Emanuela Navone's Blog, page 11

August 21, 2021

Perché un editor dovrebbe rileggersi?

In effetti, può sembrare strano. Un editor che si rilegge?! Ma come, è così perfetto!

Questa è una delle opinioni molto diffuse: l’editor è infallibile. Va a braccetto con l’altra opinione, ossia la diffidenza nei confronti di chi prende il tuo libro e lo stravolge. Ma questa è un’altra storia.

Ritornando all’argomento dell’articolo, l’editor deve rileggersi, per forza. Oggi vediamo perché.

ulleo/pixabay .wp-duotone-filter-6121e86336af8 img { filter: url( #wp-duotone-filter-6121e86336af8 ); } Una figura infallibile?

Infallibile. È questo, come dicevo, uno dei tanti luoghi comuni che gravitano intorno all’editor. L’idea che egli possa.

In realtà, non è proprio così.

Ci sono casi in cui l’editor non riesce proprio a venirne a capo (scrittura che definire tale è impossibile; sì, ahimè, succede).

Oppure spesso l’editor può sbagliare. Errare è umano.

Proprio per questo anche un editor dovrebbe rileggersi, e non pensare che le sue correzioni siano oro colato.

Meglio rivedere…

È sempre doveroso (se non obbligatorio) rileggersi. Per lo scrittore, le riletture sono fondamentali.

Ma anche per l’editor.

Soprattutto se un testo presenta numerosi problemi a livello grammaticale, sintattico, di contenuto, può capitare che una prima revisione non basti.

Mi spiego meglio.

Poniamo il caso che un libro abbia, oltre che ad alcune lacune grammaticali e ortografiche, anche difficoltà a livello di scorrevolezza: frasi troppo lunghe, frasi ingarbugliate.

La prima correzione rischia di focalizzarsi sulla grammatica e sull’ortografia e a mettere in secondo piano il resto. È normale, gli errori ortografici e grammaticali sono i primi a saltarci all’occhio (soprattutto se abbiamo attivo lo strumento Correzione di Word).

Occorrerà quindi una seconda revisione che si focalizzi su stile e scorrevolezza.

E una rilettura globale per evitare di aver dimenticato per strada qualche refuso (quelli, purtroppo, sono sempre presenti!).

È davvero difficile che una revisione sia “buona” alla prima: l’editor può anche aver frainteso qualche concetto, che l’autore gli farà presente quando riavrà in mano il testo.

Bisogna quindi armarsi di pazienza ed essere pronti a rivedere anche più volte il testo corretto. Questo influirà anche sul compenso che l’editor dovrà chiedere: stare otto ore al giorno su un tot. di cartelle costerà di più che passarvi sopra soltanto due ore.

Diffida quindi di chi ti corregge un testo in pochi giorni, soprattutto se non è affiancato da altri: è probabile che sia una correzione veloce e che pertanto “dimentichi” alcune cose. Letture troppo raffazzonate danneggiano un testo anziché migliorarlo. Meglio spendere qualche ora in più a rileggere le proprie correzioni che sopravvalutarsi o, peggio, pensare che “tanto l’autore non se ne accorge”. Lui magari no, ma i lettori sì.

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Published on August 21, 2021 23:00

August 17, 2021

I vostri racconti #4

In tanti hanno accolto l’estro creativo scaturito dal mio post (che trovi qui), e mi hanno dato il consenso a pubblicare il loro racconto.

Oggi diamo voce al secondo racconto di Lorenzo Malagola.

Se vuoi leggere i racconti precedenti clicca qui.

Uno spettacolo di natiche, sudore e profumo di cocco. Seguo con la coda dell’occhio il danzare di due capezzoli rosa nella penombra e chiacchiero con Pietro di quanto sembrasse difficile convincere l’ultimo cliente. Invece il dottor Grimaldi eccolo là, avvinghiato a una bionda innaturale al tavolo che gli abbiamo riservato con tutti gli onori. Il contratto è ormai firmato e non resta che brindare a champagne per il bonus che intascheremo a fine mese. Convincere la gente a vendersi l’anima è il mestiere più vecchio del mondo.

Catturo una morettina dal seno leggero, saluto Pietro e mi vado a godere un privé comodamente sprofondato in un divano in pelle. La ragazza si siede su di me, si divincola in una scenografia da prima ballerina e mi accarezza con i mille tentacoli di una medusa mortale. Le mie mani veleggiano lungo le sue linee e approdano su tutto ciò che c’è di morbido, una spiaggia dopo l’altra, e poi improvviso un calore mai provato prima che mi riempie il corpo e mi brucia la testa, annegandomi i sensi.

Non so per quanto tempo sono rimasto incosciente, ma il sole si staglia alto e soffocante sopra la saletta del privé. Le palpebre socchiuse, del locale scorgo a fatica soltanto una bassa nube di polvere che ristagna sui pochi muri ancora in piedi. Sono completamente ricoperto di cenere e circondato da una morente desolazione. Mi alzo a fatica, chiamo Pietro e il dottor Grimaldi, ma non mi rispondono che ombre e silenzi. A malapena riesco a scrollarmi la polvere dagli occhi e quello che finalmente posso vedere con chiarezza non basterebbe mai a definire l’inferno. Il panorama di macerie aguzze si estende oltre l’orizzonte come un campo arato dalla follia di Dio. Torri di fumo divampano in tutte le direzioni e le esplosioni improvvise si susseguono senza una logica.

Mi trascino lento e indolenzito fino al tardo pomeriggio, percorrendo forse qualche centinaio di metri tra guglie di cemento annerite e travi di acciaio ritorte. Da quello che sembra un ammasso confuso di lamiere carbonizzate sento un pianto di vita. Raggiungo la sommità della collina di metallo e dopo aver sollevato alcune lastre ondulate intravedo le braccia di una persona. Continuo a rimuovere detriti finché riesco a liberarla. Anna… riesce solo a pronunciare il suo nome mentre mi abbraccia come se non esistesse nessun altro, le lacrime incrostate alla polvere che le disegnano il terrore in volto.

Trascorriamo la notte rifugiati sotto un tetto di fortuna, che ho ricavato proprio dalle lamiere da cui l’ho tratta in salvo. L’aria intorno a noi è così densa che non si vedono le stelle, giusto la Luna ci osserva senza interesse, balenando di quando in quando attraverso il pulviscolo che gravita sopra ogni cosa. Nel buio si intravedono focolai eruttare come vulcani in miniatura e non si sente altro che un ronzio sordo, un crepitio di morte. All’alba ci incamminiamo intorpiditi verso alcune vette geometriche che si stagliano scure in lontananza, probabilmente dove si trovava il centro della metropoli, coi suoi grattacieli brulicanti di gente indaffarata nella quotidiana lotta per un posto a tavola.

Le ombre cominciano ad allungarsi quando raggiungiamo una zona libera dai detriti, quello che fino a ieri era un grande incrocio trafficato, migliaia di veicoli in movimento tra un semaforo e l’altro, milioni di passi lungo i marciapiedi, e lì mi rendo conto che quelle ombre non sono reali. Sono troppe, decine, centinaia, sono dove non dovrebbero essere, seguono linee impossibili partendo da vertici che non esistono, che non esistono più. Siamo soli, io e Anna, in piedi sul cadavere della città, in mezzo ai fantasmi che la popolano.

