Emanuela Navone's Blog, page 26
May 25, 2019
I 3 elementi di un libro che cattureranno l’attenzione del lettore
I 3 elementi di un libro che cattureranno l’attenzione del lettore
Ci sono tre elementi che catturano l’attenzione di un libro.
Tre cose che, in mezzo a mille altri libri, faranno cadere l’occhio del lettore sul tuo.
Sto parlando di titolo, copertina e quarta (o trama).
[image error] © Freddie Marriage on Unsplash
Tre elementi fondamentali
Si sa, a meno che tu non sia un nome già conosciuto e famoso, o che qualcuno voglia proprio comprare il tuo libro, è difficile che, tra decine di altri titoli, il lettore vada a scegliere proprio il tuo.
Brutto da dire, ma tremendamente vero.
Pensa al tuo libro sullo scaffale di una libreria o nella bancarella di una fiera: quante probabilità ci sono che il lettore lo noti? 20%? Forse sono anche troppo positiva.
Tuttavia questo non deve scoraggiarti: ci sono tre elementi su cui giocare per conquistare da subito l’attenzione del lettore, così che acquisterà il tuo libro e non quello degli altri.
E questi tre elementi sono, in ordine di “vista”, copertina, titolo e quarta (o trama).
Vediamoli uno per uno.
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La copertina
C’è copertina e copertina.
C’è la copertina banale, che non trasmette nulla, che il lettore vede ma passa oltre; e c’è la copertina che attira da subito l’attenzione.
Breve esempio… visivo.
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La copertina a sinistra è fatta usando un creator online come ad esempio quello di Amazon, quella a destra è stata disegnata da un professionista (Boost Book Covers).
Ebbene: quale delle due cattura di più la tua attenzione?
Per creare una copertina che incuriosisca non bisogna essere dei geni nella grafica o esperti di marketing librario, anche se qualche base serve.
Per prima cosa, a meno che tu non ti affidi a un professionista o acquisti una cover premade (come quella in alto a destra, per intenderci), tieni ben presente che è necessario usare un software grafico come si deve.
Nel senso che Paint non va bene, proprio no 
May 21, 2019
Come inserire le caporali con Microsoft Word
Come inserire le caporali con Microsoft Word
No, non stiamo parlando di esercito, tranquillo
May 18, 2019
Impaginare un cartaceo: 4 suggerimenti da seguire (assolutamente)
Impaginare un cartaceo:
4 suggerimenti da seguire (assolutamente)
Impaginare un cartaceo, ci tengo sempre a sottolinearlo, non è così semplice e immediato come sembra: ci sono tante accortezze da seguire, e se non lo fai rischi di avere un prodotto di bassa qualità.
In questo articolo voglio darti quattro suggerimenti per migliorare la grafica del tuo impaginato affinché il tuo libro sia davvero perfetto… come quelli di grandi case editrici.
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4 suggerimenti per un impaginato perfetto
Ho già scritto numerosi articoli sull’impaginazione, e ti invito a leggerli spulciando sul mio blog (l’ultimo in ordine di tempo riguarda le basi).
In questa guida ho trovato per te quattro suggerimenti da seguire assolutamente e far così bella figura con il lettore.
Sono minuzie e riguardano prettamente la grafica, però tenerne conto fa la differenza tra un libro “amatoriale” e uno “professionale”.
Vediamoli subito.
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Evita le righe vedove
In poche e semplici parole, le righe vedove sono le prime righe di un paragrafo che stanno a fine pagina, mentre il resto del testo finisce in quella successiva.
Una foto a mo’ di esempio per schiarirti le idee.
[image error]Esempio di riga vedova.
In questo caso la prima riga del nuovo paragrafo è a fondo pagina, ma il resto finirà nella successiva.
Davvero bruttino da vedere, anche se, come scoprirai continuando la lettura, c’è di peggio.
Per evitare una o più righe vedove devi fare in modo che il paragrafo inizi tutto nella medesima pagina, oppure che sia distribuito equamente fra le due pagine, come, sempre nell’immagine, il paragrafo a fine pagina 142 e inizio 143 (due righe nella 142 e due nella 143).
Puoi giocare sugli accapo oppure sulla spaziatura tra i caratteri degli altri paragrafi: riducendola o aumentandola puoi far sì che siano più corti o più lunghi, e la loro lunghezza influenzerà anche la disposizione degli altri.
Tornando all’esempio dell’immagine, si potrebbe ridurre lo spazio tra i caratteri del paragrafo precedente alla riga vedova, così da recuperare una riga e ripartire il paragrafo “incriminato” in modo migliore.
Evita le righe orfane
Al contrario delle righe vedove, quelle orfane sono le ultime righe di un paragrafo che finiscono nella pagina successiva.
Ecco un esempio:
[image error]Esempio di una riga orfana
L’ultima riga del paragrafo finale di pagina 142 finisce a pagina 143: un orrore, lasciamelo dire.
Anche in questo caso devi usare gli accapo o le spaziature tra i caratteri.
Per evitare quella fastidiosa riga orfana, si può allargare la spaziatura tra i caratteri di qualche paragrafo di pagina 142, così da occupare una riga in più e distribuire equamente l’ultimo paragrafo tra la pagina 142 e 143.
Evita i mozzini
L’incubo di ogni impaginatore: il mozzino.
Ossia la sillaba finale di una parola che decide, chissà perché, di posizionarsi tutta da sola in una riga.
[image error]Esempio di mozzino
Davvero antiestetico e antipatico da vedere.
In genere i mozzini capitano perché ci sono le sillabazioni attive (ossia il testo va a capo con la lineetta a dividerlo, come ci hanno insegnato dalle elementari), però toglierle non è corretto.
