Emanuela Navone's Blog, page 17

June 30, 2020

I requisiti minimi di un romanzo (perché qualcuno lo legga)

I requisiti minimi di un romanzo (perché qualcuno lo legga)






O anche standard minimi di qualità.





Un romanzo può essere innovativo, interessante, accattivante, ma se non rispetta dei requisiti minimi, difficilmente qualcuno lo leggerà.





E se lo farà, potrebbe storcere il naso. O peggio.









[image error]Foto di Stefan Keller da Pixabay



Non so te, ma io ho una feroce dipendenza di videogiochi.



Quando prendo quella strada, è capace che non mi si veda più per giorni.





Fino a qualche mese fa purtroppo dovevo scartarne molti per PC, perché il mio sistema operativo non soddisfaceva i requisiti minimi. Nel senso che se provavo a installare un gioco, semplicemente non si avviava.





Possiamo dire lo stesso di un romanzo: se mancano questi requisiti, il mio cervello si arresta, come un PC si impalla e di sbloccarsi non c’è verso.





Non sto parlando di refusi: quelli ci sono e ci saranno sempre, perfino nei testi delle case editrici più famose (potrei citarti un po’ di romanzi in cui li ho trovati, ma non lo farò). Per quanto un testo sia stato riletto da due, tre, quattro paia di occhi, qualcosa scapperà sempre, e sebbene molti “tuttologi” si schifino di fronte a un banale errore di battitura (a patto che non siano cinquecento!), posso dire che c’è altro di peggio.





Di molto peggio.





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Entriamo però un po’ nel dettaglio…



… e vediamo quali sono ‘sti benedetti requisiti minimi o standard minimi di qualità.





Come avrai ben intuito, sto parlando a livello di scrittura.





Cosa fa la differenza tra un libro che si legge bene e un libro che “mamma, aiuto”?





Una corretta padronanza della lingua italiana.





Ma aspetta! Non ti sto dicendo che un libro si legge bene se usa un linguaggio ricercato, magari anche ampolloso, con termini messi lì per dar sfoggio alla conoscenza del vocabolario. In questo caso entra in gioco lo stile, che è soggettivo e che nulla ha a che fare con requisiti di qualità.





Qui siamo proprio alla base della base.





Perché se leggo un antica, si lo faccio, gli disse a Maria o anche “solo” E’ arrivato Luigi, qualcosa non va.





Qualcosa che mi dice che l’autore non conosce bene la grammatica italiana.





Dirai: e va be’, una svista capita a tutti.





Sì, ma se l’errore si ripete praticamente in ogni pagina altro che svista!





Ma allora cosa posso fare?



Il principale problema, in molti di questi casi, è che l’autore nemmeno si accorge dell’errore; o peggio, non lo considera tale. Quanti scrivono infondo anziché in fondo, sopratutto in luogo di soprattutto, cosi invece di così?





Nei libri che correggo quotidianamente da un po’ d’anni a questa parte sono spesso i più ricorrenti (oltre a tutta una serie di perle che meriterebbero un libro), ma ahimè anche nei testi che leggo, che presuppongono una correzione, visto che sono stati pubblicati (dell’autopubblicazione non entro in merito, ne ho parlato diffusamente altrove).





Il peggio è quando cerchi di far capire all’autore i suoi errori, citando anche manuali di grammatica (per dire che non è che ti sei inventato tu la regola che di è preposizione, un sinonimo di giorno e di’ l’imperativo del verbo dire). Loro annuiscono, contenti all’esterno, ma il giorno dopo continuano a fare gli stessi errori, magari correggendo le tue correzioni (è capitato anche quello, sì) perché Maria mi piace che sia uomo e allora gli dico.





E poi, noiosa ciliegina sulla torta: se ci sono degli errori la colpa è dell’editor, lungi da me scrivere certe oscenità! Addirittura anni fa ho “letto” (virgolette doverose perché leggere un romanzo zeppo di errori è un lavoro che invito chiunque a evitare) un libro il cui autore si manlevava da qualsiasi responsabilità dicendo “se trovate errori vedetela con i miei editor, io non c’entro niente”.





Della doppia responsabilità di autore e editor ne parlerò in seguito, adesso torniamo al tema di questo articolo (sennò ammetto che se parto non finisco più, un po’ come per i videogiochi!).





Per questi scrittori c’è poco da fare. Se non se lo inculcano loro che stanno sbagliando, possono passare anche da dieci editor diversi, o da dieci case editrici diverse, ma non cambierà nulla, e continueranno a sciorinare serie di si, cosi, propio, un immensa, o detto e così via.





Se invece sono consci di avere dei limiti (oh, ragazzi, certe cose possono non entrare, mica c’è nulla di male! Io fatico ancora adesso a fare i calcoli a mente!), be’, innanzitutto un bel manuale di grammatica non sarebbe male (a proposito: di grammatica ne parlo anche io qui, se ti va un ripasso).





E poi c’è la nostra panacea multitasking: Microsoft Word (ma anche Open Office, Pages).





Sì, perché Word, soprattutto nelle sue recenti versioni, è davvero un strumento utile per evitare gli errori più banali, la base della base, che però sono sempre la differenza fra un libro ben scritto e uno no.





Infatti, mette a disposizione lo strumento di correzione ortografica e grammaticale che sottolinea in rosso gli errori (anche di battitura) e in blu (mi pare fosse in verde in versioni più vecchie) i problemi ortografici e sintattici (sottolinea ad esempio una uomo).





Consiglio a tutti di attivarlo, perché anche se a volte suggerisce amenità (una volta mi è capitato mi volesse correggere fossero venuti con avessero saputi, chissà perché poi!), è davvero utile per evitare gli errori di base e presentare un libro con almeno gli standard minimi di qualità.





Certo, potresti dirmi: ma io lo mando lo stesso all’editore, sarà lui poi a correggere. Sì, peccato che molti editori scartino a priori i libri malscritti (con Policromia facciamo così), perché se un libro è scritto male denota subito una scarsa cura da parte dell’autore, e spesso poco rispetto per il libro stesso e per chi dovrà leggerlo e correggerlo.





Quindi, se tu che stai leggendo sai di rientrare in questi casi (spero di no, lo spero sempre), prenditi un po’ di tempo per rivedere le basi di grammatica. Non è una vergogna aver difficoltà con la lingua, mica siamo tutti professoroni (e pure loro a volte sbagliano). Passa qualche ora in più a rivedere ciò che non ricordi, fatti degli schemini, piuttosto, ma presta attenzione alla grammatica. Davvero, può fare la differenza! Io stessa non leggo più libro scritti male e mi rifiuto di recensirli, e come me molti altri. Sì, possono essere originali e accattivanti, ma di fronte a lacune grammaticali non si può chiudere un occhio. Non più.



