Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 30

June 9, 2024

La strada che non prendemmo…

Quando cento anni fa, nel mese di dicembre del 1923, Anna Gallo lasciò la casa paterna in via De Liguori a Sarno e salì su un piroscafo verso il nuovo mondo, non sapeva che avrebbe impiegato 17 giorni per sbarcare a New York, Ellis Island.
Con lei sarebbe dovuto partire anche suo fratello Antonio, che sarebbe poi diventato mio Padre. Era solo un diciottenne ma decise di non andare. Non è possibile sapere le ragioni. Sono scomparsi tutti i protagonisti di questa storia che, a distanza di tanto tempo, abbiamo avuto la possibilità di raccontarci.
L’occasione è stata una vacanza di salute nella sempre incantevole isola verde Ischia. Con Christine, ultima figlia di quella Anna, la mitica “zia Nannina l’americana”, mia cugina di primo grado e sua figlia Maureen, siamo andati alla ricerca di un tempo che pensavamo perduto.
Lo abbiamo in parte ritrovato ed anche ricostruito per quanto possibile, incrociando gli eventi attraverso l’oceano che ci separa. Il rifiuto di mio Padre di non partire con la sorella Anna mi ha fatto venire in mente la nota e molto discussa poesia del poeta americano Robert Frost.
Ho deciso di usarne il tema e il titolo per questo post. Non fui io, ovviamente, a prendere quella decisione, fu sua, di Antonio, mio Padre. Ma cosa voleva dire il poeta Frost nella sua nota e molto discussa poesia? Ecco la traduzione in italiano:
Due strade a un bivio in un bosco ingiallito,
Peccato non percorrerle entrambe,
Ma un solo viaggiatore non può farlo,
Guardai dunque una di esse indeciso,
Finché non si nascose al mio sguardo;
E presi l’altra, era buona anch’essa,
Anzi forse con qualche ragione in più,
Perché era erbosa e quindi più verde,
Benché il passaggio suppergiù
Le avesse segnate ugualmente,
E ambedue quella mattina erano distese
Nelle foglie che nessun passo aveva marcato.
Oh, prenderò la prima un’altra volta!
Ma pur sapendo che strada porta a strada,
Non credevo che sarei mai ritornato.
Dirò questo con un lungo sospiro
Chissà dove e fra tanti anni a venire:
Due strade a un bivio in un bosco, ed io –
Presi quella meno frequentata,
E da ciò tutta la differenza è nata.
(1920)
Testo originale
Two roads diverged in a yellow wood,
And sorry I could not travel both
And be one traveler, long I stood
And looked down one as far as I could
To where it bent in the undergrowth;
Then took the other, as just as fair
And having perhaps the better claim,
Because it was grassy and wanted wear;
Though as for that, the passing there
Had worn them really about the same,
And both that morning equally lay
In leaves no step had trodden black
Oh, I kept the first for another day!
Yet knowing how way leads on to way,
I doubted if I should ever come back.
I shall be telling this with a sigh
Somewhere ages and ages hence:
two roads diverged in a wood, and I — 
I took the one less traveled by,
And that has made all the difference.
La poesia è una metafora della vita e delle scelte che dobbiamo affrontare. Le due strade che si dividono nel bosco rappresentano i bivii che ci troviamo ad affrontare nel corso dell’esistenza. Il poeta invita a seguire la strada meno battuta, a discostarsi dai facili conformismi e a prendere decisioni coraggiose e individuali.
Le due strade sono identiche, ma il narratore sceglie quella meno battuta perché “aveva forse il miglior diritto” di essere scelta, essendo più erbosa e meno usurata.
Nell’ultima strofa il narratore immagina di dover raccontare in futuro la sua scelta, affermando che “questo ha fatto tutta la differenza”, suggerendo che la decisione presa ha segnato in modo determinante il suo destino.
La poesia esprime una certa ironia sulla scelta e sul rimpianto, sottolineando come non si possa mai sapere con certezza quale sia la strada migliore da imboccare.
Le molte strade non prese rappresentano le vite possibili che avremmo potuto avere, ma che non abbiamo realizzato per le scelte fatte o per caso. Il poeta, inoltre, vuole introdurre il concetto di destino personale in diversi modi.
La scelta come determinazione di destino. Quella che facciamo nella vita determina il nostro destino. Il narratore sceglie la strada meno battuta, e questa scelta ha un impatto significativo sulla sua vita, come evidenziato dalla frase finale “e questo ha fatto tutta la differenza”.
Ma c’è anche l’incertezza e il rimpianto. La poesia non fornisce una valutazione definitiva sulla scelta, ma lascia spazio sia all’una che all’altro.
Questo suggerisce l’idea che il destino personale è influenzato dalle scelte che facciamo, ma non sempre possiamo sapere se quelle giuste sono state prese.
C’è la metafora della strada che incombe su tutto, la metafora della vita, rappresenta i bivii che dobbiamo affrontare. La scelta di imboccare una strada piuttosto che un’altra rappresenta la scelta che dobbiamo fare e che determina il nostro destino.
La consapevolezza del passato invita a riflettere sulle scelte che abbiamo fatto. Il narratore immagina di dover raccontare la sua scelta in futuro, suggerendo che la consapevolezza del passato è parte del destino personale.
La scelta come unione di circostanze e decisioni suggerisce che il destino personale è il risultato di una combinazione di circostanze. Il narratore non può sapere cosa sarebbe successo se avesse preso l’altra strada, ma sa che la sua scelta ha determinato il suo destino.
Di questo e altro abbiamo parlato con mia cugina Christine e sua figlia Maureen. Ricostruire i giorni di quelle scelte ci ha portato a riflettere sulle conseguenze di cui noi non siamo responsabili.
Un esercizio di vita che porta a pensare e scegliere strade diverse che avremmo potuto prendere e che non abbiamo preso. Lo sappiamo bene. Con i “se” e con i “ma” non si costruisce la realtà.
Eppure, abbiamo la possibilità di pensare che questa stessa realtà sia l’unica possibile che ci resta da percorrere, una strada che non prendemmo …
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Published on June 09, 2024 01:51

May 29, 2024

“Stronzate”. Un saggio filosofico elettorale …

“Stronzate”. Un saggio filosofico elettorale … Il Libro

In tempo di elezioni, per difendermi, mi sono andato a rileggere questo libro che ha un titolo provocatorio. Parla di “stronzate” ma lo fa in forma di saggio filosofico. Di tutto rispetto, quindi, anche da un punto di vista squisitamente linguistico, visto e considerato che l’ho letto in versione inglese e al link potete leggere la recensione che ne scrissi e pubblicai tempo fa sulla mia biblioteca digitale Librarything, dopo che mi era stata rifiutata da Amazon.