Anche qui devi usare la spaziatura tra caratteri, e nello specifico ridurla, così che il mozzino sparisca e la parola non sia più sillabata ma rimanga in un’unica riga.
Se non riesci a ridurre lo spazio tra i caratteri (perché ridurlo troppo vuol dire avere lettere troppo strette e difficili da leggere), puoi anche tentare l’inverso: aumentare lo spazio di modo che a capo non vada solo il mozzino ma anche qualche altra parola.
Evita troppi spazi tra una parola e l’altra
Talvolta capita che le parole siano distanziate troppe le une dalle altre, e non perché hai dato uno spazio in più con la tastiera, ma perché c’è qualcosa che non va nell’impaginazione (con Word succede spesso, soprattutto con il giustificato).
[image error]Esempio di parole troppo distanziate l’una dall’altra
Anche queste, odiose da vedere.
Di solito io tento sempre di ridurre lo spazio tra i caratteri per risolvere il problema, evidenziando la sola riga incriminata e non tutto il paragrafo, e devo dire che spesso risolvo il problema.
Purtroppo con il giustificato questi inconvenienti capitano e occorre starvi sopra per risolverli, anche a costo di dannarsi, però meglio lavorarci su un’oretta in più che avere questi inestetismi.
Nella pratica…
So cosa ti stai chiedendo.
Okay, Emanuela, mi hai spiegato come risolvere questi problemi. Ma in pratica come faccio? Dove sbatto la testa?
Per impaginare io uso Quark Xpress e lì ridurre gli spazi è semplice, c’è la casella apposita; meno immediato (che strano!) lo è con Microsoft Word.
In questo caso dovresti farti un giro nella finestra “Paragrafo” e andare a spuntare (o no) alcune caselle.
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Quello che interessa a te è soprattutto la voce Impaginazione: qui puoi selezionare o meno alcune voci, e il testo si dovrebbe sistemare in modo automatico (uso il condizionale perché con Word spesso è un terno al lotto).
Cliccando su “Controlla righe isolate” dovresti proprio evitare le vedove e le orfane, perché Word le unirebbe in uno o nell’altro paragrafo, evitando quindi gli inestetismi.
Per “Mantieni con il successivo” si intende mantenere vicini due paragrafi ed evitare che finiscono uno su una pagina e uno su un’altra. Utile ad esempio per evitare che il titolo sia in una pagina e il paragrafo in quella dopo.
Per “Mantieni assieme le righe”, invece, si intende evitare che un paragrafo non venga suddiviso in due pagine.
Attenzione, però: in questi due casi corri il rischio che una o più frasi, o addirittura il paragrafo, finiscano nella pagina accanto, e che nella precedente rimanga un vuoto praticamente impossibile da colmare (so per esperienza con l’impaginazione della tesi).
Per modificare la spaziatura tra i caratteri, invece, devi usare la finestra “Carattere”.
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In questo caso puoi giocare sulle proporzioni oppure usare una spaziatura ridotta o espansa e inserire anche di quanti punti la vuoi.
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May 15, 2019
Al Salone del Libro con il CSU
Ridurre in articolo l’esperienza di quattro giorni, e farlo con l’energia al 25%, è dannatamente complicato, e mi perdonerai se tralascerò qualcosa o commetterò degli errori.
Purtroppo in questo istante un peso sulla schiena mi schiaccia al pavimento, e per ora non sembra intenzionato ad andarsene.
Tenterò però di raccontarti quanto ho vissuto da giovedì a domenica, ma mi perdonerai se non userò la solita verve: il fazzoletto me lo impedisce.
[image error]Alcuni ragazzi dello staff CSU (credits: pagina Facebook CSU)
Giorno uno: bello ma freddo
Coloro che dicono che da me fa freddo perché abito sui monti non sono mai scesi a Torino Porta Nuova giovedì 9 alle 9.30: il freddo gela i muscoli.
Altro che primavera! Sembra di essere nuovamente in inverno, anche se il sole, sornione, picchia sui tetti dei palazzi.
Fortuna che tra bus, metro e valige, il caldo riesce a ghermirmi, e spero non mi abbandoni per i giorni successivi (solo col senno di poi saprò che non solo mi ha abbandonata, ma è anche la causa del mio 25% di energia).
Arrivata in fiera, di certo non sto troppo a curare le biciclette: il mio turno allo stand CSU inizia a mezzogiorno ed è intervallato da numerose interviste come media partner (con tanto di maglietta!).
Il viavai non è ancora forte, ma d’altronde è il primo giorno del Salone: il vero ingorgo arriverà tra sabato e domenica.
Noi del CSU però siamo pronti a tutto: venite, venite, visitatori, e lasciate che i nostri libri vi acchiappino.
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Come media partner mi sono subito lanciata in alcune interviste che mi permettono di conoscere nuovi autori e di “approfondirne” dei nuovi.
Il giovedì mi aspettano tre scrittori molto promettenti: Silvano Giacosa, autore del romanzo di formazione “Fragile è il nostro domani”, Maria Carla Mantovani, autrice del fantasy “Il fulcro dell’universo”, e Silvia Cavallo, autrice di “Chiedimi se sono felice”, un romanzo mainstream sull’importanza di essere donna e madre.
Ecco le loro interviste.
La giornata si conclude con una bella presentazione a staffetta di molti autori del CSU, tra cui la sottoscritta e due scrittori provenienti dalla fucina di Policromia: Alfonso Pistilli e Alessandra Giorgi.