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Published on June 30, 2020 23:00

June 29, 2020

Gli strani viaggi di Giulio Verne: recensione de “Ventimila leghe sotto i mari”

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** Questa recensione fa parte del Review Party dedicato all’antologia. Qui sotto trovi gli altri blogger partecipanti **





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Nelle viscere della terra, sotto gli abissi dell’oceano, tra gli spazi siderali e le steppe siberiane, la penna di Jules Verne riesce a farci vivere mille avventure. Questo volume raccoglie i più famosi e i più amati racconti celebrando uno dei grandi maestri della narrativa fantastica. All’interno: “Viaggio al centro della terra”; “Ventimila leghe sotto i mari”; “L’isola misteriosa”; “Michele Strogoff”; “Un inverno tra i ghiacci”; “L’espresso del futuro”.









Quando c’è da leggere un classico sono sempre io la prima a correre, o almeno ci provo. Ho una particolare predisposizione per i classici, non solo perché sono un ottimo spunto di scrittura creativa, ma soprattutto perché hanno un’originalità che ahimè nei romanzi attuali spesso manca.





Di Verne lessi da molto piccola “Il giro nel mondo in ottanta giorni”, edizione per ragazzi che poi ho perso chissà dove, e ho acconsentito con molto piacere a partecipare al Review Party di quest’antologia davvero originale, a partire da com’è stata disegnata.





Come romanzo, io ho scelto “Ventimila leghe sotto i mari”. Se devo essere sincera non saprei dire perché ho scelto quello rispetto agli altri romanzi dell’antologia (che comunque leggerò), forse per mettermi di fronte a un elemento che non è molto nelle mie corde: il mare.





Il mare, infatti, è il vero protagonista di questo romanzo. Un mare ricco di abitanti, di luoghi inesplorati tra cui la mitica Atlantide; un mare tutto da scoprire e che grazie alla penna precisissima di Verne il lettore può vedere quasi con i suoi occhi.





Il mare, l’ho sempre visto con diffidenza (e uso la virgola apposta dopo il nome per darvi l’enfasi che merita). Mi ha da sempre messo ansia: quella distesa così piatta, immobile, che dovunque tu vada è sempre la stessa.





Il libro di Verne mi ha aperto gli occhi: sotto questa distesa apparentemente immota e uguale, c’è davvero un mondo da scoprire. E perciò devo ringraziare il Nautilus per avermi permesso di esplorarlo.





Ma veniamo al libro. La caccia a una fantomatica e molto “melvilliana” balena è il preludio a una scoperta a dir poco sconcertante, per il protagonista Aronnax, il fido servitore Conseil e il fiocinatore Ned Land: altro che cetaceo! quello che vedranno è un modernissimo (per i tempi, s’intende) sottomarino guidato da un misterioso signore che si fa chiamare capitano Nemo. Egli, irato per i ripetuti tentativi di attaccare il Nautilus, prende come “prigionieri” proprio i tre uomini, e non consentirà loro di scendere più a terra.





Prigionieri tra virgolette, perché per Aronnax, Conseil e Land si apre un’avventura che non ha parole nel nostro vocabolario per essere spiegata, ma solo occhi per essere letta.





Infatti, da buon re dei mari, Nemo porterà i nostri amici a visitare qualsiasi anfratto sconosciuto e ancora da scoprire del Mare (lettera maiuscola messa appositamente), con viaggi e avventure che penso tutti vorremmo vivere.





Voglio soffermarmi per qualche istante sul capitano Nemo. Una personalità che conosciamo attraverso il punto di vista di Aronnax e che quindi, come lui, non comprendiamo a pieno. Egli conserverà fino alla fine quell’aria di mistero e di dolore, che di tanto in tanto emerge in immagini vivide che solo l’attenta e precisa penna di Verne riesce a mostrare.





Un uomo che sembra aver perso qualsiasi parvenza di umanità, a partire dall’odio per l’umanità stessa, che rifugge vivendo sul Nautilus e rifiutandosi di mettere più piede a terra. Il motivo, qui non lo conosciamo, anche se ci verrà svelato in un altro libro: “L’isola misteriosa”.





Ma Nemo l’umanità non l’ha persa; l’ha sola nascosta bene, e come scrivevo prima di tanto in tanto emergono tratti del suo passato doloroso, che ci spingo a volerne sapere sempre di più.





Un personaggio a mio dire memorabile, di cui tutti vorremmo leggere e che vorremmo inventare.





In definitiva, a parte ovviamente consigliare questo romanzo e gli altri di Verne, mi sento di dire a chi critica i classici: prendetene uno e leggete qualche pagina. Ognuno di loro ha una storia da raccontare e che vale la pena di vivere.





Il mio giudizio



Scrittura




⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐














































Classificazione: 5 su 5.


Trama




⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐














































Classificazione: 5 su 5.


“Page turner” (ossia: quanto prende)




⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐














































Classificazione: 5 su 5.


Consigliatissimo!


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Published on June 29, 2020 02:09

June 23, 2020

Come rimuovere velocemente le d eufoniche con Microsoft Word

Come rimuovere velocemente le d eufoniche con Microsoft Word






Nella scrittura odierna le d eufoniche sono, perdona la ridondanza, cacofoniche, e perciò è sempre meglio evitarle.





Ma come fare se hai infarcito il tuo testo di d eufoniche?





Certo è che rimuoverle a una a una viene un lavoraccio.





Per fortuna ancora una volta Word ci viene in aiuto.









[image error]Engin_Akyurt /Pixabay



Rimuovere le d eufoniche con Word



Innanzitutto, cos’è la d eufonica? Si tratta di quell’antipatica “d” posta dopo una vocale, come in ad, ed, davanti a una parola che inizia per vocale: ad inizio show, ed ora…





Forma una bella accoppiata cacofonica, non tanto nel parlato ma nel letto, ed è bene evitarla, a meno che la parola successiva non inizi per la medesima vocale (come ho scritto prima: ed è bene evitarla), o che la parola successiva non contenga l’accoppiata vocale + d, come in editore; in questo caso è bene evitarla (ed editore di libri scolastici suona brutto, meglio e editore di libri scolastici).





Come farlo velocemente con Word, senza dover perderci la vista e il tempo?





Ancora una volta ci viene in soccorso lo strumento “Trova e Sostituisci“, davvero una panacea!





[image error]Lo strumento “Trova e Sostituisci” di Word



Una volta aperta la finestra di “Trova e Sostituisci”, ti basterà scrivere di volta in volta su “Trova” “ad” o “ed” seguito dalla vocale: ad + e, ad + o, ad + i, ad + u, e ed + a, ed + i, ed + o, ed + u, e su “Sostituisci” la sequenza senza la “d”, quindi a + e, e + a, e così via.