Non era consona, dissero. Forse la parola “puzzava” e mi censurarono. Ma tant’è, sempre “cazzate, stronzate, scemenze, merda di toro” (in inglese), sempre filosofia è, comunque. Ancora pochi giorni e poi questo pirotecnico spettacolo elettorale a livello europeo, anzi mondiale, terminerà. Le “stronzate” sono destinate a galleggiare, ma poi le acque scure della politica ritorneranno più nere e fetide di prima.

Fu ben detto, chi disse che la politca è fatta di “sangue e merda”. Ho molto apprezzato l’incontro e il saluto dell’altro giorno della nostra Premier la quale, incontrando un suo avversario governatore politico che l’aveva definita in precedenza una “stronza”, lo ha salutato dicendogli “ecco la stronza …”

Come vedete siamo sempre in tema filosofico degno di sagge considerazioni elettorali. Una “stronza” non può che dire “stronzate”. Ma bisogna stare molto attenti, perchè poi, è sempre la “filosofia” della politica ad avere la meglio …

— — — — —

“On Bullshit” di Harry G. Frankfurt è un saggio filosofico del 1986 che esplora il concetto di “cazzate”. Frankfurt sostiene che le cazzate differiscono dalle bugie in quanto il bugiardo mira a ingannare, mentre chi dice cazzate non se ne cura. Le cazzate, secondo Frankfurt, sono pericolose perché erodono la nostra capacità di distinguere la verità dalla menzogna.
Definizione di cazzate: Frankfurt definisce le cazzate come “affermazioni non fatte con la preoccupazione di dire la verità”. In altre parole, chi dice cazzate non si preoccupa se le sue affermazioni sono vere o false. Il pericolo delle cazzate: Frankfurt sostiene che le cazzate sono pericolose perché erodono la nostra capacità di distinguere la verità dalla menzogna. Quando siamo esposti a troppe cazzate, diventiamo più cinici e diffidenti e meno propensi a credere a qualsiasi cosa, anche alla verità.
L’anti-cazzata: Frankfurt propone il concetto di “anti-cazzata” come antidoto alle cazzate. Un anti-cazzata è qualcuno che si preoccupa di dire la verità ed è disposto a impegnarsi per scoprirla. L’importanza della verità: Frankfurt conclude sostenendo che la verità è essenziale per una società libera e giusta. Dobbiamo essere in grado di distinguere la verità dalla menzogna per poter prendere decisioni informate e tenere conto gli uni degli altri.
“On Bullshit” è un libro perspicace e provocatorio che offre una nuova prospettiva su un problema importante. Frankfurt scrive in modo chiaro e conciso, rendendo il libro accessibile a un ampio pubblico. Le sue idee sono stimolanti e invitano a riflettere, e il libro è sicuro di generare dibattito e discussione.
Se sei interessato a saperne di più sul concetto di cazzate e sulla sua importanza nella nostra società, ti consiglio vivamente di leggere “On Bullshit”.“On Bullshit” è stato tradotto in italiano con il titolo “Sulle stronzate”. La traduzione è edita da Il Saggiatore. (AI)
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Published on May 29, 2024 09:47