Ci sediamo per la cena, i volti tristemente illuminati da alcune candele. Stasera festeggiamo un anno dallo scoppio della guerra, secondo un calendario che è l’ultimo lascito dell’ingegno umano. Non ricordo quasi più chi ero prima, il lavoro che facevo, le mie aspirazioni, i desideri. Sopravvivo un giorno dopo l’altro come membro di una piccola comunità costruita faticosamente sulle rive di un torrente limaccioso. Anna parla a stento e non mi ha mai ringraziato per averla salvata. Non posso biasimarla visto il destino che le ho offerto. Spendo le mie giornate isolato da tutti, coltivando un quadrato di terreno asciutto come la pomice, nella speranza che ne sbocci un senso. Mi concedo un po’ di compagnia soltanto la sera, quando mi siedo in mezzo agli altri a mangiare cibo in scatola non ancora scaduto. Qualcuno racconta aneddoti di un passato remoto come i sogni e quando poi andiamo a dormire c’è chi si sveglia in preda agli incubi del presente.

Sono trascorsi tre anni e la comunità ha continuato a crescere. La settimana scorsa è nata Primavera, una piccola piantina di rosmarino di cui mi sono innamorato a prima vista non appena è germogliata nel mio campo. Aggiungerà sapore alle cene in compagnia e ai nostri racconti sbiaditi. Ieri invece è nata Stella, perché le stelle non le vediamo da molto tempo, ma lei forse una notte ci riuscirà e da quella notte nessuno avrà più incubi. Il padre è morto a causa delle radiazioni, come accadrà a sua madre e poi a tutti noi, ma nessuno lo dirà mai a Stella, perché sembra una bambina sana e magari riuscirà a invecchiare come lo faranno i suoi figli. Non si può tornare indietro, ma l’erba sta ricomprendo anche le macerie più nere e la pioggia che ha spento gli incendi ora sta plasmando un nuovo panorama, che Dio non avrebbe potuto immaginare.

Oggi sono morto, lo so per certo perché mi trovo riverso bocconi accanto alla mia Primavera. Riesco a intravederla appena, quasi cieco per la malattia, ma per la prima volta nella vita mi sento felice. La accarezzo, le dita che attraversano le rigide linee dei suoi rametti e incespicano su ognuna delle foglie appuntite. Le conto una dopo l’altra, e alla fine un lento gelo che non ho mai provato mi satura il corpo e mi consuma la coscienza, spegnendomi i sensi.

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Published on August 17, 2021 23:00

August 10, 2021

5 cliché da evitare (se possibile)

Sono loro, i cliché! Insidiosi, fastidiosi, obbrobriosi… ma presenti in ogni dove.

Sarebbe bello allora tentare (o quantomeno provarci) di evitarli, tuttavia non è affatto semplice!

Oggi ho selezionato per te i cinque cliché in assoluto più frequenti (e che consiglio sempre di evitare… se possibile).

Attenzione: ironia a gogò, e anche un pizzico di cattiveria. Se sei permaloso non continuare la lettura 😉

Bellissimo + bellissima = amore folle

Questo cliché è tipico soprattutto dei romance, ma anche degli urban fantasy.

Il protagonista maschile è bellissimo, ammirato da tutte, invidiato da tutti, intelligente e capace in ogni cosa che fa. Circa il carattere, due sono le opzioni: o principe azzurro d’altri tempi, premuroso, protettivo, geloso al punto giusto. Oppure bad boy stronzo, possessivo, irascibile, gelosissimo. In ogni caso, la protagonista cadrà irrimediabilmente ai suoi piedi.

E veniamo a lei: la protagonista è anche lei bellissima (ma non sa di esserlo), spesso sfortunata, impacciata, ironica di se stessa. Raramente è una cazzuta al cento percento, di solito si lascia cadere nelle trame dell’uomo e obbedisce a qualsiasi cosa lui le chieda (soprattutto se questi è il bad boy).

Se il nostro lui è il principe azzurro, saranno scintille già dal primo sguardo, ed entrambi cadranno innamorati love lasts forever nel giro di pochi giorni. Se invece il nostro lui è un bad boy, occorreranno pagine e pagine di ripicche, litigi, sfuriate, ma poi anche qui i nostri eroi tomberont amoureux.

In ogni caso, l’amore trionferà su tutto.

Happy people in happy land

I nostri due eroi saranno sempre attorniati da famigliole felici e un po’ pazzerelle. I rispettivi madre e padre si amano alla follia, i fratelli o sorelle (se ce ne sono) si vogliono un bene dell’anima. Nessuna macchia a oscurare queste famiglie: la felicità è dappertutto!

Capita anche che invece le famiglie siano inesistenti (nel senso che nel romanzo proprio non se ne parla… mah!), oppure, come vedremo adesso, disastrate.

Se il protagonista maschile è un bad boy, accade che abbia alle spalle famiglie disastrate, o non abbia proprio una famiglia. Nella maggior parte dei casi si porta appresso un’oscurità che però la nostra eroina saprà scacciare via con il suo amore solido e ostinato.

Anche la girl può avere una famiglia disadattata dietro, e sarà il turno del suo lui di scacciare ogni oscurità.

Piacere, essere soprannaturale

Dopo il successo di Twilight, tantissimi urban fantasy (self e no) si sono appoggiati alla struttura della Meyer.

E quindi: lei incontra lui a scuola, sono entrambi adolescenti. Scocca una scintilla, e poi lui le rivela di essere una creatura soprannaturale (vampiro, lupo mannaro e via dicendo, anche con qualche bella idea originale). C’è qualche problema che interrompe il corso delle loro vite e che loro dovranno fronteggiare. Spesso anche la nostra lei scopre di avere poteri paranormali o di essere un’eletta, oppure una creatura soprannaturale.

Anche in questo caso, l’amore trionferà su tutto.

Il triangolo no…

Il triangolo amoroso è il caposaldo di tutti i cliché, oserei dire.

Quale che sia il genere (ma anche in questo caso il primato lo tiene il romance), la protagonista è invischiata in un intreccio amoroso da cui è difficile uscirne, in particolare per lei.

In genere la troviamo a combattere con l’attrazione che prova per uno spasimante e l’attrazione che prova per l’altro, spesso il primo è il nostro amato bad boy, il secondo l’amico di sempre che da sempre è innamorato di lei.

Poi c’è anche il caso in cui la protagonista è praticamente corteggiata da tutti i personaggi maschili del libro… e ovviamente non capisce come mai. Sceglierà poi il solo e unico uomo che le ha fatto battere il cuore sin dall’inizio, con buona pace degli altri.