Lascia sempre uno spazio prima di “ad” o “ed” e “a” o “e”, così Word troverà solo quelle parole lì e non considererà per esempio parole che finiscono in -ad o -ed (che può succedere) e correggerà effettivamente solo le d eufoniche, senza stravolgere altro.





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La sequenza è quindi questa:





ad + e = a + e





ad + i = a + i





ad + o = a+ o





ad + u = a + u





ed + a = e + a





ed + i = e + i





ed + o = e + o





ed + u = e + u





Come noterai, non ho messo le sequenze ed + e e ad + ad, perché come scrivevo prima in caso di vocale identica le d eufoniche si possono mantenere.





Nel caso di d eufoniche presenti all’interno della parola (editore, addizione, e così via), purtroppo ahimè questo strumento non funziona, perché ti cambierebbe tutte le sequenze con l’accoppiata eufonica, e anche quelle che non vuoi rimuovere.





In questo caso bisogna andare a cercare nel testo, con una rilettura attenta, ma per fortuna non sono molte le accoppiate di questo tipo!





Ultimo suggerimento: alcune sequenze prevedono “di default” la d eufonica, come ad esempio, ad ogni modo. In questo caso vanno lasciate.





Questi trucchetti ti faranno guadagnare molto tempo, che potrai dedicare a una correzione più approfondita. Inoltre, fanno davvero la differenza fra un testo ben curato e uno mal curato.




Clicca qui se vuoi scoprire altri trucchi con Microsoft Word!




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Published on June 23, 2020 23:00

June 17, 2020

“La città di ottone” di S. A. Chakraborty: Recensione

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** Questa recensione fa parte del Review Party organizzato in collaborazione con la casa editrice. Sul banner qui sopra trovi gli altri blog partecipanti **









EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.

Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.





Qualche anno fa fece un’estate pessima: pioveva tutti i giorni e il caldo era un lontano ricordo. Io aspettavo che passassero i giorni nella speranza che il tempo migliorasse, ma arrivò settembre e dovetti arrendermi all’evidenza: un anno senza estate.





La lettura di questo libro mi ha dato il medesimo sentore: fino alla fine ho sperato che soddisfacesse le mie aspettative, ma una volta giunta alla pagina conclusiva mi sono arresa.





Scrivere la recensione di un libro che non mi è piaciuto è difficile, e non sono il tipo (sebbene come noterai leggendo i miei articoli spesso ho la tendenza a essere graffiante) da stroncare in toto un romanzo, perché dietro c’è sempre una persona che ha avuto un’idea, e soprattutto non voglio imporre la mia opinione sconsigliando di leggere un libro o offendendo l’autore.





Pertanto, sebbene la mia valutazione personale è negativa, tenterò di tirar fuori anche gli aspetti positivi di una storia che, fuori da ogni considerazione personale, merita di essere letta.





Partiamo proprio da questo.





Innanzitutto l’ambientazione: avete mai letto un fantasy ambientato nell’Egitto di qualche secolo fa? No? Ebbene, “La città di ottone” ha luogo proprio lì. Un’ambientazione quindi molto originale, come originale è tutta l’architettura che vi è dietro.





L’autrice ha ricreato un mondo, popolato di razze particolarissime, che vive a cavallo con il nostro, e che con il nostro interagisce. E ha saputo unire realtà e immaginazione in un modo davvero buono, nel senso che non ci rendiamo conto dove finisca la realtà e dove inizi la fantasia, da come tutto si incastra alla perfezione. Anche i luoghi immaginari sembrano reali: e così la famigerata città di ottone sembra davvero esistere, sembra davvero di camminare tra i bazar o oltrepassare le volte che conducono ai diversi quartieri.





Da questo punto di vista, il romanzo è perfetto in tutte le sue parti.





Quello che non mi ha convinto è la trama, e ancor di più sono i personaggi.





A parte l’antipatia personale che ho provato fin dalle prime pagine per Nahri, Dara e gli altri (quando mi prendono male non c’è verso di farmeli piacere), li ho trovati davvero poveri di carattere. Nahri non capiamo bene come agisca e perché lo faccia, ogni azione sembra incoerente con quanto pensa. Dara, poi, è un bell’esemplare di quelli che chiamo “maschi palla“: se subito ci pare originale, piano piano diventa solo uno strumento nelle mani della protagonista femminile, si annulla quasi, e della poca originalità non resta che cenere (il che calza a pennello, visto che lui è fuoco!). Secondo me in questo caso l’autrice ha voluto fare troppo, dando umanità a un personaggio che per via del vissuto è difficile che abbia, producendo una macchietta che più volte mi ha fatto ridere. Di un riso amaro, s’intende.





La trama, poi. Come scrivevo prima, ho sperato fino alla fine che prendesse una scossa, visto l’inizio non proprio veloce e spesso pesante. Ma non è stato così. Mi immaginavo, anche dalla quarta di copertina, un’avventura ricca di colpi di scena, combattimenti e attraversamenti di luoghi memorabili (colpa di Tolkien, ammetto), ma da un certo punto in avanti mi è parso di leggere qualcosa tipo harmony fantastico, non so se rendo l’idea.





Un peccato, quindi, perché se non avessi riscontrato tutte queste problematiche sarebbe stato un romanzo da rileggere. O magari lo farò, cercando di darvi l’importanza che ha.





Certo è che purtroppo non ha soddisfatto le mie aspettative, e quando succede quella che ha più amarezza sono io stessa.




⭐ ⭐














































Classificazione: 2 su 5.

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Published on June 17, 2020 02:30

June 13, 2020

Quei maledetti retroscena…

Quei maledetti retroscena…






Quando scrivi, si sa, ti verrebbe voglia di scrivere tutto. E quando dico tutto, intendo proprio tutto.





Vita, morte e rinascite dei tuoi personaggi, anche della comparsa che più comparsa non si può.





Ma, ahimè, ciò non è possibile. Oggi vediamo perché.









[image error]Image by Mimzy from Pixabay



Voglio raccontarti TUTTO!



Quando scrivo, pecco di modestia. Sì, perché ho la tendenza a voler raccontare tutto, ma proprio tutto, dei miei personaggi. Chissà, forse per mostrare al lettore quanto sia brava (ah-ah-ah) o altro.





Poi però rileggo e mi dico: “Ma al lettore, tutto ‘sto minestrone gli interesserà?” E soprattutto: “È utile ai fini della storia?”





Elementi, questi, da considerare assolutamente.





Innanzitutto, al lettore potrebbe non interessare una disquisizione lunga cinque pagine sul perché Mario e Luigia non si amano più, con annessi flashback utili solo a spezzare l’attenzione. In secondo luogo, tutto ciò che non serve alla storia… va scartato.





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Cosa tenere e cosa buttare via



Tra i vari lavori ai quali mi dedico quando esco dal letargo (che con ‘sto tempo più autunnale che estivo tende a prevalere), c’è un fantasy per ragazzi a cui sto lavorando da un annetto.





