Emanuela Navone's Blog, page 23
September 2, 2019
Review Party: “Nocturna” di Maya Motayne
Per l’orfana Finn Voy “magia” significa due cose ben precise: un pugnale puntato al mento di chiunque si azzardi a incrociare la sua strada, e la capacità di indossare qualunque travestimento con la stessa facilità con la quale una persona comune indossa un mantello. Perché Finn, oltre a essere una ladra abilissima, è anche una mutafaccia, capace cioè di cambiare le proprie fattezze quando lo desidera. Ed è talmente abituata a farlo, per sopravvivere nel mondo violento e spietato in cui vive, da non ricordarsi quasi più quale sia il suo vero volto. Ma tutto sommato a lei va bene così. Quando però viene acciuffata da un potente criminale con il quale è indebitata, è costretta ad accettare una missione impossibile: rubare un tesoro leggendario dal palazzo reale di Castallan. Se non ci riuscirà, perderà per sempre la sua magica capacità di mutare aspetto.
Per il principe Alfehr “magia” significa la possibilità di sfuggire a una vita che non gli appartiene. Dopo la morte del fratello maggiore Dezmin, infatti, il ragazzo è diventato l’erede al trono, anche se è ciò che meno desidera al mondo. Tormentato dal dolore per la sua perdita, Alfie è disposto a tutto per riportare in vita il fratello, anche se questo significa inoltrarsi nel sentiero proibito della magia nera.
Ma la magia può essere anche qualcosa di terribile e spaventoso, come l’antico e terribile potere che Finn e Alfie liberano inavvertitamente e che diventa subito una minaccia per il mondo intero. Con il destino del regno di Castellan nelle loro mani, i due dovranno superare le loro differenze e allearsi per rimediare al loro errore.
Primo capitolo di una nuova e originalissima serie fantasy ambientata in un regno post coloniale dal sapore latino, Nocturna è un romanzo dalle tinte scure ricco di azione e colpi di scena con due protagonisti memorabili.
Raramente mi trovo davanti a un dilemma a cui davvero non so dare risposta. Da dove partire? Da cosa mi è piaciuto o da cosa non mi ha convinto?
“Nocturna” è uno di quei romanzi che, terminati di leggere, sono difficili da inquadrare. Ti lasciano un mix alcolico di emozioni contrastanti.
Vorresti che la storia finisse ma al contempo non vorresti mai arrivare alla fine.
Vorresti che i personaggi morissero tutti ma poi tifi per loro.
Vorresti capirci qualcosa ma alla fine ti rendi conto di aver capito tutto.
Un caos, in altre parole.
Cercherò comunque di mettere un po’ d’ordine per un romanzo che mi è piaciuto, ma non convinta del tutto.
La trama si presenta da subito semplice (a prima vista): dopo l’omicidio del fratello, il principe Alfie è intenzionato a saperne di più e non esita anche a far uso di mezzi poco ortodossi. Nello stesso tempo, la ladra Finn viene catturata da un creditore e costretta, per riottenere i propri poteri, a rubare un tesoro nel palazzo reale di Castallan… nonché anche casa di Alfie. Inevitabile che i due si incontrino, ma qui la trama subisce una svolta netta (e a me inspiegabile) e prende tutt’altra strada. Per salvare il migliore amico, avvelenato da un misterioso nemico, Alfie accetta di far ricorso alla magia oscura, liberandola. Essa farà di tutto per risvegliare il suo dio, saltando da un corpo all’altro per aggregare un esercito al suo servizio. Ovviamente Finn e Alfie ci sono caduti in pieno, e sarà una corsa contro il tempo per impedire che la magia oscura si impossessi del mondo…
“Nocturna” è un romanzo fantasy che però ha in sé alcuni elementi horror (la magia che possiede i corpi delle persone, soggiogandoli e deteriorandoli, mi ricorda TAC di Desperation ) e numerose scene tipiche più di un action movie che di un romanzo. O, se vogliamo rimanere in tema letterare, scene “alla Cussler” e co.
Forse è questo ad avermi convinta di meno, unita al fatto che per buona metà del libro ho cercato di capirci qualcosa perché credevo la trama fosse una (scoprire chi ha ucciso il fratello di Alfie) e poi si è rivelata tutt’altro. Sì, alla fine un collegamento c’era, ma davvero sottile per conto mio.
C’è da dire, però, che le scene d’azione sono state anche un traino che mi ha condotta sino alla fine, con la curiosità di vedere come terminasse.
Una sorta di rovescio della medaglia? Forse.
Mi sono piaciuti, invece, i dialoghi (a parte alcuni troppo in stile “americanata” e poco fantasy), e soprattutto la concezione della magia così come costruita dall’autrice. Un po’ meno l’ambientazione, che non sono riuscita a collocare bene (una nuova Spagna? Una colonia fantastica?)
Parlando della magia, l’idea che ogni persona abbia un propio con un’abilità precisa l’ho trovata fantastica, anche se non originalissima. Ma per questo romanzo è davvero azzeccata.
Ahimè, non ho amato troppo i due protagonisti, Alfie e Finn: lui spesso inconcludente, a volte zerbino, troppo defilato e timoroso; lei arrogante allo sfinimento. Per contro sono entrambi caratterizzati benissimo, e questo è ciò che conta in una storia.
In definitiva, “Nocturna” è un romanzo che sicuramente mi è piaciuto, ma non sono del tutto convinta. Lo consiglio però agli amanti del fantasy… di un fantasy più movimentato (scordatevi le lunghissime descrizioni tolkeniane).
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August 31, 2019
Revisionare sì, ma come?
Revisionare sì, ma come?
Revisionare i tuoi testi è imprescindibile se vuoi pubblicare un prodotto di qualità o cercare un editore.
Tuttavia c’è modo e modo di correggere.
In questo articolo ti darò qualche suggerimento per farlo nella giusta maniera.
[image error] Photo by Plush Design Studio on Unsplash
Correggere è fondamentale, ma cosa?
Quando sei alle prime armi, magari al tuo primo scritto “serio”, è normale trovarsi in difficoltà al momento della revisione.
Da che parte cominciare?
È fondamentale, ovvio, un controllo di ortografia e grammatica, ma non basta.