Deux ex machina

Tipico soprattutto dei fantasy: i nostri eroi sembrano avere la peggio, quando all’improvviso (e uso l’avverbio per un motivo) arriva qualcosa a salvarli, che sia un’entità buona, un mago;oppure lo stesso eroe si rivela portatore di poteri fantastici (chissà perché poi non l’aveva capito prima), o riesce finalmente a sfruttarli (in quest’ultimo caso, buona parte della storia è incentrata sulle difficoltà dell’eroe di accettare questa “condizione”).

Questo intervento non solo la maggior parte delle volte è poco credibile, perché addirittura non dà alcuna spiegazione (recentemente ho letto un romanzo di un grande scrittore, nel senso di famosissimo, in cui i due protagonisti si trovavano impossibilitati a salvarsi, davvero, non avevano scampo, quando una non meglio entità benigna li ha salvati… senza che l’autore spiegasse almeno perché), ma è anche fastidioso per il lettore, che si sente preso per i fondelli.

Come anche l’eroe che scopre di saper usare i suoi poteri, senza che si abbia capito come mai, visto che qualche pagina prima (o fotogramma o film precedente, si veda Star Wars, ahimè, visto che sono fan) egli aveva vistosi problemi a capirli prima ancora che a utilizzarli.

Insomma, e quindi?

In effetti questa breve disamina può bastare a raccontare la trama di centinaia di romanzi, che peraltro hanno avuto molto successo.

Questo ha un’importante conseguenza: i cliché, sebbene ingombranti, piacciono. E se piacciono, perché evitarli?

Come ricorderai, prima ho scritto… evitarli, se possibile.

Un romance si regge su molti dei cliché da me menzionati, e non è detto che annoi, o peggio. Anche numerosi fantasy fanno appello a cliché di questo tipo.

Il consiglio che posso darti è: se puoi, evitali. Una storia d’amore tra due sfigati può piacere tanto quanto quella tra due bellissimi. Un eroe fantasy che lavora sui suoi difetti è bello da vedere, perché lo avvicina a tutti noi. Ma memorabili storie d’amore ci fanno sognare, no? Come anche la mano divina che risolve i problemi (non vorremmo anche noi averla, qualche volta?). Cliché sì, allora, ma con parsimonia. Non facciamo del nostro romanzo il copia e incolla di tanti altri.

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Published on August 10, 2021 23:00

August 7, 2021

I vostri racconti #3

In tanti hanno accolto l’estro creativo scaturito dal mio post (che trovi qui), e mi hanno dato il consenso a pubblicare il loro racconto.

Oggi diamo la voce a Enrico Mattiazzi.

Se vuoi leggere gli altri racconti clicca qui.

David era abituato a svegliarsi presto, tuttavia quando prese in mano il suo smartphone vide che erano quasi le dieci. In effetti, la sera prima avevano fatto tardi, di nuovo. Tutte le sere c’era una scusa buona per fare baldoria fino a tardi. Jack, il suo amico e compagno di avventura, non si tirava mai indietro, non rinunciava mai a un brindisi con qualche sconosciuta e finiva sempre per ingurgitare una quantità di alcool spropositata. David sapeva contenersi: sapeva divertirsi senza esagerare, non sopportava i postumi della sbornia.Scese dal letto e si avviò in cucina: cercò di fare piano, sicuramente Jack aveva bisogno di dormire ancora. C’era uno strano silenzio nell’aria, ma non gli diede molta importanza. Un buon caffè, cereali integrali, latte vegetale e in dieci minuti David aveva nuovamente un ottimo livello di energia. Tuttavia, non riusciva a rilassarsi, aveva una strana sensazione che aleggiava in tutto l’appartamento, e anche dentro di lui.Senza un motivo preciso e seguendo solo l’istinto ritornò in camera: il letto di Jack era vuoto. E c’era tanto, troppo silenzio. Si affacciò dal terrazzo, dal quale si ammirava in lontananza lo splendido lungomare: deserto. Rimase stordito e per un attimo pensò di essere ancora addormentato. Era estate, una splendida località balneare, la sera prima avevano conosciuto decine di persone: dove diavolo erano finiti tutti?Fece un rapido controllo delle sue facoltà mentali, poi passò alle capacità fisiche di base: capì che non stava dormendo, era lì, era lucido. Era solo, completamente.David si vestì in fretta, corse giù per le scale e si avviò verso la spiaggia. Nessuna auto. Nessuno nei negozi. Niente. Tutto immobile e deserto. Quello che provava era difficilmente spiegabile: era oltre il panico, era una sensazione primordiale che arriva direttamente dal suo cervello primitivo. Semplicemente incontrollabile.Tutto era come sospeso, fermo, immobile, presente ma abbandonato. Tutto in ordine, tutto ben sistemato, pulito. Mancava solamente una cosa: l’essere umano.Il silenzio era interrotto solamente dal rumore delicato del mare, che si estendeva e si ritirava sulla lunga spiaggia di sabbia. Un moto perpetuo, senza interruzioni, senza disturbi.David si sentì richiamato verso la spiaggia, oramai aveva affidato ogni sua azione e ogni sua decisione solamente all’istinto. La realtà che stava vivendo era completamente sconosciuta alla sua neocorteccia, non aveva strumenti per valutare e ragionare. Era come se fosse nato in quel momento.Si avviò lentamente verso la spiaggia, ombrelloni e lettini completamente chiusi, disposti in file perfette. Tranne uno. L’ultimo verso il mare. Il lettino era aperto e sembrava che sopra ci fosse un mucchio di vestiti buttato a caso. David era lontano, era senza occhiali (li aveva dimenticati uscendo di fretta) per cui decise di avvicinarsi.Non sentiva la sabbia dato che aveva scarpe, un’altra anomalia di quella giornata iniziata in maniera a dir poco allucinante: di solito aveva gli infradito oppure era a piedi nudi e si godeva il tepore salire dalle piante dei piedi. Di solito, infatti. Non oggi.Man mano che si avvicinava, quello che aveva erroneamente etichettato essere un cumulo di vestiti si stava rivelando per ciò che realmente era: il cuore di David iniziò a pompare sangue, l’adrenalina salì al massimo quando riconobbe una donna seduta, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani sul volto. Stava piangendo e singhiozzava vistosamente. Ma almeno era un essere umano.Lei non lo sentì arrivare, lo percepì quando oramai David fu al suo fianco. Alzò gli occhi verso di lui: lo sguardo era disperato, gli occhi gonfi, probabilmente non c’erano più lacrime da versare.Si alzò di scatto e gli buttò le braccia al collo. David rimase impietrito, poi percepì chiaramente che lei aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno per ritrovare un minimo di lucidità.Quando si staccò, la ragazza aveva smesso di piangere. Lo fissò negli occhi e gli parlò velocemente: “Dimmi che non è vero, dimmi che non lo hai fatto davvero”.David non riuscì a capire, non riusciva a collegare. Eppure, quella ragazza aveva qualcosa di familiare, qualcosa che lui sentiva di conoscere. Non le sembrava un’estranea. È vero, poteva essere confuso dalla situazione, ma gli sembrava di conoscerla.Decise per la tecnica migliore in ogni occasione: domandare. Chi domanda, comanda.“Come ti chiami?” le chiese.Lei si allontanò leggermente, socchiuse gli occhi come in segno di sfida, riposizionò la testa come per cambiare punto di vista, per verificare che non le fosse sfuggito nulla.“David, mi hai fatto la stessa domanda poche ore fa, fuori dall’Eagle Pub prima di baciarmi e…”Solo allora David la riconobbe. Forse si chiamava Elisa. Sì, era Elisa. Aveva addosso gli stessi vestiti della sera prima ma erano stropicciati, sporchi.Il sole creava sul suo viso dei riflessi totalmente diversi da quelli generati dalla flebile luce delle luminarie fuori dal pub. Per quello non l’aveva riconosciuta subito. Era comunque bellissima.Adesso iniziava a ricordare… ma non era possibile. Scelse di nuovo un approccio sicuro: usa sempre il nome del tuo interlocutore, è il suono che ama di più.“Elisa… sei tu, ma… i vestiti… Cosa ci fai qui da sola, cosa è successo…”Lei lo interruppe: “David… tu mi hai detto che ero bellissima, che non ne potevi più di quel frastuono e di tutta quella gente e che avresti voluto passare un’intera giornata solo con me, in pace, a chiacchierare e goderci il mare. Senza che NESSUNO ci disturbasse. Ecco, sei contento adesso?”Il ricordo di quella frase, buttata lì in un momento di euforia dato dall’ennesima splendida ragazza conquistata, lo colpì forte al petto.Non poteva essere vero. Non poteva essere reale. Succedeva solo nei film di fantascienza…Iniziò a girargli la testa, si guardò intorno e continuò a vedere solo deserto. Poi tutto iniziò a sbiadire, piano piano sparirono i colori, tutto si spense, si rabbuiò.David aprì gli occhi di scatto e si tirò su dal letto. Prese lo smartphone e guardò l’ora: quasi le dieci. Jack russava così forte da coprire il rumore del traffico che entrava dalla finestra del salone, quella che dava sul terrazzo. Jack doveva aver fumato un’ultima sigaretta e doveva aver dimenticato la finestra aperta, la sera prima.David era sudato fradicio, non per il caldo certamente. Era per il sogno. Era stato un sogno, fortunatamente.Elisa.Lei era esistita davvero. Se la ricordava. Bella, intelligente, intraprendente.Le aveva promesso che si sarebbero rivisti. E non aveva alcuna intenzione di mancare quella promessa.Il benessere, la detossinazione e l’aloe vera.