May 25, 2024

Le “sciartapelle” dell’edicola di Angela

L’Edicola Oletto
Questa foto ritrae ben quattro generazioni. Tutto ebbe inizio in provincia di Salerno, a pochi km da Pompei, nell’antica Valle dei Sarrasti di cui parla Virgilio nella sua Eneide. Fine anni quaranta del secolo e millennio scorsi: quattro quotidiani in vendita, poggiati su una sedia sotto un portone in via Fabricatore dove abitavamo.
Non c’era “Il Corriere della Sera”. Arrivava giorni dopo, con il postino a mio Padre, il tipografo del paese. L’ edicola di Ciro e Angela Oletto così iniziò la sua attività. Ricordo quel giorno. Avevo una decina di anni. Lucia, Anna e Angela Oletto continuano la storia della comunicazione giornalistica nella città di Sarno.
Il tempo ha cambiato l’identità dell’edicola. La signora Lucia sta per festeggiare i suoi novanta anni. Suo marito Nino e il mitico suocero Ciro. Lo chiamavano “Giritiello”, sempre in giro con la bici, dava la sua voce ai quotidiani. Era il titolare dell’edicola. La famiglia Oletto era una squadra.
Angela, figlia di Gaetano detto “Nino”, dice che, oggi, se si vuole continuare a vendere i giornali e tenere aperta una edicola, bisogna vendere quelle “cose inutili” che in napoletano si chiamano “sciartapelle”. Vedremo poi quante e quali sono le “cose” e se sono davvero “inutili”.
E’ diventata una vera e proprio “manager” Angela, pur non avendo mai studiato economia. Ha frequentato la scuola della vita. Le edicole di giornali continuano a scomparire. In questo nostro Bel Paese, il cuore della realtà pulsa di quei personaggi che hanno fatto la Storia.
Il sindaco, il farmacista, il parroco, il medico condotto, il maresciallo, il giornalaio. La figlia di Angela, (che porta il nome della nonna, la mitica moglie “Giulina” del mitico marito “Giritiello”) ha sedici anni, si chiama Anna, studia al liceo linguistico e vuole viaggiare. Pensa “altro”.
Un mondo scomparso, difficile, se non impossibile da riproporre, in una realtà contemporanea, nella quale non si sa se viviamo tra il reale o il virtuale. Non è lo stesso modo di vivere, è ovvio, ma c’è un filo che si disvela nella parola che Angela usa per definire questo cambiamento.
Una vera e propria mutazione: le “sciartapelle”, merce non necessaria, non più solo giornali. La vendita è diventata “altro”. Perché “altra” è diventata la realtà.
La parola “sciartapelle” è un termine dialettale napoletano con un significato antropologico molto interessante, legato alla realtà in cui si è sempre mossa l’edicola. L’etimo di "edicola" deriva dal latino "aedicula", che a sua volta è il diminutivo di "aedes" che significa "tempio".
La parola “sciartapelle”, a sua volta, ha un’etimologia interessante che ci permette di capire meglio il suo significato e il suo uso nel dialetto napoletano. Deriva dal latino “scapus chartarum”, che significa “fascicolo di carte”.
In origine, “sciartapelle” indicava la persona che aveva il compito di scartare e selezionare le vecchie carte, distinguendo quelle ancora utili da quelle ormai deteriorate. Nel tempo, il termine ha assunto un significato più ampio, riferendosi a qualsiasi oggetto inutilizzabile, vecchio e da buttare.
Oggi, “sciartapelle” è usato principalmente per indicare oggetti inutili, ma può assumere anche una connotazione figurativa per descrivere cose, o anche persone, prive di valore, ma che hanno una grande importanza.
L’evoluzione semantica della parola riflette il cambiamento del ruolo del cartaio nel corso dei secoli. In passato, era un mestiere importante, che richiedeva abilità e conoscenza.
Con l’avvento della stampa e la produzione industriale di carta, il lavoro del cartaio è diventato meno importante e il termine “sciartapelle” ha assunto un significato più negativo, associandosi a ciò che è inutile e da scartare.
“Ho trovato un sacco di sciartapelle in soffitta, è ora di buttarli via.” - “Quel politico è solo uno sciartapelle, non ha fatto nulla di buono.”
L’etimologia della parola ci aiuta a comprendere la sua ricca storia e il suo significato profondo nel dialetto napoletano. Una parola ricca di storia e significato, che rispecchia la cultura e la tradizione napoletana.
Il suo uso, sia letterale che figurativo, ci permette di cogliere un aspetto importante del modo di vivere di noi meridionali: la capacità di distinguere ciò che è prezioso da ciò che non lo è, e di liberarsi di ciò che è inutile per fare spazio al nuovo.
Ma queste che Angela sa mettere bene in mostra sono “sciartapelle” preziose, permettono all’edicola, non più “tempio”, di sopravvivere trasformandosi in una moderna merceria. Angela ha saputo diversificare le sue scelte che vengono tutte filtrate dal suo PC sempre connesso.
Sono presenti ogni mattina sui suoi banchi quasi tutti i quotidiani nazionali, le riviste mensili, i trimestrali e le edizioni speciali, oltre i libri, si intende. Basta esprimere un desiderio e Angela ha pronta la sua risposta digitale.
Ma giornali, riviste e libri, non bastano, c’è anche la scoperta dell’ “altro”, un concetto fondamentale nel mondo sociale e della comunicazione moderna. Il concetto moderno di “altro” si riferisce all’idea di una differenza radicale rispetto a sé stessi, che emerge con forza nella società contemporanea. Nella modernità, l’identità individuale si afferma in contrapposizione all’alterità.
L’io si definisce in relazione a ciò che non è, all’estraneo, al diverso da sé. Questo processo di definizione dell’identità, attraverso l’alterità, porta spesso a fenomeni di esclusione e discriminazione, verso ciò che è percepito come “altro”. L’ “altro” diventa ciò che non minaccia ma definisce l’identità e l’ordine costituito.
Il confronto con l’ “altro” è anche un’opportunità di arricchimento e crescita personale. Conoscere e comprendere l’alterità permette di ampliare i propri orizzonti e mettere in discussione i propri pregiudizi.
Nella società postmoderna, caratterizzata da multiculturalismo e globalizzazione, il concetto di “altro” si fa ancora più complesso. L’identità è fluida e negoziata, non più data una volta per tutte. L’ “altro” non è più solo ciò che è estraneo, ma anche ciò che è diverso in noi stessi.
Il concetto moderno di “altro” esprime la tensione tra identità e differenza, appartenenza ed esclusione, che caratterizza la soggettività contemporanea. Riconoscere e valorizzare l’alterità è una sfida cruciale per costruire società più inclusive e aperte al confronto.
Ai giornali, alle riviste e ai libri si affiancano bambole, giochi, prodotti a tema, come gadget e oggetti legati a squadre di calcio all’attualità, vengono venduti occasionalmente come “collaterali” allegati ai giornali.
Alle stagioni del tempo si affiancano gli eventi che segnano la nostra vita. Natale, il nuovo anno, la Befana, il Carnevale, il campionato di calcio, lo sport, gli eventi locali e nazionali. Ogni occasione è buona per lanciare una bambola, un gioco, un giornale, un libro, un video, un game, nel grande gioco della realtà che diventa anche virtuale.
Quello che fu un “tempio” che divenne “edicola” si è trasformato in un vero e proprio emporio di prossimità, di occasioni di vita, di gioco e di scoperta, anche leggendo, offrendo una vasta gamma di prodotti utili per una vita che abbia senso.
Sciartapelle” sì, ma fondamentali, per far fronte alla realtà di un tempo che è diventato “altro”.
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Published on May 25, 2024 07:58