La prima bozza di un testo, si sa, presenterà di certo numerosi problemi anche a livello di contenuto: incoerenze, frasi difficili, ripetizioni, cacofonie…
Per non parlare della trama in sé, che a volte va rivista!
Oggi però lasciamo perdere la trama, dando per scontato che vada bene, e concentriamoci sul testo.
Ecco alcuni suggerimenti per correggerlo bene e non dimenticare pezzi per strada.
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Evidenziare, evidenziare, evidenziare
Una tecnica che ho scoperto da poco, e con cui mi trovo bene, è evidenziare le parti più difficili per poi tornarci in un secondo momento.
Infatti non basta correggere il testo tutto in una volta perché vada bene: c’è sempre il rischio di dimenticare qualche errore, come i refusi o altri acari della scrittura .
Inoltre può capitare che qualche frase non ti piaccia ma che al momento non sai come migliorare; oppure qualche verbo o altro termine di cui non sei sicuro a livello grammaticale.
In questo caso, durante la prima correzione, evidenzia tutto quello che lasci da parte per un controllo successivo. Ti consiglio di usare colori diversi a seconda del problema riscontrato: ad esempio giallo per la grammatica, blu per la scorrevolezza, verde per una correzione che non ti convince e così via…
Durante la rilettura avrai già un colpo d’occhio su cosa non ti convinceva e potrai focalizzartici meglio.
Okay, potresti rispondere che non ti serve evidenziare perché ricordi già cosa non ti piaceva o di cui non eri sicuro…
Be’, posso dirti che non sempre è così!
Sì, perché magari passa qualche giorno tra una rilettura e l’altra, e potresti aver dimenticato un problema concentrandoti su altri.
Se hai già evidenziato le parti che non ti convincevano, sarai già un passo avanti.
[image error]Esempio di testo evidenziato a seconda dei problemi (verde: possibile incongruenza, azzurro: frase da rivedere, giallo: ripetizione)
Appunti e ancora appunti
Altro metodo molto utile è prendere appunti durante la scrittura — o lettura se stai correggendo il libro di un altro.
Anche in questo caso, appuntarti su un foglio tutto quello che non ti convince può aiutarti in sede di revisione.
Pure in questo caso avrai subito un colpo d’occhio su cosa sarà necessario ricontrollare durante la revisione.
Prendere appunti può servire anche per una correzione a livello di trama: ogni qualvolta una parte non ti piace o stona, segnala così da tornarci in un secondo momento.
[image error] Photo by Estée Janssens on Unsplash
Commenti a margine
Se preferisci avere sotto controllo tutto, e né appunti su un foglio né evidenziazioni ti piacciono, puoi allora usare i commenti del tuo software di scrittura.
Sono davvero utili e hai una vista d’insieme su cosa non funziona nel testo. Inoltre, essendo per l’appunto commenti, puoi scrivere quello che vuoi per facilitarti la correzione successiva — nel senso che a volte mettere solo “da modificare” non serve perché se poi non ricordi che cosa c’è da cambiare sei punto e a capo.
Per attivare i commenti su Microsoft Word, vai su Revisioni -> Commenti -> Nuovo Commento.
[image error]Esempio di commento con Microsoft Word.
Se il tuo testo, o il testo che devi correggere, è su PDF, ebbene: anche in lettori PDF come Adobe Reader è possibile evidenziare o inserire commenti.
Conclusioni
In questo articolo ti ho dato tre suggerimenti su come focalizzarti meglio sul testo da correggere, che sia il tuo o quello di altri.
Se ne conosci di diversi, scrivimeli in commento 
August 27, 2019
Quando una scaletta può salvare la tua storia
Quando una scaletta può salvare la tua storia
Scrivere di getto è bellissimo, ma non sempre è utile.
Spesso può essere dannoso e portarti a un vicolo cieco.
È meglio, allora, programmare la trama della tua storia.
Ed è proprio il caso di dire che una scaletta può salvarti.
[image error]Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Scaletta, grazie di esistere
Da un annetto e mezzo sto lavorando a un romanzo, un po’ a singhiozzo, devo ammetterlo, e più di una volta sono dovuta tornare indietro per aggiustare numerose incongruenze.
Il problema principale, e che penso affligga molti scrittori, era che mi mancava una linea che da A conduceva a B. Avevo solo un’idea in testa, come un grande cerchio, ma dentro navigavano pezzetti sparsi di storia.
Un disastro, lasciamelo dire.
Quando invece ho deciso d’impegnarmi e di tirare giù una scaletta quantomeno decente, be’, la situazione è cambiata radicalmente!
Questo per dirti che sì, spesso una scaletta è necessaria.
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Che cos’è una scaletta?
In un altro articolo ne ho parlato diffusamente, e clicca qui se ti va un approfondimento.
Adesso ti basti sapere, in maniera davvero generica, che una scaletta è un’elencazione dei principali eventi della tua storia, sia in ordine cronologico sia in base alle scene che deciderai d’inserire (con flashback o flashforward, ad esempio).
Da una parte, quindi, la storia come sarà narrata dal punto di vista temporale; dall’altra come strutturerai i capitoli.
Un elemento molto utile che ti aiuterà ad avere a portata di mano ogni scena della tua storia, e che dovrebbe impedirti di cadere nel vortice del blocco dello scrittore.
Condizionale dovuto perché purtroppo ci si blocca anche con tutti gli elementi utili per scrivere una storia in poco tempo.
In ogni caso, avrai ben capito che una scaletta ha un ruolo molto importante nella pianificazione della tua storia.
… idem se scrivi un manuale o un saggio: in questo caso la scaletta può essere un indice con capitoli e sottocapitoli del tuo libro.
[image error] Photo by Joshua Earle on Unsplash
Scaletta E delirio creativo
Okay, Emanuela, ho capito che la scaletta è fondamentale. Però in precedenza hai anche detto che scrivere di getto è importante! Non ci sto capendo nulla!
In effetti non è affatto strano se qualche dubbio ti è venuto. Tempo fa ho proprio scritto un articolo che esaltava la scrittura di getto!
In verità, e se mi segui sai che non mi piacciono le imposizioni fisse, non c’è una regola che dica quale scegliere, se scaletta o delirio creativo.