Una sera di oltre sei anni fa, mia moglie Emanuela entrò in casa con due pacchi di cui ignoravo il contenuto.

Li ripose sul tavolino, mi guardò e mi disse: “Da domani, facciamo questo programma di detossinazione”.

Io, che amo gli sport estremi ma non così tanto da contraddirla, ho accettato. Ricordo che ero appena tornato da un terribile viaggio di lavoro in Cina. Un viaggio che non avrei voluto fare ma che ringrazio di aver fatto, perché mi ha aiutato a dire basta a una situazione che non sopportavo più. Ero stanco, stressato e stavo smaltendo una delle più intense influenze della mia vita.

Presi il pacco, lo aprii e mi ritrovai tra la mani come prima cosa due bottiglie gialle, con una scritta chiara ed evidente: gel puro di aloe vera.

Io e mia moglie, a quei tempi, sapevamo nulla di detossinazione e dei benefici di un percorso detox e ancora meno delle straordinarie proprietà dell’aloe. Una sua cara amica gliene aveva parlato e, dato che ci fidavamo di lei, lo provammo.

Negli ultimi sei anni è stata una delle decisioni più brillanti e significative che abbia mai preso.

Durante il mio primo percorso ho raggiunto un livello di energia e lucidità che non avevo mai provato prima, ho migliorato il mio aspetto e regolarizzato il mio peso. E le prestazioni sportive sono migliorate decisamente.

Da allora ho goduto (e godo tutt’oggi) dei benefici della detossinazione, ho amato l’aloe vera gel e, bevendola ogni giorno, ho trasformato il mio stile di vita. 

Potevo tenere tutto questo solo per me? Assolutamente no!
Essendo curioso e intraprendente per scelta, ho scoperto che l’azienda che produce questo straordinario prodotto (da oltre quarantatré anni), lo distribuisce solamente tramite i propri “clienti soddisfatti”, che possono diventare incaricati indipendenti (tutelati dalla Legge 173/2005) e ai quali paga una ricca commissione per fare “passa parola” professionale. 

Cioè, l’azienda mi avrebbe pagato se avessi condiviso i benefici dei prodotti con altre persone, aiutandole a stare meglio? Era assolutamente ciò che stavo cercando e che vibrava con le mie corde!

Ho scoperto, poi, che si chiama Network Marketing (o Multi level marketing), che gode di una pessima fama grazie ai soliti furbetti e che… è un’attività imprenditoriale straordinaria, meritocratica, ricca di opportunità e senza alcun rischio. Che adoro e che condivido con chi vuole davvero fare qualcosa di straordinario per se e per gli altri.

Ecco, quindi: oggi sono un ingegnere, un networker, un promotore di stili di vita sani e di benessere, e supporto tantissime persone a stare meglio, vedersi meglio e, se lo desiderano, a iniziare un’attività in proprio senza rischi!

Cosa potresti volere di più?

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Published on August 07, 2021 23:00

August 3, 2021

5 libri per l’estate

Ormai le ferie sono vicine e molti di noi stanno già pregustando qualche giorno lontano dalla solita routine.

E che cosa c’è di più bello che portare con sé un buon libro, da leggere sotto l’ombrellone oppure su una panchina con davanti le cime aguzze di un monte?

Ne ho selezionati per te cinque. Non si tratta di nuove uscite, bensì di libri che ho letto recentemente e che ho voluto condividere con te.

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Se cerchi un libro di self-help davvero originale e che ti lasci qualcosa una volta terminata la lettura, be’, questo fa al caso tuo. Ho avuto il piacere di vedere il libro in tutte le sue fasi, dalla bozza alla versione finale, e tutte le volte mi ha emozionata.

Hai presente quando dicono: “Ho letto quello che volevo leggere in questo periodo?” Oppure: “Questo è quello che volevo sentirmi proprio dire!”

Ecco. È successo così con il libro di Enrico: le sue parole sono state quelle che avevo bisogno di sentirmi dire, di leggere, in quel momento della mia vita.

Inconsapevolmente, Enrico mi ha aiutata (e lo sta ancora facendo!). Quindi corri a dare un’occhiata al suo libro: non te ne pentirai

Legami pericolosi, Luisa Colombo

Sono molto critica con gialli e thriller in generale, perché ne ho letti tantissimi e ho sviluppato quel sesto senso (fastidioso, in realtà) che mi porta a capire chi sia il colpevole. Non ne vado mica fiera, eh. Anzi. Ogni volta che prendo in mano un giallo il mio Io investigatore freme e scalpita, e mi dice: “Ecco, leggi qui. È lui!

Quando l’Io investigatore viene fregato, non posso che gioirne.