L’idea sarebbe (sottolineo il sarebbe) sviluppare su tre piani narrativi la storia di tre personaggi, tra cui il protagonista e l’antagonista, con dovuti flashback per inquadrarli meglio e capire come siano arrivati a un dato momento della storia.





Sviluppando, però, sempre più mi accorgo che se voglio far emergere anche la storia dei due personaggi, oltre al protagonista, metterei in secondo piano non solo lui, ma pure la trama principale, diciamo la quest, che in un fantasy è uno degli elementi fondamentali.





Quindi temo farò emergere qua e là le caratteristiche di questi due personaggi, magari con cenni e dialoghi, e lascerò al protagonista lo spazio che merita.





Questo per dirti due cose importantissime nel momento in cui andrai a pianificare la tua storia: 1) devi conoscere a menadito la storia di ogni personaggio, 2) devi saper scegliere cosa inserire nella narrazione e cosa tralasciare.





[image error]conger/design



Retroscena: quando è utile e quando è dannoso



Tutti gli aspetti che interessano in senso più lato la narrazione, come la storia di ogni personaggio (fino al momento presente, ovvero quello in cui si sta narrando), sono i retroscena.





Puoi scegliere di mostrarli grazie a dei flashback, a pensieri, a dialoghi.





Devi però sempre avere in mente cosa far passare al lettore e cosa tenere solo per te, che ti permette di sviluppare i tuoi personaggi in maniera verosimile.





Di ogni personaggio e di ogni ambientazione (soprattutto se inventata) occorre sapere vita, morte e miracoli, come si suol dire, ma non per questo ogni cosa deve essere gettata tra le pagine. Solo quello che serve. Per il lettore e per la storia.





Un retroscena è utile quando arricchisce la storia e fa capire al lettore un particolare momento, una particolare scena, il motivo per cui da A si passa a B.





Se questo non succede, per carità, il retroscena non va bandito come se fosse un’eresia, ma sappi che potrebbe distogliere l’attenzione del lettore da quello che è il focus principale, e soprattutto se i retroscena chiamiamoli superflui sono tanti c’è il rischio che arrivi a un punto in cui non ci capisce più niente.





Capita anche il contrario, ossia non far capire nulla e lasciare al lettore l’arduo compito di trovare il benedetto filo del discorso.





In questo caso, invece, laddove avrebbe dovuto esserci il retroscena non c’è nulla, e questa volta il lettore è confuso perché manca un pezzo; magari molto piccolo, ma fondamentale perché abbia davanti tutti i pezzi del puzzle.





Allora come fare?



Come sempre, non c’è la “regola d’oro” che ti dice quando inserire un retroscena e quando no, perché ogni storia ha le sue esigenze e i suoi bisogni.





È bene però aver davanti una struttura chiara della trama e della sua architettura, laddove inserire ogni elemento fondamentale, e in cui capire quando è utile, o fondamentale, inserire un retroscena.





Pare complicatissimo a spiegarlo, in realtà è più semplice di quanto sembra.





Quando andrai a strutturare la tua trama, pianificando una scaletta (meglio averla sia cronologica sia dell’intreccio, ossia ogni scena che scriverai), presta molta attenzione ai punti in cui si tratterà di inserire un retroscena (flashback, pensieri, dialoghi).





Sì, perché il punto in cui li scrivi è fondamentale: deve essere quello giusto, e solo quello. Prima sarà troppo presto, dopo troppo tardi.





Per questo avere una trama ben progettata dietro è di importanza oserei dire quasi vitale.





La rilettura è importantissima!



In sede di rilettura, poi, tutti questi elementi ti balzeranno sicuramente agli occhi, soprattutto se la tua rilettura sarà svolta con occhio critico, da esterno (è sempre bene però far leggere il testo ad altri, professionisti e beta reader).





Quando ho scritto il mio primo, santo, romanzo, ho passato gran parte della rilettura a rifinire tutti i retroscena, cercando di dosare le informazioni, e di dosarle nei punti giusti. È stato davvero un lavoro certosino: dialoghi riscritti, paragrafi spostati, passaggi eliminati…





Ma solo facendo così puoi dire di aver lavorato con cura sul tuo romanzo.





È importante allora pianificare la trama e l’intreccio, ma anche rileggere criticamente e con occhio analitico. Solo perdendo tempo (che poi non è perso per nulla) in questi dettagli potrai essere sicuro di presentare un libro degno di questo nome!
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Published on June 13, 2020 23:00

June 9, 2020

Come distinguere le vere recensioni negative di Amazon da quelle fuffa

Come distinguere le vere recensioni negative di Amazon da quelle fuffa






Se sei un autore mediamente conosciuto, ci sarai incappato anche tu.





Le recensioni negative di Amazon.





Brutta storia, soprattutto quando nulla hanno a che vedere con il tuo libro ma vogliono solo denigrarti.









[image error]Image by mcmurryjulie from Pixabay



Amazon e le recensioni



Chissà perché, ma le recensioni di Amazon sembrano contare il triplo di quelle rilasciate su altri negozi online o di quelle su blog e giornali.





Gente che si strappa i capelli se il rating del loro libro è inferiore alle cinque stelline, gente che fa delle vere e proprie crociate contro autori a suon di una stellina… potrei continuare all’infinito.





Forse perché Amazon è il negozio online principale su cui tutti acquistano tutto, tra cui e-book e cartacei, e quindi viene normale leggere lì le opinioni di altri.





Io stessa, se devo essere sincera, quando voglio acquistare un libro do sempre un’occhiata alle recensioni su Amazon (che poi vi faccia affidamento è un’altra questione).





Quindi è normale, per un autore, aver a cuore cosa pensino i lettori sul suo libro, e soprattutto cosa scrivano su Amazon. Soprattutto se ciò che scrivono è negativo.





Ci sono, però, recensioni e recensioni.





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Recensioni negative e recensioni negative fuffa



A un lettore il tuo libro può non piacere perché l’ha letto e l’ha trovato inferiore alle aspettative. E può capitare che lo scriva su Amazon, soprattutto se ha preso il libro da lì.





In questo caso, non serve piangere o arrabbiarsi, oppure criticare apertamente la cattiva recensione. Innanzitutto è deleterio per te come autore, perché segno di poca professionalità, e poi mettiti il cuore in pace: non puoi piacere a tutti.





E, come scrivevo all’inizio, se sei un autore mediamente conosciuto, fidati che qualche recensione a una stellina arriva sicuramente.





Un altro paio di maniche è quando la persona che scrive non solo non ha letto il tuo libro, ma la sua “recensione” è volta solo a denigrarti.





Ma come distinguere una vera recensione, seppur negativa, da sterco in faccia?