Se sei agli inizi, puoi sperimentarle entrambe e vedere con cosa ti trovi meglio.
E poi c’è il contesto: una storia magari va lasciata libera di fluire senza costrizioni, e saranno i personaggi a crearla. Oppure è necessario avere un impianto narrativo solido in cabina di commando.
Personalmente ho usato e uso entrambi i metodi, e se a volte andare “a tentoni”, lasciando che la storia si dipani da sola, mi esalta, altrettante volte preferisco la tranquillità di una scaletta.
Certo è che se sei davvero bloccato e non riesci a continuare, forse è meglio una pianificazione. Andare a braccia, in questo caso, è dannoso, perché oltre al rischio di portarti in un vicolo cieco, potrebbe farti girare in tondo e in tondo, senza mai trovare un punto di partenza e di arrivo.
In questo caso una scaletta può davvero salvare la tua storia.
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August 24, 2019
L’editor quando muore
L’editor quando muore
Ebbene sì: anche un editor può morire… professionalmente parlando, s’intende.
È una situazione bruttissima, e spero non ti accada mai se hai scelto questa strada.
Ma non si tratta di una morte scaturita dalla rinuncia a questo lavoro per un altro, o perché si scelgono altre strade o perché la concorrenza è così agguerrita che lasci perdere.
È l’autore con cui lavori a ucciderti.
[image error]Foto di ddzphoto da Pixabay
Editor e scrittore
In un precedente articolo mi ero soffermata sul rapporto (a volte burrascoso) tra editor e scrittore.
Sì, perché non sempre quella tra editor e scrittore è una storia che scorre dritta come una linea, ma spesso accade che vi siano curve a gomito, e talvolta enormi sassi a bloccare la strada.
E accade pure che la via s’interrompa in un burrone, e che l’editor non faccia in tempo a frenare…
Mi viene in mente, chissà perché, una delle tante partite a Mortal Kombat che facevo da bambina: quando uno dei due moriva, cadeva su un prato di pietre appuntite che lo trafiggevano.
Ecco, la morte dell’editor è un po’ così.
Ma cosa accade, di preciso?
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Houston, abbiamo un problema…
Che editor e scrittore spesso non vadano d’accordo lo abbiamo capito.
È normale, comunque: sono due teste che pensano e agiscono in maniera diversa, e lavorare su un libro (e trovare la quadra) è difficile.
L’editor ha sì una cassetta degli attrezzi con cui aggiustare una storia, ma non sempre sono quelli giusti, oppure lo sono ma al testo non vanno bene. Oppure sono proprio sbagliati.
Insomma, chi è editor sa che non c’è una regola A da applicare a B e una regola C che va sempre bene con Z. Ogni testo ha le sue difficoltà e richiede competenze di volta in volta differenti.
In questo caso, è normale che quanto corretto dall’editor all’autore possa non andare bene, perché magari suona male o non è ciò che lui intendeva.
E qui basta arrivare a una soluzione comune; non sempre con facilità, ma ci si arriva.
L’editor è sul ciglio del burrone, ma riesce a salvarsi.
A volte cade.
[image error]Foto di Sasin Tipchai da Pixabay
Mi sembra di cadere
Correggendo per la seconda tornata di riletture un testo, qualche mese fa, mi sono accorta che erano rimasti alcuni errori. Non refusetti, ma veri e propri orrori di ortografia e punteggiatura (“La penna, è di Mario? Si”).
Al che, dopo un attimo di gelo nelle ossa e una tirata ai capelli e un pensiero tipo oddio ma come ho corretto, sono andata a ripescare le prime bozze, per controllare se davvero ero stata così idiota da non vedere errori grandi come grattacieli.
E infatti li avevi visti. Visti e corretti.
Solo che nel testo inviatomi dal writer c’erano di nuovo.
Qui ti poni due domande.
La prima: possibile che accettando le revisioni, abbia scordato per strada qualcosa?
Fattibile, se le revisioni sono tante e l’autore fa una lettura veloce.
La seconda: ma non è che un autore pensa che abbia sbagliato io e sia nel giusto lui?
E qui l’editor cade.
Perché se un autore a cui ha corretto un libro, e di cui ha rivisto anche la grammatica, pensa che “si” sia corretto anziché “sì”, e che il congiuntivo vada ad minchiam o le virgole si posino sul foglio dove va, va… allora è la morte dell’editor.
[image error]Foto di Ronny Hvass da Pixabay
È stato un (dis)piacere conoscerti
Pensaci bene.
Come ti sentiresti se, dopo aver lavorato alacremente su un testo, magari sforzandoti di far capire all’autore che questo è giusto e quello è sbagliato, questi non solo non ha capito, ma pretende d’insegnare a tela nuova grammatica dell’ itagliano ?
Soffocato in un oceano di feci… per non essere volgari.
Certo, c’è l’editor che se ne frega, ricorregge, e se poi nella testa dell’autore l’errore proprio non vuole entrare, va be’, pazienza e arrivedorci.
Io invece mi arrabbio. E che diamine, sono pagata perché il tuo libro sia ben scritto, quindi per favore alza il culo da dove sei e studia ‘ste quattro regoline!
Ogni volta che devo passare e ripassare su errori banali, e soprattutto ogni volta che la persona con cui lavoro fa orecchie da mercante… be’, mi sembra davvero di morire professionalmente.
A che è servito il mio lavoro? A prendere du’ soldi, sì, ma mica sono tutto. Non dico che per uno scrittore vorrei essere un mentore, ci mancherebbe, ma almeno lasciare qualcosa.
Non so dirti se c’è rimedio per questi autori testoni, ma quello che posso consigliarti, se mai ti capitasse d’imbattertici, è di portare pazienza. Tanta pazienza.
Del tipo che, alla fine, la statua te la costruisci da solo.
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August 20, 2019
“Il nome segreto” di Alessandra Leonardi – presentazione
Roma 2018, otto ragazzi di età compresa tra i 10 e i 13 anni, molto diversi tra loro, vengono invitati con svariati pretesti a frequentare un corso di Archeologia per adolescenti.