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Rientro nell’appartamento prenotato per i giorni del Salone in modalità KO TECNICO ma felice di aver conosciuto nuove persone?
Banalità? Forse è così, però è la verità.
Giorno due: certi amori
“Certi amori regalano / Un’emozione per sempre” canta Ramazzotti.
Ed è proprio così: l’amore per i libri regala un’emozione infinita.
Quella che provo vagando per i tre padiglioni del Salone più l’immenso oval, e sempre di più mi sento come una piccola Alice nel paese delle meraviglie, dove lo Stregatto ha una copertina rigida e la Regina di cuori è in brossura.
La fila per entrare in questa fabbrica del cioccolato di carta è infinita e ricopre tutto il piazzale antistante l’edificio, e faticosamente mi faccio largo tra braccia e gambe sventolando con un po’ di gas il mio abbonamento professionale.
Le interviste del venerdì sono brevi ma intense: Veronica Aguilar con la saga fantasy “La bilancia dei mondi divisi”, Laura Santella con il fantasy “Lucifer” e Cristina Corzetto (tra l’altro mia compaesana) con lo storico “Cara sorella” e il conceptual illustrato “Storia di Ludmlilla”.
Libri molto interessanti che mi sento di consigliare a tutti e che presto arriveranno nella mia libreria.
Ma non è finita qui, perché il buon Secci (uno dei fondatori del Collettivo e l’anima del Salone) ha pensato bene di tenere noi autori impegnati anche in altre cose…
Ed ecco quindi la mia intervista per Electo Radio, questa volta in qualità di autrice 
May 11, 2019
E tu che tipo di autore sei? (parte prima)
Cronache di Miagola è una rubrica miagolosa. Siccome i miei gatti hanno manie di protagonismo, di tanto in tanto vogliono dire la loro. Per questo ho creato una rubrica tutta per loro. Attenzione, però: sono molto cattivi, quindi leggete a vostro rischio e pericolo.
Nel corso del suo lungo peregrinare che chissà dove l’avrebbe condotta (di certo non a casa), Gutta La Gatta si imbatté in uno strano paese: Writerlanda.
Sconfinato, si perdeva a vista d’occhio, e le case con i tetti a punta rossi si arrampicavano verso cielo a volerlo bucare. Era appiccicato contro un monte, come se temesse il fiume sottostante e trovasse nei sassi duri come denti un conforto.
Gutta La Gatta, incuriosita come tutti i felini, oltrepassò l’arco in pietra domandandosi cosa avrebbe trovato — sperava in un buon paté e anche in qualche bel maschio.
Purtroppo la prima bottega davanti a cui si fermò, attratta da un irresistibile odore di carne alla brace, fece scemare il secondo motivo per cui si era messa in cammino.
Il maschio era maschio sì, ma in là con gli anni e troppo bianco. Pareva un pupazzo di neve sporca. Disse di chiamarsi Gus e la invitò a guardare i libri che esponeva in cassette da frutta riverniciate.
“Di che genere sono?” volle sapere Gutta La Gatta, visto che leggeva solamente saggi su come intortare i padroni.
[image error]Image by OpenClipart-Vectors from Pixabay
“Non importa il genere, ma ognuno di questi libri è il migliore. Non troverai altro più spettacolare di questi.”
La Gatta era dubbiosa, e mentre Gus (da lei soprannominato il Bianco) si sperticava in salamelecchi lodando le sue fatiche, occhieggiava qua e là per la bottega.
Un tripudio di copertine colorate emergeva da dentro le cassette da frutta, i titoli dorati recitavano aulici titoli quali “Su dolci flutti si immerse il mio amore” o “Ti parlo ti penso ti vivo”.
Di certo nulla che potesse interessarle.
“Che cosa ti piace leggere?” le domandò Gus il Bianco con voce suadente, la testa allungata verso di lei.
Gutta La Gatta arretrò: l’alito puzzava di tonno andato a male. “Mah, io…”
Ma il grosso gatto bianco non la lasciò parlare: “Quale che sia il tuo genere, questi libri sono così spettacolari che una volta iniziati non potrai farne a meno.”
“Davvero?”
“Più che vero.” E le allungò davanti al muso perplesso una ridda di segnalibri e altri ammennicoli, sventolandoli come un mazzo di carte.
“Posso guardarli con calma?” Gutta La Gatta li osservava con un misto di preoccupazione e scetticismo. “Adesso voglio visitare il paese.”
Gus il Bianco sfoderò un sorriso che nemmeno lo Stregatto. “Certo, ma sono certo che tornerai presto. I miei libri stregano tutti, da quanto sono entusiasmanti.”
La Gatta uscì dalla bottega, osservandone la facciata: ‘Da Gus i sogni diventano realtà’.
Trotterellò lungo la strada e si fermò in una piazza. Dopo aver preso un quadernino dallo zainetto blu che portava sempre con sé, iniziò a scrivere.
Il primo autore di Writerslandia rispecchia i cosiddetti “gasati”: scrittori e scrittorucoli che credono nei loro libri… forse troppo. Ne sovrastimano i pregi e sminuiscono i difetti, e nessuna critica li distoglie dal loro chiodo fisso: sono i migliori, e nessuno potrà eguagliarli. Si sanno però vendere bene e ottengono ottimi risultati nel marketing diretto. Da seguire per imparare le tecniche di vendita.
Gutta La Gatta ripose tutto nello zainetto e riprese il cammino alla scoperta di Writerslandia.
[To be continued]
[image error]Image by Dimitris Vetsikas from Pixabay
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May 7, 2019
Ti aspettiamo al Salone del Libro!