Per fortuna con il libro di Luisa è successo proprio così: mi ha piacevolmente stupita e ho potuto voltare l’ultima pagina con il sollievo di non aver scoperto i retroscena se non fino alla fine e la contentezza di aver trovato, di nuovo, un ottimo thriller.

Insomma, se ti piacciono i colpi di scena, una trama curata e un’attenzione ai dettagli, questo libro fa per te.

Il cielo di pietra, N. K. Jemisin

Coccolo questa trilogia da un po’ di anni, nel senso che ho centellinato ogni volume, custodendolo nella mia libreria per il momento giusto (senza peraltro dimenticare i capitoli precedenti: questi romanzi non si dimenticano).

Ebbene, l’ultimo volume ti travolge e ti lascia spiazzato dall’inizio alla fine.

Si tratta di uno sci-fi/fantasy/distopico davvero originale, come si evince dalle mie precedenti recensioni, ed è anche complesso a una prima occhiata, ma basta entrare nel mondo della Jemisin e lasciarsi trasportare dalla sua penna graffiante. E avere fiducia.

Non ne rimarrai deluso.

A mirror in town (Io e Luisa), Elena Mancini

Una commedia leggera leggera (ma non per questo poco profonda, anzi!) che ho avuto il piacere di correggere e di leggere una volta terminata.

Elena è al suo primo libro, ma ne ha da dire di cose!

In effetti, chi l’avrebbe mai detto che in un salone di parrucchiera di un piccolo centro abitato potessero annidarsi così tanti intrighi?

E così insieme a Ada, la protagonista, ci immergiamo nelle vicende di un gruppo di paesani che hanno più scheletri nell’armadio che chiunque altro, tra amanti, figli illegittimi, possessioni (!!) e omicidi…

Il classico libro da leggere sotto l’ombrellone per trascorrere qualche oretta in assoluto relax!

Il barista delle ombre, Marina Cappelli

Okay, questa è un’anteprima, perché in questo momento in cui sto scrivendo il libro è ancora in fase di pubblicazione.

Tuttavia voglio condividerlo ugualmente con te, perché è il classico thriller che non solo lascia spiazzati, ma ti conduce a porti domande… tante domande.

E io adoro i romanzi che obbligano il lettore a essere partecipe e non soltanto un passivo assorbitore di parole.

Non avevo ancora letto nulla di Marina, ma dopo questo romanzo dovrò correre ad acquistare gli altri!

Anche in questo caso siamo in un contesto più bucolico che cittadino, e chissà perché in questi centri abitati, dove tutto sembra scorrere alla perfezione, zak! arriva qualcosa che ti fa ricredere.

Dei morti suicidi. Un neo-maresciallo in crisi con la moglie. Un bar che non vende solo caffè ma anche distrazioni. Un pittore che dipinge scene che avverranno sul serio. Una psicologa incattivita.

Gli ingredienti per un ottimo thriller ci sono tutti, ecco a te un bel cocktail. Ma attenzione: non abusarne. Potrebbe avere degli effetti… collaterali.

L'articolo 5 libri per l’estate proviene da Emanuela Navone Editor Freelance.

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Published on August 03, 2021 23:00

July 31, 2021

Le 5 qualità di un editor

editor freelance quale scegliere

Gli editor sono un elemento imprescindibile della creazione di un libro, si sa.

Formarsi come professionista non è semplice e bisogna tenere a mente che l’editor è sempre in formazione, perché c’è sempre da imparare.

Per prima cosa, però, è fondamentale tenere presente cinque qualità che non devono mancare, quale che sia il percorso di studio o lavoro.

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Ogni professione, manuale o creativa o altro, prevede delle caratteristiche, degli skills che ogni candidato deve avere. Come in ogni curriculum, anche quello dell’editor deve contenere alcune qualità che potrebbero rendere la sua figura sul mercato più… accattivante, diciamo.

Insomma, se io dovessi assumere un editor, guarderei anche (e soprattutto) a questi cinque aspetti. Mi importerebbe assai poco se ha cinque master in scrittura creativa e due in editing: l’importante è che sappia soddisfare alcuni requisiti fondamentali per affrontare un testo nella giusta maniera.

Pignoleria

Un editor deve essere pignolo. Punto. Anche a costo di risultare antipatico allo scrittore, ma deve mettere in luce qualsiasi dubbio gli sorga mentre sta correggendo il testo. Dubbi di lessico, di sintassi, di contenuto. Qualsiasi.

Lo so, come si suol dire: cercare il pelo nell’uovo.

Ma è soltanto scavando a fondo (ma proprio a fondo!) che l’editor potrà rinvenire anche la più minuscola particella di polvere che inesorabilmente imbratterà il testo.

Quindi; lungi da noi editor che “ci danno là”. Avranno vita breve.

Pazienza

Stare chini su un testo o sulla tastiera per sette, otto ore al giorno, se non di più, può essere snervante, soprattutto se fuori c’è un bel sole o se ti hanno chiamato per una partita di calcetto. E poi potresti dirti: “Ma sì, sono freelance, mi organizzo il tempo come mi pare”. E magari potresti decidere di dedicare meno tempo a un testo perché sì, lo rileggo poi. Solo che il poi potrebbe non arrivare…

A parte questo esempio (e ogni editor che si rispetta sa che prima viene il dovere, senza distrazioni, Instagram, Facebook, WhatsApp, Steam, YouTube poi il piacere), lavorare su un testo richiede pazienza. La pazienza di controllare ogni riga, di leggere lentamente perché una lettura più veloce in fase di revisione potrebbe rischiare di farti perdere per strada qualcosa. E a volte la pazienza di sostituire una parola con un’altra una, due, dieci volte (per fortuna esistono alcuni trucchetti per velocizzare certe cose).

Quindi, di nuovo, lungi da noi editor che vogliono rivedere un testo in fretta. Avranno vita breve.

Umiltà

Caratteristica forse più insita nell’animo umano che legata al lavoro in sé, tuttavia un editor deve essere umile. Sì, perché troppa saccenteria non porta lontano.

Editor troppo boriosi, prepotenti, che vogliono a tutti costi imporre il loro punto di vista perché è il loro, rischiano di inimicarsi ben più di uno scrittore o di un editore.

Bisogna saper argomentare il proprio lavoro e le motivazioni che spingono a consigliare una correzione o a sostituire una parola con un’altra, ma quando si è nel torto o si ha sbagliato, bisogna chinare la testa e riconoscerlo.

Come dico sempre: siamo persone e non macchine, è normale sbagliare.

Curiosità

L’editor è curioso per natura. Sa che ogni testo su cui lavorerà è un piccolo bagaglio culturale che arricchirà la sua valigia. Quindi dovrà saperne di più.

Per forza! Se devi rivedere un testo ambientato in Sicilia nel Medioevo, devi per forza sapere qualcosa, di storia, di geografia, di cultura, di usi e costumi. In caso contrario, come potrai approcciarti a un testo senza questo bagaglio di nozioni?