Ben presto, scopriranno che tutto questo non è casuale ma ognuno di loro è lì per uno scopo ben preciso, e la ragione di questa loro presenza ha radici in un passato lontano millenni. Tra viaggi nel tempo, enigmi da svelare e prove di coraggio, vivranno un’avventura straordinaria e scopriranno il significato dell’amicizia.
TITOLO: Il nome segreto
AUTORE: Alessandra Leonardi
EDITORE: Arpeggio libero
120 pagine
PREZZO: euro 14
Valerio, Elena e il fratellino Tito, Alessandro, Nevia, Ismail, Adriano e Lucilla sono i
giovanissimi protagonisti di questa avventura, ambientata a Roma ai giorni
nostri. Ognuno di loro ha il proprio particolare carattere, inoltre provengono
da ambienti sociali e da diverse zone della città, tranne due di loro che
provengono da altri luoghi (ma c’è un motivo!).
I ragazzi vengono reclutati con diversi stratagemmi da una coppia di
simpatici e misteriosi archeologi, Fabio e Domitilla,
per seguire un corso di archeologia per giovanissimi tenuto da loro stessi.
Ben presto i ragazzi si accorgono che
c’è un motivo preciso per cui si trovano a seguire questo corso:
strani avvenimenti non tardano a manifestarsi, e mentre studiano reperti,
girano per musei e siti archeologici, comprendono che dovranno affrontare un
pericolo che proviene dal lontano passato. Perché proprio loro? Riusciranno a
mettere da parte le antipatie reciproche e a collaborare? Troveranno tutto
quello che occorre per affrontare e combattere il nemico?
I temi affrontati sono quelli dell’amicizia e della collaborazione, del credere in sé stessi, dell’impegno necessario per superare le difficoltà e limare le spigolosità altrui; non mancano i primi batticuori e nemmeno difficoltà e grandi dolori, comunque superabili con il coraggio e con la forza dell’amicizia.
È anche un romanzo
“didattico”, ci sono numerosi
brani che riguardano l’archeologia, la mitologia e la storia antica, con lo
scopo di incuriosire i più giovani e mostrare loro il fascino e l’importanza
del nostro passato: i protagonisti si troveranno più volte in siti archeologici
e in musei per via delle loro missioni.
Lo stile è semplice, molto scorrevole, adatto ai giovanissimi, ma senza tralasciare qualche termine più difficile, in modo da spingere i lettori ad acquisire un vocabolario più ampio; anche i dialoghi e certe situazioni sono realistici e ancorati all’attualità. Una simpatica particolarità del libro sono alcune illustrazioni in b/n che rappresentano le conversazioni su Whatsapp tra i ragazzi.
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Il
romanzo è stato scelto da alcune insegnanti di lettere della scuola media come
libro di lettura per l’estate, trovandolo ideale per coniugare intrattenimento
e apprendimento. Se altri insegnanti di quinta elementare o scuola media
fossero interessati, è possibile contattare l’autrice con messaggio privato
tramite i social per tutte le informazioni:
Pagina
Facebook: https://www.facebook.com/alessandraleonardiscrittrice/
Profilo Instagram:
Alessandra_Leonardi_1969
Twitter: @aleleo69
Pagina Facebook del blog: https://www.facebook.com/infinitiuniversifantastici/
L’autrice
Alessandra Leonardi è nata e vive a Roma, città a cui è molto legata. Ha effettuato studi classici e svolto vari mestieri; ha numerosi e vari interessi, tra i quali le serie TV, i fumetti, la storia e l’archeologia, interessi che poi confluiscono nei suoi romanzi e racconti.
Scrive per alcune testate online e ha un blog, Infiniti Universi Fantastici.
Ha in precedenza pubblicato l’antologia “Oracoli” (2018, Nps edizioni), il fantasy “La fine del Tempo, la fine del Mondo” (Collana Starlight, 2017) e numerosi racconti e poesie in varie raccolte. Nel 2015 vince il terzo
premio al Premio Internazionale Napoli Cultural Classic nella sezione Nanoracconti.
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August 17, 2019
Ti seguirò laddove il sole si abbandona alla notte
Le Brevissime è la rubrica dedicata ai miei racconti brevi o brevissimi. Stralci di deliri, sogni, incubi; o racconti creati per gioco.
Ti seguirò laddove il sole si abbandona alla notte
7 giugno 2007. Questo breve racconto è nato da un sogno che all’epoca mi colpì molto, e anche nel scriverlo l’emozione è stata intensa. Lo riporto così come l’ho messo su carta.
La mia è stata una storia futile, innocente (anche se non troppo), breve e tormentata. Nonostante questo ha lasciato un segno indelebile nella mia anima. Ma la colpa è soltanto mia, sono fatto così, mi perdo in sciocchezze, mi innamoro facilmente, come un ragazzino.
Mi credono un uomo senza cuore, mi credono un frivolo, un uomo da niente. Ma non è vero, e questo mi fa incazzare. Ma ora non c’entra. Non importa. Volevo scrivere solamente due righe (cosa che faccio raramente) sulla mia storia e forse, dopo, me ne libererò per sempre.
È stata una storia, come ho detto, breve, tormentata. Forse non del tutto innocente, forse non del tutto futile. È stata segreta, come tutte le altre storie che ho avuto e che mi sono rimaste nel cuore. È stata anche una storia strana. Sorrido a pensarci.
La storia tra un demone o qualcosa che poteva avvicinarcisi e un povero sfigato come me.
Sorrido anche a pensare a com’è iniziata. Per gioco, da parte mia, per cattiveria, da parte sua.
Si chiamava Hybris, che vuol dire sopraffazione, ma alla fine non fui lui a sopraffare, fu sopraffatto lui stesso, fummo sopraffatti entrambi.
Ricordo tutti i nostri singoli incontri, non potrei dimenticarli.
Era cattivo, in un certo senso, ma non con me. È sempre stato dolce, forse deridente, cinico, ironico, ma non crudele. Voleva semplicemente quelle cose che nessuno poteva dargli, o almeno nel posto da dove veniva. Voleva qualcuno che lo ascoltasse, che lo capisse; che lo amasse anche, credo. Ma queste cose non me le ha mai dette. Era orgoglioso, non mostrava i suoi sentimenti appieno; un po’ come me, e forse anche per questo ho trovato in lui qualcosa che in altri non avrei trovato, tranne che nell’amore della mia vita, che purtroppo è terminato da anni… cazzo, perché mi perdo nei discorsi?