Purtroppo Amazon fa sempre dei grandi pasticci con le recensioni: lascia quelle negative che tutto sono fuorché recensioni e toglie quelle positive (che magari invece recensioni lo sono, eccome!).





Basti vedere le recensioni al nuovo libro di Stephen King: numerose a una stella solo perché costa troppo. E gente che scrive che non lo comprerà mai, quindi di tutto parliamo fuorché di una recensione!





[image error]Elenco di “recensioni” a una stella sul libro di King



Che poi, lasciatemelo dire, queste critiche di massa l’editore non le guarda nemmeno. Era successa la stessa cosa qualche anno fa per il libro di Ken Follett, “La colonna di fuoco”, e mi pare che il prezzo sia rimasto lo stesso per un po’, almeno fino a quando non è uscita la versione tascabile (e pure l’ebook è sceso alla “modica” cifra di 9,99 euro).





Quindi, se ti aspetti che Amazon (non me ne voglia, perché io mi ci rifornisco quotidianamente) faccia qualche cosa per recensioni negative fuffa, lascia stare, perché mai farà nulla.





Ritorniamo però alle recensioni negative e a come distinguere quelle “vere” da quelle “farlocche”.





Innanzitutto, per sapere se un lettore ha effettivamente acquistato il tuo libro su Amazon, basta vedere se sotto la recensione compare la dicitura “acquisto verificato”. In tal caso, se la recensione è negativa, si ipotizza che il lettore il libro lo abbia letto e non gli sia piaciuto.





Peccato non sia così semplice discernere usando solo questo paletto, e adesso ti dico perché.





I libri presi in prestito su Kindle Unlimited non hanno la dicitura “acquisto verificato” nelle recensioni.



Ho cercato in lungo e in largo, anche sulla FAQ di Amazon, e ho chiesto un po’ dappertutto, ma sembra che se prendi un prestito un libro attraverso il servizio Kindle Unlimited e lo recensisci, la dicitura “acquisto verificato” non compaia.





Ho fatto la “prova del nove” io stessa, prendendo in prestito un testo e recensendolo: effettivamente la dicitura sotto la mia recensione non c’è.





Questo è un libro che ho preso in prestito:





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Questa la mia recensione: effettivamente la dicitura “acquisto verificato” non c’è.





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Se il tuo libro è su Kindle Unlimited, allora, è davvero difficile stabilire se una recensione negativa è tale perché effettivamente la persona che l’ha scritta ha letto il libro e non le è piaciuto, oppure se è messa solo per ridurti il rating o criticarti.





Il problema, ahimè, si pone anche se il tuo libro non è su Kindle Unlimited: tutti possono recensire su Amazon (per fortuna solo profili con almeno 50 euro di acquisti, ma sono rari i casi di profili con acquisti inferiori, soprattutto se usano regolarmente Amazon), e soprattutto possono recensire anche libri che non hanno acquistato lì, ma ad esempio in libreria. In tutti questi casi, la dicitura “acquisto verificato” non c’è.





Distinguere una recensione negativa giusta da una fasulla diventa allora molto complicato.





Ci sono però alcuni trucchetti che puoi usare per capire dove puoi metterti l’anima in pace e dove puoi arrabbiarti perché ne hai tutte le ragioni.





Innanzitutto, una recensione negativa “come si deve” si presume dica anche perché il libro non è piaciuto. Perlomeno, io di solito faccio così, non solo per i libri ma anche per altri prodotti acquistati su Amazon.





Una recensione negativa vera, in altre parole, dovrebbe essere anche costruttiva, o comunque fornire valide motivazioni per cui tal libro non è piaciuto. In fondo, se scriviamo che qualcosa non ci è piaciuto diciamo anche i motivi, giusto?





Secondo punto: chi “recensisce” solo per denigrarti usa termini volti proprio a offenderti. Certo, lo fa in maniera subdola, perché Amazon (almeno quello) rifiuta recensioni offensive, ma comunque si capisce subito che non ha letto il libro e scrive solo per il piacere di mettere una stellina.





Come esempio ti lascio una recensione negativa che mi sono beccata sul romanzo “Io sono l’usignolo”: chiaro esempio, e perdona la ripetizione, che non solo la persona non ha letto il libro, ma ha scritto solo per pura critica.





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C’è anche un altro modo per smascherare questi supposti lettori. Purtroppo non valido al 100%, ma in alcuni casi utile.





Se clicchi sul nome del recensore, chiamiamolo così, ti verrà fuori il suo profilo con tutti i prodotti che ha recensito. Ebbene, se non compra mai libri e l’unico è il tuo, inizierei a farmi qualche domanda. Insomma, sembra proprio che abbia messo la recensione “tanto per”, e soprattutto che non usi Amazon per acquistare libri.





Meglio ancora quando sul profilo del recensore compaiono altri libri, oltre al tuo, e tutti con una stella o due: in questo caso il (sempre supposto) recensore non solo non li ha letti, ma si sta divertendo ad attaccare anche altri autori oltre te, e magari a te collegati.





È il caso di un violento attacco hater che il Collettivo Scrittori Uniti ha subito l’anno scorso da parte di una persona che faceva recensioni sotto profili prestati (non suoi, così da averne due o tre per ogni libro), e tutte le recensioni riguardavano libri di autori facenti parte del CSU. Ti mostrerei gli screenshot, ma sotto minaccia di denuncia questa persona le ha tolte.





Allora che fare?



Be’, se effettivamente hai appurato che qualcuno sta denigrando il tuo libro per il piacere di farlo, o perché ha dell’astio nei tuoi confronti, agire tempestivamente è la soluzione migliore.





In questo caso, la frase dantesca “non ti curar di loro ma guarda e passa” non ha granché senso, perché c’è qualcuno che possiamo rigirarla in molti modi, ma ti sta attaccando e non ha voglia di giocare. Soprattutto quanto colpisce a più riprese i tuoi libri con profili prestati.





È come se avessi un negozio di vestiti e qualcuno si divertisse a invogliare la gente a non comprarli. Ovvio che bisogna prendere una decisione seria, perché la situazione è seria.





Certo, c’è sempre l’opzione “occhio per occhio” se questa persona è anch’essa autore, e rendere la pariglia piazzando una bella recensione negativa ai suoi libri è gratificante, ma innesteresti una spirale infinita in cui a nuovi libri equivarranno nuove recensioni, magari anche con profili prestati. Una storia senza fine.





Meglio agire subito per vie più serie.





Per prima cosa, anche se per esperienza non è che dia i suoi frutti, occorre segnalare l’abuso della recensione (compare la dicitura sotto la recensione “segnala abuso”) ed eventualmente il profilo del recensore. Poi, scrivere direttamente ad Amazon spiegando la situazione e chiedendo che prenda provvedimenti.