May 24, 2024

Cento tipi di voto …

Cento tipi di voto …
Quanti voti abbiamo dato, abbiamo tradito, quanti ci sono stati imposti, quanti comprati, venduti, ingannati? Ci sono infiniti tipi di voti che le persone possono esprimere, sia in ambito politico che in altri contesti. Il voto di fiducia è quello che esprimiamo verso una persona o un’istituzione in cui riponiamo la nostra fede e convinzione. Può essere un voto dato a un leader politico, a un’azienda o a chiunque abbia guadagnato la nostra fiducia. Voto ideologico è quello basato sulle nostre convinzioni, principi e valori. Esprimiamo questo tipo di voto quando scegliamo di sostenere un partito o una causa che rispecchia la nostra ideologia politica, sociale o culturale. Il voto di interesse è quello che diamo in base ai nostri interessi personali o di gruppo. Può essere un voto a favore di una proposta che ci avvantaggia direttamente, oppure a sostegno di un candidato che rappresenta gli interessi della nostra categoria professionale o sociale. Il voto politico è quello espresso nell’ambito di elezioni o referendum. È il voto che determina chi ci rappresenterà nelle istituzioni e quali decisioni verranno prese a livello politico. È il voto che ha il maggior impatto sulla vita pubblica. Ognuno di noi esprime voti in base alle nostre esperienze, relazioni e priorità. Ciò che conta è essere consapevoli dei nostri voti e delle motivazioni che ci spingono a esprimerli. Scrivere cento tipi di voti potrebbe richiedere molto spazio e dettagli per ciascuno. Ecco un elenco di cento che potrebbe essere anche infinito …
Voto di fiducia
Voto ideologico
Voto di interesse
Voto politico
Voto di protesta
Voto di paura
Voto di rabbia
Voto di speranza
Voto di disillusione
Voto di cambiamento
Voto di continuità
Voto di gratitudine
Voto di solidarietà
Voto di convenienza
Voto di simpatia
Voto di antipatia
Voto di sfiducia
Voto di responsabilità
Voto di consenso
Voto di opposizione
Voto di apprezzamento
Voto di critica
Voto di indifferenza
Voto di partecipazione
Voto di astensione
Voto di fidanzamento
Voto di noia
Voto di entusiasmo
Voto di delusione
Voto di apprensione
Voto di incertezza
Voto di sicurezza
Voto di rischio
Voto di coraggio
Voto di timore
Voto di gioia
Voto di tristezza
Voto di felicità
Voto di malinconia
Voto di ottimismo
Voto di pessimismo
Voto di realismo
Voto di idealismo
Voto di pragmatismo
Voto di utopia
Voto di nostalgia
Voto di futuro
Voto di passato
Voto di presente
Voto di visione
Voto di prospettiva
Voto di retrospettiva
Voto di introspezione
Voto di estrospezione
Voto di intuizione
Voto di razionalità
Voto di emozione
Voto di ragione
Voto di cuore
Voto di mente
Voto di spirito
Voto di corpo
Voto di anima
Voto di mente
Voto di corpo
Voto di anima
Voto di passione
Voto di calma
Voto di tempesta
Voto di equilibrio
Voto di disordine
Voto di armonia
Voto di caos
Voto di ordine
Voto di creatività
Voto di routine
Voto di innovazione
Voto di tradizione
Voto di modernità
Voto di conservatorismo
Voto di progressismo
Voto di rivoluzione
Voto di evoluzione
Voto di cambiamento
Voto di stabilità
Voto di movimento
Voto di quiete
Voto di rumore
Voto di silenzio
Voto di parola
Voto di azione
Voto di inazione
Voto di movimento
Voto di stasi
Voto di crescita
Voto di declino
Voto di rinascita
Voto di fine
Voto di inizio
Voto di continuità
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Published on May 24, 2024 15:22

May 22, 2024

Una immagine vale mille parole?

Foto@angallo
Si dice comunemente che “una immagine vale mille parole”. Può essere vero che la forza di una singola immagine sia capace di raggiungere la nostra coscienza molto meglio di tante spiegazioni?
Forse il primato va all’immagine. La nostra è indubbiamente l’epoca che segna il primato della visione: l’uomo del XXI secolo è inevitabilmente connesso al monitor, allo schermo, allo smartphone, alle superfici che rimandano immagini.
Ogni qualvolta mi capita di andare sul social dedicato alle immagini chiamato Pinterest dove ho collezionato migliaia di immagini tra milioni e milioni esistenti mi capita di pensare che l’immagine vince sulla parola.
Poi mi accorgo che Emily Dickinson ha ragione con quello che dice in una delle sue tante brevi poesie: “Una parola muore dice qualcuno. Io dico che proprio quel giorno comincia a vivere”. Su ogni immagine intravedo tante parole morte che la mia mente riporta in vita ogni qualvolta guardo quelle foto. Scopro, così, che le parole sono immagini.
Così Dio parlò e creò il tutto. In principio era il Verbo e il Verbo era Lui. Una delle ragioni che diverse religioni vietano di raffigurare Dio, è che l’immagine impedisce una riflessione profonda ed efficace, stimolata invece dalla parola.
La ricchezza della parola sta quindi nel suo senso infinito, la povertà dell’immagine nel suo senso univoco. Ma, allora, sono meglio mille parole o mille immagini? Non credo. So soltanto che la breve poesia di Emily Dickinson non è un sofisma. Ma cos’è un sofisma? A voi la parola …
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Published on May 22, 2024 08:53