Era orgoglioso, dicevo, e anche un po’ strambo. Gli piaceva fumare. Da lui non c’era, il fumo intendo, e perciò quando arrivava mi chiedeva un sacco di sigarette. Lo facevano sentire umano, diceva. Sì, umano, usava proprio quella parola. Perché lui non era umano, era un demone, no?
Non so perché mi perda a ricordare queste sciocchezze. Forse, scrivendole su un foglio, penso di estraniarle dalla mia anima? Ma in realtà non faccio altro che renderle più tangibili.
Ah, dimenticavo. La cosa più importante. Più importante per chi non lo so, visto che queste pagine resteranno rinchiuse in un cassetto o, ipotesi migliore, le brucerò. La nostra non fu una storia di sesso. O almeno, il sesso non era uno degli elementi essenziali. Le volte in cui facevo sesso le posso contare sulla punta delle dita.
Eravamo più amici che amanti. Ci raccontavamo di noi stessi, del mio paese, del suo, ci confidavamo come due donnine. Non abbiamo mai litigato. Siamo stati insieme troppo poco tempo. Ma non me ne sono pentito. Forse ne ero troppo innamorato, forse mi incuteva timore per potermi arrabbiare con lui. D’altronde, nemmeno lui ha mai dato a vedere di essere stato arrabbiato con me. Era orgoglioso, l’ho detto.
Eravamo amici, ma ci amammo. Le poche volte che siamo stati insieme… perché devo ripetere le cose due o tre volte? Dicevo, le poche volte che abbiamo fatto sesso sono state strane, non so descrivere un sentimento preciso. Aveva un modo di imporsi diverso dal mio. Voleva imparare ma allo stesso tempo trovava sempre qualcosa da insegnarmi. Solo in questi casi mostrava veramente le sue emozioni.
Mi piace ricordare come fosse strano e innocente, a volte. Gli piacevano i gatti, o forse lo incuriosivano soltanto. Talvolta, quando poteva, si metteva a osservarli, e poteva starci delle ore senza stancarsi. Diceva che erano come noi (come noi, non come lui), solo che a loro mancava la parola, e penso proprio avesse ragione. Andava matto per l’arte gotica e per i rave. Mi ci portava qualche volta, alle feste rave dove l’avevo conosciuto, e mi divertivo a osservarlo fare amicizia con stupide ragazzine che subito perdevano la testa per lui. Penso che gran parte di queste se le sia anche portate a letto, ma non ero geloso; o almeno è quello che cerco di dirmi. Eravamo più amici che amanti. Quando capì di essersi realmente innamorato di me, comunque, smise di andarci.
Gli ultimi tempi divenne pensieroso, ma non mi volle mai dire il perché, solo dopo credo di averlo capito. Non poteva stare a lungo nel nostro mondo, mi spiego? Il suo corpo cominciava ad avvizzire; no, non ad avvizzire: a deteriorarsi. È come se avesse avuto un cancro, o una malattia che lo spegneva dall’interno.
Fui io a ucciderlo.
Non so perché lo feci, forse perché speravo che se l’avessi fatto io non avrebbe sofferto molto, forse perché era proprio il nostro rapporto che me lo imponeva, o forse perché semplicemente è stato lui a chiedermelo. Voleva smettere di vedermi soffrire per lui. Mi spiego? Non voleva che soffrissi io invece di voler smettere di soffrire lui. Ma non aveva paura di soffrire, non lo disturbava star male.
Ci amammo un’ultima volta, prima che lo uccidessi, e fu senza dubbio quella più bella. Lo feci quando era ancora tra le mie braccia. Un colpo diretto, secco, al cuore, con un banale coltello da cucina. In fondo, il suo organismo non era tanto diverso di noi esseri umani.
L’ho seppellito in fondo all’orto di casa nostra, dove l’erba cede spazio al bosco. L’unica cosa che mi sia rimasta di lui è la sua collana, un semplice ciondolo di ossidiana che sembrava brillare alla luce della luna.
Non so dove sia ora il suo spirito, se mai ne avesse avuto uno, visto che era un demone; ma a ricordarlo lo vedo ora come un angelo, e mi accorgo di averlo amato veramente.
A volte, nella notte, mi sveglio di soprassalto e sono quasi certo che lui sia lì, davanti a me, che mi osserva dormire come usava sempre fare. Invece è il riflesso della luna che getta ombre sulla mia stanza. Tuttavia mi piace credere che sia veramente lui, il suo spirito o la sua anima, o qualunque cosa vi si avvicini.
Nessuno sa che indosso il suo ciondolo, credono che l’abbia buttato, ma d’altronde nessuno sa come sia realmente stata la nostra storia.
Mi sto interessando alla magia. Prima mi sembrava una sciocchezza, ora non più. Guardo un sacco di film e telefilm su questo argomento e continuo a ripetermi che se li hanno fatti, non possono essersi inventati tutto, no? E se i demoni esistono veramente, allora anche la magia deve esistere.
Ho in mente di raggiungere Hybris. Ovunque egli si trovi. Esisteranno anche per i demoni un paradiso e un inferno. Qui non mi trattiene nulla. Non ho lavoro, non ho amici, la mia ragazza mi ha lasciato dicendomi che non l’amavo veramente (e forse è proprio così), e i miei fratelli hanno la loro vita.
È stabilito.
Troverò il mio demone sotto forma d’angelo, ovunque egli sia.
Ti chiedo solo una cosa, Hybris.
Aspettami.
Ti raggiungerò laddove il sole si abbandona alla notte.
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August 13, 2019
Come contare i caratteri del tuo testo (senza rimetterci la vista)
Come contare i caratteri del tuo testo (senza rimetterci la vista)
Te lo chiedono praticamente ovunque: per un contest, per una valutazione, per un preventivo, anche solo per una prova di editing gratuita.
E alla fine, se non lo sai, sei portato a chiedertelo: ma che diavolo saranno questi caratteri? E come li conto?
Te lo spiego subito.