Ahimè, Amazon difficilmente lo fa, e l’esperienza del Collettivo Scrittori Uniti di cui ti parlavo prima è un esempio, visto che nonostante le numerose segnalazioni le recensioni rimanevano, però ti consiglio di provare.





Se la situazione peggiora, nel senso che continuano ad arrivarti recensioni negative fasulle (sempre magari da profili prestati), è bene contattare anche la polizia postale.





Queste persone che si divertono a pubblicare recensioni negative denigratorie sono furbe, perché come ti dicevo difficilmente usano termini offensivi e insultano usando una maniera più subdola, ma se comunque la recensione mostra una, anche se non palese, diffamazione, una bella multa non gliela toglie nessuno, come afferma l’articolo 595 del codice penale. Se quindi la recensione ricevuta ti pare che appartenga a questa tipologia, chiedi subito aiuto a un legale, perché siamo davanti a un vero e proprio reato.





Insomma, si spera sempre di non dover ricorrere a misure drastiche, ma se chi scrive recensioni negative continua a farlo, e soprattutto se hai la certezza di conoscere questa persona, è bene agire tempestivamente.





Per fortuna che non tutti leggono le recensioni di Amazon (sia negative sia positive, perché attenzione! Esistono anche le recensioni positive fuffa, ne parlerò più avanti) e le prendono come oro colato, e di certo non decidono se acquistare un libro per via delle recensioni. O magari lo acquistano proprio perché ha delle recensioni negative: chissà, forse per vedere se effettivamente il libro è così brutto come si dice (provare per credere: io l’ho fatto e spesso le recensioni negative non c’entravano un bel niente con il contenuto del romanzo!).





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L'articolo Come distinguere le vere recensioni negative di Amazon da quelle fuffa proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.

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Published on June 09, 2020 23:00

June 6, 2020

Dopo il Maschio Alfa… il Maschio Palla

Dopo il Maschio Alfa… il Maschio Palla






Hai presente tutti quei maschi alfa di cui sono zeppi i romanzi di adesso? Tutti ‘sti maschioni muscolosi, di una bellezza rara e che fanno battere il cuore a noi donne, e se sono stronzi cadiamo ai loro piedi?





Bene, adesso scordateli. Perché è arrivato il Maschio Palla.









[image error]Foto di Marcel Langthim da Pixabay



È arrivato l’arrotino!



Visto che in editoria il fondo non si tocca mai e quando pensi di aver visto il peggio ti stai sbagliando di grosso, e visto che ormai è in ogni dove la voglia di adeguarsi ai gusti dei lettori (non ho ancora ben capito quali), ecco profilarsi all’orizzonte di Editòria un nuovo personaggio tipo: il Maschio Palla.





Se la costante presenza di belli e dannati stava annoiando perfino i bradipi, questa nuova involuzione del personaggio maschile farà rattrappire qualsiasi essere dotato di linfa vitale nel raggio di qualche chilometro.





Il Maschio Palla. Sottotitolo: come distruggere secoli e secoli di letteratura.





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Sto tentando di leggere un libro



Ne parlerò più avanti in questo mese, ma il verbo tentare non è messo lì a caso. È che proprio sto arrancando, e fidati, mi capita raramente.





Ciò che mi rende inviso questo benedetto romanzo è soprattutto la maniera in cui l’autrice ha distrutto il protagonista maschile, divenuto nel giro di qualche pagina un perfetto esemplare di Maschio Palla.





I tratti per smascherare questi cliché moderni sono tantissimi e ne basta uno affinché gli altri piovano come rospi.





Il Maschio Palla non ha personalità. Sembra di sì, all’apparenza, ma a un’analisi più profonda capirai che è messo lì solo per servire la protagonista femminile: appena entra in scena lei, tutte le qualità che pareva avere il Maschio Palla si annichiliscono, ed egli diventa il suo burattino.





Lo vedrai sciogliersi nelle azioni più sdolcinate dai tempi delle telenovelas spagnole, agire senza criterio in modi anche discutibili, lo troverai ovunque sia la protagonista femminile, e logicamente (non sia mai che ne sentiamo la mancanza), la storia d’amore è così zuccherosa da farti bere caffè amaro per tutta la vita. Insomma, diabete assicurato.





Bello, dirà qualcuno. ‘Na noia, dico io.





Soprattutto perché questo soggetto non è più solo nei romanzi rosa, young adult, romantic suspense, dark romance, paranormal romance e altri sottogeneri simili.





Lo trovi in romanzi di avventura, fantasy, thriller… horror persino! Dove di solito si muovono altri personaggi, e di Maschi Palla se ne vedono assai pochi.





[image error]FotoEmotions/Pixabay



Non che sia contraria (ma lo sono)



Ho già parlato di originalità.





E mi par giusto dire che un personaggio maschile non deve necessariamente essere bellissimo, bravissimo e seguire a quattro zampe il personaggio femminile, per essere memorabile.





La memorabilità di ogni personaggio (in generale, quindi sia maschile sia femminile) non riguarda solamente i pregi, e anzi, meno ce ne sono e meglio è.





Per quale motivo? Perché il lettore ci si rivede. Se un personaggio non ha difetti, è bello e bravo in tutto, raramente qualche lettore ritroverà in lui tratti che sente vicini. L’animo umano è fatto di errori.





Peccato che questo non succeda in letteratura, soprattutto quella che “vende”, dove le scene sono popolate di maschi e femmine di bellezze uniche ed esemplari, senza difetti, e, se mai ci fossero, basta un click, come se si trattasse di una finestra di Windows, e la chiudi. Così i difetti scompaiono dalla pagina.





Qualche maligno dirà che sono gelosa (rido), invidiosa (rido) o peggio, in realtà sto solo parlando di un dato di fatto, e serve ben poco per rendersi conto che la letteratura di oggi è popolata da questi fantocci, che purtroppo si stanno diffondendo in numerosi generi che prima (per fortuna) non li contemplavano.





Il Maschio Palla è l’emblema di questa progressiva involuzione che ahimè temo sarà molto lunga.





Quindi preparati a leggere di personaggi maschili dannatamente noiosi e che le uniche palle sono quelle che designano il loro nome.





Da questa prospettiva, la voglia di darmi all’orto è sempre più forte.









Vuoi leggere altre riflessioni controcorrente sulla narrativa di oggi? Clicca qui sotto!



Clicca qui!



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Published on June 06, 2020 23:00

June 2, 2020

Autore che vai, grane che trovi

Autori che vai, grane che trovi






Tra un lavoro e l’altro, ormai mi sono fatta una certa idea di quali siano i “tipi” di autori che gravitano intorno a editor come me e altri.





Penso comunque che la medesima riflessione la facciano gli scrittori su noi editor, quindi il mio discorso sarà spassionato e ironico.