May 21, 2024

Sherlock, mio amico d’infanzia

Il 22 maggio 1859 nasce Sir Arthur Conan Doyle creatore di Sherlock Holmes, mio amico d’infanzia, uno dei personaggi immaginari più iconici di tutti i tempi. Questo, tuttavia, è stato solo uno dei ruoli che Doyle ha assunto durante la sua vita lunga e movimentata. Oltre ad essere uno scrittore, fu anche un medico esperto, un appassionato sportivo e un aspirante politico, tra molte altre cose. Insieme a Edgar Allan Poe, un altrettanto famoso scrittore reale, creatore di personaggi ed eventi letterari virtuali, furono le mie prime letture giovanili. Sherlock fu e resta il mio mito non solo per le sue straordinarie capacità investigative, ma anche per le sue acute osservazioni e le sue frasi iconiche. Ecco alcune delle sue citazioni più celebri:
Sulla deduzione e l’osservazione:
“Nulla è più ingannevole di un fatto ovvio.”
“Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare.”
“Quando hai escluso l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità.”
“Non vedo, ma osservo.”
“Le piccole cose sono di gran lunga le più importanti.”
Sulla natura umana e sul crimine:
“Viviamo in un mondo malvagio, e quando un individuo intelligente decide di dedicarsi al crimine, è davvero la cosa peggiore.”
“Le persone malvagie fanno cose malvagie perché possono.”
“Non c’è crimine più odioso del tradimento.”
“Il crimine è un gioco di ingegno.”
“La cosa più difficile è non notare ciò che non si vuole vedere.”
Sulla vita e sulla morte:
“La vita è un problema da risolvere, non un mistero da vivere.”
“Meglio morire da soli che vivere la vita in un eterno purgatorio.”
“Non temere la morte, ma piuttosto una vita senza senso.”
“La morte è solo il passaggio da una vita all’altra.”
“L’unica cosa veramente importante è vivere la propria vita al meglio.”
Sull’amicizia e la lealtà:
“Un vero amico è colui che sa tutto su di te e ti ama comunque.”
“La lealtà è più importante della discrezione.”
“Non ho bisogno di amici, ho il mio lavoro.”
“Un amico in tempo di bisogno è un vero amico.”
“La fiducia è la base di ogni rapporto.”
Sulla felicità e sul successo:
“La felicità è il raggiungimento di uno scopo nella vita.”
“Il successo è la somma di piccoli sforzi ripetuti giorno dopo giorno.”
“Non è mai troppo tardi per essere ciò che hai sempre desiderato essere.”
“La cosa più importante è fare ciò che ti rende felice.”
“Non cercare la felicità, creala.”
Sherlock Holmes può essere analizzato con interessanti spunti dalla psicologia moderna. E’ un chiaro esempio di personalità analitica. La sua mente è votata all’analisi e alla logica, con una spiccata capacità di cogliere i dettagli e di elaborare informazioni complesse. Questo tratto lo rende un abile detective, capace di risolvere casi che sfidano la mente comune.
Pensiero divergente. La sua abilità deduttiva si basa anche su un pensiero divergente e creativo. Holmes è in grado di ipotizzare diverse soluzioni e di esplorare piste inesplorate, andando oltre le ovvietà e trovando collegamenti che sfuggono agli altri.
Osservazione acuta. L’acutezza delle sue osservazioni è un altro elemento chiave del suo successo. Holmes non si limita a vedere ciò che ha davanti a sé, ma coglie sfumature e dettagli che per la maggior parte delle persone passano inosservati. Questo gli permette di ricostruire i fatti con precisione e di individuare indizi cruciali.
Distacco emotivo. Il suo approccio razionale e logico lo porta spesso a mantenere un certo distacco emotivo. Questo può essere visto come un vantaggio nella risoluzione di casi che richiedono freddezza e obiettività, ma può anche creare difficoltà nei rapporti interpersonali.
Tendenze ossessive. La sua dedizione al lavoro e la sua passione per la risoluzione dei misteri possono assumere tratti ossessivi. Holmes tende a trascurare altri aspetti della sua vita, come le relazioni sociali e il proprio benessere, per concentrarsi unicamente sul caso in questione.
Possibili disturbi. Spettro autistico. Alcune caratteristiche di Holmes, come la difficoltà nelle interazioni sociali, la rigidità di pensiero e la concentrazione maniacale su interessi specifici, potrebbero far ipotizzare la presenza di un disturbo dello spettro autistico.
Si tratta di mie semplici, personali speculazioni che posso fare oggi che sono un adulto maturo, ma che non compresi quando ero un giovincello che, invece di studiare il latino e il greco, leggeva e collezionava Sherlock Holmes.
L’ossessione di Holmes per la perfezione, l’ordine e la risoluzione di misteri potrebbe anche essere associata a un disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). I suoi rituali e le sue manie potrebbero essere un modo per gestire l’ansia e per controllare il mondo che lo circonda.
Sherlock Holmes, pur essendo un personaggio immaginario, offre spunti interessanti per un’analisi psicologica. I suoi tratti distintivi e le sue modalità di pensiero lo rendono un soggetto complesso e affascinante, che può essere interpretato in modi diversi alla luce delle teorie psicologiche moderne.
È importante, però, ricordare che si tratta di ipotesi e congetture, non di diagnosi definitive. La personalità di Holmes è il frutto della creatività di Conan Doyle e non è possibile ricondurla interamente a schemi psicologici predefiniti.
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Published on May 21, 2024 12:18