Uno dei miei lettori di traduzione lo ripete sempre, da un anno a questa parte: prima di tradurre un testo informatevi, prima di tradurre un testo informatevi, prima di tradurre un testo informatevi!

E quindi voglio parafrasarlo: prima di correggere un testo informati!

Diffidenza

Eh sì, mi duole dirlo ma l’editor deve anche essere diffidente.

In altre parole, non deve mai dare nulla per scontato.

Questo, il fatto di dare per scontato, è tipico soprattutto degli editor alle prime armi, di chi ha iniziato da poco e manca di malizia (?), e soprattutto teme di essere troppo invasivo durante la revisione. Oppure, considera sacro tutto quello che gli viene sottoposto.

Ecco, evita di considerare sacro o intoccabile il testo che dovrai correggere. Non lo è. Innanzitutto perché se lo fosse, che senso avrebbe la tua revisione? E poi anche l’autore, come l’editor, non è infallibile e può sbagliare.

Può sbagliare sia nella scrittura in sé, sia in quello che scrive. Non sto dicendo che sia ignorante (nel senso che ignora), ma può avere delle dimenticanze, o scrivere A per B. E in certi casi, scrivere 1989 al posto di 1990 può avere conseguenze… drastiche.

Armati di pazienza (appunto!), allora, perché dovrai verificare ogni informazione del testo che correggerai. E se sei in dubbio, non esitare a chiedere: l’autore saprà volentieri risolvere i tuoi dubbi.

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Published on July 31, 2021 23:00

July 27, 2021

Editor vs correttore grammaticale

Ogni tanto mi diverto a forzare ai limiti estremi Microsoft Word. Giusto per capire fino a che punto una macchina può sostituire l’uomo.

Oggi mi sono posta la domanda: il correttore di Word fino a dove può spingersi? E il suo amico, nonché valido aiutante, Trova e Sostituisci?

Foto di Comfreak da PixabayCorrettore grammaticale: utile, ma…

In un precedente articolo ti ho parlato del correttore grammaticale di Word. Abbiamo visto che questo strumento è molto utile per una correzione veloce di refusi ed errori, ma scavando più nel profondo sono molte le lacune.

Ad esempio: i tempi verbali.

A meno di errori di coniugazione (ossia, una parola coniugata male, creddi al posto di credetti, del tipo), o un indicativo al posto del congiuntivo e viceversa (su questo aspetto Word è utile), il correttore automatico non distingue se un tempo verbale è adeguato o meno.

Parlo di tempi verbali perché tempo fa ho fatto un esperimento che voglio condividere con te, ma potrei parlare anche di stile, lessico, eccetera.

Dicevo, un esperimento.

Trova e Sostituisci alla massima potenza

In altri articoli ti ho invece parlato dello strumento Trova e Sostituisci e delle sue enormi potenzialità, se ben sfruttato.

Ebbene, tempo fa ho deciso di sfruttarlo più che bene. Diciamo che ho un po’ forzato il suo utilizzo…

Dovevo riscrivere tutti i tempi verbali di un testo. Dall’imperfetto dovevo passare al remoto o al trapassato prossimo, all’occorrenza. Un lavoro del genere in un testo di più di cento cartelle è davvero… laborioso, lasciami dire. E rischi spesso di perdere per strada altre revisioni, più dettagliate (anche se c’è la rilettura, che considero fondamentale per tutti: scrittori e editor).

Quindi mi sono detta: Word ha tante potenzialità, perché non approfittarne?

Allora ho usato il Trova e Sostituisci per cambiare i tempi verbali.

Ad esempio: andavo in andai, pensava in pensò.

Come? ti domandi. Be’, con i soliti trucchetti da nerd di Microsoft Word.

Sapendo che sono molti di più i verbi regolari che quelli irregolari, ho cambiato -avo in -ai, tornando all’esempio precedente, e -ava in -ò. E via di seguito con tutti gli altri. Certo, è occorso poi tornare indietro e vedere le sostituzioni sbagliate e cambiarle, ma buona parte del lavoro è stata fatta in automatico.

È stato divertentissimo, anche perché spesso le correzioni erano giuste e mi sono tolta un po’ di tempo, dall’altra parte sono uscite delle perle di meraviglia:

Strafalcioni di un’aspirante “worderer”

Tutto questo non per mostrarti le mie prodezze con Word, ma per farti capire che qualsiasi software di scrittura è malleabile quasi al cento percento, se sappiamo usarlo, ma che comunque la macchina non può ancora sostituirsi all’uomo quando c’è di mezzo la creatività. Alla faccia dei traduttori automatici e affini.

Se te lo stai chiedendo, il libro di cui ti ho fatto gli esempi è uscito da poco e sta piacendo tantissimo! Dai un’occhiata 🙂

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Published on July 27, 2021 23:00

July 24, 2021

Trova e sostituisci: qualche trucco

Uno strumento utilissimo per chi utilizza Word o altri software simili è il comando “Trova e sostituisci”.

Se ben padroneggiato, può farti risparmiare moltissimo tempo, che potrai dedicare invece alla scrittura.

In questo articolo ti consiglierò qualche trucchetto.

Le d eufoniche

Anche se ancora largamente utilizzate, le d eufoniche sono desuete e vanno impiegate soltanto se la vocale della parola successiva è la stessa della preposizione e/o congiunzione (ed essi, ad Alassio).

Rimuovere tutte le d eufoniche del tuo testo manualmente può essere davvero un procedimento lungo e snervante, ma per fortuna con Trova e Sostituisci potrai farlo con pochi clic.

Per prima cosa, apri il comando Trova e Sostituisci. Poi, su Trova inserisci (singolarmente) ad + e, ad + i, ad + o, ad + u. Su Sostituisci con inserisci a + e, a +i, a + o, a + u. Controlla di non lasciare spazi dopo la seconda vocale. Clicca su Sostituisci tutto… et voilà, le d eufoniche sono eliminate!

Doppi, tripli, quadrupli… “enne” spazi

I doppi spazi, o più, capitano spessissimo. Rimuoverli è molto veloce.

Ancora una volta, apri Trova e Sostituisci.

Digita due spazi su Trova e uno solo su Sostituisci, e clicca su Sostituisci tutto: automaticamente i doppi spazi si cancellano. Se hai spazi tripli, quadrupli o ancora di più, non è necessario digitare tre, quattro, cinque, “enne” spazi su Trova: ti basterà digitare sempre due spazi e continuare a cliccare su Sostituisci tutto. Piano piano ogni spazio superfluo verrà eliminato.