Magari qualcuno di voi si ritroverà in questi “tipi”, e chissà, potrebbe essere uno spunto per migliorarsi!









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Tutti vorremmo la perfezione



Purtroppo, raramente accade.





La bellezza di lavorare con scrittori che crescono insieme a te e al loro libro per fortuna l’ho sperimentata molte volte in questi anni.





Al punto da domandarmi: ma vuoi dire che sono davvero tutti così? Così gentili e bravi eccetera?





Era meglio se non me lo fossi chiesto, perché il giorno dopo ecco una valanga di richieste astruse a orari improponibili e filippiche che nemmeno nei tribunali.





Ovviamente quando mi capita mi ci arrabbio, chi non lo farebbe, ma poi ci rido su, e spero che rida anche tu con me.





A meno di non mandarmi via piccione viaggiatore una bomba rotonda tipo quelle di Super Mario.





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Ti spiego come fare il tuo lavoro



I migliori sono gli scrittori che ti insegnano come si fa l’editing.





Magari il loro testo è discutibile per com’è scritto, e tu ti arrangi alla bell’e meglio a decriptare frasi su frasi domandandoti cosa vorranno mai dire.





Insomma, un lavoro certosino, ma quando il testo torna all’autore ti arriverà una bella e-mail (o telefonata, possibilmente all’ora di cena), in cui scopri che nulla di quanto hai fatto andava bene.





Non solo l’autore questionerà su ogni virgola o su come hai riformulato una frase (perché attenzione! quello è normalissimo), ma pretenderà di insegnarti il tuo lavoro dicendoti che si fa così, così e così.





Al che tu ti domandi: ma se non va bene, perché non se lo corregge da solo?





Dubbio lecito, e non so darti una risposta. Penso sia una delle tante dispute autori VS editor che andranno avanti nei secoli e nei secoli.





Grammarnazi in arrivo



Una specie tutta nuova.





Sono autori che, ahimè, hanno molte difficoltà nella grammatica e fanno tanti errori, anche da scuola elementare, che tu correggi diligentemente come un buon servitore dei libri.





Il problema è che loro si reputano dei 100% grammarnazi (di non so quale lingua), e il più delle volte correggono le tue correzioni… sbagliando!





Perché per loro “gli dico a Maria” (ma non solo) è il Sacro Graal, e se provi a cambiare si squarcia il cielo, piovono fulmini e saette e dal mare arriva il Craken.





Ne hai di discussioni da portare avanti, e dovrai appellarti alla Crusca affinché il povero 100% grammarnazi capisca che sì, forse aveva torto. Ma si guarderà dall’ammetterlo.





Se lo dici tu…



O Testadura Bill. In altre parole, autori così testoni che la durezza del diamante è niente al confronto.





Azzardo a dire che questi autori sono l’evoluzione (negativa) dei 100% grammarnazi, e con loro l’editor ha praticamente partita persa senza nemmeno entrare in campo.





Queste “testine” non solo non capiscono che gli interventi che fai al loro libro lo migliorano, e se li fai c’è un motivo, ma se per caso ti capitasse di lavorare di nuovo con loro ti manderanno un nuovo manoscritto con i medesimi errori trovati in precedenza, che siano di ortografia, sintassi o di stile.





Della serie: okay, mi paghi, sì, ma mi piacerebbe lasciarti qualcosa… anche solo un granello di insegnamento.





Ma niente. Loro si limiteranno a prendere per buone le correzioni (liquidandoti con laconici “se lo dici tu…”), ma nei libri successivi torneranno a scrivere come prima. Al 99,9% male.





Carta bianca (o forse no)



Ultima perla: gli autori che ti danno carta bianca. Ma attenzione! Solo in modo apparente.





Sembrerebbero i migliori con cui lavorare, perché ti lasciano ampissima libertà d’intervento, se non che quando restituisci la bozza rivista praticamente non va bene nulla.





Se hai inserito quel pezzo non va bene perché dovevi trattare di un altro argomento… e no, questo paragrafo ha poca enfasi, meglio riscriverlo così… qui però vorrei che… là non scrivere così…





Praticamente riscrivono loro tutto il testo e tu ti domandi se quelle zucchette che stai vedendo crescere nell’orto non meritino più attenzione e magari rendano meglio.





Questi autori ti danno solo l’apparente libertà, in realtà hanno ben chiaro cosa vogliono del loro libro, ma chissà perché te lo dicono dopo che hai passato ore e ore a correggere.





E ogni scambio di e-mail si concludere sempre con: vai, sei liberissimo di comportarti come vuoi! Col cavolo!





Insomma, aver a che fare con autori di questi quattro tipi metterà a dura prova la tua pazienza, ma è comunque sempre un buon lavoro che ti aiuterà a crescere come editor. Nel senso che a volte è davvero meglio coltivare zucchette.



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Published on June 02, 2020 23:00

May 30, 2020

Falce di Neal Shusterman: recensione

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Immagina un mondo dove la gente non muore più. E adesso immagina che il potere di vita e di morte è nelle mani di un gruppo di persone che possono decidere di ucciderti quando vogliono e per qualsiasi motivo.





Ecco. Questo è Falce di Neal Shusterman.





Ringrazio la casa editrice Mondadori per avermi omaggiato di una copia e le ragazze che hanno organizzato questo enorme review party, i cui blogger partecipanti troverai qui sotto.









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Un mondo senza fame, senza guerre, senza povertà, senza malattie. Un mondo senza morte. Un mondo in cui l’umanità è riuscita a sconfiggere i suoi incubi peggiori.

A occuparsi di tutte le necessità della razza umana è il Thunderhead, un’immensa, onnisciente e onnipotente intelligenza artificiale. Il Thunderhead non sbaglia mai, e soprattutto non ha sentimenti, né rimorsi, né rimpianti.

Quello in cui vivono i due adolescenti Citra Terranova e Rowan Damisch è davvero un mondo perfetto. O così appare.

Se nessuno muore più, infatti, tenere la pressione demografica sotto controllo diventa un vincolo ineluttabile. Anche l’efficienza del Thunderhead ha dei limiti e non può provvedere alle esigenze di una popolazione in continua crescita. Per questo ogni anno un certo numero di persone deve essere “spigolato”. In termini meno poetici: ucciso.

Il delicato quanto cruciale incarico è affidato alle cosiddette falci, le uniche a poter decidere quali vite devono finire. Quando la Compagnia delle falci decide di reclutare nuovi membri, il Venerando Maestro Faraday sceglie come apprendisti proprio Citra e Rowan. Schietti, coraggiosi, onesti, i due ragazzi non ne vogliono sapere di diventare degli assassini. E questo fa di loro delle falci potenzialmente perfette.