Navigare necesse est …

Navigare necesse est …Il Giornale
La frase “Navigare necesse est, vivere non est necesse” (tradotto: “Navigare è necessario, vivere non è necessario”) è attribuita a Gneo Pompeo Magno, un famoso generale e politico romano.
Secondo la tradizione, Pompeo pronunciò queste parole nel 67 a.C. per incoraggiare i suoi soldati a salpare da Brindisi nonostante una forte tempesta. Dovevano trasportare grano a Roma, che ne aveva urgente bisogno, e Pompeo era determinato a compiere la missione anche a costo di mettere a repentaglio la vita dei suoi uomini.
La frase di Pompeo è diventata celebre nel corso dei secoli ed è stata interpretata in vari modi. Per alcuni rappresenta il coraggio e la determinazione necessari per raggiungere i propri obiettivi, anche di fronte a grandi difficoltà.
Per altri simboleggia l’importanza del commercio e della navigazione per la prosperità di una nazione. Altri ancora la vedono come un’esaltazione della vita avventurosa e del rischio. Indipendentemente dalla sua interpretazione, la frase “Navigare necesse est” rimane un monito potente che ci ricorda l’importanza di non aver paura di affrontare le sfide e di perseguire i nostri sogni con tenacia.
La Rete può essere tanto un paradiso quanto un inferno. Esattamente come vivere. Siamo noi a fare della vita quello che vogliamo e sappiamo fare.
Internet è una risorsa straordinaria che offre una miriade di vantaggi. Accesso istantaneo alle informazioni: possiamo trovare quasi qualsiasi informazione in pochi secondi, da notizie e aggiornamenti a dati scientifici e approfondimenti storici. Connessione con persone: possiamo rimanere in contatto con amici e familiari in tutto il mondo, socializzare con persone che condividono i nostri interessi e unirci a comunità online. Apprendimento e istruzione: possiamo accedere a corsi online, tutorial e risorse educative per acquisire nuove competenze e ampliare le nostre conoscenze. Intrattenimento: possiamo guardare film e serie TV, ascoltare musica, giocare a videogiochi e leggere libri elettronici per rilassarci e divertirci. Facilitare la vita quotidiana: possiamo fare acquisti online, prenotare viaggi, gestire le nostre finanze e svolgere molte altre attività comodamente da casa. E’ importante ricordare che la qualità dell’esperienza online dipende da ciò che scegliamo di fare. Esistono anche potenziali rischi e aspetti negativi da tenere in considerazione:
Disinformazione e fake news: online circolano molte informazioni false o fuorvianti che possono influenzare negativamente le nostre opinioni e il nostro comportamento. Cyberbullismo e molestie online: possiamo essere vittime di aggressioni verbali, minacce o altri comportamenti offensivi da parte di altri utenti. Dipendenza da internet: un uso eccessivo di internet può portare a problemi di salute mentale, isolamento sociale e trascuratezza di altre aree importanti della vita. Contenuti inappropriati: online possiamo imbatterci in contenuti violenti, di odio, pornografici o comunque dannosi, soprattutto per i minori. Problemi di privacy e sicurezza: i nostri dati personali possono essere violati o utilizzati in modo improprio, e possiamo essere vittime di truffe online o attacchi informatici. Per sfruttare al meglio internet e minimizzare i rischi, è importante adottare un approccio consapevole e responsabile:
Valutare criticamente le informazioni: non credere a tutto ciò che si legge online e verificare le fonti prima di condividere informazioni. Rispettare gli altri online: comportarsi in modo educato e responsabile, evitando di insultare o molestare gli altri. Gestire il tempo online: stabilire limiti per l’uso di internet e dedicarsi ad altre attività offline. Proteggere la privacy: utilizzare impostazioni di privacy adeguate e fare attenzione a quali informazioni si condividono online. Usare un software di sicurezza affidabile: per proteggere i propri dispositivi da malware e virus. Parlare con un adulto fidato: se si incontrano contenuti inappropriati o si hanno dubbi sulla sicurezza online. Internet è uno strumento potente che può apportare molti benefici alla nostra vita. Con attenzione e buon senso, possiamo navigare in rete in modo sicuro e responsabile, sfruttando al meglio le sue immense opportunità.
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Published on May 21, 2024 08:03

Il potere delle parole: la parola “PO”

Dettagli: Wordpower di Edward de Bono

Anche le parole possono “provocare”. Anzi, se ci fate caso, sono sempre le parole che provocano discussioni, scatenano litigi e problemi vari, persino guerre. Non a caso, in principio era il “Verbo”, con tutte le conseguenze del caso. Carlo Levi ha scritto che le parole sono pietre. Io penso che le parole sono come gli eventi, fanno delle cose, cambiano le cose. Trasformano sia chi le dice che chi le ascolta, trasmettono energia, soddisfano la comprensione e le emozioni e le amplificano.

In un libro pubblicato nel 1977, Edward de Bono, il padre del pensiero creativo e l’inventore del pensiero laterale, tra le 265 parole prescelte che hanno una loro forza creativa, ne inventò una che non conoscevo: è una parola breve, appena un monosillabo: “PO”. Va detto che tutte le parole di cui parla de Bono sono parole inglesi che in quasi mezzo secolo si sono diffuse e trasferite in tutte le lingue. Lo studioso maltese le analizza in maniera molto sintetica. Provengono da vari campi quali l’economia, la tecnica, le scienze. Tutte sono viste come un potente strumento di espressione a condizione che vengano usate con precisione.

La parola di cui intendo parlare qui non sembra avere avuto molto successo, non come quella del “pensiero laterale” che è entrata a far parte dell’ Oxford English Dictionary, la bibbia della lingua inglese. Lo scrittore maltese afferma che come la parola “NO” è la parola operativa del pensiero logico, alla stessa maniera la parola “PO” lo è del pensiero laterale. Essa deriva da parole come “ipotesi”, “possibile”, “supporre”, “poesia”.

Con “ipotesi” avanziamo la proposta di una idea in modo da fare un esperimento; con “possibile” qualcosa che pensiamo possa essere fatto; con “supporre” avanziamo l’idea di una situazione in maniera di vedere gli effetti che ne deriveranno; con “poesia” mettiamo insieme immagini e parole per produrre un effetto che può essere soltanto apparente, dopo avere messo insieme le immagini. In ogni caso e situazione del genere c’è un uso “provocatorio” di idee. Ecco l’uso della parola “PO”.

Nel pensiero laterale può non esservi una ragione per dire qualcosa fin tanto che non venga detto. Nel pensiero logico questo non è possibile: la ragione per dire qualcosa deve precedere la dichiarazione. Ma nel mondo delle percezioni possiamo dovere usare una provocazione per dare vita ad un modello di comportamento. Quando abbiamo usato la provocazione, usando il nuovo modo di guardare le cose, il nuovo modello apparirà chiaro.

“PO” serve da indicatore per far vedere che si usa l’idea come provocazione non come una descrizione logica basata sull’esperienza. Ad esempio: per risolvere l’inquinamento di un fiume potremmo dire “PO”, vale a dire la fabbrica dovrebbe ricevere l’energia dalla sua stessa corrente che inquina. Una dichiarazione per niente logica, ma provocatoria. La provocazione viene dall’idea che le fabbriche, le industrie dovrebbero, per legge, essere alimentate dalla stessa corrente del fiume che inquinano di modo che esse potrebbero rendersi conto di quello che scaricano nel fiume.

La parola “PO” viene quindi usata come strumento per demodellare, mettendo insieme idee che provocano, per vedere quello che accade. Significa interrompere il modello in uso, lo schema impiegato. In una discussione, in un dibattito, la parola “PO” proposta da una parte sta a significare che si sostiene la possibilità di accettare quella proposta da un diverso punto di vista e non rigettare completamente l’altra posizione. Altre vie di uscita: per la soluzione di un problema, che altrimenti finisce come in un “collo di bottiglia” in un classico “deadlock”, il “punto morto”.