[image error] Photo by Leighann Renee on Unsplash
I caratteri: che cosa sono?
Cerchiamo per prima cosa di sapere quali sono i caratteri all’interno di un testo.
Be’, è molto semplice: i caratteri comprendono lettere, numeri e segni di punteggiatura.
Nella frase “Maria va a scuola” abbiamo 14 caratteri, escludendo gli spazi, e 17 includendo gli spazi.
Sì, perché un’importante divisione riguarda il conteggio di caratteri spazi esclusi o spazi inclusi (in quest’ultimo caso si parla anche di battute).
Per tornare all’esempio precedente, allora, conteggiando i caratteri ne abbiamo 14, conteggiando le battute ne abbiamo 17.
Per frasi così brevi basta contare ogni carattere e il gioco è fatto.
Ma come comportarti quando hai davanti un testo di cinquanta pagine? O cento? O mille?
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Come contare i caratteri con Word
Piccola premessa: parlo di Word perché è il software di scrittura più usato, ma questo metodo è valido anche per altri programmi, come Open Office.
Il sistema più semplice per contare i caratteri del tuo testo senza perderci la vista, e il tempo, è lasciare che sia il computer a farlo per te.
Word è molto completo in questo senso: oltre ai caratteri, conteggia anche parole, paragrafi, pagine, righe… insomma, c’è proprio di tutto.
Per contare i caratteri usando Word, basta andare sul menu Revisione, cliccare su Conteggio parole e si aprirà una finestra con tutto quello che ci serve, come vedi nell’immagine qui sotto, oppure cliccare in basso a sinistra su Parole, e si aprirà la medesima finestra.
[image error]Conteggio caratteri con Microsoft Word
Nota come Word distingua tra caratteri con spazi inclusi e caratteri con spazi esclusi: distinzione che ti servirà molto a seconda che ti chiedano un tipo o un altro (anche se in genere vanno per la maggiore i caratteri spazi inclusi).
Okay, Emanuela. Ho capito. Ma se non potessi usare Word o altro, ad esempio perché sto scrivendo su Internet, come faccio?
Domanda più che lecita.
Fortuna che la Rete ci viene sempre in soccorso.
Come contare i caratteri su Internet
Se hai difficoltà a usare Word o altri programmi, magari perché stai scrivendo su WordPress o Facebook o altro e non ti va di copiare e incollare tutto sul software di scrittura, ma hai comunque bisogno di sapere quanti dannati caratteri ha il tuo testo, ebbene: esistono numerosi strumenti online e gratuiti che assolvono egregiamente questo compito.
Se fai una veloce ricerca su Google, due siti compaiono tra i primi risultati: contacaratteri.com e contacaratteri.it.
Entrambi sono molto utili, anche se personalmente preferisco il secondo perché più completo: infatti oltre ai caratteri (spazi inclusi ed esclusi) conteggia anche parole, frase, paragrafi, e dà una stima del tempo di lettura e del parlato. Inoltre trova anche le parole chiave all’interno del testo (utile se scrivi un articolo in ottica SEO!).
[image error]Foto di pikabum da Pixabay
Caratteri e cartella editoriale
Ultimo punto che ti sarà davvero utile: caratteri e cartella editoriale.
Se avrai notato, sui siti di case editrici, agenzie letterarie, professionisti e così via molto spesso si parla di cartelle editoriali, ad esempio per quanto riguarda la prova gratuita di editing.
Per evitare gaffe e mandare invece delle cinque cartelle richieste cinque pagine (che NON è la stessa cosa), ricorda che la cartella editoriale riguarda i caratteri spazi inclusi, generalmente 1800 a pagina.
Per calcolare di quante cartelle è il tuo testo, ad esempio se devi farti fare un preventivo di editing, basta dividere il numero di caratteri spazi inclusi per 1800, et voilà.
Ad esempio, un testo di 73 pagine ha 74.406 caratteri spazi inclusi. Dividendoli per 1800 verranno 41 cartelle.
Una volta compresa la differenza e capito come calcolare i caratteri e la cartella editoriale, puoi lanciarti nella Rete alla ricerca di concorsi, editori e professionisti senza problemi 
August 10, 2019
La ballata del Povero Bambino e dell’Uomo Nero
Le Brevissime è la rubrica dedicata ai miei racconti brevi o brevissimi. Stralci di deliri, sogni, incubi; o racconti creati per gioco.
La ballata del Povero Bambino e dell’Uomo Nero
Andiamo indietro nel tempo, precisamente il 17 marzo del 2007. All’epoca era un periodo di forte crisi interiore, e solevo mettere su carta pensieri, poesie, riflessioni, e anche qualche raccontino scaturito da una mente non so se turbata, ma di certo abbastanza cupa. E questo racconto ne è la prova.
“Povero bambino, dov’è la tua mamma? Perché sei qui tutto solo?”
“La mia mamma non mi vuole più bene.”
“Piccino, ma che dici? Le mamme vogliono sempre bene ai loro bambini.”
“La mia no, la mia mi ha gettato in un pozzo quando ero piccolo.”
“Perché avrebbe fatto una simile cattiveria a un bel bambino come te?”
“Perché diceva che ero cattivo.”
“Non ci credo, e cos’avresti fatto per essere stato così cattivo?”
“Sono nato senza chiederglielo.”
“Piccolo mio, lascia che ti abbracci. Ti confido un segreto. Anche la mia mamma non mi voleva bene.”
“E tu cos’hai fatto?”
“È semplice. L’ho uccisa.”
“Ucciderai anche me?”
“No, no! Che dici? Non potrei mai uccidere un bel bambino come te.”
“E allora cosa nascondi dietro la schiena?”
“Oh, questo? Un semplice coltello, nulla di pericoloso. Ma dimmi, bimbo mio, perché te ne stai qui dentro? Non hai paura del buio?”
“No, e poi loro mi proteggono.”
“Loro chi?”
“I vestiti.”
“Ah, capisco. Se esci, ti do un bel regalo.”
“Cosa?”
“Be’, è una sorpresa.”
“Non mi piacciono le sorprese. Loro dicono che sono cattive.”
“Loro, i vestiti?”
“Sì.”