Sostituire le virgolette, uno

A volte, soprattutto copiando e incollando da internet su un documento Office (uso il generico per racchiudere Microsoft Word, Libre Office, ecc.), ti capiterà che virgolette e apostrofi siano dritti e non arrotondati. Esteticamente questo è davvero brutto da vedere, quindi va eliminato.

virgolette dialoghi dritte e inglesi

Sostituirli è davvero semplice: sempre su Trova e Sostituisci, digita una virgoletta su Trova e la stessa virgoletta su Sostituisci con: automaticamente Office sostituirà tutte le virgolette del tuo testo, anche quelle dritte. Stessa cosa per gli apostrofi!

trucchi word officeSostituire le virgolette, due

Sostituire le virgolette alte doppie (“”) con le virgolette basse o caporali («»). Ti è mai capitato di dover fare un lavoro del genere? A me sì, purtroppo, con i testi della collana che gestisco per PubMe che mi sono stati mandati con le virgolette alte, ma Policromia usa le caporali. Oppure in testi che usano i segni maggiore e minore (<>) al posto di queste virgolette. Ebbene: le prime volte facevo tutto manualmente. Una faticaccia! Ho anche provato a sostituire, usando il Trova e Sostituisci, virgolette alte (o segni di maggiore e minore) con caporali, ma Office non riconosce queste ultime, quindi mi sostituiva una virgoletta… con un’altra virgoletta.

Il metodo per cambiare da virgoletta (o segni di maggiore e minore) a caporale c’è… e funziona.

Sulle Opzioni di Word (uso il nome specifico perché l’ho testato soltanto con Microsoft Word), clicca su Strumenti di Correzione, poi su Opzioni di correzione automatica. Su Formattazione automatica durante la digitazione rimuovi la spunta su “Virgolette semplici con virgolette inglesi”. Vedrai che le virgolette che digiterai diventeranno quelle dritte di cui parlavamo prima.

Adesso vai su Trova e Sostituisci e alla virgoletta di apertura sostituisci la caporale di apertura (la combinazione da tastiera è ALT + 174), e alla virgoletta di chiusura sostituisci la caporale di chiusura (ALT + 175). Dovrai cliccare di volta in volta su Trova successivo; usando il Sostituisci tutto, Word cambierà tutte le virgolette nella stessa caporale, di apertura e di chiusura («Ciao, come va?«).

Il trucco funziona, anche se è molto lento, soprattutto se il tuo testo è di cento e passa cartelle. In ogni caso, sarà molto più veloce che inserire manualmente le caporali!

Se invece devi sostituire il segno maggiore o minore con le caporali, il procedimento è molto più semplice e veloce.

Basta “racchiudere” la caporale in due simboli, non utilizzati durante la scrittura, e automaticamente Office la inserirà sul documento come un unico carattere.

Su Trova digita due volte il segno di minore (come nell’immagine qui sotto), e su Sostituisci con la caporale di apertura racchiusa in due simboli (io uso la barra obliqua). Clicca su Sostituisci tutto… ancora una volta et voilà! I simboli di minore verranno sostituiti con la caporale di apertura. Stesso procedimento con i simboli di maggiore.

Per rimuovere tutte le barre oblique (o altro simbolo) dal testo, basterà andare su Trova e Sostituisci, digitare il simbolo su Trova e lasciare vuoto Sostituisci con. Il gioco è fatto.

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Published on July 24, 2021 23:00

July 13, 2021

I vostri racconti #2

In tanti hanno accolto l’estro creativo scaturito dal mio post (che trovi qui), e mi hanno dato il consenso a pubblicare il loro racconto.

Oggi diamo voce a Gianluigi Redaelli.

Se vuoi leggere il racconto precedente clicca qui.

“Sesto senso” – Quel giorno che incontrai Luciano Bianciardi

     Quel giorno stavo malissimo. Avevo appena visto quella che credevo fosse la mia ragazza baciarsi appassionatamente nel buio di un androne, con un altro. A casa si era consumato l’ennesimo scazzo con mio padre, ogni giorno più freddo e taciturno, da quando eravamo rimasti soli a Milano, con il nostro rapporto sempre più difficile.

     Mia madre e mio fratello se la sguazzavano in quel di Santa Margherita Ligure, non senza scordarsi di farci quotidiane telefonate con la raccomandazione di andare d’accordo, per non farli stare “troppo in pensiero!”.

     Io, dal canto mio, ero appena tornato dal servizio militare e avevo avuto la sorpresa di non trovare più la “mia Impresa”. O meglio l’Impresa Edile, dove ero impiegato, dove credevo di ritrovare il mio posto, date le sperticate assicurazioni in proposito del Mio Datore di Lavoro, (all’atto della partenza, con mille salamelecchi, per quel dovere che mi faceva tanto onore).

     Semplicemente non c’era più. Aveva chiuso i battenti: la crisi. Figuriamoci la mia! Erano giorni ormai che rispondevo a tutte le inserzioni di possibili offerte di lavoro, ma più che colloqui, test cretini e bravo, bravo, le faremo sapere non si concretizzava nulla.

     Solo il rimbrotto, sempre meno soft, di mio padre. A tutto questo bisogna aggiungere che quell’estate in città il caldo era soffocante.

     Eppure, quel giorno, tra un tentativo e l’altro di trovare la cosa giusta da fare, dopo aver inutilmente cercato qualcuno degli amici più fidati, sempre più annoiato e abbuttato, come diceva un mio amico siculo, fu certamente una specie di sesto senso a guidarmi in via Manzoni dalle parti della Libreria Feltrinelli.

     Ma che ci entro a fare mi stavo dicendo combattuto se varcare o no la soglia, dal momento che non ho una lira, ed ecco che arriva una splendida fanciulla in minigonna mozzafiato, che si attarda un attimo prima di entrare, e incredibile!, mi guarda e mi sorride.

     Un brivido lungo la schiena, che mi abbia scambiato per un altro?, comunque non ci penso più di tanto e come in trance mi affretto a entrare sulla scia di quella incredibile apparizione.

     La libreria è piuttosto affollata, molti giovani fanno capannello in un angolo, mi avvicino, scorgo la mia “musa”, mi sforzo di fissarla per catturarne l’attenzione, ma quella non mi degna più di uno sguardo, sarà la solita femminista che si diverte a provocare cerco di consolarmi, mentre il mio interesse cade sull’individuo, non giovanissimo, che sembra essere al centro della curiosità generale.

     Mi sembra un viso conosciuto, ma solo dopo molti sforzi di memoria e quando finalmente uno lo chiama Luciano, realizzo che si tratta di Luciano Bianciardi. Ho appena letto La vita agra e l’ho trovato un libro eccezionale, superstimolante almeno quanto On the road di Kerouac. 

     Resto, affascinato, ad ascoltare i dialoghi tra lo scrittore e alcuni giovani, i più arditi, che gli fanno un sacco di domande, anche la “bella” che ormai mi lascia indifferente gli si rivolge, ma da come parla mi sembra una tremenda snob. Non è tipo per me concludo. Non è il caso di provarci. (Autoscusa meschina e puerile!)

     Comunque l’attenzione è tutta per lo scrittore, mi affascina e m’intimidisce. Naturalmente non riesco a vincere l’emozione per cercare di dirgli qualcosa, e quando tutto finisce, mi ritrovo per strada, ancora più incazzato e deluso. Non mi è riuscito di attaccare discorso né con la femmina né con lo scrittore. Sono proprio una frana!