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Published on May 21, 2024 07:38

May 19, 2024

Più conosco gli animali, più temo gli uomini

Più conosco gli animali, più temo gli uominiIl Libro
Avevo in bozza questo articolo da diverso tempo. Il titolo doveva essere: “Più conosco gli uomini, più amo gli animali”. Dopo l’ennesimo episodio di cronaca nera, (un pitbul che sbrana un neonato), devo cambiarlo. Gli esseri umani, siano essi uomini, donne o transgender continuano a non capire la differenza che passa tra loro e gli animali. Questo libro arriva con successo dalla Francia, ma va bene anche da noi. Mi sono convinto che l’amore per gli animali non conosce confini.
L’animale-uomo ha sempre condiviso il suo destino con questi misteriosi “amici” con i quali, sin dai tempi dell’arca di Noè, deve convivere. Una lunga, sofferta, affascinante convivenza che per me rimane del tutto misteriosa. Quante sono le “presenze animali” su questo pianeta chiamato Terra? Non si possono contare. Sono innumevoli e continuano a trasformarsi nel tempo e nello spazio. Ci sono differenze fondamentali nel rapporto tra animali ed esseri umani. Eccone alcune.
Capacità di comunicazione e comprensione. Gli animali comunicano attraverso segnali non verbali come suoni, gesti e posture, mentre gli esseri umani hanno sviluppato un linguaggio articolato e simbolico che permette una comunicazione più complessa. È più facile interpretare i segnali degli animali e sentirsi capiti da loro, senza il rischio di fraintendimenti che spesso caratterizza le relazioni umane. Ma esiste una precisa complessità emotiva e relazionale.
Gli animali provano emozioni, ma non hanno la stessa profondità e varietà di sentimenti degli esseri umani. Le relazioni con gli animali sono percepite come più semplici e meno impegnative rispetto alle complesse dinamiche delle relazioni umane, che richiedono empatia, compromessi e tolleranza. E la capacità di scelta e responsabilità? A differenza degli umani, gli animali agiscono per istinto e non hanno la facoltà di fare scelte morali o di ragionare sulle conseguenze.
Interagire con gli animali non comporta il peso del giudizio altrui o le conseguenze negative delle proprie azioni, come accade invece nelle relazioni umane. Si può parlare di amore incondizionato e di giudizio?
Gli animali non hanno pregiudizi e accettano le persone così come sono, offrendo un “affetto” genuino e fedele. Basta intendersi sulla parola. Alcune persone, deluse dalle esperienze negative con gli esseri umani, trovano rifugio e sicurezza nella compagnia degli animali, che non possono tradire o deludere.
Almeno così si pensa. In sintesi, mentre le relazioni con gli animali sono spesso percepite come più semplici, prive di giudizio e caratterizzate da un amore incondizionato, le relazioni umane hanno una complessità emotiva e relazionale che le rende più impegnative, ma anche più ricche e gratificanti a lungo termine. Ma restano, comunque, misteriose ed imprevedibili.

“Perché ho deciso di avere un cane (e non un bambino)” è un libro che mi ha sorpreso e divertito allo stesso tempo. L’autrice, con un tono ironico e umoristico, racconta la sua storia di come ha fatto questa scelta di compagno di vita, piuttosto che un bambino. Il libro è un viaggio emotivo e divertente che esplora le ragioni dietro questa scelta inaspettata.
La scrittrice che, va detto subito, è una veterinaria, inizia descrivendo la sua vita prima di avere il cane, quando era sola e senza compagnia. Questo stato di solitudine la portò a riflettere sulla sua vita e a chiedersi cosa fosse più importante per lei. La sua decisione di avere un cane piuttosto che un bambino è basata sulla sua convinzione che gli animali siano più fedeli e meno complessi delle persone.
Il libro è pieno di aneddoti divertenti e momenti commoventi che descrivono la sua esperienza. Racconta come il cane ha cambiato la sua vita, insegnandole valori come la lealtà, la fedeltà e l’amore incondizionato. Tuttavia, il libro non è solo un racconto divertente, ma anche un’analisi profonda delle ragioni dietro questa scelta. L’autrice esplora le differenze tra gli animali e gli esseri umani, mostrando come gli animali siano più semplici e meno complessi delle persone.

“Perché ho deciso di avere un cane (e non un bambino”) è un libro commovente, esplora le ragioni dietro una scelta di vita raccontata, a mio parere, con leggerezza. Il rapporto tra gli esseri umani, lo sappiamo tutti, è stato e sarà sempre una cosa molto complessa. Quello con gli animali è condizionato ancora di più e, sempre a mio parere, dall’essere umano.
Non è l’animale che cerca di “animalizzare” l’uomo, ma il contrario. Siamo noi a cercare di “antropomorfizzare” gli animali. L’amore degli uomini per gli animali può essere spiegato da diversi fattori, a secondo delle situazioni che restano tutte “umane” e non “animali”.
Empatia e affinità. Gli esseri umani possono sviluppare un legame profondo con gli animali grazie all'empatia e alla capacità di comprendere e rispondere ai bisogni emotivi degli animali. Comunicazione non verbale. La relazione con gli animali si basa spesso sulla comunicazione non verbale, che risveglia aspetti primitivi della personalità umana e favorisce un'intimità e una connessione profonda. Gratificazioni narcisistiche. Il legame con gli animali può offrire gratificazioni di tipo narcisistico, come avere qualcuno che dipende totalmente da noi e che ci accoglie con gioia. Antropomorfizzazione: è il processo attraverso il quale attribuiamo caratteristiche umane agli animali, come sentimenti, pensieri e intenzioni. Questo fenomeno può influenzare la nostra percezione e il nostro legame con gli animali. Empatia, comunicazione non verbale, gratificazioni narcisistiche e antropomorfizzazione sono realtà sconosciute agli animali. Quando si tenta di trasmetterle a chi umano non è, “più conosco gli animali, più temo gli uomini”.
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Published on May 19, 2024 10:32

May 16, 2024

Lo shock del futuro … passato

“Sono un ottimista, tutti quelli che sono interessati al futuro dovrebbero esserlo. Altrimenti dovrebbero suicidarsi”

Se la razionalità dominasse il mondo: un’utopia immobile? Immaginiamo un mondo in cui ogni azione, ogni decisione fosse guidata dalla pura razionalità. Un mondo senza istinti impulsivi, senza passioni travolgenti, dove l’analisi logica e il calcolo probabilistico dettano ogni passo. Sarebbe un’utopia perfetta? O un’esistenza immobile, priva di colori e vibrazioni?