“Non ascoltarli, a volte scherzano. Ho conosciuto un soprabito al quale piaceva da matti scherzare.”
“Davvero?”
“Certo. Scherzava in continuazione. Era proprio un soprabito simpatico.”
“E ora dov’è?”
“Poverino. Una bambina cattiva lo ha stracciato. Era stufa di sentirlo scherzare.”
“Ma è terribile!”
“Lo so. Se esci, ti darò qualcosa che ti farà dimenticare questa brutta storia.”
“Ne sei sicuro?”
“Non prenderei mai in giro un bel bambino come te. Avanti, vieni.”
“D’accordo.”
“Bravo, piccolo.”
“Dov’è il regalo?”
“Quale regalo?”
“Quello che mi avevi promesso se fossi uscito.”
“Ah, ma stavo solo scherzando. Ci eri cascato?”
“Ma, io…”
“Non devi credere sempre a tutto quello che ti dicono, non te l’hanno insegnato? Dovrò punirti per questo.”
“Mamma, aiuto!”
“Non ricordi? Tua madre non ti vuole bene, tesoruccio.”
“Voglio tornare dentro, lasciami andare!”
“Non fare i capricci. Devo solo punirti, non c’è nulla di cui preoccuparsi.”
“No, no! Smettila!”
“Povero bambino, come sono cattive le persone che ti fanno sempre piangere, vero?”
“Aiuto! Lasciami andare!”
“Ora taci; se farai il bravo, quando avrò finito di punirti ti darò una torta.”
“No! Aiuto! Mamma!”
Ma la mamma non voleva bene al Povero Bambino, così l’Uomo Nero lo prese e lo portò con sé, e i vestiti piansero lacrime di stoffa. Erano così brutti, con quegli scampoli ovunque, che vennero bruciati e l’armadio dove vivevano fu venduto. Ben presto fu dimenticato, e con lui i pochi abiti che aveva al suo interno, e pure il Povero Bambino, che si era fidato dell’Uomo Nero ed era stato mangiato.
L'articolo La ballata del Povero Bambino e dell’Uomo Nero proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
August 6, 2019
“Il tempo che mi serve” di Margherita Meloni – presentazione
Quando Alessia aveva sei anni, suo padre è uscito di casa e non è più tornato.
È iniziata quel giorno la sequenza di addii a cui lei si sente predestinata e da cui si protegge pensando di non avere bisogno di nessuno.
In realtà Alessia non è stata mai veramente sola, alcuni amici la proteggono come se lei fosse un oggetto prezioso e Fede si è proposto da subito come il suo salvatore.
Per anni lei crede di aver dimenticato le sue paure grazie a loro, ma un fatto inaspettato la costringe a guardare di nuovo in faccia il suo passato.
TITOLO: Il tempo che mi serve
AUTORE: Margherita Meloni
GENERE: Narrativa
EDITORE: Youcanprint
PREZZO: 2,99 euro (digitale), 16,90 euro (cartaceo)
DATA DI PUBBLICAZIONE: 10 novembre 2018
Tra quelle poche pareti beige devo essere stata bambina anch’io. Mamma parlava spesso ad alta voce, a volte rideva sguaiata e altre sembrava arrabbiatissima. Lei era un tipo pratico, di quelle che si sbrigano, di quelle che si vestono in poco tempo e che in dieci minuti organizzano una cena, chiamano l’amica al telefono e si lamentano del marito.
Ricordo che era sempre tardi e che io avevo sempre bisogno di qualche minuto in più per cercare un gioco che non trovavo, per farmi il fiocco alle scarpe, per spazzolarmi i capelli come piaceva a me, e allora lei urlava come una gallina e la nonna la sgridava, le diceva che doveva avere più pazienza, che in fondo ero solo una bambina.
Sono una persona contemplativa. Un modo gentile per dire che sono un po’ pigra, e a volte mi piace stare ad ascoltarmi a lungo. Come lettrice, non sono la prima della classe, a volte mi capita che le mie amiche mi chiedano se ho letto questo o quel romanzo, e io spesso rispondo di no. Ho gusti un po’ strani, e a volte fuori moda. Adoro i romanzi che riescono a raccontare pezzi di storia del passato con un linguaggio diretto, moderno, informale. L’ultimo libro così che ho letto è stato “L’isola sotto il mare” di Isabel Allende.
Per scrivere il mio libro, però, non ho avuto l’ardire di ispirarmi a qualcosa che avevo letto.
Inizialmente
la mia volontà era di dare vita a una storia simpatica utilizzando un
linguaggio il più possibile divertente, è venuta fuori una vicenda un po’ più
tormentata del previsto, che però mi è piaciuta, e ne ho sinceramente adorato i
personaggi. Non perché li ho inventati io, ma come quando conosci qualcuno che
ti piace e vorresti vederlo spesso.
Quando ero piccola e studiavo gli uomini primitivi, rimanevo spesso stupita da come la sopravvivenza spingesse a usare il cervello per trovare soluzioni di vitale importanza: procurarsi il cibo, difendersi dagli animali feroci e dal freddo. Nel mio immaginario, l’uomo di Neanderthal doveva essere di carattere: come si direbbe ora, dotato di notevoli attributi.
Io, Alessia Scotti, appartenente alla specie Homo Sapiens Sapiens, che vivevo a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo e nel mio DNA conservavo l’esperienza di secoli di cammino su due soli arti, non reggevo il confronto con i miei avi. In una vita in cui non avevo fatto una gran fatica a procacciarmi cibo e sopravvivenza, mi ero persa in sentieri bui chissà quante volte.
Ho
già iniziato il mio prossimo libro, devo ancora innamorarmene, ma mi capita
spesso che non accada subito. Ho molte idee in merito, ma la principale è che
l’io narrante sia una donna che riesce a farsi scivolare addosso questioni che
agli altri sembrano drammi.
Le protagoniste delle mie storie sono sempre donne naturalmente imperfette, che però migliorano, infatti io scrivo per vivere altre vite, quelle che mi scelgo io, quelle che mi fanno sperare di poter diventare una donna migliore.
