la testa e dissi: “Che cavolo è la Sindrome di Stendhal?”. Mi spiegò che tutto gli sembrava così bello. Troppo, tanto da voler morire, da uccidersi. Incredibile! Rimasi secco. Lo presi con cautela per il braccio e lo indirizzai verso l’uscita. Cercai di farlo ritornare in sè. Lo portai al bar del ristorante di sotto e gli feci bere un espresso.
Ancora non potevo credere a quello che era successo. “Questo è pazzo”, pensai. Un episodio di ordinaria sindrome da viaggio mediterraneo, vissuta in prima persona, che non dimenticherò mai. Lo rivivo ogni qualvolta mi affaccio alla Terrazza dell’Infinito di Villa Cimbrone. Un originale, un bizzarro, un eccentrico, oppure semplicemente un “viaggiatore” che voleva “volteggiare” da quella terrazza in nome della bellezza del “genius loci” che caratterizza chi viaggia in cerca di “casa”?

Stendhal Scrittore (1783–1842) Il suo nome è una sindrome Il suo nome è quasi più noto per un’inspiegabile perdita di coscienza che per i suoi innumerevoli romanzi: uscendo dalla chiesa di Santa Croce a Firenze, è talmente assorbito dalle meravigliose immagini contemplate all’interno che, angosciato e in preda al panico, sviene per la strada spaventando i passanti increduli.
Grande scrittore e appassionato di arte, Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle, è ufficiale napoleonico e diplomatico del Regno di Francia sotto Luigi Filippo. Perde la madre a 7 anni e il padre, violento e anaffettivo, non lo aiuta certo a crescere. Lui diventa timido e orgoglioso, e comincia a cercare nei viaggi le risposte ai sogni nascosti. Va spesso dal sarto, cercando di camuffare la sua mancata avvenenza.
Inizia la sua carriera di ufficiale napoleonico per diventare diplomatico, ruolo che lo aiuta a risolvere le sue insicurezze. Si innamora spesso, talvolta corrisposto, scrive tantissimo e viaggia, soprattutto in Italia. Sceglie Milano: il suo amore per la città viene ricambiato con l’appellativo di «milanese» accanto al nome inciso sulla sua tomba nel cimitero di Montmartre.
Usa tutte le avventure che gli capitano come materia per i suoi romanzi, che si rivelano dei capolavori, da Il Rosso e il Nero (pubblicato per la prima volta il 13 novembre 1830), a La Certosa di Parma, fino a Roma, Napoli e Firenze. Ha una grande sensibilità romantica, un acuto spirito critico e una scrittura personalissima: analizza comportamenti sociali, parla con conoscenza di arte e musica e approva la giusta ricerca del piacere.
Muore per strada a Parigi nella notte del 22 marzo 1842: ha un infarto, sviene e questa volta non si risveglia. Come aveva sperato. Ha 59 anni. Pochi, ma significativi. Non sufficientemente considerato dai contemporanei, è stato in seguito molto amato dai lettori.
Il suo caso è stato analizzato per la prima volta in maniera scientifica dalla psichiatra fiorentina Graziella Magherini negli anni Settanta del Novecento. Si tratta di un disagio psicosomatico che si manifesta osservando opere d’arte appassionanti o ascoltando musica di forte impatto emotivo. I sintomi sono vari: disturbi percettivi, allucinazioni uditive, umore orientato alla depressione, manifestazioni estatiche, crisi d’ansia e di panico. E’ probabile che questo milanese d’adozione, sarebbe orgoglioso di essere associato a una «sindrome» speciale e totalizzante, scaturita da una grande bellezza. (ALMAMATTO)[image error]
November 10, 2022
L’epilogo di Prospero …

Non ricordo dove feci questa fotografia in Inghilterra: scolpito su un blocco di roccia l’epilogo di Prospero nella “Tempesta” di Shakespeare. Il soliloquio finale è considerato uno dei discorsi più memorabili della letteratura shakespeariana. Prospero descrive la perdita dei suoi poteri magici e la cattura di Calibano e Ariel. Si riferisce alla loro prigionia e al suo confinamento sull’isola, che solo grazie ad un applauso del pubblico potrà terminare. Un epilogo, prima o poi, anche per tutti noi …

November 9, 2022
Un sogno, anzi no, un incubo …

Remember, remember, it all happened in November …

Passerà naturalmente inosservato, o quasi, il duplice anniversario di questi giorni: l’avvento del comunismo a Mosca il 7 novembre del 1917 e il 9 novembre del 1989 del muro di Berlino. Eppure non ci sarebbe stato il mondo di oggi senza quel doppio evento. Non ci sarebbe stato nemmeno il fascismo senza l’avvento del comunismo. E non ci sarebbe l’Unione Europea senza la caduta del Muro e quindi dell’Unione Sovietica.
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Remember, remember, it all happened in November! Naturally, the twofold anniversary of these days will naturally pass almost unnoticed: the advent of communism in Moscow on November 7, 1917 and the Berlin Wall on November 9, 1989. Yet, there would have been no world today without that double event. There would not even have been fascism without the advent of communism. And there would be no European Union without the fall of the Wall and therefore of the Soviet Union.[image error]
November 7, 2022
In nome di quale Dio …