Giovedì inizia (e posso dire: finalmente!) il Salone del Libro di Torino, e (di nuovo finalmente!) quest’anno parteciperò anche io, con il Collettivo Scrittori Uniti.
Non sai che cos’è il Collettivo? Ahi ahi!
Si tratta di un gruppo di scrittori che ha come scopo di promuovere i loro libri partecipando a fiere ed eventi.
Sono già stati a Cantalupa, Sestri Levante, Modena, Milano, e le prossime tappe saranno il Salone torinese e la fiera di Imperia.
In previsione del Salone di Torino, tantissimi sono gli eventi organizzati dal CSU.
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Innanzitutto segnati questa data: giovedì 9 maggio alle ore 18.30.
Presso la Sala Avorio un gruppo di scrittori presenterà a staffetta i loro libri: Anita Dell’Acqua/Alessandra Giorgi, Alfonso Pistilli, Wilma Coero Borgia, Mariagrazia Pia, Edoardo Guerini, Margherita Meloni, Corrado D’Angelo e la sottoscritta, con possibilità di firmacopie al termine.
Una bellissima esperienza per conoscere autori nuovi e davvero talentuosi.
Qui trovi l’evento Facebook, dove ci sono anche alcuni approfondimenti su ciascun autore.
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Inoltre presenzieranno numerose media partner, tra cui questo blog, per intervistare numerosi autori e professionisti.
Oltre al mio blog parteciperanno anche Un libro per amico, Storie infinite, Conoshare, L’isola di Skye, Never Stop Dreaming e Il trio delle fangirls.
Fai un pensierino e avvicinati allo stand quando una di noi blogger intervisterà un autore: è un’occasione per conoscerlo e… magari per vincere qualcosa 
May 2, 2019
Blogtour “La Quinta Stagione” – La Stella Nera: l’impero e il suo sistema politico
** Approfondimento sul nuovo romanzo di N. K. Jemisin, “La Quinta Stagione”, che fa parte del blogtour dal 29 aprile al 4 maggio. In fondo troverai le altre tappe **
Dal retaggio universitario sono sempre stata affascinata dal sistema politico dei vari paesi che mi circondano, e tale retaggio si unisce alla passione che da sempre ho per il fantasy.
Passione che mi porta ormai a guardare con occhio critico l’ambientazione di ogni storia, e soprattutto come funziona il mondo immaginato.
Per questo ho scelto, per il blogotour di cui fa parte questo articolo, di soffermarmi sul sistema politico dell’Immoto, luogo in cui “La Quinta Stagione” è ambientato.
E non è stato per nulla facile!
La Jemisin ha studiato molto scrittura creativa, devo dire, perché nella sua storia non troviamo nulla di quei fastidiosi infodump di cui purtroppo spesso i fantasy sono pieni, e ossia: la descrizione di tutto con noiosissimi e lunghi capitoli che hanno sì lo scopo di mettere al corrente il lettore dell’ambientazione e corollari, ma lo annoiano anche in modo tremendo.
Con la Jemisin, invece, è il lettore che scoprirà tutto a poco a poco, e anche se subito potrà essere disorientato, a mano a mano che la lettura procede si troverà immerso nel magnifico (nel senso dell’architettura narrativa) mondo che è l’Immoto.
E se vuole approfondire, in fondo al libro troverà anche interessantissime appendici.
Ma bando alle ciance, lettore: eccoti un bel approfondimento sul sistema politico dell’Immoto, e spero davvero di non scrivere un pippone.
Nel cuore della città ci sono molti grandi edifici, e forse per questo non è sorprendente che ce ne sia uno più grande e più audace di tutti gli altri messi insieme: una struttura massiccia la cui base è una piramide di ossidiana tagliata con la massima precisione a forma di stella. Le piramidi sono la forma architettonica più stabile e questa è cinque volte una piramide; d’altra parte, perché no? E visto che ci troviamo a Yumenes, in cima alla piramide è collocata una grande sfera geodetica le cui superfici sfaccettate paiono d’ambra traslucida, e che sembra tenersi in un equilibrio effimero, mentre in realtà ogni elemento della struttura è destinato all’unico scopo di sostenerla. Ha un aspetto precario: questo è ciò che conta. La Stella Nera è il luogo in cui s’incontrano i capi dell’impero per le loro incombenze capesche. La sfera d’ambra è dove tengono l’Imperatore, accuratamente preservato e in condizioni perfette. Lui percorre i corridoi dorati con aristocratica disperazione, facendo ciò che gli viene detto e paventando il giorno in cui i padroni decideranno che sua figlia è più ornamentale di lui.
Questo stralcio fa parte delle primissime battute del romanzo della Jemisin, e ci dà da subito qualche idea sul sistema politico: sappiamo che esiste un imperatore, e questo ci porta a capire che non ci troviamo davanti democrazie o altro; e sappiamo anche che questo imperatore è ornamentale, quindi deduciamo che siano altri a prendere le decisioni per lui.
Già da qui possiamo ipotizzare che il sistema politico del Vecchio Impero Sanze è una monarchia il cui imperatore, però, ha poco potere.
Mi viene in mente a tal proposito una delle tante lezioni universitarie di “Diritto dei paesi post-socialisti”: in Cina, infatti, vi è un unico partito dominante; gli altri, pur essendoci, sono considerati “vasi da fiori”. Semplici ornamenti, come il nostro imperatore di Sanze; di cui addirittura non sentiremo mai parlare nel romanzo.
Sentiremo però parlare (e anche spesso) del Fulcro. Non mi soffermerò più di tanto a raccontarti che cos’è perché lo troverai nelle altre tappe di questo blogtour, ma mi interessa menzionarlo perché nell’appendice al romanzo scopriamo che, oltre a essere luogo di addestramento (e controllo) degli orogeni, è anche un ordine paramilitare creato dall’Impero.