Margherita
Meloni è nata a Milano nel 1973. Durante l’infanzia ha vissuto molto all’estero
con la famiglia, ma Milano è sempre stata la sua città di riferimento, anche se
dal 1996 vive ad Arese col marito e i due figli. Ha cominciato a scrivere per
passione a tredici anni, tenendo nel cassetto tutti i suoi scritti fino a oggi.
L’attenzione alle tematiche femminili le ha permesso di comporre una storia
coinvolgente e appassionata.
L'articolo “Il tempo che mi serve” di Margherita Meloni – presentazione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.
August 3, 2019
Che cosa sono gli acari della scrittura (e perché devi eliminarli)
Che cosa sono gli acari della scrittura (e perché devi eliminarli)
Correggere i refusi nel miglior modo possibile non basta.
Né basta avere una concentrazione al cento percento.
Perché loro si annidano ovunque, e se non li conosci ti fregano.
Sono gli acari della scrittura.
[image error]Foto di Hans Braxmeier da Pixabay
Revisione sì: ma con sguardo attento
In molti credono basti qualche lettura veloce e qualche spuntatura qua e là perché un testo sia pronto e corretto.
Sbagliano.
Se non leggiamo con un certo occhio, e con la consapevolezza di quello che cerchiamo, tanti errori, anche piccolezze (che in scrittura equivalgono a valanghe), continueranno a sfuggirci.
Lo so perché ci sono passata e ogni tanto ci ricado.
Gli acari della scrittura sono esseri infidi, piccoli e antipatici: ma basta conoscerli per rimuoverli in pochi secondi.
Oggi ti parlerò proprio di loro.
[image error]
Gli acari della scrittura
Ce ne sono di più semplici da scovare e altri di più ostici.
Per semplicità ho cercato di raggruppare tutti questi animalacci in gruppi distinti: dal più facile al più complesso.
Vediamoli.
Doppi, tripli, quadrupli spazi
Capita a tutti di lasciare qualche spazio in più mentre si scrive; è normale e non c’è da preoccuparsi.
Molti software di scrittura, come le più recenti versioni di Microsoft Word, li segnalano tra gli errori ortografici, ma tanti programmi no. La stessa cosa vale se scriviamo un post su WordPress o Blogspot: anche in questo caso è difficile accorgersene perché non sono segnalati.
Ci sono però due metodi molto utili per trovare questi dannati doppi, tripli e quadrupli spazi.
Il primo è di visualizzare i simboli di paragrafo (¶ o piede di mosca). Attivandoli, ogni spazio vuoto conterrà un puntino, come in questo esempio riportato dalla comunità di Microsoft.
[image error]Microsoft Community
In questo modo i doppi (o più) spazi sono subito visibili, e basta davvero un click per rimuoverli.
Se però non possiamo inserire i segni di paragrafo (vuoi perché non siamo capaci o perché il nostro programma non li ha), c’è un altro metodo: la funzione Trova.
Basta attivarla (c’è anche su Mozilla cliccando CTRL + F), inserire due spazi doppi dove di solito mettiamo la parola e dare l’okay. Dopo possiamo rimuoverli a mano, oppure usare la funzione congiunta Trova e Sostituisci per sostituire il doppio (o più) spazio con uno solo.
Consiglio sempre, se ci sono spazi tripli o quadrupli o anche di più, di partire dagli spazi maggiori e man mano scendere fino a che non ce n’è più nemmeno uno.
Lettere in più o in meno
Scrivendo capita anche di fare strafalcioni.
Nella maggioranza dei casi sono parole scritte male, che non esistono in vocabolario e che il software di scrittura segna subito in rosso.
Purtroppo non sono le uniche.
Talvolta succede che inseriamo una lettera in più o in meno in una parola, e che la parola sia giusta, presente nel dizionario: il correttore non la segnala, ma è comunque un errore.
Un esempio.
Mario andò dall’insegnate per saperne di più circa quel brutto volto alla verifica di storia. Aveva studiato, certo, ma aveva anche atri impegni. E che diamine! Voleva però rassicuralo: si sarebbe impegnato di più, molto di più: doveva solo crederle in lui.
Quanti acari hai trovato? Ce ne sono parecchi e ho voluto esagerare, ma è giusto per darti l’idea.
Le parole incriminate sono insegnate (invece che insegnante), volto (invece che voto), atri (invece che altri), rassicuralo (invece che rassicurarlo) e crederle (invece di credere).
Sono tutte parole presenti in vocabolario e che il correttore non evidenzierà mai in rosso, ma che per la correttezza del nostro testo non vanno bene, e quindi sono errori.
Non te lo nascondo, è difficile trovarle e occorre una lettura molto attenta, parola per parola; tuttavia con un buon allenamento riuscirai a eliminarle non dico tutte, ma la maggioranza.
Parole giuste ma sbagliate
Lo stesso vale per intere parole che sono giuste per il correttore ma sbagliate per il tuo testo. Nella stragrande maggioranza dei casi sono accenti aggiunti o dimenticati, ma non solo.
Di nuovo un esempio.
Provo davvero a convincerlo della sua buono fede, ma il professore non volle ascoltarlo. Cosi Mario se ne torno mogio mogio in classe. Devo fregarne! si disse. Di domani studierò di più, e gliela faro vedere a quello antipanico del signor Merli!
Anche in questo caso ci sono parecchi acari.
Provo (invece di provò), buono (invece di buona), cosi (invece di così), torno (invece di tornò), fregarne (invece di fregarmene), di (invece di da), faro (invece di farò) e antipanico (invece di antipatico).
Ripeto quanto scritto prima: serve tanto allenamento e un occhio molto attento.
[image error]Foto di Jess Watters da Pixabay
Non ce la posso fare, sono troppi!
Un po’ di scoraggiamento è doveroso e non ti biasimo.
Per fortuna che, se da solo sai di non farcela, ci sono sempre professionisti pronti ad aiutarti o anche beta reader che leggeranno il tuo testo con occhio critico.
Se vuoi affidarti a un esterno, però, cerca sempre persone serie e non fanfaroni (e purtroppo ce ne sono): sennò sarai di nuovo al punto di partenza.
Prima di salutarti ecco uno specchietto riassuntivo. Fanne buon uso.
[image error]Freepik
L'articolo Che cosa sono gli acari della scrittura (e perché devi eliminarli) proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.