Su questo romanzo ho pareri contrastanti. Sì, perché se da un lato è davvero originale, a partire dai termini usati (“spigolare”, anche se l’originale gleaning è decisamente più poetico), dall’altro purtroppo ho trovato i vari personaggi piuttosto scialbi dal punto di vista della caratterizzazione.





Ma andiamo per ordine.





In un mondo post-contemporaneo e post-mortale in cui comanda l’onnisciente identità artificiale chiamata Thunderhead, ormai morte, fame e altre pestilenze dei nostri giorni sono un ricordo. La gente può vivere in eterno e di volta in volta assumere l’aspetto che aveva un tempo, come se ringiovanisse anziché invecchiare (“turning the corner” nell’originale).





Tutto molto bello, vero? Peccato che esista un gruppo di persone, chiamate Falci (e già il nome ti potrà suggerire perché), che di volta in volta hanno il compito di “spigolare” un certo numero di uomini e donne, per ragioni sia morali ma anche discutibili.





In questa cornice si dipanano le vite dei due protagonisti, Citra e Rowan, scelti dalla falce Maestro Faraday per diventare suoi apprendisti. Solo uno di loro, alla fine, diventerà falce.





Il romanzo ha un inizio abbastanza interessante ma un po’ lento, per poi iniziare a scorrere davvero bene dopo il primo colpo di scena che non ti aspetteresti mai e proseguire a ritmo serrato fino alla fine, che purtroppo ho trovato un po’ telefonata e non c’è stato quel guizzo che avrei sperato.





Come scrivevo prima, se da una parte l’ambientazione è molto originale e la trama si fa leggere in modo scorrevole e anche godibile, i personaggi li ho trovati poco caratterizzati, a partire da Citra e Rowan. Non ho visto in loro una grande evoluzione, ma anzi ogni volta mi è parso che loro seguissero la storia anziché il contrario. Ed è un peccato perché con una migliore caratterizzazione sarebbe uscito un romanzo completo dall’inizio alla fine.





Tutto sommato, però, la storia mi è piaciuta, quindi il mio giudizio è più che positivo.





In un mondo editoriale pieno di romanzi che si ripetono e trame che si assomigliano, Falce fa la differenza; ha quella dose di crudezza quanto basta per non essere il solito young adult di vampiri sbrilluccicosi e non si sforza di essere smielato per piacere a tutti.





Insomma, come dicono i giudici di un famoso cooking show, per me è sì.





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Published on May 30, 2020 02:00

May 29, 2020

Hunger Games: Ballata dell’usignolo e del serpente (Suzanne Collins) – Recensione

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È uscito da pochissimi giorni e penso che la maggior parte degli amanti del genere lo stia già leggendo o l’abbia già letto.





Io ho avuto il piacere di partecipare al review party e ringrazio ancora la Mondadori per avermi omaggiato di una copia di questo libro che, nel modesto parere di una fra tanti, è uno dei più belli letti nel 2020.





Sto parlando del prequel della famosissima saga di Hunger Games: Ballata dell’usignolo e del serpente.









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L’AMBIZIONE LO NUTRE, LA COMPETIZIONE LO GUIDA, MA IL POTERE HA UN PREZZO

È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games. A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi. I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.





Se proprio devo essere sincera, avevo letto Hunger Games parecchi anni fa ma proprio non mi aveva convinto. Rileggendolo per il review party, invece, il giudizio si è capovolto: non sempre la prima impressione è quella giusta!





Quindi, quando ho letto la trama del prequel avevo già aspettative molto alte (a differenza dei sequel, che mi deludono sempre): come si sarebbe comportata la Collins a usare come protagonista quello che a tutti gli effetti è stato l’antagonista della trilogia su Katniss?





Il rischio di cadere nel già sentito, nei cliché era forte. Soprattutto in un periodo in cui il panorama editoriale è praticamente pregno di figure maschili belle e dannate che fanno battere i cuori a tutti.





La Collins avrebbe potuto adagiarsi su quanto vuole il mercato, piazzare un protagonista maschile negativo ma che sotto sotto non lo è e diventa così per via delle circostanze e bla bla bla… Insomma, il rischio c’era che il nostro Coriolanus assomigliasse all’Anakin Skywalker di Star Wars divenuto poi Darth Vader/Fener (chi ha visto la saga cinematografica sa cosa parlo).





E invece no.





Coriolanus Snow. Potrei dire talmente cose su di lui che impiegheresti mezz’ora a leggere questa recensione, ma cercherò di non farlo. Sappi che però è entrato a pieno diritto nel mio piccolo (piccolissimo) podio di personaggi maschili come si deve (e in tutti i romanzi che ho letto negli ultimi anni vi ho inserito solo Alabaster de La Quinta Stagione, a notare le mie forse eccessive esigenze).





Coriolanus Snow è un personaggio che sa benissimo quello che vuole, fin dalla mattina della mietitura, momento in cui si apre il romanzo. Tutti gli avvenimenti che lo vedranno protagonista da quel punto in avanti forgeranno solamente un carattere che è già latente, e che lo colloca nella ahimè poco nutrita schiera di eroi negativi che popolano la letteratura.





Il nostro futuro presidente di Panem sa cos’è il potere, lo sa perfettamente. Magari ci saranno momenti in cui altre emozioni vorranno sviarlo (come la misteriosa Lucy Gray), ma il potere, la brama di potere, è insita in lui. In fondo è uno Snow, e gli Snow si posano sempre in cima.





Il romanzo meriterebbe di essere letto solo per lui, ma la Collins ha voluto metterci di più, e così assisteremo a una versione raffazzonata e grezza degli Hunger Games, ma non per questo meno cruda e crudele, e ritorneremo nel nostro amico Distretto 12, non da abitanti ma da Pacificatori, con una visione tutta nuova della città e del Giacimento. Assisteremo a canti e ballate (quella dell’impiccato ti ricorderà qualcosa, se hai letto Hunger Games), e assisteremo anche al chiasso delle ghiandaie imitatrici, e ne ha ben donde il caro Snow a odiarle già da subito!





Come nella precedente saga, i colpi di scena sono dietro l’angolo, e davvero: qualsiasi cosa ti aspetti che accada… non accadrà. Fidati. La Collins è troppo brava a creare storie per raccontarti qualcosa di già sentito, e questo è un altro punto a favore del libro, bello corposo (500 pagine!), ma che si legge veramente tutto d’un fiato.





Insomma, Ballata dell’usignolo e del serpente merita di essere letto, e spero che queste mie poche frasi ti abbiano incuriosito a sufficienza.





Io spero invece che la Collins ci sforni qualcos’altro da quel di Panem, perché non mi spiacerebbe affatto tornare nell’arena. O sentire ancora una volta una ghiandaia imitatrice.


L'articolo Hunger Games: Ballata dell’usignolo e del serpente (Suzanne Collins) – Recensione proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.

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Published on May 29, 2020 23:00