E oserei anche dire che si tratta del luogo con più potere dello stesso imperatore-ornamento. I Custodi, che si dice siano anche antecedenti al Fulcro, hanno il compito di rintracciare, proteggere e guidare gli orogeni; ma dal romanzo mi è parso proprio di capire che siano loro in un certo senso a trainare le redini dell’Immoto. Li vediamo dappertutto e in ogni situazione degna di nota. Inoltre guidano, appunto, gli orogeni, e questi sono fondamentali per la vita del Vecchio Impero, poiché devono gestire e governare la Terra. Controllandoli, questi onniscienti Custodi controllano anche l’Immoto.
Per farti capire, poi, quanto poco potere abbia il nostro imperatore evanescente, posso continuare parlandoti di com’è strutturato il sistema politico dell’Immoto.
In poche e semplici frasi, assomiglia molto al sistema italiano, suddiviso in comuni, province e regioni.
Il Vecchio Impero Sanze è suddiviso in com (comunità) e quartenti e regioni.
La com, dice l’appendice, è “la più piccola unità sociopolitica del sistema di governo Imperiale, che in genere corrisponde a una città o cittadina.” Ogni com è governata da un capo.
Il quartente, sempre secondo l’appendice, è “il livello intermedio del sistema di governo Imperiale. Quattro com geograficamente adiacenti formano un quartente. Ogni quartente ha un governatore a cui riportano i capi delle singole com e che a sua volta riporta a un governatore regionale. La com più grande di un quartente è la sua capitale.”
Infine la regione (sempre in base all’appendice): “il livello più alto del sistema di governo Imperiale. Le regioni riconosciute dall’Impero sono Artidi, Nomidlat, Costiere occidentali, Costiere orientali, Equatoriali, Sumidlat e Antartidi. Ogni regione ha un governatore a cui riportano tutti i quartenti locali. I governatori regionali sono nominati ufficialmente dall’Imperatore.”
Un sistema a piramide, quindi, con a capo sempre il solito imperatore, e qui capiamo ancora meglio le sue funzioni puramente di nomina e di ornamento, poiché capo com, governatore quartente e governatore regionale possono gestire i propri territori autonomamente e solo facendo capo alla figura posta immediatamente sopra di loro (quindi il capo com fa riferimento al governatore del quartente e quest’ultimo al governatore regionale).
Qua e là per il libro leggiamo anche dell’Elite Yumenesce (da Yumenes, la città sede del Fulcro, e una delle città più importanti del Vecchio Impero Sanze), e questa sembra proprio detenere le posizioni di maggior potere e prestigio (anche perché l’imperatore sì nomina i governatori regionali, ma spesso questi sono scelti proprio tra l’Elite di Yumenes).
Un cenno infine al Vecchio Impero Sanze.
Originariamente una nazione (unità di un sistema politico deprecato, ante Imperiale) nelle Equatoriali, origine della razza Sanze. Alla fine della Stagione della Follia (7 Imperiale), la nazione di Sanzia fu abolita e sostituita dall’Affiliazione Equatoriale Sanze, formata da sei com in prevalenza Sanze, sotto la guida dell’Imperatore Verishe Elite Yumenes. L’affiliazione crebbe rapidamente nel periodo successivo alla Stagione
e nell’800 Imperiale comprendeva tutte le regioni dell’Immoto. Intorno all’epoca della Stagione dei Denti, l’Affiliazione prese il nome informale di Vecchio Impero Sanze, o Vecchio Sanze. A partire dagli Accordi di Shilteen nel 1850 Imperiale, l’Affiliazione cessò ufficialmente di esistere poiché il controllo locale (sotto la guida dell’Elite Yumenesce) era ritenuto più efficiente nell’evenienza di una Stagione. In pratica, la maggior parte delle com segue ancora il sistema di governo Imperiale,
la sua finanza, istruzione e così via, e la maggior parte dei governatori
regionali paga ancora tasse come tributo a Yumenes.
Questo è quanto ci riporta l’appendice, e da qui possiamo dedurre che l’Impero sia nato dalla vecchia nazione di Sanzia, che via via ha conquistato le terre intorno, governandole poi con il sistema che ho cercato di spiegare in questo articolo.
Un Impero vecchissimo ma molto funzionale, se è sopravvissuto a numerose Quinte Stagioni!
Da quanto ho letto devo dire che la Jemisin ha fatto un ottimo lavoro sotto il profilo dell’architettura politica dell’Immoto, anche se avrei preferito, in appendice, qualcosa di più sull’Impero, come una cronologia. Ma mi farò bastare quanto ho appreso, e spero basti anche a te e ti incuriosisca a tal punto che leggerai il libro
April 29, 2019
“La Quinta Stagione” di N. K. Jemisin – recensione
È così che finisce il mondo.
È iniziata la stagione della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli.
Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa.
Comincia con il tradimento e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.
** Questa recensione fa parte del Review Party di oggi; in fondo troverai il banner con tutti gli altri blog **
Dare un parere che non possa essere banale e scontato su questo libro, che grazie a Mondadori ho potuto leggere e recensire in anteprima, è difficile.
Diamine, come ossido posso riassumere anche in poche righe le emozioni che ho provato leggendolo, l’atto compulsivo di voltare le pagine, l’ansia quando con la mente pensavo a cosa sarebbe successo e l’agitazione ancora maggiore quando l’ho terminato? E le dita che fremono in attesa di leggere il seguito?
Come vedi non ce l’ho fatta a scrivere in poche righe.