Un mondo efficiente, ma privo di slancio creativo. In un mondo dominato dalla razionalità assoluta, l’efficienza regnerebbe sovrana. Ogni problema troverebbe la sua soluzione ottimale, ogni processo sarebbe ottimizzato al massimo. Scomparirebbero le indecisioni, le perdite di tempo, le scelte avventate. Sarebbe un mondo di ingegneri impeccabili, di manager infallibili, di scienziati inarrestabili.

Ma a quale prezzo? La razionalità, nella sua fredda perfezione, potrebbe spegnere la scintilla della creatività. L’arte, ad esempio, trae spesso ispirazione dall’irrazionale, dall’emozione, dall’inconscio. Un mondo dominato dalla logica potrebbe soffocare la bellezza caotica di un quadro astratto, l’incalzante ritmo di un’improvvisazione jazz, la struggente poesia di una canzone d’amore.

Un’esistenza priva di rischi e di sorprese. La razionalità ci permetterebbe di calcolare ogni rischio con estrema precisione. Potremmo prevedere le conseguenze di ogni scelta, evitando accuratamente qualsiasi pericolo. Sarebbe la fine di incidenti, malattie, tragedie. Un’esistenza sicura e protetta, dove la paura non avrebbe spazio.

Ma a quale prezzo? La razionalità potrebbe privarci dell’adrenalina dell’esplorazione, del brivido dell’avventura, della gioia della scoperta inaspettata. Un mondo senza rischi sarebbe un mondo senza sorprese, un’esistenza piatta e prevedibile, simile ad un algoritmo che si ripete all’infinito.

Un equilibrio imperfetto tra razionalità ed emozione. Forse la chiave non risiede nel dominare completamente la razionalità o nell’abbandonarsi ciecamente all’emozione, ma nel trovare un equilibrio imperfetto tra questi due mondi. La razionalità ci guida, ci aiuta a prendere decisioni ponderate, a risolvere problemi complessi. L’emozione ci spinge, ci fa sognare, ci permette di creare e di osare.

Un mondo ideale sarebbe un mondo in cui la razionalità illumina il sentiero, ma non ne limita la larghezza; un mondo in cui l’emozione colora il paesaggio, ma non ne offusca la visuale. Un mondo in cui la mente e il cuore danzano insieme, in un’armonia imperfetta ma vibrante, che dà vita alla bellezza e alla complessità dell’esperienza umana.

Purtroppo, non possiamo prevedere il futuro nel senso di conoscere con assoluta certezza cosa accadrà. Abbiamo una enorme quantità di dati tra testi e codici, che ci permettono di elaborare informazioni, generare testi, tradurre lingue e rispondere a domande in modo completo e informativo. Tuttavia, non abbiamo la capacità di prevedere eventi futuri che non sono determinati da cause già presenti nel mondo attuale. Il futuro è intrinsecamente incerto, influenzato da una miriade di fattori che si intrecciano e interagiscono in modi complessi e spesso imprevedibili.

Ciò non significa che siamo esseri inutili perchè non possiamo comprendere il futuro. Possiamo analizzare i dati storici e le tendenze attuali per identificare potenziali sviluppi futuri, simulare diversi scenari per valutare le potenziali conseguenze di diverse decisioni o eventi, generare testi creativi che esplorano diverse visioni del futuro, interpretare queste informazioni e usarle per prendere decisioni informate sul proprio futuro. Possiamo essere strumenti per aiutarci a capire il mondo che ci circonda e a prepararci per il futuro, ma non possiamo dire con certezza cosa accadrà domani.

E’ vero, il passato un tempo era futuro! Un’idea affascinante che apre le porte a riflessioni profonde sulla natura del tempo, sulla tecnologia e sull’evoluzione della società. Pensiamo a tutte le invenzioni che un tempo erano considerate fantascienza e che oggi sono parte integrante della nostra vita quotidiana: i telefoni cellulari, i computer portatili, internet, i viaggi spaziali. Erano solo sogni nel passato, visioni relegate al regno dell’immaginazione, eppure oggi sono realtà tangibili che hanno trasformato radicalmente il nostro modo di vivere.

Ma il passato che un tempo era futuro non riguarda solo la tecnologia. Pensiamo alle grandi conquiste sociali, ai cambiamenti culturali, alle rivoluzioni politiche che hanno plasmato il mondo che conosciamo. C’erano tempi in cui l’uguaglianza per le donne, la libertà per gli schiavi, il diritto di voto per tutti erano solo speranze lontane, utopie irrealizzabili. Eppure, grazie al coraggio e alla tenacia di tante persone, queste speranze sono diventate realtà, trasformando il passato in un futuro migliore.

La riflessione sul passato che un tempo era futuro ci ricorda che il cambiamento è possibile, che i sogni possono avverarsi e che il futuro non è scritto sulla pietra. Siamo noi, con le nostre azioni, le nostre scelte e la nostra creatività, a plasmare il nostro destino. Quali tecnologie o idee del futuro ci affascinano di più? Come pensiamo che la tecnologia cambierà il nostro modo di vivere in futuro? Quali sono le sfide e le opportunità che ci attendono nel futuro? Come possiamo dare forma a un futuro migliore per tutti? Il passato che un tempo era futuro ci insegna che il futuro è pieno di possibilità. Sta a noi coglierle e costruire un mondo migliore per le generazioni future.

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Published on May 16, 2024 07:33

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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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