     Tempo dopo, ormai ho dimenticato l’episodio, sono anch’io a Santa Margherita, in vacanza, (ahimè, da un lungo periodo di vacanza) e mi capita sotto gli occhi un articolo di giornale che parla di Luciano Bianciardi, di qualche polemica con suoi editori, e vengo a sapere che si trova a Rapallo.

     Da quel momento comincio a pensare all’incredibile opportunità che potrei avere, vista la vicinanza delle due località liguri, se solo riuscissi a trovare il coraggio.

     Così, arrovellandomi in spossanti tentennamenti, alla fine riesco ad ottenere, tramite una casa editrice, il suo numero telefonico, e un giorno, chissà come, trovo la forza di comporre quel numero: mi risponde una voce femminile roca, sensuale, e a fatica riesco a chiedere di lui.

     Poi tutto si svolge, come in un sogno, in modo del tutto facile e lineare. Quando gli dico che vorrei conoscerlo e che sto a Santa, m’invita semplicemente a prendere un caffè insieme, al suo bar preferito.

     Caffè Biancaneve, sul lungomare di Rapallo. Mi aspetta seduto a un tavolino, grande emozione, blocco in gola, poi pian piano non ci sono più problemi. Mi chiede che cosa voglio da bere:

    — Un caffè, grazie.

   — È sicuro, non vuole niente di più forte? — Con un sorriso beffardo, mentre fa l’ordinazione al cameriere, aggiungendo: — A me ne porti un altro.

     Già dal primo scambio di battute mi tranquillizzo. Sa come mettermi a mio agio. Mi fa domande intelligenti, mi racconta dei fatti suoi, con semplicità, senza pudori.

     Mi parla con quell’accento toscano sanguigno del suo grande amore del momento. Si chiama Maria, e ancora non lo sapevo, ma un giorno anche per me quel nome sarebbe stato molto caro.

     Poi si mette a raccontare aneddoti del suo rapporto con gli editori, spassosi, arguti, e spesso taglienti. Sta passando un momentaccio per colpa di certe teste di cazzo che capiscono la metà di quello che servirebbe per essere considerati dei bischeri.

     Inutile dire che io mi bevevo ogni sua parola, estasiato e satollo d’ego per quell’incredibile sua disponibilità nei miei confronti.

    Dopo quel primo incontro, ci siamo visti solo altre due volte, mi ha raccontato moltissimo di sé e dei suoi crucci, mi ha regalato stimoli fondamentali per la mia passione, allora solo accennata, per la scrittura e la letteratura. È stato un inimitabile maestro di vita. Purtroppo se n’è andato troppo presto. Ricordo che mentre mi saziavo delle sue parole, lui beveva, con la massima noncuranza e strafottenza, quel dolce veleno, che di lì a poco ci avrebbe privato del suo grande talento.

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Published on July 13, 2021 23:00

July 6, 2021

Un viaggio… nel passato

Quando va usato il passato prossimo? E quando il remoto, o l’imperfetto? E che differenza c’è con il trapassato prossimo?

A queste domande cercherò di rispondere nell’articolo. Buona lettura!

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Durante i lavori di editing mi sono spesso imbattuta in testi con alcuni problemi con i tempi verbali. Non parlo di coniugazioni, bensì di un loro utilizzo sbagliato.

Certamente la scrittura si chiama creativa per un motivo, e da appassionata di linguistica e tendenze linguistiche ho sempre un occhio di riguardo verso le novità; tuttavia, in certi casi la regola grammaticale ha la meglio sulla norma.

La concordanza dei tempi, in questo caso dei passati, è uno di questi casi.

Presente, passato prossimo e trapassato prossimo

Se scriviamo la nostra narrazione al presente, useremo il passato prossimo per riferirci a un evento che si è svolto in un passato recente, il trapassato prossimo per un evento che ha avuto luogo prima di un altro nel passato.

Esempio:

Dopo che Luca ha inserito la chiave nella serratura, si accorge che la porta di casa è aperta. Strano, visto che ricorda di averla chiusa, la mattina quando è uscito. E lo ricorda bene: ha fatto colazione alla svelta, quello sì, ed era anche mezzo addormentato, è vero, ma è sicuro di aver dato due mandate, soprattutto dopo che i ladri, qualche settimana prima, erano entrati dalla vecchina del secondo piano e le avevano svaligiato casa.

Con narrazioni al presente, eviterei, per semplice gusto personale, il passato remoto. Mi dà l’idea, com’è giusto che sia, di qualcosa che è accaduto in un passato molto più in là, che con una narrazione al presente stona un poco. A meno che non raccontiamo davvero qualcosa di accaduto molto tempo prima.

Altro paio di maniche è quando la nostra narrazione è al passato remoto.

Passato remoto, trapassato prossimo e trapassato remoto

Gli errori che correggo spessissimo riguardano la concordanza dei tempi in narrazioni al passato remoto.

Piccolo schema:

Passato remoto: si usa per fatti avvenuti e conclusi nel passato. È la nostra narrazione principale.

Trapassato prossimo: si usa per fatti avvenuti nel passato, anteriormente al tempo della narrazione.

Trapassato remoto: si usa per fatti avvenuti nel passato ancora più anteriori; ossia, prima di un altro passato.

Quindi, riprendendo l’esempio precedente e trascrivendolo al passato:

Dopo che Luca ebbe inserito la chiave nella serratura, si accorse che la porta di casa era aperta. Strano, visto che ricordava di averla chiusa, la mattina quando era uscito. E lo ricordava bene: aveva fatto colazione alla svelta, quello sì, ed era anche mezzo addormentato, è vero, ma era sicuro di aver dato due mandate, soprattutto dopo che i ladri, qualche settimana prima, erano entrati dalla vecchina del secondo piano e le avevano svaligiato casa.

L’errore frequente è scrivere la narrazione di fatti avvenuti in precedenza usando il remoto. In pratica, appiattendo la narrazione stessa (e commettendo un errore!):

Dopo che Luca inserì la chiave nella serratura, si accorse che la porta di casa era aperta. Strano, visto che ricordava di averla chiusa, la mattina quando uscì. E lo ricordava bene: fece colazione alla svelta, quello sì, ed era anche mezzo addormentato, è vero, ma era sicuro di aver dato due mandate, soprattutto dopo che i ladri, qualche settimana prima, entrarono dalla vecchina del secondo piano e le svaligiarono casa.

Checché ne dicano molti, io quando vedo costruzioni del genere le cancello senza pensarci due volte. Preferisco che la concordanza dei tempi venga rispettata, e preferisco chiudere un occhio davanti ad altre tendenze dell’italiano. Già stiamo snaturando la nostra lingua parlando in inglese anche quando non serve!

Quindi se ho una narrazione antecedente alla principale devo per forza usare il trapassato?

Il trapassato prossimo è molto pesante, ne convengo. Infatti, se il flashback è eccessivamente lungo. In questo caso, consiglio di lasciare uno spazio bianco prima e dopo il flashback, e raccontarlo con il remoto. In questo caso il lettore capirà che si tratta di un fatto avvenuto prima.

Vuoi leggere altre pillole di grammatica o toglierti qualche dubbio?

Clicca qui!

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Published on July 06, 2021 23:00