E nemmeno riuscirei a trovare un aggettivo che racchiuda tutto quanto è “La Quinta Stagione”.
Elettrizzante, fantastico, particolare, page-turner… no, nessuno di questi aggettivi ne rende l’idea, e sarei troppo banale se riducessi tutto a questo.
Cercherò allora di parlarti del romanzo della Jemisin come faccio di solito: invogliandoti a leggerlo.
Anche se sono certa che già adesso sarai incuriosito.
Però proseguiamo.
La trama è semplice ma complessa, e già questo è un primo campanello che spero ti farà drizzare le orecchie.
Una donna, Essun, si mette alla ricerca del marito Jija e della figlia Nassun, dopo che il primo ha barbaramente ucciso il figlio. Parallelamente scopriremo le vicende della piccola Damaya, condotta al Fulcro per essere addestrata all’orogenia, e di Syenite, che insieme ad Alabaster (oddio, quanto ho adorato questo folle personaggio!), lei quattro anelli e lui dieci, si recano alla città portuale di Allia per un controllo su dei coralli.
E già qui ti ho perso, lo so.
Orogenia, Fulcro, anelli… ma di che sto parlando?
Te l’ho detto che “La Quinta Stagione” è un romanzo complesso. E tutta la complessità sta proprio nella capacità di riuscire a entrare nel mondo creato dalla Jemisin, un mondo che ha le vaghe fattezze della nostra Terra ma che è molto oltre. O molto indietro, dipende dai punti di vista.
Un luogo chiamato Immoto e che ciclicamente viene squassato da fenomeni come tsunami, terremoti, tempeste, che lo riducono in cenere sulle quali i sopravvissuti dovranno ricostruire tutto. Questi eventi sono chiamati Stagioni, le Quinte Stagioni.
Ed è proprio alle soglie di una di queste che si apre il romanzo.
Essun, Damaya, Syenite… tre personaggi (ma… non svelo altro) accomunati da un unico aspetto: sono orogeni, ossia in grado di sentire (o sensire, come dicono loro) la terra e di “manipolarla”; chiedo venia ma non mi viene altro termine.
Il Fulcro è il luogo in cui vengono addestrati a questa abilità (diventando uno, due, cinque, dieci anelli a seconda delle potenzialità), che però non fa di loro degli eletti bensì dei reietti, dei rogga, come li chiamano sdegnosamente coloro che non hanno questa dote.
In effetti tutto il romanzo della Jemisin si può dire ruoti intorno a loro: a quello che pensano, a come vivono, a come devono sopravvivere. Con la minaccia di Padre Terra sempre latente.
La trama segue un ritmo davvero incalzante, grazie a una scrittura che va dritta alla pancia del lettore; una penna a volte cruda ma nondimeno pregna di emozioni.
Sì, subito ti sentirai sperso in questo vasto mondo che ancora non conosci, e ti chiederai che cosa accomuna Damaya, Essun e Syenite, a parte l’orogenia; perché ogni vicenda sembra slegata dalle altre.
Ma.
Continuando la lettura tutti i nodi vengono al pettine. Alcuni sono difficili da sbrogliare, ostici, e ti lasceranno in bocca un senso di straniamento, di sospensione… ma non è proprio quello che fa una trilogia?
Penso inoltre sia la prima volta (o una delle poche) che ho adorato tutti i personaggi, anche se, odio ripetermi, Alabaster è colui che mi ha afferrata di più. Pure i “cattivi”, definiamoli così, sono interessanti, e questo grazie alla penna della Jemisin che ha saputo caratterizzarli egregiamente in tutti i loro difetti — di eroi senza macchia e senza paura non ne abbiamo, mi dispiace, però abbiamo dei personaggi così dannatamente umani che ti sembra di conoscerli da sempre.
Davvero, ci sto pensando da quando ho iniziato a scrivere, ma proprio non riesco a trovare dei difetti in questo libro. E mi capita raramente. O forse mai.
L’unica cosa che posso dirti è di aprire il libro e lasciare che l’Immoto ti tragga a sé. Attento, però: rischi di non tornare più indietro.
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L'articolo “La Quinta Stagione” di N. K. Jemisin – recensione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
April 27, 2019
Impaginare un cartaceo: i primi passi
Impaginare un cartaceo: i primi passi
Impaginare un cartaceo non è così semplice come sembra a prima vista.
Devi tenere a mente alcune accortezze e seguire alcune regole; in caso contrario rischi di fare un pasticcio — o un lavoro poco accurato.
In questo articolo ti elencherò i primissimi passi da fare per impaginare il cartaceo del tuo libro.
[image error]Foto di Daniel Agrelo da Pixabay
Impaginare un cartaceo: cosa c’è da sapere
Per prima cosa, devi sapere che per impaginare il cartaceo del tuo libro puoi tranquillamente anche usare Microsoft Word o software simile, anche se se vuoi un lavoro più accurato ti consiglio programmi più professionali come Quark Xpress o Adobe Indesign.
Comunque, se la tua scelta è orientata al caro Word, ti anticipo già alcuni articoli che potrebbero esserti utili (questo e questo, ad esempio).
Quale che sia la tua decisione, per prima cosa devi considerare alcuni aspetti… diciamo a monte… per una corretta impaginazione.
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Il formato
La primissima cosa da scegliere riguarda il formato del tuo libro.
Bada bene che non è scontato. Circa l’ebook c’è poco da fare, poiché il libro sarà formattato automaticamente dal tuo e-reader e quindi non considera differenze tra A5 o A4.