Un ennesimo libro su Dio. Dio nella Modernità. Inutilità di Dio. Dio come fiaba. Dio come proiezione. Dio come droga. La morte di Dio. La religione come veleno. Dio come illusione. Il silenzio di Dio. Dio come nulla. Dio come idolo. Dio nella Bibbia. Un Dio non cercato. Un Dio non dimostrabile. Un Dio contraddetto. Un Dio rivelato. Dio nella fede. Dio come realtà. Dio come prossimità. Dio come umanità. Dio come relazione. Quale Dio? Dio nell’induismo. Dio nel buddhismo. Dio nell’ebraismo. Dio nell’islam.
Alla luce dei quotidiani eventi, il nome di Dio continua ad occupare ogni giorno le prime pagine di tutti i giornali cartacei e digitali. Si celebrano sacri uffizi e cerimonie politiche dopo avere finito di contare i cadaveri di esseri umani uccisi in suo nome.
Se le parole possono essere anche pietre e se le lettere dei primi comandamenti vennero incise sulla pietra, è opportuno ricordare “cosa” sono queste antiche ordinanze di origine divina oggi, se hanno ancora il senso di una volta e una ragione che le inquadri nel modo di vivere contemporaneo, in una realtà del tutto diversa.
Ma, sopratutto, se sono invocate in nome di un Dio sempre impossibile da definire. Un Dio che continua ad essere presente, pur nella sua assenza, un Dio che continua a chiamare, ma pochi lo sentono, forse lo ascoltano, ma non lo seguono.
Eppure, la scorsa domenica, nella Cattedrale degli Angeli di San Michele Arcangelo in Episcopio di Sarno, durante la tradizionale omelia, il Parroco don Antonio Calabrese ha presentato ai fedeli un giovane di nome Claudio il quale, da seminarista, ha comunicato all’assemblea le sue intenzioni di voto, come e perchè ha inteso dare una risposta alla chiamata che gli ha fatto questo misterioso Dio.
Il giovane Claudio è sceso tra i fedeli e in maniera semplice e spontanea ha cercato di trasmetterci il messaggio che ha ricevuto. Con straordinario candore ed innocenza ci ha fatto sapere che aveva una ragazza, che si volevano bene, ma erano entrambi insoddisfatti della loro condizione esistenziale.
Di comune accordo hanno deciso di separarsi e rispondere ad una voce di dentro che veniva da lontano, dalla loro essenza di esseri umani. Lei ha deciso di farsi suora, lui di entrare in seminario. Hanno creduto di fare questa scelta in base alla chiamata, per rispondere al loro “credo”.
Mi sono ricordato di una citazione che ho letto all’inizio di questo libro scritta da Sant’Agostino. L’autore, il teologo Paolo Ricca, la riporta in latino e in traduzione:
“… è necessario che tutte le cose che si credono siano credute con il precedente intervento del pensiero. Del resto, anche credere non è altro che pensare assentendo. Infatti non ognuno pensa che pensa, crede, dato che parecchi pensano proprio per non credere, ma ognuno che crede, pensa, pensa credendo e crede pensando.”
Una questione di “credo” in risposta alla eterna domanda dell’uomo: dov’è questo Dio di cui parliamo, da cui speriamo di ricevere aiuto? Come e dove lo si può collocare? Noi ora conosciamo sempre di più la vastità dell’universo con i suoi miliardi di pianeti, gli infiniti sistemi solari, ma finora, per quanto lontano si possa spingere il nostro sguardo, in nessun luogo c’è qualcosa che ci potremmo immaginare come il cielo in cui dovrebbe troneggiare Dio. Ricordo la risposta che ha dato Benedetto XVI nel suo libro Ultime conversazioni:
E’ perchè non esiste un luogo in cui Lui troneggia. Dio stesso è il luogo al di sopra di tutti i luoghi. Se lei guarda nel mondo, non vede il cielo, ma vede ovunque le tracce di Dio: nella struttura della materia, nella razionalità della realtà. E anche dove vede gli uomini, trova tracce di Dio. Vede il vizio, ma anche la virtù, l’amore.
Sono questi i luoghi dove c’è Dio. Bisogna staccarsi da queste antiche concezioni spaziali, che non sono più applicabili non fosse perchè l’universo non è infinito nel senso stretto del termine, pur se è abbastanza grande perchè noi uomini lo si possa definire come tale. Dio non può essere da qualche parte dentro o fuori di esso, la sua presenza è completamente diversa.
E’ molto importante rinnovare anche il nostro modo di pensare, liberarsi delle categorie spaziali e intenderle da una nuova prospettiva. Come esiste una presenza spirituale tra gli uomini, due persone possono essere vicine pur vivendo in continenti diversi perchè questa dimensione di prossimità non si identifica con quella spaziale, così Dio non è “in qualche posto”, ma è la realtà.
La realtà fondamento di tutte le realtà. E per questa realtà non ho bisogno di un “dove”, perchè “dove” è già una delimitazione, non è già più l’infinito, il creatore, che è l’universo, che comprende ogni tempo e non è lui stesso tempo ma lo crea ed è sempre presente. Credo che molte delle nostre percezioni vadano riviste. Anche la nostra idea complessiva dell’uomo è cambiata.
Non abbiamo più seimila anni di storia, ma non so quanti di più. Lasciamo pure aperte queste ipotesi numeriche. In ogni caso, sulla base di questa conoscenza, la struttura del tempo, quello della storia, oggi si rivela mutata. Qui il compito primario della teologia è di svolgere un lavoro ancor più approfondito e offrire agli uomini nuove possibilità di rappresentare Dio.
La traduzione della teologia e della fede nella lingua odierna è ancora molto carente; è necessario creare schemi di rappresentazione, aiutare gli uomini a capire che oggi non devono cercare Dio in “qualche posto”. C’è molto da fare.”[image error]
November 2, 2022
Il giorno in cui tagliarono la testa alla donna che voleva la donna libera ed eguale agli uomini