Per quanto riguarda il cartaceo, invece, devi scegliere il formato che preferisci o che sarà più adatto per il tuo libro.
In genere quasi tutti i cartacei sono nel formato A5 (14,8 cm x 21 cm), ma se ti fai un giro in libreria vedrai come ne esistono tantissimi altri: più grandi o più piccoli. Manuali e saggi, ad esempio, sono spesso in un formato più grande e largo, come anche i libri per bambini. Tanti romanzi, soprattutto se in seconde o terze edizioni, sono stampati su formati più piccoli (mi ricordo i Super Pocket, ad esempio).
Qualche consiglio: se il tuo libro è corto, magari sotto le cento pagine, è meglio usare un formato più piccolo dell’A5 per evitare che venga stampato troppo sottile. Al contrario, per libri più voluminosi puoi anche scegliere un formato superiore all’A5, anche solo un 15 cm X 23 cm — la differenza è minima, ma stampato ti fa recuperare un po’ di pagine.
Qualsiasi piattaforma self-publishing mette a disposizione svariati formati di impaginazione: Youcanprint e KDP sono quelle che ne hanno di più.
Brossura, cartonato, punto metallico?
Torna in libreria e dà un’occhiata alle copertine dei libri.
Noterai come alcuni l’abbiano rigida, altri morbida, alcuni addirittura hanno la stessa carta delle pagine interne.
Purtroppo tante piattaforme di self-publishing non offrono la cartonatura ma solamente la brossura.
In ogni caso, se decidessi di affidarti a una tipografia per la stampa del tuo libro, questo è un aspetto da valutare.
Un libro cartonato ha la copertina rigida, come quasi tutti i romanzi in prima edizione. Questo tipo di stampa viene anche chiamato filo refe, perché le pagine vengono cucite tra loro e incollate al dorso della copertina.
[image error]Cartonato senza sovraccoperta
Il cartonato è spessissimo presente con sovraccoperta, ossia con una copertina sottile sopra il cartone, che si può togliere.
[image error]Cartonato con sovraccoperta
Per fare alcuni esempi, quasi tutti i libri della Newton Compton sono cartonati senza sovraccoperta, con la stampa direttamente sul cartone, mentre quelli della Mondadori hanno la sovraccoperta.
Ilmiolibro è una delle poche piattaforme self-publishing che prevede la possibilità di stampare un cartonato con o senza sovraccoperta. Possibilità che dà anche Youcanprint!
Il libro in brossura è quello più frequente tra gli autopubblicati e quelli delle case editrici medio-piccole — ha anche minori costi di stampa, ma, poiché le pagine non sono legate con il filo refe ma solo incollate, c’è più il rischio che si stacchino, soprattutto se la stampa è stata di cattiva qualità.
[image error]Libro in brossura
Casi rari, ma a volte ne vedo in giro, di libri rilegati con il punto metallico.
[image error]Rilegatura con punto metallico
Di solito questo tipo di rilegatura (le pagine sono attaccate le une alle altre con due punti metallici simili alle graffette) riguarda cataloghi o libri davvero molto corti.
Il font
Merita una scelta ponderata la decisione del font da usare; ossia del carattere con cui sarà scritto il libro.
In genere, i romanzi hanno tipi di font chiamati con grazie, come Book Antiqua o Garamond, mentre saggi, manuali o libri per bambini prediligono font senza grazie (Arial, Calibri, Tittilium…).
[image error]https://www.usabile.it/152002.htm
Raramente, anche se è la scelta più ovvia, viene usato il Times New Roman: troppo stretto e stampato rende maluccio.
Consiglio: usa font non troppo arzigogolati (Monotype Corsiva, ad esempio, ma ce ne sono altri ancora più “arabeggianti”) per i testi, perché rendono difficile la lettura. Invece per i titoli dei capitoli puoi anche sbizzarrirti un po’ di più.
[image error]Esempio di font calligrafici (https://www.pinterest.it/pin/30258628...)
Margini e immagini
Attenzione ai margini!
Se troppo larghi rischi che il testo vada fuori l’area di stampa e venga tagliato — anche se piattaforme come KDP ti avvertono in fase di controllo e bloccano la pubblicazione finché non risolvi i problemi.
[image error]https://www.formaxprinting.com/blog/2...
Un corretto uso dei margini è quello dell’esempio qui sopra: tali da lasciare spazio e aria al testo sia ai lati sia sopra e sotto.
Suggerimento: se stampi con rilegatura cartonata ricordati di allargare i margini interni per una migliore lettura — in questo caso un margine interno troppo stretto impedirebbe di leggere bene le ultime parole, visto che il filo refe rende le pagine più “rigide”.
Stessa cosa per le immagini: non devono superare l’area di stampa, senno saranno tagliate. Inoltre ricordati sempre di usare immagini ad alta risoluzione: se è bassa (ad esempio a 72 DPI), rischi che venga stampata sgranata e a bassa qualità.
Pagine vuote e non numerate
Last but not least: le pagine vuote.
Apri un qualsiasi libro e dimmi se vedi pagine vuote e non numerate: la risposta è sì.
E non è un errore: le norme tipografiche impongono la presenza di pagine vuote e non numerate.
Vediamo quali sono.
Pagine vuote
Prima del frontespizio sono sempre presenti due pagine vuote, che un tempo servivano a protezione del libro (le cosiddette “pagine di guardia”) e ora sono rimaste a uso consuetudinario. Stessa cosa a fine libro.
Raramente i libri iniziano direttamente con il frontespizio, e raramente finiscono con l’indice o con il capitolo conclusivo.