Contrariamente a quanto si pensa le donne hanno sempre avuto un ruolo importante nella storia civile e culturale di tutti i paesi. Eppure, qui da noi, soltanto nel 1946, le donne conquistarono il loro diritto di voto. Oggi, a distanza di poco più di mezzo secolo, una giovane donna è diventata Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia.
La recente ristampa di questo libro ricorda che anche durante i sanguinosi giorni della Rivoluzione francese del 1789, le donne fecero sentire la loro presenza, in questo caso in maniera davvero drammatica.
E’ vero, hanno ricevuto pochissimi riconoscimenti storici per i loro contributi. Le loro numerose rivendicazioni e le sincere proteste avanzate dalle donne in quel tempo furono represse, i club femminili furono banditi e Olympe de Gouges, una delle principali sostenitrici del tempo dei diritti delle donne, fu messa a tacere.
Olympe è rimasta una figura oscura. Questo libro è la prima biografia di una donna straordinaria. Dopo aver pubblicato coraggiosamente la sua “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadinanza” nel 1791, de Gouges fu mandata alla ghigliottina per aver avuto il coraggio di salire sulla tribuna in favore delle donne.
A differenza di molte altre figure storiche che hanno catturato l’attenzione dei posteri, de Gouges, pur avendo ricevuto simpatie storiche, non ha avuto nessuna vera attenzione riferita al suo essere donna.
Invece di considerare le sue colleghe come vittime eterne del loro essere “femmine”, capì che, in qualche misura, esse stesse erano responsabili delle loro disgrazie. Se si fossero unite e si fossero impegnate a cambiare la propria immagine, avrebbero potuto diventare grandi e svolgere un ruolo ben diverso nelle pieghe della storia.
De Gouges sostenne l’avvento di una nuova donna che avrebbe ben volentieri rinunziato a favorire soltanto i notturni piaceri degli uomini. Olympe de Gouges merita giustamente il titolo di anticipatrice, profeta ed eroina. Questa biografia le rende omaggio. Sarà di interesse per gli studenti della Rivoluzione francese, degli studi sulle donne e della biografia.
Accadde il 3 novembre del 1793. La citazione per la quale Olympe de Gouges è meglio ricordata: “Le donne hanno il diritto di salire sul patibolo; devono anche avere il diritto di salire sulla piattaforma dell’oratore”, si dimostrò davvero profetica in maniera tragica.
Da figlia di un macellaio di una piccola città, de Gauges si era trasformata in una ricca e sofisticata frequentatrice della bella società francese del tempo, era diventata una scrittrice, una drammaturga ed un’attivista politica parigina. Aveva concluso con quella frase il suo saggio sulla sua “Dichiarazione dei diritti delle donne”.
Con acuta ironia denunciò l’assenza di donne nella dottrina dell’uguaglianza universale della Rivoluzione francese, la famosa “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”.
Ma in questo giorno, per le sue ostinate proteste pubbliche contro i radicali che avevano preso il controllo della rivoluzione, fu ghigliottinata dai giacobini. La ridicolizzarono come esempio di ciò che potrebbe accadere se le donne trascuravano i loro doveri domestici dati ad esse dalla natura. Era il 3 Novembre dell’anno 1793.
Il 3 novembre dell’anno del Signore 2022, qui in Italia, una giovane donna, dopo di aver parlato con il Presidente della Repubblica Francese in veste di Primo Ministro, parte per Bruxselles per difendere, in sede europea, gli interessi degli uomini e delle donne italiane.[image error]
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