Inoltre alcune pagine vuote andrebbero posizionate qua e là per il libro per dare “aria” al testo: ad esempio dopo il frontespizio in assenza di dedica, e a fine libro prima dell’indice. Il primissimo capitolo andrebbe sempre a destra, e se così non è inserisci una pagina vuota prima affinché il capitolo parta a destra e non a sinistra — in molti libri i capitoli iniziano tutti a destra, e quindi se necessario viene messa una pagina vuota per separazione.
Pagine non numerate
Alcune pagine non vanno numerate. Mai.
Trattasi di quelle vuote di cui ho parlato prima, del frontespizio, del colophon, della dedica, delle pagine con occhiello (esempio: parte prima, parte seconda…).
Va da sé che nel momento in cui inserisci i numeri di pagina dovrai conteggiare anche quelle in cui non li metterai (con software come Xpress è più immediato, con Word c’è da lavorarci un poco sopra.)
L'articolo Impaginare un cartaceo: i primi passi proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
April 23, 2019
Review Party: “Il kamikaze di cellophane” di Ferdinando Salamino – recensione
Un noir psicologico che accompagna il lettore al confine tra bene e male, vendetta e perdono, allucinazione e realtà. Cosa può trasformare un ragazzino mite e amante dei libri in un assassino implacabile? Cresciuto all’ombra di un padre violento, umiliato dai compagni di scuola e rinchiuso per quasi tre anni in un ospedale psichiatrico, Michele Sabella è sopravvissuto aggrappandosi all’amore per Elena, una paziente anoressica conosciuta in istituto. Quando Elena tenta il suicidio, Michele decide di dare la caccia al carnefice silenzioso che la sta trascinando oltre i confini della follia. Per farlo, dovrà liberare i propri “demoni di cellophane” e abbandonarsi alla violenza dalla quale era sempre fuggito. Se nessuno può essere assolto, ha davvero senso condannare?
** questa recensione fa parte del Review Party dal 18 al 30 aprile – in fondo troverai le recensioni degli altri blog **
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Pur avendo letteralmente divorato questo romanzo, non sono ancora riuscita, dopo diversi giorni, a inquadrarlo.
Innegabile il fatto che mi sia piaciuto molto, soprattutto lo stile diretto e incalzante del Salamino, ma mi è sembrato che mancasse qualcosa che mi facesse esclamare il classico “wow!”
La storia di per sé non è originalissima: il protagonista Michele vive con una famiglia disastrata (padre violento e madre sottomessa) e da adolescente inizia a mostrare segni di squilibrio mentale, che sfoceranno in un ricovero coatto presso un manicomio. Qui incontra Elena, una giovane anoressica, di cui si innamorerà. Quando, dopo tre anni, Michele esce, inizia una relazione stabile con Elena, fino a quando lei non tenterà il suicidio. Dopo aver scoperto che dietro l’impensabile gesto c’è più di un malessere interiore, Michele si metterà sulle tracce di chi la sta riducendo a un mucchio d’ossa. E purtroppo dovrà di nuovo fare i conti con i suoi demoni, che mai lo hanno abbandonato.
Niente è senza movente. Si tratta solo di guardare abbastanza lontano, scavare abbastanza a fondo.
“Il Kamikaze di Cellophane” non è un vero e proprio thriller, e nemmeno del tutto un noir. Certo, le atmosfere sono fosche, come cupo è l’animo di Michele e di tanti personaggi che lo circondano, ma penso che le colonne portanti di tutta la storia siano soprattutto due: amore e redenzione. E anche un pizzico di vendetta.
L’amore è il filo conduttore di tutto il romanzo, e a esso si intrecciano vendetta e redenzione, creando un puzzle davvero complesso e che sarà svelato solamente alla fine.
L’intreccio è complicato e sta al lettore riunire i vari pezzi per giungere al risultato finale, ma grazie a uno stile asciutto ed emotivo il libro scorre dall’inizio alla fine senza che tu te ne renda conto… anzi: vuoiarrivare alla fine.
“Ho fatto tre gravi errori, in questa storia”, dico, “per questo mi eri quasi sfuggito.”
“Di quali errori parli?”
“Avrei dovuto ricordare perché ci ammaliamo, noialtri. È sempre l’amore a spalancarci le porte dell’Inferno. L’amore è il tradimento.”
Pur essendo un romanzo interessante sotto molti aspetti e piacevole da leggere, come scrivevo prima non riesco a inquadrarlo bene perché alcuni aspetti non mi sono del tutto piaciuti — personalmente parlando, s’intende.
Primo, la scelta di altalenare la narrazione dal presente al passato. Non contesto tanto la scelta quanto il fatto che le scene al presente si trascinano a mio avviso troppo a lungo, lasciando intendere qualcosa che accadrà ma spesso tirandola troppo per le lunghe. Più volte mi sono sentita frustrata dal fatto che non venissero tirate le fila definitive.
Secondo, non mi è piaciuto molto il protagonista. L’ho trovato spesso disordinato dei pensieri. Lui afferma più volte di essere uno squilibrato, ma spesso i suoi comportamenti sono quelli di un sano di mente al cento percento. Fa da bilancia, però, l’aspetto emotivo, che il Salamino riesce a descrivere molto bene, creando così un personaggio a tutto tondo con un io narrante calato in lui alla perfezione — ossia: è il personaggio a parlare, non l’autore.
A parte queste sottigliezze tipiche della mia vena pignola, ho trovato piacevole la lettura di questo romanzo, e lo consiglio a tutti, anche a chi non ama storie cupe.
Quello che “Il Kamikaze di Cellophane” ci insegna è che la redenzione è possibile per tutti: anche se per tutta la vita sei stato in fondo all’abisso.
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